SENATO DELLA REPUBBLICA
-------------------- XIII LEGISLATURA --------------------



3a Commissione permanente
(AFFARI ESTERI, EMIGRAZIONE)

320a seduta: martedì 17 ottobre 2000, ore 15
321a seduta: mercoledì 18 ottobre 2000, ore 15
322a seduta: giovedì 19 ottobre 2000, ore 15

ORDINE DEL GIORNO
PROCEDURE INFORMATIVE

Interrogazioni.

IN SEDE CONSULTIVA

Seguito dell'esame congiunto dei disegni di legge:

1. MINARDO. - Norme per l'esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani all'estero.
(838)
2. LAURICELLA ed altri. - Modalità di voto e di rappresentanza dei cittadini italiani residenti all'estero.
(1170)
3. MELUZZI e DE ANNA. - Norme per l'esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all'estero.
(1200)
4. COSTA. - Norme per l'esercizio del diritto di voto all'estero dei cittadini italiani residenti oltreconfine.
(1962)
5. MARCHETTI ed altri. - Norma per l'esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani non residenti nel territorio della Repubblica.
(2222)
6. LA LOGGIA ed altri. - Norme per l'esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani all'estero.
(4010)
7. DE ZULUETA ed altri. - Delega al Governo per l'esercizio del diritto di voto da parte dei cittadini italiani temporaneamente all'estero.
(4157)
8. PASQUALI ed altri. - Norme per l'esercizio del diritto di voto all'estero dei cittadini italiani residenti oltre confine.
(4768)
- Relatore alla Commissione CORRAO.
(Parere alla 1a Commissione)
INTERROGAZIONI ALL’ORDINE DEL GIORNO

        DE ZULUETA. – Al Ministro degli affari esteri e per gli italiani all’estero. – Considerato:

            che all’atto del deposito delle loro richieste di rinvio a giudizio sul caso Ustica, avvenuto nell’agosto 1998, i pubblici ministeri denunciavano la non collaborazione della Francia, sostenendo: «Non è stato possibile approfondire gli accertamenti verso la Francia, anche in relazione alla da più parti segnalata presenza di un intenso traffico militare da e verso l’aeroporto di Solenzara in orario prossimo a quello dell’incidente, a causa della scarsissima collaborazione delle autorità di questa nazione»;
            che si osserva, incidentalmente, che si fu costretti a segnalare al Ministro della giustizia che «le rogatorie alla Francia – in numero di 11, dal 6 luglio 1990 al 15 gennaio 1996 – hanno avuto risposte in gran parte negative, o perchè totalmente negative o perchè negative nelle parti di maggior rilievo. Quella datata 29 ottobre 1990 ha avuto un’esecuzione del tutto inadeguata quanto alla visione dei reperti e alla collaborazione degli esperti francesi... Quelle datate 6 luglio 1990, 18 dicembre 1990 e 13 giugno 1994 hanno avuto risposta totalmente negativa. Di quelle datate 15 maggio 1992, 16 maggio 1994 e 15 gennaio 1996 non si è avuta nemmeno segnalazione di ricevuta» (nota dell’8 giugno 1996), così come sostenevano i pubblici ministeri nell’agosto 1998;
        considerato:
            che lo stesso giudizio sul comportamento francese viene ribadito dal giudice istruttore che attribuisce particolare importanza nella vicenda all’attività della base militare francese di Solenzara, ruolo anche sottolineato da una testimonianza di rilievo particolare del general Bozzo e del fratello, che evidenziano una intensa attività di velivoli militari da Solenzara verso il medio Tirreno; in particolare il generale dichiara: «C’era stata attività aerea intorno alle 12.00 (del 27 giugno 1980, n.d.e.). Questa attività mi colpì in particolare perchè, a differenza dell’anno prima, avevo notato in volo anche aerei diversi dai Mirage, che avevo invece visto l’anno precedente. Conosco bene questo tipo di aereo e sono in grado di distinguerlo da altri velivoli da caccia. Questa attività è continuata sino al far della sera, quando si è intensificata. È durata sino alle 21.00 circa, quando è diminuita. Ricordo con precisione perchè mio fratello eramolto disturbato dal rumore degli aerei, al punto tale che voleva andare via da quell’albergo. Io quella sera andai a letto intorno alle 23.00 e non fui disturbato dall’attività, sia perchè era scemata sia perchè occupavo una stanza sul retro. Mio fratello invece non sopportava quel rumore ed io così gli proposi il cambio di stanza che egli accettò. I decolli e gli atterraggi, sempre a coppie, si susseguivano ad intervalli di circa 10 minuti»;
            che anche l’attuale capo di Stato maggiore della Difesa ha ammesso il fatto che «negli anni ’80 americani e francesi facevano nel Mediterraneo quello che volevano, senza alcun controllo da parte italiana»; nelle acque internazionali del mar Tirreno, insomma, ha detto inoltre il generale Arpino, «si svolgevano esercitazioni aeree senza che gli italiani ne sapessero nulla e le portaerei che stazionavano nel Mediterraneo non ci tenevano informati sulle loro posizioni»,
        si chiede di sapere quali iniziative si intenda prevedere per avere finalmente dal paese amico ed alleato un contributo effettivo al raggiungimento della verità.


(3-03413)

        CORRAO. – Al Ministro degli affari esteri e per gli italiani all’estero. – Premesso:

            che è in atto un vasto impegno diplomatico teso a normalizzare i rapporti e a rendere sempre più feconde le relazioni tra il nostro paese e la Libia, recentemente visitata anche dal Presidente del Consiglio;
            che da sempre viene ipotizzato un qualche coinvolgimento libico nella vicenda di Ustica, ipotesi che viene rafforzata dalla inquietante presenza mai spiegata di un
Mig libico nello scenario della tragedia;
            che il
leader libico Gheddafi ha sempre sostenuto di conoscere la verità sulla tragica vicenda, come risulta da una recente intervista, di cui si riporta un brano:
        «Lei sembra convinto che l’aereo di Ustica sia stato abbattuto dagli americani...».
        «Certamente».
        «Ha delle prove, dei documenti, per confermarlo?».
        «Io sono il testimone, perché io in quelle ore andavo in aereo verso la Jugoslavia ed io ho visto in mare la Sesta flotta americana che manovrava dalle parti di Ustica. C’erano navi militari degli Stati Uniti. La gente che era con me temeva, aveva paura che ci abbattessero con un missile. Però noi, a differenza dei passeggeri del volo Itavia, siamo arrivati a destinazione sani e salvi. Quando abbiamo sentito dell’abbattimento di questo aereo civile, abbiamo capito che probabilmente noi eravamo l’obiettivo. E che loro volevano buttar giù il mio aereo»;
        considerato:
            che all’inizio di gennaio le agenzie di stampa hanno riportato che la Libia ha chiesto all’Italia di «essere associata» alle indagini sulla strage di Ustica precisando che il passo è stato compiuto «per l’esistenza di considerazioni generali che riguardano la sicurezza della Libia»,
        si chiede di sapere quali iniziative si intenda intraprendere per arrivare ad una effettiva e fruttuosa collaborazione con uno Stato amico e per avere informazioni utili al raggiungimento della verità.


(3-03417)

        BONFIETTI, MIGONE, CORRAO, DE ZULUETA. – Al Ministro degli affari esteri e per gli italiani all’estero. – Considerato:

            che nel settembre 1999 all’atto del deposito della sentenza-ordinanza del giudice Priore che chiudeva la lunghissima istruttoria sul caso Ustica, il Presidente del Consiglio dei ministri ha dichiarato: «Certamente l’ordinanza del giudice Priore rappresenta qualcosa di più che non un’ipotesi giornalistica. Siamo di fronte alle conclusioni di un lungo lavoro dove i giudici escludono la tesi dell’incidente, di un attentato, e cioè di una bomba esplosa all’interno dell’aereo, e ripropongono, invece, la tesi che l’aereo sia stato colpito, certamente involontariamente, ma in uno scenario di guerra»... «Il fatto che questi siano risultati di tanti anni di indagini e di perizie è qualcosa di fronte a cui nè il Parlamento nè il Governo possono rimanere insensibili»... «Il Governo raccoglierà gli aspetti fondamentali dell’ordinanza, li trasmetterà ai giovani alleati e alla NATO, e accompagnerà questo con una richiesta perchè da parte di questi governi venga ogni contributo ed informazione senza alcun segreto, che possa essere utile ad appurare la verità»... «Nel corso degli anni sono venute più volte delle risposte negative, nel senso che ci è stato detto che non è vero che, ad esempio, aerei americani sono stati coinvolti. Noi, tuttavia, abbiamo il dovere di tornare alla carica»,
        si chiede di sapere quali specifiche iniziative diplomatiche siano state prese, nei confronti di quali Stati e quali esiti abbiano avuto.


(3-03418)

        BONFIETTI, CORRAO, DE ZULUETA. – Al Ministro degli affari esteri e per gli italiani all’estero. – Considerato:

            che nel corso dell’istruttoria per la tragedia di Ustica non completa si è rivelata la collaborazione degli USA, importante per la presenza, già segnalata nelle telefonate della notte stessa della tragedia, di traffico militare americano nelle vicinanze del DC9 abbattuto;
            che non sono stati posti a disposizione della magistratura italiana le rivelazioni
radar della notte della tragedia della portaerei Saratoga né i materiali alla base dei contatti svoltisi i giorni successivi tra l’ambasciata americana e il SIOS Aeronautica militare che sono stati confermati;
            che i testi americani Coe e Mc Bride, che fecero parte del gruppo di operatori costituito nell’immediatezza del fatto presso l’addetto militare dell’ambasciata americana, sono elementi di grande importanza; infatti i magistrati stessi segnalano che «bisogna tener presente che per vari giorni gli uffici dell’addetto militare dell’ambasciata americana sono stati impegnati per un lavoro così rilevante che non può essere arrivato da una telefonata fatta da un ufficiale qualunque di controllo del traffico aereo; ci deve essere stato, evidentemente, un contatto di un livello superiore, nel quale sono state date delle informazioni in base alle quali si è ritenuto necessario avviare immediatamente questa attività di verifica»;
            che alla fine della sua istruttoria il giudice Priore segnala con maggior precisione la presenza di aerei americani sullo scenario della tragedia e in particolare individua la presenza di un volo americano che si recava sul luogo dell’incidente nell’immediatezza dell’evento, il che sottolinea che il tragico evento era stato ben seguito dalle strutture americane e che aveva interesse militare;
            che il capo di Stato maggiore della Difesa ha recentemente ammesso che «negli anni ’80 americani e francesi facevano nel Mediterraneo quello che volevano senza alcun controllo da parte italiana»; nelle acque internazionali del mar Tirreno, insomma, ha detto inoltre il generale Arpino, «si svolgevano esercitazioni aeree senza che gli italiani ne sapessero nulla e le portaerei che stazionavano nel Mediterraneo non ci tenevano informati sulle loro posizioni»,
        si chiede di sapere quali iniziative concrete il Governo abbia intrapreso o intenda intraprendere per avere da un paese alleato ed amico tutta la effettiva collaborazione per il pieno raggiungimento della verità.


(3-03419)

        BONFIETTI. – Al Ministro degli affari esteri e per gli italiani all’estero. – Premesso:

            che esiste negli Stati Uniti un centro di ricerca di elevatissimo livello sulle dinamiche e sui problemi dei voli denominato Surviac;
            che nonostante le ripetute richieste delle parti interessate alla vicenda di Ustica non si è avuta alcuna forma di collaborazione,
            si chiede di sapere quali iniziative si intenda prendere perchè nell’ambito di una collaborazione fra paesi alleati tutte le disponibilità tecniche e scientifiche siano messe a disposizione della ricerca della verità.


(3-03420)

 

        BONFIETTI. – Al Ministro degli affari esteri e per gli italiani all’estero. – Considerato che dalla sentenza-ordinanza del 1º settembre 1999 con la quale il giudice istruttore dottor Priore ha chiuso la sua inchiesta sulla vicenda di Ustica è documentata, come da descrizione riportata, una importante presenza di aerei militari inglesi nel teatro dell’evento:

 

        Numero
        traccia
        (RP)
        Ora Zulu
        inizio
        registrazione
        (RP)
        Tipo aereo
        (RP)
        Fonte
        traccia
        (PM)
        Sif 1
        Sif 2
        Sif 3
        Ora Zulu
        inizio
        registrazione
        (PM)
        LL426
        17.34
        Esercitazione NATO Sud o comando supporto GB
        Pobal e Popic
         
         
        0444-1242-5252
        18.34

        AJ024
        17.45
        Esercitazione NATO Sud o comando supporto GB
        Marsa
         
         
        4300-0773
        17.45
        LG113
        18.13
        Comando attacco GB
        Pobal
         
         
         
        18.16
        LE200
        18.30
        Comando attacco GB
        Pobal
         
         
         
        18.16
        LG521
        18.17
        Comando attacco GB
        Pobal
        1-10
        1000
        1022
        18.17
        LE206
        18.37
        Comando attacco GB
        Pobal
        1-10
         
        1022-4300
        18.35
        LL457
        19.05
        Esercitazione NATO Sud o comando supporto GB
        Pobal
        3
         
        0330-0164
        19.05
        GA421
        19.19
        Esercitazione NATO Sud o comando supporto GB
        Pobal
        3
         
        0164 0330
        19.19
        LL013
        19.10
        Esercitazione NATO Sud o comando supporto GB
        Pobal
        3
        7700
        0330 0164
        19.10
        AM105
        4.43
        Comando attacco GB
        Marsa
        1
        4012
        6517
           4.43,
         
        si chiede di sapere quali iniziative diplomatiche si intenda prendere per ottenere ogni tipo di informazione utile al raggiungimento della verità.


(3-03422)

        MANCA, PIANETTA. – Al Presidente del Consiglio dei ministri e ai Ministri degli affari esteri e della difesa. – Premesso:

            che in più parti della sentenza-ordinanza del giudice istruttore Priore sul caso di Ustica, emerge che, nel corso della relativa istruttoria, sono stati coinvolti, sia pure in maniera diversa, anche paesi stranieri ed in particolare Libia, Russia, Francia e Stati Uniti d’America;
            che il coinvolgimento dei citati paesi va inquadrato nella decisione del giudice istruttore di dirigere le ricerche verso le Aeronautiche (oltre a quella italiana) ritenute in grado di portare «offesa» al DC9 Itavia o ad un velivolo che potrebbe essersi posto in coda a quest’ultimo, e ciò in funzione di un’ipotesi che, seppure non condivisa dal collegio peritale d’ufficio (collegio Misiti), prefigurava, a parere del giudice istruttore, la presenza di uno «scenario aereo» esterno al velivolo civile;
            che i primi due paesi sopra menzionati (Libia e Russia) sono stati oggetto di limitate indagini e di poche rogatorie con esiti insoddisfacenti o poco significativi;
            che ben diversa è stata la chiamata in causa della Francia e degli Stati Uniti, oggetto rispettivamente di 12 e 63 rogatorie;
            che, nel dare cognizione (nella sua sentenza-ordinanza) delle rogatorie rivolte alla Francia, il giudice istruttore ha avvertito l’esigenza di sottolineare, a chiare lettere, che, alle sue richieste, avevano fatto seguito a volte silenzi ed a volte risposte evasive o negative;
            che relativamente, invece, al ruolo nel senso di cui sopra, svolto dagli USA nella stessa vicenda, è stato espresso su di essi un giudizio migliore da parte sempre dello stesso giudice istruttore, il quale ha rilevato, in particolare, che, sia pure con ritardi o con qualche formulazione evasiva, il paese di cui trattasi aveva comunque dato risposta alle 63 rogatorie;
            che, nello specifico, appare opportuno tener comunque presente il fatto che sia gli USA che la Francia hanno fin dall’inizio comunicato al giudice istruttore che, nell’area ed al tempo dell’incidente non vi erano proprie forze aree e che la portaerei «Saratoga» (USA) era in rada al porto di Napoli;
            che la situazione prospettata da detti paesi è stata contestata dal giudice istruttore al punto che quest’ultimo ha continuato a presentare nuove rogatorie, di cui molte potevano, invero, essere interpretate come espressioni di mancanza di fiducia, rendendo comprensibile, conseguentemente, un atteggiamento critico e negativo, così come va ricordato che gli USA, in particolare, hanno visto, fra l’altro, «contestata» la presenza in volo di alcuni velivoli le cui caratteristiche operative erano tali da far escludere (da parte di chi ha confidenza, sia pur minima, con i mezzi militari) capacità di offesa, rendendo superflua ed ingiustificata una loro inclusione in un documento pertinente ai soli velivoli con potenzialità di «lancio» di armamento verso obiettivi aerei;
            che la ricerca, da parte del giudice istruttore, di elementi che potevano far ipotizzare la presenza in mare della «Saratoga» risulta straordinariamente insistente, così come merita risalto sia il fatto che lo stesso giudice istruttore abbia trovato la certezza che detta unità navale era in rada fino alle ore 18,30-19 del 27 giugno 1980 e sia che, sempre lo stesso magistrato, ad onta di elementi a favore della veridicità delle risposte ufficiali (ripetute anche a livello di Sottosegretario di Stato alla difesa degli USA), abbia continuato a sostenere la possibilità di uscita in mare dopo l’ora citata, circostanza che, invece, risulterebbe, in base ai tempi ed alla dinamica di approntamento per lasciare il porto e lanciare in volo aerei, incompatibile con l’ora del tragico evento;
            che lo «scenario aereo» ipotizzato dal giudice istruttore nella realtà va interpretato come grave accusa, nei riguardi dei paesi interessati, di far parte di un complotto cui, peraltro, sempre lo stesso giudice istruttore associa, con dure parole, le Forze armate italiane, le forze di polizia, i servizi segreti e quasi tutte le istituzioni;
            che, per ciò che attiene alla vicenda Claridge-CIA-Mig libico-Tascio, si pone il problema di chiarire, con le istituzioni USA competenti, se esista o meno il noto messaggio inviato dal capostazione, in Italia, alla sede centrale della CIA, avendo nel contempo spiegazioni del vero significato da dare alla «laconicità» della relativa risposta fornita da quest’ultima agenzia al giudice istruttore;
            che, oltre che sulla linea giurisdizionale per l’accertamento di eventuali reati connessi con l’evento in argomento, appare indispensabile acquisire, sulla linea politica, i chiarimenti necessari per superare la posizione di stallo conseguente alle dichiarazioni ufficiali dei paesi «amici» ed alle conclusioni del giudice istruttore;
        considerato:
            che, nella seduta del 29 marzo 2000, l’Ufficio di Presidenza della Commissione bicamerale di inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi, allargato ai rappresentanti dei Gruppi parlamentari, ha deliberato di ascoltare, in sede di libera audizione, l’allora Presidente del Consiglio, nella persona dell’onorevole Massimo D’Alema, per un aggiornamento sulla vicenda del disastro aereo di Ustica;

            che, da tempo, la suddetta Commissione è convenuta sulla necessità che il Governo italiano attivi i canali diplomatici appropriati al fine di ottenere dagli Stati esteri sopra menzionati informazioni e chiarimenti utili all’inchiesta;
            che le conclusioni contenute nella sentenza-ordinanza del giudice Priore, a proposito dell’incidente di Ustica, sembrano contraddire le dichiarazioni ufficiali dei paesi interessati, tra cui gli Stati Uniti, non avendo peraltro esse raggiunto il suffragio di adeguate certezze, come la vicenda richiederebbe;
            che, nel passato, interventi della citata Commissione bicamerale presso l’allora Presidente del Consiglio onorevole Prodi, per sollecitare la collaborazione della NATO ed in particolare di personale tecnico degli Stati Uniti d’America per la decrittazione dei codici SIF di aerei dell’Alleanza presenti nello spazio aereo italiano la sera della caduta del DC9), hanno avuto esito positivo, costituendo la circostanza motivo di contraddizione con l’asserita «reticenza» degli USA sul caso Ustica;
            che, a tutt’oggi, la Presidenza del Consiglio non ha reso noto il proprio orientamento circa l’audizione sopra ricordata,
        si chiede di sapere se, condividendole, si intenda favorire, a livello governativo, le istanze formulate dalla Commissione stragi per l’attivazione, da parte del Governo italiano, dei canali diplomatici appropriati al fine di ottenere, dai menzionati Stati esteri, informazioni e chiarimenti utili all’inchiesta di cui trattasi e, in caso positivo, quando e come il Governo italiano intenda attivarsi presso detti paesi. Tutto ciò in nome dell’importanza e della delicatezza «politica» della vicenda che ha interessato due paesi amici ed alleati, nella consapevolezza dell’urgenza con cui pervenire finalmente al superamento di una situazione incompatibile con la prevista correttezza dei rapporti da mantenere con detti paesi, dovendo tener presente anche che, su di essi, pesano «accuse» che potrebbero cadere nel nulla ove fossero fornite, sulla linea politica, le spiegazioni dovute, oppure, se confermate, avallare i giudizi negativi ed i sospetti avanzati dal giudice istruttore con le conseguenze del caso.


(3-03632)

        SQUARCIALUPI, VOLCIC, CORRAO. – Ai Ministri degli affari esteri e delle finanze. – Premesso:

            che in seguito al massiccio esodo di profughi dal Kosovo un’enorme quantità di aiuti umanitari si è riversata in Albania dove operavano organizzazioni non governative di vari paesi, organizzazioni non governative albanesi e miste;
            che durante la permanenza dei profughi, ma anche dopo il loro ritorno in Kosovo, era stata rilevata una diminuzione nell’importazione di beni di prima necessità dato che molti aiuti finivano sul mercato, frodando, oltrettutto, le dogane albanesi;
            che il governo albanese, col sostegno del CAM – organo della Commissione europea per il ripristino della dogane albanesi – compilavano un rapporto per conoscere la dimensione del fenomeno «frodi» che, da indiscrezioni, puntava il dito su varie organizzazioni non governative internazionali ed albanesi;
            che alle ripetute interrogazioni poste nel Parlamento europeo alla Commissione europea la risposta è stata sempre che il rapporto in questione era di proprietà del governo albanese e che quindi non poteva essere reso noto; anche il Ministero delle finanze rispondeva di non possedere il testo di tale rapporto,
        si chiede di sapere se non si ritenga necessario che, per fare chiarezza sulla destinazione distorta degli aiuti umanitari in Albania, nella quale pare non siano coinvolte organizzazioni non governative italiane, sia richiesto al governo albanese il testo del rapporto in questione per verificare le reali responsabilità nella distorsione di grandi quantità di aiuti umanitari.


(3-03743)

    –SERVELLO. – Ai Ministri degli affari esteri e delle finanze. – Per conoscere il contenuto del rapporto redatto dal CAM, missione della Commissione europea impegnata in Albania per la ricostruzione delle dogane, e per sapere quali siano le valutazioni del Governo italiano in ordine al comportamento di talune organizzazioni non governative, non solo albanesi, nella gestione del complesso fenomeno dei profughi in Kosovo.

(3-03822)

        SERVELLO, BASINI, MAGLIOCCHETTI. – Ai Ministri degli affari esteri e delle finanze.

        Per sapere se abbiano preso visione del rapporto sugli aiuti umanitari in Kosovo, durante la guerra dello scorso anno, transitati dall’Albania.
        Il documento è stato preparato dalla Cam-Albania (Custom assistance mission) durante la direzione di Natalina Cea rientrata a marzo al Ministero delle finanze. La stessa Cea, durante un’audizione presso la Commissione affari esteri del Senato, il 3 febbraio scorso, confermava che il rapporto in questione riguardava due tipi di truffe: «Si è verificato l’ingresso in Albania di merci spacciate per aiuti umanitari (non lo erano) e il caso di veri e propri aiuti umanitari che, dopo aver attraversato il confine doganale, non sono stati destinati all’uso inizialmente stabilito, ma distribuiti e venduti sul mercato nero. In entrambi i casi si tratta di reati di contrabbando».
        Da Tirana il rapporto sarebbe stato inviato, il primo marzo, all’ufficio DGXXI – Direzione generale tasse e dogane – della Commissione europea, che ha confermato come il
dossier sia stato preparato dalla Cam in collaborazione con le autorità albanesi.
        Secondo notizie pubblicate sul settimanale «Panorama» almeno il 40 per cento delle organizzazioni umanitarie non governative (ONG) scrutinate nel
dossier in questione, che hanno operato in Albania dal marzo all’estate del 1999, presentavano gravi irregolarità, con casi di organizzazioni fasulle messe in piedi dalla criminalità organizzata per vendere gli aiuti sul mercato nero.
        Gli interroganti chiedono infine di conoscere le valutazioni del Governo e le iniziative assunte sia per accertare le responsabilità di questo malaffare, sia per porre termine ad una gestione degli aiuti che ha già penalizzato l’immagine dell’Italia.


(3-03829)

        MIGONE. – Al Ministro degli affari esteri. – Premesso:

            che la legge-delega 28 luglio 1999, n. 266, e il relativo decreto legislativo 24 marzo 2000, n. 85, innovano la legislazione in fatto di promozioni dei funzionari del Ministero degli affari esteri e, in particolare, attribuiscono ad una commissione consultiva – di cui fanno parte ex officio il segretario generale, che la presiede, e il direttore generale del personale – la responsabilità di indicare i funzionari che considera più meritevoli della nomina al grado di ministro plenipotenziario, tra i quali il Ministro degli affari esteri successivamente sceglie i nomi da proporre al Consiglio dei ministri;
            che la promozione a tale grado riveste una particolare importanza perché ad esso corrispondono, in via ordinaria, le funzioni di capo missione e di direttore generale del Ministero;
            che la volontà del legislatore, come manifestata nella normativa, secondo il parere della Commissione affari esteri del Senato e nel dibattito parlamentare, è stata di accrescere la responsabilità dell’amministrazione nei limiti del possibile, sottraendo la progressione di carriera dei singoli a influenze contingenti di carattere politico o, come ora avviene, a centri di potere interni alla carriera stessa (sia detto per inciso: in linea di principio, si può scegliere lo
spoils system o, come nel nostro caso, l’autonomia della pubblica amministrazione; è, invece, inaccettabile un sistema sottoposto all’arbitrio di centri di potere incontrollati all’interno della pubblica amministrazione, magari accompagnati da qualche singolo favore politico);
            che è altrettanto chiara la volontà del legislatore di rendere più trasparente una procedura di grande importanza e delicatezza, introducendovi una valutazione e una responsabilità collegiale, con una netta e verificabile distinzione di ruolo tra commissione e il suo presidente, da una parte, e Governo e Ministro proponente dall’altra;
            che il ruolo della commissione è stato affievolito dalla decisione, a quanto risulta, di indicare funzionari meritevoli di promozione in numero notevolmente superiore rispetto a quello di posti disponibili, mentre un numero più ristretto avrebbe aumentato il peso delle indicazioni della commissione, oltre che rendere più trasparente la procedura che si conclude con le decisioni del Consiglio dei Ministri;
            che risulta inoltre che il presidente della commissione abbia presentato ad essa un elenco precostituito di funzionari da includere tassativamente nel numero dei designati dalla commissione stessa;
            che la decisione di occupare tutti i 41 posti di ministro plenipotenziario disponibili, ai quali si sono aggiunti 6 funzionari promossi in posizione di fuori ruolo, ha avuto le seguenti conseguenze:
                1) ne risulta segnata, si potrebbe dire per una generazione, una carriera che, nel nostro ordinamento, appartiene solo e semplicemente allo Stato che ne garantisce l’autonomia, oltre che la fedeltà agli indirizzi del Parlamento come interpretati dal Governo;
                2) le nomine simultanee di circa la metà dei consiglieri d’ambasciata promuovibili hanno un effetto demotivante: non occorre essere esperti di gestione aziendale per comprendere come tale rischio sia rilevante per i non promossi salvo una minoranza, destinati a rimanere tali per il resto della loro carriera – ma anche per i promossi, essendo ben pochi di essi destinati ad entrare per la porta stretta del grado di ambasciatore (soltanto 22 posti in organico a fronte dei 208 posti di ministro plenipotenziario, di cui per l’appunto 47 appena occupati);

                3) la difficoltà di amministrare con equità un criterio di merito comparato fondato sulle relazioni corrispondenti ai singoli fascicoli personali, oltre che sugli altri parametri indicati nell’articolo 109 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967, come modificato dal citato decreto legislativo n. 85 – cresce proporzionalmente al numero di posti da coprire;

            che le critiche alle promozioni recentemente deliberate non riguardano la qualità dei promossi ma il modo in cui è stato applicato il criterio di merito comparato, in altre parole come sia stata valutata o sottovalutata la qualità di molti esclusi, in riferimento alla loro anzianità non di rado superiore a quella di molti promossi; la difficoltà oggettiva di un giudizio comparato per un numero così elevato di funzionari è stata aggravata al punto di non rispettare il criterio di anzianità neppure tra i promossi, ma di stabilire al loro interno una ulteriore graduatoria di merito e, implicitamente, di relativo demerito (per comprendere la rilevanza del fenomeno basta tenere presente che il primo promosso risultava trentasettesimo nel grado di provenienza, il secondo trentottesimo, il terzo quarantesimo, mentre funzionari che occupavano il dodicesimo e il tredicesimo posto tra i consiglieri d’ambasciata risultano rispettivamente al venticinquesimo e al ventiseiesimo posto nel novero dei promossi; in altre parole, con un singolo atto la commissione ha sconvolto doppiamente – prima scegliendo i funzionari da promuovere e poi modificando radicalmente l’ordine precedente di ruolo – e in maniera difficilmente modificabile l’alta dirigenza della carriera);
            che, poiché secondo la normativa vigente i consiglieri d’ambasciata possono solo eccezionalmente esercitare la funzione di ambasciatori d’Italia all’estero, risulta impossibile sottrarre l’amministrazione alle sue contraddizioni nel momento in cui costoro, in numerosi casi, non solo non vengono promossi, ma risultano addirittura «saltati» (ci si chiede in quali condizioni continueranno a svolgere la loro missione nei paesi presso i quali sono accreditati dopo un simile verdetto, e che dire dei vice capi missione presso importanti ambasciate e rappresentanze multilaterali, o direttori di agenzie internazionali che sono stati omessi da un elenco così ampio);
            che sono stati quasi sistematicamente esclusi dalla promozione i consiglieri d’ambasciata che prestano la loro opera in posizione di responsabilità presso la Direzione generale della cooperazione allo sviluppo, con l’impressione che inevitabilmente ne consegue di un giudizio negativo sull’opera, invece meritoria, di tale Direzione generale o della scarsa considerazione in cui essa viene tenuta,
        l’interrogante chiede di conoscere:
            le procedure effettivamente seguite dalla Commissione consultiva e i criteri cui si è ispirata;
             il ruolo esercitato dal funzionario che ha presieduto la Commissione e, in particolare, se abbia garantito la collegialità, la trasparenza e il libero corso dei suoi lavori da interferenze o imposizioni esterne evitando di costituire un centro di potere autonomo.


(3-03845)

        PIANETTA, PORCARI, MAGGIORE. – Ai Ministri degli affari esteri e delle finanze. – Premesso:

            che in Albania, in concomitanza dell’esodo dei profughi kosovari, sono affluite ingenti quantità di aiuti umanitari;
            che nello stesso periodo fu constatata una notevole diminuzione di regolari importazioni di beni di prima necessità;
            che la concomitanza dei due fatti fece ipotizzare la possibilità di modalità illecite nell’utilizzo degli aiuti;
            che il 3 febbraio 2000, in occasione di un’audizione presso la Commissione affari esteri del Senato, la dottoressa Natalina Cea, capo della missione europea di assistenza alle dogane albanesi «CAM Albania», denunciò il tipo di abusi e truffe che si erano verificati in ordine alle situazioni sopra citate, riferendosi in particolare a «merci spacciate per aiuti umanitari» e affermando che «veri e propri aiuti umanitari, dopo aver attraversato il confine doganale, non sono stati destinati all’uso inizialmente stabilito»;
          che la stessa dottoressa Cea durante l’audizione riferì che «numerose irregolarità sono state riscontrate nei casi in cui donatori internazionali hanno inviato merci attraverso propri circuiti e gli aiuti sono stati gestiti da organizzazioni non governative albanesi o miste e non sono stati destinati ai kosovari ma immessi sul mercato nero» ed inoltre affermò: «Stiamo preparando un rapporto specifico che sarà consegnato all’autorità albanese e ai nostri superiori di Bruxelles»,
        si chiede di sapere se i Ministri in indirizzo siano al corrente del contenuto del testo del rapporto specifico sopra citato ed in caso negativo se non si ritenga di doverlo acquisire al fine di fare chiarezza circa le modalità di gestione degli aiuti umanitari in Albania.


(3-03852)