AFFARI COSTITUZIONALI (1a)
MERCOLEDÌ 9 DICEMBRE 1998

337a Seduta
Presidenza del Presidente
VILLONE

Intervengono il Ministro per le riforme istituzionali Amato e il sottosegretario di Stato per la giustizia Ayala.

La seduta inizia alle ore 15,15.

IN SEDE REFERENTE
(3308) DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE. - Modifiche allo Statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige in materia di valorizzazione delle minoranze ladina e di lingua tedesca, approvato, in prima deliberazione, dalla Camera dei deputati in un testo risultante dall'unificazione dei disegni di legge costituzionali d'iniziativa dei deputati Zeller ed altri; Detomas ed altri; Boato ed altri; Detomas ed altri e del disegno di legge d'iniziativa del Consiglio regionale del Trentino-Alto Adige
(2073) DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE. - Consiglio della regione autonoma Trentino-Alto Adige - Modifiche allo Statuto di autonomia, ai sensi degli articoli 35 e 103 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670, concernente la valorizzazione delle minoranze ladina e di lingua tedesca del Trentino
(2440) DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE. - TAROLLI. - Modifica dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670, a favore delle minoranze di lingua ladina delle provincie di Trento e di Bolzano e della minoranza di lingua tedesca della provincia di Trento
(Rinvio del seguito dell'esame congiunto)

Il senatore PINGGERA prospetta l'opportunità di riaprire il termine per gli emendamenti, per un breve lasso di tempo.

Consente il relatore MARCHETTI, che propone di fissare un nuovo termine alle ore 12 di martedì 15 dicembre.

Concorda la Commissione, e il seguito dell'esame congiunto viene quindi rinviato.

(3619) DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE. - PERA ed altri. - Inserimento nell'articolo 24 della Costituzione dei princìpi del giusto processo
(3623) DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE. - FOLLIERI ed altri. - Integrazione dell'articolo 24 della Costituzione
(3630) DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE. - PETTINATO ed altri. - Modifica all'articolo 101 della Costituzione
(3638) DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE. - SALVATO. - Norme costituzionali in materia di giusto processo e di garanzia dei diritti nel processo penale
(3665) DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE. - SALVI ed altri. - Inserimento nella Costituzione dell'articolo 110-bis concernente i princìpi del giusto processo
(Seguito dell'esame congiunto e rinvio)

Si riprende la trattazione congiunta dei disegni di legge in titolo, sospesa nella seduta del 3 dicembre 1998.

Prosegue la discussione generale.

Il senatore FASSONE desume dai disegni di legge in esame e dalla discussione finora svolta in proposito un indirizzo condiviso per l'introduzione nella Costituzione dei princìpi contenuti nell'articolo 6, lettera c) della Convenzione europea sui diritti dell'uomo. Al riguardo egli osserva anzitutto che la considerazione degli strumenti pattizi internazionali dovrebbe essere estesa al Patto internazionale sui diritti civili e politici, più recente della citata convenzione. In ogni caso, le formulazioni tratte dalle convenzioni internazionali sono pressoché coincidenti e la motivazione del recepimento diretto in Costituzione non potrebbe essere fondata su una ritenuta difformità della legislazione nazionale da quei princìpi: le censure rivolte alla giurisdizione italiana in sede internazionale, infatti, non hanno mai riguardato eventuali carenze legislative, ma piuttosto alcune carenze funzionali, come quelle relative alla durata eccessiva dei processi. Si impone pertanto una prima riflessione sulla ragione effettiva sottostante alle convergenti proposte di integrare la Costituzione con i princìpi desunti da convenzioni internazionali; un motivo fondamentale e sostanziale appare quello di sottrarre alla giurisprudenza l'interpretazione del principio già affermato nell'articolo 24 della Costituzione circa la difesa quale diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento. In proposito, occorre rilevare anche la possibile arretratezza di specificazioni costituzionali rispetto all'eventuale evoluzione delle stesse convenzioni internazionali cui si dovrebbe dar immediata attuazione nel corpo normativo fondamentale. Peraltro, le modalità di esplicazione del diritto di difesa nelle formulazioni delle convenzioni internazionali hanno un margine di flessibilità, riferito soprattutto ai casi eccezionali di pericolo per la sicurezza pubblica e l'integrità della nazione, che non risulta recepito nelle proposte normative in esame. Nelle convenzioni internazionali, infatti, si rinvengono due livelli di garanzia, uno assolutamente inderogabile, anche nei casi di pericolo per la nazione, ad esempio quanto al divieto della tortura, l'altro adattabile e graduabile con misure proporzionate, per quei casi eccezionali che non possono essere esclusi nella storia dei singoli paesi. Egli precisa di essere favorevole alla proposta di introdurre alcune disposizioni di specificazione del diritto di difesa nella Costituzione, ma considera preferibile un enunciato normativo non analitico ma di principio, con un rinvio mobile alle convenzioni internazionali e una clausola di salvaguardia di quel nucleo comunque indefettibile di valori tutelati, resistente anche a possibili evoluzioni degli strumenti pattizi internazionali. La considerazione appena svolta induce anche a valutare il problema della collocazione normativa opportuna; con alcuni disegni di legge si intende integrare l'articolo 24 della Costituzione: ma in quella sede, a suo avviso, potrebbero essere inserite disposizioni di principio derogabili solo da altre norme costituzionali, analogamente ad altri princìpi come ad esempio la libertà personale e l'inviolabilità del domicilio. Peraltro, nella stessa parte della Costituzione figurano i princìpi di legalità e di irretroattività delle misure penali, che le convenzioni internazionali escludono da qualsiasi deroga. Le sue valutazioni, dunque, non intendono perseguire un indebolimento delle garanzie ma riproporre la questione già assunta a fondamento di una importante sentenza della Corte costituzionale del 1982 che, affermando la legittimità delle cosiddette leggi di emergenza contro il terrorismo, richiamava la situazione eccezionale derivante dall'aggressione armata diffusa e continua contro le forze dell'ordine, esponenti dei poteri pubblici e altri inermi cittadini, assunta dal giudice delle leggi quale giustificazione per deroghe temporanee e limitate ad alcuni princìpi di garanzia. Proprio i caratteri di temporaneità, adeguatezza alla causa e ragionevolezza delle deroghe sono considerati intrinseci a queste ultime da parte delle stesse convenzioni internazionali. Un problema ulteriore riguarda la misura in cui la Costituzione può vincolarsi ad espressioni linguistiche di un ramo dell'ordinamento e caratterizzate da fattori contingenti e soggetti ad evoluzione; ricorda, in proposito, il riferimento già contenuto nell'articolo 68, terzo comma, della Costituzione, al mandato di cattura obbligatorio, istituto poi dichiarato illegittimo dalla Corte costituzionale nella valutazione delle relative disposizioni di legge ordinaria. Si può dare il caso, pertanto, di disposizioni contenute in Costituzione, che si rivelano nel tempo costituzionalmente illegittime, essendo fondate su istituti destinati ad evoluzioni ulteriori; sarebbe improprio, di conseguenza, mutuare un linguaggio legislativo soggetto a fattori evolutivi, ad esempio quanto alle categorie di processo e di procedimento, che già sono difformi nei due codici di rito. In particolare, l'enunciazione dei princìpi di immediatezza e concentrazione non è tratta dalle convenzioni internazionali, né fa parte in senso proprio dei princìpi del giusto processo: quanto all'immediatezza, essa è un dato normale ma non assoluto, cosicché in una interpretazione severa potrebbe risultarne un dubbio di legittimità costituzionale su istituti come la videoconferenza, l'incidente probatorio, le prove obiettivamente irripetibili, le intercettazioni telefoniche, esponendo la Corte costituzionale a nuove, ulteriori tensioni; circa il requisito della concentrazione, il riferimento all'unità assoluta di tempo non di rado esige una deroga, per assicurare un frazionamento temporale funzionale e necessario. Occorre porre la massima attenzione, inoltre, sulla opportunità di non contraddire alcuni indirizzi legislativi maturi e condivisi, ispirati in particolare al principio di semplificazione. Sarebbe irragionevole, infatti, estendere tutte le garanzie previste nei disegni di legge a casi che non esigono tali presidi, come la volontaria giurisdizione, i procedimenti civili monitori, il processo minorile, il decreto penale di condanna, le procedure di archiviazione e di esecuzione, le decisioni proprie della magistratura di sorveglianza, quelle affidate ai giudici di pace, le declaratorie di amnistia e di indulto. Una riflessione è dovuta anche sulle nozioni di giudice terzo e di giudice imparziale, che non sono coincidenti. In conclusione, il tentativo apprezzabile di inserire nella Costituzione alcuni princìpi desunti dall'ordinamento internazionale in materia di giusto processo, va compiuto con equilibrio e misura.

Il presidente VILLONE osserva che le iniziative in esame non hanno lo scopo di contraddire la giurisprudenza della Corte costituzionale nè quello di seguire pedissequamente il contenuto delle convenzioni internazionali. A titolo personale egli considera già inclusi nella Costituzione molti tra i princìpi enunciati nei disegni di legge, purchè della stessa Costituzione sia data una lettura moderna, che però non sembra propria di alcuni indirizzi del giudice delle leggi. Si tratta di valutare, pertanto, quali garanzie debbano essere espressamente previste nella Costituzione.

Il senatore CENTARO condivide l'osservazione del Presidente e afferma che l'integrazione costituzionale non ha l'obiettivo di recepire le convenzioni internazionali in una sede normativa inappropriata nè quello di affermare una sorta di rivalsa su alcuni indirizzi della Corte costituzionale. Si tratta invece di assicurare ad alcuni princìpi fondamentali una espressione costituzionale compiuta, resa opportuna anche da quella nota sentenza della Corte costituzionale che ha dato luogo al dibattito in corso e ha obiettivamente richiamato l'attenzione su alcuni princìpi già contenuti in strumenti pattizi internazionali ma non pienamente realizzati nell'ordinamento. Alla legge ordinaria sarà comunque affidato il compito di articolare concretamente i princìpi di garanzia enunciati nella Costituzione e capaci di orientare la legislazione. Lo scopo, pertanto, è soprattutto quello di consolidare nel sistema processuale penale il principio accusatorio, in particolare sotto l'aspetto della effettività del diritto alla difesa. Appare centrale, in tale contesto, il problema della formazione, dell'acquisizione e della valutazione della prova, laddove il diritto di difesa deve trovare una esplicazione coerente, senza margini di interpretazione che ne possano limitare l'efficacia. Quanto ai casi di eccezione evocati dal senatore Fassone, essi vanno considerati nell'interpretazione sistematica, mentre i diversi passaggi del processo devono essere resi coerenti ai princìpi enunciati dalla Costituzione. Da ciò l'opportunità di integrare l'articolo 24 della Costituzione, poichè si tratta di rendere più espliciti i postulati e i corollari del diritto di difesa, mentre nella seconda parte della Costituzione vi sono prescrizioni attinenti ad aspetti funzionali del processo che potrebbero anche non riguardare il principio del diritto di difesa. In merito alla formulazione dei disegni di legge egli considera tautologica la definizione di giudice imparziale, mentre reputa opportuno un riferimento alla terzietà del giudice, che affermi espressamente la distanza di questi dalla pubblica accusa. Quanto alle parti del processo, non è tanto in questione la pari dignità, ma piuttosto la parità delle posizioni, mentre è senz'altro preferibile escludere ogni riferimento a procedimenti speciali, quale fattore di eccezione. Egli concorda sulla necessità di specificare che le disposizioni in questione sono da riferire alla giurisdizione penale, poiché i processi civile e amministrativo sono prevalentemente in forma scritta, mentre sui requisiti di immediatezza e concentrazione non condivide i timori manifestati dal senatore Fassone, giacchè una interpretazione equilibrata farebbe salvo un margine di adattamento e di flessibilità fondato su un principio tendenziale. Occorre, in sostanza, affermare in Costituzione i princìpi di garanzia che dovranno essere adattati, con flessibilità ma con coerenza, dalla legislazione ordinaria.

Il senatore SENESE ricorda che i temi in questione furono dibattuti nella Commissione parlamentare per le riforme costituzionali e la discussione di allora fece maturare un consenso molto esteso attorno a un nucleo di princìpi fondato sull'esigenza di inserire nella Costituzione alcune disposizioni desunte dalle convenzioni internazionali, ancorchè ritenuti da taluni già inclusi nell'ordinamento positivo. All'opposto, si manifestò già allora un dissenso molto diffuso tra i giuristi, motivato dal ritenuto carattere superfluo, prolisso e rigido delle disposizioni di principio da inserire nella Costituzione. Si sosteneva, in proposito, che la prevalente esigenza di regolare i poteri processuali delle parti, specie in materia penale, fosse compito normativo proprio della legislazione ordinaria. A suo avviso, peraltro, le disposizioni di cui si tratta non hanno tanto la qualità di previsioni generali e astratte rispetto alla disciplina del processo quanto piuttosto quella di precetti relativi proprio ai poteri processuali delle parti. Ma soprattutto, occorre considerare la fondamentale circostanza che dopo quel dibattito venne approvata la legge n. 267 del 1997, che obiettivamente recepiva le indicazioni di metodo provenienti dalla dottrina e fu successivamente dichiarata parzialmente illegittima dalla Corte costituzionale. Si ripropone, pertanto, l'esigenza obiettiva di affermare in Costituzione alcuni princìpi e precetti di garanzia. Altre critiche all'impianto delle proposte normative in esame sono quelle appena formulate nell'intervento del senatore Fassone, concernenti in particolare l'asserita rigidità propria di integrazioni costituzionali desunte dall'ordinamento internazionale e la discutibile selettività di tale recepimento, che non tiene conto in particolare del problema delle possibili deroghe previste nei testi internazionali. Al riguardo egli rammenta che gli strumenti pattizi internazionali coinvolgono paesi dalla diversa configurazione politica e culturale, in alcuni dei quali vi è un rapporto notevolmente critico tra i princìpi di autorità e di libertà nella reciproca realizzazione. La posizione dell'Italia nel contesto internazionale, invece, è stata tradizionalmente coerente nel negare la possibilità di prevedere in Costituzione l'eventualità di ridurre le garanzie processuali in ragione di eventi eccezionali, come ad esempio il terrorismo. Le situazioni di eccezione, peraltro, sono state considerate nella giurisprudenza della Corte costituzionale secondo la ricostruzione del senatore Fassone. Quest'ultimo ha proposto una soluzione normativa fondata su un rinvio mobile e compiuto alle convenzioni internazionali, ma ciò incontra il problema del rango normativo assunto da tali convenzioni nel sistema delle fonti dell'ordinamento interno, dibattuto nella dottrina e ritenuto comune, in parte, anche ai rapporti tra ordinamento comunitario e ordinamento interno. Poichè si tratta di una questione ancora aperta, confermata anche dal mancato accoglimento nel trattato di Amsterdam della richiesta italiana di richiamare espressamente i princìpi della convenzione internazionale sui diritti dell'uomo, è senz'altro più saggio, a suo avviso, non interferire in tale dibattito, ma affermare quei princìpi largamente condivisi in Italia dalla cultura e dalla sensibilità costituzionali, con apposite e adeguate disposizioni costituzionali, che tengano conto del contenuto di verità proprio di alcune critiche. In particolare, va considerata con attenzione la censura di sovrabbondanza dei precetti in esame rispetto alle disposizioni delle convenzioni internazionali, problema già presente nel testo definito in sede di Commissione parlamentare per le riforme costituzionali. In merito ai requisiti di immediatezza, di oralità e di concentrazione, ad esempio, occorre considerare che si tratta di princìpi desunti da una dottrina processuale nota e risalente ai primi decenni del secolo, i quali tuttavia hanno uno scarso contenuto precettivo e potrebbero avere effetti applicativi alquanto limitati, determinando anche notevoli inconvenienti funzionali, ad esempio nel giudizio di cassazione e nei riti abbreviati, ovvero rivelarsi sterili, poichè il principio di immutabilità del giudice nel processo, strettamente connesso al requisito dell'immediatezza, è senz'altro desumibile da altri precetti costituzionali. Si tratta, pertanto, di indicazioni tutto sommato fuorvianti, come anche quella, contenuta nel disegno di legge presentato dai senatori Follieri ed altri, secondo la quale la prova si forma al cospetto del giudice terzo; egli osserva, in proposito, che nel processo penale non si può escludere la formazione della prova fuori dal cospetto del giudice, come nei casi delle prove documentali, delle prove specifiche, dell'acquisizione del corpo del reato, delle intercettazioni telefoniche: altrettante fonti di prova formate non al cospetto del giudice, che non hanno mai suscitato un problema di garanzie. Occorre porre attenzione, dunque, alle possibili eccedenze normative, foriere di problemi di ardua soluzione, che non tengono conto soprattutto di un elemento fondamentale, consistente nella opportunità e nella necessità di limitare le garanzie della difesa in tema di formazione della prova alle questioni che concretamente emergono nel processo e cioè alle dichiarazioni cognitive provenienti da testimoni o da altri soggetti. Egli si dichiara conclusivamente favorevole alla riforma costituzionale di cui si discute, da limitare nel contenuto a quelle disposizioni che riguardano le prove cognitorie e da collocare appropriatamente nella seconda parte della Costituzione, laddove sono svolti i princìpi generali enunciati nella Parte Prima.

Il senatore LISI dichiara la propria sorpresa per le critiche che provengono ai testi presentati, anche da coloro che pure li hanno sottoscritti. Riguardo alle considerazioni svolte dal senatore Fassone, non ritiene ingiustificata la costituzionalizzazione dei princìpi sul giusto processo, malgrado la Corte europea non abbia mai condannato l'Italia per qualche deficit normativo nella materia. L'Italia ha semmai tardato troppo a recepire in norme costituzionali i contenuti della Convenzione europea in modo da meglio determinare e specificare i diritti della difesa. Sostiene quindi che i princìpi in discussione non possono che essere fissati nel quadro dell'articolo 24 della Costituzione, anche per reagire a certe interpretazioni riduttive della giurisprudenza e della Corte costituzionale, la quale in qualche caso si è discostata dai valori propugnati dalla Convenzione predetta. I dubbi affiorati nel corso del dibattito suscitano qualche preoccupazione, ma egli confida in un'ampia convergenza.

Il senatore PELLEGRINO coglie nei vari interventi una certa astrattezza, dovuta forse ad una non sufficiente considerazione dell'occasione che ha accompagnato la presentazione dei disegni di legge. Da un lato l'arenarsi del progetto organico di riforma elaborato dalla Commissione parlamentare per le riforme costituzionali consiglia di procedere per temi limitati; dall'altro è opportuno recepire nella disciplina costituzionale aspetti che sono stati già regolati dalla legislazione ordinaria secondo modalità qualche volta al limite della Costituzione. Sotto questo profilo si tratta di far salve alcune innovazioni del nuovo processo penale, campo nel quale si è assistito a ripetuti interventi della Corte costituzionale, la cui giurisprudenza riflette forse la posizione anomala del pubblico ministero rispetto al modello accusatorio. Occorre allora rendere espliciti alcuni canoni per rendere costituzionalmente compatibile lo svolgimento del processo penale. Per queste ragioni, la modifica costituzionale concerne specialmente questo settore dell'ordinamento e non può mancare di una spiccata concretezza. Non lo preoccupa nemmeno il timore circa un'eventuale incostituzionalità consequenziale dei riti alternativi, in quanto la sperimentazione di questi procedimenti è subordinata al consenso dell'imputato, il quale può liberamente decidere di derogare a certe garanzie in vista di altri benefici. Non avrebbe nemmeno dubbi circa la possibilità di fronteggiare in modo adeguato eventuali emergenze, fidando nell'elasticità interpretativa.

Il relatore PERA, replicando agli intervenuti nel dibattito, osserva che questo ha registrato numerose convergenze, presupponendo le varie iniziative il lungo, ma proficuo, lavorio compiuto nella Commissione parlamentare per le riforme costituzionali. In quella sede, malgrado l'approdo non abbia potuto rispecchiare le posizioni delle singole parti politiche, nondimeno si è registrato un consenso di fondo. L'ottimismo di allora può essere condiviso ancora oggi: la sentenza della Corte costituzionale sull'articolo 513 del codice di procedura penale ha quindi solo propiziato le varie iniziative, ben sapendo che molte delle esplicitazioni in esse contenute erano già racchiuse nella norma costituzionale e in atti internazionali ratificati dal nostro paese. Non si tratta quindi di una risposta polemica alla decisione della Corte. Nota poi che tutti i disegni di legge all'ordine del giorno presentano una parte comune, una matrice risalente al testo elaborato dalla Commissione parlamentare, ed alcune differenziazioni che giudica componibili. La prima di queste attiene alla collocazione sistematica della modifica, all'articolo 24 o agli articoli 101 e seguenti della Costituzione. Altre riguardano i princìpi di oralità, immediatezza e concentrazione, da alcuni reputati come ridondanti o non idonei a tutti i processi. Il giudice deve poi essere «terzo» e non solo «imparziale», perché così si era convenuto nella Commissione, dal momento che si era ritenuto prevalente il profilo istituzionale ed oggettivo della funzione sull'atteggiamento soggettivo del singolo. Circa le modalità di formazione o di valutazione della prova, fa presente che questo aspetto non compariva nel testo di riferimento. Sono queste le notazioni difformi emerse nel corso del dibattito mentre è rimasta del tutto sopita la questione dell'assetto del pubblico ministero. Propone quindi di assumere come testo base quello definito dalla Commissione parlamentare per le riforme, sul quale eventualmente operare in via emendativa.

Il ministro AMATO dichiara che il Governo è interessato al dibattito in corso, ritenendo giustificato l'obiettivo di includere nella Costituzione alcune specificazioni del diritto di difesa. Alcune delle differenziazioni riscontrate hanno un carattere metodologico più che di sostanza. Rileva comunque che la terzietà non dovrebbe essere caratteristica del solo giudice penale, ma di ogni giurisdizione. Propende poi per una collocazione della modifica nel quadro del diritto di difesa, tenuto conto della particolare posizione costituzionale del pubblico ministero, che rende in qualche modo difficile una completa parità processuale tra le parti. Osservando inoltre che le Convenzioni internazionali riflettono spesso un minimo comune denominatore di civiltà giuridica, conclude affermando che non dovrebbe alimentare timori eccessivi la possibile costituzionalizzazione di alcuni assunti della Convenzione europea.

Il presidente VILLONE ritiene ragionevole la proposta del relatore, di considerare come testo base la norma definita dalla Commissione parlamentare per le riforme costituzionali all'articolo 130. La Commissione conviene su tale proposta ed il Presidente propone quindi il termine di giovedì 10 dicembre, alle ore 10, per la presentazione di eventuali emendamenti, i quali potranno essere illustrati nel corso della seduta già prevista della Commissione. L'esame e la votazione degli emendamenti stessi si svolgerà nella settimana successiva.

Il senatore BESOSTRI, nel ringraziare il senatore Fassone per il carattere maieutico del suo intervento, condivide la proposta del presidente Villone.

Il seguito dell'esame congiunto è quindi rinviato.

SUI LAVORI DELLA COMMISSIONE

Il PRESIDENTE avverte che la seduta della Commissione, già convocata per giovedì 10 dicembre, alle ore 10, avrà inizio alle ore 11, con l'ordine del giorno già diramato.

La seduta termina alle ore 17,15.


TESTO UNIFICATO PROPOSTO DAL RELATORE PER I DISEGNI DI LEGGE COSTITUZIONALE
NN. 3619-3623-3630-3638 E 3665

Art. ...

La giurisdizione si attua mediante giusti processi regolati dalla legge, ispirati ai princìpi dell'oralità, della concentrazione e dell'immediatezza. Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità e davanti a giudice terzo. La legge ne assicura la ragionevole durata.
Nel procedimento penale la legge assicura che la persona accusata di un reato sia informata, nel più breve tempo possibile, della natura e dei motivi dell'accusa elevata a suo carico; disponga del tempo e delle condizioni necessarie per preparare la sua difesa; abbia la facoltà di interrogare o far interrogare dal suo difensore le persone da cui provengono le accuse a suo carico; abbia la facoltà di ottenere la convocazione e l'interrogatorio di persone a discarico nelle stesse condizioni di quelle di accusa e l'acquisizione di ogni altro mezzo di prova a suo favore; sia assistita gratuitamente da un interprete se non comprende o non parla la lingua impiegata.
La legge assicura che la custodia cautelare in carcere venga eseguita in appositi istituti.
La legge istituisce pubblici uffici di assistenza legale al fine di garantire ai non abbienti il diritto di agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione.
Il Relatore