DIFESA (4a)

MARTEDI' 18 LUGLIO 2000

240a Seduta


Presidenza del Presidente
DI BENEDETTO





Intervengono il sottosegretario di Stato per la difesa Rivera e il Maggiore Generale dell'Esercito Gaeta, accompagnato dal tenente colonnello medico Di Pirro.


La seduta inizia alle ore 14.05.

PROCEDURE INFORMATIVE

Interrogazioni

Il sottosegretario di Stato per la difesa RIVERA risponde all'interrogazione n. 3-02758, precisando che essa non risulta più attuale, posto che, nell'attuale configurazione del Governo, la delega sulle tematiche relative ai programmi di acquisizione di armamenti e all'industria per la Difesa è di competenza del sottosegretario Domenico Minniti.

Il senatore DOLAZZA replica per dichiararsi profondamente insoddisfatto.

Il sottosegretario di Stato per la difesa RIVERA risponde congiuntamente alle interrogazioni n. 3-03519 e n.3-03549, giacché vertenti su analogo argomento. Esordisce confermando quanto già riferito dal sottosegretario Guerrini nei giorni 15 e 17 febbraio scorsi in risposta a precedenti interrogazioni del medesimo interrogante sullo stesso oggetto. Per quanto attiene alla vicenda dei cacciabombardieri AM-X, rende noto che il procedimento penale n.12376/98 instaurato presso il tribunale di Roma è tuttora pendente nella fase delle indagini preliminari. In ordine, poi, alla produzione del cacciabombardiere AM-X, avviata, a dire dell'interrogante, senza che prima fossero chiarite le cause che determinarono la distruzione del prototipo, evidenzia che l'inchiesta tecnico-formale, svolta da una commissione composta da rappresentanti della Difesa e dei Trasporti, ha individuato nell'errore umano la causa dell'incidente. Inoltre, l'attività di produzione di serie del velivolo è iniziata nel 1986, successivamente, quindi, alle conclusioni dell'inchiesta tecnico-amministrativa che non ha attribuito a problematiche tecniche la causa dell'incidente occorso al prototipo. In merito al potenziamento/adeguamento del velivolo AM-X, rappresenta altresì che il cacciabombardiere, progettato sulla base di un requisito militare iniziale degli anni '70 per sostituire i velivoli G 91 R/Y e F 104 G, e attualmente in servizio presso i reparti di volo, risponde alle esigenze operative espresse all'epoca dalla Forza armata.
Le attività di potenziamento/incremento delle capacità operative si sono rese necessarie in conseguenza dell'evoluzione degli scenari geo-politici che richiedono, per la macchina, particolari e diversi requisiti e confermano il potenziale di crescita insito nella progettazione iniziale del velivolo, sostanziandone la sua validità. Con riferimento, poi, al programma di sviluppo e produzione del velivolo da trasporto C27J, rileva che esso discende dal piano delle compensazioni industriali, previsto nel contratto di acquisto di 18 velivoli da trasporto militare Lockheed C130J. A seguito di tali accordi si è, infatti, costituita una società denominata LMATTS (Lockheed Martin Alenia Tactical Transport System) con il compito di sviluppare, produrre e commercializzare il nuovo velivolo da trasporto tattico, derivato dal velivolo G222. Il prototipo del C27J ha effettuato il primo volo il 24 settembre dello scorso anno presso l'aeroporto di Torino - Caselle e ha totalizzato, alla data del 24 febbraio 2000, più di 40 ore di volo, in linea con quanto previsto dal programma di collaudo. Il 12 maggio di quest'anno ha effettuato il primo volo anche un secondo prototipo con la configurazione avionica e propulsiva simile a quella del velivolo di produzione. Il programma di sviluppo prevede, inoltre, la certificazione civile del velivolo, da parte del Registro Aeronautico italiano con il supporto dell'Aeronautica militare, e la qualificazione militare che sarà condotta, a titolo oneroso, dalla stessa Forza armata.
In tale quadro la Difesa, a seguito delle deliberazioni del Comitato dei Capi di stato maggiore del 14 ottobre 1999, ha richiesto, in data 15 febbraio 2000, un'offerta alla società LMATTS per la fornitura di 12 velivoli C27J ed un simulatore di volo. La stipula del contratto di fornitura è prevista per la fine dell'anno 2000. La decisione di acquisire tali velivoli è stata assunta in considerazione della vetustà dei velivoli G222, entrati in servizio verso la fine degli anni '70. Ulteriori motivi che hanno indotto all'acquisizione del C27J sono riconducibili alla disponibilità della società Alenia nell'effettuare una permuta dei circa 40 velivoli G222 dell'Aeronautica, con un notevole risparmio da parte dell'amministrazione nell'onere di acquisto di nuovi velivoli, ed alla possibilità di razionalizzare il supporto manutentivo ed addestrativo dell'intera linea di velivoli da trasporto, in quanto il C27J utilizzerà lo stesso sistema propulsivo e avionico del velivolo C130J. La richiesta del simulatore di volo risponde, invece, all'esigenza di disporre di uno strumento addestrativo molto avanzato.Esso troverà collocazione presso la base di Pisa. Sempre a causa della vetustà della flotta di C130H è stato inoltre formalizzato un contratto con la ditta Lockheed per la fornitura di ulteriori 4 velivoli C130J, con l'opzione per ulteriori 2, a fronte della permuta di 12 velivoli C130H in dotazione.
Ciò consentirà alla Forza armata di disporre, nel prossimo futuro, di due gruppi di volo su C130J per complessivi 22-24 velivoli, ed un terzo gruppo su 12 velivoli C27J.
Al riguardo, sottolinea che la scelta di avvalersi degli strumenti legislativi che autorizzano la permuta dei velivoli operativamente obsoleti, consente da un lato di operare considerevoli risparmi sugli interventi di ammodernamento, che si rendono comunque necessari su una famiglia di velivoli in servizio oramai da più di 30 anni, e dall'altro di disporre di una flotta da trasporto aereo nazionale moderna e più idonea a far fronte ai numerosi impegni internazionali, per operazioni a supporto della pace, a cui l'Italia partecipa e che prioritariamente richiedono un efficiente ed efficace capacità di trasporto aereo.
In ultimo, per quanto attiene alla problematica inerente l'acquisizione - nella fase della prima fornitura - di parti di ricambi di velivoli, palesatasi in taluni casi ridondante rispetto alle reali esigenze riscontrate nel corso dell'esercizio delle linee di volo, il Sottosegretario osserva che solo l'esperienza delle attività di volo ha consentito di focalizzare il reale fabbisogno di parti di ricambio. È pertanto comprensibile ed accettabile che in alcuni casi vi possano essere state talune ridondanze. Tuttavia il materiale di rispetto nel complesso acquisito ha consentito di garantire la piena operatività dei velivoli in quanto la immediata disponibilità di scorte ha permesso di mantenere un costante elevato livello di efficienza.

Il senatore DOLAZZA replica per dichiararsi nuovamente insoddisfatto, giacché le risposte sono elusive dei problemi da lui posti.

Seguito dell'indagine conoscitiva sulle motivazioni che hanno indotto al suicidio alcuni soldati di leva nelle strutture militari: audizione, ai sensi dell'articolo 47 del Regolamento, del Maggiore Generale Gaeta, per l'Esercito.

Riprende l'indagine conoscitiva, sospesa nella seduta del 2 marzo.

Il generale GAETA premette la piena consapevolezza che il suicidio di un militare di leva scuote sempre intensamente l’opinione pubblica. Alla giovane età della vittima si associa la considerazione del servizio militare obbligatorio che, notoriamente, è ritenuto un dovere non più aderente ai tempi ed alla cultura dominante e che, in simili drammatiche circostanze, tende ad essere maggiormente colpevolizzato, forse anche nella inconscia illusione di esorcizzare un evento così tragico. Nell'epoca presente si è fatta particolarmente pronunciata la tendenza alla rimozione del “morire” e la consapevolezza della precarietà e mortalità dell’essere “uomo" è una realtà terrorizzante e difficilmente concepibile. È comprensibile quanto possa essere angoscioso il pensiero del suicidio. Eppure proprio il suicidio è una delle risposte dell’uomo alla mancanza di significato del vivere, alla disperazione; un drammatico gesto autodistruttivo dettato da diverse motivazioni coscienti ed inconsce e quasi sempre espressione di una “fuga” da un’angoscia vissuta come intollerabile. Alla fine del XIX secolo il suicidio tra i militari era molto più frequente in assoluto ed anche in relazione alla popolazione generale. Malgrado le condizioni di vita nelle caserme fossero veramente molto pesanti, tra le motivazioni che spingevano al suicidio non emergevano, tra quelle più significative, le difficoltà a sopportare le restrizioni imposte dalla forzata e stretta convivenza, i rigidi regolamenti ed i pericoli a cui spesso i soldati erano esposti. Tra le cause che potevano indurre un soggetto alle armi a togliersi la vita, vi era però il ruolo legato alla rigida formazione morale e lo spiccato spirito di corpo che caratterizzavano l’addestramento e la disciplina militare di quel periodo. Dal secondo conflitto mondiale in poi si assiste ad una progressiva diminuzione del numero di suicidi tra i militari, tanto che stando agli studi statistici, il suicidio appare più incisivo tra la popolazione in generale. Già nel 1962 il tasso assoluto di suicidi nelle Forze armate italiane era di 6,68 per 100.000 relativamente ai militari di carriera e 4,71 per i giovani di leva, a fronte di medie nazionali riscontrate nella popolazione civile d’età compresa tra i 20 ed i 60 anni , di 8,75 per 100.000 nel 1962 e 9,80 nel 1963.
L’analisi delle statistiche consente di rilevare che: a) il “picco” dei suicidi lo si riscontra nell’anno 1986 (si raggiunse un tasso di 7.6 per 100.000 rispetto a tassi variabili da un minimo di 0.7 ad un massimo di 5,9 per 100.000 registrati negli anni antecedenti); b) l’andamento del fenomeno è stato più contenuto negli anni successivi al 1986 con tassi variabili da un minimo di 2.4 ad un massimo di 5.6 per 100.000 e mediamente Inferiori ai valori medi riscontrati nello stesso periodo tra la popolazione civile della stessa fascia di età (tasso di 5.0 per 100.000); c) una netta flessione del numero di suicidi tra i militari di leva dell’Esercito dura dal 1996 a tutt’oggi tanto che nel 1998 sono stati segnalati solo due casi ed ugualmente due casi sono stati segnalati nel 1999.
Tra la popolazione militare il suicidio rappresenta comunque, dopo gli incidenti automobilistici e le malattie, la terza causa di morte. È stata notata una periodicità su base annuale e settimanale, nel senso che risultano a maggior rischio il primo semestre dell’anno ed in particolare i mesi primaverili; relativamente ai giorni settimanali, quelli più a rischio sono risultati il lunedì, il venerdì e la domenica. Infatti la scelta del giorno domenicale, quale momento in cui mettere in atto un proposito suicida, pare essere più caratteristica del contesto militare, forse perché il giorno festivo porta maggiormente a sperimentare sentimenti di abbandono, noia, solitudine, che possono innescare propositi suicidari in quei soggetti particolarmente predisposti.
Stando ai rilevamenti statistici relativi al suicidio, il fenomeno appare decisamente più contenuto tra i militari rispetto alla popolazione generale. Tuttavia bisogna considerare che, purtroppo, tra la popolazione generale il tasso dei suicidi è andato aumentando negli ultimi anni e soprattutto detto aumento risulta allarmante per quanto concerne l’età giovanile compresa tra i 18 ed i 24 anni. A riguardo è stato rilevato che detto aumento non si è riscontrato tra i militari di leva che, per età anagrafica corrispondono alla fascia giovanile prima citata. In sostanza il fenomeno del suicidio tra i giovani sembra essere meno incisivo tra i militari di leva. Questo dato in senso assoluto non significa molto, soprattutto non significa che nelle caserme il rischio di suicidio è più basso; ciò può soltanto incoraggiare quelle iniziative che la Forza armata ha già messo in atto per prevenire il fenomeno e che saranno di seguito illustrate. Il suicidio è un fenomeno presente in ogni realtà sociale e culturale; relativamente al mondo militare viene pertanto spontaneo fare dei raffronti anche con le Forze armate di altri Paesi. Nel corso di riunioni in sede di EUROMED, aventi come oggetto temi attinenti alla psichiatria militare, i vari rappresentanti nazionali hanno comunicato tassi assoluti, relativi al fenomeno suicidario, ben più elevati rispetto agli analoghi dati riguardanti le Forze armate italiane che risulterebbero, pertanto, minori rispetto a quanto rilevato negli eserciti degli Stati Uniti, Belgio, Germania, Portogallo, Norvegia, Francia e Grecia. Per esempio in Francia nel 1981 il tasso suicidario risulta essere di 19 su 100.000 (113 suicidi di cui 60 di ufficiali e sottufficiali).
Ciò premesso, è opportuno passare alle considerazioni che più direttamente riguardano l’attuale fenomeno dei suicidi tra i militari di leva. Per comprendere meglio le cause che possono contribuire in varia misura al fenomeno suicidario è utile cominciare proprio delineando gli aspetti salienti della condizione del militare di leva attuale, in quanto è importante identificare certe peculiarità, proprie del contesto militare, che possono contribuire quali fattori di rischio alla messa in atto di una condotta suicidaria. La vita militare oggi è meno faticosa di quanto potesse essere in passato e le condizioni di vita nelle caserma, malgrado tutto quello che si sente dire, sono migliorate; tuttavia il servizio militare obbligatorio viene a coincidere con un momento evolutivo del giovane coscritto particolarmente delicato, in cui l’individuo si trova a dover affrontare cambiamenti radicali per acquisire la propria identità ed il proprio ruolo di adulto nella società. È noto che proprio in questa fascia d’età cominciano a manifestarsi nei giovani, desideri di morte e pensieri suicidi, considerando come possibile anche l’eventualità di togliersi la vita qualora si verifichino circostanze ritenute particolarmente sfavorevoli e troppo frustranti. Affrontare il servizio militare oggi, significa doversi calare in un contesto, decisamente diverso da quello abituale, che troppo spesso viene avvertito come fortemente ostile, inutile, dannoso e ciò significa che in individui predisposti, il servizio militare può comportare l’insorgere di un disagio psicologico che, in qualche caso, quando non sopportato, può sfociare nell’atto estremo.
Il suicidio è la conclusione di stati psicopatologici assai differenti o, comunque, di un profondo disagio esistenziale. Varie sono le interpretazioni fornite dalle diverse scuole scientifiche e di pensiero nel tentativo di spiegare un fenomeno difficile da comprendere e per il quale è ancora più difficile fornire spiegazioni del tipo causa-effetto e ciò vale anche per i suicidi avvenuti tra i soldati di leva per i quali è scorretto e riduttivo ricondurre all’ambiente militare la causa generatrice e dominante del tragico gesto. Del resto, senza voler cercare inutili giustificazioni, è purtroppo dimostrato che è molto arduo individuare le reali cause di un suicidio, ed il suicidio stesso esiste come rischio, più o meno consistente, in tutte le strutture di personalità. Pertanto, in relazione agli eventi verificatisi anche in ambito militare, si può affermare, in linea a quanto sostenuto da diversi studiosi del fenomeno, che le eventuali cause messe in relazione ad un suicidio non possono mai costituire delle certezze ed il più delle volte rappresentano il risultato di indagini induttive, ovvero di considerazioni espresse sulla base di elementi ricostruiti e relativi per lo più alla vita privata del soggetto suicida.
In generale si possono distinguere delle condizioni “di base” che si ritrovano pressoché costantemente nel suicidio e che sono individuabili in: a) atteggiamento e clima del gruppo, specie quando percepito come ostile, quale espressione e dimensione del contesto sociale in cui l’individuo vive o deve vivere; b) possibili condizioni, esterne all’individuo, che si presentano avverse, frustranti o comunque troppo difficili da gestire ed affrontare; c) interazione tra le suddette condizioni sfavorevoli e che richiedono notevoli sforzi adattativi e le caratteristiche di personalità e/o le condizioni psicologiche del momento proprie dell’individuo.
Si può tuttavia affermare, con riferimento anche al contesto militare, che gli avvenimenti socio-ambientali esterni, unitamente a momenti di difficoltà esistenziale, quanto più si presentano con drammatica intensità, provocando il cedimento delle capacità di “tenuta” e di elaborazione intrapsichica dell’individuo, tanto più possono sfociare in una condotta autosoppressiva. Come prima accennato, in certi casi il suicidio si inscrive nel corso di un evento psicopatologico di rilievo, magari fino a quel momento latente o passato inosservato, oppure può essere in relazione all’uso di sostanze.
L’esame dei dati esposti per quanto dimostri una flessione circa l’andamento dell’evento suicidario tra i giovani di leva, induce comunque a mantenere la dovuta attenzione nei confronti di un fenomeno sempre allarmante e mai del tutto prevedibile. Occorre vieppiù incoraggiare le iniziative che la Forza armata ha attivato per la prevenzione delle cause che possono portare al suicidio e sulle quali è possibile intervenire e perché ciò sia possibile il fenomeno va prima di tutto conosciuto. Pertanto già nel 1988, proprio in risposta all’aumento dei casi di suicidio che si erano registrati, fu istituito, presso la Direzione generale della Sanità militare, l’Osservatorio permanente sul fenomeno del suicidio e del tentato suicidio in ambito militare, col compito di prendere in esame la documentazione (personale, sanitaria e di servizio) relativa a tutti i casi di suicidio o tentato suicidio verificatisi tra i militari, al fine di conoscere più a fondo il fenomeno per predisporre adeguati interventi preventivi. La Forza armata è particolarmente sensibile alle condotte suicidarie in tutte le sue possibili manifestazioni e relativamente al tentato suicidio vi è tutto l’interesse ad individuare i casi ed avviare gli opportuni interventi, soprattutto in considerazione dei significati prognostici di una tale condotta (rischio di ripetere l’atto) e per la possibilità di poter intervenire terapeuticamente e socialmente sul soggetto, al fine di recuperarlo ad una condizione di maggiore armonia affettiva ed emotiva. Infatti il tentato suicidio rappresenta un’urgenza psichiatrica piuttosto comune nell’età che interessa anche i militari di leva e pur non potendo al momento disporre di dati precisi riguardo questo fenomeno, si può ipotizzare che i tentati suicidi tendono ad essere più frequenti dei suicidi tra i giovani, anche se è difficile poter contare su dati attendibili riguardo dette condotte. In ambito militare, sulla base dei dati desumibili dalle segnalazioni inviate al citato Osservatorio, il rapporto numerico tra tentato suicidio e suicidio viene stimato nel rapporto di 5 a 1.
L’individuazione dei sopra citati elementi ha suggerito/imposto alla Forza armata di realizzare una serie di interventi organizzati sul territorio (caserma). Essi si traducono in un progetto di prevenzione del disadattamento e del disagio psichico tra i giovani militari, al fine di eliminare/contenere le possibili conseguenze, ivi comprese quelle più drammatiche ed estreme. L’organizzazione di base di questi interventi non solo è una concreta realtà ma è anche compiutamente delineata in una pubblicazione dello Stato maggiore dell’Esercito — Ispettorato logistico — Dipartimento di Sanità e Veterinaria dal titolo “Norme e procedure inerenti il supporto psichiatrico e psicologico” che in stretta sintesi concerne: 1) gli aspetti generali del supporto psicologico e psichiatrico; 2) gli organismi deputati alla suddetta attività (i Consultori psicologici dislocati presso gli ospedali militari ed i Centri militari di medicina legale; i Centri di coordinamento e di supporto psicologico costituiti a livello di grande unità o di Regione militare; i Nuclei di supporto psicologico configurati presso le minori unità); 3) interventi previsti per la prevenzione delle tossicodipendenze nelle caserme; 4) istituzione e funzione dell’Osservatorio permanente sul fenomeno del suicidio e tentato suicidio in ambito militare; 5) criteri applicativi e procedure inerenti l’indagine di personalità in sede di leva-selezione e reiterazione dell’indagine di personalità presso gli enti deputati all’incorporamento ed all’addestramento delle reclute.
Quanto riportato si traduce in una serie di provvedimenti ritenuti indispensabili e finalizzati alla prevenzione del disadattamento e del disagio psicologico dei militari. Questa maggiore sensibilità della Forza armata nei confronti di un certo tipo di problematiche, si deduce senz’altro dal costante miglioramento delle procedure selettive al fine di poter individuare i soggetti più a rischio, ponendo la dovuta attenzione al disagio ed alla sofferenza psichica ed al modo di affrontarla e gestirla, per cui presso i gruppi selettori operano, soprattutto per questo motivo, equipes di psicologi e psichiatri ed un ulteriore accertamento dell’assetto psicologico viene effettuato in occasione della visita di incorporazione presso i Centri incorporamento Leva ed i reggimenti addestramento reclute. I soggetti che risultano non essere idonei ad affrontare il servizio militare vengono esonerati a norma dell’elenco delle imperfezioni e delle infermità e la diagnosi, come pure l’articolo per il quale il soggetto èesentato, vengono omessi nella trascrizione sul foglio di congedo, a tutela del cittadino stesso e per evitare ogni forma di “etichettamento”. È del resto significativo che circa il 30% dei giovani sottoposti a visita di leva sia esonerato per motivi di interesse psichiatrico/psicologico.
Ma la Forza armata da tempo dedica il proprio interesse anche alle problematiche legate al disadattamento ed alla sofferenza psicologica dei militari già alle armi, organizzando tutta una serie di attività di supporto psicologico e prevedendo questo tipo di intervento anche per le attività operative svolte fuori area. Detto servizio è gestito dai Consultori psicologici dislocati presso tutte le strutture sanitarie militari (Ospedali militari e Centri militari di medicina legale) ove, oltre a personale militare qualificato, operano numerosi psicologi civili convenzionati. I Consultori rappresentano una realtà operativa dal 1983 e sono stati istituiti proprio per condurre idonee attività di prevenzione del disagio e del disadattamento e contribuire a migliorare la qualità della vita nelle caserme, soprattutto agendo sul piano delle relazioni interpersonali.
L’attività svolta presso i consultori, sotto la diretta responsabilità di un coordinatore, ufficiale del Corpo sanitario specialista in psichiatria/psicologia clinica, viene svolta a favore delle caserme dislocate nell’ambito del bacino di utenza della struttura sanitaria a cui il consultorio fa capo e prevede interventi finalizzati a: a) contribuire a migliorare la qualità della vita nelle caserme; b) informare e sensibilizzare il personale del quadro permanente su problematiche inerenti il disadattamento ed il disagio psicologico relativo ai militari di leva; c) attivare i nuclei di supporto psicologico presso i reparti per favorire interventi mirati di tipo preventivo e di sostegno, attraverso il coinvolgimento dell’ufficiale medico, del cappellano militare e dell’ufficiale consigliere; d) riconfigurare e qualificare la figura dell’ufficiale consigliere, in base ai mutamenti organizzativi legati al nuovo modello di difesa, affinché si possa garantire ai militari un concreto ed efficace punto di riferimento e di ascolto; e) predisporre adeguati interventi finalizzati alla prevenzione delle “dipendenze” da sostanze psicoattive.
Tutto ciò viene effettuato nella consapevolezza che ogni sforzo destinato ad arginare le condotte suicidarie è condizionato dalle zone d’ombra circa la conoscenza del fenomeno. Pertanto il livello di attenzione e di interesse deve mantenersi costantemente attivo e non si può fare riferimento solo agli studi statistici che, come noto, subiscono le conseguenze di metodologie di raccolta e di elaborazione non sempre univoche e standardizzate.
Del resto per la Forza armata tutto ciò che si riferisce al comportamento suicidario oltre che a costituire un delicato problema per l’organizzazione stessa rappresenta un fatto di notevole risonanza sociale. Un suicidio in caserma al di là dei risvolti giudiziari e medico-legali, induce soprattutto una tensione emotiva in cui si alternano sentimenti di grosso disagio, rabbia, sconforto, sconfitta per non aver potuto/saputo prevedere e, magari, evitato il peggio.
In conclusione si ritiene di poter avanzare le considerazioni conclusive di seguito sintetizzate: I) non sembra esistere una personalità identificabile come una “personalità suicidaria”, piuttosto ogni struttura di personalità ha un proprio rischio per il suicidio. Tanto è vero che i tratti “psicodinamici” di una personalità si estrinsecano in modo differente anche, purtroppo, con le modalità con cui un individuo sceglie di suicidarsi. Bisogna essere pronti a cogliere i possibili “segnali premonitori” che si possono intuire attraverso una maggiore attenzione rivolta al personale, quali la disponibilità all’ascolto ed una equilibrata sensibilità alle problematiche legate al disagio ed al disadattamento. In particolare nella vita occorre prestare la massima attenzione verso quei soggetti che presentano modificazioni nel loro modo di rapportarsi con l’ambiente (ritiro dell’affettività, inibizione od esaltazione dell’aggressività e della reattività, pensieri ricorrenti di morte più o meno manifestati, annunci ai familiari od alle persone affettivamente importanti, modificazioni del comportamento, etc.); II) non si ritiene corretto, da un punto di vista scientifico, affermare che esiste una causa del suicidio mentre invece sembra più opportuno sottolineare il ruolo dei fattori di rischio che possono predisporre o scatenare il comportamento suicida; III) occorre essere molto cauti nell’associare un evento suicidario in un giovane di leva al servizio stesso. È da ritenersi probabile che un giovane possa incontrare difficoltà di adattamento al contesto militare. Il più delle volte dette difficoltà vengono superate, magari con un intervento di sostegno psicologico. Purtroppo non si può tralasciare la possibilità che alcune patologie psichiatriche, che possono evidenziarsi proprio con comportamenti drammaticamente autodistruttivi, si rendano manifeste spesso in maniera improvvisa ed inattesa, dopo un lungo periodo di latenza, per il sommarsi di fattori concausali. Un giovane che mette in atto un proposito suicida è portatore di una propria organizzazione di personalità (e di un proprio modo di affrontare la vita, anche nei suoi aspetti più sgradevoli) che si è andata strutturando fin dalla più giovane età. Certamente l’istituzione militare deve operare, come in effetti sta facendo da anni, per evitare e prevenire l’emergere di un possibile disturbo psicopatologico. Del resto l’insorgenza di una grave psicopatologia e delle possibili conseguenze di questa, non possono essere attribuite semplicemente alle modificate condizioni di vita connesse con l’ingresso nella collettività militare, ma debbano essere ricollegate anche a fattori predisponenti, che vanno ricercati in tutta la vita precedente dell’individuo. Dal momento che le cause scatenanti, uno stato psicopatologico od un grave disagio psicologico possono risiedere nell’incapacità di un individuo ad adattarsi alla situazione ambientale creata dalla collettività militare, è proprio nella correzione di queste possibili cause che deve focalizzarsi l’impegno istituzionale per migliorare la qualità della vita nelle caserme; IV) la diagnosi precoce del rischio suicidario non è una valutazione facile, tuttavia l’orientamento della Forza armata è che ogni operatore in ambito militare, in quanto anche comandante di uomini, venga formato in modo tale da saper cogliere quegli elementi generali di base che possono rappresentare indizi di un potenziale pericolo. In tal senso alcune concrete iniziative sono state intraprese e vale la pena di segnalare il nuovo impulso che si intende dare alla figura dell’ufficiale consigliere ed alla sensibilizzazione dei quadri effettivi riguardo le problematiche psicologiche. Tutto ciò nella convinzione che il trattamento del fenomeno suicidio può essere solo preventivo ed è soprattutto un’attività di igiene mentale, che si fonda sull’approntamento di una disponibilità assistenziale e relazionale immediata che non può essere delegata solo a specialisti (psichiatri, psicologi, etc.) e che deve prevedere la messa in atto di tutte le misure atte a garantire un buon livello di salute mentale e di adattamento sociale.
Ritiene doveroso richiamare l’attenzione sull’impegno che la Forza armata sta rivolgendo con notevoli investimenti di risorse, alla prevenzione ed al trattamento del disagio psichico e delle sue possibili espressioni e conseguenze. Il primo passo, per intraprendere il sentiero più giusto, sta proprio nel riuscire ad esorcizzare il fantasma del suicidio nelle caserme; si tratta di un fenomeno la cui genesi è sempre multifattoriale con elementi che affondano nella prima infanzia e coinvolgono tutta l’esistenza della persona. Anche il più approfondito esame psicodiagnostico, eseguito dal più bravo dei professionisti, non può arrivare a prevedere con la certezza sperata, un gesto così tragico e perturbante.
L'attività sarà sempre la più attenta e la più intensa per prevenire, per poter riconoscere almeno i soggetti più a rischio, non solo per allontanarli da un contesto che potrebbe aggravare la loro condizione psicologica, ma anche per poter loro consigliare ed avviare verso un intervento di aiuto. La nostra attenzione deve considerare i fattori di rischio che sono insiti nella collettività militare e nelle caserme e di cui la Forza armata ha consapevolezza. Occorre proseguire gli interventi correttivi intrapresi con l’obiettivo prioritario di migliorare la qualità della vita nei reparti, offrendo soprattutto maggiore disponibilità ed ascolto a quelle esigenze, a quelle richieste, che ci vengono dai giovani soldati che sono rappresentanti di una realtà sociale che, probabilmente, non potremo mai conoscere abbastanza. Ritengo che il rispetto della dignità della persona in quanto tale, sia la condizione irrinunciabile su cui poter costruire ogni forma di rapporto, compreso quello gerarchico.
Con ciò assicura che l'impegno degli operatori sarà costantemente mantenuto e sostenuto oltre che dalla personale sensibilità di uomini votati ad uno specifico compito, anche dalla riconoscenza che si deve ai giovani soldati che, seppur per dovere costituzionale, dedicano pur sempre un momento importante della loro vita al servizio della Nazione.

Il senatore TABLADINI interviene per invitare ad approfondire le differenze tipologiche tra i suicidi dei militari di leva in servizio ovvero fuori servizio.

Il senatore PERUZZOTTI chiede di poter acquisire informazioni circa le percentuali dei suicidi fra il 1950 e il 1975.

Il PRESIDENTE, preso spunto dalla disponibilità all'ascolto manifestata dallo Stato maggiore dell'Esercito per voce dell'ospite, chiede di sapere se non sia opportuno introdurre nelle caserme, specie in quelle più grandi, un presidio permanente di supporto psicologico.

Il generale GAETA risponde approfondendo la figura dell'Ufficiale - consigliere, nominato in precedenza e scelto fra i laureati in psicologia. Ricorda poi essere compito di ciascun comandante di reparto quella di manifestare una spiccata sensibilità verso le problematiche del personale a lui affidato.

Il senatore LORETO chiede delucidazioni in ordine alle ragioni profonde delle cifre fornite, al fine di migliorare ulteriormente il trend positivo degli ultimi anni, che ha visto calare il numero dei suicidi.

Il generale GAETA sottolinea la maggiore enfatizzazione riconosciuta negli ultimi tempi alla valutazione psico-attitudinale nel corso della visita di leva.

Il senatore LORETO paventa, nell'attesa dell'entrata in vigore della normativa sul servizio volontario - che sospende gli obblighi di leva -, il nascere di una ulteriore concausa che potrebbe portare al suicidio, e precisamente la frustrazione in alcuni dei giovani che per ultimi saranno sottoposti agli obblighi di leva.

Il generale GAETA assicura la massima attenzione nel corso delle visite per l'idoneità fisica e psico-attitudinale.

Il senatore GUBERT chiede di sapere se sia stata effettuata un'analisi dei tentati suicidi e chiede un approfondimento in ordine ai test psico-attitudinali.

Il generale GAETA rassicura precisando che tali test sono molto approfonditi ed accurati e che il personale a ciò adibito è altamente specializzato.

Terminata l'audizione, il PRESIDENTE ringrazia l'ospite per gli elementi forniti.

Il seguito dell'indagine conoscitiva è pertanto rinviato a prossima seduta.

La seduta termina alle ore 16.