640ª Seduta (notturna)

Presidenza del Presidente
VILLONE

        Intervengono il ministro per le riforme istituzionali Maccanico e il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri Franceschini.

        La seduta inizia alle ore 21.


IN SEDE REFERENTE
(3236) Norme in materia di conflitti di interesse, approvato dalla Camera dei deputati in un testo risultante dall’unificazione dei disegni di legge d’iniziativa dei deputati Caparini ed altri; Veltri ed altri; Berlusconi ed altri; Piscitello ed altri
(236)
PASSIGLI ed altri. – Disciplina in materia di incompatibilità e di conflitto di interessi per i titolari di cariche di Governo
(4465)
CÒ ed altri. – Norme in materia di conflitti di interesse
(Seguito e conclusione dell’esame congiunto)

        Prosegue l’esame congiunto sospeso nella seduta pomeridiana.
        La senatrice DENTAMARO, relatrice, illustra una ipotesi di articolo aggiuntivo tendente a regolare l’estensione a terzi (congiunti e società collegate) della disciplina di cui agli articoli 5 e seguenti, anche in caso di cessioni avvenute nei sei mesi antecedenti il conferimento della carica di Governo.
        Il senatore SCHIFANI non ritiene mature le soluzioni indicate dalla relatrice, che presentano profili particolarmente critici come quelli relativi al rapporto di parentela, troppo ampio, e alla durata del periodo antecedente, anch’esso troppo esteso.
        La senatrice PASQUALI a nome del Gruppo di Alleanza nazionale obietta che il termine proposto dalla relatrice, nonché il grado di parentela indicato, sono troppo ampi. Ritiene inoltre che sull’affinità si pone il problema di una graduazione minore, in quanto il rapporto è affievolito. Le questioni in esame, comunque, a suo avviso non possono essere risolte nella seduta in corso, anche perché diversamente verrebbe meno l’approccio costruttivo con cui i Gruppi della maggioranza e di opposizione hanno affrontato fino ad ora l’esame dei provvedimenti in titolo.
        Il senatore PASTORE, riservandosi ulteriori approfondimenti, osserva che la proposta della relatrice riguarda istituti trattati nell’ordinamento vigente con molta cautela, in particolare nel diritto successorio. Ritiene che ciò porterebbe ad applicare una disciplina speciale a soggetti incolpevoli, come si verificherebbe ad esempio per il caso della retroattività, mentre le sanzioni pecuniarie, il trasferimento di proprietà e la simulazione, istituti già previsti in altri articoli, sarebbero in sé sufficienti.
        Il senatore D’ONOFRIO richiama l’originario emendamento della relatrice sostitutivo dell’articolo 7, in cui si prevedeva l’istituto della simulazione, integrato dalla richiesta all’interessato di informazioni in merito all’alienazione del suo patrimonio. Quella proposta, a suo avviso, era più idonea a risolvere i problemi in esame e ne auspica il ripristino, peraltro facendo cadere la presunzione di simulazione che risulta fondata sul sospetto.
        Il presidente VILLONE ricorda che l’ipotesi della simulazione, presente nel testo originario, è stata abbandonata proprio perché difficilmente verificabile in concreto e aggiunge che la gestione ha carattere transitorio e non si configura come una sanzione per il titolare del patrimonio. Rileva, inoltre, che l’alienazione al coniuge o a parenti potrebbe essere invalidata dall’autorità solo dimostrando la simulazione, affrontando un procedimento dall’esito lungo e incerto. Perciò la proposta della relatrice è una scelta più semplice, forse necessariamente rudimentale ma oggettiva e comunque temperata dal suo carattere transitorio. Conclude osservando che non sembrano emergere valide alternative all’impianto proposto.
        Il senatore SCHIFANI rileva che con la proposta in esame si rischia di coinvolgere terzi in buona fede, fattispecie prevista dall’ordinamento vigente solo nei casi di conoscenza presunta o accertata. Sarebbe necessario, inoltre, fondare la retroattività su una base certa, da individuare con precisione.
        Il presidente VILLONE precisa che la proposta da ultimo posta all’esame non si riferisce a ipotesi di retroattività, bensì a un regime giuridico di carattere temporaneo.
        Il senatore DUVA rileva che, anche prescindendo da valutazioni strettamente giuridiche, la proposta della relatrice consente di sciogliere un nodo molto complesso, lungamente dibattuto dalla Commissione. Ritiene inoltre che con essa i terzi incolpevoli vengano salvaguardati, anche per il carattere automatico della soluzione.
        Il senatore D’ONOFRIO osserva che la prova della simulazione sarebbe comunque necessaria per dirimere molti casi non contemplati.
        Il senatore MAGNALBÒ giudica negativamente la proposta della relatrice, che a suo parere si configura come una norma inattuabile.
        Il senatore BESOSTRI rileva la necessità di dare una soluzione al problema rammentando che la retroattività già esiste in varie fattispecie presuntive nell’ordinamento vigente. Dichiara il suo assenso alla riduzione dell’estensione del grado di parentela e giudica solido l’impianto proposto.
        Il presidente VILLONE sottolinea che il meccanismo all’esame si configura in sostanza come un affievolimento ragionevole delle prerogative proprietarie ma non come una compressione indebita di diritti.
        Il senatore TIRELLI, dichiarando la sua opposizione alla proposta in esame rileva che con essa si presume la conoscenza
ex-ante del destino politico di ciascun soggetto.
        La senatrice DENTAMARO, relatrice, ricorda che il meccanismo della simulazione, per la difficoltà della sua individuazione e per gli inconvenienti che un lungo procedimento comporterebbe anche per le istituzioni, è stato escluso di comune accordo. Rileva che nel caso in cui non fossero affrontati i problemi l’interessato potrebbe con facilità, alienando ad esempio al coniuge e al figlio, eludere, a prescindere dal dolo, la disciplina del conflitto di interessi. Ritiene condivisibile, comunque, la richiesta di ridurre la platea dei soggetti, proponendo di limitarla al coniuge e ai parenti ed affini entro il secondo grado. Ribadisce, inoltre, che la tutela dei terzi in buona fede non è un principio assoluto dell’ordinamento vigente, ma deve essere contemperato con altre esigenze, tra le quali ritiene inseribile a pieno titolo il buon funzionamento delle istituzioni. Valuta, infine, che allo stato non vi siano alternative a quanto da lei proposto, considerando più proficuo presentare all’Assemblea un testo che potrà comunque essere oggetto di ulteriori affinamenti. Quando al termine antecedente il conferimento della carica di Governo, si dichiara disponibile a ridurlo da sei a tre mesi.
        Il senatore ANDREOLLI ritiene che, anche alla luce di esperienze già realizzate, sia necessario operare le scelte normative più incisive riguardo a possibili pratiche elusive della legge.
        Il presidente VILLONE riassume la discussione, osservando che la proposta originaria è stata significativamente migliorata in quanto non si colpisce più il negozio traslativo ma si introduce un regime transitorio che si limita a condizionare l’esercizio del diritti di proprietà. Considera la proposta, con le modificazioni da ultimo richiamate dalla relatrice, equilibrata e configurabile come un sostanziale progresso.
        La relatrice DENTAMARO presenta l’emendamento 13.0.300, conforme alle indicazioni maturate nel corso del dibattito.
        Il senatore PASTORE, intervenendo a nome dei Gruppi della Casa delle libertà per dichiarazione di voto contrario, sostiene che l’indirizzo dell’emendamento prelude ad esiti imprevedibili e non condivisibili.
        Posto ai voti, l’emendamento 13.0.300 risulta approvato.
        Il presidente VILLONE ricorda che la questione ancora aperta è quella concernente una eventuale disciplina specifica per le imprese in concessione, nonché il connesso problema della regolazione delle attività di impresa nel settore delle comunicazioni di massa. Sottopone alla Commissione l’alternativa tra una prima definizione delle questioni già in sede referente e la scelta di rimetterne la trattazione direttamente all’Assemblea.
        Il senatore PELLICINI obietta che un’eventuale rimozione delle concessioni, per effetto
ex lege o in forma di sanzione, incide comunque sulla posizione giuridica di terzi e soprattutto sull’interesse dell’impresa nel suo complesso, che ne sarebbe sostanzialmente travolta. Sottolinea, inoltre, che il destinatario di una simile prescrizione sarebbe ben individuabile in concreto e, trattandosi di attività relative all’emittenza televisiva, la rimozione delle concessioni equivale alla fine dell’impresa. Occorre domandarsi, pertanto, se lo scopo della normativa in esame è quello di prevenire il conflitto di interessi o invece quello di attentare al patrimonio degli interessati. La revoca delle concessioni, infatti, sarebbe una misura radicale, irreversibile e vessatoria.
        Il senatore SCHIFANI commenta l’emendamento 13.0.400, presentato dalla relatrice: esso sembra coinvolgere anche la responsabilità del gestore e comunque prevede la revoca delle concessioni come una sanzione, che si cumula a sanzioni pecuniarie già assai severe e riferite a tutte le possibili ipotesi di illecito. Queste ultime, inoltre, già di per sé si cumulano alla misura del trasferimento coattivo del patrimonio al gestore, in caso di mancata alienazione o di mancato trasferimento volontario, previsto dall’articolo 7, comma 4. La revoca delle concessioni colpisce i soci di minoranza, i dipendenti delle imprese e tutti coloro che hanno interessi in comune con l’impresa e si configura come una condanna pregiudiziale, eccessiva e non giustificata.
        Il presidente VILLONE rappresenta due impostazioni possibili, l’una delle quali diretta a qualificare la revoca della concessione come una sanzione, alla quale si applica la critica del senatore Schifani sul possibile cumulo irragionevole di sanzioni per la stessa fattispecie di illecito. Altra impostazione è quella di non perseguire la via sanzionatoria ma di stabilire a priori che non vi è compatibilità tra la condizione di titolare di una carica di governo e quella di titolare effettivo di una concessione statale. In ogni caso, egli osserva che la configurazione della revoca della concessione come una sanzione non realizzerebbe un’ipotesi propria di cumulo sanzionatorio, perché sarebbe l’effetto di specifici casi di inottemperanza alla legge, in particolare per il mancato conseguimento della separazione gestionale.
        Il senatore DUVA, nel convenire con le argomentazioni svolte dal Presidente, rileva che l’emendamento 13.0.400 si potrebbe risolvere in un pregiudizio all’impresa per effetto di una situazione che riguarda il suo titolare. Ritiene dunque ancora non matura la questione, mentre occorrerebbe riflettere ulteriormente sulla possibilità di un intervento normativo che incida esclusivamente sull’interessato. Queste motivazioni avevano portato ad elaborare alcune proposte emendative volte a sancire una chiara incompatibilità tra la titolarità di cariche di Governo e la titolarità di rilevanti interessi economici.
        Il senatore SCHIFANI a questo proposito osserva che il problema è a suo avviso risolto con il trasferimento in gestione del patrimonio.
        A questa considerazione il senatore DUVA replica osservando che occorre elaborare una particolare disciplina nel caso in cui le attività economiche siano svolte in regime di concessione, per garantire una sicura separazione degli interessi nel caso il soggetto coinvolto ricopra cariche di Governo.
        Il senatore ELIA condivide la formulazione dell’emendamento 13.0.400 che risulta, a suo avviso, indenne dalle accuse sollevate contro previsioni rivolte a prevedere l’ineleggibilità ovvero l’incompatibilità del soggetto che si trovi a controllare imprese in regime di concessione. La sanzione prevista dall’emendamento è una misura estrema che, a suo avviso, giustamente deve essere ipotizzata nel caso delle più gravi violazioni della disciplina in esame. Essa ha il pregio di non pregiudicare in alcun modo le condizioni di elettorato passivo dell’interessato e appare muoversi secondo le linee che ispirano la normativa statunitense in materia, toccando esclusivamente le imprese controllate dei titolari di cariche di Governo ed i loro rapporti con la pubblica amministrazione. Dichiara quindi il proprio voto favorevole.
        La senatrice PASQUALI manifesta invece la propria opposizione all’emendamento, che a suo avviso reca una previsione del tutto ingiustificata, motivata da un intento evidentemente punitivo. Si tratta di una disposizione
ad personam, che avrebbe un sicuro e grave impatto sul piano sociale. Quanto al richiamo alla normativa statunitense, lo ritiene del tutto improprio, trattandosi di principi non traducibili facilmente negli ordinamenti dell’Europa continentale.
         La relatrice DENTAMARO, replicando agli intervenuti, dichiara di ritenere inconferente l’argomento sul cumulo delle sanzioni. In molti casi l’ordinamento vigente prevede che un singolo illecito sia colpito da una pluralità di sanzioni alcune delle quali possono ben incidere su altri soggetti che abbiano una particolare relazione con l’interessato. Ricorda, in proposito, le sanzioni previste dalla normativa urbanistica nonché, da ultimo, le previsioni contenute nella legge n. 300 del 2000 di ratifica della convenzione internazionale contro la corruzione che prevede, in alcuni casi, la responsabilità penale delle società. In questo caso è la società a essere oggetto delle sanzioni applicate nel caso di illeciti compiuti dagli amministratori. Venendo quindi a considerare le sanzioni previste dall’emendamento 13.0.400, ricorda che queste sono previste solo nei casi di più gravi inadempienze. Quanto all’impatto sociale ed anche occupazionale dell’applicazione di queste sanzioni, pur riconoscendone il rilievo, ritiene che la considerazione di tale eventualità debba indurre gli interessati a rimuovere situazioni di oggettivo conflitto di interesse.
        Il senatore SCHIFANI rileva quindi la genericità del riferimento, contenuto nell’emendamento, agli articoli 5, 7, 8 e 9. In proposito, ritiene necessario individuare puntualmente ed in modo completo le fattispecie cui è riconnessa l’applicazione della grave sanzione della revoca della concessione. Ritiene poi del tutto inopportuno il riferimento all’articolo 9, che reca una disciplina la cui violazione non giustifica in alcun modo la sanzione prevista dall’emendamento.
        La relatrice DENTAMARO ritiene sufficientemente definite le fattispecie cui è connessa la sanzione. Quanto al riferimento all’articolo 9, conviene sulla sua inopportunità e lo elimina conseguentemente dal testo dell’emendamento.

        La senatrice PASQUALI ribadisce il suo dissenso dall’emendamento considerando assolutamente improprio prevedere che sul patrimonio dell’interessato incidano negativamente omissioni o inadempienze del gestore, che potrebbero essere prodotte anche artificiosamente. Ritiene pertanto necessario espungere quanto meno il riferimento all’articolo 8.
        I senatori SCHIFANI MAGNALBÒ e TIRELLI dichiarano il proprio voto contrario sull’emendamento. Anche il senatore D’ONOFRIO dichiara il proprio voto contrario ricordando l’assoluta incertezza della fattispecie, regolata dal comma 3 dell’articolo 8, che fa riferimento a una generica attestazione di reciproca indipendenza tra interessato e gestore, cui l’emendamento in esame connette la grave sanzione della revoca delle concessioni.
        Posto ai voti, l’emendamento 13.0.400 con l’eliminazione del riferimento all’articolo 9 accolta dalla relatrice è approvato dalla Commissione.
        Si riprende quindi l’esame degli emendamenti riferiti all’articolo 12 precedentemente accantonati.

        Posto ai voti l’emendamento 12.500 della relatrice, esso è approvato dalla Commissione. Risultano conseguentemente preclusi o assorbiti i restanti emendamenti riferiti all’articolo 12.
        Il senatore SCHIFANI ritira l’emendamento aggiuntivo 13.0.1, mentre il presidente VILLONE ritira l’emendamento 13.0.4.
        Il senatore SCHIFANI preannuncia la presentazione di una relazione di minoranza.
        La Commissione conferisce quindi, a maggioranza, il mandato alla Relatrice a riferire favorevolmente in Assemblea sul disegno di legge n. 3236 come modificato dall’approvazione degli emendamenti e con il titolo «Norme in materia di conflitto di interessi», proponendo altresì l’assorbimento in esso dei disegni di legge nn. 236 e 4465.

SCONVOCAZIONE DELLA SEDUTA ANTIMERIDIANA DI DOMANI
        Il presidente VILLONE avverte che la seduta antimeridiana prevista per domani è sconvocata.
        
La seduta termina alle ore 23.
 

EMENDAMENTI AL DISEGNO DI LEGGE N. 3236
Art. 12.
12.100

Cò, Crippa, Russo Spena

        Sopprimere l’articolo.

 

12.500

La Relatrice

        Sostituire l’articolo con il seguente:


«Art. 11.

(Attività economiche concernenti il settore delle comunicazioni di massa)


        1. Quando le attività economiche di cui alla presente legge concernono il settore delle comunicazioni di massa, l’Autorità garante accerta se i criteri e le condizioni di effettiva separazione gestionale risultino soddisfatti, anche in riferimento ai princípi stabiliti dall’articolo 1, comma 2, della legge 6 agosto 1990, n. 223 e dalla legge 22 febbraio 2000, n. 28, in modo che non sia favorito l’interesse del titolare mediante forme di sostegno privilegiato in violazione dei princípi del pluralismo, dell’obiettività e dell’imparzialità dell’informazione. Per tale accertamento e per l’eventuale applicazione delle sanzioni di cui all’articolo 9, l’Autorità garante acquisisce preventivamente il parere e le proposte dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni; in caso di urgenza, trascorsi cinque giorni, provvede autonomamente in via provvisoria.

        2. Rimangono ferme le competenze del Ministro delle comunicazioni e dell’Autorità per le garanzie nelle telecomunicazioni per quanto riguarda i controlli e l’applicazione delle sanzioni previste dalla legge 6 agosto 1990, n. 223 e dalla legge 22 febbraio 2000, n. 28».

 

12.102

Schifani, Pastore, Magnalbò

        Al comma 1 sostituire le parole da: «accerta» sino alla fine del comma con le seguenti: «valendosi anche della collaborazione dei comitati regionali per le comunicazioni, vigila affinché l’interessato non sia favorito mediante forme di sostegno privilegiato tali da costituire violazione dei principi del pluralismo, dell’obiettività e dell’imparzialità dell’informazione».

 

12.1

Napoli Roberto, Misserville

12.2

Lubrano di Ricco

        Al comma 1, dopo le parole: «mediante forme», inserire le seguenti: «di incentivazione o».

 

12.106

Schifani, Pastore, Magnalbò, D’Onofrio

        Al comma 2, sostituire le parole da: «Fatto salvo» fino a «comma 2» con le seguenti: «Nel caso di reiterata violazione dei principi del pluralismo, dell’obiettività e dell’imparzialità dell’informazione, mediante forme di sostegno privilegiato per il soggetto interessato».

 

12.107

Schifani, Pastore, Magnalbò

        Al comma 2, secondo periodo, dopo le parole: «l’Autorità diffida» sostituire la parola: «l’impresa» con le seguenti: «il soggetto esercente».

 

12.105

Schifani, Pastore, Magnalbò

        Al comma 2, terzo periodo, sostituire la parola: «all’impresa» con le seguenti: «al soggetto esercente».

 

12.104

Schifani, Pastore, Magnalbò, D’Onofrio

        Al comma 2, terzo periodo, sostituire le parole da: «fino ad un ammontare» fino alla fine del periodo con le seguenti: «da lire 10 milioni a lire 100 milioni».

 

12.108

Schifani, Pastore, Magnalbò

        Al comma 2, quarto periodo, sostituire le parole: «nella medesima diffida intimando a» con le seguenti: «intimando al soggetto esercente di».

 

12.103

Schifani, Pastore, Magnalbò

        Sopprimere il comma 3.

 


Art. 13.
13.0.1

Lauro, Schifani

        Dopo l’articolo, aggiungere il seguente:


«Art. 13-bis.

        1. Il Governo, entro 3 mesi dall’entrata in vigore della presente legge, provvede a trasferire la gestione di partecipazioni azionarie assegnate al Tesoro nei casi in cui possa insorgere conflitto di interesse».

 

13.0.4

Villone

        Dopo l’articolo, aggiungere il seguente:


«Art. 13-bis.

        1. Nessuna impresa, intendendosi per essa l’attività di cui all’articolo 2082 del codice civile indipendentemente dalla forma giuridica assunta, rispetto alla quale soggetti ricoprenti la carica di Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro o Sottosegretario di Stato, si trovino in una delle situazioni di controllo di cui all’articolo 2359 del codice civile o all’articolo 7 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, può stipulare contratti o essere affidataria di concessioni, o intrattenere con l’amministrazione statale qualsiasi altro rapporto giuridico inerente o connesso all’esercizio della propria attività d’impresa o di una sua controllante, controllata o collegata.

        2. I rapporti già in corso al momento dell’accettazione di una delle cariche di cui al comma 1 sono risolti di pieno diritto decorsi novanta giorni dalla data dell’accettazione medesima.
        3. La disciplina di cui ai precedenti commi 1 e 2 si applica alle imprese rispetto alle quali si trovino nel rapporto di cui al precedente comma 1 i presidenti di regione, i presidenti di provincia, i sindaci e i membri delle giunte regionali, provinciali e comunali, con riferimento alle rispettive amministrazioni».

 

13.0.300

La Relatrice


«Art. 13.

        1. Si applica la disciplina di cui agli articoli 5 e seguenti anche in caso di cessione a terzi dei cespiti e delle attività patrimoniali intervenuta dopo il conferimento della carica di Governo o nei tre mesi antecedenti, quando il destinatario della cessione sia, riguardo al titolare della carica di Governo o ad impresa di sua pertinenza ai sensi dell’articolo 4, comma 1, in una delle seguenti condizioni:

            a) coniuge, parente o affine entro il secondo grado;

            b) società collegata ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile».

 

13.0.400  (nuovo testo)

La Relatrice

        Aggiungere, in fine, il seguente articolo:


«Art. 13.

        1. La violazione degli obblighi e dei divieti di cui agli articoli 5, 7 e 8 da parte del titolare della carica di Governo in relazione a impresa di sua pertinenza ai sensi dell’articolo 4, comma 1, comporta in ogni caso la revoca dell’atto di concessione o di altro atto di assenso della amministrazione statale comunque denominato, cui sia subordinato l’esercizio della relativa attività economica».