519ª Seduta (pomeridiana)

Presidenza della Vice Presidente
PASQUALI
indi del Presidente
VILLONE

        Interviene il ministro per le riforme istituzionali Maccanico e il sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza sociale Morese.

        La seduta inizia alle ore 15,15.


IN SEDE CONSULTIVA
(4541) Conversione in legge del decreto-legge 16 marzo 2000, n. 60, recante disposizioni urgenti per assicurare la prosecuzione degli interventi assistenziali in favore dei disabili con handicap intellettivo
(Esame, ai sensi dell’articolo 78, comma 3, del Regolamento: favorevole)

        Riferisce alla Commissione il senatore LUBRANO DI RICCO che, dato conto del contenuto del provvedimento in titolo, ritiene che si tratti di misure necessarie al fine di assicurare sull’intero territorio nazionale la prosecuzione dei servizi di assistenza forniti dall’associazione nazionale famiglie di fanciulli e adulti subnormali, associazione che si trova in evidenti condizioni di difficoltà finanziaria. Propone pertanto la formulazione di un parere favorevole sulla sussistenza dei presupposti di necessità e di urgenza.
        Accertata la presenza del prescritto numero di senatori la proposta di parere favorevole è accolta dalla Commissione.


IN SEDE REFERENTE
(3812) Modificazioni al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, di approvazione del testo unico delle leggi recanti norme per l’elezione della Camera dei deputati
(288)
LA LOGGIA ed altri – Abolizione della quota proporzionale per l’elezione della Camera dei deputati e attribuzione di tutti i seggi con il sistema uninominale a un turno
(1006)
PIERONI ed altri – Modifiche ed integrazioni alle norme per l’elezione della Camera dei deputati
(1323)
MILIO – Abolizione della quota proporzionale per l’elezione della Camera dei deputati e attribuzione di tutti i seggi con il sistema uninominale maggioritario a un turno
(1935)
COSSIGA – Modifiche e integrazioni alle norme per la elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica
(2023)
BESOSTRI e MURINEDDU – Nuova disciplina dell’elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica con la previsione del sistema elettorale a doppio turno
(3190)
FORCIERI ed altri – Riforma del sistema elettorale del Parlamento
(3325)
PASSIGLI – Modifiche al testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati
(3476)
DISEGNO DI LEGGE D’INIZIATIVA POPOLARE – Introduzione del doppio turno nei collegi uninominali
(3621)
MAZZUCA POGGIOLINI – Norme per la modifica dei sistemi elettorali mediante l’introduzione di collegi binominali
(3628)
LA LOGGIA ed altri – Modifiche al testo unico delle leggi recante norme per la elezione della Camera dei deputati, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361
(3633)
PIERONI ed altri – Modifiche ed integrazioni al testo unico delle leggi recanti norme per l’elezione della Camera dei deputati, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, per l’introduzione del doppio turno di coalizione
(3634)
PIERONI e LUBRANO DI RICCO – Modifiche ed integrazioni al testo unico delle leggi recanti norme per l’elezione della Camera dei deputati, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, per l’introduzione del doppio turno di coalizione
(3689)
CÒ ed altri – Modifiche al testo unico delle leggi recanti norme per l’elezione della Camera dei deputati, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361
(3772)
PARDINI ed altri – Modifica al sistema elettorale della Camera dei deputati
(3783)
TOMASSINI – Riforma delle norme sulla elezione della Camera dei deputati
(3828)
MARINI ed altri – Modifiche al testo unico delle leggi recanti norme per l’elezione della Camera dei deputati
(4505)
ELIA ed altri – Modifiche al testo unico delle leggi recanti norme per l’elezione della Camera dei deputati, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361 e successive modificazioni
- e petizioni n. 34, n. 250, n. 306, n. 359, 487 e 490 ad essi attinenti

(Seguito dell’esame congiunto e rinvio)

        Prosegue l’esame congiunto sospeso nella seduta antimeridiana.
        Prende la parola il senatore D’ONOFRIO per illustrare i punti qualificanti della proposta elaborata da una pluralità di esponenti di diverse forze politiche, diretta alla introduzione di un sistema di carattere proporzionale, sul modello tedesco, per l’elezione della Camera dei deputati. La proposta nasce dalla consapevolezza del carattere eccezionale del sistema elettorale a turno unico, utilizzato per la elezione delle due Camere del Parlamento, in un contesto istituzionale connotato dall’utilizzazione di sistemi di carattere proporzionale. Sia i consigli comunali sia quelli provinciali e regionali sono infatti eletti con sistemi che garantiscono la rappresentanza proporzionale e al contempo la investitura diretta degli esecutivi. Occorre dunque, a suo avviso, sanare questa differenza nella investitura degli organi rappresentativi che, a livello nazionale, avviene con un sistema maggioritario a un turno, e invece a livello regionale locale avviene con un sistema proporzionale. La proposta di adottare un sistema neoproporzionale per l’elezione della Camera dei deputati va in questa direzione, al fine di completare la transizione istituzionale che l’Italia sta attraversando dai primi anni novanta. Si tratta di un primo passo, essendo infatti necessario, per garantire stabilità e compiutezza al sistema, una riforma costituzionale che permetta la emersione di un chiaro bipolarismo e garantisca, al contempo, la salvaguardia delle entità dei partiti. Il sistema neoproporzionale non è alternativo, né incompatibile con un assetto bipolare, come dimostrano efficacemente le esperienze tedesca e spagnola. Rappresenta invece una soluzione alternativa rispetto al bipartitismo, che però, anche nel fronte dei referendari non sembra avere un significativo consenso. Richiama anzi in proposito le contraddizioni presenti nello schieramento referendario tra sostenitori del bipolarismo e sostenitori del bipartitismo. Il modello neoproporzionale è poi, come dimostra la esperienza tedesca, il più coerente con un’evoluzione in senso federale della forma dello Stato. Solo negli Stati Uniti d’America, un assetto federale convive con un sistema maggioritario a un turno; ma si tratta di una forma di governo presidenziale connotata da una rigida separazione di poteri. Soluzione quest’ultima, coerentemente proposta, in Italia solo dal movimento radicale. Quanto alla stabilità degli esecutivi, non è vero che un sistema neoproporzionale non garantisca governi di legislatura, come dimostra l’esperienza tedesca. Né il sistema uninominale a un turno si è dimostrato capace in Italia di garantire una simile stabilità, come dimostrano l’avvento nella scorsa legislatura del governo Dini e nella legislatura in corso del governo D’Alema.

        Si sofferma quindi criticamente sul quesito referendario che, in caso di esito favorevole della consultazione, non abolirebbe, come erroneamente da più parti detto, la quota proporzionale, ma renderebbe casuale l’assegnazione dei relativi seggi.
        Ribaditi quindi gli obiettivi essenziali della proposta neoproporzionalista, ritiene che questa debba essere considerata come alternativa all’esito del
referendum, essendo diretta a un bipolarismo diverso da quello sino ad oggi realizzato. Considerando infatti gli effetti sulla struttura del sistema politico di una simile proposta, crede che dalla sua approvazione potrà conseguire, da un lato, il prevalere della componente di centro nello schieramento di centro-destra e, dall’altro, una più chiara identità delle forze che si collocano sulla sinistra.
        Ribadisce quindi la indispensabilità, per dare un più chiaro e stabile assetto alla forma di Governo, della introduzione di alcune modifiche al testo della Costituzione. In primo luogo occorre riesaminare la questione di una seconda Camera federale, argomento questo ampiamente discusso in seno alla Commissione parlamentare per le riforme costituzionali, ma sul quale, come è noto, non si è raggiunto un consenso.

        A questo proposito il presidente VILLONE chiarisce che l’insuccesso dei lavori della Commissione parlamentare per le riforme costituzionali non è addebitabile al mancato accordo sulla natura e le attribuzioni della seconda camera.
        Il senatore D’ONOFRIO, riprendendo la sua esposizione, ritiene inoltre che la realizzazione di un sistema analogo a quello vigente in Germania, richieda l’introduzione dell’istituto della sfiducia costruttiva, nonché della possibilità di una composizione numericamente variabile delle Camere, così da garantire un esito effettivamente proporzionale al sistema elettorale oggetto dell’iniziativa che ha illustrato. Infine, ritiene che la scelta nel senso dell’adozione di un sistema proporzionale sia coerente e conforme agli orientamenti prevalenti nel Partito popolare europeo, e in proposito ritiene che l’ingresso di Forza Italia in tale partito abbia contribuito in modo fondamentale al nuovo orientamento assunto da questa forza politica a sostegno oggi di un sistema di carattere proporzionale. Ricorda, inoltre, che la maggioranza del proprio partito, in occasione delle ultime assise congressuali, ha chiaramente manifestato la propria preferenza per un sistema elettorale di carattere proporzionale, purché compatibile e funzionale al bipolarismo. Nel consegnare, infine, alla Commissione una bozza dell’articolato della proposta illustrata, preannuncia che questa sarà presentata al Senato nei prossimi giorni e sarà sottoscritta da senatori esponenti dei partiti e delle forze politiche che fanno parte del comitato promotore che ha elaborato la proposta.
        Ad alcune richieste di chiarimento del relatore VILLONE e del senatore LA LOGGIA, il senatore D’ONOFRIO risponde che, sul modello del sistema tedesco, la proposta appena illustrata – pur prevedendo una metà dei seggi nell’ambito di collegi uninominali – ipotizza una distribuzione finale dei seggi tra le varie forze politiche sulla base di un criterio proporzionale alla loro consistenza.
        Il senatore MANZELLA considera positive le proposte da ultimo avanzate e quelle annunciate, dirette comunque a riportare in Parlamento la sede propria della discussione in materia elettorale, dopo un periodo prolungato contrassegnato da una sorta di determinismo referendario. Il risveglio parlamentare in tema di riforma elettorale, peraltro, incontrerebbe un limite molto consistente in caso di esito positivo del
referendum previsto per il prossimo 21 maggio. La proposta appena illustrata dal senatore D’Onofrio, ad esempio, sarebbe certamente incompatibile con un esito positivo del referendum, sia dal punto di vista costituzionale, sia per evidenti ragioni politiche che non mancherebbero di essere sostenute anche in Parlamento. Ricorda, quindi, che il contesto della discussione attuale è quello di un sistema politico ed elettorale fondato ormai sulla competizione tra coalizioni contrapposte, e tra i rispettivi leader di schieramento per la carica di Presidente del Consiglio dei ministri. Tale novità ha prodotto, dal 1994 ad oggi, un potente fattore di modernizzazione nel sistema politico, pur avendo sofferto di gravi limiti e disfunzioni. Queste ultime manifestazioni, soprattutto con la crisi post-elettorale delle coalizioni e il conseguente cambiamento delle maggioranze di governo, non possono comunque indurre a travolgere il fondamento stesso, nel sistema elettorale, di quel fattore di modernizzazione. Occorre invece, proprio per sopperire alle carenze manifestate in concreto dal sistema vigente, accentuare i vincoli di coalizione e disporre nuovi incentivi ai legami di coalizione e sanzioni ai comportamenti trasformistici. Diversamente, si potrebbe alludere a una sorta di concezione stellare di partiti, agevolata dall’ipotesi elettorale definita come neoproporzionalista, in cui un partito importante e magari dotato di grandi mezzi di comunicazione rappresenta il centro di un sistema di alleanze integrato da altre componenti in funzione meramente ancillare. La critica rivolta al sistema uninominale maggioritario quale fonte di possibili degenerazioni trasformistiche e di fenomeni di notabilato deve essere considerata con attenzione, ma non può condurre ad abbandonare il sistema maggioritario, perché così si travolgerebbe anche l’indubitabile elemento positivo che esso ha introdotto nel sistema politico. I difetti di funzionamento del sistema maggioritario italiano, d’altra parte, dipendono in larga parte da cause estrinseche allo stesso sistema elettorale. In primo luogo, perché la crisi delle coalizioni elettorali vincenti nel 1994 e nel 1996 è stata ogni volta provocata dalle scelte deliberate di forze politiche ben determinate, la Lega Nord dapprima, Rifondazione comunista poi. Inoltre, perché negli stessi anni si è affermata una legislazione nel finanziamento dei partiti politici diretta a favorire, piuttosto che l’aggregazione, la frammentazione e la distinzione anche tra partiti alleati. Infine, ma non per ultimo, perché i regolamenti parlamentari sono stati evidentemente in aperta divaricazione dalla tendenza all’aggregazione dei partiti per coalizioni, cosicché la funzione storica di quei regolamenti, che per tradizione consolidata aveva sempre anticipato e favorito le novità evolutive del sistema politico, è invece entrata radicalmente in crisi nell’attuale temperie politico-istituzionale. In ogni caso, è opportuno e possibile approvare una nuova legge elettorale orientata alla competizione tra coalizioni e tra i rispettivi leader, che può assicurare un effetto di stabilizzazione del sistema anche senza modifiche costituzionali, perché essa inevitabilmente reagirebbe in concreto sull’esercizio del potere di scioglimento delle Camere in caso di crisi della coalizione vincente alle elezioni.
        Il senatore FISICHELLA rileva nell’intervento del senatore D’Onofrio molte suggestioni teoriche di per sé fondate e persuasive, ma tali da indurre a riflettere sulla circostanza che nella storia delle classi dirigenti la ricerca di linee di condotta ispirate ad astrazioni teoriche ha procurato gravi danni alle rispettive collettività. Secondo il senatore D’Onofrio, un sistema elettorale di tipo neoproporzionale è il più idoneo ad assicurare il compimento della transizione italiana, più idoneo senz’altro del sistema maggioritario incompleto finora sperimentato e anche di quello che risulterebbe da un esito positivo del
referendum abrogativo. Quanto al referendum, egli ritiene che nessuna riforma elettorale potrebbe essere approvata prima del 21 maggio, mentre le prospettive future sono condizionate proprio dall’esito del referendum, perché se prevarranno le astensioni o i voti negativi al quesito di abrogazione, potrà essere presa seriamente in considerazione anche un’alternativa radicale al sistema uninominale maggioritario, non così se vinceranno i voti favorevoli al quesito abrogativo. Sotto questo aspetto, egli considera positivamente la proposta avanzata dal senatore Elia e da questi illustrata nella seduta antimeridiana, rivolta ad estendere alla Camera dei deputati il sistema elettorale vigente per il Senato, proposta che non coincide esattamente con il risultato del referendum, ma vi è senz’altro compatibile, con gli opportuni adattamenti. Si tratta, in questo caso, di un’ipotesi concreta e tendenzialmente costruttiva, mentre la proposta definita come neoproporzionalista manifesta un evidente difetto di concretezza, anche se in linea teorica si può riconoscere che la stabilità politica e di governo è compatibile con un sistema elettorale di tipo proporzionale. Nell’attuale assetto dei partiti politici italiani, nondimeno, occorre considerare l’influenza derivante dall’applicazione dei diversi sistemi elettorali e domandarsi quali reazioni ciascuno di essi potrebbe determinare nel sistema dei partiti. A suo avviso, una scelta neoproporzionale è destinata inevitabilmente ad alimentare la frammentazione dei partiti politici e ad aggravare, complicandolo, il processo di transizione del sistema politico italiano. Quanto è possibile prevedere da una simile scelta, infatti, è un lungo periodo di turbolenza, che potrebbe anche preludere a una ricomposizione nel sistema dei partiti, ma a prezzo di una serie di gravi disfunzioni. In secondo luogo, pur riconoscendo che la riforma del sistema elettorale è di per sé insufficiente ad assicurare la stabilità del sistema politico, perché in proposito occorrono senz’altro anche le necessarie modifiche costituzionali, soprattutto concernenti la figura del Primo ministro, va considerato che nella parte finale della legislatura vi è una sfasatura di tempi ineludibile tra la riforma elettorale possibile e la riforma costituzionale auspicata; di conseguenza, se si uniscono in un nesso inscindibile la riforma elettorale e quella costituzionale, quale postulato dell’ipotesi neoproporzionalista, il disegno complessivo è destinato a fallire, avendo intanto liquidato quell’elemento di aggregazione maggioritaria che è già presente nel sistema e avendo invece reintrodotto un sistema proporzionale non equilibrato dall’elezione diretta del Primo ministro. Egli considera come un errore capitale quello di aver consentito i cambiamenti di maggioranza dopo le elezioni del 1994 e del 1996, senza procedere allo scioglimento anticipato delle Camere, perché in tal modo è stato delegittimato quel bipolarismo in embrione che aveva consentito agli elettori di pronunciarsi su candidati alla carica di Presidente del Consiglio preventivamente indicati, anche se in modo non formale, dalle coalizioni elettorali. Le attuali tentazioni neoproporzionaliste, dunque, sono particolarmente intense proprio perché quelle pratiche elusive del principio bipolare tendono ad alimentare gli argomenti di critica al sistema elettorale maggioritario. Senza i cosiddetti «ribaltoni», invece, non vi sarebbero argomenti sufficienti per gli avversari del sistema elettorale maggioritario. Un altro elemento di valutazione da tenere presente consiste nel considerare che l’associazione teorica tra sistema elettorale proporzionale e bipolarismo, da taluni fondata anche sull’esperienza storica della Repubblica federale di Germania, nel contesto italiano aveva una credibilità indiscussa dieci anni fa, ma allora nessuna grande forza politica la fece propria. Nell’attuale contesto, invece, essa rappresenta obiettivamente un arretramento perché il sistema maggioritario vigente, ancorché incompleto, ha comunque garantito una competizione bipolare, mentre un sistema elettorale proporzionale applicato a un sistema dei partiti ormai destrutturato non può condurre ad alcuna forma di competizione bipolare. Ulteriori contraccolpi da una scelta di tipo proporzionalista derivano da fattori di psicologia collettiva, perché vi sarebbe una delegittimazione drastica dell’attuale assetto politico, senza alcuna certezza su chi potrebbe avvantaggiarsene. La percezione del processo politico, infatti, cambierebbe repentinamente con un sistema elettorale che si manifesta inevitabilmente come un ritorno al passato e, data l’evoluzione già compiuta, i risultati sono imprevedibili. Occorre riflettere, inoltre, sul problema consistente nella necessaria ridefinizione dei collegi uninominali, che passerebbero dal 75 al 50 per cento dei seggi, con la necessità di un’opera difficile, complessa e conflittuale, senza alcuna garanzia di neutralità tecnica. Appare quanto mai singolare, dunque, che una proposta munita del corollario di una rideterminazione dei collegi elettorali possa provenire anche da esponenti dell’opposizione, laddove evidentemente l’opera di ridefinizione territoriale sarebbe demandata in sostanza al Governo. Dall’attuale deriva politica egli ha tratto la convinzione di dover assumere un atteggiamento discreto e riservato, ma ha ritenuto necessario, nell’attuale dibattito sul sistema elettorale, esporre le proprie convinte valutazioni.
        Il senatore PIERONI conviene sull’analisi condotta da ultimo da parte del senatore Fisichella riguardo ai fenomeni di deriva politica, che rivelano una classe dirigente non consapevole di sé e legata a schemi concettuali, come quello del compimento della transizione del sistema politico, che dopo l’esperienza della Commissione parlamentare per le riforme costituzionali sarebbe più opportuno non riproporre. Quell’esperienza, infatti, portata fino a un punto di maturazione particolarmente avanzato, con un impulso condiviso alla riforma complessiva del sistema istituzionale, fu poi inopinatamente abbandonata e travolta, con grave discredito per la classe politica. Ormai prossimi al termine della legislatura, una riforma del sistema elettorale dovrebbe invece compiere quella transizione che non si è voluta realizzare con lo strumento ben più adatto delle riforme costituzionali. A suo parere, il senatore D’Onofrio è stato particolarmente concreto nell’esporre la motivazione politica della proposta neoproporzionalista, una motivazione consistente nel perseguire l’egemonia centrista nello schieramento di centro-destra e il confinamento del centro-sinistra in uno spazio politico minoritario. Tale intento, legittimo e funzionale al disegno di una parte almeno dell’attuale schieramento di centro-destra, non può però essere sostenuto dai partiti del centro-sinistra, perché non è evidentemente compatibile con le loro aspirazioni. Tuttavia, egli ritiene che non si dovrebbero perseguire obiettivi politici attraverso esercitazioni sui sistemi elettorali, che invece vanno ridefiniti come strumenti neutrali per consentire ai cittadini scelte consapevoli ed efficaci. Il problema attuale, allora, è quello di eliminare la quota proporzionale del 25 per cento, assicurando insieme la rappresentatività del sistema e la stabilità di governo. Non sarebbe produttivo, invece, insistere in una concezione bipolare estrema, che non tiene in alcun conto le esigenze di rappresentanza delle forze minori e intermedie e dunque dà forza, per contrapposizione, alle tentazioni neoproporzionaliste. Il fallimento della riforma costituzionale è stato un errore così grave da doverne pagare il prezzo per lungo tempo, ma la sua parte politica non intende comunque tornare a un passato che non può essere riproposto, né è disponibile a sistemi elettorali maggioritari caratterizzati da una sorta di brutalità verso ogni criterio di rappresentanza. Di conseguenza, egli manifesta particolare attenzione alla proposta illustrata nella seduta antimeridiana dal senatore Elia, che potrebbe essere integrata dalla previsione di un premio di maggioranza. Osserva, infine, che la prossima elezione diretta dei Presidenti delle Giunte regionali determinerà inevitabilmente una modificazione sostanziale nel sistema politico, che non potrà essere ignorata senza il rischio di provocare gravi disfunzioni istituzionali.
        Il senatore LA LOGGIA premette che i sistemi elettorali sono i più vari e sono tutti imperfetti e caratterizzati spesso da una contaminazione tra elementi diversi. Quanto all’esperienza italiana, essa appare caratterizzata a suo avviso soprattutto dalla mancata considerazione del problema della natura e della funzione dei partiti politici, quali strumenti di raccordo tra i cittadini e le istituzioni. D’altra parte, l’impostazione sostanzialmente proporzionalistica del sistema costituzionale vigente è entrata in conflitto con il nuovo sistema elettorale prevalentemente maggioritario, introdotto sulla scorta di un
referendum abrogativo e della persistente inerzia del Parlamento sul sistema elettorale. Ciò ha dimostrato l’abdicazione del Parlamento a uno dei suoi compiti più importanti, quello di riformare il sistema elettorale una volta che l’esigenza di riforma si era manifestata in tutta la sua necessità. Quanto al referendum indetto per il 21 maggio, da una parte è possibile pronunciare una doppia risposta positiva, l’una all’ennesima sostituzione del corpo elettorale al Parlamento per una decisione importante in materia elettorale, l’altra alla specifica soluzione di sistema elettorale indicata dal referendum, come pure è possibile pronunciare un doppio no, l’uno alla nuova abdicazione parlamentare in materia elettorale, l’altro all’esito previsto del referendum abrogativo. Occorre, allora, riaffermare la necessità di una nuova legge elettorale, con un impegno solenne assunto dalle forze politiche, che prevenga una nuova delegittimazione del Parlamento e dei parlamentari attualmente in carica. Il problema, infatti, non è tanto nella scelta tra i diversi modelli elettorali, quanto nella necessità di arrivare a una soluzione della questione elettorale. Pur consapevoli della necessaria connessione tra riforma elettorale e riforme costituzionali in tema di forma di governo, appare oggi velleitario realizzare entrambi i risultati contestualmente, mentre è possibile pervenire presto ad una riforma elettorale, anche come preludio a una riforma costituzionale da realizzare nella prossima legislatura. Egli non si pronuncia sul modello elettorale da prescegliere, non avendo ancora assunto il suo partito una determinazione conclusiva al riguardo; nondimeno, intende ribadire la necessità e l’urgenza di una riforma elettorale, in primo luogo per non delegittimare ulteriormente il Parlamento: di conseguenza, avanza la proposta di assumere un impegno solenne tra le forze politiche, quelle rappresentate in Parlamento e quelle che non vi sono rappresentate ma sono impegnate ad esempio nel referendum abrogativo in materia elettorale, per una riforma da realizzare in tempi certi e ravvicinati, prima della data prevista per il referendum abrogativo. Dichiara di apprezzare, inoltre, il tentativo compiuto dal senatore Elia, diretto a perseguire nella sostanza il risultato del referendum, correggendone l’esito possibile in modo organico e coerente. Quell’esito, infatti, non potrebbe realizzare un buon sistema elettorale, perché non consente scelte chiare agli elettori, né è suscettibile di rafforzare il bipolarismo, di ridurre la frammentazione politica e di assicurare la stabilità della maggioranza. D’altra parte, tutte le proposte di riforma elettorale avanzate sinora non appaiono pienamente risolutive, soprattutto perché esse esigono comunque l’integrazione di una riforma costituzionale concernente la forma di governo, che se viene orientata all’elezione diretta del Presidente del Consiglio dei Ministri o al Presidente della Repubblica non implica necessariamente un sistema elettorale maggioritario perché sarebbe compatibile anche con un sistema elettorale proporzionale. Invita il Presidente della Commissione, infine, a voler promuovere una discussione proficua e diretta a un risultato conclusivo in un termine convenzionalmente stabilito, precedente la data del referendum abrogativo, in modo che in un caso o nell’altro saranno chiare agli elettori le scelte e le responsabilità di ogni forza politica. Diversamente, si offrirebbe di nuovo al paese la dimostrazione che il Parlamento non è in grado di affrontare la questione elettorale, se non sulla spinta di un referendum abrogativo.
        Il senatore BESOSTRI rileva che l’offensiva dei proporzionalisti potrà avere il paradossale effetto, sicuramente non desiderato dai proponenti, di mobilitare ulteriormente l’elettorato che parteciperà alla consultazione referendaria rendendo possibile così il raggiungimento del quorum di validità della consultazione. Non crede poi, contrariamente a quanto affermato dal senatore La Loggia, che la proposta illustrata dal senatore d’Onofrio preveda un sistema proporzionale puro. Del resto anche l’ipotizzata investitura diretta del premier non è conforme alla purezza teorica di un sistema proporzionale. Più in generale, considera preliminare a ogni riforma elettorale l’adozione di una efficace regolamentazione del sistema dei partiti, avendo presente che il nodo essenziale da risolvere è quello della selezione delle candidature per le competizioni elettorali: occorre essere consapevoli, infatti, della realtà per così dire lapalissiana che impedisce di essere eletto a chiunque non sia candidato. Ritiene, inoltre, che una riforma del sistema elettorale debba farsi carico anche del problema del crescente astensionismo, che riduce la legittimazione degli organi elettivi. Occorre, dunque, elaborare criteri che incentivino la partecipazione, incidendo in particolare sul sistema attraverso il quale si recuperano, nell’attuale sistema, i candidati meglio piazzati nei singoli collegi. Sostiene anche che la legge elettorale debba essere formulata in modo chiaro così da evitare il crescente contenzioso, sul quale le due Camere nel nostro sistema sono chiamate a pronunciarsi, decidendo con decisioni a maggioranza ovviamente influenzate dalla appartenenza all’uno o all’altro schieramento dei contendenti. Ricorda come simili questioni in Germania rientrino nella competenza del Tribunale costituzionale. Quanto all’ipotesi avanzata dal senatore d’Onofrio, di prevedere sul modello tedesco anche l’attribuzione di seggi aggiuntivi, ricorda come tale possibilità sia stata giudicata conforme alla Costituzione dal medesimo Tribunale costituzionale solo a condizione che il suo esperimento non incida in modo significativo sulla rappresentatività del Bundestag. Simili riflessioni critiche dovrebbero essere svolte, a suo avviso, con riferimento al concreto operare della legge che regola l’elezione dei consigli regionali, che rende possibile un analogo meccanismo.
        Nel complesso, condivide l’intento manifestato da più parti di riprendere l’esame della questione elettorale, così da elaborare una proposta condivisa prima dello svolgimento della consultazione referendaria.
        Il relatore VILLONE esprime il suo apprezzamento per la qualità degli interventi nella discussione odierna, in particolare quelli del senatore Elia e del senatore d’Onofrio, che ha reso evidente il risultato politico cui è diretta la sua proposta. Condivide altresì le argomentazioni svolte dal senatore Fisichella e richiama l’attenzione della Commissione sulla coerenza delle iniziative in esame con il quesito referendario, coerenza che occorre valutare con attenzione. Mostra infine la massima attenzione per la proposta politica e di metodo avanzata dal senatore La Loggia, cui è necessario a suo avviso dare in tempi brevi una chiara risposta.
        Anche il ministro MACCANICO dichiara di apprezzare il dibattito che si è svolto oggi in Commissione sulla materia elettorale: una discussione che l’appuntamento referendario, a suo avviso, in nessun modo preclude né inibisce. Ricordato che il Governo ha già iniziato una consultazione delle forze politiche, ritiene che la proposta avanzata dal senatore La Loggia non sia eludibile: occorre dunque ricercare una soluzione anche prima del
referendum. In proposito segnala quindi che, se l’obiettivo è quello di evitare la consultazione referendaria, il dibattito non può che muoversi nel senso proposto dal quesito referendario. In tale direzione sembra a suo avviso muoversi il disegno di legge illustrato dal senatore Elia. Più in generale, afferma che gli obiettivi del confronto politico in materia debbano essere quelli di assicurare una maggiore stabilità dell’esecutivo, una sua più sicura investitura da parte del corpo elettorale nonché la semplificazione degli schieramenti politici. Il fallimento della Commissione parlamentare per le riforme costituzionali non deve poi far ritenere preclusa la strada delle riforme istituzionali, secondo le ordinarie procedure previste dall’articolo 138 della Costituzione. Considera anzi necessaria la ricerca di un accordo tra le varie forze politiche anche su alcune puntuali modifiche della Costituzione. In proposito ricorda che il rafforzamento degli esecutivi regionali e più in generale delle attribuzioni delle regioni, realizzate in questa legislatura, rendono indispensabile una maggiore stabilità del Governo nazionale. Si tratta di una esigenza che tutte le forze politiche, di maggioranza e di opposizione, devono a suo avviso sentire.
        Il seguito dell’esame congiunto è quindi rinviato.


        
La seduta termina alle ore 17,15.