AFFARI COSTITUZIONALI (1a)
MARTEDÌ 1o DICEMBRE 1998

332a Seduta (antimeridiana)
Presidenza del Presidente
VILLONE

Interviene il sottosegretario di Stato per l'interno Vigneri.

La seduta inizia alle ore 12,25.

SUI LAVORI DELLA COMMISSIONE
(A007 000, C01a, 0133a)

Il presidente VILLONE preannuncia la possibilità di anticipare, dalle ore 10 alle ore 9, l'orario di inizio della seduta già convocata per giovedì 3 dicembre. Conferma, inoltre, che nella stessa seduta sarà ripreso il lavoro legislativo ordinario, in quanto compatibile con la sessione di bilancio; l'ordine del giorno comprende gli argomenti già all'esame della Commissione, nonché i disegni di legge costituzionale concernenti il principio del giusto processo (n. 3619 e connessi).

La Commissione prende atto.

(3662) Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo, approvato dalla Camera dei deputati
(Parere alla 5a Commissione: seguito e conclusione dell'esame. Parere favorevole con osservazioni)

Prosegue l'esame, sospeso nella seduta del 26 novembre.

Il relatore ANDREOLLI dà conto di una proposta di parere elaborata tenendo conto dell'esame svolto nella seduta precedente, dichiarandosi disponibile alle integrazioni e correzioni richieste dall'andamento ulteriore del dibattito.

Interviene quindi, a nome del Governo, il sottosegretario VIGNERI, soffermandosi sull'articolo 24 del disegno di legge: sottolinea, in primo luogo, che l'elaborazione in materia di federalismo fiscale è senz'altro più avanzata per le regioni che per gli enti locali. La determinazione, assunta dalla Camera dei deputati, di stralciare dal testo in esame le disposizioni di natura tributaria relative alla finanza territoriale, al fine di riconsiderarle nell'ambito del disegno di legge collegato di natura ordinamentale (n. 3599), è stata suggerita non certo da una sottovalutazione del problema, ma da esigenze di approfondimento e di ulteriore riflessione, cui è possibile corrispondere in modo più adeguato con disposizioni di delegazione legislativa. Quanto alle funzioni da conferire alle regioni e agli enti locali in attuazione della legge n. 59 del 1997, osserva che il decreto legislativo n. 360 del 1998 ha già disposto in proposito, prevedendo in una prima fase la copertura tramite trasferimenti dal bilancio statale e in una fase successiva la provvista delle risorse derivante dall'addizionale IRPEF comunale. Non vi è alcun rischio, pertanto, di una carenza di risorse necessarie al processo di decentramento in atto. In merito all'articolo 27, le critiche emerse nel corso dell'esame in Commissione non appaiono sufficientemente univoche e tuttavia il Governo avrebbe preferito fissare al 30 novembre di ciascun anno il termine per i bilanci di previsione degli enti locali, riservando i 30 giorni successivi alle procedure di controllo. Nella discussione alla Camera dei deputati si è invece affermato il termine del 31 dicembre e il Governo non si è opposto: il margine di flessibilità invocato dalla proposta di parere elaborata dal relatore, secondo il Governo dovrebbe essere conferito proprio all'Esecutivo nel senso di poter prorogare se necessario il termine, previa consultazione della Conferenza Stato-Città e autonomie. In ogni caso, gli enti locali non potrebbero redigere i bilanci di previsione in base alle determinazioni della manovra finanziaria annuale, che in ipotesi potrebbe modificare il quadro di riferimento sostanziale nella parte concernente i trasferimenti di risorse dallo Stato agli enti locali; d'altra parte, va rilevato che la finanza locale non è più prevalentemente di natura derivata, poiché le risorse dei comuni sono ormai in maggioranza risorse proprie. In merito al comma 2 dello stesso articolo 27, il Sottosegretario di Stato precisa che il transito delle risorse attraverso le due regioni a statuto speciale ivi considerate e le province autonome è determinato dalla particolare configurazione dell'ordinamento finanziario, in quei territori, nei rapporti con gli enti locali; osserva, inoltre, che si tratta esclusivamente della quota facoltativa dell'addizionale IRPEF. In ordine all'articolo 22, comma 1, dichiara di comprendere le perplessità manifestate nel corso dell'esame, ma sottolinea il cospicuo effetto finanziario della disposizione. Si riserva, infine, una valutazione specifica sull'articolo 62, comma 12.

Il presidente VILLONE osserva, quanto al federalismo fiscale, che il meccanismo di trasferimento dallo Stato agli enti locali non dovrebbe essere sostituito da un altro sistema di trasferimenti, dalle regioni agli enti locali.

Il senatore BESOSTRI richiama l'attenzione sui commi 13 e 14 dell'articolo 8: il primo di essi interviene sulla legge istitutiva dell'autorità per l'energia elettrica e il gas, in una sede normativa inappropriata, trattandosi di una modifica all'ordinamento di una autorità indipendente; la disposizione di modifica, d'altra parte, esclude dalle competenze dell'autorità le fasi di produzione, ciò che rende problematico l'esercizio delle competenze proprie di quell'autorità nella determinazione delle tariffe, poiché i costi di produzione incidono direttamente sulla relativa valutazione; quanto al comma 14, il giudizio è radicalmente negativo poiché si tratta di una disposizione di rinvio a una normativa delegata, in assenza di una legge di delegazione; d'altra parte la direttiva comunitaria di cui si postula l'attuazione non è inclusa neppure nel disegno di legge comunitaria appena approvato dal Senato. In merito all'articolo 22, comma 1, riconosce che si tratta di ottenere un notevole risparmio di risorse, ma censura il ricorso a una norma di interpretazione autentica, laddove la disposizione interpretata risale al 1970, non avendo dato luogo a divergenze giurisprudenziali. Lo scopo normativo della disposizione, d'altra parte, si desume da due commi omessi nel corso dell'esame presso la Camera dei deputati, che tra l'altro disponevano l'estinzione dei giudizi pendenti: si tratta, in sostanza, non già di risolvere un contrasto interpretativo, ma di contraddire con legge apparentemente di interpretazione un indirizzo giurisprudenziale consolidato e univoco. Egli reputa dubbia la legittimità costituzionale di un simile intervento.

Il senatore PASTORE considera assolutamente improprio il vincolo disposto nei confronti del legislatore delegante ai sensi dell'articolo 8, comma 14. Si sofferma quindi sull'articolo 23, del quale rileva l'assoluta carenza di contenuto normativo, mentre in ordine all'articolo 24 concorda con le valutazioni contenute nella proposta di parere elaborata dal relatore e afferma che alle regioni dovrebbe essere assicurata piena autonomia circa l'individuazione degli strumenti per ottenere il risultato enunciato nella proposizione del federalismo fiscale.
In merito all'articolo 27, sul comma 2 rileva un doppio passaggio di risorse finanziarie che comporta un'implicita sopraffazione da parte di quelle regioni a statuto speciale e delle province autonome nei confronti degli enti locali. Sul comma 1, ricorda che la finanza derivata degli enti locali corrisponde tuttora a una parte notevole dei relativi bilanci e gli stessi comuni non potrebbero elaborare previsioni contabili adeguate senza un quadro di riferimento definito in tema di trasferimenti annuali da parte dell'erario: occorre considerare, pertanto, la revisione della normativa contabile degli enti locali che assicuri un margine temporale di adattamento alle determinazioni annuali della finanza statale e tenga conto anche della possibilità di elezioni che si svolgono in prossimità della fine dell'anno.

Su richiesta del presidente VILLONE, il sottosegretario VIGNERI precisa nuovamente il meccanismo di trasferimento del gettito derivante dall'addizionale IRPEF comunale, determinato dal decreto legislativo n. 360 del 1998.

Il senatore PINGGERA precisa che le norme di attuazione degli statuti di autonomia delle regioni Valle d'Aosta e Friuli Venezia-Giulia e delle province autonome di Trento e di Bolzano riservano agli stessi enti la competenza sulla dotazione di risorse finanziarie per i comuni e impediscono, pertanto, un trasferimento diretto da parte dello Stato agli enti locali.

Il relatore ANDREOLLI conferma tale circostanza.

Il senatore LUBRANO DI RICCO manifesta l'orientamento contrario del suo Gruppo in ordine all'articolo 28: esso, infatti, avrebbe l'effetto di realizzare la possibile alienazione di beni di interesse storico e artistico appartenenti agli enti locali, in deroga al codice civile. La vendita di tali beni a suo avviso potrebbe compromettere la loro conservazione e comunque comporta rischi notevoli per la tutela del patrimonio culturale. L'articolo 16, inoltre, suscita analoghe obiezioni, per la possibilità, prevista nel comma 1, che le alienazioni riguardino anche immobili soggetti a tutela. Il comma 6 dello stesso articolo, infine, potrebbe essere interpretato nel senso che le relative disposizioni siano riferite anche ai beni tutelati.

La senatrice D'ALESSANDRO PRISCO esprime la propria perplessità sull'articolo 28 e ricorda in proposito la discussione sulle disposizioni introdotte con l'articolo 12 della legge n. 127 del 1997.

Il senatore BESOSTRI richiama l'attenzione sul comma 2 dell'articolo 28, che dispone l'abrogazione di una norma abrogativa e si sofferma quindi sul problema della dismissione di immobili che sono classificati come beni di interesse storico e artistico, spesso esclusivamente in ragione della vetustà e non già del pregio culturale. In ogni caso, occorre considerare che il patrimonio demaniale non sarebbe declassificato, poiché restano valide le disposizioni di carattere generale. A suo avviso, comunque, l'articolo 28 crea molti più problemi di quanti possa risolverne.

La senatrice BUCCIARELLI ricorda che il tentativo di innovare la legislazione concernente le possibili alienazioni dei beni immobili pubblici al fine di favorire le dismissioni è stato finora del tutto vano, con il risultato di mantenere nel patrimonio pubblico beni inutilizzati, spesso in uno stato di conservazione quantomeno precario. Una misura di maggiore flessibilità, pertanto, va indubbiamente perseguita, fermo restando che sia la legislazione sia i comportamenti amministrativi in materia di beni culturali garantiscono dalla possibilità di alienazioni e dismissioni improprie, potenzialmente lesive del principio di tutela.

La senatrice D'ALESSANDRO PRISCO apprezza la coerenza di ragionamento espressa dalla senatrice Bucciarelli ma obietta che l'articolo 28 alimenta proprio la preoccupazione circa la possibilità di introdurre un elemento di incertezza in un contesto che non sembra tener conto delle novità introdotte dal decreto legislativo n. 112 del 1998 anche in materia di classificazione dei beni di interesse storico e artistico, in particolare da parte degli enti territoriali; sarebbe preferibile, a suo avviso, non considerare la disposizione nel disegno di legge collegato, ma regolare la materia con un provvedimento specifico.

Il sottosegretario VIGNERI informa la Commissione che l'articolo 28 deriva da un emendamento parlamentare che ha suscitato il parere negativo del Governo e ritiene che i problemi inerenti alle disposizioni in esame dovrebbero essere ulteriormente approfonditi. Tuttavia osserva che gli enti locali hanno la disponibilità di un enorme patrimonio immobiliare che non riescono a gestire, conservare e valorizzare per carenza delle risorse necessarie. In proposito, pertanto, occorre una riconsiderazione di carattere generale che potrebbe essere realizzata in sede di revisione della legge n. 142 del 1990. Osserva, infine, che nel periodo di vigenza dell'articolo 12, commi 3 e 4 della legge n. 127 del 1997, non è stata realizzata alcuna alienazione.

Il senatore LUBRANO DI RICCO conviene sulla opportunità di riconsiderare la questione nell'ambito del disegno di legge di revisione della legge n. 142 del 1990; precisa, inoltre, che la sua parte politica è contraria all'alienazione di beni di interesse storico e artistico, ma non si oppone alla concessione ai privati a condizioni che assicurino la tutela dei beni culturali.

Il sottosegretario VIGNERI replica osservando che la concessione e la locazione a privati sono già possibili e che gli immobili di interesse storico e artistico di proprietà privata sono generalmente ben conservati e valorizzati, mentre la proprietà pubblica spesso non consente una manutenzione adeguata a causa della carenza di risorse.

Il senatore PASTORE precisa che il codice civile non esclude in modo assoluto l'alienazione di beni culturali appartenenti agli enti locali, ma la ammette «nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano». L'articolo 28, pertanto, prevede la possibilità dell'alienazione, in conformità alla legge n. 1089 del 1939. Egli tuttavia mantiene notevoli riserve sulla formulazione normativa dell'articolo 28 ed esprime dubbi sulla sua capacità di funzionamento. In ordine all'articolo 16, osserva che il contenuto dell'articolo, diversamente della rubrica, si riferisce anche a beni immobili che sono nella disponibilità di soggetti pubblici diversi dallo Stato.

Il senatore FISICHELLA osserva che i soggetti privati interessati ad acquistare un bene tutelato di norma intendono ricavarne un utile, potendo procedere a ristrutturazioni e adattamenti: in caso di opposizione delle autorità competenti a interventi di ristrutturazione viene dunque meno l'interesse ad acquistare, mentre nelle alienazioni disposte a livello locale si potrebbe determinare il rischio di una attenuazione dei controlli. Di conseguenza, potrebbe essere favorita una utilizzazione dei beni che comporti la possibilità di alterarne il pregio. A suo avviso, l'articolo 28 comporta il rischio di una impostazione non corretta del problema, che invece deve essere fondata sul contemperamento del principio di tutela con l'interesse, anche pubblico, a valorizzare il bene anche mediante il conferimento a soggetti privati e deve presupporre una distinzione accurata circa la natura e la qualità di ogni immobile. Nella necessità di non alimentare le incertezze in materia, sarebbe preferibile omettere dal testo l'articolo 28.

Concorda in tal senso anche il senatore MUNDI.

Il senatore PINGGERA osserva che l'alienazione a privati molto spesso assicura l'agibilità e la conservazione di beni altrimenti lasciati in stato di abbandono e richiama l'attenzione sulla circostanza che gli interventi di restauro e conservazione sono interessanti anche per i vantaggi fiscali che ne derivano.

Il relatore ANDREOLLI richiama l'attenzione sulla necessità di distinguere il regime di alienazione dalla disciplina della tutela del bene di interesse storico e artistico. Aggiunge che il regime delle possibili alienazioni è attualmente diverso quando si tratti di beni appartenenti allo Stato ovvero agli enti locali e ciò induce a riconsiderare complessivamente la normativa vigente in materia.

Concorda il sottosegretario VIGNERI, invitando a considerare la circostanza che la disposizione in esame ammette una deroga al codice civile ma non già alla legge di tutela dei beni di interesse storico e artistico. D'altra parte è prevedibile che da una simile innovazione possa derivare una moltiplicazione delle pressioni esercitate sulle Sovrintendenze, cui tuttavia è possibile far fronte anche con la delimitazione dell'uso e degli interventi sui beni contestualmente all'autorizzazione alla vendita.

Il presidente VILLONE, nel riassumere i termini della discussione sull'articolo 28, reputa opportuno introdurre nel parere una raccomandazione affinché sia proposto all'Assemblea lo stralcio dell'articolo dal disegno di legge. Segnala, inoltre, che all'articolo 24, nel comma 11, terzo periodo, è contenuta una disposizione assai singolare, che consente l'alienazione di beni da parte di enti non proprietari, in difformità da ogni criterio di autonomia.

La Commissione, infine, conferisce al relatore l'incarico di redigere un parere favorevole, con le osservazioni formulate nel corso dell'esame.

La seduta termina alle ore 13,55.