BILANCIO (5a)

GIOVEDÌ 26 SETTEMBRE 1996


19a Seduta

Presidenza del Presidente
COVIELLO

Interviene il sottosegretario di Stato per il tesoro Cavazzuti.

La seduta inizia alle ore 9,10.

IN SEDE REFERENTE
(375) VEGAS ed altri: Norme in materia di contabilità di Stato
(643) VEGAS ed altri: Modifiche alla legge 5 agosto 1978, n. 468, recante norme di contabilità generale dello Stato e in materia di bilancio
(967) VEGAS ed altri: Riforma del bilancio dello Stato
(1217) Modifiche alla legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni e integrazioni, recante norme di contabilità generale dello Stato in materia di bilancio. Delega al Governo per l'individuazione delle unità previsionali di base del bilancio dello Stato
(Esame congiunto e rinvio)

Riferisce alla Commissione il presidente COVIELLO, osservando che il provvedimento in esame va inquadrato nella politica istituzionale e finanziaria perseguita dagli inizi degli anni '90. Il tema oggetto di questa proposta rappresenta un punto significativo del programma del governo Prodi e del suo disegno riformatore, anzitutto perchè affronta fondamentali rapporti tra Governo e Parlamento, con implicazioni anche di ordine costituzionale, e poi perchè mira a portare a termine il lungo dibattito sul processo di riforma del bilancio e della contabilità generale dello Stato, connettendola ai temi e ai fatti dell'economia reale, al cui andamento va sempre finalizzata la manovra di finanza pubblica. Esso costituisce inoltre un provvedimento rilevante politicamente, in quanto formalmente e sostanzialmente collegato alla manovra complessiva di finanza pubblica per il prossimo triennio. È richiesto perciò alla Commissione uno sforzo notevole di coerente riferimento a fondamentali atti normativi di politica dell'amministrazione pubblica. Richiama in particolare la riforma Amato sul pubblico impiego (decreto legislativo n. 29 del 1993) e l'ammodernamento del procedimento amministrativo (legge n. 241 del 1990), nonchè gli atti riformatori proposti dal Governo, contestualmente al presente provvedimento, in materia di decentramento amministrativo e di federalismo fiscale.
La proposta di riforma del bilancio rappresenta soprattutto la tappa finale e il frutto di un dibattito e di una elaborazione, insieme politica e di studio, cui hanno partecipato, ormai dal 1987, tutti i soggetti che, a vario titolo di responsabilità, sono impegnati nelle istituzioni finanziarie pubbliche. Egli confida che, attraverso la più ampia discussione e ogni sforzo possibile di perfezionamento del testo, la Commissione voglia raccogliere l'eredità del dibattito, ripresa nella proposta governativa al suo esame. Sottolinea poi il messaggio ambizioso lanciato dal Governo e dai Ministri proponenti, di coniugare il bilancio da una parte con una amministrazione responsabile ed efficiente e dall'altra con controlli più efficaci, sia nel riscontro dell'indirizzo politico sia in quello dei risultati finali assicurati al Paese. Fa presente quindi che la Commissione beneficia, per questo lavoro istruttorio, degli apporti di vari soggetti, tra cui il lavoro meritorio del senatore Andreatta, Presidente di questa Commissione nella X legislatura, che ispirò e guidò una indagine conoscitiva su ipotesi di revisione delle disposizioni in materia di struttura, classificazione e gestione delle spese del bilancio dello Stato. Furono acquisiti contributi della Commissione tecnica per la spesa pubblica, della Commissione di studio presieduta dal professor Giannini, della Corte dei conti e della Ragioneria generale dello Stato. Va richiamato anche il lavoro intenso e apprezzato del Servizio del bilancio del Senato, che procedette alla redazione di uno schema sperimentale di riclassificazione del bilancio statale in 250 voci, secondo linee di aggregazione che precorrevano il testo oggi all'esame. Nella breve XI legislatura gli uffici del Bilancio di supporto alla Commissione provvedettero a redigere un nuovo testo base di riclassificazione di bilancio, che restò allo stato di documento di lavoro. Durante la XII legislatura, un vero e proprio iter parlamentare su un testo di modifiche alla legge n. 468 del 1978 (incentrato sulle questioni di copertura finanziaria delle leggi con oneri continuativi) fu avviato e concluso presso la Commissione bilancio del Senato. Passato all'omologa Commissione della Camera, su quel testo fu discussa una nuova ipotesi di riclassificazione del bilancio dello Stato, ma l'anticipata interruzione della legislatura ha impedito che si arrivasse a varare un provvedimento conclusivo. Va menzionato ancora il bilancio sperimentale (applicato alla previsione, all'assestamento ed al rendiconto) elaborato da qualche anno dalla Ragioneria generale dello Stato: l'esercizio di aggregazione dei capitoli è basato prevalentemente sulla classificazione amministrativa (rubriche) e non si inoltra ancora nel processo di adattamento alla nuova organizzazione amministrativa. Infine va ricordato l'impegno della Corte dei conti con una serie di contributi tradotti anche in referti al Parlamento, da ultimo quello del luglio 1995; la nuova struttura di bilancio ipotizzata dalla Corte è articolata, al primo e più ampio livello di ripartizione delle risorse, per «unità operative»: questo aggregato identifica unitariamente la funzione obiettivo cui si legano la gestione delle risorse finanziarie e dell'attività amministrativa e il centro responsabile della gestione.
Si arriva così alle proposte odierne, con un significativo livello di attenzione all'interno della Commissione, come testimoniano i pregevoli disegni di legge all'esame, già elaborati e ripresi dal senatore Vegas, che ne è primo firmatario, nonchè gli spunti di riflessione (sul problema dei residui e su altri temi) che il senatore Morando e il sottosegretario Macciotta hanno sottoposto alla Commissione, discutendo dell'assestamento di bilancio. L'obiettivo di fondo della proposta governativa è quello di dare soluzione al problema del rapporto tra indirizzo politico, responsabilità della dirigenza pubblica e gestione efficiente delle risorse. In proposito, pare appropriato anzitutto il modo come il disegno di legge governativo si salda alla riforma organizzativa della pubblica amministrazione avviata con la delega di cui all'articolo 2 della legge n. 421 del 1992 e con il decreto legislativo n. 29 del 1993 che l'ha regolamentata. Quello che ci accingiamo a fare è il secondo passo e il completamento di quella riforma. Si tratta difatti di fissare e consolidare veramente le «missioni» delle strutture amministrative, fornire alle stesse responsabilizzanti procedure contabili e finanziarie, avendole vincolate alla predeterminazione degli obiettivi di prodotto finale, per controllarne i risultati.
Occorre quindi prevedere che l'unità cardine utile per l'autorizzazione parlamentare, sia un aggregato - che può essere definito «unità previsionale di bilancio» - collegato a un livello di responsabilità dirigenziale, che esprima una linea di intervento con una sua omogeneità e complementarità interna. Dovrà poi essere costruita una scala disaggregata di unità finanziarie minori ai fini di gestione, rendicontazione e controllo, oltre a un corredo appropriato di indicatori, tendenzialmente diretti a significare quantità fisiche di prodotto finale che permetta di affiancare al controllo sugli impegni e sui pagamenti quello sui risultati.
Il relatore sottolinea poi che nel nuovo sistema permane l'articolazione dell'unità di bilancio come «capitolo» e la relativa rappresentazione in apposito allegato dello stato di previsione; d'altro canto allorchè il Parlamento richiede di modificare, come è in sua facoltà, le risorse allocate in una o tra più unità previsionali di bilancio, motiva l'operazione all'Esecutivo, il quale non potrà non tenerne conto nella successiva modulazione in capitoli.
Si può pertanto consentire su quanto viene prospettato nella relazione al disegno di legge n. 1217, che l'obiettivo della riforma del bilancio e del rendiconto generale dello Stato è «la costruzione di un modulo di presentazione delle risorse in entrata e in uscita che consenta di attivare profili di controllo sui risultati, costi e rendimenti raccordati in modo stretto all'individuazione di autentiche aree di responsabilità amministrativa». Certo dal punto di vista dell'indirizzo politico e del controllo parlamentare sull'Esecutivo c'è una forte innovazione rispetto al modello che stiamo tentando di lasciarci alle spalle. Esso determinava un diffuso disagio nell'esercizio del mandato parlamentare per via dei mille rivoli oltre 6.000 capitoli di bilancio in cui si trova finora ad essere distribuita la spesa pubblica e che rende l'attuale struttura dei documenti finanziari poco idonea a rappresentare, in modo intelligibile, lo svolgersi dei flussi finanziari tra lo Stato e le imprese e le famiglie beneficiarie e tanto meno a rappresentare le finalità della programmazione economica e del sostegno alla condizione sociale nel paese.
Con il nuovo sistema potrà realizzarsi quindi una migliore comprensione, per parlamentari e cittadini, delle decisioni e delle politiche di finanza pubblica. Il concentrarsi del potere degli organi parlamentari nell'indirizzo e nel controllo per aree programmatiche di intervento, per settori unitari di azione amministrativa, per servizi finali forniti alla comunità, in sintesi lo sforzo di rendere più significativa, trasparente e responsabile la decisione parlamentare, ad avviso del relatore, non deprime ma esalta l'esercizio della sovranità che compete a questi organi. I quali possono far conto, nel sistema delineato dalla proposta governativa, su una seconda, seppur minore, sessione dedicata alla verifica e alla correzione degli andamenti di finanza pubblica: è quanto si instaura, appunto, attraverso gli adempimenti concentrati a metà anno (Documento di programmazione economico-finanziaria, assestamento allargato, ecc.). Se poi si tiene conto del presidio affidato alla Corte dei conti, oltre che per la legittimità, anche per la verifica di efficienza dell'azione amministrativa, i ruoli propri della democrazia parlamentare son fatti salvi e resi anche più incisivi. Limitati appaiono quelli che taluno sottolinea come rischi di una delega poco condizionata fornita al potere esecutivo e quindi di una deresponsabilizzazione politico-parlamentare mentre maggiori possibilità si aprono, invece, per un più efficace e finalizzato impiego delle risorse pubbliche.
Il testo del Governo regola anche tematiche ulteriori rispetto ai lavori pregressi sulla riclassificazione del bilancio: la razionalizzazione della procedura di assestamento e il perfezionamento delle regole di copertura delle leggi pluriennali di spesa.
La proposta governativa nel suo complesso, tenuto conto che sono in avvio riforme istituzionali e modifiche sostanziali dell'organizzazione amministrativa sul territorio, affronta un gruppo importante di problemi, legati alla programmazione finanziaria, con soluzioni adeguate. Non affronta tutti i nodi problematici dell'esperienza sin qui fatta e che comunque son venuti fuori nel dibattito sviluppatosi nella Commissione bilancio, e tra questi: il conto del patrimonio, la coerenza tra decisioni di bilancio e poteri e ruolo della Tesoreria, la regolamentazione delle correzioni di bilancio che saranno imposte dalla sovranità comunitaria ad Unione Monetaria avviata. La proposta merita certamente una particolare attenzione critica nelle disposizioni deroganti i principi della annualità del bilancio (la conservazione dei residui e il nuovo istituto del «riporto» della competenza). Tutto ciò considerato, ad avviso del relatore va esaminata con l'attitudine positiva che merita un provvedimento che introduce strumenti idonei a fronteggiare il non facile e non breve percorso di rientro verso gli equilibri di finanza pubblica e ad assicurare trasparenza nella destinazione delle risorse, responsabilità della loro gestione, esercizio agevole dei vari presìdi di controllo.
È evidente che il necessario approfondimento dei diversi aspetti delle complesse problematiche in esame non deve impedire di poter giungere finalmente ad un approdo positivo del processo di riforma.
Il relatore si sofferma quindi su alcuni temi che non trovano ancora compiuta soluzione e disciplina nel provvedimento: uno di essi, già affrontato dalla Commissione e su cui è necessaria una riflessione è quello del patrimonio.
La proposta del Governo, che tratta indirettamente della questione disciplinando la rendicontazione, comprendente anche il conto del patrimonio, detta linee per una rappresentazione e per una gestione genericamente informata a criteri di efficienza ed efficacia. Ma la sensazione è che, proprio in una fase in cui anche il patrimonio dello Stato assume una valenza peculiare ai fini della gestione della finanza pubblica nel suo complesso - come dimostra il ruolo e il peso nella strategia del Governo della materia delle dismissioni -, sicuramente qualcosa in più si può fare al riguardo. Si tratta non tanto di ribadire l'antica questione della sottoposizione ad approvazione parlamentare del conto del patrimonio, quanto piuttosto della evidenziazione - nell'esercizio della delega - di un criterio di gestione del patrimonio che per determinati beni - si pensi a quelli che hanno una valutazione di mercato - sia effettivamente improntato a criteri di economicità o di riferimento a parametri di mercato. Laddove dunque sia tecnicamente possibile attuare una classificazione dei beni pubblici come suscettibili di determinare reddito, si tratta di stabilire che anzitutto un tale obiettivo va perseguito e poi che se ne debba dare menzione per singola unità operativa, nel cui complesso si articola poi il conto del patrimonio e dunque lo stesso rendiconto. Anche da questa strada passa infatti il potere effettivo del Parlamento di effettuare un controllo efficace sulla gestione della finanza pubblica.
Anche quello della tesoreria è un tema complesso e tale da offrire spunti di ordine non solo finanziario. La sensazione diffusa è infatti che la tesoreria, da sistema di pagamenti e cassa di compensazione, abbia assunto in qualche caso una valenza ulteriore, svolgendo una funzione di controbilanciamento delle decisioni di bilancio in senso stretto e quindi alterando nei fatti il senso delle deliberazioni del Parlamento sotto quest'ultimo versante. Occorre però sempre ricordare preliminarmente che l'attuale assetto è pensato per permettere il controllo da parte dello Stato della notevole entità di masse finanziarie trasferite ad enti pubblici. Deve risultare chiaro, dunque, che con qualsiasi altro sistema la conseguenza non può che essere l'attenuazione di questa capacità di controllo di tipo finanziario, perchè inevitabilmente i fondi sarebbero gestiti da entità diverse dalla tesoreria unica. Si tratta dunque di decidere se continuare o meno a privilegiare l'obiettivo del controllo dal centro della liquidità di enti pubblici percettori di trasferimenti statali e titolari per legge di tali fondi. Infatti, in prospettiva occorrerà chiedersi in quale misura l'attuale assetto possa continuare a reggere man mano che si sarà riconosciuto il ruolo istituzionale delle Regioni e degli enti locali, la cui autonomia sempre più difficilmente si armonizzerà con lo stesso istituto della tesoreria unica. In altre parole, sul piano istituzionale potrebbe emergere sullo sfondo una divaricazione tra le esigenze della finanza pubblica statale e il processo di attuazione di un ordinamento di tipo federale. D'altra parte, sottoporre al voto del Parlamento il fabbisogno non sembra una soluzione efficace, perchè si rischierebbe di porre un limite giuridico ad un fatto meramente gestionale, tra l'altro in gran parte dipendente dalle decisioni di enti esterni allo stesso Stato. Oltre tutto, il Parlamento già vota il limite massimo di titoli pubblici da emettere ex novo, che in fin dei conti è la copertura di un determinato fabbisogno. Sicuramente, per intanto, il problema della tesoreria può trovare un'attenzione sotto il profilo della trasparenza dei suoi conti, al momento alquanto carente.
Un'idea che può essere sviluppata è quella di pervenire anzitutto ad un raccordo con i conti di cassa del settore statale, distinguendo i soggetti pubblici o privati quali detentori di conti e separando i conti alimentati solo con mezzi provenienti dal bilancio da quelli in cui confluiscono entrate proprie degli enti, nonchè dando evidenza delle risorse da indebitamento di enti esterni transitate attraverso i conti di tesoreria.
Il relatore ricorda poi le risultanze dell'indagine conoscitiva avviata nella scorsa legislatura dalla Giunta per gli affari europei e ripresa dall'attuale organismo, sull'attuazione del Trattato di Maastricht. Ci si pose, in quella occasione, il tema delle politiche di correzione dei disavanzi superiori al 3 per cento del prodotto interno lordo, una volta attuata la moneta unica, e delle conseguenze sulla stessa struttura degli strumenti nazionali di finanza pubblica.
Occorre quindi riflettere sull'opportunità di approntare strumenti di tipo strutturale per omogeneizzare la cornice contabile del nostro paese nel quadro dell'appartenenza ad un sistema monetario e finanziario di tipo sovranazionale. Il relatore rammenta in proposito gli spunti di riflessione già focalizzati dai ministri Masera e Motzo e su cui però il Governo dovrebbe poter offrire un suo orientamento.
Per quanto riguarda il tema del «riporto», che ci si propone di istituire attraverso un principio di delega (art. 10, primo comma, lettera e), il relatore condivide la posizione di chi afferma che si tratta di un aspetto molto delicato, in specie se la disposizione è considerata unitamente a quella che estende fino a tre esercizi la impegnabilità delle somme del conto capitale mantenute nel conto dei residui. Il Governo godrebbe di questa facoltà di «riportare» a nuovo in conto competenza anche per le spese correnti, sia pure solo e sempre per i programmi individuati dalla Presidenza del Consiglio. Si potrebbe effettivamente innescare una catena per la quale, potendosi accumulare le disponibilità in conto competenza da anno ad anno (con evidente effetto sul saldo netto da finanziare), l'amministrazione potrebbe sentirsi meno incentivata al sollecito utilizzo delle somme assegnate.
Il relatore sintetizza quindi il contenuto del disegno di legge governativo: esso è costituito di tre Capi che modificano direttamente le corrispondenti disposizioni della legge n. 468 del 1978, sostituendole o integrandole, e di un Capo IV recante un'articolata delega al Governo, per disciplinare applicativamente la riforma proposta.
Il Capo I disciplina il bilancio di previsione dello Stato istituendo, anzitutto, l'unità previsionale di base, in corrispondenza di un unitario centro di responsabilità amministrativa che appunto la gestisce; essa rappresenta l'aggregato finanziario di riferimento per l'approvazione parlamentare. Volendosi scoraggiare una volta per tutte l'applicazione del criterio della spesa storica incrementale, vengono scanditi i passaggi diretti alla formulazione delle previsioni in modo piuttosto innovativo; si formalizzano gli incontri preliminari tra Ragioneria e ciascuna amministrazione per accertare lo stato di attuazione di programmi e interventi e quantificare gli oneri del nuovo periodo previsivo, previa indicazione, da parte delle amministrazioni «degli obiettivi che intendono conseguire in termini di servizi e di interventi e degli indicatori di efficacia e di efficienza che si intendono utilizzare per valutare i risultati». Di questo si darà conto appunto nelle note preliminari. L'intento di ancorare l'azione delle amministrazioni, per la quale si richiedono le risorse, a più realistiche quantificazioni fa proporre anche la classificazione delle spese per funzioni-obiettivo come riferimento sia per le politiche di settore sia per le auspicate misurazioni del prodotto amministrativo, «ove possibile anche in termini di servizi finali resi ai cittadini». Da rimarcare anche sono le nuove disposizioni che rafforzano obblighi (nel caso dei decreti legislativi) e facoltà (a riguardo di proposte ed emendamenti parlamentari) del Governo in materia di «note tecniche» necessarie a quantificare gli oneri recati dai provvedimenti, nonchè dalle relative coperture.
Di rilievo appare anche la rinnovata disciplina della relazione ministeriale sull'intervento nelle «aree svantaggiate», come rappresentato nei vari stati di previsione. Qui forse è da ricuperarsi, tuttavia, un minimo di coordinamento, o forse la unificazione, con la relazione già prevista, per la stessa data del 30 settembre, dall'articolo 7 della legge n. 341 del 1995.
Il Capo II potenzia le modalità di assolvimento dell'obbligo costituzionale di copertura finanziaria, modificando le disposizioni che regolano attualmente la formulazione delle leggi di spesa pluriennale, per le quali si irrigidiscono gli obblighi di quantificazione degli oneri, in specie per la fase di regime; viene infine ridisciplinato in termini di contenimento l'effetto espansivo della spesa conseguente a decisioni giurisdizionali.
Il Capo III concentra in due scadenze essenziali (30 giugno e 30 settembre) i termini di presentazione dei documenti finanziari, formula la nuova disciplina dell'assestamento trasformando da formale a sostanziale la relativa legge - che può ora modificare i saldi della legge finanziaria, sia pure solo in termini riduttivi o compensativi - e impegna, infine, il Ministro del tesoro a informare più efficacemente su fabbisogni e risultati di cassa del settore pubblico allargato. Sul fatto di innovare la valenza dell'assestamento sussistono in verità opinioni diverse ed anche contrarie alla proposta del Governo, motivate principalmente con l'argomento dell'inopportunità di bloccare due volte, in corso d'anno, il Parlamento nelle decisioni relative alle autorizzazioni di quadro finanziario. D'altro canto l'esperienza degli ultimi anni - e inevitabilmente di quelli più prossimi a noi - è quella del rincorrersi delle «manovrine» di aggiustamento dei conti, che forse meglio potrebbero collocarsi in sessioni ancorate a precise procedure. È da valutarsi se la miglior soluzione di questo problema vada cercata in norme coordinate da collocarsi in questo provvedimento e nei Regolamenti di ciascuna Camera.
Il Capo IV, infine, reca princìpi e criteri di delega al Governo, da esercitare a cascata in un arco biennale, per tre operazioni di produzione normativa: un decreto legislativo diretto ad individuare le unità previsionali di base, ad apportare le integrazioni necessarie a stringere i nessi tra quelle e i centri responsabili della loro gestione, ad uniformare il rendiconto alle nuove aggregazioni, assicurando le verifiche di efficacia sul piano dei risultati conseguiti; l'adeguamento alla nuova struttura di bilancio del regolamento di contabilità generale dello Stato; l'emanazione di un testo unico sulla formazione e gestione del bilancio dello Stato.

Il senatore VEGAS esprime perplessità sulla possibilità di considerare il disegno di legge presentato dal Governo come formalmente collegato alla manovra finanziaria. Invita inoltre la Commissione a valutare l'opportunità di procedere all'audizione di alcuni soggetti istituzionali che potrebbero fornire un contributo rilevante al dibattito sui disegni di legge in titolo.

Il senatore FERRANTE ritiene che la Commissione potrebbe acquisire da parte di istituzioni qualificate (come ad esempio la Commissione tecnica per la spesa pubblica, la Corte dei conti e l'ISTAT) osservazioni scritte sul disegno di legge presentato dal Governo.

Ad avviso del senatore GUBERT è preferibile procedere all'audizione dei soggetti indicati ed eventualmente di altri.

Su proposta del Presidente, la Commissione delibera infine di acquisire dalla Corte dei conti, dall'ISTAT e dalla Commissione tecnica per la spesa pubblica, osservazioni scritte sui disegni di legge in titolo. Successivamente, potrà essere valutata l'opportunità di procedere ad audizioni.

Il seguito dell'esame congiunto è quindi rinviato.

CONVOCAZIONE DELLA SOTTOCOMMISSIONE PER I PARERI

Il PRESIDENTE avverte che al termine della seduta si riunirà la Sottocommissione per i pareri, per l'esame del disegno di legge n. 1334.

La seduta termina alle ore 10.