Discorso d'insediamento del Presidente Giuseppe Manfredi (24 marzo 1909-29 settembre 1913)

Senato del Regno, tornata del 26 marzo 1909

Presidenza del Presidente Manfredi

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Discorso del Presidente

Giuseppe ManfrediPRESIDENTE. (Si alza ed insieme con lui si alzano tutti i ministri e tutti i signori senatori e pronuncia il seguente discorso).

ONOREVOLI COLLEGHI,

Per degnazione del Re, e maggiormente onorato dalla sua grazia, ritorno all'eminente incarico di presiedere l'Alto Consesso. Rivolgo innanzi tratto alla Maestà sua l'omaggio profondo ed il grato animo; e poiché il cresciuto onore aumentami l'obbligo, avrei a domandarvi diletti colleghi, anche maggiore la vostra benevolenza, se possibile fosse benevolenza maggiore di quella, onde già mi avete circondato, che mi è stata auspice del favore sovrano. Dirovvi perciò soltanto, che sarà mio studio di maggiormente meritarla. (Bene).

All'opera segnalata della cessata legislatura, esposta dal Governo alla Corona e giudicata dai Comizi, il Senato prestò puntuale ed illuminata la sua porta: adempiuta pure la funzione giudiziaria, sedendo in giudizio lungo e scabroso di Ala corte. Vostra ultima sollecitudine fu di santa carità nel più fiero dolore al soccorso di quell'immane disastro, per il quale non avrà tregua né fine lo strazio dei cuori. Il Senato è pronto e sarà alacre all'impresa della nuova legislatura, la cui prima sessione ha dalla parola reale traccia di argomenti, sui quali spiegarsi il vostro zelo e la vostra sapienza.

Al regolare procedere dei nostri lavori, all'autorità e dignità dell'Assemblea porrò continua e massima attenzione. Del regolamento l'Assemblea suol dirsi sovrana; ma esso soggetta i singoli ed ha suo primo servo il Presidente. L'esercizio delle attribuzioni delle Camere parlamentari è dominato anche dalle consuetudini, o dove tengano il luogo dei testi, o dove li completino, o dove eziandio vi deroghino; ed in questo Senato, sebbene non antico quanto altre Camere alte, qualche cosa procede per usanza così attempata da volere rispetto, finché al Senato stesso diversamente non piaccia. Per la qual cosa si fa palese di quanto momento sia l'ufficio della Commissione permanente per il regolamento interno.

E quale degli uffici e degli atti del Senato non è ragguardevole ed importante? Quale non pari a quell'amore delle istituzioni, che sommo regna fra noi? Quante non richiede tutta la diligenza e coscienza del dovere, che di voi son proprie; tutta la vostra assiduità?

Al ponderato e decoroso deliberare nostro conferirà la desiderata equa distribuzione del lavoro fra le due assemblee del Parlamento; della quale teniamo promessa dagli onorevoli Presidente del Consiglio e suoi colleghi del Governo.

Non però tutto consiste nella retta pratica parlamentare; vi ha qualche cosa di superiore; la tradizione, dettante ciò che non si formola; il retaggio della religione dei principii. Il quale nobile retaggio può ben vantare il Senato italiano di avere raccolto e fedelmente guardato.

Custode delle regole fondamentali dello Statuto; osservante del loro svolgersi nel civile reggimento; aperto alla voce del popolo; chiuso alle gare individuali ed alle passioni delle parti politiche; non mai avverso alle riforme reclamate dal paese; intento anzi a ad amicare sempre più le istituzioni al progresso ed al genio del secolo; non però ha mai posto in oblio, che nell'esercizio delle sue prerogative costituzionali sta una forza moderatrice, la quale è suo debito mantenere e volgere al pubblico bene. Il Senato del Regno nelle sue deliberazioni non ha mai mirato ad altro, che alla potenza della Corona, alla libertà del popolo, alla grandezza e prosperità d'Italia. (Benissimo).

A queste tradizioni, quanto la devozione vostra, onorevoli colleghi, continuerà la fede in me per gli atti miei. Armonia sarà nei nostri intendimenti, come unanimi oggi noi siamo nello imprendere i nostro lavori al grido di viva il Re. (Applausi unanimi e prolungati; grida di viva il Re!)

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