Discorso d'insediamento del Presidente Giuseppe Manno 2a Sessione (13 ottobre 1864-7 settembre 1865)

Senato del Regno, tornata del 24 ottobre 1864

Presidenza del Vice-Presidente Pasolini

[...]

Invito l'onorevole Senatore Manno a prendere il seggio della presidenza.

(Il Senatore Manno prende il seggio della presidenza.

In questo mentre entrano il Presidente del Consiglio dei Ministri ed i Ministri della Guerra, di Grazia e Giustizia, e di Agricoltura, Industria e Commercio.)

Giuseppe MannoPRESIDENTE. Signori Senatori,

Nelle gravi condizioni alle quali si sottopongono oggidì le sorti della cara nostra patria italiana, sarebbe personale intemperanza la mia, se io volessi disgiungere da sì alto argomento ogni ragione indiretta a dar qualche pregio all'omaggio che il vostro Preside dee tributarvi. - Gli uomini egregi e di virtù sperimentata che seggono oggi novelli Ministri dello Stato, se daranno nelle discussioni cui si apprestano le note prove di quel senno prudente e di quel leale proposito, che soli valgono a salvaguardia e ad indirizzamento fermo dell'avvenire, hanno già prestato guarentia splendida di amor patrio, convenendo nell'intendimento di preferire questo bisogno urgente e imperioso dell'avvenire a qualunque esitazione, a qualunque difficoltà avesse potuto attraversarsi nello studio o nel giudizio del passato. - Mancato però a questo augusto collegio il personaggio insigne, ed amico mio chiarissimo, che con tanto acume d'intelletto, con sì grande e varia copia di dottrina onorava non ha guari il seggio maggiore di quest'assemblea, meglio che al valor personale del successore, meglio che alla presupposta personale sua conformità di opinioni, posero eglino mente alla fortuna delle precedute sue opere. - E fortuna veramente può appellarsi, che durante i molti anni già valicati dal glorioso nostro statuto alla persona stessa, cui pressocché nei primordii delle congreghe senatorie toccò l'onore d'indirizzare, con studio d'ignote discipline, la trattazione di altissime disquisizioni di Stato, e l'avviamento or fausto, or conteso, ma sempre leale dell'italiana indipendenza, sia ora riserbato anche il còmpito d'inscrivere il suo nome nel presente rivoltamento della storia nostra parlamentare. - Egli appartiene alla schiera (oramai assottigliata e diradantesi) di quei provetti Senatori, che primi giurarono in questo recinto fede nella libertà e speranza nel riscatto d'Italia. - Fu la sua voce quella che proclamò in quest'aula l'accettazione dei voti di unione e fratellanza politica di nobili province italiane, divelte poscia dal nostro seno non per la giustizia, ma per la prevalenza delle venture guerresche. - L'eco di queste pareti riverberò più vivamente nel cuore di molti di voi, onorevoli colleghi, le parole di amaro cordoglio, colle quali egli lacrimava l'ascondersi e lo spegnersi dell'esule magnanimo, datore delle nostre franchigie, che col martirio suo fondò la santità e la perpetuità della redenzione italica. - Io mi piegai allora con voi, e con gli onorandi ed animosi atleti della Camera legislativa nostra illustre sorella, a subordinare al coraggio comune le dure prove, la spossatezza istessa e i rischi delle comuni aspirazioni.

Veterano di guerra costantemente guerreggiata, io plaudeva dappoi, dal tranquillo mio recesso giudiziario, al provvidenziale riscuotimento delle battaglie che si vinsero, e bene presagiva di quelle che si vinceranno, allora che l'autorevole parola di uomini da me grandemente stimati e venerati mi trasse ad aggiungere al sacrificio fatto di se stessi, quello che negli anni miei senili, e nel giocondo oblio di più ardue cure io faccio con essi alla patria. - Ma sarammi conceduto lo sperare che tali sacrifizii s'innalzino al valore di un esempio fruttuoso? Sarò io privilegiato a conseguire, che nelle principali discussioni demandate al vostro senno e alla vostra prudenza conservatrice vengano a svolgersi, e non ad alterarsi, le sementi versate con sottile discernimento da due destre auguste su questa terra di Saturno, ch'é al tempo stesso magna parens frugum, magna virum? Il vecchio, ma fervido cuore che mi batte in petto mi dice si io allargo in una formola, che sia par voi, per noi tutti, di buon auspicio. Resti a chi operò la felicità se fuvvi, la fortuna, se saravvi, delle cose compiute.

Venga a noi l'antivigenza sicura dei partiti a trarsene: venga il riescire acclamato dei partiti presi; e così un giusto titolo al grido vittorioso: Vivano il Re e l'Italia, viva il Senato! [...]



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