Il Presidente: Discorsi

Cerimonia di commemorazione delle vittime delle stragi di Capaci e Via d'Amelio

Intervento del Presidente Grasso nell'aula bunker del carcere Ucciardone di Palermo

23 Maggio 2014

Cara Maria, gentili Ministri, Autorità, cari insegnanti, ragazze e ragazzi di tutta Italia,

a distanza di 22 anni siamo in quest'Aula, ancora una volta, per ricordare insieme Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Francesca Morvillo e quegli agenti che di solito vengono liquidati nel ricordo con un unico sostantivo, le "scorte", e che proprio perché portatori dei loro stessi valori voglio nominare singolarmente: Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonino Montinaro, Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina. A questo elenco, all'elenco dei morti vanno aggiunti anche tutti coloro che sono vittime morali degli omicidi e delle stragi. Mi riferisco alle mogli, ai figli, agli amici, ma anche a quelli di noi che si sentono ancora oggi privati violentemente dei loro affetti e del futuro che avevamo immaginato di costruire insieme.

Ogni volta che entro in quest'Aula vengo assalito dai ricordi, il sorriso ironico di Giovanni quando mi presentò per la prima volta le 400 mila pagine degli atti del Maxiprocesso che dovevo studiare, l'affettuoso gesto di Paolo che mi consegnò copia dei suoi utilissimi appunti per districarmi tra quelle carte, mi avvolge l'aria pesante che opprimeva Palermo durante gli anni del Maxiprocesso, i visi dei mafiosi dietro queste sbarre, che oggi sono sostituiti dagli occhi di tanti giovani che brillano di gioia e di speranza. Ma mi avvolge anche il pensiero del sostegno che in quel periodo riscuoteva l'operato di Falcone e Borsellino, e che ancora possiamo ritrovare in questa giornata che riecheggia le catene umane, le lenzuola bianche appese ai balconi, le cooperative di Libera sui terreni confiscati, l'impegno dei ragazzi di Addiopizzo e le migliaia di attività quotidiane che per tutto l'anno impegnano la Fondazione Falcone con le scuole su questi temi.

Non posso comunque dimenticare che Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, già dopo le condanne in primo grado del Maxiprocesso, cominciarono ad essere attaccati e delegittimati, sia umanamente che professionalmente. Un susseguirsi di amarezze, di rifiuti, di polemiche, che solo con la loro morte si è interrotto: a quel punto anche coloro che li avevano avversati in vita si sono dichiarati loro fraterni amici e talvolta unici eredi.

Ma l'eredità che ci hanno lasciato è un patrimonio comune che non possiamo disperdere, un patrimonio fatto di conoscenze, di intuizioni, di rigoroso metodo investigativo che ancora oggi, a distanza di tanti anni, deve far parte del bagaglio professionale di ogni magistrato. Mi ha molto colpito vedere il riconoscimento che le figure di Falcone e Borsellino hanno in tutto il mondo: ho visto monumenti dedicati a loro in un parco di Bucarest, mi sono commosso all'Accademia dell'FBI di Quantico, dove c'è il busto di Falcone sopra una colonna spezzata - a simboleggiare il lavoro interrotto, mi hanno spiegato - e mi sono inorgoglito nel Quartier generale dell'Fbi a Washington, dove su un'intera scalinata sono apposte le foto di Giovanni Falcone e le due bandiere, americana e italiana, sovrastano intrecciate. Anche qui, oggi, sono presenti scuole di diversi paesi europei e una proprio di Washington, segno che il loro esempio ha travalicato i nostri confini.

Ora che le mafie sono diventate internazionali dobbiamo fare in modo che gli strumenti legislativi e repressivi del nostro ordinamento, proprio quelli disegnati da loro, diventino siano adottati da tutti gli altri paesi. Fu proprio Giovanni Falcone a intuire per primo la dimensione transnazionale delle organizzazioni criminali e la necessità di approntare risposte condivise a livello globale.: "non è importante qualie forza di polizia arresti un latitante o sequestri dei beni e in quale parte del mondo, è importante che ciò avvenga", - era solito ripetere Falcone. I fenomeni di criminalità organizzata rappresentano una minaccia mortale al futuro delle nostre democrazie di fronte alla quale la comunità internazionale, e in special modo l'Unione Europea, non può arretrare, restare indifferente o rassegnata. Penso alla necessità di rafforzare strumenti comuni di cooperazione e di contrasto, a partire dall'aggressione legale ai patrimoni illeciti, attraverso moderne forme di confisca. Penso all'istituzione di una Procura Europea, una struttura che innalzerà il livello dell'azione di contrasto ai delitti contro gli interessi finanziari dell'Unione e garantirà risultati che nessuno Stato da solo potrà mai realizzare. E questo sarà certo uno dei temi che ribadirò con più forza nel corso del prossimo semestre di presidenza italiana.

Alla vigilia delle imminenti elezioni per il Parlamento europeo voglio invitare tutti ad esercitare il proprio diritto di voto: non votare è la scelta peggiore che possiate prendere. Significa lasciar decidere altri, significa delegare ogni responsabilità, non voler incidere sul futuro. Il silenzio elettorale di domani servirà per riflettere: domenica recatevi alle urne per disegnare il futuro dell'Unione europea con le vostre speranze e le vostre aspirazioni.

Ho dedicato 43 anni di vita professionale alla lotta contro la mafia, alla tutela della legalità, alla difesa dei diritti fondamentali dei cittadini. Oggi come politico, come Presidente del Senato della Repubblica, non ho cambiato obiettivi di legalità, giustizia e ricerca della verità. Il futuro del contrasto alle mafie dipende dall'impegno della politica. Dobbiamo pensare e agire strategicamente e chiudere per sempre la stagione dell'emergenza, della superficialità, dell'approssimazione. Per combattere le mafie dobbiamo colpire qualsiasi tipo di illegalità, dobbiamo occuparci di lavoro nero, di evasione fiscale, di corruzione, di economia criminale: il futuro del Paese dipende dalla capacità che avremo di riavvicinare i cittadini alla politica, soprattutto i più giovani. Perché dovrete essere voi a trasmettere nuova energia alle istituzioni con la cultura della partecipazione, della trasparenza e della responsabilità, pretendendo l'impegno di tutti i cittadini onesti che, non dimenticatelo mai, sono molti di più dei criminali, sono tanti, e insieme possono essere la vera forza di cambiamento.

Oggi siamo qui tutti insieme per ricordare, ma non basta la memoria, non bastano le celebrazioni, le parole e i discorsi, se non diventano impegno comune, l'impegno di ogni giorno nello studio, nel lavoro, nella vita per saper dire di "no" alla prepotenza, ai favoritismi, al compromesso, alle scorciatoie, con la coscienza pulita, a testa alta e schiena dritta.

Non potremo mai ringraziare abbastanza i docenti per l'impegno e la passione con cui, aldilà delle tante difficoltà, insegnano alle nuove generazioni i valori fondanti della nostra democrazia. La formazione e la ricerca, come del resto la giustizia, non possono essere considerate solo un costo, una voce passiva di bilancio, ma l'investimento più vantaggioso per un Paese, un investimento che produce opportunità, crescita e sviluppo.

Senza che vi abbattiate una cosa posso dirvela ragazzi: andrete incontro a sonore sconfitte, a momenti di sconforto. Non fatevi fermare dagli ostacoli. Andate avanti. Non perdete di vista i vostri ideali, i vostri sogni, i vostri obiettivi, i valori che ci hanno tramandato Falcone e Borsellino.

A tutti i parenti delle vittime innocenti di mafia non potremo certo restituire i loro cari. Possiamo però impegnarci per dare loro il conforto di una società viva e vigile, che non si faccia intimorire e che sappia guardare con speranza al futuro del Paese.

Grazie Giovanni, grazie Paolo.



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