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Votazione degli emendamenti: la "regola del canguro"

7 Agosto 2014

La cosiddetta "regola del canguro" (cosiddetta poiché si tratta di una espressione ricorrente in questi giorni nel lessico parlamentare e giornalistico ma non è mai utilizzata in nessun testo regolamentare) è stata spiegata in Aula, nel corso della seduta pomeridiana di mercoledì 23 luglio, con queste parole: «Votazione delle parti comuni degli emendamenti con conseguente effetto preclusivo sugli emendamenti successivi in caso di reiezione».

Nella seduta di mercoledì 30 luglio 2014 il Presidente del Senato, Pietro Grasso, ha dato lettura del parere della Giunta per il Regolamento approvato nella riunione tenutasi nella mattina. Questo il testo del parere:

«La Giunta per il Regolamento, in conformità dei precedenti e della prassi consolidata, a seguito della pronuncia della Giunta per il Regolamento del 17 luglio 1996, conferma che è facoltà della Presidenza, alla luce del combinato disposto degli articoli 100, comma 8, e 102, comma 4, del Regolamento, avvalersi della cosiddetta regola del canguro, anche per l'esame dei disegni di legge costituzionale».

Il Presidente Grasso ha poi precisato che i "precedenti" citati «riguardano la legge costituzionale sulla devolution del 2002 e la legge costituzionale del 2004 di riforma della Parte II della Costituzione. Questi sono i precedenti in cui è stata applicata tale regola, nello specifico dal presidente Pera per una prassi consolidata con il precedente che risale al presidente Mancino con un parere della Giunta per il Regolamento».

L'articolo 100, comma 8, prescrive quanto segue: «Il Presidente può stabilire, con decisione inappellabile, la inammissibilità di emendamenti privi di ogni reale portata modificativa e può altresì disporre che gli emendamenti intesi ad apportare correzioni di mera forma siano discussi e votati in sede di coordinamento, con le modalità di cui all'articolo 103».

L'articolo 102, comma 4, prescrive quanto segue: «Il Presidente ha facoltà di modificare l'ordine delle votazioni quando lo reputi opportuno ai fini dell'economia o della chiarezza delle votazioni stesse».



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