Il Presidente: Articoli

Schifani: la solidarietà tra forze politiche banco di prova per fare riforme insieme

Colloquio pubblicato dal quotidiano "Corriere della Sera"

8 Aprile 2009

di Francesco Verderami

«Perché tornare di nuovo a guelfi e ghibellini?». La domanda è un gioco retorico, serve a Renato Schifani per appellarsi alle forze di maggioranza e opposizione, è il tentativo di scongiurare «il triste pericolo di un ritorno alla normalità » dopo la prova di «solidarietà, compostezza e responsabilità» offerta in questi drammatici giorni «dal Paese e anche dalla sua classe politica». E siccome la tragedia dell'Abruzzo «ha fatto riemergere valori condivisi», sarebbe «un grave errore » non sfruttare l'occasione per «far partire un processo bipartisan di riforme».

Ecco come dovrebbe incarnarsi per il presidente del Senato lo spirito di «solidarietà nazionale» emerso in Parlamento dopo il terremoto. Certo, «nel rispetto dei ruoli», avendo cura di «non confondere i piani», ma «senza disperdere la tensione emotiva» di queste ore. Perché, se è vero che «gli italiani sanno riscattarsi nelle difficoltà e nella sofferenza», e se è vero che «stiamo portando il lutto e sopportando il dolore con la dignità di un grande Paese», allora «il senso di responsabilità della classe politica deve esprimere al meglio quello che ho più volte definito il 'valore Italia' ».

Finora l'ha fatto, secondo Schifani: «Il governo si è mosso con tempestività e l'opposizione ha offerto collaborazione, evitando qualsiasi atteggiamento polemico. Insomma, dinnanzi a una prova umana e sociale durissima, il teatrino delle futili polemiche e delle aggressioni verbali è stato accantonato». Ed è un segnale «positivo». Per questo il richiamo alla «identità nazionale» non è casuale. Così come non è rituale «l'augurio» del presidente del Senato che «il clima maturato dinnanzi al dramma possa diventare viatico per la ripresa di rapporti politici meno conflittuali»: «Spero sia l'inizio di un percorso segnato dalla sensibilità all'ascolto, dal confronto e infine dal dialogo». C'è, «ci deve essere» - rimarca Schifani- l'affermazione del «principio di bene comune su alcune grandi questioni »: «Penso a un'intesa sulle riforme costituzionali, a un rapporto collaborativo sulla crisi economica, sul sostegno e la tutela del lavoro, sul processo di modernizzazione del Paese».

Non si tratta di confondere i ruoli, di prefigurare assetti di governo diversi da quelli attuali, scenari inesistenti sui quali la seconda carica dello Stato nemmeno si attarda. Il punto, nel gioco maggioranza-opposizione, è trovare un codice che rompa lo schema «guelfi-ghibellini ».
Non sfugge all'inquilino di Palazzo Madama che la tensione emotiva presto lascerà il passo alla quotidianità, «anche perché è già accaduto che l'Italia sia stata messa a dura prova e che il giorno dopo sia tornata ai vizi antichi. Ma davvero l'attuale classe dirigente vuol lasciare cadere questa occasione? Noi sappiamo che i cittadini auspicano una politica più sensibile alle loro esigenze, più efficiente e rapida nelle decisioni. Il processo di semplificazione che ha preso corpo dal sistema bipolare impone la modifica della seconda parte della nostra Carta. È impensabile non affrontare la questione. I padri costituenti ci hanno lasciato in eredità un rigido sistema parlamentare che, all'indomani del fascismo, giustamente mirava ad evitare derive reazionarie. Ma oggi per esempio, non sono più i partiti a fare e disfare i governi».

Schifani avverte «il triste pericolo di un ritorno alla normalità», inteso come un ritorno «ai vizi antichi ». «C'è in effetti il rischio che dopo le emozioni di questi giorni finisca il clima di solidarietà e comunanza. Però sono fiducioso, perché quanto sta accadendo promette bene. Finora non c'è stata una sbavatura, maggioranza e opposizione stanno offrendo al Paese l'immagine di una classe dirigente maturata. D'altronde, il bipolarismo e il meccanismo di semplificazione accelera il processo di maturazione delle forze politiche».
Il presidente del Senato non è andato in Abruzzo, sebbene fosse pronto a visitare le zone colpite dal terremoto. Ha deciso di rinviare il viaggio «perché preferisco non turbare il lavoro di chi si sta prodigando per salvare ancora qualche vita e sta offrendo assistenza a chi ne ha bisogno. Verrà il momento di andare in segno di solidarietà. Ma lì al momento c'è una situazione di emergenza, ci sono delle priorità che non è il caso di intralciare». E mentre osserva da lontano l'opera dei soccorritori, segue da vicino i politici. Ed elogia tutti.

«Il governo, e in particolare il presidente del Consiglio, stanno agendo con efficacia». Le rassicurazioni fatte ieri da Silvio Berlusconi a chi ha perso tutto, quel «mi assumo io la responsabilità per la ricostruzione in tempi rapidi e certi», hanno - per Schifani - «un significato chiaro»: «Il premier ha deciso di fare dell'Abruzzo un'altra Campania. Per lui L'Aquila è una nuova Napoli, sta affrontando l'emergenza terremoto come ha affrontato l'emergenza rifiuti. È in queste occasioni che dà il meglio di sé».
Meno scontato, e proprio per questo più importante, è «l'apprezzamento » per la «maturità» mostrata da Dario Franceschini: «Il segretario del Partito democratico si sta comportando in maniera leale verso il governo. Lo conosco da tanti anni, è un lottatore e un politico di rango. Lo sta dimostrando in questo passaggio terribile per il Paese e spero, anzi credo, che lo dimostrerà anche in altri passaggi istituzionali ». Quanto a Pier Ferdinando Casini, che ha dato «carta bianca» a Palazzo Chigi sull'Abruzzo, «non è nuovo a questa linea di grande moderazione. È leader di un'opposizione sensibile e non pregiudiziale. Certo, ognuno fa la propria parte, ma su alcuni temi - come la riforma della giustizia - ha detto di considerarsi già seduto al tavolo del dialogo».

Sono queste considerazioni che inducono il presidente del Senato a «confidare nella svolta», «è l'atteggiamento comune di grande responsabilità che mi spinge a essere ottimista, a dire che si può riannodare quel filo prezioso, spezzato subito dopo le elezioni. Il Paese non capirebbe il ritorno a tensioni banali e inutili. Perché si dovrebbe tornare a guelfi e ghibellini?».



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