Il Presidente: Articoli

«Riforme subito, o l'Italia rischia la serie B»

Intervista al quotidiano "Il Messaggero"

6 Gennaio 2008

di Claudio Rizza

Questi primi giorni dell'anno a Franco Marini sono piaciuti poco. Era stato così chiaro il messaggio di Napolitano di fine d'anno, così bipartisan il coro di consensi, che era sembrato lecito illudersi di una svolta ormai prossima; che il clima fosse favorevole a tirare finalmente fuori dalle secche quest'Italia da troppo tempo impantanata, prigionieria dei suoi egoismi, dei suoi riti, delle sue mille piccinerie.
Il presidente del Senato non è uno che straparla. Ogni intervento è ponderato, gli inglesi lo chiamano "timing", si aspetta il momento giusto per lanciare messaggi, spronare o dare uno stop. Con lo stile che ha la seconda carica dello Stato, che non è certo quello da barricata. Comunque assai esplicito. Sia sulle riforme che vanno fatte velocemente, sia sul caso Napoli che va affrontato senza indugi che sul rilancio economico urgente.

Presidente Marini, le era piaciuto molto il messaggio del capo dello Stato, no?
«Assolutamente sì. Un discorso che ho giudicato subito di grande spessore politico. Era andato al cuore dei problemi, il presidente. Infatti c'è stato il plauso corale».

E allora cosa è che la preoccupa?
«Che quella tensione, innescata dalle parole di Napolitano, si vada allentando. Il punto fondamentale, che mi ha colpito, è stata la motivata analisi per sottolineare che il rischio di un declino del sistema Italia - a partire dall'economia, dall'immagine del Paese, dalla società - non sia ineluttabile. Abbiamo in molti settori posizioni di assoluto privilegio, l'idea di qualità dei prodotti italiani è forte nel mondo, e le nostre potenzialità sono ampie...».

E poi la parte politica...
«Qui il discorso si è fatto sintetico ed efficace, in stretta conseguenzialità con le indicate esigenze del Paese. Ne sono stato colpito: le sue parole sono state asciutte, ma senza equivoci. Sono anche io convinto che il limite alle nostre potenzialità sta nello scarto che esiste tra la vivacità del Paese e il ritardo della politica e delle istituzioni - parlo in generale - fino alla pubblica amministrazione e alle amministrazioni locali.
C'è un divario tra la spinta alla modernizzazione, alla competizione e le risposte che la politica a tutti i livelli riesce a offrire. In sintesi va recuperata la capacità di guida della politica. Questo è il problema, questa la priorità».

Un divario che dura da troppo tempo.
«Porto un esempio: nel 2007 abbiamo raddoppiato la capacità di esportazione. E' vero che cresciamo meno degli altri Paesi europei, ma perchè ristagna la domanda interna. Comunque il fatto che l'export, in un mondo sempre più competitivo e globalizzato, cresca tanto significa che l'impresa, l'intelligenza, larga parte del nostro Paese, è viva e riesce a cambiare. Mi domando: quali potenzialità ci sono se anche il settore pubblico, ridiventato rilevante dopo la sbornia dello Stato asciutto e del pensiero unico liberista, ci spinge in là?».

Cosa ci manca, allora?
«Oggi mi pare maturo un patto per le riforme. Lo ribadisco con forza, è un passaggio obbligato e urgente».

I poteri più o meno forti lo ripetono tutti, all'unisono, ormai da tempo.
«Non è questione di poteri forti, a me pare un'esigenza largamente avvertita dal popolo italiano. Due anni fa, all'assemblea di Confindustria, mi colpì l'insistenza di Montezemolo sul ruolo pubblico e sulla necessità di una maggiore efficienza delle istituzioni a tutti i livelli, anche territoriali. Ahimé, grandi passi avanti non sono stati fatti. Qui è il nodo della prospettiva italiana».

L'esempio di Napoli arriva a pennello. Una città sepolta dalla mondezza, un intero Paese che fa un'immensa figuraccia.
«Nel dramma campano e napoletano rivedo il paradigma tragico delle difficoltà del nostro Paese, e cioé l'incapacità a decidere e sovente il prevalere dell'interesse particolare su quello generale. Dov'è il punto di crisi? Intanto, siamo sulle tv di tutti i Paesi dell'Unione. Quale immagine diamo di noi? Un'immagine drammatica: una delle più belle città del mondo, una delle più belle città italiane, una delle regioni economicamente più popolate e forti, sommersa dai rifiuti. Figuriamoci l'enorme danno in prospettiva, visto che siamo il primo Paese al mondo per le potenzialità turistiche».

La politica è la prima responsabile, o no?
«In questi giorni si apre un discorso sulle responsabilità. Sacrosanto. Non c'è nulla di inventato, è giusto farlo. Ma la priorità è un'altra: risolvere il problema».

Sono 13 anni che va avanti.
«Dinanzi al fallimento degli strumenti messi in piedi dalle nostre istituzioni, chi ha potere deve decidere. Questo è un problema che non può essere ulteriormente trascurato».

C'è persino chi invoca l'esercito...
«Sono necessari interventi straordinari? Si mettano in piedi. Cosa aspettiamo? L'aggravarsi della situazione? Non ce n'è bisogno, è già grave. E corriamo ben altri rischi».

Quali?
«Il più grave di tutti: il fallimento delle istituzioni, quindi anche dello Stato. Serve al governo lucidità e determinazione».

Le riforme sembrano di nuovo in uno stallo, gelate da un braccio di ferro politico.
«Osservo il dibattito, che spero riprenda la prossima settimana con maggiore profondità. La necessità di mettere un alt alla frammentazione della politica deve trovare un approdo riformatore se non vogliamo il ripetersi continuo di questo scontro tra istanze particolari e interesse generale».

Che si fa?
«La via è quella parlamentare. Alla Camera ci sono alcune riforme istituzionali già in discussione e al Senato c'è la proposta di legge elettorale. Su questi due binari bisogna camminare ed arrivare presto ad una stretta».

C'è anche un dialogo in vista con le forze sociali sull'economia, che conta.
«Se guardo alla prospettiva economica, c'è la disponibilità delle forze sociali ad affrontare un tema fondamentale. Spero che il governo trovi le disponibilità economiche per ridare una spinta alla domanda interna, ai salari e agli stipendi, che sono fermi. Bisogna aiutare le famiglie più deboli, serve un intervento selettivo forte che, oltre a rispondere ad un'esigenza di giustizia, diventi l'elemento determinante per puntare ad una crescita nel 2008 al livello dei più forti Paesi europei».

Siamo all'appello finale, presidente.
«Il Paese e le forze politiche devono avere uno scatto d'orgoglio e far prevalere l'interesse generale. Così garantiremo il nostro futuro e le nostre potenzialità. Le promesse non bastano più, né le discussioni bizantine. Senza le riforme l'Italia finisce in serie B, o la sblocchiamo o scivoliamo in serie B. Nel 2009 toccherà all'Italia presiedere il G8. Ma dobbiamo restare in prima divisione».

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