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Primo maggio dedicato ai giovani

Articolo pubblicato dal quotidiano "Il Centro"

1 Maggio 2007

Dobbiamo imparare a pensare il Primo Maggio fuori dalla iconografia di una ricorrenza che celebra i suoi riti nella pur nobile evocazione dei martiri di Chicago. Il Primo Maggio è una festa di popolo che vive del senso che un popolo ha saputo dare alla fatica di ogni giorno, alla dignità superiore del lavoro.

Alle giovani generazioni che incontrano questo momento attraverso il linguaggio della musica che i lavoratori organizzati nei sindacati confederali regalano con il tradizionale appuntamento di Roma, a quelle generazioni che oggi si confrontano per la prima volta con la verità del lavoro, con la sua immagine trasfigurata nella dimensione del precariato, ai giovani italiani vorremmo dedicare questo momento, perché ogni ricorrenza ha valore se può proiettarsi nel futuro.

Oggi i dati Istat sul lavoro fotografano un calo della disoccupazione, scesa nel 2006 al 6,8% rispetto al 7,7% del 2005, facendo registrare il tasso più basso dal 1993. E' sempre una buona notizia ma non va taciuto che, dietro questi, dati c'è la regolamentazione della manodopera straniera e una massa ancora considerevole di precariato.

Il trend di crescita produttiva c'è dunque ma ancora non basta. Occorre irrobustirla e renderla solida, duratura, non dipendente dalle sorti delle grandi "locomotive" estere. Questo può avvenire rilanciando decisamente lo sviluppo puntando sull'aumento dei consumi e della domanda e quindi sulle disponibilità economiche delle famiglie e delle persone.

Anche perchè non tutta la nuova occupazione è buona occupazione: il 39% degli occupati giovani fino a 24 anni è precario, percentuale che sale al 45% per le ragazze. L'autonomia negata ai giovani significa permanenza fino oltre i trent'anni in casa dei genitori: sette giovani precari su dieci, dicono ancora le statistiche, restano nelle loro famiglie di origine.

La flessibilità del lavoro non riesce ancora a coniugarsi con un investimento sulla famiglia se è vero che solo poco più di un quinto dei precari è a capo di un nucleo familiare. C'è la necessità di ripensare al lavoro. Farlo vuol dire connetterlo con una azione di senso complessiva che nella nostra società equivale non solo al miglioramento della normativa sulla flessibilità che non può voler dire precarizzazione. Serve un mix di strumenti fatto di servizi alle persone, di interventi e agevolazioni fiscali, trasferimenti monetari tali da rendere possibile la conciliazione tra lavoro e famiglia, una via per garantire un reale sostegno alle responsabilità familiari.

E' la sicurezza verso il futuro che ancora manca.

Solo la buona occupazione rende possibile il passaggio di responsabilità tra generazioni, in un Paese come il nostro che ha bisogno più di ogni altra cosa di un sano turn over, nel lavoro, certo, ma anche nella politica, nell'università, nella ricerca e nel mondo dell'impresa.

Un Primo Maggio dedicato al futuro, dunque, partendo dalle forti ragioni di un passato di grandi conquiste democratiche.

Quest'anno cade il 60° Anniversario dell'Assemblea Costituente che scolpì nelle sue norme di principio a partire dall'articolo uno e dall'articolo quattro, il principio del lavoro quale fondamento della stessa civiltà democratica. Quella straordinaria evocazione che vede l'uomo liberato dal bisogno, nel momento in cui acquista la dignità piena della sua essenza umana della sua dimensione civile attraverso il lavoro, ci viene da lontano. E' fortemente presente nella nostra cultura e nel nostro sentire di popolo.

La festa del Primo Maggio, snaturata e di fatto sospesa per il suo significato ''sovversivo'' nel periodo della dittatura fascista, tornò a celebrarsi nel 1945, sei giorni dopo la liberazione dell'Italia. Fu di nuovo una festa di popolo, un popolo tornato libero anche perché in marcia verso la democrazia attraverso la realizzazione di quanto contenuto nel patto costitutivo.

Ecco, la festa del lavoro, che quest'anno vuole doverosamente ricordare i tanti, troppi martiri delle fabbriche, dei cantieri, delle industrie, dei campi e offrire un nuovo messaggio perché si agisca presto e bene per fermare questa mattanza, deve rappresentare la riappropriazione del significato più profondo del lavoro che si intride del senso pieno della dignità umana.

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