Il Presidente: Articoli

Marini: su Difesa e Ricerca ora un'intesa senza inciuci

Intervista al quotidiano "Il Messaggero"

25 Novembre 2006

di Virman Cusenza

Presidente Marini, è stata una settimana di fuoco per il Senato. L'Unione ne è uscita esultante per aver retto all'urto. Quale lezione trarne in vista della finanziaria?
«E' evidente che il centrosinistra e il governo hanno segnato un punto a favore. Ma, dalla mia postazione di presidente, mi sento di dire che ha vinto il Senato come istituzione, perché è innegabile che il voto di fiducia era stato utilizzato in precedenza altre volte e stavolta il governo ha deciso di non farlo. Ho visto con favore che i gruppi di maggioranza e opposizione sono riusciti a confrontarsi senza bloccare il dibattito sulle tante questioni poste dal decreto fiscale. E' un merito della capogruppo del'Ulivo Finocchiaro l'essersi spesa senza riserve per il confronto aperto. E il governo ha fatto bene ad accettarlo».

Il balletto delle assenze in aula l'ha vissuto come un thriller da batticuore?
«Su questa caccia al voto posso dire solo che alla fine i entrambi gli schieramenti hanno tenuto. Lascio ai partiti il processo alle intenzioni, su chi ha votato e su chi non lo ha fatto. A me interessa che il dibattito sia stato corretto e che abbia vinto il metodo parlamentare»

Metodo da riproporre per la finanziaria?
«I gruppi dell'Unione e il governo prenderanno la loro decisione. Io voglio dare il mio contributo. La finanziaria verrà discussa per due settimane piene alla commissione Bilancio e auspico che, al di là del ricorso o meno alla fiducia, con uno sforzo di entrambe le coalizioni si trovino punti di intesa sulle priorità da modificare. Perché prevedo che qui degli aggiustamenti ci saranno».

La Finocchiaro chiede a Prodi: ascoltateci di più, serve una nuova stagione politica. Lei si associa?
«Capisco la valutazi one dal punto di vista del capogruppo dell'Ulivo. Il mio obiettivo resta il dialogo in Parlamento. L'ho auspicato sin dal primo giorno: in questo confronto, quando l'interesse del Paese risulta urgente ed evidente, servono anche momenti di intesa tra maggioranza e opposizione che non mettono in discussione il bipolarismo e bandiscono assurdi sospetti di inciucio. In tre occasioni abbiamo visto che, pure dopo momenti di aspra contrapposizione per la revisione dell'ordinamento giudiziario, per le intercettazioni illegali, e e per la mozione di sostegno al Papa dopo Ratisbona, si sono trovati in Senato momenti di convergenza ampia. Quindi, non solo non è scandaloso riprovarci ma è auspicabile, anche sulla finanziaria».

Quale posta mette su quel tavolo.
« Ritengo prioritarie le risorse per la Difesa e per la sicurezza. Ma anche per la ricerca e l'Università».

Il messaggio è: governo Prodi attento, il successo non deve dare alla testa?
«I risultati sono quelli che sono e si valutano politicamente. Qui a Palazzo Madama dobbiamo stare sempre con i piedi per terra. Perché è vero che la maggioranza e l'opposizione sono ben definite, ma i numeri sono quelli che conosciamo. E tali restano. Oggi ci sono due schieramenti che sostanzialmente si equivalgono nei rapporti di forza».

Fallita la spallata della Cdl lei sconsiglia l'Unione di seguire la stessa strategia?
«Non mi pare che i problemi politici si possano risolvere con le spallate».

Da abruzzese, lei è esperto di transumanze: ce ne saranno nei prossimi mesi da una coalizione all'altra. E da quale?
«Di pecorelle che abbandonino il gregge e che si infilino nel gregge dell'altro, finora non ne ho viste».

La situazione in Libano precipita: c'è rivedere qualcosa nella missione?
«La responsabilità itali ana in Libano è gravosa e carica di rischi e questo ci impone una riflessione sul rapporto con l'Europa. Dopo aver invocato la fine dell'unilateralismo americano e aver chiesto più ruolo per l'Europa, oggi dobbiamo essere conseguenti: la Ue deve ripartire. E superare lo stallo verificatosi con il blocco della Costituzione dopo i referendum in Francia e Olanda. L'Europa deve accelerare lo sforzo per arrivare a una politica comune su esteri e difesa e non lamentarsi se poi non ci sono gli strumenti per intervenire ».

Ma torniamo ai nostri militari e ai loro rischi.
«Spero che nella finanziaria ci sia più attenzione per i nostri militari e per le forze di sicurezza, con stanziamenti ulterio ri. Vedo una certa sonnolenza del Paese su questo problema e forti contraddizioni. La pace non nasce da sola: deve essere aiutata con strumenti adeguati ».

Se il Libano scivolerà verso la guerra, la nostra missione andrà rivista? Bisogna pensare al ritiro?
«Non si può, anche per i nostri interessi, abbandonare a se stesso il Medio Oriente. Abbiamo deciso con l'Onu e con l'Europa e con loro si concorda il da farsi. Nel frattempo bisogna sostenere i nostri soldati».

Tra gli accordi possibili in Parlamento ci sono le riforme istituzionali. Anche lei auspica come Veltroni una Costituente?
«Realistica mente le riforme vanno fatte in Parlamento: lì si possono fare passi avanti e il dialogo è più agevole. Le strutture straordinarie come Costituenti o Bicamerali nel nostro Paese hanno storie non troppo felici. In quei casi riparte l'esaltazione della contrapposizione».

Non si può tentare la strada della Bicamerale di D'Alema?
«Oggi non ne vedo le condizioni».

C'è chi scommette che la legge elettorale alla fine verrà cambiata a colpi di referendum?
«Il referendum può essere uno stimolo, una minaccia. Ma la soluzione operativa difficilmente può venire da lì. Spero nel lavoro parlamentare. So che i partiti avranno un confronto difficile. Ma la consapevolezza che la legge elettorale in vigore vada cambiata, perché esclude i cittadini dalla scelta diretta dei candidati, si va allargando. La prima volta che lanciai il tema, cominciarono i sospetti sul perché. Oggi non ne avanza più nessuno».

Partito democratico, lei in passato aveva una fama da frenatore. Oggi non teme che Ds e Margherita arrivino spappolati ai congressi della primavera?
«Nella Margherita dopo un ampio dibattito si è arrivati a due mozioni. Io avrei preferito una mozione unica. Ma nessun dramma, è la democrazia. Io sono un convertito: non ve devo strategicamente la necessità del Partito Democratico. Ma oggi lo vedo necessario anche per riprendere il bandolo delle riforme indispensabili per il Paese. Ne indico tre: 1) la riforma della pubblica amministrazione, centrale e periferica che è fortemente sollecitata pure dal mondo imprenditoriale perché ad essa è agganciata anche la possibilità di ripresa. 2) il rapporto tra flessibilità necessaria all'impresa e il limite al dilagare al lavoro precario che ormai interessa milioni di ragazzi. 3) non possiamo tornare a votare tra cinque anni o quando accadrà senza cambiare quel mostro di legge elettorale con cui abbiamo votato ad aprile».

Dica la verità, è ottimista su questa missione?
«Io ci credo. Ormai Margherita e Ds hanno fatto scelte praticamente irreversibili insieme. Lista unica alle europee, Ulivo alle politiche, gruppi unici alla Camera e al Senato. Nel Paese c'è un'attesa per questo sbocco. Faccio fatica a capire perché il processo si dovrebbe fermare. E poi non ho dubbi che se il Partito democratico nascesse favorirebbe una analogo processo anche nel campo del centrodestra. E questo sarebbe un bene»

Lei teme che l'adesione al Pse può diventare la tomba per il futuro partito dmocratico? Il democristiano Marini morirà socialista?
«Una forza politica nuova che rivoluziona così tanto la struttura politica del Paese richieda la libertà di un approdo nuovo in sede europea. E poi le radici che hanno alimentato i partiti che si mettono insieme sono tali che non è pensabile privilegiarne alcune. Quindi, bisogna fare uno sforzo di coerenza con il progetto che realizziamo e sollecitare in Europa una riorganizzazione che tenga conto della novità, bisogna trovare approdi nuovi e rispettosi di tutti».

Nell'opposizi one dicono che ormai nella maggioranza l'unico interlocutore rimasto è D'Alema. Marini non più?
«Mi pare riduttivo. Nella maggioranza ci sono altri interlocutori autorevoli: perché dovrebbero parlare con Marini che fa il presidente del Senato? Mica sono a capo di un partito...».

Berlusconi e l'ipotesi dell'abbandono della politica. Se accadesse, rischia questo bipolarismo?
«Non credo che Berlusconi lascerà. Me lo venga a chiedere quando avrà lasciato e le risponderò con ricchezza di argomentazioni».

Archivio degli articoli



Informazioni aggiuntive

FINE PAGINA

vai a inizio pagina