Il Presidente: Articoli

Lettera al quotidiano «Il Centro»

2 Luglio 2006

Caro Direttore,
prima di tutto, auguri. Li formula più che il presidente del Senato il fedele lettore abruzzese. Da venti anni, come lei sa, non mi privo mai della copia quotidiana del "Centro", anche quando sono a Roma. Una consuetudine entrata a far parte della mia vita. E a cui non intendo minimamente rinunciare... anche nei prossimi decenni.

Venti anni per un giornale sono pochi o sono tanti? Beh, proprio pochi non sono. Direi che la sfida lanciata nel 1986 è stata vinta. Abbondantemente. Oggi per me, ma non solo per me, riesce difficile immaginare l'Abruzzo senza il "Centro". Due storie che camminano insieme. Non era scontato che accadesse. Va a merito dell'editore averci creduto, aver "intrapreso" con coraggio puntando tutte le fiches sul futuro della regione e sul suo sviluppo, e va a merito dei direttori e dei redattori che in questi quattro lustri si sono dati da fare come matti. E qualcuno, venti anni fa, davvero li considerava dei matti a gettar sangue loro e soldi l'editore per un'iniziativa che non si preannunciava certo agevole. E oggi? Oggi il giornale ha ben sette edizioni, è l'interlocutore principale e sovente il pungolo dell'opinione pubblica abruzzese, catalizza le discussioni, promuove il confronto.

Non sta a me dire del ruolo svolto dal "Centro" nel movimentare il dibattito culturale, economico, politico della regione. Anche perché è sotto gli occhi di tutti.

Mi piace spendere qualche parola sulla scommessa iniziale, così convinta e volutamente trasparente da finire nella testata stessa, il "Centro". Si credeva che l'Abruzzo avesse le carte in regola per emergere da una condizione di arretramento del suo apparato produttivo e di disagio socio-economico individuata, non solo in via di metafora, come uscita dal Sud verso, appunto, il Centro. Sfida anche culturale, dunque. Provocazione forse. Certamente uno stimolo originale. Come possono attestare le pagine e pagine di dibattiti, discussioni, incontri e scontri di questi venti anni.

E' cambiato l'Abruzzo dal 1986 ad oggi? Naturalmente sì. Regione più moderna, più attrezzata nel suo asset di infrastrutture, più protagonista sul piano nazionale, direi anche più orgogliosa di se stessa e delle sue particolarità e potenzialità. Certo, le difficoltà del suo sistema produttivo si fanno sentire. Ma, pur senza volerne alleviare il peso negativo, esse sono condivise con l'intero apparato industriale italiano.

Sono fermamente convinto, però, che si possa dire con certezza che l'Abruzzo si è spostato definitivamente al "centro" del Paese. E lo ha fatto senza snaturarsi, senza cancellare o mortificare la sua natura di regione composita come del resto attestano proprio le sette edizioni locali del quotidiano. E del resto proprio questa caratteristica, preservata con intelligenza dalla classe dirigente della regione, sia quella politica che quella culturale, oggi può rivelarsi una nuova fiche da giocare, con ottime possibilità di vittoria, nella sfida produttiva di questo tempo postindustriale.

Mi è capitato di dirlo di recente nella giornata celebrata a Castel Del Monte sotto il titolo "Voler bene all'Italia": identità, cultura, saperi, sapori, tradizioni, natura possono essere insieme volano di un nuovo sviluppo, uno sviluppo di qualità e di rispetto dell'ambiente, di queste terre che i nostri padri e nonni attraversavano guidando le greggi. Non solo. Oggi poi, grazie alle infrastrutture immateriali, anche piccoli borghi apparentemente "scollegati" possono diventare sedi di produzioni di eccellenza o centri di servizi realizzati con tecnologie raffinate e, alla fine, poli di attrazione per investimenti che altrimenti potrebbero approdare altrove.

Sono sicuro che il "Centro" accompagnerà l'Abruzzo nell'affrontare altre nuove sfide. Come sono sicuro che noi lettori continueremo ogni mattina a cercare la nostra cara copia quotidiana.

Di nuovo auguri.

Franco Marini

Archivio degli articoli



Informazioni aggiuntive

FINE PAGINA

vai a inizio pagina