Il Presidente: Interventi in Assemblea e in occasioni istituzionali

L'Autorità, la privacy e gli altri valori

Discorso pronunciato dal Presidente Pera in occasione della relazione annuale al Parlamento dell'Autorità Garante per la protezione dei dati personali

20 Maggio 2003

Nell'ospitare la relazione 2002 dell'Autorità Garante per la protezione dei dati personali e nel porgere il saluto mio personale e del Senato, segnalo a tutti i presenti la grande attualità e l'acuto interesse di questa presentazione. Questa attualità è duplice: da un lato, essa riguarda il fondamento normativo dell'Autorità, dall'altro la sua attività e i problemi che essa si trova ogni giorno ad affrontare. Mi consento alcune poche considerazioni sull'uno e l'altro aspetto, solo a titolo di riflessione e senza voler interferire in particolare nei lavori del Parlamento, che tra poco dovrà esprimersi sul codice per la protezione dei dati che è attualmente al suo esame dopo essere stato approvato di recente dal Consiglio dei ministri.

1. Una tensione, italiana e europea

Parlare di Autorità della privacy significa parlare di Europa. È grazie ad una direttiva europea, la 95/46, recepita da una legge, la 675/96, che nasce l'Autorità garante. È in sede di Parlamento europeo che, nel campo della privacy, si sono prese alcune decisioni significative. È in Europa che opera il "Gruppo per la tutela delle persone con riguardo al trattamento dei dati personali", il quale costituisce la "rete" delle autorità nazionali. Ed è ancora in Europa - prima con la Convezione n.108 del Consiglio d'Europa, poi con la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, quindi con la Convenzione europea - che si dibattono, si affermano, si sanciscono quei diritti che sono il fondamento dell'azione della Autorità per la privacy - in primo luogo il diritto alla dignità della persona e, come sua conseguenza immediata, il diritto alla protezione dei dati personali.

Ancorché battezzata in Italia nel 1997, l'Autorità è dunque una creatura prevalentemente europea, anche se il concepimento delle autorità indipendenti - come spesso avviene per gli istituti di tutela della democrazia - è oltre Oceano, negli Stati Uniti. E si deve osservare che al momento del battesimo e più volte in séguito si è posto anche da noi il problema della veste istituzionale da attribuire all'organismo che, come è noto, sfugge alla classica tripartizione dei poteri.

Al pari di altre autorità, l'Autorità della privacy non è specificamente di natura giurisdizionale né di natura specificamente amministrativo-politica. È uno di quegli ibridi fortunati che l'evoluzione delle specie giuridiche produce a tutela della libertà dei cittadini. Un ibrido che, data la sua recente comparsa, risulta privo di esplicita copertura costituzionale - non a caso la questione si pose al tempo della Commissione bicamerale per le riforme istituzionali. Esso perciò, per sua stessa natura, è sottoposto a duplice tensione: da un lato, quella dell'organismo costituito che rivendica la propria piena autonomia, dall'altro lato, il Parlamento che, rappresentante della sovranità popolare, rivendica il potere di decisione sulle scelte di fondo delle Autorità e sull'equilibrio degli interessi che essi sono chiamati a tutelare.

Questa stessa tensione si riproduce a livello europeo. Anche qui, da un lato, esiste una tendenza delle Autorità nazionali a seguire gli orientamenti emergenti dall'ordinamento comunitario, dall'altro, esiste una rivendicazione degli ordinamenti nazionali, sempre gelosi delle proprie prerogative, specie quando tocchino questioni di diritti fondamentali, e poco inclini a concessioni verso istituzioni caratterizzate in senso più tecnocratico che democratico.

Non v'è chi non veda che questa seconda tensione è la stessa tensione fondamentale che oggi è al centro della discussione della costruzione europea. Essa riproduce quella distinzione fra metodo cosiddetto comunitario e metodo cosiddetto intergovernativo che l'Europa si trova attualmente di fronte, particolarmente dopo la doppia sfida che si è data, quella dell'integrazione politica e quella degli allargamenti. E dico, di ciascun metodo, "cosiddetto" a ragion veduta, perché organismi di governo che siano sottratti al circuito democratico diretto e alla conseguente sanzione politica immediata difficilmente possono dirsi "comunitari" in senso stretto, così come organismi che siano piuttosto giustapposizioni di volontà di singoli Stati, o, peggio, egemonie di alcuni su altri, difficilmente possono definirsi "intergovernativi".

Che a spingere nel primo senso, quello cosiddetto comunitario, siano organismi come le Autorità è comprensibile, data la loro natura di indipendenza; così come è comprensibile che a spingere nel secondo senso, quello cosiddetto intergovernativo, siano in particolare i Governi e i Parlamenti, data la loro funzione di rappresentanza delle volontà popolari.

Non è augurabile che su questo punto la disputa decada ad una controversia verbale o ideologica, come se dichiararsi per l'un metodo anziché per l'altro equivalga a distinzioni politiche fondamentali. Non è augurabile che si creda che un solo modello - neppure se battezzato "europeo" - sia preferibile a qualunque altro. È augurabile invece che, anche in questo caso, l'evoluzione delle specie istituzionali produca un ibrido fortunato che faccia crescere la coscienza europea e promuova il ruolo e il peso delle nuove istituzioni. Di tutto c'è bisogno in Europa, oggi, fuorché di logomachie e ideologie. Dobbiamo conciliare, contemperare, equilibrare, tutelare e rendere compatibili esigenze diverse e talvolta contrapposte.

2. L'equilibrio e la ragionevolezza

Conciliazione, contemperamento, compatibilità, equilibrio, tutela, sono concetti che sono al centro anche dell'attività della Autorità della privacy.

Anche in questo caso le esigenze da combinare sono diverse e spesso contrapposte, come sempre sono le tavole dei valori che la civiltà produce. Internet, che è uno dei temi su cui si concentra l'attenzione dell'Autorità, è un caso tipico.

Rispetto alle enormi possibilità e opportunità offerte da Internet, l'Autorità deve in primo luogo tutelare la riservatezza dei dati della persona. Tutti lo desiderano, anche perché intuitivamente tutti fanno coincidere la libertà con il rispetto di un luogo, quanto piccolo si vuole ma definito, di intimità, se non di segretezza. Ma ecco che questa filosofia intuitiva si scontra, nella nostra vita di ogni giorno, con esigenze pratiche. E genera dicotomie.

Voglio che la mia vita non sia messa in piazza, ma voglio anche che siano identificati i criminali che attentano alla mia persona e alle mie proprietà.
Voglio che non restino tracce di me, ma voglio anche che le tracce di chi viola le leggi siano utilizzate per punirli.
Voglio proteggermi da notizie o immagini indesiderate, ma voglio anche che le informazioni circolino il più possibile.
Voglio essere il solo artefice delle mie personali intraprese, ma voglio anche che lo sviluppo economico collettivo cresca.
Voglio restare isolato, ma voglio anche partecipare alle decisioni pubbliche ed esserne un soggetto attivo, un agente, non un oggetto o un agìto.

Rispetto a queste dicotomie e a molte altre, Internet garantisce il primo "voglio". La società civile, le associazioni, i Parlamenti, i Governi, le magistrature, l'Autorità della privacy sono chiamate a garantire il secondo. È un problema difficile, ma non è un problema nuovo, come talvolta si indulge a credere.

La dicotomia dei "voglio" si è prodotta ogni volta che la civiltà - quasi esclusivamente la civiltà occidentale - ha prodotto avanzamenti di conoscenza teorica e di tecniche dipendenti dalla conoscenza teorica. Il fenomeno - per riferirsi solo ai grandi casi - si è verificato con la scoperta della polvere pirica, delle plastiche, dell'energia atomica, delle bioingegnerie, e si verifica ogni giorno con le invenzioni più banali.

Come risolvere questa dicotomia? Credo che occorra richiamare l'attenzione su un punto: che una soluzione teorica non c'è, come non c'è un punto di equilibrio definito in sede intellettuale da trasferirsi in sede istituzionale e legislativa.

La ragione è semplice, anche se non mi pare sempre compresa e apprezzata. Le esigenze da combinare, conciliare, contemperare, equilibrare, tutelare, hanno ciascuna la stessa dignità; sono incommesurabili - nel senso tecnico che non esiste una stessa unità che le misuri tutte in modo unitario - e non possono essere ordinate in una scala gerarchica fissa. La privatezza è tanto importante quanto la sicurezza, la giustizia, l'informazione, la democrazia, lo sviluppo economico. Pensare, nelle questioni etiche, di ordinare gli incommensurabili equivale a ritenere che esiste un valore - il primo della scala - al quale possono essere sacrificati tutti gli altri. Ma un valore siffatto non esiste. Neppure la libertà lo è, e non a caso la si coniuga sempre con altri valori, come la pace, la giustizia, la sicurezza, eccetera.

Ma come si può allora contemperare tra incommesurabili egualmente fondamentali? Lo si può fare solo caso per caso, momento per momento. Se fosse previsto un santo patrono per le autorità della privacy d'Europa, ora che si parla delle comuni radici europee, e se potessi indicarne uno, suggerirei Aristotele. A differenza del suo maestro Platone, egli capì benissimo due cose: che la virtù è una medietà, un giusto mezzo; e che la medietà dipende dal contesto. Il coraggio, ad esempio, è la via di mezzo fra la codardia e la spavalderia; ed avere coraggio si può, ma non in assoluto o in ogni caso (ad esempio, si è coraggiosi in battaglia, mentre sarebbe assurdo dirsi coraggiosi quando si debba distribuire un bene), bensì in questo o quel caso, in questo o quel contesto (il perì ti, come lo chiamava Aristotele).

Questo serve a dire che l'attività dell'Autorità della privacy è, e deve restare, soprattutto di garanzia e controllo e che il rapporto fra Parlamento e Autorità deve proseguire e intensificarsi. E serve perciò a dire che, in questa attività, si deve evitare ogni unilateralismo o fondamentalismo, foss'anche il fondamentalismo della riservatezza dei dati. Vi sono circostanze determinate in cui la sicurezza, ad esempio contro il terrorismo, prevale sulla privacy, altre in cui la privacy prevale sul bisogno di giustizia o su altri bisogni, altre in cui accade invece l'inverso.

Per trovare, di volta in volta, un punto di equilibrio, per proteggere e non solo tutelare i diritti contrapposti, occorre una guida illuminata. Anche a questo proposito suggerirei Aristotele, là dove, accanto alla scienza che svolge le conseguenze (episteme) e alla saggezza che intuisce i princìpi (sofia), egli introduceva una terza virtù dell'anima, cioè la prudenza, la ragionevolezza (phronesis), l'equilibrio, appunto.

Il mio augurio all'Autorità garante è che essa continui proprio con quell'equilibrio da cui è caratterizzata e per cui essa è invocata e apprezzata.



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