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2 aprile 2024 | Numero 48
Segnalazioni → Autorità europea per la sicurezza alimentare
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Nella maggior parte dei Paesi che hanno ridotto l'uso di antibiotici è stata osservata una corrispondente diminuzione dei livelli di resistenza

Ridurre il consumo degli antibiotici negli esseri umani e negli animali. Così è possibile vincere la guerra contro i superbatteri

Ogni anno la resistenza agli antimicrobici causa la morte di oltre 35 mila persone nell'UE

I Paesi che hanno ridotto il consumo di antibiotici sia negli animali che negli esseri umani hanno registrato una diminuzione dei batteri resistenti agli antibiotici. È quanto emerge dal quarto rapporto congiunto sull'analisi integrata del consumo di agenti antimicrobici pubblicato dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC), dall'Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) e dall'Agenzia europea per i medicinali (EMA). Ne dà notizia l'EFSA (European Food Safety Authority) nel proprio sito.

La resistenza agli antimicrobici costituisce una grave minaccia per la salute pubblica e animale. Si stima che ogni anno la resistenza agli antimicrobici causi la morte di oltre 35 mila persone nell'Unione europea e nello Spazio economico europeo (UE/SEE) e rappresenti un onere significativo per i sistemi sanitari europei, con un costo approssimativo di 11,7 miliardi di euro all'anno, secondo l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economici (OCSE).

Il rapporto presenta dati acquisiti principalmente tra il 2019 e il 2021 sul consumo di antibiotici e sulla resistenza agli antimicrobici in Europa.
Per la prima volta nell'ambito di questo progetto, le tre agenzie hanno analizzato le tendenze sul consumo di antimicrobici e sulla resistenza agli antimicrobici per Escherichia coli (E. coli) negli esseri umani e negli animali destinati alla produzione alimentare. Hanno inoltre esaminato l'evoluzione di tali tendenze negli esseri umani e negli animali destinati alla produzione alimentare nel periodo 2014-2021. In questo arco di tempo il consumo di antibiotici negli animali destinati alla produzione alimentare è diminuito del 44%.

Dall'analisi effettuata dalle tre agenzie è emerso che i batteri del genere E. coli sia negli animali che negli esseri umani stanno diventando meno resistenti agli antibiotici. Ciò dimostra che le tendenze preoccupanti riguardanti la resistenza agli antibiotici possono essere invertite con le opportune misure politiche.

Il rapporto evidenzia che negli esseri umani l'uso di importanti classi di antibiotici, come i carbapenemi, le cefalosporine di terza e quarta generazione e i chinoloni, è associato alla resistenza a questi antibiotici in E. coli presente negli esseri umani. Parimenti l'uso di chinoloni, polimixine, aminopenicilline e tetracicline negli animali destinati alla produzione alimentare è associato alla resistenza a questi antibiotici nei batteri E. coli presenti negli animali.

La resistenza dei batteri negli esseri umani può essere legata a quella negli animali destinati alla produzione alimentare. Due esempi evidenziati dal rapporto rigurdano il Campylobacter jejuni e il Campylobacter coli, che possono trovarsi negli animali destinati alla produzione alimentare e trasmettersi alle persone mediante gli alimenti.

Per la prima volta il codice statistico utilizzato per effettuare queste analisi viene messo a disposizione del pubblico unitamente al rapporto, incoraggiando ulteriori analisi da parte di ricercatori e altri esperti interessati.

«Un minor uso di antibiotici nella produzione zootecnica paga: nella maggior parte dei Paesi che hanno ridotto l'uso di antibiotici abbiamo osservato una corrispondente diminuzione dei livelli di resistenza. Ciò significa che gli sforzi a livello nazionale servono. Inoltre ciò mette in evidenza l'impegno dell'UE a favore dell'approccio "One Health", salvaguardando sia la salute animale che quella pubblica mondiale», ha affermato Bernhard Url, direttore esecutivo dell'EFSA.


Confronto tra 29 Paesi europei del consumo di antimicrobici - corretto per la biomassa della popolazione (milligrammi per chilogrammo di biomassa stimata) - negli esseri umani e negli animali da produzione alimentare. I dati si riferiscono al 2021. Immagine dal rapporto citato in questa pagina.

La resistenza agli antimicrobici

Gli antimicrobici - ne sono un esempio gli antibiotici - sono sostanze usate per eliminare microrganismi o per interromperne la crescita e proliferazione. Sono comunemente usati in medicina umana e veterinaria per curare un ampio ventaglio di malattie infettive. Lo ricorda l'Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA).

La resistenza agli antimicrobici (AMR) è la capacità dei microrganismi di resistere ai trattamenti antimicrobici. L'uso scorretto o l'abuso di antibiotici sono considerati le cause della crescita e della diffusione di microorganismi resistenti alla loro azione, con conseguente perdita di efficacia delle terapie e gravi rischi per la salute pubblica. Un noto esempio di batterio che ha sviluppato la capacità di resistere a più antibiotici è lo Staphylococcus aureus meticillino-resistente (Meticillin-resistant Staphylococcus aureus, in breve MRSA).

I batteri resistenti possono diffondersi attraverso varie vie. L'AMR, se insorge in batteri zoonotici presenti in animali e cibi, può compromettere l'efficacia delle terapie delle malattie infettive nell'uomo.

Infografica interattiva nel sito EFSA.

L'EFSA (Autorità europea per la sicurezza alimentare) e l'ECDC (Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie) pubblicano ogni anno un rapporto scientifico congiunto.
L'ultimo: The European Union Summary Report on Antimicrobial Resistance in zoonotic and indicator bacteria from humans, animals and food in 2020/2022.