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Minerva Web
Rivista online della Biblioteca "Giovanni Spadolini"
A cura del Settore orientamento e informazioni bibliografiche
n. 28 (Nuova Serie), agosto 2015

Biblioteconomia partecipativa e formazione dei bibliotecari. Roma, 13 luglio 2015

Il 13 luglio si è svolto presso la Biblioteca nazionale centrale di Roma, per iniziativa dell'Associazione italiana biblioteche, il seminario su Biblioteconomia partecipativa e formazione dei bibliotecari (Participatory librarianship and LIS Education), centrato sulla formazione della facilitazione della conoscenza nell'ambito della Library and Information Science.

L'iniziativa si inscrive in una serie di appuntamenti con David Lankes, docente alla School of Information Studies della Syracuse University e autore del noto Atlas of New Librarianship (Cambridge MA; London, MIT Press, 2011; edizione italiana L'atlante della biblioteconomia moderna, a cura di Anna Maria Tammaro e Elena Corradini. Milano, Editrice bibliografica, 2014), a cui pure MinervaWeb ha dedicato a suo tempo una recensione (Nuova Serie, Ottobre 2011, n. 5); si veda anche Anna Galluzzi, Una mappa topica per la professione: l'atlante di R. David Lankes, "AIB Studi", 52, 2012, n. 1, pp. 69-76). Nel suo viaggio in Italia, Lankes ha incontrato numerosi bibliotecari e professionisti dell'informazione per workshop e colloqui sui temi dell'evoluzione delle biblioteche e della biblioteconomia nella società contemporanea (Community as Collection, Pistoia, Biblioteca S. Giorgio, 10 luglio; "Free The Librarians": The Future of Libraries through Community Engagement, con Alessia Zanin-Yost e Stefano Bargioni, American University of Rome, 14 luglio; The Changing Role of Librarians in Learning, Roma, Reale Istituto Neerlandese, 15 luglio, e Scuola di Biblioteconomia della Biblioteca Apostolica Vaticana, 22 luglio).

La nuova biblioteconomia proposta da Lankes, con un deciso cambio di prospettiva ("shift of agency") rispetto all'impostazione tradizionale, porta l'attenzione dalle istituzioni alle persone, dalle collezioni librarie alle comunità di riferimento, dalla comunicazione unidirezionale alle dinamiche di apprendimento partecipativo, dalle logiche di servizio a quelle di condivisione di saperi, in una visione di biblioteca come luogo di scambio tra diverse esperienze, e in un'interpretazione del ruolo del bibliotecario come parte dei processi di creazione della conoscenza nel contesto sociale ("Knowledge is uniquely human. Creating knowledge is learning. Knowledge is built through conversation").

Questo approccio trova la sua migliore sintesi nella fortunata immagine della "biblioteca come conversazione", espressa già in un documento programmatico di qualche anno fa:

"La conoscenza si crea tramite la conversazione. Le biblioteche sono nel business della conoscenza. Di conseguenza, le biblioteche sono nel business della conversazione. Alcune di queste conversazioni abbracciano millenni, mentre altre abbracciano solo pochi secondi. [...] In alcune conversazioni, c'è una trasmissione di idee da un autore a pubblici diversi. Alcune conversazioni sono rese visibili da un libro o da un video o da una pagina Web. [...] Le biblioteche devono partecipare attivamente alle conversazioni in corso sulle reti partecipative. [...] Le biblioteche, con la loro deontologia, il loro spirito di servizio, la loro conoscenza, senza pari, delle infrastrutture, hanno le carte in regola non solo per reagire all'innovazione tecnologica, ma per guidarla. Collegando l'applicazione, lo sviluppo e il miglioramento tecnologici alla missione di facilitare le conversazioni trasversali, le biblioteche possono ottenere enormi visibilità e risorse."

(Si cita da R. David Lankes; Joanne Silverstein; Scott Nicholson, Le reti partecipative: la biblioteca come conversazione. Prodotto per l'American Library Association's Office for Information Technology Policy. Traduzione a cura di Angela Di Iorio e Marialaura Vignocchi del Gruppo di studio sulle biblioteche digitali dell'Associazione Italiana Biblioteche. [2011]).

In ultima analisi, per Lankes, missione del bibliotecario è migliorare la società, fornendo accesso all'informazione, creando circostanze favorevoli al dispiegarsi del pensiero ("safe environment for dangerous ideas"), tenendo come baluardo i valori dell'apertura, della collaborazione, e di un tipo d'onestà intellettuale che non si rifugia dietro l'utopia della neutralità ma è consapevole che la cultura e la soggettività individuale operano come filtri rispetto al contesto, rendendo i mediatori agenti attivi di trasformazione. Il bibliotecario è chiamato ad interagire con i sogni - oltre che con i bisogni - della società, ad intuire ciò che la particolare comunità di riferimento vuole diventare, e ad aiutarla a puntare in quella direzione. In questo senso il bibliotecario è un formatore, che non insegna (o non necessariamente) attraverso i libri, ma che stimola gli interessi dei cittadini e li aiuta a costruire percorsi di conoscenza dei quali egli stesso è partecipe fruitore. La pervasività della missione del bibliotecario così intesa chiarisce anche il senso della "biblioteca partecipativa" (la participatory library oggetto dell'incontro), concetto inclusivo di fattori socioculturali, umani, psicologici, educativi e tecnologici, nell'ottica del life-long learning e nel panorama dei social media.

E le collezioni librarie, che a qualcuno sembrano sacrificate da una visione "cibernetica" del panorama informativo? Dichiarando di voler sostituire le collezioni con la comunità ("Community as Collection"), Lankes non intende negare che le raccolte librarie siano tuttora parte integrante di un servizio che gli utenti stessi richiedono, bensì sottolineare il ruolo dei documenti come strumenti - e non come fine ultimo - della conoscenza, e attribuirgli valore esclusivamente in ragione dell'uso che se ne fa; arrivando comunque a sostenere che solo svincolandosi gradualmente dalle collezioni fisiche i bibliotecari potranno garantirsi un futuro professionale.

Questo tipo di approccio, esposto da Lankes nei suoi scritti e ribadito anche nell'incontro del 13 luglio con toni sempre brillanti e accattivanti, ha suscitato nella comunità professionale un certo clamore a livello internazionale per le sue possibili applicazioni (specialmente al paradigma delle biblioteche di pubblica lettura), generando tanti entusiasmi quante perplessità. In Italia in particolare, dove la "nuova biblioteconomia" lankesiana ha stimolato un vivo interesse, si è d'altra parte sostenuta la difficoltà di importarne le acquisizioni in un contesto nazionale distante per mentalità, cultura, storia, politiche amministrative.

Lankes è però abituato a rispondere a questo genere di critiche, nonché a un certo scetticismo di fondo, talvolta espresso da chi lavora nelle biblioteche, sulle prospettive di cambiamento; un atteggiamento che cerca di prevenire con le sue argomentazioni. Alle molte domande poste dal pubblico al termine della mattinata seminariale, durante una sessione coordinata da Simona Turbanti e Anna Galluzzi, Lankes replica invitando a riflettere sul rapporto tra bibliotecario e comunità in termini di impegno (engagement) e a definire la comunità sulla base non tanto dei suoi interessi quanto delle sue esigenze. Ai dubbi circa le concrete possibilità di cooperazione istituzionale (peraltro in tempi di crisi economica) tra biblioteche che, nella visione di Lankes, dovrebbero essere via via meno legate alle istituzioni, egli contrappone l'idea che la reputazione delle istituzioni si costruisca attraverso quella delle persone che le animano. Soprattutto, alla fondamentale osservazione che le biblioteche europee non sono storicamente paragonabili a quelle statunitensi (il principale contesto di riferimento di Lankes), le quali nacquero a inizio Ottocento da un movimento sociale "dal basso", ribatte che forse, dopo circa due secoli, è arrivato il momento di creare pure in Europa un movimento sociale per il rinnovamento delle biblioteche e per il democratico accesso all'informazione, anche in risposta alla crisi economica.

Al di là delle possibili posizioni soggettive di adesione o di dissenso, va riconosciuto a Lankes, tra gli altri meriti, quello di aver formulato una teoria coerente, un modello interpretativo della funzione bibliotecaria nella complessità della "società dell'informazione". L'idea militante della professione bibliotecaria e le costanti esortazioni al cambiamento dei paradigmi e delle pratiche si prestano inoltre a forgiare nuove generazioni di professionisti che, più consapevoli del loro ruolo sociale, davvero possano in qualche misura "migliorare il mondo" - come auspica Lankes - "through learning and understanding". Del resto, alcune esortazioni ad espandere la propria visione del mondo adeguandola ai nuovi contesti, suonano come una trasposizione aggiornata delle formule che qualche decennio fa hanno introdotto quel progressivo slittamento del focus dalle collezioni ai servizi e, in ultima analisi, agli utenti: un cambio di mentalità che poteva sembrare rivoluzionario nel contesto italiano di allora, ma che è stato infine accettato e diffuso. Lo stesso Lankes, ricordando nel corso del dibattito che l'esperienza fatta finora è utile a porre le basi per andare oltre, parla del proprio modello di biblioteconomia in termini di evoluzione, più che di innovazione.

Alla lezione di Lankes hanno fatto da cornice alcuni contributi della comunità professionale italiana. Il programma della mattinata - dopo i saluti di Andrea De Pasquale, Direttore della Biblioteca nazionale centrale di Roma e di Enrica Manenti, Presidente AIB - è stato introdotto da Anna Maria Tammaro, membro del Comitato esecutivo nazionale dell'AIB e co-curatrice dell'edizione italiana dell'Atlas of Librarianship. La Tammaro, cui si deve anche un'utile sintesi online delle Conversazioni italiane con David Lankes, ha contestualizzato l'incontro nel panorama attuale della formazione permanente cui sono chiamati i professionisti dell'informazione, superando l'impostazione (talvolta prevalente nelle logiche decisionali) che tuttora lega la biblioteconomia nostrana a un'idea ormai obsoleta di gestione di "beni culturali".

Dopo la conferenza principale, gli interventi di Federica Marangio (collaboratrice alla traduzione italiana dell'Atlas of Librarianship) ed Elena Corradini (co-curatrice dell'edizione), hanno fornito qualche spunto per le possibili applicazioni dell'approccio di Lankes alla realtà italiana, suggerendo ad esempio una promozione delle attività della biblioteca con più enfasi sugli aspetti qualitativi e orientata a intraprendere progetti con la comunità territoriale nei settori in cui la biblioteca si è specializzata.

Nel pomeriggio, la Discussione sulle linee guida per la formazione continua AIB, condotta dai membri dell'Osservatorio Formazione, ha riportato il focus sulle questioni dell'apprendimento permanente che rappresentano oggi uno dei centri nevralgici dell'azione dell'AIB, chiamata dai recenti sviluppi del quadro normativo (in particolare per la L. 4/2013, Disposizioni in materia di professioni non organizzate) a esercitare un ruolo di certificazione delle competenze dei professionisti dell'informazione. In particolare, sono stati commentati i risultati dell'Indagine sul fabbisogno formativo condotta dall'AIB tra i propri associati per rilevarne gli interessi di apprendimento, tramite il confronto dei dati emersi dall'edizione del questionario del 2012 e da quella del 2014. Anche in quest'ambito la strada tracciata è ancora all'inizio e l'auspicio - formulato da Anna Maria Tammaro - è quello che il network internazionale creato in occasioni come la tournée italiana di David Lankes possa stimolare un progressivo adeguamento della cultura italiana (per quanto attiene sia ai contenuti della disciplina e della pratica biblioteconomica, sia al metodo e alla mentalità dell'apprendimento permanente) alle nuove sfide della società contemporanea.

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