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Minerva Web
Rivista online della Biblioteca "Giovanni Spadolini"
A cura del Settore orientamento e informazioni bibliografiche
n. 25 (Nuova Serie), febbraio 2015

Per una geografia storico-economica. La Germania (Parte quarta: dal 1945 al 1989)

Abstract

La sconfitta subita dal Terzo Reich nel conflitto mondiale portò alla nascita di due nuovi stati tedeschi, l'uno capitalista (quello occidentale, sottoposto all'influenza statunitense) e l'altro comunista (quello orientale, sottoposto all'influenza sovietica). La Germania occidentale si riprese presto dalle distruzioni belliche (anche grazie alla rinuncia delle potenze occidentali a esigere cospicue riparazioni), raggiungendo poi un elevato livello di sviluppo (in virtù d'una politica tesa a favorire investimenti ed esportazioni). Solo negli anni settanta essa dovette affrontare un periodo di difficoltà, che superò attraverso una profonda ristrutturazione del suo sistema industriale. La Germania orientale, invece, scontò dapprima l'obbligo di contribuire alla ricostruzione dell'economia sovietica e successivamente i problemi che derivarono dall'introduzione della pianificazione economica. Quando poi, a partire dagli anni settanta, andò crescendo il suo indebitamento nei confronti dell'Occidente, per ridurre le proprie necessità finanziarie il governo operò dei tagli agli investimenti che determinarono un progressivo degrado delle strutture produttive nazionali.

cartina Germanie1. La ricostruzione nella Repubblica Federale Tedesca

2. L'economia della RFT negli anni cinquanta e sessanta

3. L'economia della RFT negli anni settanta e ottanta

4. La RDT dal dopoguerra alla costruzione del muro

5. La RDT dagli anni sessanta agli anni ottanta

6. Riferimenti e approfondimenti bibliografici

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1. La ricostruzione nella Repubblica Federale Tedesca

La sconfitta nel secondo conflitto mondiale avviò sin dal 1945 la parte occidentale e quella orientale della Germania a diversi destini, l'una venendo inglobata nell'area d'influenza americana e l'altra in quella sovietica. La separazione fra le due aree fu sancita nel 1949 dalla costituzione di due stati indipendenti. Da allora sino al termine della guerra fredda esistettero così due Germanie: l'una capitalista e l'altra socialista.

La parte della Germania che fu occupata dalle potenze alleate (e che dal 1949 costituì la Repubblica Federale Tedesca) riuscì in pochi anni a lasciarsi alle spalle la difficile situazione del dopoguerra, intraprendendo un percorso di crescita che nell'arco d'un ventennio l'avrebbe condotta a un notevole livello di sviluppo. Secondo Aldcroft (2004), determinante nel consentire questa ripresa fu il clima della guerra fredda, che indusse le potenze occidentali a considerare la Germania come un utile alleato - e quindi come un paese che andava aiutato a risollevarsi - anziché come un nemico sconfitto, la cui forza andava ridimensionata il più possibile per evitare che tornasse a minacciarle in futuro. Così, se subito dopo la guerra i vincitori avevano imposto alla Germania pesanti riparazioni, ben presto gli alleati attenuarono l'entità di quelle ad essi dovute, riducendo notevolmente la portata dal piano di smantellamento di impianti industriali ch'era parte integrante di esse. Gli Stati Uniti, inoltre, inclusero la RFT fra i destinatari degli aiuti erogati tramite il piano Marshall.

La ripresa dell'economia tedesco-occidentale fu accelerata anche dalla riforma monetaria del 1948. Alla fine della guerra la circolazione monetaria risultava sovrabbondante rispetto alla disponibilità di beni; ciò determinava pressioni inflazionistiche, il cui contenimento richiedeva razionamenti e controlli di prezzi, che però risultavano d'intralcio alle attività economiche. La riforma istituì un nuovo marco, nel quale venne convertito il vecchio (con un rapporto di circa 1 a 10); ciò consentì l'abolizione dei controlli ora menzionati, la quale a sua volta favorì la ripresa delle attività imprenditoriali.

La riforma monetaria rischiava di ristabilire una situazione analoga a quella dei tardi anni venti e dei primi anni trenta, caratterizzata cioè da una scarsa disponibilità di capitali per investimenti. Questo pericolo tuttavia non si concretizzò. Dalla ricostruzione che offrono Aldcroft (2004) e Berend (2008) del periodo della ricostruzione, difatti, emerge che la scarsa liquidità delle imprese da una parte fu attenuata tramite la concessione di prestiti e dall'altra fu compensata tramite l'effettuazione di massicci investimenti pubblici. Tali interventi furono finanziati inizialmente sfruttando i cospicui aiuti statunitensi e successivamente praticando una politica fiscale che garantì allo stato elevati introiti. La ricostituzione della liquidità delle aziende fu favorita anche tramite una politica di compressione dei salari, che mantenne elevato il livello dei profitti.

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2. L'economia della RFT negli anni cinquanta e sessanta

Come già accennato, una volta terminata la fase della ricostruzione per la Germania ebbe inizio un periodo di forte crescita economica, che si protrasse sino al termine degli anni sessanta. Tale crescita ebbe quali protagoniste, come già era avvenuto in passato, un numero limitato di grandi imprese industriali. Come spiega Hardach (1980), nell'immediato dopoguerra l'industria aveva subito una riorganizzazione che in nome del principio della libera concorrenza aveva condotto alla deconcentrazione di vari suoi settori e all'imposizione del divieto degli accordi di cartello; ma ciò nonostante il grado di concentrazione proprietaria tornò presto a crescere, così come sorsero nuovamente attività di cooperazione e coordinamento fra le diverse aziende. A parere dell'autore, la crescita dimensionale delle imprese e la limitazione della concorrenza interna ebbero effetti positivi sul loro sviluppo, in quanto elevarono il livello dei profitti da esse conseguiti e dunque ne accrebbero la capacità d'investimento.

Hardach (1980) indica pure un ulteriore fattore che fu all'origine della ripresa dello sviluppo: il rapido reinserimento della Germania occidentale nel commercio internazionale. Questo fu tenacemente perseguito dai governi del dopoguerra, tramite misure di promozione delle esportazioni, una politica monetaria tesa a evitare il rafforzamento del marco e il già citato contenimento del costo del lavoro; ma naturalmente pesò anche la capacità dell'industria nazionale di fornire una serie di prodotti dei quali in quella fase v'era grande richiesta (macchinari per l'industria, autoveicoli, apparecchiature elettriche, prodotti chimici).

Proprio in merito agli ambiti in cui si svolgeva l'attività industriale tedesco-occidentale, è da sottolineare come la nuova fase di sviluppo fu segnata non soltanto da un'espansione della produzione, ma anche da una sua riqualificazione. Berend (2008) infatti spiega come nel corso degli anni alcuni settori un tempo trainanti (la siderurgia, il tessile, l'alimentare) andassero perdendo importanza, in favore di altri (quali la chimica e la meccanica). Questa trasformazione consentì alla Germania d'essere presente in forze nei mercati che più si stavano sviluppando.

Accanto alla forte concentrazione dell'industria, un altro elemento di continuità con l'anteguerra fu rappresentato dalla forte presenza dello stato nell'economia. Come riferiscono Berend (2008) e ancora Hardach (1980), nella RFT aziende di proprietà pubblica operavano in regime di monopolio in comparti quali i trasporti, le comunicazioni e in generale i servizi di pubblica utilità, mentre altre operavano in competizione con quelle private in ambiti quali l'industria mineraria ed energetica, la siderurgia, la meccanica, l'edilizia, la cantieristica e la chimica. Inoltre lo stato, attraverso i suoi tre livelli di governo (federale, regionale e locale), esercitava importanti funzioni d'indirizzo e di controllo sull'attività degli operatori privati: esso, ad esempio, operava quale supervisore degli accordi di cartello che continuavano ad essere praticati in molti settori (agricoltura, servizi abitativi, trasporti, banche e assicurazioni). Per la verità, il peso degli elementi dirigisti nella politica economica nazionale non si mantenne costante nel tempo: se nei tardi anni cinquanta esso andò crescendo, per effetto d'un'accentuazione degli investimenti pubblici e delle misure di pianificazione, nel decennio successivo si ebbe invece una sua attenuazione, derivante dal compimento di alcune privatizzazioni. L'esistenza di simili oscillazioni, comunque, non contraddice il quadro complessivo ora tratteggiato.

Ancora in merito a questo periodo, è da rilevare come l'indubbia riuscita economica che in esso conobbe il paese non impedì che si levassero anche delle voci critiche circa la validità del modello di sviluppo seguito. Hardach (1980) riferisce difatti come si siano frequentemente posti in rilievo alcuni caratteri negativi che l'avrebbero segnato, quali le forti disuguaglianze di ricchezza venutesi a creare, la lentezza con cui le condizioni economiche dei lavoratori e le tutele offerte loro dallo stato andarono migliorando, o ancora la concentrazione del potere economico nelle mani d'un numero limitato di soggetti, in grado di esercitare forti pressioni sul potere politico; e conclude sostenendo egli stesso che nel suo paese il progresso economico e il progresso sociale non marciarono alla stessa velocità. Ciò d'altronde è testimoniato dal divampare della protesta popolare che segnò il biennio 1968-69: a parere di Gehler (2013), le lotte sociali di quel periodo costituirono infatti una reazione ai disagi provocati dall'inadeguata offerta di servizi che ancora si registrava in molti campi (alloggi, istruzione, trasporti).

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3. L'economia della RFT negli anni settanta e ottanta

Al ventennio di forte sviluppo ora descritto fece seguito un periodo quasi altrettanto lungo di difficoltà. In merito, va peraltro precisato che gli anni settanta e i primi anni ottanta costituirono per tutti i paesi occidentali una fase di rallentamento della crescita. Nel ricostruire quel periodo, Gehler (2013) spiega che la RFT scontò la crescita del prezzo del petrolio, che determinò una lievitazione dei costi di produzione industriali, e l'acuirsi della competizione internazionale, determinato dall'emergere di nuovi concorrenti sia nei comparti più avanzati (nei quali le industrie giapponesi stavano facendo valere la loro capacità di ricerca tecnologica), sia in uno tradizionale quale il tessile (nel quale si stavano inserendo i paesi del Terzo mondo, che potevano contare su un basso costo del lavoro). Il culmine della crisi fu raggiunto nella prima metà degli anni ottanta: dopo che nel 1979 il numero dei disoccupati aveva raggiunto il livello già elevato di 1,3 milioni di unità, successivamente crebbe ancora, sino a toccare nel 1984 la quota di 2,2 milioni.

Come riferisce Berend (2008), la risposta immediata del governo alle difficoltà che si stavano profilando fu semplicemente l'erogazione di sussidi ai settori maggiormente in crisi, finalizzata a rallentarne il declino. Il tempo così guadagnato, tuttavia, fu poi sfruttato dallo stato e dall'imprenditoria per realizzare una profonda ristrutturazione dell'apparato industriale, che portò fra gli anni settanta e ottanta al potenziamento dei settori in cui era maggiormente competitivo (la meccanica e la chimica), nonché a un suo generale rinnovamento tecnologico. Per questa via si riuscì a salvaguardare la capacità complessiva dell'industria nazionale di fronteggiare la concorrenza internazionale.

Gli anni settanta furono segnati anche da una ridefinizione del ruolo dei lavoratori in seno alle imprese. Già nel 1952 - rileva Berend (2008) - i sindacati erano stati posti in condizione di partecipare alle decisioni riguardanti l'occupazione e le condizioni di lavoro, mediante l'istituzione dei consigli d'azienda; ma in questa fase fu compiuto un ulteriore passo in tale direzione, evidentemente perché il nuovo governo a guida socialdemocratica (la SPD aveva vinto le elezioni del 1969) vide nel coinvolgimento dei lavoratori nei processi decisionali delle imprese uno strumento utile al miglioramento delle loro condizioni e al mantenimento della pace sociale. Secondo la ricostruzione di Gehler (2013), il dibattito politico sul principio della cogestione ebbe inizio nei primi anni settanta; ma fu solo nel 1976, dopo un lungo confronto fra i partiti, che si riuscì a fissarlo per legge. La norma che fu allora varata impose che nelle imprese con oltre duemila dipendenti venissero istituiti dei consigli di sorveglianza formati da rappresentanti degli azionisti e dei lavoratori, in modo da promuovere una stabile collaborazione fra padronato e sindacato nella conduzione delle medesime. Questa riforma non è mai stata oggetto di ripensamenti, ragion per cui la pratica della cogestione ha poi continuato a caratterizzare sino ai nostri giorni la gestione delle grandi imprese tedesche.

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4. La RDT dal dopoguerra alla costruzione del muro

La vita economica della parte orientale della Germania fu pesantemente condizionata, nel primo decennio successivo alla fine della guerra, dalle riparazioni imposte dall'Unione Sovietica. Questa difatti, essendo uscita stremata dal conflitto, non poté imitare la politica americana di alleggerimento degli oneri inizialmente imposti al nemico sconfitto, ma all'opposto fu obbligata a mantenerli a lungo immutati, in modo da potersi procurare per loro tramite risorse pecuniarie e tecnologiche. Al riguardo, Aldcroft (2004) spiega che le riparazioni corrisposte dalla Germania orientale andarono estinguendosi solo nel corso degli anni cinquanta e che ammontarono a una quota del suo prodotto nazionale lordo oscillante nel tempo fra il 10 e il 15 per cento. Secondo Mahlert (2009), il pagamento dei danni di guerra prese inizialmente la forma degli smontaggi di impianti industriali; fra il 1947 e il 1948 questi cessarono, ma la proprietà di oltre duecento imprese venne trasferita all'URSS, che poté così incamerarne produzione e profitti. Nel 1949, quando venne costituita formalmente la Repubblica Democratica Tedesca, tali imprese vennero poi cedute al nuovo stato comunista, il quale però rimase obbligato per diversi anni a garantire all'Unione Sovietica delle forniture di beni industriali.

Obiettivo fondamentale della politica governativa dell'immediato dopoguerra fu l'introduzione della pianificazione economica: riferisce Gehler (2013) che essa si ebbe subito dopo la fondazione del nuovo stato e che il primo piano quinquennale trovò attuazione fra il 1951 e il 1955. Quest'ultimo pose l'accento soprattutto sulla produzione di energia e di macchinari, sulle attività chimiche e sullo sviluppo dell'industria pesante. Gli obiettivi da esso fissati vennero raggiunti; ma tale successo avvenne al prezzo d'un inasprimento dei ritmi di lavoro (mediante il quale furono conseguiti i necessari incrementi di produttività) e della rinuncia a promuovere la produzione dei beni di consumo, in ultima analisi dunque a spese del benessere dei cittadini.

Parallelamente alla pianificazione dell'economia fu realizzata la sua socializzazione. In ambito industriale, questa fu favorita in parte dal citato conferimento della proprietà di molte imprese all'Unione Sovietica (che poco tempo dopo, come s'è detto, portò alla loro restituzione non ai precedenti titolari, bensì allo stato tedesco-orientale) e in parte dalla fuga di molti imprenditori verso la RFT, che lasciò diverse altre aziende prive di proprietari. Di questo fenomeno tratta Mahlert (2009), il quale lo considera una reazione ai numerosi processi intentati contro industriali accusati di sabotare la pianificazione. Questo autore scrive anche dell'azione che fu condotta contro le piccole imprese artigiane, nell'intento di sostituire ad esse delle cooperative: per conseguire questo obiettivo, la sopravvivenza delle aziende individuali venne resa difficile tramite l'elevazione della pressione fiscale sui loro conduttori. In campo agricolo si ebbe subito dopo la guerra una riforma agraria, che portò all'esproprio delle grandi proprietà terriere. Secondo la ricostruzione di Gehler (2013), inizialmente tali proprietà vennero divise fra gli agricoltori, in modo da far sorgere una possidenza contadina diffusa; ma a partire dal 1950 l'obiettivo del governo divenne quello di far venir meno la proprietà individuale, facendo sorgere anche in questo caso delle grandi cooperative di produzione. Il progetto originario del governo prevedeva che tali cooperative avrebbero dovuto formarsi in seguito ad adesioni spontanee dei contadini; ma queste rimasero troppo esigue, sicché alla fine del decennio cominciarono ad essere effettuate delle pressioni anche su di essi.

Stando a quanto scrive Aldcroft (2004), nella seconda metà degli anni cinquanta la situazione economica del paese andò migliorando, in quanto la fine delle riparazioni consentì il varo d'un consistente programma d'investimenti. A sua volta, Mahlert (2009) rileva come alla fine del decennio fosse in atto un sensibile miglioramento delle condizioni di vita, grazie allo sviluppo della produzione di beni di consumo e ai progressi che si stavano ottenendo sul fronte dei servizi sociali. Questo autore, tuttavia, sottolinea anche come lo sviluppo della produzione industriale per il mercato interno fosse ancora frenato da una serie di fattori, quali il persistere di forniture dovute all'URSS, la priorità accordata allo sviluppo dell'industria bellica (derivante dall'obbligo di contribuire al sistema di difesa sovietico), la necessità di esportare beni per procurarsi valuta estera, nonché le difficoltà che incontravano i responsabili della pianificazione nel quantificare esattamente il fabbisogno nazionale di ciascun prodotto e nel distribuire correttamente la produzione sul territorio. Anche il progresso dell'agricoltura incontrava ancora delle difficoltà: la collettivizzazione forzata delle campagne stava infatti danneggiando la produzione alimentare, vuoi a causa dei problemi organizzativi che faceva sorgere, vuoi perché aveva innescato una fuga di massa dei contadini verso l'Ovest. Proprio la necessità di contenere la massiccia emigrazione fu all'origine della decisione, posta in essere il 13 agosto 1961, di isolare il settore occidentale di Berlino (costituente la principale via d'accesso alla RFT), dapprima mediante sbarramenti provvisori e successivamente tramite l'erezione d'un muro.

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5. La RDT dagli anni sessanta agli anni ottanta

Il miglioramento del tenore di vita rilevato da Mahlert (2009) nei tardi anni cinquanta proseguì nel decennio successivo: secondo lo stesso autore, in tale periodo si ebbero al tempo stesso una persistente crescita della produzione di beni di consumo e una riduzione dell'orario di lavoro (fenomeno che testimonia un incremento della produttività del lavoro e dunque una modernizzazione dell'apparato industriale). Ulteriori progressi vennero poi compiuti nella prima metà degli anni settanta, in virtù del miglioramento dei servizi offerti dallo stato e dei provvedimenti che furono presi per contenere il costo della vita: all'epoca furono infatti compiuti investimenti nei settori dell'istruzione, della sanità e dell'edilizia; vennero elevati salari, pensioni e assegni familiari; e furono calmierati i prezzi dei beni alimentari e dei principali servizi (elettricità, acqua). L'incremento della spesa pubblica che queste politiche comportarono, tuttavia, superò largamente quello delle entrate dello stato consentito dal progresso dell'economia: il finanziamento delle medesime dipese pertanto in larga misura dalla disponibilità dei paesi occidentali a concedere prestiti alla RDT. Il ricorso a prestiti esteri finì per porre la Germania Est in una condizione difficilissima dal punto di vista finanziario, in quanto essa non riuscì mai ad estinguerli e fu pertanto costretta a contrarne sempre di nuovi, non soltanto per continuare a offrire ai cittadini i benefici che aveva preso a garantire, ma anche per pagare gli interessi sui prestiti già esistenti.

Secondo Maier (1999), all'origine di questa politica vi fu la volontà della classe politica tedesco-orientale di mantenere il più possibile ridotto il divario esistente nei confronti della RFT dal punto di vista del livello di benessere economico, in modo da evitare un eccessivo diffondersi dello scontento fra la popolazione. Una volta che non parve più possibile conseguire questo risultato tramite lo sviluppo dell'apparato produttivo si fece perciò ricorso all'indebitamento. In questo modo, però, l'economia della RDT finì prigioniera d'un circolo vizioso, in quanto la necessità di arginare la crescita del debito indusse il suo governo a perseguire una politica di contenimento degli investimenti, la quale limitò ulteriormente la capacità della sua economia di progredire. Alla fine degli anni ottanta, in molti settori le imprese erano costrette a servirsi di macchinari così invecchiati da risultare non soltanto tecnologicamente antiquati, ma addirittura malfunzionanti, con gravi ricadute sulla loro capacità produttiva oltre che sulla qualità dei beni prodotti.

Sul rallentamento dello sviluppo economico che si ebbe a partire dagli anni settanta influì anche un ulteriore irrigidimento delle strutture produttive, provocato dalla scomparsa della maggior parte dei piccoli imprenditori e delle aziende partecipate dallo stato ancora esistenti. Riferisce in proposito Mahlert (2009) che nel 1972 fu deciso di trasformare anche questi soggetti in membri di cooperative e in aziende completamente pubbliche, al fine di sradicare le ultime sopravvivenze del sistema capitalista; e che l'impatto di questa riforma sugli assetti dell'industria nazionale fu notevolissimo, in quanto all'epoca ancora il 40 per cento dei beni di consumo risultava prodotto da tali operatori.

Il declino economico della Germania Est fu comunque rallentato dal sostegno che essa continuò a ricevere, sino alla fine degli anni ottanta, dall'Unione Sovietica. Maier (1999) spiega difatti che la seconda acquistava a prezzi assai elevati i prodotti manifatturieri della prima e le vendeva a condizioni favorevoli il proprio petrolio. Quest'ultimo veniva trasformato dall'industria tedesco-orientale in prodotti chimici, che in virtù del loro modico prezzo d'acquisto (consentito proprio dalla modestia di quello connotante il petrolio oggetto di lavorazione) trovavano sbocchi commerciali a occidente; in tal modo la RDT si procurava valuta straniera utile ad acquistare dai paesi capitalistici merci che non riusciva a produrre in proprio, limitando in qualche misura la necessità d'indebitarsi presso quegli stessi paesi. Nella seconda metà degli anni ottanta, tuttavia, l'URSS fu spinta dalle proprie difficoltà economiche a rivedere gli accordi con la RDT e infine a decretare dopo il 1990 la fine di questo regime di commercio sussidiato.

Proprio nei tardi ottanta fu comunque effettuato un estremo tentativo di rilanciare l'economia nazionale, concentrando le poche risorse disponibili nel settore informatico e applicando le competenze che si andavano acquisendo in tale ambito alla produzione di macchine utensili (la quale nell'industria tedesco-orientale aveva grande rilevanza). Come spiega ancora Maier (1999), i risultati conseguiti furono assai modesti dal punto di vista del rapporto qualità-prezzo connotante queste nuove produzioni; ma i promotori di questo piano di sviluppo contavano sulla condizione di monopolio di cui i prodotti nazionali avrebbero goduto nel blocco comunista, la quale avrebbe consentito loro di raggiungere elevati livelli produttivi e quindi di conseguire forti economie di scala e notevoli profitti (reinvestibili nella produzione). Per questa via si riteneva di poter dare vita, col tempo, a produzioni competitive con quelle occidentali sui mercati internazionali, riducendo così la dipendenza del paese dal credito estero e ponendo al riparo almeno una parte dell'industria nazionale dall'ormai sicuro venir meno dei rapporti commerciali privilegiati con l'Unione Sovietica. L'attuazione di questo progetto fu tuttavia stroncata, dopo pochi anni, dalla scomparsa delle condizioni politiche per essa necessarie: dopo il 1989, difatti, non soltanto i paesi dell'Europa orientale cessarono di costituire uno sbocco commerciale protetto per la RDT, in ragione della caduta dei locali regimi comunisti e del conseguente reinserimento di tali paesi nel mercato mondiale, ma lo stesso regime comunista tedesco-orientale cessò di esistere. Il difficile compito di ristrutturare e rilanciare l'economia della Germania orientale ricadde così sul governo della Germania federale, divenuto con la riunificazione espressione dell'intera nazione tedesca.

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6. Riferimenti e approfondimenti bibliografici

Per una geografia storico-economica. La Germania (Parte quarta). Percorso bibliografico nelle collezioni della Biblioteca. Si suggerisce inoltre la ricerca nel Catalogo del Polo bibliotecario parlamentare e nelle banche dati consultabili dalle postazioni pubbliche della Biblioteca.

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