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Minerva Web
Rivista online della Biblioteca "Giovanni Spadolini"
A cura del Settore orientamento e informazioni bibliografiche
n. 59 (Nuova Serie), ottobre 2020

La voce dei giornalisti sull'attività culturale della Biblioteca del Senato sotto la presidenza di Sergio Zavoli / Stefano Folli, Massimo Franco, Marco Tarquinio

1. Negli ultimi anni il Sen. Zavoli, quale Presidente della Commissione per la Biblioteca e l'Archivio storico del Senato, ha dato impulso a una serie di seminari aperti al pubblico e ospitati nella Biblioteca del Senato, riunendo varie personalità del mondo della cultura per riflettere sul futuro del libro, sul rapporto tra scienza e umanesimo e tra politica e parola, sulla ricerca della felicità.

Come ricorda il clima che si creava in queste occasioni di dibattito, o quale stimolo o riflessione ne ha personalmente tratto?

E come valuta l'offerta della Biblioteca del Senato e del Polo bibliotecario parlamentare, per la ricerca e la documentazione ma anche alla luce delle attività di promozione culturale portate avanti in quegli anni?

Stefano Folli - È straordinaria la passione civile con cui Sergio Zavoli si è dedicato alla Biblioteca del Senato, in quello che è stato il suo ultimo incarico parlamentare. Zavoli era fiero e orgoglioso del suo essere Senatore, lo viveva come un riconoscimento del suo antico amore per le istituzioni e per la democrazia repubblicana; al tempo stesso viveva il mandato come un impegno serio a favore del cittadino, con quel senso pedagogico del vivere che fu sempre una cifra caratteristica del grande giornalista. Si potrebbe dire che Zavoli ha presieduto la Biblioteca come avrebbe diretto un giornale: con la stessa attenzione a individuare i temi giusti, a raccogliere un ventaglio di opinioni, a favorire con ogni mezzo lo scambio delle idee e il germogliare di un interesse culturale. I convegni da lui promossi sono serviti soprattutto a questo, a restituire alla politica una dimensione morale, uno spessore storico. In definitiva a riavvicinare l'opinione pubblica alle istituzioni e viceversa, cioè il Parlamento alla realtà del paese.
La Biblioteca del Senato risponde egregiamente alle ragioni per cui è stata creata. È un polo culturale indispensabile per chi vive nelle istituzioni o accanto a esse. Il merito va a tutti i funzionari che vi lavorano, a cominciare dal Direttore. Lo spirito di squadra è evidente, come sono innegabili i progressi compiuti anno dopo anno per corrispondere alle attese del legislatore. Ecco perché il ricordo del Sen. Zavoli resterà incancellabile. La cultura e la politica, viste nel loro nesso inscindibile, trovano oggi nella Biblioteca un punto di riferimento ideale.

Massimo Franco - Ricordo un clima di grande affabilità e insieme di livello culturale e politico mai banale né superficiale. Sergio Zavoli aveva una straordinaria curiosità intellettuale, e un'attenzione all'uso della lingua italiana che aveva affinato in decenni di giornalismo e poi di impegno politico. Negli incontri con lui si imparava sempre qualcosa, che tendeva a offrire con grande naturalezza e insieme generosità.

L'attività della Biblioteca è un'esperienza preziosa, da non disperdere e da diffondere soprattutto tra i giovani studiosi.

Marco Tarquinio - Noi giornalisti proprio come i nostri dirimpettai che siamo soliti schierare nella cosiddetta classe dirigente - che, ovviamente, ha al centro i politici - possiamo essere divisi in due grandi categorie: quelli che amano ascoltare e quelli che, invece, preferiscono ascoltarsi. Sergio Zavoli è stato un giornalista e un parlamentare con qualcosa di molto importante da proporre, da condividere e da realizzare perché ha amato profondamente ascoltare le persone e la realtà, e ha saputo farlo. Nel ruolo esercitato alla guida della Commissione per la Biblioteca e l'Archivio storico del Senato ha messo in campo e a frutto con creatività, speciale dedizione ed efficacia quest'attitudine, coinvolgendo - e contagiando - personalità di diverse visioni e differenti esperienze in riflessioni comuni, anche se non sempre del tutto convergenti, su grandi temi che riguardano inesorabilmente da vicino la vita degli uomini e delle donne: il rapporto tra scienza e umanesimo così come la relazione tra politica e parola. Ne sono testimone perché sono stato partecipe anch'io di quelle riunioni seminariali a piazza della Minerva, superando anche il senso di inadeguatezza che deriva dalla coscienza del proprio limite, esaltato dalla levatura delle personalità convocate, dalla qualità della platea radunata e dalla densità delle questioni affrontate. Un esercizio di umiltà che ogni giornalista deve saper compiere, proprio come Sergio Zavoli - con tutta la sua vita e la sua militanza intellettuale e politica - ci ha dimostrato essere possibile.

La cosa più preziosa e persino provvidenziale, a mio parere, è che questo darsi appuntamento e mèta sia accaduto nel cuore del secondo decennio del XXI secolo. Anni di nuovo vorticosi e tesi in cui la crisi terminale del "bipolarismo furioso", che avevamo precipitosamente e speranzosamente battezzato Seconda Repubblica, stava culminando in una ulteriore e complicata transizione, segnata da un radicalismo dei toni e delle azioni politiche e da un involgarimento del dibattito pubblico che, senza pudore e senza allegria, qualcuno ha preteso e ancora pretende di chiamare Terza Repubblica. Incombeva ancora una volta la notte, e Sergio Zavoli - con cortesia profonda e come antica e con modernissimo senso di civile urgenza - ha pensato a tenere accesa la luce di un dialogo pacato e forte, sodo e libero, fondato su un attivo ascolto reciproco e proprio nel cuore di quelle Istituzioni che, contemporaneamente, altri s'ingegnavano a ridurre a mere pareti di graffiti anti-tutto senza arte né vera parte.

Mi ha appassionato seguire questo filo rosso e assoggettarmi anche in quella sede, solenne eppure aperta a tutti, al percorso del confronto tra scienziati e umanisti, ritrovando le ragioni di un'indagine e di una auspicata sintesi che sono e restano anche obiettivi del mestiere che mi dà da vivere e attraverso il quale cerco di accompagnare la consapevolezza dei miei lettori e concittadini. Ma più di tutto - lo confesso - mi ha emozionato contribuire, ultimo e per ultimo, alla riflessione corale su "politica e parola" che Sergio Zavoli ha concepito e voluto a suggello della sua presidenza di questa particolarissima Commissione e, al tempo stesso, della sua lucida e generosa partecipazione all'Assemblea di Palazzo Madama.

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2. Come descriverebbe l'apporto del Sen. Zavoli al giornalismo culturale e alla divulgazione storica?

Stefano Folli - Sergio Zavoli è stato uno dei massimi giornalisti italiani della seconda metà del Novecento. Ma a differenza di altri che si espressero pressoché unicamente o prevalentemente sulla carta stampata come veicolo principe, Zavoli fu un pioniere della radio prima e della televisione poi. È questo che fa di lui una figura del tutto eccezionale. Le sue inchieste di costume e i suoi programmi storici si ricordano a distanza di decenni. Rammentare "Nascita di una Dittatura" o "La Notte della Repubblica" è facile, ma occorrerebbe riferirsi anche a tanti altri programmi in cui Zavoli seppe riversare la sua sensibilità sociale e la sua cultura storica e letteraria: dall'inchiesta radiofonica sulle suore di clausura al "Processo alla Tappa" con cui scandiva il Giro ciclistico della penisola. Non è un caso che egli seppe smentire la critica più nota rivolta alla televisione: essere un mezzo che arriva ovunque, ma non lascia tracce durevoli. Zavoli dimostrò invece che la televisione (come la radio) può essere utilizzata per lasciare un segno profondo nell'educazione delle persone, favorendo la riflessione e l'intelligente comprensione di eventi anche molto complessi.

Massimo Franco - Fondamentale. È stato uno dei pochi giornalisti che siano riusciti a conciliare naturalmente cronaca, approfondimento e storia. Le sue inchieste sono un pezzo importante non solo della nostra professione giornalistica, ma della ricerca storica. Non a caso sono riproposti a distanza di decenni: rappresentano davvero quel giornalismo che un grande editore statunitense [Philip L. Graham del "Washington Post", ndr] ha definito «le prime bozze della storia».

Marco Tarquinio - Ho annotato, e ripeto qui, che Sergio Zavoli fatto capire a tutti (e soprattutto a noi che continuiamo, come sappiamo, la fatica che è stata magistralmente sua) a che cosa serva "fare i giornalisti". Porta con pazienza e con senso della realtà e della giustizia «a vedere dentro la notte e in pieno giorno, anche quando tutto è talmente scuro o così abbacinante da sembrare indecifrabile. Perché nulla lo è mai del tutto, e la costanza rigorosa e indagatrice di un cronista, così come la forza delle analisi di chi ha idee chiare ma non arroganza, può aiutare gli uomini e le donne a riconciliare la cronaca in cui siamo immersi con la storia che possiamo e dobbiamo fare e di cui siamo parte» [Addio e grazie a Sergio Zavoli, 5 agosto 2020].

Lo stile di Sergio Zavoli era ed è sostanza. Quella di cui è fatto il grande giornalismo e la buona politica.

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