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Minerva Web
Rivista online della Biblioteca "Giovanni Spadolini"
A cura del Settore orientamento e informazioni bibliografiche
n. 59 (Nuova Serie), ottobre 2020

Ricordo di Sergio Zavoli politico e uomo di cultura: parlano tre senatori / Anna Finocchiaro, Lucio Romano, Luigi Zanda

Come annunciato nello scorso numero, MinervaWeb dedica uno speciale ricordo al sen. Sergio Zavoli, scomparso il 4 agosto 2020, che per oltre un decennio ha presieduto la Commissione per la Biblioteca e l'Archivio storico del Senato.

Conserviamo il ricordo di un uomo innamorato della vita, un amore alimentato da una curiosità infinita e da una ininterrotta progettualità. Lo abbiamo conosciuto ormai anziano, ma nondimeno fonte inesauribile di idee e di iniziative, oltre che interlocutore mai banale e generoso di spunti e suggestioni. Non temeva di parlare della morte (un giorno ci disse che tutti noi camminiamo su una terra formata da miliardi di ossa di chi ci ha preceduto), ma la teneva lontana da sé spostando lo sguardo sul futuro e sulla realizzazione dei suoi mille progetti.

Abbiamo raccolto le testimonianze di parlamentari e giornalisti che hanno avuto modo di conoscerlo da vicino e lavorare con lui, ma anche dei bibliotecari che con il suo impulso e supporto hanno compiuto le azioni necessarie a concretizzare un'idea di biblioteca come "laboratorio della cittadinanza". A tutti abbiamo chiesto una riflessione personale a partire da alcune domande sulla visione culturale e politica di Zavoli: ecco le loro risposte, di cui vivamente li ringraziamo.

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1. Senatrice / Senatore, il Suo percorso parlamentare ha incrociato quello del Sen. Zavoli. Ricorda qualche battaglia comune, o un episodio che descriva il suo modo di fare politica?

Anna Finocchiaro - Sono stati anni di convergenza nell'impegno politico e istituzionale, ma sono stati soprattutto - trattandosi di una personalità così straordinariamente ricca come quella di Sergio Zavoli - di ininterrotto confronto e, per me, di continuo apprendimento.

Il nostro rapporto fu particolarmente intenso nel periodo dal 2006 al 2013, in cui ero Presidente del Gruppo parlamentare. Quando occorreva che su di una questione di ordine generale, tanto importante quanto scissa dalla c.d. polemica di giornata, un senatore rappresentasse la posizione del Gruppo, era necessario che Sergio Zavoli prendesse la parola.

Ricordo l'intervento che pronunziò il 27 gennaio 2015, in occasione della celebrazione del Giorno della Memoria. Non è il caso di commentarlo, non si può, bisogna leggerlo. Se fossi un docente lo leggerei ai miei studenti, sapendo di fargli così un gran bene.

Lucio Romano - Rincontrare Sergio Zavoli in Senato ha voluto significare per me riprendere un percorso iniziato anni addietro. Allora in qualità di giornalista del quotidiano "Il Mattino" - per la pagina di medicina e scienza - con Zavoli direttore e, poi, proseguito presentando i suoi libri in occasione di convegni e incontri seminariali. E così, dopo diversi anni, ci siamo ritrovati tra i banchi del Senato della Repubblica dove abbiamo condiviso un orizzonte culturale e politico che il tempo aveva appena diradato.

La ricomposizione dell'alleanza tra cultura e politica, in una stagione condizionata dal presentismo, è stato il campo sul quale Zavoli si è fatto promotore instancabile nonché guida feconda di idee. Il suo è stato un costante impegno volto a dare risposte a interrogativi - per quanto ardui, problematici e sofferti - sempre con quella libertà gentile e accogliente, aliena da qualsiasi linguaggio corrosivo, che ha rappresentato il canone della sua attività politica e parlamentare che ha sempre onorato, anche quando le forze fisiche non glielo avrebbero permesso.

Il suo vocabolario era rappresentazione palese della "cura delle parole" che riprendono fedelmente il senso e la verità del pensiero, il manifestarsi di un profondo sentire nell'incontro pur nella diversità delle posizioni. «È la parola che ci tiene in vita», così ricorda Zavoli in un suo scritto [L'espressione ricorre in La magia verbale e scritta di fronte ai mass-media, apparso ne "La Nuova rivista europea", 1984, v. 45, n. 1, p. 64-69: cit. da p. 69; ma anche nel paragrafo C come cioè, in Zeta come Zavoli. Milano, Mondadori, p. 56-57: cit. da p. 57, ndr].

Riecheggiano ancora nella mia mente i suoi interventi nell'Aula del Senato che - suffragati dall'autorevolezza unanimemente riconosciuta - aprivano ad una prospettiva di analisi sempre "altra" e "oltre" in grado di ricomporre il tutto. In un silenzio attento, in un tempo quasi sospeso riempito di pensieri dalle parole sempre giuste. Questo il suo modo di fare politica.

Il suo sguardo, infatti, si faceva stupito, fino ad un mal celato turbamento, quando il dibattito politico indulgeva in conflittualità con espressioni corrosive, apparentemente irriducibili e ostinate.

Ricordo tra le sue parole alcune, pubblicate sul "Mattino" nell'editoriale L'energia morale, che ritengo siano la cifra del suo lascito morale alla politica. «[…] Ecco allora riapparire, oneste, austere, esigenti, due parole anch'esse travolte dal marasma e presto dimenticate: equità e solidarietà. Da pronunciare non al rimorchio di una politica di comodo, demagogica e declamatoria, ma nel rispetto di un'etica sociale cui riferirsi per avere viva e presente la consapevolezza oggi morente di essere, oltre che persone, cittadinanza e quindi popolo» [poi in Sergio Zavoli, La trasparenza del mattino. Napoli, Pironti, 1996, p. 315].

Luigi Zanda - Sono stato molto amico di Sergio Zavoli fin da metà degli anni '70 e, naturalmente, sono stato felice quando ci siamo ritrovati in Senato, lui eletto nel 2001 ed io nel 2003.

Il suo modo fare politica era esemplare perché sapeva cogliere molto bene il rapporto tra la politica e la cultura. Oggi, all'Italia mancano parlamentari di grande cultura com'era lui.

Nessun esibizionismo, nessuna battaglia per affermare la sua persona, sempre grande compostezza e grande linearità nei comportamenti.

Aveva un legame forte con il suo partito e con in grandi principi repubblicani.

Non mi piace raccontare aneddoti personali. Ma voglio ricordare i suoi veri e propri scatti di umore e persino di ira quando in Senato assisteva a tentativi di imbrattare la democrazia o anche soltanto di umiliare l'Aula con comportamenti volgari e irrispettosi. Ogni tanto capitava anche questo!

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2. La storia parlamentare di Sergio Zavoli inizia nel 2001 con la XIV legislatura, e già nel 2006 lo vede ricoprire il ruolo di Presidente della Commissione per la Biblioteca e l'Archivio storico. Come viveva questo ruolo, desiderato e sviluppato nell'arco di oltre un decennio?

Anna Finocchiaro - Ho alle spalle una lunga esperienza parlamentare, e so quanto una scelta felice nella conduzione di una commissione possa giovare non solo alla efficienza, ma anche all'autorevolezza del Parlamento. Sergio Zavoli fu una scelta felicissima per la Presidenza della Commissione Biblioteca e Archivio storico. La garantivano come tale le sue doti di intellettuale, la curiosità per questo tempo presente così "accelerato", come lui diceva, da essere già futuro, e la sua capacità di fare del sapere e della cultura "materia vivente", operante per la trasformazione del sentire e del sapere collettivo. Due temi, questi, che possono ritrovarsi spesso negli interventi parlamentari di Zavoli. Interpretò il suo ruolo, dunque, non solo nella nobile arte della conservazione, ma in quella, ancor più significativa per l'oggi, della trasformazione del reale ad opera del sapere, e questo con una freschezza di pensiero che gli veniva dalla capacità di ancorarsi alla cronaca che si va facendo storia. Anche questo è un tema ricorrente delle sue riflessioni.

Lucio Romano - Ho avuto l'onore di poter collaborare e condividere con Sergio diverse iniziative della Biblioteca del Senato "Giovanni Spadolini". In particolare, il ciclo di seminari che hanno affrontato le tematiche più attuali e problematiche.

Sono state giornate di intensi confronti e riflessioni con relatori prestigiosi nei rispettivi settori di competenza. Dialoghi intensi, plurali, aperti a delineare sempre nuovi percorsi di analisi sul versante sociale e politico. Per meglio definire come lo stesso Zavoli ha avvertito il ruolo di Presidente della Commissione per la Biblioteca e l'Archivio storico del Senato riporto le parole che lui stesso ha pronunciato alla presentazione del [primo] seminario su "Il futuro dei libri":

I seminari nascono dalla convinzione che sia venuto il tempo che la nostra Biblioteca si occupi dei libri promuovendo momenti di riflessione legati al muoversi, non solo nel nostro Paese, di idee e valori facendo del suo essere a disposizione dei cittadini la ragione di un aperto contributo alla crescita culturale e civile della società umana [p. 9-10].

Per Zavoli la Biblioteca del Senato era l'ἀγορά dove cultura e politica si incontrano. Uno spazio pubblico del confronto di idee, del dialogo, della costruzione comunitaria. Ne sono, infatti, riprova le sempre attente e folte partecipazioni di tanti e tra questi gli studenti e i docenti delle varie scuole d'Italia.

Zavoli ha ricoperto il suo ruolo sempre con entusiasmo e dedizione. Non finiva neanche di ideare un evento che già aveva pensato al successivo. Un dinamismo lungimirante che coinvolgeva tutti. Una forza propulsiva inesauribile che veniva vivificata dalla sua costante ricerca nel realizzare una sintesi armonica tra pensiero e azione pratica. Sempre instancabile a esplorare le tematiche più complesse, intellettuale dalle incessanti domande. «Può darsi che il porre domande, per provocare risposte, sia rimasto il modo migliore di conoscere, o intanto conoscersi. Interrogarsi e rispondersi significa far posto alle cose che restano da discutere, da capire, soprattutto per i giovani, i più privi di memoria, vissuti fino a ieri in una sorta di irrilevanza sociale». Così Zavoli al seminario su "Scienza e umanesimo: un'alleanza?" [p. 9-10]. Questo è, quindi, il mandato che ha concretamente realizzato e consegnato ai suoi successori.

Luigi Zanda - Dico solo questo.

Nella mia vita politica non ho mai conosciuto l'invidia, mai desiderato di essere al posto di qualche mio collega, mai aspirato ad andare al governo o di avere qualche cariche parlamentari.

L'unica posizione istituzionale che ho veramente invidiato è quella di Sergio Zavoli, Presidente della Commissione per la Biblioteca e l'Archivio Storico del Senato. Questo le può dire con quanta attenzione e interesse io abbia sempre seguito e segua tuttora il lavoro della Biblioteca.

Ebbene, la presidenza di Sergio Zavoli ha largamente superato anche le mie aspettative più ambiziose.

È stato un presidente perfetto.

Non solo per come ha svolto i compiti ordinari di valorizzazione e sviluppo della Biblioteca, ma anche per le innumerevoli iniziative di altissimo contenuto culturale e politico che ha promosso e realizzato durante gli anni del suo mandato.

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3. Nelle quattro legislature di elezione, Sergio Zavoli è sempre stato membro della Commissione permanente "Istruzione pubblica, beni culturali". Può raccontarci il valore politico che Zavoli attribuiva alla cultura?

Anna Finocchiaro - Credo di avere già implicitamente risposto a questa domanda, ma ciò che ho trascurato di dire è che Sergio Zavoli credeva nel lavoro politico che può, con il dialogo cambiare il mondo, ricercava il confronto riconoscendo il valore dell'opinione dell'altro, anche laddove apparisse ininfluente o insignificante, e credeva nell'istituzione parlamentare come luogo eletto perché ciò avvenisse.

Lucio Romano - Un valore indispensabile. La cultura come incontro, non ridotta a sterili monologhi che segnerebbero, seppur temporaneamente, un vincitore e un vinto - come spesso accade in politica - bensì un pensare insieme, un costruire insieme. Il suo è stato un dialogo che si intervallava spesso a "pause" volutamente brevi per poter lasciare all'interlocutore il tempo di riflettere. Questa peculiarità comunicativa non era solo il retaggio di una profonda dimestichezza con i tempi televisivi in cui le pause, i silenzi, lo stare nell'ombra quasi in disparte hanno segnato la sua caratura di giornalista - come ad esempio l'indimenticabile "Notte della Repubblica" - ma la riprova che l'ascolto è virtù fondamentale e ineludibile. E così elaborava la progressione di un pensiero che, instancabilmente, ti avvolgeva - direi quasi ti abbracciava - lasciando aperte prospettive inedite e sempre rispettose del pensiero dell'altro, non senza argomentati e sempre garbati dissensi laddove necessari.

Sempre rigoroso, soprattutto con sé stesso. Avvertiva, infatti, costantemente un'assoluta esigenza per la più corretta corrispondenza lessicale tra il pensiero e la sua manifestazione, orale o scritta. Un linguaggio di verità adottato nei vari campi di interesse della sua vita - dal giornalismo alla politica - frutto del rigore assoluto che concretizzava senza sforzi, semmai a volte con il dubbio che le parole usate non avessero rappresentato perfettamente il pensiero e i valori in gioco. Ricorrenti, peraltro, erano le modifiche che, con quella sua grafia minuta, apportava a mano ai suoi testi fino a pochi minuti prima di intervenire in Aula del Senato, salvo poi appoggiarli sullo scranno e liberare ancor più il suo pensiero.

Nel suo diario intimo, per quanto manifesto attraverso i suoi scritti, risultava costante l'inquietudine di chi cerca, senza rifuggire, gli interrogativi esistenziali anche i più ardui. Secondi alcuni tematiche da circoscrivere alla sfera del personale, per altri da riservare agli studi degli specialisti del settore. Ma per Zavoli i temi esistenziali dovevano trovare patria nei luoghi della politica. Tra i tanti, ricordo l'ultimo seminario che ha ideato e guidato alla Biblioteca del Senato su "L'uomo e la ricerca della felicità". «È un fenomeno che lascia alla pace interiore ciò che stenta a prendersi la nostra esistenza quotidiana, per esempio la libertà prima della giustizia, la politica e la sua etica, la vita e i suoi appagamenti, […] occorreva parlarne, essere raggiunti da riflessioni e giudizi, collegamenti con pensieri lontani, insomma lasciti mitici e scoperte umane, reali, quotidiane […]» [p. 10].

Di Sergio Zavoli parlano la sua storia di giornalista e i suoi scritti, i suoi interventi al Senato e le sue poesie che, però, non affievoliscono la nostalgia anche di una amicizia condivisa.

Luigi Zanda - Sergio Zavoli sapeva che la politica senza la cultura è ben misera cosa.

Possiamo dire che al tempo della sua presenza in Senato ed anche oggi in Italia c'era e c'è tuttora un deficit forte di cultura politica.

E possiamo anche dire che, in tutta la sua vita, Sergio Zavoli ha cercato di colmare questa lacuna con il suo lavoro di giornalista, scrittore, poeta e politico, in Aula e in Commissione.

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