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Il Presidente: Discorsi

Ricordo di Marco Biagi

Discorso pronunciato in occasione dell'incontro di studio promosso dalla Fondazione Marco Biagi e dall'Associazione Amici di Marco Biagi che si è svolto nella Sala degli atti parlamentari della Biblioteca del Senato della Repubblica.

Signore e Signori,
Amici di Marco Biagi,
voglio esprimere, anzitutto, un senso di gratitudine ai Senatori Sacconi e Treu per aver proposto di svolgere, qui in Senato, questo incontro per ricordare il pensiero e il lavoro di Marco Biagi.

Sono trascorsi solo cinque anni da quel tragico e doloroso evento, ma la memoria è ancora viva e suscita emozione profonda. Allora, all'inizio del 2002, già da qualche tempo si era diffuso il convincimento che il terrorismo politico di matrice brigatista fosse stato sconfitto definitivamente e che i problemi fossero concentrati solo sui nuovi fenomeni del terrorismo internazionale. Il vile assassinio di Marco Biagi ci fece ripiombare in un clima di preoccupazione e la guardia - forse un po' frettolosamente abbassata - fu di nuovo alzata fino a condurre, in tempi brevi, all'arresto degli autori di quel gravissimo gesto.

Gli avvenimenti dei mesi recenti ci hanno fatto ancora vedere come il mito sbagliato della stella a cinque punte possa ancora fare un certo numero di proseliti in alcune aree sociali e possa condurre - se non adeguatamente contrastato con incisività - al rischio concreto di nuovi e gravi fatti eversivi nella vita civile e democratica.

Non ho mai provato particolare simpatia per quanti si affannano in analisi sociali tese a trovare spiegazioni di questi fenomeni. Analisi che, poi, possono talvolta divenire anche ambigue giustificazioni di queste ideologie e dei gravissimi atti che ne conseguono. Abbiamo tutti, invece, il dovere civile e politico di tracciare un confine netto tra quella che è la naturale dialettica politica democratica - che può divenire anche aspra in certi momenti - e quelle che sono solo posizioni ideologiche totalitarie ed eversive, e che, non avendo la forza di misurarsi sul terreno duro dell'impegno e del confronto democratico, scelgono scorciatoie violente, gravemente lesive della stessa vita civile.

Sui temi della sicurezza e dell'ordine democratico, dell'impegno nel contrasto del terrorismo interno e internazionale - voglio qui ribadirlo - il nostro Paese deve confermare una grande unità di intenti di tutte le forze politiche, sociali e culturali. Voglio perciò esprimere, in questa sede, un vivo apprezzamento per le capacità e le attività di tutte le Forze dell'ordine e per tutti coloro che, a vario titolo, sono impegnati contro questi fenomeni di criminalità politica. Auspico, vivamente, che il nostro Paese possa definitivamente sconfiggere questa piaga.

La morte di Biagi è stata tanto più traumatica quando si pensa al suo lavoro, alla sue idee, al suo contributo equilibrato e moderno per il nostro mercato del lavoro. Biagi aveva una visione europea e internazionale dei fenomeni che analizzava e studiava. Era talmente attento al contesto più vasto che spesso amava fare lezione all'Università in inglese per abituare i suoi allievi a seguire ciò che avveniva fuori di noi. Anche per questa ragione aveva la vista lunga, sapeva cioè intuire quei cambiamenti che sarebbero intervenuti nel nostro Paese, come naturale effetto dell'integrazione europea in atto e dell'evoluzione dei comportamenti e delle esigenze economiche e sociali nei Paesi avanzati.

A partire dagli anni novanta Marco Biagi fu consulente del Ministero del Lavoro e collaborò direttamente con i Ministri Treu, Bassolino e Maroni. Nel 1997 fu nominato rappresentante del Governo italiano nel Comitato dell'Unione Europea per l'occupazione e il mercato del lavoro. Alla fine del 2001 fu anche consulente al CNEL dove fece in tempo a promuovere e dirigere una indagine sulla contrattazione collettiva nei principali Paesi europei, con l'obiettivo di offrire elementi comparati per il dibattito sul miglioramento dei modelli contrattuali nel nostro Paese.

Le sue idee e le sue posizioni sono sempre state basate sull'osservazione dei fenomeni e delle esigenze reali dei lavoratori e delle imprese. Le tecnicalità del giuslavorista e le forme giuridiche venivano dopo, per dare una forma adeguata alle soluzioni che potevano essere condivise. L'idea di un mercato del lavoro aperto e dinamico poggiava sulla consapevolezza della necessità di politiche più complesse e integrate, che tenessero insieme i processi di formazione e di preparazione dei giovani con le tutele e gli ammortizzatori indispensabili per dare stabilità al lavoro e coesione sociale.

I temi dell'occupabilità e dell'adattabilità delle forze di lavoro sono entrati così, anche per il contributo convinto e appassionato di Biagi, nel nostro dibattito italiano, nei nostri documenti di Governo, nel confronto fra le Parti sociali. La sua intensa attività pubblicistica testimoniava non un mero sapere accademico ma l'impegno civile competente - vorrei dire "militante" - di un riformista moderno e aperto.

Non spetta a me dire che qualche volta - dopo la sua scomparsa dolorosa - la figura di Marco Biagi è stata un po' tirata per la giacca, con il rischio anche di qualche inutile strumentalizzazione. E non sarebbe male se, anche da incontri di studio come questo, venisse restituita a Marco Biagi tutta la forza del suo equilibrio e della sua moderazione nella ricerca di posizioni condivise e praticabili per varare le riforme possibili.

Nel dire questo, però, voglio anche ricordare che Biagi, da buon emiliano, aveva anche una forte passione operativa e si batteva perché i problemi non ristagnassero senza soluzioni ma fossero affrontati con senso responsabilità e con pragmatismo. E se oggi Biagi fosse ancora tra di noi certamente ci solleciterebbe, con i suoi interventi, a delineare quelle misure per riequilibrare ciò che in questi anni è avvenuto con un eccesso di precarizzazione del lavoro giovanile senza tutele e senza continuità stabile.

Come sapete, per qualche anno ho fatto il sindacalista e ho una certa esperienza di contrattazione. Nella contrattazione fra Sindacati e aziende si sono fatti accordi di tanti tipi per dare più flessibilità al lavoro, per rispondere ad esigenze dei cicli produttivi, all'organizzazione di servizi, a bisogni dei lavoratori stessi. Voglio dire, se mai qualcuno fra voi avesse qualche dubbio, che ho sempre visto questi aspetti con grande pragmatismo, e ho sempre sollecitato le Parti a trovare delle soluzioni concrete. Tuttavia, mai la flessibilità è costata meno del lavoro ordinario, o addirittura molto meno come avviene oggi in certi settori. Allora, ci sono delle cose da correggere, da riequilibrare, con l'obiettivo di irrobustire e qualificare il nostro mercato del lavoro.

Spero che questo incontro di studio ci aiuti ad affrontare con competenza, equilibrio e pragmatismo i problemi del Paese e a servirci del contributo vivo di Marco Biagi come se lui fosse, oggi, ancora qui tra di noi.

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