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Il Presidente: Discorsi

Prima Conferenza Nazionale sui Cambiamenti Climatici

Discorso pronunciato alla Conferenza che si è svolta nel palazzo della Fao, a Roma, il 12 e 13 settembre.

Autorità, Signore e Signori,
nel rivolgere il mio saluto a tutti i presenti desidero anzitutto sottolineare il rilievo di questa Prima Conferenza Nazionale sui cambiamenti climatici e ringraziare il Ministro Pecoraro Scanio per averla fortemente voluta, con la partecipazione di illustri scienziati e dei maggiori esperti delle principali organizzazioni nazionali e internazionali.

Ho ritenuto di estrema importanza accogliere l'invito del Ministro dell'Ambiente a essere qui con voi oggi, ad affrontare un tema, che deve divenire uno dei più urgenti e prioritari, nell'Agenda politica di tutti i Governi. Anche gli scienziati più autorevoli prevedono scenari davvero inquietanti per il nostro Pianeta se non si adotteranno con tempestività misure stringenti per ridurre le emissioni inquinanti, per razionalizzare lo sfruttamento delle risorse naturali e per salvaguardare il nostro ambiente naturale. D'altra parte, però, voglio anche sottolineare che taluni effetti dei cambiamenti climatici non sono soltanto una minaccia futura, ma già incombono. E non bisogna andar lontano, per toccarli con mano.

I vastissimi incendi di questa estate, in Italia e in Grecia - come quelli in Portogallo nel 2003 - sono fenomeni di estrema gravità, dovuti anche ai cambiamenti climatici, ovvero ai lunghi periodi di siccità che creano le condizioni favorevoli a interventi anche dolosi. Mentre il Sud Europa bruciava, il Nord europeo era invece soggetto a piogge e nubifragi di notevole portata. Questi fenomeni, che noi affrontiamo in condizioni di emergenza, sono destinati a diventare sempre più gravi, con costi crescenti per la collettività sia in termini di danno ambientale e per la salute, sia in termini di prevenzione e di controllo.

La questione vera è che noi dobbiamo rompere quell'atteggiamento di indifferenza e di costante rinvio nel quale si piomba, superate in qualche modo le fasi di emergenza. E' necessaria una razionalità lucida, un'azione politica costante, oltre che lungimirante.

Nel quadro della globalizzazione, quello dei cambiamenti climatici è, probabilmente, il problema globale per eccellenza. Nell'ultimo Forum economico mondiale di Davos i leaders del Pianeta hanno finalmente deciso di mettere i cambiamenti climatici in cima all'elenco delle emergenze da affrontare. Al vertice G8 del giugno scorso (in Germania), Stati Uniti e Russia hanno sottoscritto un documento che li impegna a considerare seriamente l'opzione - fortemente sostenuta da Europa, Canada e Giappone - di dimezzare entro il 2050 le proprie emissioni di gas ad effetto serra.

L'Unione Europea deve impegnarsi ad esercitare una leadership politica internazionale nella lotta ai cambiamenti climatici, andando oltre i pur ragguardevoli obiettivi definiti per il risparmio energetico e la diffusione delle fonti rinnovabili. Occorre, dunque, andare avanti e raggiungere con determinazione veri risultati.

Tutti noi guardiamo con attenzione ai prossimi appuntamenti internazionali, a cominciare dagli incontri delle Nazioni Unite a Bali - nel prossimo dicembre - dove si dovranno gettare le basi per un nuovo accordo che vada oltre Kyoto. Nel lungo periodo, infatti, gli accordi politici internazionali sono la strada maestra per un riequilibrio ambientale del pianeta. Tuttavia, nel medio e nel breve periodo, questi devono essere accompagnati da iniziative operative dei singoli Paesi incentrate sulla diversificazione delle fonti energetiche, oltreché sul risparmio di energia e su tecnologie pulite, nonché su misure organizzative capaci di fronteggiare le emergenze ricorrenti.

Voglio anche sottolineare quanto sia importante che l'Europa si doti di una solida e ampia rete di protezione civile. Non dimentichiamo quanto già è avvenuto. Non dimentichiamo quante vite umane, quante bellezze paesaggistiche ed anche artistiche quest'estate sono state messe a repentaglio.

Una recente indagine conoscitiva della Commissione ambiente del Senato, ha evidenziato che deve essere rafforzato l'impegno dell'Italia per la realizzazione degli obiettivi di Kyoto e per una crescita economica ambientalmente sostenibile.

Nonostante le misure previste nella legge finanziaria per il 2007 e nell'ultimo DPEF dobbiamo constatare che siamo ancora troppo indietro rispetto ai nostri Partner europei. Occorre ripartire, in modo determinato e convinto, consapevoli anche delle opportunità offerte all'economia e all'occupazione dalla ricerca e dall'innovazione orientata verso lo sviluppo sostenibile. C'è uno spazio enorme di lavoro qualificato per i nostri giovani, per le nostre Università, per le nostre tecnologie.

Molto occorre fare anche molto sul versante istituzionale, per concertare e indirizzare scelte e comportamenti, individuali ed imprenditoriali, in grado di attivare un circolo virtuoso di responsabilità ambientale. E' necessario uno sforzo di sintesi e di coordinamento fra le amministrazioni statali competenti per la programmazione e la realizzazione di interventi organici ed efficaci. E' indispensabile che lo Stato e le Regioni lavorino insieme, in spirito di leale collaborazione, per superare carenze di pianificazione e difficoltà di gestione che ancora oggi, purtroppo, sono molto diffuse, specie nel Mezzogiorno.

In questa prospettiva, credo sia importante impegnarsi per trovare nuove strategie di intervento, nuove misure di supporto e di accompagnamento del Governo centrale nei confronti di quelle Regioni che ancora oggi non sono in grado di affrontare da sole le emergenze ambientali e la realizzazione di politiche davvero efficaci.

Già nel 1987 la Commissione mondiale sull'ambiente e lo sviluppo delle Nazioni Unite aveva, in modo esemplare, indicato il concetto di sviluppo sostenibile come quello sviluppo che è in grado di soddisfare i bisogni della generazione presente, senza compromettere la possibilità che le generazioni future riescano a soddisfare i propri. Dobbiamo dunque elaborare e affermare una cultura politica veramente positiva dell'ambiente, capace di ricostituire equilibri concreti ed efficaci sulle questioni del fabbisogno energetico e sulle trasformazioni fisiche.

Credo sia importante, per chi ha responsabilità politiche e istituzionali, avere sempre bene a mente questo insegnamento, che è anche il paradigma di una sfida culturale nuova che ci deve consentire di essere capaci di utilizzare al meglio le risorse ambientali, di affrontare senza paure sbagliate i problemi della nostra crescita economica e sociale, riponendo anche razionale fiducia nelle soluzioni compatibili che la scienza e le tecnologie sono già in grado di offrirci.

Auspico davvero che questa Conferenza, voluta dal Governo italiano, segni per il nostro Paese una rinnovata presa di coscienza verso politiche e scelte che dobbiamo promuovere con determinazione se vogliamo, fino in fondo, assumerci tutte le responsabilità concrete che, oggi, i cittadini chiedono alla politica.

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