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Il Presidente: Discorsi

Europa, un forte progetto politico

Intervento alla giornata conclusiva del VII Forum italo-spagnolo organizzato a Verona (Castelvecchio) da Arel (Agenzia di Ricerche e Legislazione) e

Ringrazio, anzitutto, gli organizzatori di questo 7° Foro di dialogo tra Italia e Spagna. Mi sembra una formula di lavoro davvero utile e concreta per conoscerci meglio e delineare impegni comuni. Lasciatemi dire poi che tra i motivi che mi hanno indotto ad accettare con molta simpatia l'invito è il ricordo che la nascita di questa iniziativa si deve al caro amico Nino Andreatta.

Sono, per tendenza e antica attitudine, uomo delle cose «interne» e per questo forse meno esperto cose «esterne» al nostro paese. Ho vissuto l'esperienza del Parlamento europeo nella scorsa legislatura contemporaneamente al mandato di parlamentare italiano comprendendo l'incompatibilità di assolvere ai due mandati. Per questo sono stato il più deciso fautore dell'abolizione della compatibilità, come poi sancito dal Parlamento italiano. Al di fuori dell'Europa non vedo un destino per la nostra economia e per quelle delle altre nazioni. Mi preme sottolineare che la Spagna e l'Italia sono due tra i paesi europei che hanno ratificato il Trattato costituzionale. Con referendum popolare - la Spagna - e con l'approvazione parlamentare - l'Italia - i nostri due Stati hanno affermato con vigore il loro europeismo e la loro volontà di sviluppare e sostenere il progetto di un'Europa politica forte. Ho avuto modo però di verificare, anche recentemente con il presidente del parlamento europeo Joseph Borrell, che anche nei nostri paesi il dibattito sui problemi aperti intorno all'Europa ristagna.

Per questo voglio subito parlarvi della mia preoccupazione per il rallentamento del processo costituzionale europeo, a seguito dei referendum negativi in Olanda e Francia. Mi auguro sinceramente che la presidenza tedesca si ponga come prioritario obiettivo il modo di uscire dall' impasse.

Credo che il primo nostro impegno - qui siamo tra persone che hanno importanti responsabilità - debba proprio essere quello di collaborare in ogni modo per individuare le modalità per uscire da questa fase di stallo, i cui esiti negativi si riverberano in Europa, ma anche in altre regioni cruciali per la insufficienza dell'iniziativa comune europea. A marzo prossimo ricorrono i 50 anni dalla firma del Trattato di Roma. Come presidente del Senato italiano ho preso un'iniziativa - d'intesa con il presidente della Camera - di ritrovarci non solo per un ricordo di quella data ma per contribuire a individuare ciò che come Parlamento possiamo e dobbiamo fare per dare all'Europa un assetto istituzionale all'altezza delle responsabilità che la storia e la realtà ci consegnano. Credo che anche il nostro impegno comune - come Spagna e Italia - per la dimensione euro-mediterranea possa trovare efficacia solo in un'Europa compatta e consapevole del ruolo che deve giocare nel mondo globale.

La dimensione mediterranea dell'Europa - con lo sviluppo di grandi reti infrastrutturali capaci di avvicinare concretamente sempre di più i cittadini europei e di valorizzare i tessuti industriali di cui i nostri paesi dispongono - costituisce una prospettiva fondamentale nella quale edificare il futuro impianto dell'Europa. Il Mediterraneo è sempre stato uno spazio geografico e politico in movimento caratterizzato, per ragioni storiche e culturali, da forti legami e contatti tra i popoli che ne fanno parte.

Nelle diverse stagioni della storia il Mediterraneo ha vissuto straordinarie fasi di centralità, ma anche periodi di ombra a vantaggio di altre aree del mondo.

La situazione odierna presenta, a mio parere, caratteri del tutto nuovi e peculiari che tendono a fare del nostro bacino mediterraneo un'area cruciale non solo per l'Europa, ma per l'intero pianeta. Qui si manifestano, infatti, con più esigenza, crisi e conflitti culturali, politici, religiosi e sociali, che richiedono, con forza un dialogo rinnovato tra i paesi che sorgono sulle sue sponde. Anche e soprattutto, fenomeni che esigono azioni concrete e significative, capaci integrare innovazione e tradizione, per lo sviluppo dei diritti individuali e della solidarietà collettiva.

Sono convinto che sia un grave errore sostenere lo scontro di civiltà e non promuovere invece tutte quelle azioni necessarie a diminuire gli squilibri sociali gravi, a tagliare le radici dei problemi che favoriscono il reclutamento di persone per atti di violenza e terrorismo.

Sta inoltre crescendo, a vista d'occhio, la pressione sociale dei popoli nord africani e delle sub-sahariane, che guardano all'Europa come di lavoro, di emancipazione sociale, di diritti e civili.

La Spagna come l'Italia è a un passo dalla costa africana ed è la naturale porta d'ingresso per l'immigrazione in Europa. Milioni di giovani, anche con buona formazione, sono attratti nei nostri paesi a causa di un grande squilibrio esistente nello sviluppo e causa del grande ritardo nell'attivazione di efficaci e prolungate politiche di cooperazione economica.

Dobbiamo costruire delle politiche efficaci, non solo per la sicurezza e la protezione dei nostri paesi, ma per affrontare anche gli aspetti positivi, di lavoro, di contributo sociale e culturale che da questa apertura può venire.

In questo scenario così complesso e dinamico la Spagna e l'Italia sono chiamate ad esercitare un più forte protagonismo politico e una più incisiva responsabilità, sia per i propri interessi che per quelli di tutto il continente europeo. Le numerose iniziative per la pace e lo sviluppo economico del bacino meridionale del Mediterraneo hanno determinato progressi purtroppo solo parziali e inadeguati.

L'Assemblea parlamentare euro-mediterranea, partecipata da numerosi paesi dell'area, rappresenta il braccio parlamentare di tale processo. Costituisce un esempio, sulla cui linea è necessario rafforzare un dialogo aperto, sincero e costruttivo.

La Spagna e l'Italia sono vicine grazie a tradizioni comuni e per interessi condivisi. Da sempre, le nostre nazioni sono affini per lingua e cultura, vicine geograficamente e nella percezione sociale e psicologica. Per questi motivi, i nostri paesi possono e devono promuovere tali interessi comuni, nell'ottica di un sempre maggior peso da conferire all'Unione europea nel suo insieme.

All'interno di questo problema c'è la grande questione di una politica estera e di difesa comune dell'Europa. Nel Libano è stato possibile intervenire perché tre paesi del Mediterraneo, che hanno un ruolo di guida, hanno deciso di collaborare. Penso che proprio nel caso del Libano abbia giocato un ruolo forte l'intesa tra i nostri paesi e forse anche quella mancanza iniziale di entusiasmo da parte della Francia può essere stata rimossa dalla nostra comune determinazione.

Quando nasce l'esigenza di un intervento per aiutare lo sblocco delle situazioni, la risposta ricade sulle spalle dell'Europa, dobbiamo esserne avvertiti.

Infine, critico il modo con cui il tema dell'approccio alla Turchia è stato portato in Europa. L'ho vissuto fin dal 1999 nella commissione Esteri del parlamento europeo: nessuno aveva il coraggio di dire "no" e una reticenza incomprensibile ha reso difficoltoso il rapporto con quel paese. Io sono assolutamente favorevole al suo ingresso in Europa, anche se non si può pensare che accada in tempi brevi, per tutti gli adempimenti che la Turchia deve assolvere e i passi sul piano istituzionale e dei diritti umani che deve compiere. Ma questo quadro rafforzerebbe l'Europa politica, dandoci una grande opportunità nei confronti del mondo musulmano.

Occorre, dunque, richiamare all'attenzione generale questi problemi importanti, perché sono certo che pur in mezzo a tante difficoltà avremo la forza di dare il nostro contributo per rendere l'Europa più forte e più efficace nella sua azione.



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