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Il Presidente: Discorsi

Bicentenario della Provincia di Campobasso

Discorso pronunciato a Campobasso in occasione della cerimonia per il bicentenario dell'istituzione della Provincia.

Rivolgo, anzitutto, un caloroso saluto a tutte le Autorità presenti: al Presidente della Regione, al Presidente della Provincia, che promuove le celebrazioni odierne, al Sindaco di Campobasso, ai tanti Amministratori locali presenti.

Il mio più cordiale saluto va, anche, a tutte le persone che partecipano a questa manifestazione, alle cittadine e ai cittadini di Campobasso e di tutto il Molise, che rappresentano qui la Vostra bella Comunità locale.

Ho aderito, con piacere ed interesse, all'invito che mi è stato rivolto, a nome di tutti Voi, dal Presidente D'Ascanio, di prendere parte alla Celebrazione del Bicentenario dell'istituzione della Provincia di Campobasso.

Il 2006, per la Vostra Comunità, rappresenta senza dubbio un anno storico. E' giusto che lo celebriate con l'importanza che merita ed anche con il forte entusiasmo che ho avuto modo di riscontrare oggi.

Una Comunità che fa festa, e che si ritrova intorno alle sue Istituzioni, esprime tutto il suo senso civico, e il suo sentimento di unità e di coesione. Questi momenti rafforzano in noi la consapevolezza di essere parte importante ed insostituibile di una vita civile e di una storia condivisa. Le Comunità locali e le loro Istituzioni sono, infatti, i pilastri essenziali sui quali si fonda la nostra vita comune e la società democratica che abbiamo faticosamente costruito.

Caro Presidente D'Ascanio, mi rivolgo principalmente a lei, come rappresentante dell'Istituzione che oggi, insieme, festeggiamo. Celebrare 200 anni di anzianità istituzionale porta a comprendere quanto siano profonde e antiche le radici della vostra Provincia. Vorrei dirvi che siete fra i "nonni" delle Province italiane, ovvero fra quelle Istituzioni locali che affondano le loro origini nei tempi precedenti l'Unità dell'Italia.

La Provincia di Campobasso ha attraversato gli ultimi due secoli della storia del nostro Paese, partendo da quel 27 settembre del 1806 quando Giuseppe Napoleone, Re di Napoli e di Sicilia, separava "il Contado del Molise dalla Provincia di Capitanata e formava una Provincia a parte".

Nel 1810 fu Presidente del Consiglio Provinciale di Campobasso Vincenzo Cuoco. Un illustre giurista e filosofo della scienza politica, che ricordiamo anche per quel suo Viaggio in Molise, un affresco di grande precisione sulla situazione economica e sociale di questo territorio, al quale lavorò proprio a partire dall'esperienza amministrativa vissuta a Campobasso.

La Vostra storia e il Vostro radicamento, che sono testimoniate anche dal vivo sentimento odierno, mi confermano nell'idea dell'importanza delle Province nel nostro Paese. Le Province rappresentano, infatti, identità locali profonde e vive. "Piccole patrie" sono state definite con una felice espressione, per descrivere efficacemente il fatto che noi italiani ci sentiamo, ad esempio, salernitani o viterbesi, prima che campani o laziali.

Per queste profonde ragioni storiche, culturali e sociali, i nostri Costituenti hanno ritenuto di dover attribuire rilievo costituzionale alle Province, riconoscendo così lo straordinario pluralismo delle Autonomie regionali e locali. Un pluralismo che deve, oggi, crescere nelle responsabilità, accettando anche forme di coordinamento e di "semplificazione" istituzionale, per consolidare quell'originale assetto federalista che si sta facendo strada nel nostro Pese, e sul quale tornerò più avanti in questo mio intervento.

Dunque, la Repubblica è costituita dalle Regioni, dalle Province e dai Comuni. Così recita la Costituzione della nostra Repubblica della quale, in questo 2006, festeggiamo la sessantesima ricorrenza.

La Repubblica italiana è più giovane rispetto alla vostra Provincia, e la nostra Costituzione è viva e vitale, come una "autentica tavola dei Valori e dei Principi", da cui la nostra Comunità nazionale trae alimento ed ispirazione, come l'ha definita, in occasione della Festa del 2 giugno, il Presidente Napolitano.

I nostri Costituenti, in un tempo ben più difficile di quello che viviamo oggi, costruirono una intesa comune forte, che poneva al centro la tutela dei diritti della persona umana, del lavoro, della famiglia, delle comunità locali, avendo come unico riferimento quello degli interessi generali, del bene di tutti.

I nostri Costituenti hanno vissuto la responsabilità di edificare le basi di una casa comune in cui milioni e milioni di cittadini, dopo di loro, avrebbero abitato, scoprendo e attuando tutte le opportunità che la Carta Costituzionale contiene. E quell'edificio, care cittadine e cari cittadini, ha retto magnificamente al tempo, e alle difficoltà di un Paese che, da povero, si è trasformato in potenza economica tra le prime al mondo.

Il nostro Ordinamento, nei suoi princìpi e tratti fondamentali, si dimostra ancora assai moderno e attuale, anche di fronte a tutte le novità che lo sviluppo sociale, culturale, economico ha prodotto. La crescita e le trasformazioni del nostro Paese sono anche la storia della vostra Comunità locale, di Campobasso, del Vostro Molise.

Una Comunità, una Provincia, una Regione che in pochi decenni ha compiuto balzi giganteschi nello sviluppo, e che oggi deve affrontare le sfide della competitività economica e, insieme, anche le sfide della costruzione di una maggiore giustizia sociale. La crescita di una realtà come la vostra, come quella di tutto il Mezzogiorno, è oggi sempre di più affidata alla capacità di governo e di iniziativa delle Istituzioni locali.

Lo Stato centrale ha però ancora la responsabilità di colmare il divario storico delle infrastrutture, degli investimenti sociali necessari per dare a tutti la possibilità di muoversi liberamente e con maggiore rapidità.

Per quanto riguarda l'area di Campobasso, e tutto il Molise, so bene, ad esempio, che è necessario intervenire per completare la viabilità stradale e i collegamenti ferroviari.

Ho fiducia nel fatto che il Governo, proseguendo un impegno avviato negli anni recenti, possa accelerare gli investimenti infrastrutturali per offrire risposte alle domande di maggiore mobilità delle persone e delle merci che devono arrivare sui mercati. Tuttavia ciascuna Comunità locale deve accrescere la propria capacità di iniziativa, deve promuovere progetti locali per moltiplicare le piccole imprese e i servizi che sono necessari per uno sviluppo economico stabile e robusto.

La spinta alla competizione deve nascere da una idea condivisa, da una capacità comune, dal vostro lavoro e dalla vostra iniziativa. La competizione economica deve, dunque, crescere in un quadro di forte coesione sociale, ovvero in una condizione di equilibrio e di solidarietà tra le realtà più forti e quelle più deboli. E proprio la nostra capacità di coesione sociale può essere il fattore vincente per competere, alla lunga, nelle sfide che il mondo ci pone.

La società italiana, e quella del Mezzogiorno in particolare, è ancora profondamente permeata di valori e di legami profondi, di rispetto per l'uomo, per la sua dignità e per la sua emancipazione.

Ogni tanto, lasciatemi dire, sento un clima di scontro totale tra i due schieramenti. Un clima che non è utile. Ma nemmeno comprensibile o giustificabile. Così non si rende un buon servizio al Paese, a tutti i cittadini.

Le elezioni politiche dell'aprile scorso ci hanno consegnato un'Italia divisa quasi esattamente a metà. Sia chiaro, voglio dirlo subito: la nostra non è una condizione speciale. Basta guardare i risultati elettorali più recenti in giro per il mondo: quasi dappertutto le coalizioni di centrosinistra e di centrodestra, si equivalgono. E' una condizione delle società del terzo millennio, quelle che i sociologi chiamano post-ideologiche e post-industriali.

Capisco, allora, che un risultato di questa natura possa aver acceso gli animi. E possa rendere, talvolta, un po' troppo vivace il dibattito politico, soprattutto nell'Aula del Senato che io presiedo dove - per effetto di una legge elettorale sbagliata, e che dovremo seriamente correggere - la differenza tra la vittoria e la sconfitta si misura un 2/3 voti.

Pure in questa difficile situazione mi ostino a chiedere perché gli schieramenti non possano, nel pieno rispetto del bipolarismo e della volontà degli elettori, trovare punti di dialogo e di intesa su alcuni - pochi - temi di interesse generale. Con il solo obiettivo di aiutare l'Italia a progredire, ad uscire da una condizione di difficoltà nell'economia, ad ammodernare il proprio apparato burocratico e ad affinare e modernizzare la sua struttura istituzionale.

Penso, ad esempio, al fatto che bisogna migliorare la formazione dei giovani, nelle scuole e nelle Università, e accelerare il loro ingresso nella vita economica e sociale. Penso, anche, all'esigenza di offrire a tutti gli anziani condizioni di vita più agevoli e servizi sanitari e sociali più efficienti, livelli di pensioni dignitosi e giusti.

Per affrontare, con efficacia, questi problemi è necessario un confronto ed uno sforzo di condivisione fra le Forze politiche, perché la maggioranza possa assumere scelte di governo utili e l'opposizione possa offrire contributi costruttivi.

Devo dire, con soddisfazione, che qualche segnale positivo, in particolare sulla politica estera, c'è stato. Penso, in particolare, alla missione dei nostri militari in Libano sotto l'egida delle Nazioni Unite.

Guardate che il conflitto in Libano, lo scontro tra israeliani e le milizie degli Hezbollah, era solo in apparenza una guerra locale. Lo scontro poteva, infatti, divampare ben più gravemente di come, purtroppo, si era già esteso. E', dunque, merito del nostro Governo e dell'intero Parlamento aver compreso questo rischio ed aver agito con tenacia perché i combattimenti avessero fine. La nostra iniziativa, poi, ha fatto compiere a tutta l'Unione Europea - forse non altrettanto pronta quanto l'Italia - passi decisivi sulla strada del "cessate il fuoco" e della costruzione di un piano di ritorno alla normalità.

Colgo l'occasione, a questo proposito, per inviare ai militari italiani in Libano e nelle altre aree calde - che anche in queste ore hanno pagato un altro doloroso tributo di sangue - un sincero e forte augurio e il sentimento vivo di riconoscenza per l'opera coraggiosa che prestano.

Chi mi conosce sa che sono tenace. Per questo insisto, e continuerò ad insistere, affinché cresca nell'opinione delle Forze politiche la consapevolezza che occorre uno sforzo comune "speciale" per rimettere sul binario giusto la locomotiva Italia.

Non voglio annoiarvi con stime, percentuali e statistiche sulla nostra situazione economica. E' vero che c'è qualche primo segnale positivo nell'economia europea e anche nel nostro Paese. Anche voi, nella vostra realtà, conoscete però bene le difficoltà strutturali di numerose imprese.

L'apertura globale dei mercati ha cambiato i caratteri classici dell'economia e dei suoi schemi così come li abbiamo conosciuti fino a pochi anni fa. L'irruzione sulla scena mondiale di nuove economie espansive come quella cinese, coreana, brasiliana hanno avuto la forza d'urto di un gigantesco ed inatteso evento naturale. Di fronte a questi nuovi fenomeni dobbiamo cogliere i grandiosi aspetti positivi di popoli che finalmente si sviluppano e corrono verso il benessere. E dobbiamo anche cogliere le opportunità per noi, per le nostre produzioni qualificate, perché nel mondo ci sono milioni di nuovi consumatori.

La nostra capacità di reazione deve dunque essere intelligente e lungimirante, e non solo difensiva. Ancora molta strada va, dunque, percorsa. Ancora molte decisioni coraggiose vanno prese. E molta saggezza fra gli schieramenti politici va invocata.

Personalmente sono convinto che intese parziali - a partire dalla prossima Legge finanziaria per rilanciare la nostra ripresa economica - attorno a punti qualificanti non attenuerebbero il nostro bipolarismo ma lo renderebbero più maturo e solido. Proprio nella distinzione dei ruoli e delle collocazioni, le Forze politiche dovrebbero impegnarsi a cercare soluzioni utili non per questa o quella parte ma per l'intera Nazione.

Caro Presidente della Provincia,
Care cittadine e cittadini di Campobasso,
ho accennato in precedenza al Federalismo. Voglio spendere, in conclusione, alcune parole su questo tema. Prima il Centrosinistra con la riforma del Titolo V - e poi il Centrodestra, con modifiche ben più sostanziali successivamente bocciate dal Referendum costituzionale del giugno scorso - sono intervenuti sulla seconda parte della Costituzione.

Vorrei, prima di tutto, rinnovare qui la mia sincera convinzione. Quando si pone mano ai pilastri del nostro ordinamento mai e poi mai si dovrebbe cedere alla tentazione di fare da soli. Il Centrosinistra ha sbagliato nel 2001 ed altrettanto ha fatto il Centrodestra nel 2005. L'interesse superiore della Nazione - con l'esempio forte che ci hanno lasciato i nostri Costituenti - richiede più generosità, più fatica e più disponibilità da parte delle Forze politiche, superando le ristrette logiche partitiche.

Credo, dunque, che occorra lavorare per giungere ad un compiuto assetto regional-federalista che realizzi un maggior equilibrio tra i compiti dello Stato nazionale e quelli delle Istituzioni locali in un contesto di effettiva sussidiarietà.

La maturazione di un moderno federalismo fiscale costituisce poi il traguardo concreto da conseguire. Un disegno di federalismo fiscale capace di valorizzare le risorse di ciascun territorio e, al tempo stesso, di assicurare quella solidarietà indispensabile tra territori più avanzati e aree più deboli, senza la quale verrebbero meno tutti i principi di uguaglianza sanciti dalla Costituzione.

Di riforme costituzionali, di riforme più o meno incisive, si parla da tanti, troppi anni. Potrà essere questa la Legislatura capace di definire quegli aggiustamenti essenziali per rendere moderno ed efficiente l'assetto della nostra macchina statuale? Per rendere i nostri apparati pubblici pienamente rispettosi dei principi così chiaramente indicati nella prima parte della Costituzione? Mi auguro davvero di sì.

Per quanto è nella mia responsabilità e ruolo mi adopererò perché questo risultato possa essere raggiunto.

Siamo ad un tornante della nostra storia. Non solo di quella nazionale. Pensate alle difficoltà in cui, dopo la bocciatura della Costituzione europea in alcuni Paesi, si muove l'Unione. E pensate pure al costante rischio che viviamo di comprenderci sempre meno e sempre con maggiore difficoltà tra cittadini dell'Occidente e cittadini del mondo mussulmano.

A questo proposito basti ricordare il fraintendimento - da parte di qualcuno un po' strumentale - delle parole pronunciate dal Papa nel discorso all'Università di Ratisbona. Ebbene, siamo ad un punto in cui occorre richiamare alla nostra memoria - per poi adeguare anche i nostri comportamenti - la saggezza e la responsabilità di uomini veramente grandi.

Uomini che, nelle loro responsabilità istituzionali, non solo hanno "sognato" ma anche hanno speso la propria azione di politici e di statisti per trasformare in realtà le speranze della nostra Comunità nazionale che sono speranze di sempre maggiore progresso, democrazia, libertà, giustizia, di pace.

Auguro alla vostra Provincia, che oggi compie 200 anni di vita istituzionale, e a tutta la vostra Comunità la cui storia è molto più lunga, di vivere e prosperare ancora per lungo tempo. Auguro a voi Amministratori di vivere questo Bicentenario solo come una tappa di un percorso articolato da compiere. Le Istituzioni, infatti, sono le forme attraverso le quali si esprime e si rappresenta una Comunità. E quando l'attaccamento tra le forme istituzionali e la Comunità sociale è forte vuol dire che le Istituzioni sono vive e vitali e in grado di assolvere bene il loro compito.

Vi ringrazio ancora per avermi consentito di condividere con Voi questa intensa cerimonia, questa bella festa di popolo.

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