Il Presidente: Discorsi

Intervento al Congresso del Movimento per l'Autonomia

28 Febbraio 2009

Cari amici, signore e signori,
sono lieto di intervenire al vostro congresso nazionale e di portare il saluto a tutti voi. Come sapete, il ruolo di Presidente del Senato esige terzietà e impone la testimonianza quotidiana di essere super partes. Ma ciò non annulla né gli ideali del suo percorso politico né l'appartenenza ad una terra. Ecco perché il Presidente del Senato è e deve essere attento non soltanto alle sorti del Paese, ma anche a quelle della sua casa geografica di provenienza.

Da Presidente del Senato voglio esprimervi il mio compiacimento per la strada percorsa dal vostro Movimento che è rappresentato in Parlamento da una non trascurabile presenza e che ha registrato una crescita importante, non solo in termini di rappresentanza parlamentare, ma anche di esperienza politica.

Da siciliano sono lieto di salutare nel segretario dell'Mpa anche il Presidente della Regione siciliana la cui candidatura, quando ricoprivo un ruolo diverso o da quello attuale, ho sostenuto in maniera convinta. L'ho fatto perché credevo che per il Mezzogiorno fosse essenziale una forza autonomista la quale assieme ad altri Partiti potesse promuovere le aspettative del Sud.

La felice intuizione di Raffaele Lombardo trova terreno fertile in una terra, la Sicilia, che già da 63 anni gode di un regime autonomista, per essere stata la prima Regione a statuto speciale. Un'autonomia forse non sfruttata al meglio nel corso degli anni ma che molti guardano come modello da imitare e riprodurre di avanzata indipendenza finanziaria e legislativa. E questo dato sottende un messaggio al quale la maggioranza uscita dalle urne siciliane non può sottrarsi: il mandato a lavorare bene insieme perché le aspettative degli elettori, di qualunque convinzione politica, non possono e non devono essere deluse. E del resto, l'interesse collettivo deve guidare ogni scelta politica, perché è la ragione stessa dell'esistenza della politica.

Ed è proprio l'interesse collettivo che deve stimolare ogni azione di governo non soltanto ad operare perché il programma elettorale per cui si è stati eletti venga realizzato in un contesto unitario della coalizione premiata dalle urne, ma anche in un clima sensibile alle proposte dell'opposizione; proposte da valutare senza pregiudizi e logiche di prevenzione politica che rendono difficile ogni forma di quel confronto costruttivo che invece arricchisce la democrazia parlamentare.

Il Mezzogiorno e la Sicilia si trovano più di ogni altra regione, in posizrone di vantaggio per interpretare al meglio lo scenario federalista. Siamo tutti convinti, infatti, da esponenti politici che hanno a cuore lo sviluppo non diseguale della nostra Nazione, che il futuro federalismo dovrà essere solidale. Se il federalismo terrà conto delle diverse realtà del nostro Paese e interverrà per armonizzarne le esigenze, non creando freni allo sviluppo delle aree forti e sostenendo la crescita di quelle più fragili, potremo offrire all'Italia l'opportunità di continuare ad essere un grande Paese, prospero, libero e sicuro.

Sono consapevole dell'esistenza dei problemi del Sud che si ripercuotono inevitabilmente su tutto il territorio italiano. Ma l'Italia deve guardare allo sviluppo del Mezzogiorno con grande senso di responsabilità, contribuendo a rimuovere gli ostacoli che ancora esistono per la completa uguaglianza economica e sociale di tutti i suoi territori. Se L'Italia vuole vincere la sfida della competitività in Europa e nel mondo, non potrà restare con un terzo del proprio territorio in uno stato di sviluppo incompiuto, dovrà favorire l'equiparazione dei redditi, dovrà concorrere e ridurre i livelli di disoccupazione.

Non può esserci crescita dell'Italia se verranno lasciate indietro alcune aree del Paese. Il Sud costituisce un'opportunità per l'intera Nazione perché possiede risorse che, se adeguatamente valorizzate, possono contribuire a sostenere l'economia del nostro Paese. Il Sud possiede operosità e intelligenze: su questo prezioso patrimonio occorre investire; dalla ricerca, al sostegno ai giovani, alla cultura.

Tre obiettivi tra i tanti sui quali impegnarsi per assicurare un futuro nell'ambito territoriale ed impedire anche il fenomeno della fuga dei cervelli. Quotidianamente apprendiamo di giovani ai quali non siamo stati capaci di assicurare un'esistenza dignitosa, perché non abbiamo saputo fornire loro mezzi adeguati, costringendoli ad andare via dalla loro terra, per ottenere il riconoscimento della loro capacità in altri luoghi. Tutto ciò non è più accettabile e va combattuto con ogni mezzo da ciascuno di noi. Dobbiamo batterci perché le nostre intelligenze arricchiscano la terra che li ha formati ed istruiti. Il Sud ha bisogno di loro e loro hanno bisogno di rimanere nelle loro terre che amano.

Il Sud possiede beni ambientali e culturali che ci invidiano in tutto il mondo; ma non possiede ancora tutte le infrastrutture sufficienti e questa assenza ci mortifica e ancor di più depotenzia ogni ambizione di turismo, ritardandone gravemente l'espansione. Per questo credo che sia non solo opportuno ma anche doveroso offrire al Mezzogiorno strumenti e risorse finanziarie per garantire le dotazioni infrastrutturali ancor oggi inesistenti, così da ridurre il divario ancora purtroppo assai significativo che lo separa dalle aree forti del Paese.
Sono assolutamente convinto che per raggiungere questi obiettivi tutte le forze politiche, e soprattutto quelle della maggioranza chiamate per il loro ruolo di governo ad una maggiore responsabilità, devono impegnarsi al massimo, ciascuna di esse contribuendo per l'interesse superiore del nostro Paese e mettendo in second'ordine tatticismi di parte o di partito.

Oggi più che mai, non è più concepibile un'Italia a due velocità. Ricordo che il deficit dei trasporti continua a costituire fonte di penalizzazione per il Sud. Basta ricordare che l'indice sintetico di dotazione di infrastrutture per la mobilità indica un valore del Mezzogiorno, posta l'Italia pari a 100, che risulta pari a 49,4; misura quest'ultima che è meno della metà di quella analoga ricavabile con riferimento al Centro-Nord, ovvero 115,7.

Amo la mia terra e, come farebbe ogni altro Presidente del Senato per la propria, il mio cuore batte inevitabilmente per la Sicilia e per il mio Mezzogiorno. Tutto ciò aldilà del colore politico dei suoi governi e senza con questo distrarmi dalle esigenze che provengono dalle altre parti del Paese al quale, nel mio ruolo, dedico ogni momento della mia giornata.

Amo questo nostro Paese nella sua unitarietà, ho grande rispetto per le diverse culture, per i diversi percorsi storici, per le tradizioni, per i differenti gradi di sviluppo e di produttività che ogni Regione possiede.

Siamo alla vigilia di una riforma strutturale del sistema di riparto territoriale delle risorse pubbliche. Il federalismo fiscale è certamente cosa diversa dall'autonomia che fino ad oggi la Sicilia ha posseduto; certo, ne può costituire la naturale evoluzione, in relazione a quanto ho già detto, ma è evidente che molte saranno le mutazioni, perché è lo scenario nazionale che evolverà nel suo complesso. Ecco perché è irrinunciabile un approccio con la politica che, più di prima, parta dal senso di responsabilità al quale tutti noi siamo chiamati, perché stiamo entrando in una nuova era politico­-istituzionale. Il federalismo fiscale dovrà fornire giuste risposte al malessere del Nord ma non potrà trascurare le giuste aspettative del Mezzogiorno.

D'altra parte, i ritardi del Sud non possono tutti essere colpevolmente attribuibili a incapacità o ancora peggio a negligenze. Certo molti fattori hanno impedito di liberare e valorizzare le risorse che il Mezzogiorno possiede: mi riferisco al ricatto della criminalità organizzata, alla tendenza clientelare di alcuni governi locali che ha trovato terreno fertile in condizioni di
sottosviluppo.

La classe politica meridionale, il suo ceto imprenditoriale, tutta la società devono fare la propria parte e l'hanno cominciata a fare. La Sicilia e il Mezzogiorno hanno dimostrato in questi ultimi anni di possedere gli anticorpi, dando luogo a fenomeni di buon governo e di efficienza amministrativa, e dimostrando, inoltre, come saper contrastare il fenomeno della criminalità organizzata. Siamo noi stessi, gente del Sud, che ci siamo ribellati e abbiamo alzato la testa.

Alla mafia la Sicilia non si è piegata ma, anzi, ha saputo reagire con fermezza, dignità e decisione, in un percorso lento e difficile che coinvolge tutti e del quale tutti sono partecipi; non solo istituzioni, magistratura e forze dell'ordine ma anche imprenditori e sindacati, burocrazia e professioni, uomini e donne. E soprattutto giovani, tanti giovani sui quali tutti noi dobbiamo puntare, scommettere e per il futuro dei quali dobbiamo saperci battere.

Ogni giorno apprendiamo di imprenditori valorosi che hanno fatto scelte coraggiose ribellandosi ai soprusi mafiosi. A questo coraggio della Sicilia sta seguendo adesso altrettanto coraggio dei cittadini di altre regioni del Sud, che hanno preso coscienza del fatto che la criminalità organizzata si combatte non soltanto attraverso le leggi e la repressione, ma anche con la denuncia sociale e la mobilitazione delle coscienze. E questo è per i meridionali motivo di orgoglio e di fiducia perché è la concreta dimostrazione che siamo in grado di reagire. E lo Stato, valorizzando e sostenendo queste iniziative, ha fatto sì che non restassero episodiche ed oggi possiamo dire che si avviano a divenire cultura di legalità.

Gli imprenditori, infatti, non sono stati lasciati soli, hanno potuto anche - cosa fino a qualche tempo fa neppure pensabile - rimanere a lavorare nella propria terra e ricevere le protezioni adeguate. Lo Stato è intervenuto con proposte di legge che dimostrano la sensibilità a questi problemi; il pacchetto sicurezza recentemente approvato dal Senato, contiene norme che rafforzano il contrasto alla criminalità organizzata. Abbiamo fortemente voluto, dapprima la stabilizzazione, e più recentemente l'inasprimento del 41 bis, il carcere duro per la grande criminalità organizzata; abbiamo fortemente voluto la modifica di norme sulle misure di aggressione dei patrimoni illeciti nella consapevolezza che questa è una via maestra della lotta a tutte le mafie. Sono norme che vanno nella giusta direzione e che possono contribuire a rafforzare le coscienze dei meridionali che vedono lo Stato come fonte di tutela dell'intero territorio e di tutti i cittadini.

Siamo fieri che finalmente la Sicilia, così come altre realtà del Sud, sappiano camminare a testa alta; è lo Stato tutto che vince assieme a loro. Anche questo è un esempio di come, quando lo Stato contribuisce alla risoluzione dei problemi del Sud, ne riceve una risposta adeguata, sia in termini di sviluppo territoriale che di tutta l'economia del Paese. Se il Sud cresce, cresce tutta l'Italia.

Per crescere è necessario anche il coraggio di saper fare una responsabile autocritica: penso alla ridotta capacità del Sud di utilizzare co­finanziamenti europei in tempi brevi e su strategici progetti; penso alla conseguente dispersione di risorse che ha rallentato il raggiungimento di un apprezzabile sviluppo. Ciò genera a volte polemiche sulla utilizzazione delle risorse. Ecco perché ritengo doveroso il richiamo allo studio di strumenti che rendano ancora più trasparenti e confrontabili, possibilmente anche definendo adeguati parametri, i servizi resi dalle pubbliche Amministrazioni e l'impiego delle risorse aggiuntive. Devono essere ridisegnate eventuali sanzioni per coloro che impiegano male le risorse, così come vanno introdotti incentivi e premi per chi bene opera.

Si, una rivoluzione culturale-politica, ma senza sconti per nessuno e sbiancando il colore di qualunque tessera di partito! Il Mezzogiorno non può fare sconti a nessuno, anche in casa propria, se vuole crescere. Ecco che allora nessuno potrà spostare su altre aree più forti del Paese i famosi Fondi per le aree sotto sviluppate (i cosiddetti FAS), con la motivazione del mancato loro tempestivo utilizzo. Quei fondi sono destinati per il Mezzogiorno e lì devono rimanere; utilizzati e spesi per sviluppo, infrastrutture e crescita.

So che il governo regionale siciliano e gli altri governi del Sud hanno molto lamentato alcune anomale destinazioni di questi fondi per fini diversi da quelli propri. Sappiate che se la classe politica del mio Mezzogiorno saprà fornire concrete garanzie di immediate capacità di utilizzo di queste risorse per realizzare opere strategiche. La voce del Presidente del Senato si farà sentire perché le risorse predette non vadano altrove o non vengano utilizzate per altri fini. Ho fiducia nel senso di responsabilità degli amministratori del Sud e sono certo che non perderanno questa scommessa e l'opportunità del mio sostegno.

In questo periodo di instabilità economica il Sud può contribuire a sostenere l'economia delle nostre imprese. Il ponte sullo Stretto si inserisce in questo contesto. Il Cipe tra qualche giorno confermerà lo stanziamento dei fondi promessi, e quindi si passerà a breve all'apertura dei cantieri.

Il Paese oggi è certamente più forte. Può, quindi, affrontare e realizzare un progetto che da decenni non trova attuazione, quello di una nuova fonte attrattiva per il turismo. L'apertura di nuovi casinò (penso, uno per tutti, a Taormina) potrà non soltanto incrementare le tradizionali tipologie di turisti, ma potrà attrarne di nuove. Le ritrosie di un tempo devono essere superate. Lo devono perché vi sono le condizioni perché lo possano.

Oggi, in presenza di una legislazione e di una prevenzione più efficaci, dobbiamo riequilibrare in nostro favore l'offerta turistica rispetto a quella degli altri Paesi del Mediterraneo. Ecco perché auspico che sorgano nuovi casinò in alcune località del Centro e del Sud d'Italia.
Essere contrari, oggi, può solo scaturire da un uso demagogico dei temi della sicurezza. Spero che non si cada in questa tentazione.

Noi siciliani siamo grandi produttori di fonti di energia e quindi in un'ottica di federalismo solidale, dobbiamo mettere a disposizione queste risorse con uno sfruttamento che, se trasformato adeguatamente in fonti energetiche, potrà essere di concreto aiuto al nostro Paese. Ma alla Sicilia è giusto che competa la quota delle imposte sul reddito prodotte sul territorio della regione da imprese che, pur non avendo la sede legale in Sicilia, vi abbiano comunque gli impianti.

Siamo anche una terra dove, da oltre un millennio, la nostra storia è stata caratterizzata da tolleranza alle diverse etnie presenti che sono state inserite ed integrate nel nostro tessuto territoriale e sociale. Questo costituisce per noi, ma anche per tutti gli Italiani, motivo di orgoglio. Da oltre un millennio, tralasciando la remota antichità dai Fenici in poi, la Sicilia si è contraddistinta per avere accolto le diverse etnie anche religiose così divenendo antesignana della multiculturalità. Proprio per la nostra storia sentiamo la responsabilità di dare dimostrazione di regole ma anche di integrazione e sostegno perché noi lo abbiamo fatto in Sicilia e dobbiamo esportarlo.

La settimana scorsa, ho elogiato Milano quale esempio della moderna integrazione tra popoli di culture e religioni diverse; anche il Mezzogiorno sa valorizzare le tante risorse che gli immigrati offrono. Ma il rigore e il rispetto delle nostre leggi e della cuItura del nostro Paese è il presupposto indispensabile per una civile convivenza e su questo tutti noi dobbiamo vigilare. Legalità, quindi, come azione e mentalità da riaffermare quotidianamente.

Un Sud, quindi, che non si piega alla criminalità, alle difficoltà, alle carenze culturali, alla crisi internazionale, non può che essere un punto di riferimento, asse fondamentale per l'intero Paese. Auguro all'Mpa di essere paradigma di questo processo, in una logica di salvaguardia delle proprie specificità costitutive ma anche di armonizzazione con le altre forze politiche di riferimento.

Avviandomi alla conclusione mi piace ricordare le parole ieri pronunciate dal suo Presidente Raffaele Lombardo quando ha detto: "Abbiamo bisogno dell'aiuto di Dio perché la politica, la nostra politica, una nuova politica, assuma sempre più la forma e la sostanza del servizio, dell'amore, della carità". Sono parole che mi sento di sottoscrivere in pieno con la mente e con il cuore. Sono parole che dovrebbero costituire, ed anzi mi auguro che costituiscano, il valore fondante di ogni forza politica del nostro Paese.

L'Italia è un grande Paese. E sono certo che anche in questo momento così difficile per il sistema economico e finanziario mondiale saprà trovare le risorse e le capacità per continuare a svolgere il ruolo che ha avuto negli ultimi sessant'anni. Ognuno di noi nel proprio ruolo politico ed istituzionale ha l'opportunità ed il dovere di fare la propria parte per sostenere questo processo, dimenticando le sterili contrapposizioni e guardando prima di tutto al bene del Paese.

Questo farà la differenza e su questa capacità si misureranno, nei prossimi anni, non solo i consensi elettorali - a volta volatili e volubili -, ma il giudizio della storia. E' una scommessa importante e in gioco c'è il futuro del nostro Paese. Insieme dobbiamo vincerla.



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