Il Presidente: Discorsi

Italia, Irpinia, 150

Intervento del Presidente del Senato in occasione delle celebrazioni Irpine del 150° anniversario dell'Unità d'Italia

14 Marzo 2011

Autorità, Signore e Signori,
sono particolarmente lieto di essere qui con voi oggi a celebrare l'anniversario dell'Unità nazionale.
L'Irpinia ha dato nei decenni all'Italia figure di intellettuali e uomini di cultura di primissimo rilievo.

Penso, fra tutti, alla figura straordinaria di Guido Dorso. Intellettuale dalla poliedrica dimensione di studioso, egli fornì un essenziale contributo di riflessione, anzitutto nella sua opera "La rivoluzione meridionale", che è ancor oggi indispensabile a chiunque voglia avvicinarsi allo studio della irrisolta "Questione meridionale". Al centro del suo pensiero si collocava la necessità della formazione della nuova classe dirigente per il Mezzogiorno.

Penso poi ad un altro grande irpino che diede uno straordinario contributo culturale e di pensiero alla realizzazione dell'Unità nazionale: Francesco De Sanctis. Egli, nella sua monumentale opera: "Storia della letteratura italiana", individuò il legame tra il contenuto e la forma, per ricostruire quel mondo culturale e morale dal quale scaturirono le opere letterarie che fecero grande la cultura italiana dell'Ottocento e del Novecento. E' sua la celebre frase: "l'avvenire non si trova quando si smarrisce il presente".

Oggi non smarrire il presente significa accettare di affrontare tutte le sfide per il rilancio del sistema Paese, significa uscire dalle logiche elettorali, dai pregiudizi, dai veti reciproci, significa ricreare e sostenere il confronto sia da parte della maggioranza sia da parte delle forze di opposizione. Significa, in altri termini, credere nel Paese e nei suoi cittadini, credere nella loro maturità e nel loro giudizio, rispettarli e non strumentalizzarli, nè da una parte, nè dall'altra.

In Irpinia, non meno che altrove, sono nate idee di grande attualità, ed è giusto ricordarlo proprio quando il Paese si accinge a celebrare i 150 anni della sua Unità nazionale. Un evento che induce i nostri cuori, come le nostre menti, a rivolgere un pensiero a quanti, con la loro opera scientifica o economica, taluni anche a costo della loro vita, contribuirono al raggiungimento di questo traguardo. Ma l'identità nazionale non è solo argomento che sollecita i più nobili sentimenti e le riflessioni sulle aspirazioni collettive di comunità che 150 anni fa - già essendo Popolo - vollero farsi anche Nazione.

Esso è tema che induce ad una riflessione più meditata sul futuro del Paese, alla luce delle sfide urgenti che lo vedono protagonista negli scenari internazionali. Viviamo le spinte di due momenti cruciali per il futuro dell'Unità nazionale. Mi riferisco alla partecipazione dell'Italia alla globalizzazione dei mercati da una parte, ed al decentramento dei poteri pubblici verso un assetto ispirato al "federalismo fiscale", dall'altra. Gli eventi che si stanno verificando sull'altra sponda del Mediterraneo, devono farci riflettere, in generale, sul senso e sul peso delle identità nazionali, rispetto alle sfide della globalizzazione e sul ruolo che esse hanno nel perseguimento degli interessi nazionali.

Il nostro Paese è da sempre in prima linea nella promozione e nell'avanzamento dei processi di integrazione sopranazionale, a partire dall'Unione Europea. L'Italia si trova infatti oggi ad essere terra di confine rispetto ai processi di integrazione che contraddistinguono l'Europa, ed anche rispetto alle altre aree geopolitiche del pianeta. E' chiaro che il processo di integrazione europea ha seguito il percorso di una unione di Patrie. Su questa strada non siamo ancora riusciti in Europa a consolidare un definitivo senso comune di appartenenza tra i cittadini dei diversi paesi, che pure condividono uno spazio commerciale unico e un'unica moneta.

Le identità nazionali non si eliminano né si costruiscono in qualche decennio. Esse sono il risultato di secoli, quando non di millenni, di vicende umane di comunità, di tradizioni, di lingue; in una parola, di processi culturali. Accanto alla Patria, ci sono sempre realtà più grandi e più piccole. Serve coesione e solidarietà per riuscire a costruire pace e sicurezza. Il destino dell'Europa è strettamente connesso alla tenuta dei suoi paesi rivieraschi, rispetto alle nuove e antiche emergenze che si profilano all'orizzonte dell'altra sponda del Mare Nostrum. E' questo, in sostanza, il primo interesse dell'Unione Europea e lo è per il suo futuro economico e politico.

L'altro fenomeno, il federalismo, è lo specchio delle nostre caratteristiche di Nazione "plurale".
Il nostro Paese, la terra dei "campanili", evidenzia, come pochi altri, tante diverse peculiarità territoriali, condizioni climatiche e vocazioni produttive: una nazione contraddistinta da una varietà di interessi. Ma è altrettanto innegabile che l'identità della nostra Nazione, in termini linguistici, culturali, religiosi, fa dell'Italia Unita un patrimonio acquisito indiscutibile che rappresenta, anche per il futuro, una forza su cui puntare. Il federalismo, la tutela, la sicurezza e lo sviluppo omogeneo dei diversi territori, sono oggi più che mai necessari e rappresentano il mezzo per rafforzare l'unitarietà del sistema Italia e convalidarne il suo peso strategico.

Federalismo non deve perciò significare divisione, ma valorizzazione delle nostre diversità. Dobbiamo allontanare le diversità che dividono, quelle alle quali allude il nostro inno nazionale quando dice che: "non siam popolo perché siam divisi". Ciascuno può e deve contribuire alla realizzazione di un progetto di stabilità duratura per l'unità del Paese in grado di farsi destino di un popolo e di una Nazione. Deve farlo proprio partendo dalla realtà locale più piccola, in un quadro di obiettivi che tenga conto dell'interesse di tutti e del Paese nel suo complesso.

Il territorio è infatti lo spazio dove nasce il senso di appartenenza alla comunità e si genera e si consolida il senso dello Stato che è un elemento di coesione irrinunciabile. Senza Stato non c'è sicurezza, si blocca lo sviluppo, la tutela delle comunità locali degrada in localismo. L'Unità nazionale è dunque, in definitiva, il valore fondante delle stesse autonomie. La classe dirigente politica di oggi deve pertanto riconoscere la lungimiranza degli uomini che realizzarono l'Unità d'Italia.

Autorità, Signore e Signori,
l'occasione che oggi ci è data è quella di celebrare, in coincidenza con i 150 anni dell'Unità d'Italia, l'inaugurazione dell'ultima sezione restaurata del complesso monumentale dell'ex carcere borbonico di Avellino, con l'inaugurazione anche del nuovo museo irpino del Risorgimento. In questa occasione desidero riaffermare che la "riscoperta" dell'Unità d'Italia è innanzitutto una necessità, una possibilità culturale e sociale che non deve lasciare nessuno indifferente. Essa richiede il protagonismo dell'esperienza, dell'intelligenza e del cuore. Sentirsi assieme agli altri accomunati da un ideale alto, sentirsi fratelli d'Italia, è prima di tutto simbolo di civiltà culturale.

La civiltà di una storia da raccontare con orgoglio ai nostri figli, capace di aprire nuovi orizzonti al contributo generoso delle future generazioni. Ed è indispensabile che il senso e il significato delle Istituzioni siano da tutti noi sempre tenuti presenti. Sappiate oggi cogliere questa importante occasione per celebrare il percorso tracciato dalla nostra Patria sino ad oggi, per far conoscere la nostra storia, per riaffermare l'orgoglio di appartenere alla nostra amata Italia.

Vi ringrazio.



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