Il Presidente: Discorsi

Sviluppo economico e bene comune: la sfida di un nuovo umanesimo per l'Europa

Intervento pronunciato in Sala Zuccari

29 Marzo 2011

Autorità, Signori e Signore,
rivolgo un caloroso saluto e un ringraziamento agli autorevolissimi relatori e penso che la partecipazione del Rabbino Capo Di Segni e di Sua Eccellenza Fisichella nella sede istituzionale del Senato, dopo il ricordo comune alle Fosse Ardeatine di Benedetto XVI e del medesimo Riccardo Di Segni, è insieme simbolo e messaggio di speranza per l'Italia, l'Europa, per tutti noi. Il rapporto ebraico-cristiano, pur complesso, è fondamentale, irrinunciabile, decisivo.
L'umanesimo europeo è nato dalla simbiosi tra il valore della "persona" e l'autonomia del "cittadino", che in Europa si fece artefice del proprio destino e di quello della sua polis.
Un nuovo umanesimo europeo è possibile dove la dimensione della "persona" e del cittadino si saldano verso il comune orizzonte di una civiltà che ha anche conosciuto in passato l'orrore e il pregiudizio del male assoluto e per questa consapevolezza, per questa memoria, per questa tragedia non può e non deve più accettare alcuna latitanza, alcuna sottovalutazione, alcuna scorciatoia.

La memoria negata è il male che si perpetua nel presente. Non c'è memoria senza una storia riconosciuta e pienamente compresa.
L'Europa oggi vive una fase di transizione dove tendono ad affievolirsi tanto il riconoscimento, quanto la comprensione della propria identità. Identità che per paura o accondiscendenza spesso diventa retroguardia, invece di accettare la sfida dell'arricchimento dove ciascuno è chiamato al confronto vero a partire dalla propria realtà.
L'immigrazione ci impone la dura realtà di problemi antichi e soprattutto la questione centrale della giustizia.
Nessuna giustizia duratura può realizzarsi se verso l'immigrato ci si limita ad un atteggiamento di mera tolleranza. Serve invece il coraggio dell'autentico rispetto che non può accettare di sovrapporre alla persona immigrata l'immagine esclusiva della forza lavoro. La dignità personale va sempre preservata, al di là della logica degli interessi. Il semplicismo di una indiscriminata quanto ingestibile apertura accrescerebbe solo l'emarginazione e lo sfruttamento.
Una equilibrata e saggia politica dell'accoglienza muove invece dal senso della realtà. Tutti avvertono come indispensabile non assecondare perenni flussi migratori, ma comprendere e risolvere le cause che ne stanno alla base, rafforzando le intese con i Paesi di provenienza per sostenere processi di crescita e sviluppo efficaci e duraturi nel tempo.
Oggi, nel pieno delle celebrazioni dell'Unità d'Italia, a ciascuno è richiesto di fare la propria parte.
Nessuno può permettersi di retrocedere e tutti dobbiamo dare esempio di responsabilità ed autentica solidarietà.
Proprio di fronte ad un'emergenza così grave, ad un dramma continuo che si sta consumando sotto gli occhi di tutti nel Sud dell'Italia, proprio di fronte a tanti disperati, circa ventimila dall'inizio dell'anno,oltre quelli che continuano ad arrivare in numero sempre più crescente, il Paese tutto e unito sta cercando di dare risposte efficaci e solidali.
Non sono consentiti egoismi e rivendicazioni di parte. Così come le nostre Regioni hanno già dato la loro disponibilità, anche l'Europa deve muoversi senza incertezze e senza ritardi. Deve essere protagonista, insieme agli Stati nazionali, di un piano organico in grado di guardare lontano.

La logica che vorrebbe delegare solo a chi è in prima linea, come l'Italia, la gestione della questione dell'immigrazione dall'Africa, non è condivisibile e non è accettabile.
L'Europa non può limitarsi ad assistere all'emergenza, ma deve prevenire i problemi ed affiancare con aiuti economici e politiche concrete gli Stati e le realtà territoriali più coinvolti.
Nessuno può permettersi di girare lo sguardo dall'altra parte. La questione dell'immigrazione, la questione di Lampedusa, appartiene all'intera Europa.
Siamo davanti ad un evento storico e l'Europa deve fare sentire la sua voce.
Meritano la comprensione nostra e delle Istituzioni nazionali, europee, internazionali sia quanti sono accolti sia quanti accolgono.
Lasciare spazi di incomprensione tra cittadini del posto ed immigrati o, peggio, far percepire a chi vive in un territorio esposto, in prima linea, come Lampedusa, la sensazione di precarietà o insicurezza è un rischio serio, da scongiurare senza incertezze.
Lampedusa va restituita ai lampedusani, così come vanno riviste le decisioni sull'aeroporto di Birgi che sta pagando un prezzo altissimo.
Un aeroporto che dopo la risoluzione dell'ONU è da pochi giorni utilizzato esclusivamente per la missione in Libia.
Mi auguro che, proprio a seguito della recente scelta, si raggiunga al più presto un giusto equilibrio tra le esigenze militari e le altrettanto valide esigenze civili, affinchè venga restituita alla sua città questa importante struttura aeroportuale.
Per chiedere rispetto è necessario analogamente riceverne.
L'Europa di fronte a sfide epocali deve quindi procedere speditamente verso forme di integrazione politica sempre più stretta, fondata su ideali comuni, condivisi, in grado di farsi storia e futuro di civiltà.
Non basta lo spirito di adattamento del cittadino europeo. Occorre fare delle distinzioni, altrimenti si crea solo frustrazione.

L'esigenza di avere punti di riferimento stabili per rilanciare la crescita, l'innovazione la stabilità, formare le nuove generazioni e le classi dirigenti, sempre più consapevoli dell'importanza di promuovere un "Nuovo Umanesimo europeo", impone la lungimiranza di una visione che goda del consenso dei cittadini.
Nessuna Europa è possibile senza o a prescindere dalla piena partecipazione e condivisione dei rappresentanti.
Decisioni prese dall'alto, se non comprese e accettate, non portano lontano. Perdono di effettività storica.
Abbiamo bisogno impellente di preservare i beni comuni sui quali si fonda la nostra vita, di ricomporre i dissidi, di prevenire le lacerazioni di un passato ormai superato.
Il bene dell'appartenenza alla Nazione non intesa solo come comunità di interessi giuridici, ma come luogo di incontro di identità culturali, storiche e linguistiche è un valore irrinunciabile che deve accomunare le piccole Patrie alla grande Patria, sentimento e radice dell'unica umanità.
Noi siamo e saremo anche in futuro, cittadini d'Italia, prima che cittadini della regione e del comune che ci ha data i natali, ferme restando le legittime richieste di maggiore autonomia che giungono dai territori, solo se costruiremo insieme una cittadinanza europea attiva e consapevole, visione di una storia capace di diventare memoria del futuro.


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