Il Presidente: Discorsi

Convegno "Oltre la crisi. Pmi classe dirigente"

14 Marzo 2009

Autorità, Signore e Signori
Ancora una volta Confindustria ci offre, anche attraverso le analisi del suo autorevole centro studi, preziose indicazioni per interpretare l'evoluzione economica.
Le riflessioni di questi due giorni arrivano in un momento particolare per l'economia e la società italiane; un momento nel quale gli eventi si susseguono con ritmo incalzante, rendendo complessa la stessa possibilità di interpretarli.
Ma proprio in frangenti come questi diventa importante fondare i comportamenti sulla percezione reale del contesto nel quale ci troviamo ad operare.

Parlo della fiducia che talvolta sembra allontanarsi e che se viene meno, intacca il futuro prossimo, premessa irrinunciabile della ripresa.
Se la sfiducia dei mercati è, al tempo stesso, causa ed effetto della progressiva involuzione dei sistemi economici, la fiducia, accompagnata da provvedimenti concreti, è leva rilevante e principale della politica economica
La difficile fase internazionale che stiamo vivendo ha bisogno dell'impegno articolato e condiviso di tutti per superare gli steccati di ogni tipo, con un orizzonte di breve termine.
Per troppo tempo in Italia nell'economia del passato è prevalsa una modalità di intervento pubblico di corto respiro che spesso consisteva nell'attivazione acritica di nuova spesa pubblica.

Persino per trovare posti di lavoro si è ritenuto per molto tempo che l'unico sbocco fosse l'ampliamento del settore pubblico.
Da qualche anno la via maestra è stata quella della promozione dello sviluppo e della produzione reale di ricchezza. Una strada, certo più ripida della precedente scorciatoia della spesa pubblica facile; ma certo l'unica praticabile.
Oggi non si può più fare ricorso al semplice allargamento dei cordoni della borsa; bisogna, adesso, percorrere la strada della crescita e dello sviluppo e l'impegno deve riguardare la combinazione ottimale dei fattori della produzione.
In questa direzione meritano attenzione prioritaria l'intervento pubblico in economia, la piena funzionalità dei canali creditizi, le scelte strategiche in materia energetica e la funzione propulsiva e di stimolo delle infrastrutture da realizzare.

Certo occorre tenere conto della complessità delle procedure e delle burocrazie pubbliche che si aggrava progressivamente quando ci si sposta dal centro alle periferie del nostro Paese.
Ma anche il succedersi di leggi e regolamenti rende sempre più complesso districarsi tra le norme ed il loro uso improprio.
Il Paese chiede con forza la semplificazione, chiede efficienza e di efficacia dell'apparato pubblico, fa appello affinché si recuperi il merito dei problemi e si abbandoni l'ossessiva ricerca del formalismo ad ogni costo.
Occorre che nella pubblica amministrazione merito e procedure abbiano pari dignità.
Credo che in questa direzione siano stati compiuti passi importanti.

Dapprima il Senato, che ho l'onore di presiedere, ha varato la legge delega Brunetta, con la fattiva collaborazione delle Opposizioni, ridisegnando il profilo del lavoratore pubblico in Italia.
Più di recente si è avviato l'iter normativo sulla semplificazione amministrativa.
E' certamente un importante problema quello dei crediti delle imprese nei confronti della Pubblica Amministrazione causato il più delle volte proprio dal mancato rispetto dei tempi di pagamento, con ricadute che travalicano l'ambito finanziario e intaccano quello economico e sociale.
E' emblematico il caso della Sicilia dove Confindustria stima un volume di crediti verso la pubblica amministrazione per 1,2 miliardi di euro.
E' un credito che potrebbe salvare nell'isola migliaia di posti di lavoro e le relative somme sono già state stanziate nei bilanci dello Stato.

Conosco la posizione della Presidente Marcegaglia e condivido l'utilità che il Governo vari un decreto per certificare i crediti delle imprese verso la P.A.
Un cenno alla riforma sul Federalismo al vaglio della Camera dei Deputati dopo il voto del Senato.
Ritengo che non sia ammissibile che l'imponente lavoro che ha coinvolto con pari impegno le forze politiche di tutti gli schieramenti, possa essere ridotto ad una presunta contrapposizione tra parti ed interessi diversi del nostro Paese.
Proprio in questa terra di Sicilia voglio richiamare un punto essenziale di questa riforma.
Il principio della redistribuzione della risorse nazionali deve trovare piena copertura con il definitivo superamento del deficit strutturale del mezzogiorno; è un impegno che il Governo dovrà assumere
Permane poi una questione di merito. Con metafora imprenditoriale, possiamo dire che il federalismo fiscale di fatto accorcia la filiera; quella del rapporto tra elettore ed eletto.

E' di tutta evidenza come le famiglie, le imprese le Organizzazioni di categoria, insomma dal semplice cittadino alle grandi strutture della rappresentanza organizzata, tutti possano trovare, grazie al modello federalistico, una connessione diretta ed esplicita tra le scelte fatte sul territorio e la possibilità di valutarle.
Ciò finirà inevitabilmente con lo stimolare gli amministratori locali a cimentarsi per il meglio.
Qui c'è tutta la portata innovativa della riforma che dovrà essere accompagnata dalla crescita qualitativa delle classi dirigenti, soprattutto del Mezzogiorno.
Andando poi alle note difficoltà del mercato creditizio e di rapporto con le imprese, già da qualche mese, stiamo assistendo, in alternativa all'impiego produttivo, ad una marcata distrazione di risorse finanziarie che finiscono con l'essere accantonate in attesa di condizioni migliori.

Lo stesso mercato interbancario nazionale ha posto in primo piano il rapporto di fiducia tra le stesse banche, facendo passare in seconda linea il rapporto banca-impresa.
La sfiducia reciproca tra gli operatori del credito non rende agevole per i governi europei approntare misure risolutive; anche le decisioni più forti di politica monetaria, come il drastico taglio dei tassi di interesse della BCE, non hanno conseguito gli effetti desiderati sull'economia europea.
Del resto, il permanere delle quotazioni del greggio su soglie così basse suona a dura conferma del fatto che l'intera economia mondiale soffre una grave e diffusa contrazione della domanda.
In definitiva è l'intera economia mondiale che sta bruscamente rallentando.

Ma sul credito si gioca comunque una partita decisiva; il corretto funzionamento di questo circuito agevola l'intero sistema economico.
Lo si può fare mettendo in campo gli strumenti di sostegno finanziario alle banche ma aprendo al confronto ed al controllo reciproco da parte di tutti gli attori.
Nei giorni scorsi il responsabile dell'Economia ed il Ministro dell'Interno hanno incontrato i Prefetti d'Italia per spiegare come i cosiddetti Tremonti-Bond possano finanziare le imprese.
Sono stati anche attivati osservatori per il credito, che coinvolgono tutte le banche con l'intento di dare trasparenza ed evidenza all'intero circuito attraverso il coinvolgimento di industriali, sindacati, camere di commercio e degli stessi mezzi di informazione.
Anche gli interventi attuati negli scorsi mesi, con l'introduzione di garanzie statali sui depositi e sui titoli bancari hanno evitato il collasso del sistema, riattivando alcuni mercati.

Ma, come anche sottolinea il Governatore della Banca d'Italia, poiché la loro funzione si sta progressivamente esaurendo, diviene pressante procedere a nuove ricapitalizzazioni mirate allo sviluppo ed al sostegno degli attivi bancari.
Anche il Governo è intervenuto a sostegno:in questo senso voglio richiamare i due decreti legge anti-crisi già varati, insieme al fondamentale accordo con le regioni sugli ammortizzatori sociali dello scorso 12 febbraio e alle decisioni del CIPE dello scorso 6 marzo, che hanno movimentato risorse per fronteggiare gli effetti della crisi.
Si tratta, lo ricordo, di circa 45 miliardi di euro, una parte importante dei quali destinata a fronteggiare la crisi economica ed ad arricchire il fondo per l'occupazione che sale così a 9 miliardi, in ossequio proprio all'accordo del 12 febbraio che prevede l'assegnazione alle regioni di 27 miliardi di euro del Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS).
L'accordo del 12 febbraio riveste poi grande valore anche in quanto sancisce un inedito livello di collaborazione e di congiunta assunzione di responsabilità tra le parti sociali e i diversi livelli istituzionali di fronte alle sfide poste dalla crisi.

Il mio auspicio che questo rinnovato slancio di responsabilità e di cooperazione istituzionale possa caratterizzare anche il rilancio di una nuova politica per il Sud.
Le risorse finanziarie per un grande Piano per il Mezzogiorno ci sono e sono quelle contenute nel Quadro Strategico Nazionale. I Fondi comunitari e il Fondo per le Aree Sottoutilizzate rendono disponibile per il Sud circa 90miliardi di Euro sino al 2013.
Con responsabilità dobbiamo però dirci anche che questi fondi erano disponibili anche negli ultimi dieci anni e che la loro utilizzazione non è riuscita a produrre effetti soddisfacenti in termini di riduzione del divario rispetto al resto del Paese e di miglioramento della qualità dello sviluppo in molte aree del Mezzogiorno.

Non possiamo ignorare le lezioni che il passato ci offre.
Non dobbiamo avere paura di fare i conti con i nostri eventuali errori. Non si tratta di mettere sotto processo nessuno.
Nel finire degli anni 90 il metodo della concertazione avviato dall'allora Ministro Ciampi ha fatto si che tutti condividessimo le medesime responsabilità in merito alla scelta delle finalizzazioni di questi fondi.
Poi questo metodo nn è stato più seguito e, da allora siamo costretti a riconoscere che:

1. il Sud non solo ha smesso di crescere ed ha aumentato il proprio gap rispetto al centro nord, ma ha fatto segnare passi in dietro anche rispetto a Regioni in ritardo di sviluppo dei nuovi Paesi membri;
2. un eccesso di localismo ha indotto una frammentazione eccessiva degli interventi e ostacolato la realizzazione di opere di più consistente valore strategico;
3. un eccesso di formalismo ha allungato il tempo di realizzazione degli interventi sino a renderlo incompatibile con le esigenze dei mercati e dell'economia.

Il mio invito è quello di assumere un atteggiamento propositivo di fronte alla crisi per cogliere quelle opportunità di cambiamento che essa nasconde, attraverso una strategica ed irrinunziabile nuova sinergia tra governo centrale e regioni al fine di poter meglio individuare i punti strategici coordinati nel grande sviluppo del mezzogiorno e garantire la effettiva qualità della spesa.
Al Governo e alle Regioni del Mezzogiorno il mio invito a cooperare per la definizione di un credibile, concreto e responsabile Piano per il Mezzogiorno che, attraverso una strategica, indispensabile ed innovativa concertazione, punti a:
* realizzare i grandi interventi infrastrutturali la cui mancanza costituisce freno allo sviluppo. Reti di comunicazione, schemi idrici, reti per la trasmissione dell'energia elettrica e del gas.
* sostenere le imprese nel processo di innovazione e riconversione anche agevolandone l'accesso al credito.

Un dato è certo.
La crescita del Mezzogiorno, con la conseguente utilizazzione dei fondi per il sud devono cambiare passo attraverso un nuovo patto tra centro e periferia per la individuazione di un progetto di sviluppo organico e condiviso da governo e regioni che sia effettiva testimonianza di una migliore qualità della spesa.
Quei fondi devono rimanere al sud ma con una nuova filosofia di utilizzo.
Ritengo poi interessante e condivisibile la richiesta avanzata dalla presidente Marcegaglia di rimodulazione dei fondi FAS per dare sgravi fiscali alle aziende effettivamente meritevoli che investono facendo ricerca e innovazione.

Ma l'intervento pubblico da solo non è sufficiente: occorre che venga riattivato il mercato dei capitali privati, con bilanci bancari di assoluta trasparenza e con un coordinamento a livello internazionale da parte delle autorità di vigilanza per accrescere credibilità e certezza al sistema.
Anche il recente incontro tra il Presidente del Consiglio ed i grandi banchieri, va in questa direzione.
E' assolutamente indispensabile che le banche continuino a dare ossigeno alle nostre imprese, non facendo venire meno il credito in questo particolare momento di difficoltà.
Le nostre imprese devono potere continuare a crescere, grazie al sostegno delle banche e agli aiuti della politica.

Ma voglio anche richiamare nel mio intervento la funzione propulsiva sull'economia propria degli investimenti nelle costruzioni e nelle opere pubbliche.
Il ritardo accumulato in Italia sul fronte delle infrastrutture - che sono il più concreto ed efficace strumento per sostenere i consumi ed innalzare al contempo il livello di servizio alla collettività - si ripercuote sulla capacità di competere delle imprese, sulle potenzialità del nostro turismo, sulla possibilità di sfruttare appieno le potenzialità del Mezzogiorno.
Secondo stime dell'Associazione bancaria italiana, il divario rispetto ai principali partner europei si è ancora allargato. Quindici anni fa il livello di dotazione infrastrutturale era in Italia pari al 64% di quello tedesco, oggi è il 46%.
Muovendo quindi dal deficit infrastrutturale del Paese e in particolare del Mezzogiorno, e valutando l'effetto propulsivo di tale categoria di investimenti, in Italia è maturata, una linea di azione condivisa con l'Europa, che il Cipe ha convertito in alcune importanti decisioni: un articolato piano di interventi, rivolto alle grandi opere, ma anche alle case di civile abitazione.

Negli anni Sessanta l'Autostrada del Sole ha rappresentato una straordinaria opportunità di crescita.
Lo stesso impatto alla modernizzazione avranno il completamento dell'autostrada Salerno - Reggio Calabria e la costruzione, ormai prossima, del ponte di Messina; sono le due infrastrutture principali che rilanciano e rafforzano l'unità di un Paese, che contribuiranno alla crescita e allo sviluppo del Mezzogiorno.
Il ponte sullo stretto di Messina è un'opera necessaria; lo confermano i dati ufficiali sulla movimentazione di merci e passeggeri tra le due sponde dello Stretto di Messina.
Secondo analisi del Ministero dei Trasporti, un quarto dell'intero movimento italiano di passeggeri via mare si genera nelle poche miglia marine tra Messina, Reggio Calabria e Villa San Giovanni. Oltre il 40% di tali flussi riguarda viaggiatori pendolari.

Secondo l'Autorità Portuale di Messina, tra la Sicilia ed il Continente transitano ogni anno merci per 7,3 milioni di tonnellate e passeggeri paganti per circa 10,5 milioni.
E' questa la base quantitativa sulla quale investitori esteri hanno fatto di conto prima di proporsi per finanziare la costruzione del ponte.
Dopo un anno come il 2008 che ha segnato, soltanto in Sicilia, una flessione del 50% degli appalti per opere pubbliche e dopo un avvio nel 2009 altrettanto difficile, la scelta di effettuare robusti investimenti nel settore delle costruzioni potrebbe avere un reale impatto anticiclico.
Secondo valutazioni di Confindustria, un solo miliardo di euro investito in opere pubbliche genera almeno venti mila posti di lavoro reali.
E lo speciale regime autonomistico di cui gode la Sicilia apporta direttamente alle casse regionali l'intero gettito dell'Iva e delle imposte sul reddito.

Nello scenario che ho descritto dovranno essere compiuti tutti gli sforzi necessari a tenere lontana la criminalità organizzata che è il più grande nemico dello sviluppo e della libertà di impresa, che interferisce con l'ordinato svolgimento delle regole civili che tende ad appropriarsi delle risorse della società.
Proprio Confindustria Sicilia è protagonista del progressivo affrancamento di tanti imprenditori dal giogo mafioso.
Ma anche il Parlamento non ha mancato di fare sentire forte la propria voce a tutela delle ragioni della libertà.
Penso al carcere duro per la criminalità mafiosa ed all'aggressione dei patrimoni illeciti, con un insieme di misure ancora più rigorose approvate recentemente in Senato e che non hanno precedenti nella storia della Repubblica.

In questo scenario generale di grandi opere e di interventi che lo Stato deve assicurare per fare fronte alla crisi internazionale, si inquadrano le piccole e medie imprese.
A loro va un particolare riconoscimento fattuale, storico, oggettivo, per le capacità da sempre dimostrate sul campo.
Sono l'elemento cardine della coesione sociale perché la nostra penisola è costellata da una rete di realtà locali popolate dalla ricchezza civile della sua gente.
Le persone che lavorano con e nelle piccole e medie imprese, fanno grande l'Italia scommettendo sul futuro.
Un apprezzamento, questo, ancora più significativo perché le PMI rischiano maggiormente la perdita del loro capitale per la minore capacità di usufruire di servizi finanziari evoluti e per le minori protezioni di cui godono.
Per questo il sostegno alle PMI rappresenta una strategia fondamentale per il rilancio dell'economia del Paese, e ciò vale indipendentemente da quanto profonda e durevole sarà questa fase economica negativa.
Abbiamo bisogno di essere vicini a queste realtà economiche e sociali, dando risposte positive alle sollecitazioni che giungono in un quadro di compatibilità con le risorse economiche disponibili; con queste capacità dobbiamo fare squadra.

L'export italiano verso i paesi extra-UE, forse per effetto della crisi, si è contratto in gennaio rispetto al precedente anno di circa il trenta per cento.
Siamo in un contesto di difficoltà e ne siamo consapevoli.
Eppure, ci conforta il fatto che una quota significativa di imprese, proprio quelle di piccole medie dimensioni, è sinora riuscita ad innovare prodotti e strategie di mercato.
Io farò tesoro delle risultanze di questa due giorni, ma esse si aggiungeranno ad una convinzione che era in me già fortemente radicata e molto prima di oggi.
Il futuro sociale ed economico di un paese, grande o piccolo che sia, dipende anche dallo stato di salute delle sue piccole imprese.
E ciò fondamentalmente perché esse svolgono alcune funzioni essenziali, non solo economiche ma anche sociali.
Le PMI, assicurano infatti una diffusa, discreta e preziosa coesione sociale, sono protagoniste del cuore di una comunità, conferendole un senso d'appartenenza e d'orgoglio d'identità.
Eppure, sento nell'animo di dovervi chiedere ancora qualcosa per il nostro amato Paese.

L'Italia ha bisogno che i nuovi immigrati, necessari per fare fronte al calo demografico, si trasformino presto e bene in cittadini italiani. Recenti fatti di cronaca li hanno visti troppo spesso protagonisti negativi a causa della loro mancata integrazione nella società.
Questa è una sfida.
Per vincerla si deve prima agire sul posto di lavoro, la vostra seconda casa. In quel luogo straordinario dove si produce ricchezza si può fare anche educazione civica, materia fondamentale per diventare cittadini.
Per questo vi chiedo di svolgere, con l'esempio e la vigilanza, questo ruolo di educatori di nuovi cittadini, cosciente che il posto di lavoro può essere luogo primario di socializzazione e crescita individuale.
Vi chiedo poi, per quanto possibile, lo sforzo di resistere alla tentazione di delocalizzare all'estero le produzioni, pur consapevole che si tratta di una scelta talvolta quasi obbligata dalle condizioni nelle quali ci si trova a fare impresa in Italia.

Vi chiedo, ancora, il coraggio di resistere al ricatto delle organizzazioni criminali che desertificano l'economia onesta distruggendo la libera concorrenza.
L'impresa collusa, succube o anche solo vittima incolpevole della violenza criminale è l'antitesi di sé stessa.
Solo così, insieme, Stato e imprese, pur nella distinzione dei reciproci ruoli, potranno far crescere quella che ho chiamato l'economia morale di mercato.
Così, facendovi esempio morale, sarete ancora più compiutamente classe dirigente di questo nostro amato Paese.
Voglio concludere con un invito al coraggio e alla fiducia.
Oggi, condizioni eccezionali richiedono uno sforzo eccezionale; a questo siamo chiamati nel nome di un interesse generale che si colloca al di sopra di tutti e tutto.

Il coraggio, diceva Winston Churchill, è la prima delle qualità umane, perché è quella che poi garantisce tutte le altre.
Se non c'è fiducia non c'è ripresa.
Bisogna guardare al futuro con determinazione e ottimismo.
Siamo un grande popolo.
Tutti insieme superemo questa crisi internazionale perché riusciremo a fare appello a quel valore Italia, e cioè a quelle energie, tenacia e passioni che ci hanno consentito, in passato, di superare altri momenti difficili.
Uno per tutti la fiducia nelle nostre capacità ed in quelle del nostro sistema paese del quale dobbiamo essere sempre fieri.
Vi ringrazio.



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