Il Presidente: Discorsi

Presentazione del documento preparatorio della 46ma Settimana Sociale dei Cattolici Italiani

Presentazione del documento preparatorio della 46ma Settimana Sociale dei Cattolici Italiani

20 Luglio 2010

Eccellenza.
Autorità.
Signore e Signori.
La settimana sociale dei cattolici italiani è un importante appuntamento che la Chiesa ha voluto istituire e che ha accompagnato e accompagna la storia politica del nostro Paese.
Una felice intuizione che chiama alla partecipazione il mondo cattolico per offrire il suo prezioso contributo alla soluzione dei problemi di maggiore e più pressante attualità, con l'obiettivo di poter fare sentire la sua voce, le sue idee e così realizzare la propria missione al servizio della Nazione.
La giornata di oggi che si svolge in questa prestigiosa sala del Senato della Repubblica si propone una sintesi delle riflessioni e dei tanti e rilevanti suggerimenti di esperti, parlamentari, associazioni cattoliche, organizzazioni sindacali che fin dal 2008 hanno predisposto interessanti e approfonditi lavori che verranno illustrati nelle giornate dal 14 al 17 ottobre a Reggio Calabria e che, sono certo, sapranno suggerire risposte adeguate ai tempi nuovi che stiamo vivendo.

Per questo sono lieto di aprire assieme agli illustri relatori, che saluto, questa giornata di presentazione del documento preparatorio, nella piena consapevolezza che ogni spunto di riflessione, ogni momento del dibattito, costituiranno una occasione di arricchimento per tutti noi che abbiamo a cuore il bene del Paese.
L'Italia ha conosciuto momenti di reale frattura all'interno della comunità nazionale che sono stati superati solo quando si è riusciti a ricomporre una unità fondata su principi e ideali pienamente e concretamente condivisi.
La condivisione dei valori ha significato condivisione della stessa storia dove ciascuno si è sentito autenticamente riconosciuto e valorizzato all'interno di quel principio non negoziabile che è il bene comune.

Le linee di frattura che erano presenti nella società civile si sono gradualmente ricomposte e sono divenute convergenti con l'obiettivo di realizzare la stabilità e la coesione dell'intera collettività.
Il momento più alto di questo cammino profondamente e dolorosamente travagliato è rappresentato dalla Carta costituzionale, simbolo di una ritrovata e vitale unità.
Quella Costituzione che ancora oggi mantiene intatta la sua caratteristica di incontro e reciproco riconoscimento, di una appartenenza comune ad un destino che ci lega e accomuna al di là di ogni diversità.
Non è allora solo una coincidenza quella che oggi potremmo auspicare tra la 19ª Settimana Sociale dei cattolici italiani del 1945 che preparò il contributo cattolico alla Costituente, e la 46ª Settimana Sociale che è sintetizzata dal titolo "Un'agenda di speranza per il futuro del Paese".

Molte volte il tema delle riforme ha rischiato di diventare un diversivo.
In varie circostanze si sono invocati governi più o meno tecnici, istituzionali o di transizione per avviare riforme che prima erano secondarie e improvvisamente apparivano indispensabili, anzi del tutto prioritarie.
I ripetuti e sempre falliti tentativi hanno determinato il blocco e il ritardo dell'ammodernamento dello Stato, la paralisi del quadro politico, il progressivo distacco dei cittadini dalle Istituzioni.
Le tensioni non si sono infatti allentate e le possibilità di incontro si sono invece ulteriormente ristrette.
La sfida che oggi ci troviamo di fronte con assoluta evidenza è quella della necessità di trovarci davvero di nuovo insieme, di saper costruire unità attraverso l'assunzione di un grado più alto di responsabilità che non miri ad una percentuale elettorale o a un gradimento di consenso immediato, ma rappresenti il contributo generoso e gratuito per il proprio Paese, ancora una volta per il bene comune.

Saper condividere non significa non rispettare ruoli, compiti e funzioni che sono attribuiti secondo le regole della democrazia matura dell'alternanza, ma sentirsi parte, anzi protagonisti fino in fondo del rinnovamento e delle idealità che cementano la coesione nazionale.
I Cattolici nell'Italia di oggi non si considerano i terminali di una forza politica particolare, ma assumono il loro impegno in politica come disponibilità a costruire insieme agli altri una strada che sappia guardare avanti, gettare ponti per l'avvenire.
L'impegno del cattolico in politica è per definizione, "senza pregiudizi, né preconcetti", riprendendo la celebre affermazione di don Luigi Sturzo.
Ed ancora di più oggi rispetto ad un passato più o meno remoto, l'affermazione di Guido Gonella risuona di una rinnovata attualità: il "programma cristiano", oggi diremmo il contributo di una cultura politica ispirata ai valori cristiani, rappresenta il "perenne rinnovamento della vita sociale per far coincidere le forze morali con le forze vitali della società".

Ecco il motivo decisivo del cristianesimo che pone l'impegno politico al servizio della comunità.
Oggi però i cattolici in politica sono chiamati a riscoprire fino in fondo la propria matrice culturale dell'incontro, ossia l'attitudine ed insieme la capacità di sapersi ritrovare e vivere il tempo dell'unità anche dopo il tempo della divisione; è il sano agonismo della libertà che consente di emergere alle energie intellettuali e morali migliori, secondo l'insegnamento di don Luigi Sturzo.
La strada dell'unità dei cattolici in politica non è quella della topografia partitica, non coincide affatto con la creazione di un partito di cattolici, ma è quella della saldatura forte attorno ad una tavola di valori da condividere assieme anche a chi proviene da altre esperienze.

Mi sembrano particolarmente chiare le parole di mons. Miglio: "servono visioni grandi per seminare nuovo, vitale ottimismo".
E sono parole che interpretano fedelmente la rotta tracciata da Benedetto XVI quando indica la necessità di "produrre nuovo pensiero", di "esprimere nuove energie" di riconoscere che la speranza "è una potente risorsa sociale a servizio dello sviluppo integrale, cercato nella libertà e nella giustizia".
Si intravede tuttavia in tutta la sua portata un rischio particolarmente insidioso.
La disgregazione dei cattolici in politica talvolta impedisce di costruire una rete di ideali e di umanità capace di reggere l'onda d'urto di ideologie ostili alla stessa libertà religiosa.
Oggi il vero problema non è quello di una assenza di cattolici in politica, quanto piuttosto di una presenza di cattolici che non riesce pienamente a farsi percepire.

La speranza si nutre aprendo concretamente l'impegno politico alla vitale generosità dei giovani.
Il protagonismo dei politici cattolici deve misurarsi in concreto e con scelte concrete sui temi che rivestono priorità assoluta.
A tutti è richiesto un impegno massimo non di parole, ma di fatti, con proposte che siano il frutto non di logiche antiche e superate, ma di visioni nuove, moderne, proiettate alla soluzione dei problemi più urgenti.
Il federalismo, la questione del Mezzogiorno che al primo è strettamente collegata, l'eliminazione di sacche di povertà che sempre più numerose sono presenti nel nostro territorio, la questione della legalità, della sicurezza dei cittadini, della presenza opprimente della criminalità organizzata, sono temi sui quali le riforme non sono più differibili.

La realizzazione del federalismo con i decreti attuativi, deve necessariamente passare dalla soluzione della questione del divario tra Nord e Sud del Paese.
Un federalismo solidale, sussidiario, equo, trasparente nella spesa, può e deve realizzarsi se si è consapevoli della necessità di allineare il Mezzogiorno al Settentrione.
In passato ci sono stati e dobbiamo purtroppo prenderne atto, difetti di assunzione di responsabilità da parte di governi del Sud, inefficienze, sprechi, clientelismo che hanno deluso le legittime aspettative di coloro che vivono in quei territori.

Ma i decreti attuativi dovranno tenere conto di queste divergenze, dovranno aiutare le regioni meno attrezzate a cominciare a camminare con le loro gambe, perché possano partire dalle stesse basi delle regioni che, invece, sono state efficienti.
Soltanto con un iniziale riallineamento potrà ottenersi la piena e completa realizzazione di quella forma di federalismo già tracciata dai Padri costituenti nella nostra Carta Costituzionale.
Una riforma che consentirà al nostro Paese di presentarsi all'Europa nel solco di una vera ed effettiva unità politica.
Contemporaneamente è richiesto al Mezzogiorno uno scatto di orgoglio che significa per chi riveste ruoli di governo in quelle zone, soprattutto amore per il popolo che vi risiede.

Sarebbe la conferma che in politica su logiche interne e interessi di parte deve prevalere l'altruismo di chi è al servizio della cosa pubblica.
Il conseguimento di una forte unità politica e nazionale garantirebbe lo sviluppo armonico e la coesione del Paese, obiettivi, se realizzati, ancora più significativi proprio a 150 anni dall'Unità d'Italia.
L'interesse del Paese è il cuore del significato della politica.
Le settimane sociali si svolgeranno in una città, Reggio Calabria, da decenni piagata dalla presenza della criminalità organizzata.
E' un segnale importante la presenza in quella regione, che vuole significare sostegno, impegno a non cedere ai ricatti criminali, ad aiutare a porre fine a quei silenzi, quelle omissioni, quel clima di omertà che impedisce la libertà.

Ma il nostro impegno deve essere anche quello di contribuire a creare opportunità di lavoro che, in zone come quelle, sono la chiave per scardinare i sistemi criminali e per ridurre l'indigenza diffusa e più grave.
Per fare questo diviene prioritario in ogni azione politica, soprattutto nei momenti di crisi, tornare al dialogo, al confronto, con umiltà, ma anche con volontà di accantonare ogni divergenza.
Il bene del nostro Paese passa attraverso il definitivo allontanamento di rivalità, di egoismi, di prospettive limitate.
Il rischio dell'immobilismo è senz'altro un nemico, in particolar modo in una fase così delicata, complessa e rilevante come quella che stiamo vivendo.
Non è lungimirante una politica della ritorsione fine a se stessa.
Ognuno è chiamato ad interpretare il proprio ruolo con responsabilità istituzionale, perchè la normalità della vita democratica richiede innanzitutto il pieno rispetto e il riconoscimento delle funzioni e delle competenze proprie di ciascuno.

La normalità democratica si realizza nel confronto tra maggioranze e opposizioni emerse in seguito al voto elettorale.
Un Paese vive di prospettive e visioni concrete.
Mi spiace che in questo clima di continua conflittualità sia stato significativamente accantonato dall'agenda politica il tema di quelle riforme costituzionali necessarie per l'ammodernamento dello Stato e che, sebbene da più parti auspicate, stentano a trovare un virtuoso e costruttivo percorso di dialogo politico-parlamentare.
Auspico fortemente che con la ripresa dei lavori autunnali ognuno si assuma le proprie responsabilità lavorando perchè il tema delle riforme diventi centrale.
Aldo Moro ebbe modo di dire che "la gioventù non è solo pienezza della vita, ma lieta fatica per conquistarla".

L'agenda di speranza per l'Italia è una chiamata per tutta la politica e per una nuova generazione di giovani a praticare quella pazienza del pensiero, consapevole che quanto oggi viene seminato sarà raccolto da altri un domani.
Nessuno può sottrarsi a questo compito: costruire insieme il destino di una Nazione, fare della sua storia la memoria del futuro.



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