Il Presidente: Discorsi

"Un mantello per la vita - Presentazione spot Antea for life - 25 anni di Cure Palliative"

Intervento del Presidente del Senato, Renato Schifani in Sala Zuccari, all'incontro organizzato dall'Associazione Onlus Antea

29 Maggio 2012

Autorità, Signore e Signori,
saluto tutti i presenti, gli appartenenti ad Associazioni e strutture, i medici e i professionisti dell'area sanitaria, i volontari e quanti si dedicano da anni al settore delle cure palliative.
Un ringraziamento all'ANTEA e al suo Presidente, per averci dato oggi l'opportunità di parlare su un tema così umano e sensibile.
"Il dolore in cerca di dignità"; "la società si prende cura del dolore"; "al primo posto ci deve essere sempre la dignità dell'uomo": sono queste alcune efficaci espressioni dell'ANTEA che racchiudono i temi più rilevanti della cura del dolore in genere e di quello dei malati terminali.
E stamattina il video che sarà proiettato sul bambino oncologico che vive una esistenza normale, circondato dall'affetto dei genitori e degli amici, grazie alle cure che alleviano le sue sofferenze, è l'espressione più efficace di quanto, attraverso la terapia del dolore, possa essere mitigata la diversità tra infermi e persone sane.
Il dolore è un segnale che attira la nostra attenzione su qualcosa di negativo che sta accadendo al nostro corpo. E quando ha finito il suo compito di segnale, perché è stata fatta la diagnosi, diviene una malattia che si aggiunge alla patologia che lo ha procurato.
Oggi, finalmente, con la legge n. 38/2010 l'accesso di ogni cittadino alla terapia del dolore è codificato. Una normativa approvata all'unanimità, senza colore politico, con la quale il Parlamento ha ribadito l'importanza della tutela della salute.
Anche l'Italia, finalmente si è avviata a diventare un territorio senza dolore.
Le cure palliative e la terapia del dolore possono dare sollievo alle sofferenze, possono garantire una condizione di vita accettabile, pur nella certezza di un tempo limitato ancora da vivere; sono il sostegno psicologico e spirituale della cura dei pazienti.
Sino ad un passato recente, la società aveva di fatto emarginato i malati terminali, il dolore cronico, il dolore in generale; oggi i nostri cittadini ricevono sostegno e rispetto.
Ci sono alcune parole nella legge 38/2010 che infondono speranza, e che confermano la civiltà delle scelte operate dal legislatore: "l'art. 4 prevede la realizzazione di campagne istituzionali per promuovere la cultura alla lotta contro il dolore ed il superamento del pregiudizio sull'utilizzo dei farmaci oppioidi".
E' stata codificata l'attivazione di un numero cospicuo di hospice, per raggiungere il livello auspicato dall'Organizzazione mondiale della sanità di 0,5 posti letto ogni ventimila abitanti.
Una nuova ottica sanitaria che deve prevedere formazione specifica, con personale adeguato di medici, psicologi, assistenti sociali associazioni di volontariato, capace di fornire prestazioni di qualità.
Atenei e Facoltà mediche dovranno istituire corsi specialistici di alta formazione e master, per qualificare l'infermiere del dolore, per elaborare linee guida e protocolli in collaborazione con le società scientifiche.
Ancora una volta Nord e Sud sono differenti, lo dico con grande amarezza: nell'Italia Settentrionale e Centrale esistono già un centinaio di strutture "del dolore". In Sicilia purtroppo solo un quarto della popolazione riceve cure domiciliari adeguate.
Siamo dinanzi ad una bruciante esperienza di sociologia della sofferenza.
Prendersi cura della persona debole e fragile diviene un impegno etico.
La parola Care è entrata a fare parte della vita degli italiani: immedesimarsi con maggiore vicinanza emotiva e con capacità di affrontare e superare indifferenza, tecnocrazia, per aprire le coscienze e per la piena realizzazione della medicina umana.
Il malato diviene la persona da rispettare ed amare nella sua dignità e libertà: non più solo un "caso", un "numero", un "cliente".
Una strada tracciata ma non ancora completata, dove viene riconosciuta dignità alla terapia del dolore sia del malato terminale, sia di chi convive ogni giorno con il dolore, a volte in silenzio, senza sapere a chi rivolgersi.
Oltre il venti per cento degli italiani soffre di dolore cronico; ma se la legge n. 38 sancisce il diritto a ricevere cure per alleviare il dolore in tutte le sue forme, registriamo tuttavia che accedere alle strutture che se ne occupano è ancora complicato e complesso, per l'entità delle somme in gioco, specie in questo particolare momento di difficoltà economico-finanziaria.
Proprio ieri si è celebrata in Italia la Giornata Nazionale del sollievo, prevista e promossa dal Ministero della Salute. Un evento che ha il fine di fare conoscere l'esistenza delle strutture di terapia del dolore cronico, del dolore inutile.
Se dal 2009 ad oggi è stato registrato un aumento considerevole delle strutture pubbliche e private di terzo livello, vale a dire di quelle ambulatoriali che non offrono possibilità di ricovero, sono ancora carenti quelle di livello intermedio che dovrebbero dare assistenza più completa e specializzazione e sono quasi nulle le unità che si occupano del dolore in età pediatrica.
Ed ancora mentre, anche se con notevoli differenze qualitative tra loro, esiste una rete per le cure palliative, non avviene così per le terapie del dolore.
Diviene, allora necessario un sempre maggiore approccio culturale al tema del contrasto ai patimenti e una continua informazione, affinché chi soffre comprenda che può lenire dolori inutili perchè esistono terapie adeguate per combatterli.
Un convincimento culturale, che deve essere continuamente praticato e periodicamente valutato. Quattro italiani su dieci ricoverati in ospedale soffrono anche per patologie diverse dal cancro.
Un dolore che richiede spesso l'intervento medico.
Per questo la ricerca attraverso validi dati statistici ha evidenziato la necessità di proseguire l'esame dell'entità del dolore prima di un adeguato sostegno antidolorifico e dopo apposite cure.
Il maggiore utilizzo di farmaci oppioidi, cresciuto nella seconda parte dell'esperimento, ha confermato che, per aumentare il livello di qualità della vita, c'è bisogno di ricorrere a questo tipo di farmaci, sui quali si registrano ancora remore professionali; una somministrazione che va effettuata seguendo le linee guida tratteggiate da un recente progetto dell'Unione Europea.
La medicina umana magnifica la centralità della persona e ne garantisce la dignità, in qualunque condizione e in ogni fase della vita.
Occorre proseguire su questa strada, perché una sanità senza anima non è la medicina che tutti auspichiamo e vogliamo.


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