Il Presidente: Discorsi

Cerimonia per il 150mo anniversario dell'istituzione della Provincia di Cuneo

Intervento pronunciato presso la Sala del Consiglio del Palazzo della Provincia in occasione della visita nella ricorrenza del 150mo anniversario dell'istituzione della Provincia di cuneo

13 Novembre 2010

Autorità, Signore e Signori,
saluto e ringrazio il Presidente della Provincia Gianna Gancia, il Presidente della Regione Piemonte Roberto Cota, il Senatore Tommaso Zanoletti, le Autorità presenti.

La Provincia di Cuneo è fra le più antiche d'Italia. Istituita con decreto nel 1860 dal Ministro Urbano Rattazzi, celebra oggi il 150° Anniversario: è un dovere e un onore per me essere qui tra voi a ricordare questo significativo e rilevante evento storico. Il nostro passato e le nostre radici hanno consentito all'Italia di divenire un paese moderno e competitivo. Un particolare ricordo va agli uomini illustri che hanno contribuito a fare grande l'Italia e che in questa provincia sono nati. La memoria va a Giovanni Giolitti e a Luigi Einaudi uno dei Padri fondatori della nostra Repubblica.

Centocinquant'anni della provincia costituiscono una importante occasione per celebrare il lungo percorso tracciato da allora, per conoscere la nostra storia, per riaffermare l'orgoglio di appartenere a questa terra, per promuovere le eccellenze locali, per fare conoscere al mondo quanto di prezioso racchiude la provincia di Cuneo.

Avete sempre avuto e dimostrato un forte senso delle Istituzioni e una reale cultura dei doveri e della dignità del lavoro. Grazie a queste capacità, la vostra Provincia è costantemente progredita negli anni. Lo Stato ha manifestato la sua costante presenza sul vostro territorio, garantendo gli indispensabili e concreti appoggi nei momenti di necessità. E voi avete saputo fare tesoro di quanto ricevuto: i fondi erogati nelle fasi di emergenza post alluvione del 1994 e ancora nel 2001 sono stati spesi con intelligenza e capacità in aiuto della popolazione e dell'economia. E sono certo che nello stesso modo sapranno operare le popolazioni recentemente colpite da drammatiche alluvioni.

"La Granda" è terra di ricchezza, con i suoi splendidi paesaggi, il suo tessuto economico industriale, commerciale, bancario; con il sistema industriale noto per le eccellenze nel settore alimentare, tessile e meccanico.

Le celebrazioni odierne precedono di poco quelle dei centocinquant'anni dell'Unità d'Italia che proprio dalla terra del Piemonte ha preso le mosse. L'Unità nazionale è il valore fondante delle stesse autonomie. La classe dirigente politica di oggi deve riconoscere la lungimiranza degli uomini che realizzarono l'Unità d'Italia. Un'Italia che pur nel riconoscimento delle autonomie e delle particolarità di ciascuna regione, pur nella giusta applicazione del Federalismo non può e non potrà rinnegare la sua unità e la sua unitarietà.

Il Federalismo, la tutela, la sicurezza e lo sviluppo del territorio sono oggi necessari e possibili. Ciascuno può e deve contribuire alla realizzazione di un progetto di stabilità duratura per l'unità del Paese in grado di farsi destino di un popolo e di una Nazione, proprio partendo dalla realtà locale più piccola. Il territorio è lo spazio dove nasce il senso di appartenenza alla comunità e si genera e si consolida il "senso dello Stato" che è un elemento di coesione irrinunciabile, perché senza Stato non c'è sicurezza, si blocca lo sviluppo, la tutela delle comunità locali degrada in localismi.

La riforma federale è l'occasione che impone a tutti di accantonare inutili contrapposizioni per rilanciare un progetto ambizioso che comprenda tutta la nostra Italia. Federalismo demaniale, Federalismo fiscale non sono realizzabili al di fuori dell'unità del Paese e resterebbero riforme parziali se non si proponessero come strumenti di cooperazione e solidarietà.

Sempre di più, in un momento che chiede a ciascuno parole chiare e scelte limpide, il messaggio dello scorso 18 ottobre del Capo dello Stato ci aiuta a non smarrire la strada e a non farci perdere in inutili e poco lungimiranti scorciatoie. Il Presidente Napolitano ci ha spronato a liberarci dai provincialismi in chiave revisionistica del processo unitario, che ne ignorano il respiro e il radicamento nella storia d'Europa, e a recuperare con pienezza la logica unitaria della Costituzione, che non si presta a citazioni frettolose unilaterali, per convenienza o polemica politica.

Con il Presidente Napolitano, va ribadito che ogni ipotesi separatista o indipendentista, è insostenibile e inimmaginabile. E' auspicabile invece, un Federalismo sano ed equilibrato che rappresenta una risorsa e una leva di primaria importanza per tutti. Il fondamento delle autonomie e dell'autonomia nella gestione della cosa pubblica resta il principio di uguaglianza che, nella logica di sistema tracciata dall'articolo 3 della Costituzione, impone la solidarietà come dovere inderogabile e cardine dell'intero ordinamento.

L'Unità nazionale è il valore fondante delle stesse autonomie e sulla riforma federale sono da evitare errori e semplificazioni. L'unica soluzione resta la programmazione e lungo questa prospettiva si collocano positivamente i passaggi per l'attuazione graduale della perequazione modulata sui costi standard: parziale dal 2014 e definitiva dal 2018.

Sul tema della perequazione sarebbe fatale ogni semplificazione; risponde ad un criterio di vera civiltà giuridica l'istituzione di un fondo in grado di finanziare al 100% alcune funzioni fondamentali quali la sanità, l'istruzione, l'assistenza e il trasporto locale. Si tratta di chiarire con certezza i confini e i limiti fermi imposti dalla solidarietà nazionale, che significa rispetto, giustizia, futuro per i giovani e il paese. Per questo va superata l'illusione di costi standard sinonimo di costi più bassi che non sono in grado di salvaguardare e promuovere l'eccellenza basata sulla tenuta nel tempo di ricerche di avanguardia che sappiano evitare gli sprechi reali.

Il cuore del Federalismo e della crescita è il raccordo tra autonomia di entrata e di spesa. La responsabilità degli amministratori richiede innanzitutto che la loro azione di governo e amministrativa sia costantemente verificata. Una nuova generazione e classe politica di dirigenti regionali e locali può dimostrare la sua capacità attraverso il vincolo diretto di responsabilità davanti ai propri elettori.

"Gli uomini vogliono istintivamente rendersi ragione del perché pagano; e se quella ragione non è spiegata chiaramente gridano all'ingiustizia": Luigi Einaudi aveva chiaro come al fondo della partecipazione alla fiscalità generale vi fosse la forza di una "ragione" in grado di dare conto di un perché. La fiscalità va "spiegata" in termini di servizi alla collettività o di solidarietà, equità, giustizia che prescinde dalla logica del dare-avere. Contenere la spesa pubblica senza aumentare la pressione fiscale è oggi un'esigenza etica e politica avvertita da chiunque ma sarà programma di Governo efficace solo se si saprà amministrare evitando di spendere molto e male.

Il dualismo dell'economia italiana, che nasce dal divario tra Nord e Sud e che è presente nel nostro Paese fino dall'Unità, si deve superare. Nel Mezzogiorno si produce solo un quarto della ricchezza nazionale e vi risiede un terzo della popolazione e molti giovani, il 23% nel 2009, abbandonano gli studi prematuramente. Così ciascuno di loro può divenire vittima di sopraffazione e ricatto, soprattutto al Sud. Occorre realizzare un progetto civile che coinvolga tutte le componenti migliori del Paese e che imponga un fronte comune della politica, per superare questi problemi e queste divergenze.

La riscoperta dell'Unità d'Italia è innanzitutto una necessità, una possibilità culturale e sociale che non deve lasciare nessuno indifferente e che richiede il protagonismo dell'esperienza, dell'intelligenza e del cuore; sentirsi assieme agli altri accomunati da un ideale che è simbolo di civiltà. La civiltà di una storia da raccontare con orgoglio, capace di aprire nuovi orizzonti al contributo generoso delle future generazioni. Ed è indispensabile che il senso e il significato delle Istituzioni siano da tutti noi sempre tenuti presenti.

I cittadini sono stanchi di tante tensioni e discussioni che non sentono proprie e sono lontane dai loro bisogni. Il rischio sempre più concreto è che si crei una distanza sempre maggiore tra elettori ed eletti che rischia di diventare sempre più incolmabile. Occorre alto senso di responsabilità in un momento in cui il Paese e l'Europa intera vivono una crisi economica a tutti nota, che proviene da quella dei mercati internazionali di oltre Oceano.

Le forze politiche devono impegnarsi a realizzare non ciò che è bene per loro ma ciò che è bene per il Paese. E l'Italia chiede governabilità, sicurezza di prospettive, certezza di scelte, attuazione del programma elettorale che i cittadini hanno votato. Gli italiani ne hanno pieno diritto. Così come le forze politiche premiate democraticamente dagli elettori hanno il dovere di governare. Contrasti, inutili contrapposizioni, ostacoli, possono e devono essere rimossi perché rallentano, in un momento così delicato e difficile, la crescita e lo sviluppo del nostro Paese.

Di fronte ai problemi quali l'occupazione soprattutto dei nostri giovani, la tutela del territorio così provato da calamità naturali, la necessità di un rigoroso controllo dei conti pubblici, gli italiani chiedono governabilità, stabilità e rispetto della volontà democratica dei cittadini. Abbiamo tutti il dovere morale di venire incontro a queste inderogabili esigenze, con spirito veramente costruttivo.



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