Il Presidente: Discorsi

Sul 50° anniversario di attività parlamentare del senatore di diritto e a vita Francesco Cossiga

27 Maggio 2008

Onorevoli colleghi,
festeggiamo oggi i cinquant'anni di attività parlamentare del nostro autorevole e stimato collega Francesco Cossiga, che nel 1958 - III legislatura - divenne deputato e dal 1983 senatore della Repubblica. La sua storia politica, iniziata già nel 1944 quando aderì alla Democrazia Cristiana, si caratterizza, come a tutti noto, per due elementi fondamentali: l'aver ricoperto, nessuno escluso - unico tra i politici italiani - i più prestigiosi incarichi di governo ed istituzionali, fino alla Presidenza del Senato e quindi all'elezione a Capo dello Stato; e l'essere stato tra i più giovani della storia repubblicana ad assumere la responsabilità di questi alti uffici.

In ogni fase della sua intensa attività pubblica, il legame con la propria terra e la propria gente, con la sua Sardegna, è stato un elemento di orgoglio, di riconoscimento ideale e di identità. Un legame così profondo che ha rappresentato per la stessa terra sarda un motivo di vanto ed ulteriore, preziosa conferma della ricchezza della sua storia, della antica bellezza della sua lingua, della sua letteratura, della sua tradizione giuridica e culturale. Di quello spirito alto, fiero e nobile, il senatore Cossiga è stato interprete fedele ed appassionato testimone in Italia e nel mondo.

Nel rivolgergli, a nome di tutta l'Assemblea, e mio personale, il più cordiale augurio per la felice ricorrenza, desidero al di là di ogni ulteriore nota biografica ricordare come nelle diverse circostanze che hanno segnato il suo impegno civile siano stati il «primato della politica» ed il «primato della coscienza» gli assi portanti della sua presenza nelle istituzioni.

Già in uno scritto del 1951 il senatore Cossiga - che di lì a poco avrebbe visto riconosciuto dalla comunità accademica il valore scientifico dei suoi studi - con chiarezza e lucidità preveggenti riconosceva nella «effettiva partecipazione della base popolare alla vita dello Stato (...) il supporto e l'anima» della democrazia. Nelle approfondite e densissime "Note sulla libertà d'espatrio e d'emigrazione" del 1953, considerava «ogni limitazione alla libertà personale» l'espressione di un rapporto tra «un interesse dell'ordinamento e 1'interesse dell'individuo». Il primato della politica era per lui, oggi come allora, l'espressione più alta di una tensione etica dell'agire civile al quale dovevano informarsi tanto i rappresentanti del popolo sovrano quanto gli stessi cittadini. Quel primato rappresenta il vincolo di reciprocità più forte tra eletto ed elettore, garanzia di tenuta dell'intero sistema di relazioni democratiche e civili.

Per il politico, però, il primato della coscienza rappresentava un qualcosa di più e per molti aspetti irrinunciabile: il pungolo ed il monito a non arretrare mai di fronte alla coerenza dei valori e dei principi condivisi. Il primato della coscienza è la costante di uomini ai quali il senatore Cossiga si è sempre dichiarato idealmente debitore: Tommaso Moro e il suo compagno di prigione John Fisher, il cardinale John Henry Newman, Antonio Rosmini, solo per citarne alcuni.

La libertà di coscienza nella sua riflessione e presenza parlamentare non è mai apparsa una scorciatoia imboccata per eludere i problemi nella loro immediata incidenza storica, bensì il criterio di giudizio - severo e rigoroso - di ogni scelta e di ogni iniziativa. Sembrano perfettamente consonanti le parole di quello che, a ragione, il teologo Bruno Forte addita come "l'avvocato della coscienza", Alfonso de Liguori: «la libertà è il requisito necessario della moralità». Una libertà indissolubilmente intrecciata con il senso di responsabilità verso gli uomini e verso il proprio Paese. Libertà e responsabilità da viversi nella testimonianza diretta e quotidiana, da non relegarsi a formule vuote solo dichiarate e non coerentemente realizzate.

Davvero nelle parole dei suoi interventi in Aula, che tutti noi colleghi abbiamo potuto ascoltare, e dove egli contribuisce nei momenti più significativi ad arricchire il dibattito politico, si percepisce quel senso del dovere etico e civile che rimane ancora oggi pratica concreta e vera di amore per le istituzioni.

La sincerità delle sue parole affiora in modo esemplare, a tratti commossi, quando il suo pensiero si rivolge ai nostri militari impegnati in missioni di pace all'estero. A loro si rivolge chiamandoli "nostri ragazzi" e loro, dalla sua voce e dalla sua tenace, fedele difesa, si sono sentiti sempre "figli della Patria", orgoglio di tutti noi e dell'Italia intera.

Grazie senatore Cossiga. Tanti cari e affettuosi auguri, Presidente!


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