Il Presidente: Discorsi

Incontro con il Premio Nobel per la Pace 2011, Tawakkol Karman

Discorso pronunciato dal Presidente Schifani nella Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani, in occasione dell'incontro con il Premio Nobel per la Pace 2011, Tawakkol Karman, protagonista della "primavera araba yemenita" e leader della lotta nonv

6 Febbraio 2012

Presidente Monti, Signora Karman, Autorità, Signore e Signori,
ho accettato con piacere l'invito della Vice Presidente Emma Bonino ad aprire l'incontro di oggi con il Premio Nobel per la pace Tawakkul Karman.
La signora Karman è stata insignita del prestigioso riconoscimento nel 2011, insieme ad una attivista ed alla prima presidente africana donna della Liberia, "per la loro battaglia non violenta - cito testualmente - a favore della sicurezza delle donne e del loro diritto alla piena partecipazione nell'opera di costruzione della pace".
Una motivazione giusta, un riconoscimento doveroso.

Mai come oggi, infatti, il ruolo delle donne (islamiche e non) è di rilevanza fondamentale, essenziale ed imprescindibile per realizzare la pacificazione di un'area troppo spesso insanguinata da conflitti laceranti.
L'attuale periodo storico ha visto - e continua a vedere - il mondo arabo scosso da legittime aspirazioni alla libertà, alla democrazia, al rispetto dei diritti di tutti i cittadini. Una spirale di violenze, abusi, e repressioni durissime, è stata spesso la risposta a questi fermenti.
Tutti noi abbiamo seguito con interesse e speranza la "Primavera araba", e le conseguenze a volte imprevedibili che essa ha avuto in molti Paesi.
I giovani e le donne, con l'aiuto delle moderne tecnologie e, in particolare, della Rete telematica e dei social networks, hanno rappresentato il vero motore di questo rapido processo di cambiamento: un fatto che non ha precedenti nella storia dell'umanità.
Regimi che sembravano stabili nella loro oppressiva rigidità sono improvvisamente crollati, purtroppo non senza eccessi da una parte e dall'altra.

Alcuni Paesi arabi sono tuttora attraversati da violente ribellioni, se non addirittura da rivoluzioni.
Anche lo Yemen, questa splendida terra su cui si dice che regnasse un tempo la mitica regina di Saba, conosce una stagione aspra e difficile.
Lo Yemen, troppo spesso ricordato solo per problemi come il terrorismo, la povertà, l'integralismo islamico, l'instabilità politica, la lotta fra sunniti e sciiti, il rapimento di cittadini occidentali, desta però oggi un rinnovato e positivo interesse proprio grazie al Nobel per la pace conferito alla nostra ospite.
Una donna coraggiosa che si ispira per la sua battaglia ai principi di non violenza un tempo sostenuti da Gandhi e Martin Luther King e più recentemente da Nelson Mandela.
Una linea di condotta ancora più meritoria, se si pensa che la sopraffazione e la brutalità hanno spesso caratterizzato il modo di agire della parte più radicale del Paese.

Purtroppo, sono ancora le donne ad avere risentito maggiormente di questo clima di oppressione.
Una condizione di analfabetismo diffuso, di estrema povertà (basti pensare che un terzo della popolazione patisce la fame), di segregazione, ha per molto tempo mortificato - e continua a farlo - la parte femminile della popolazione.
Le lotte tribali, il fondamentalismo integralista, l'isolamento, hanno consentito il protrarsi di questo stato di cose. Nello Yemen il 60% delle donne è analfabeta, il tasso demografico è altissimo e purtroppo anche quello di mortalità per parto: una situazione drammatica che rende sempre più difficile approntare tutti gli strumenti idonei a mutare il corso degli eventi.
Ma l'apporto della donna è decisivo per l'evoluzione e lo sviluppo della società stessa. Il contributo che l'universo femminile è in grado di offrire passa necessariamente per il riconoscimento della sua autonomia che significa, prima di ogni altra cosa, diritto di accedere al mondo dell'istruzione e del lavoro.

Un'affermazione che a noi occidentali sembra scontata, ma che in molti Paesi è frutto invece di un lungo percorso di fatica e di lotte.
L'istruzione e la formazione contribuiscono in maniera decisiva a fornire una risposta adeguata alle sfide socio - economiche e demografiche crescenti che tutti i Paesi sono chiamati a affrontare nell'era della globalizzazione.
Decisiva è, in questo senso, la questione femminile; l'OCSE rileva che "Le variazioni dell'occupazione femminile tra i Paesi sono un fattore primario di differenza nei tassi totali di occupazione", e l'occupazione aumenta di pari passo con il livello di istruzione.
Forti di queste convinzioni, non possiamo che guardare con interesse e speranza, e ancor di più con fattiva partecipazione, al meritevole operare di chi, come la signora Karman, lotta per i diritti umani e la democrazia in modo non violento.
Laureatasi in Scienze Politiche, poi diventata giornalista, la Karman ha fondato l'organizzazione "Donne giornaliste senza catene". E' inoltre esponente dell'ala moderata del partito "Al Islah" e ha dato vita ad uno dei movimenti più attivi della primavera yemenita, cioè quello del "Youth Revolution Council".

Grazie al conferimento del Nobel, è divenuta un vero e proprio simbolo per le molte donne ancora oppresse che lottano per veder riconosciuti i loro legittimi diritti.
Nella rivolta contro il Presidente Ali Abdullah Saleh, che dopo la tanto auspicata unificazione del Paese ( prima diviso in Yemen del sud e del nord) ha preso il potere, la signora Karman si è distinta per coraggio e determinazione.
Proprio nella capitale yemenita di Sanaa è cominciata la rivolta femminile, e nonostante il presidente Saleh avesse accusato le pacifiche manifestanti di "non essere brave musulmane", le donne hanno continuato nella loro protesta senza lasciarsi intimorire, quando molti dei loro padri, mariti e fratelli erano stati arrestati. Anche Tawakkul Karman ha conosciuto la prigione ma ha proseguito senza tentennamenti, nonostante le minacce più volte subite, per perseguire e realizzare la sua giusta causa.
Con le sue straordinarie doti e con piena consapevolezza ha tracciato il percorso per un nuovo mondo femminile islamico per il quale, non dimentichiamolo, la positiva evoluzione della questione femminile riveste carattere determinante.

Permangono ancora oggi molte differenze tra i vari Paesi islamici: alcuni di essi hanno già conseguito grandi progressi in materia di diritti umani e ruolo femminile; altri certamente seguiranno.
Cara Signora Karman, guardiamo con partecipe attenzione a questo lento ma costante progredire verso una maggiore democrazia nel suo Paese, così come abbiamo seguito sempre con interesse ciò che lo riguarda.
Voglio ricordare infatti che l'Italia è stato la prima, fra le potenze occidentali, a riconoscere ufficialmente lo Yemen, nel 1926 e ha conferito all'Iman Yahya Muhammad al - Din il titolo di re.
Saremo sempre attivi e presenti nelle giuste battaglie per l'affermazione della democrazia, dei diritti umani, della giustizia e delle pari opportunità.
Continueremo ad essere sempre al fianco delle donne che, come lei signora Karman, si battono per l'affermazione della libertà.
Vi ringrazio.



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