DISEGNO DI LEGGE
d'iniziativa dei senatori SALVATO, SALVI, COSSIGA, MANCONI, MIGONE,
CONTESTABILE, TABLADINI, FOLLIERI, CIRAMI, SCOPELLITI, DE ZULUETA,
BONFIETTI, RUSSO SPENA, ALBERTINI, SILIQUINI, NAPOLI Roberto, GAMBINI,
BRIENZA, LARIZZA, LORETO, LUBRANO di RICCO, PASQUALI, ERROI, BESOSTRI,
BORTOLOTTO, SARACCO, DI BENEDETTO, MONTAGNA, CORRAO, MUNDI, SARTO, COSTA,
NIEDDU, MUNGARI, BERNASCONI, LAURIA Baldassare, DE LUCA Athos, BALDINI,
BESSO CORDERO, IULIANO, CARCARINO, BRIGNONE, RIPAMONTI, BARBIERI, CAPALDI,
MASULLO, BRUNO GANERI, MELONI, CRESCENZIO, DONISE, CAMO, MIGNONE, DE GUIDI,
PREDA, CONTE, VELTRI, LOMBARDI SATRIANI, GUERZONI, DANIELE GALDI, RESCAGLIO,
MICELE, VERALDI, CIONI, FERRANTE, ROBOL, MURINEDDU, NAPOLI Bruno, BOCO e
PIATTI
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 10 DICEMBRE 1998
Introduzione del reato di tortura
ONOREVOLI SENATORI. - "É stato facile stabilire un primo punto
fermo: cosa debba intendersi per tortura. Su questo punto ci soccorrevano la
storia, gli scritti dei grandi illuministi (Verri, Beccaria, Voltaire,
Manzoni), le letture recenti (ad esempio, La Question
di Henri Alleg, sulla guerra di Algeria, o La Confessione
di Arthur London, in cui il dirigente politico cecoslovacco descrive gli
orribili metodi con cui i servizi di sicurezza del suo Paese torturavano i
dissidenti politici negli anni cinquanta); ci sono state di grande aiuto
anche le sentenze della Corte europea sui diritti dell'uomo (ad esempio
quelle sulle cosiddette tecniche di aiuto all'interrogatorio, usate dagli
inglesi nell'Irlanda del Nord), o il rapporto della Commissione europea sui
diritti dell'uomo nella Grecia dei colonnelli. Senza nemmeno discuterne tra
noi, ci é sembrato evidente che la tortura fosse qualunque violenza o
coercizione, fisica o psichica, esercitata su una persona per estorcerle una
confessione o informazioni, o per umiliarla, punirla o intimidirla. Nella
tortura la disumanità é deliberata: una persona compie
volontariamente contro un'altra atti che non solo feriscono quest'ultima nel
corpo o nell'anima, ma ne offendono la dignità umana. Nella tortura
c'é insomma l'intenzione di umiliare, offendere e degradare l'altro,
di ridurlo a cosa...". Cosí Antonio Cassese nelle sue memorie di
Presidente del Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle
pene o dei trattamenti inumani o degradanti.
La tortura, cosí come il genocidio, é considerato crimine
contro l'umanità dal diritto internazionale. La proibizione della
tortura e di altre forme di trattamento o punizione crudele, inumana o
degradante costituisce oggetto di molteplici Convenzioni internazionali
ratificate anche dal nostro Paese.
La Convenzione ONU approvata dall'Assemblea generale il 10 dicembre 1984
e ratificata dall'Italia ai sensi della legge 3 novembre 1988, n. 498,
all'articolo 1 definisce il crimine della tortura come "qualsiasi atto
mediante il quale sono intenzionalmente inflitti ad una persona dolore o
sofferenze, fisiche o mentali, con l'intenzione di ottenere dalla persona
stessa o da un terzo una confessione o un'informazione, di punirla per un
atto che lei o un'altra persona ha commesso o é sospettata di aver
commesso, di intimorire o costringere la persona o un terzo, o per qualsiasi
altro motivo fondato su qualsiasi altra forma di discriminazione, qualora
tale dolore o sofferenza siano inflitte da un pubblico ufficiale o da ogni
altra persona che agisca a titolo ufficiale, o su sua istigazione, o con il
suo consenso espresso o tacito". All'articolo 4 si prevede che ogni Stato
parte vigili affinché tutti gli atti di tortura vengano considerati
quali trasgressioni nei confronti del proprio diritto penale. Lo stesso vale
per il tentativo di praticare la tortura. Nasce cosí un obbligo
giuridico internazionale ad oggi inadempiuto dal nostro Paese, ossia
l'introduzione del reato di tortura nel codice penale, piú volte
sollecitato sia dal Comitato sui diritti umani istituito dal Patto sui
diritti civili e politici che dal Comitato istituito dalla stessa
Convenzione sulla tortura, il quale nell'esame dei due rapporti periodici
sull'Italia ha sottolineato come fosse necessario supplire a tale lacuna
normativa. La proibizione della tortura é anche esplicitamente
prevista all'articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei
diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4
novembre 1950, ed all'articolo 7 del Patto sui diritti civili e politici del
1966.
In sede europea dal 1989 opera, a seguito di apposita Convenzione, il
predetto Comitato per la prevenzione della tortura e delle pene o dei
trattamenti inumani o degradanti le cui visite periodiche nelle carceri e
nelle stazioni di polizia dei Paesi firmatari la Convenzione costituiscono
il piú efficace deterrente contro ogni tentazione di violazione dei
diritti fondamentali delle persone private della libertà personale.
Per chiudere il quadro internazionale di riferimento esiste anche una
Convenzione interamericana contro la tortura, mentre la Carta africana la
proibisce espressamente.
La esplicita previsione del reato di tortura, oltre che a corrispondere
ad un obbligo giuridico internazionale, costituisce un forte messaggio
simbolico in chiave preventiva. Significa chiarire con nettezza quali sono i
limiti dell'esercizio della forza e quali sono i limiti dell'esercizio dei
pubblici poteri rispetto ad esigenze investigative o di polizia.
Alcune questioni devono essere preliminarmente affrontate per meglio
chiarire l'ambito di azione di una legge che intende introdurre il reato di
tortura nel nostro ordinamento penale.
É difficile esplicitare esaustivamente il contenuto del reato di
tortura. Proprio per evitare operazioni ermeneutiche che ne ridimensionino
la portata, é necessario procedere ad una elencazione casistica,
seppur non omnicomprensiva, delle fattispecie che possono essere configurate
quali episodi di tortura. Una prima distinzione é fra forme di
tortura fisica (pestaggi sistematici e non, molestie sessuali,
shock
elettrici, torture con gettiti di acqua, mutilazioni) e forme di tortura
psicologica (ingiurie verbali, minacce di morte, costrizione alla
nudità integrale, costrizione ad assistere alla tortura o alla morte
di altri detenuti, minacce trasversali, ispezioni improvvise e senza
mandato, sorveglianza continua durante l'espletamento di attività
lavorativa, perdita del lavoro o della possibilità di continuare gli
studi al termine del periodo di detenzione). Questa prima elencazione,
frutto di un'analisi della giurisprudenza internazionale, evidenzia come la
tortura possa essere non solo inflizione di sofferenza fisica ma anche di
sofferenza psicologica. E nel nostro ordinamento oggi é certamente
insufficiente la mera previsione del reato di minaccia di cui all'articolo
612 del codice penale.
La definizione di tortura presente all'interno della stessa Convenzione
ONU, essendo ripresa nella proposta di legge, richiede alcuni chiarimenti.
Essa é primariamente intesa a tutelare i detenuti, ossia le persone
in stato di detenzione legale. Destinatario del crimine di tortura é
anche colui che si trova in uno stato di detenzione illegale o di fatto (ad
esempio ricovero forzato in un ospedale psichiatrico). In tal senso si
é espresso il Comitato sui diritti umani che ha interpretato la
proibizione della tortura prevista all'articolo 7 del Patto sui diritti
civili e politici quale strumento di protezione non solo delle persone
condannate o arrestate, ma anche degli allievi nelle scuole e dei malati
negli ospedali. Ogni definizione di tortura, pertanto, non deve essere
confinata alle sole ipotesi di violenze nei luoghi di detenzione. In
prospettiva é quindi auspicabile che l'ambito applicativo si estenda
sino a ricomprendere episodi di violenza sessuale posti in essere da
pubblici ufficiali o di lavoro forzato a danno di minori. Il concetto di
tortura deve essere riempito di contenuti dettati dalle circostanze
politiche e dal momento storico.
Altra questione riguarda l'autore del reato. Non é necessario che
il pubblico ufficiale sia autore diretto della tortura; é sufficiente
che ne sia istigatore, complice consenziente o mero soggetto acquiesciente
alla commissione del crimine. Pertanto un cittadino comune utilizzato o
impiegato da un pubblico ufficiale per commettere violenza fisica o
psicologica nei confronti di un altro cittadino, in stato di detenzione o
non, per le finalità descritte con precisione nella nor ma, commette
il reato di tortura. Vi deve essere un nesso di causalità diretto tra
l'istigazione e l'atto compiuto; nesso che non viene meno nei casi in cui il
privato cittadino vada oltre il mandato conferitogli. Deve rispondere di
tortura anche il pubblico ufficiale tacitamente consenziente alla
commissione di atti di tortura compiuti da soggetti privati o che si sottrae
volontariamente all'obbligo di impedire un atto di tortura.
La rielaborazione della nozione di tortura deve spingersi sino a
ricomprendere tutte quelle ipotesi in cui gruppi para-legali (ad esempio
"squadroni della morte" o gruppi armati non dello Stato) fruiscono
dell'incoraggiamento, anche indiretto, dello Stato per intraprendere azioni
dirette a sopprimere gli oppositori politici.
Deve essere tenuto in debito conto, inoltre, il ruolo che il sesso ed il
genere possono giocare nella identificazione degli atti di tortura. Non
puó essere tralasciato come ben diversi siano i rischi a cui una
donna é soggetta durante un interrogatorio rispetto ad un uomo,
cosí come differenti sono le condizioni di detenzione perché
si configuri un trattamento non rispettoso della dignità della
persona.
Infine, la tortura non include, ovviamente, le sofferenze derivanti
dall'applicazione di una sanzione legale o ad essa inerente o accessoria.
Per tutte queste ragioni é importante prevedere l'introduzione del
reato di tortura nel nostro codice penale. Non possono essere ritenuti
sufficienti gli articoli 606 (arresto illegale), 607 (indebita limitazione
della libertà personale), 608 (abuso di autorità contro
arrestati o detenuti), 609 (perquisizioni ed ispezioni personali arbitrarie)
del codice penale, sia per la non severità della sanzione, sia per la
non incisività del contenuto. Dall'altro lato nei reati di percosse
(articolo 581 del codice penale) e di lesioni (articolo 582 del codice
penale) manca la specificità dell'elemento soggettivo, tipico,
invece, della tortura.
L'introduzione del reato di tortura costituisce quindi un adeguamento
della normativa interna a quella sovranazionale, colma le lacune del diritto
interno (gli atti di tortura che non provocano lesioni gravi sono oggi
punibili solo a querela di parte e rischiano quindi l'impunità,
cosí come le sottili torture psicologiche non rientranti nel novero
delle lesioni personali), costituisce norma di chiusura dell'ordinamento a
garanzia dei diritti umani di tutti i cittadini.
Il disegno di legge che introduce il reato di tortura nel codice penale
nell'ambito dei delitti contro la persona (e precisamente a chiusura del
capo concernente i delitti contro la vita e l'incolumità individuale)
prevede la procedibilità di ufficio, pene particolarmente severe
visto che si attenta ai diritti umani fondamentali, obbligo di negare
l'immunità diplomatica a chiunque si sia macchiato di reati di
tortura anche all'estero, l'istituzione di un fondo ad hoc
per la riabilitazione delle vittime della tortura.
DISEGNO DI LEGGE |
Art. 1.
1. Dopo l'articolo 593 del codice penale é inserito il seguente:
"Art. 593- bis . - (Tortura) - Il pubblico ufficiale
o l'incaricato di pubblico servizio che infligge ad una persona, con
qualsiasi atto, lesioni o sofferenze, fisiche o mentali, al fine di ottenere
segnatamente da essa o da una terza persona informazioni o confessioni, di
punirla per un atto che essa o una terza persona ha commesso o é
sospettata di aver commesso, di intimorirla o di far pressione su di lei o
su di una terza persona, o per qualsiasi altro motivo fondato su ragioni di
discriminazione, é punito con la reclusione da quattro a dieci anni.
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Art. 2.
1. Il Governo italiano non puó assicurare l'immunità
diplomatica ai cittadini stranieri sottoposti a procedimento penale o
condannati per il reato di tortura in un altro Paese o da un tribunale
internazionale.
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Art. 3.
1. É istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri un
fondo per le vittime dei reati di tortura per assicurare un risarcimento
finalizzato ad una completa riabilitazione.
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