DISEGNO DI LEGGE
d'iniziativa popolare, a norma dell'articolo 71, secondo comma, della
Costituzione e degli articoli 48 e 49 della legge 25 maggio 1970, n. 352
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 27 OTTOBRE 1994
Legge di riordino dell'assistenza sociale. Istituzione di un assegno sociale
per i soggetti anziani e di un assegno di inabilità
Già stampato n. 1063 della XII legislatura
ONOREVOLI SENATORI. - Con questo disegno di legge di iniziativa popolare
si intende collocare la riforma dell'assistenza sociale nel piú ampio
dibattito volto a contrastare le ipotesi di "smantellamento" dello Stato
sociale e ad affermare una nuova equità e solidarietà
intergenerazionale ed intercategoriale in una situazione sociale che in
Italia, come in larga parte dell'Europa, registra larghi e crescenti
fenomeni di pauperismo, specie nelle popolazioni anziane e nei soggetti
portatori di handicap .
Questa proposta vuole essere un contributo al confronto aperto tra le
forze che concretamente, anche se con posizioni diverse, si muovono in tale
direzione, al fine di giungere celermente alla approvazione della legge
nazionale di riforma dell'assistenza sociale, ormai indifferibile a seguito
delle mini riforme in materia (volontariato, handicap ) che
tuttavia hanno mantenuto il carattere particolaristico delle tutele, specie
di quelle economiche, e delle relative forme di intervento. Occorre da un
lato dare attuazione alla raccomandazione della Comunità europea n.
92/441 del 24 giugno 1992 ed alle numerose risoluzioni del Parlamento
europeo sulla introduzione in tutti gli Stati membri di un reddito minimo
garantito, almeno a partire dalle persone anziane; dall'altro disciplinare
in forma di legge quadro l'insieme delle iniziative che molte regioni hanno
assunto nel corso di questi ultimi anni, fondate sia su un intreccio tra
prestazioni economiche e servizi alla persona, per rendere effettivi gli
interventi individualizzati e le iniziative di reinserimento sociale, sia su
una relazione a rete tra strutture pubbliche e del privato sociale, tutte
coinvolte nelle iniziative territoriali.
D'altra parte ragionare in questa fase su una legge di riordino generale
significa arricchire il confronto politico, recuperando e rilanciando
princípi, valori ed esperienze solidaristiche, oggi piú che
mai necessarie a seguito della riduzione del tempo di lavoro necessario alla
produzione dei beni per il mercato, nonché a seguito della
conseguente disoccupazione tecnologica e di un pauperismo diffuso.
L'esperienza neo-liberista dei paesi anglosassoni dimostra che le tipologie
flessibili ed elastiche di rapporto di lavoro, la deregulation
delle garanzie dei lavoratori e la riduzione del carico fiscale non sono
servite a riassorbire una disoccupazione larga, crescente e strutturata.
Fenomeni analoghi, in contesti diversi, si presentano anche in Francia e
Germania. Al di là delle future e auspicate nuove politiche del tempo
di lavoro occorre dunque creare nel territorio servizi a rete che
neutralizzino sistematicamente il rischio di frantumazione sociale, di paura
e di violenza. Servizi che, per essere ad alta densità occupazionale,
danno al tempo stesso una risposta al drammatico problema della
disoccupazione, come auspicato dal libro bianco della Commissione della
Comunità europea del dicembre 1993 su "Crescita, competitività
e occupazione". In tal modo l'approvazione di tale proposta, lungi dal
soddisfare i bisogni della sola popolazione anziana, darebbe una risposta
non assistenziale bensí programmata e "progressiva" ai bisogni di
inserimento anche della popolazione attiva, accordando alla medesima
benefici economici strettamente correlati alla esplicazione di
attività socialmente utili presso le istituzioni del privato sociale.
Il passaggio dallo Stato sociale alla moderna società del
work-fare , da molti auspicata, é poi necessario all'interno di
una riscoperta del pluralismo istituzionale, del volontariato, del servizio
civile, della garanzia pubblica di ultima istanza entro una logica di
interventi a rete di tipo leggero e non "statalista". Ció anche al
fine di correggere le storture antiche e recenti del nostro paese.
I punti cruciali della riforma dell'assistenza sono:
a)
la definizione dei diritti del cittadino e dei livelli quantitativi e
qualitativi delle prestazioni garantite a soddisfazione di tali diritti. Di
tali garanzie quella di un reddito minimo riguarda i trasferimenti monetari,
le condizioni che attivano il conferimento di risorse (livello di reddito
disponibile e condizioni di salute), l'entità e le forme degli
interventi nonché i casi di conversione delle prestazioni monetarie
in buoni servizio ad incentivo delle attività comunali di
reinserimento;
b)
la definizione ed il coordinamento dei ruoli dei diversi soggetti
istituzionali nonché la creazione del Ministero per gli affari
sociali. La scarsa chiarezza istituzionale perdura ancora nonostante
l'approvazione della riforma generale delle autonomie locali. In carenza di
norme nazionali le regioni piú attive si sono date autonomamente
delle regole, adottando soluzioni assai diverse anche sul problema
istituzionale piú spinoso, quello del ruolo del comune.
L'organizzazione e gestione efficiente ed efficace di un sistema di
servizi a fronte di una società che esprime bisogni complessi
richiedono l'individuazione di un ambito - il distretto sociale - in cui
raccogliere l'intera gamma dei bisogni e della domanda sociale, valorizzando
l'apporto delle forze sociali come interlocutori strutturali del comune,
singolo o associato, nell'ambito delle indicazioni programmatiche dello
Stato e delle regioni, raccolte da un Ministero degli affari sociali con
pienezza di poteri;
c)
la trasparenza e la fruibilità delle attività nonché
la disciplina delle professionalità del personale delle istituzioni
del privato sociale a cui vengono in prevalenza affidate in gestione le
esigenze dell'utenza;
d)
il ruolo prevalentemente d'impulso e di coordinamento del comune;
e)
la costituzione a livello nazionale di un fondo sociale economicamente
adeguato a sostenere le forme di reddito minimo garantito e ad incentivare i
servizi di reinserimento proposti dalle forze sociali nelle regioni
piú svantaggiate; fondo sociale in cui confluiscano tutte le attuali
risorse che lo Stato e gli enti centrali impegnano nell'assistenza. Tale
fondo, previo lo scorporo delle risorse richieste da attività di
livello nazionale, dovrà essere ripartito in base a parametri certi e
con vincolo di destinazione alle regioni;
f)
fondi sociali regionali che, nell'ambito di una corretta linea di
federalismo promuovano i servizi locali e la responsabilità
finanziaria delle relative popolazioni;
g)
la separazione della previdenza dall'assistenza mediante il completamento
della riforma di cui all'articolo 37 della legge 9 marzo 1989, n. 88, con
l'assunzione di tutti gli oneri a carico della fiscalità generale.
In sintesi il disegno di legge colloca al centro dell'universo "politico"
la "persona e la sua dignità", mediante interventi individualizzati
di assistenza e di integrazione sociale, l'efficienza e la trasparenza della
pubblica amministrazione, il risparmio dei costi di gestione, l'intreccio
tra prestazioni economiche e servizi, la programmazione ed il coordinamento
con i servizi sanitari onde contrastare le attuali tendenze alla
medicalizzazione dei bisogni, il pluralismo degli enti gestori nell'ambito
di un sistema a rete.
Venendo al merito della legge i princípi generali e i diritti in
materia di assistenza sono definiti nella sezione I del capo I.
All'articolo 1 si stabilisce che l'attuazione dei princípi
costituzionali sancita dagli articoli 2, 3, 38 e 117 avviene mediante
l'iniziativa per l'assistenza e l'integrazione sociale. Tale attività
é costituita dal complesso di funzioni, strutture, servizi e
attività destinati a promuovere e mantenere lo stato di benessere e a
favorire il pieno sviluppo della personalità dei cittadini. Con la
definizione di questi princípi e in omaggio al dettato costituzionale
si supera la concezione tradizionale di povertà e di bisogno per
porre al centro dell'attenzione il benessere e lo sviluppo della
personalità dei cittadini.
É previsto inoltre che tale attività assicuri il
collegamento e il coordinamento con le attività e gli interventi di
istituzioni e organi in materia sociale, nonché l'integrazione con le
attività espletate dal Servizio sanitario nazionale, entro il
distretto sociale. Questi concetti richiamano i contenuti del dibattito
culturale che per anni ha orientato le scelte per l'organizzazione dei
servizi alla persona, superando le visioni totalizzanti talora sostenute,
cercando di individuare in modo corretto le modalità di coordinamento
e integrazione. Si afferma, inoltre, che le associazioni di volontariato e
tutte le istituzioni di promozione e assistenza sociale concorrono alle
attività di iniziativa con ruolo prevalentemente di gestione entro
una struttura programmata, a rete, non "statalista" e a spesa contenuta. A
tal fine é prevista una concertazione territoriale degli interventi
tra distretto sociale, comunale o intercomunale, e le forze sociali
rappresentative degli utenti.
All'articolo 2 sono previste le finalità da perseguire per la
piena affermazione dei princípi fissati all'articolo 1.
Si stabilisce che tutti i cittadini hanno diritto ai servizi sociali e
che tale diritto é esteso agli stranieri e agli apolidi che si
trovino in territorio italiano, anche se non assimilati, o non appartenenti
a Stati con i quali sussiste il trattamento di reciprocità. Con
questa impostazione si vuole assicurare a tutti i cittadini l'esercizio del
diritto all'assistenza sociale - eccezion fatta per le prestazioni
economiche - indipendentemente dal Paese di provenienza e dalla condizione
personale e lavorativa, con il fine di consentire anche ad essi una
condizione di vita dignitosa.
Gli elementi caratteristici e gli ambiti privilegiati delle
finalità sono: la prevenzione delle situazioni che generano rischi
sociali, situazioni di bisogno e fenomeni di emarginazione; il reinserimento
e mantenimento nei normali ambienti di vita dei soggetti deboli e menomati e
di quelli che vivono in strutture diurne per soggetti non autosufficienti o
di autonomia limitata; il sostegno alla famiglia quando sia centro di
comunità affettiva e di sviluppo dei rapporti di solidarietà.
Si é voluta porre particolare attenzione alle finalità di
protezione e tutela sostanziale e giuridica dei soggetti incapaci di
provvedere a se stessi e privi di persone che si occupino di loro, avendo
presente soprattutto la condizione di violenza sui minori e abbandono degli
stessi.
In sostanza si afferma una concezione di organizzazione dei servizi
diurni, domiciliari e anche il ricorso alla residenzialità, quando
é necessario, considerando la permanenza in tali strutture per il
tempo necessario al ripristino delle funzioni compromesse, e promuovendo
l'attuazione di reti di solidarietà sociale e di sistemi di mutuo
aiuto tra persone e famiglie. In questa concezione delle modalità di
intervento riteniamo si creino e si definiscano spazi nuovi ed essenziali
per lo sviluppo degli interventi del privato nel sociale, in particolare
delle associazioni di volontariato e della stessa cooperazione.
All'articolo 3 si affrontano i problemi connessi alla tutela dei diritti
individuali e collettivi dei cittadini nel rispetto dei princípi di
cui agli articoli 1 e 2. Si vuole con questo articolo definire in forme
operative concrete sia la dislocazione decentrata dei servizi organizzati
dai comuni per fornire all'utenza l'informazione, il segretariato sociale e
l'accoglienza, sia adeguate forme di pubblicizzazione dei diritti e dei
servizi, coinvolgendo in questo impegno associazioni ed enti di patronato.
Ma per rendere ancora piú vincolante il sistema della tutela e del
rispetto dei diritti si prevede che le modalità di funzionamento dei
servizi consentano al cittadino e all'utente di identificare gli operatori
del servizio stesso e le responsabilità ad essi attribuite; conoscere
i responsabili del procedimento amministrativo; avere accesso ai documenti e
partecipare ai procedimenti amministrativi che lo interessano. Il tutto
precisando quanto già disposto dalla legge 7 agosto 1990, n. 241. Si
stabilisce inoltre che vengano predisposte procedure per la definizione in
via breve dei reclami presentati al sindaco dai cittadini che ritengano
ingiusto e lesivo dei propri diritti il diniego opposto a loro richieste di
intervento.
Ulteriori forme di tutela dei diritti possono essere previste attraverso
l'istituto del difensore civico regionale o locale con compiti di vigilanza,
iniziativa ed intervento, da un lato, e la promozione di comitati
rappresentativi degli utenti cui assegnare compiti di rappresentanza,
informazione e proposta nei confronti delle istituzioni pubbliche,
dall'altro.
Nella sezione II del capo I sono definiti i compiti, le risorse, gli
strumenti ed i soggetti attuatori delle iniziative per l'integrazione
sociale.
In particolare, all'articolo 4, si richiama il metodo della
programmazione quale ordinatore dei comportamenti dei soggetti istituzionali
- lo Stato, le regioni, i comuni - per il progressivo ed equilibrato
raggiungimento delle grandi opzioni della legge di riforma, elencate agli
articoli 1 e 2.
Per lo Stato, intendendo in esso ricomprendere precipuamente i ruoli e i
compiti del livello nazionale e cioé quelli propri del Governo e del
Parlamento, si richiama l'essenzialità dell'oggetto, cioé la
determinazione delle strategie, degli obiettivi e degli strumenti, insieme
al procedimento "concorsuale" delle regioni in tale determinazione; con
ció si vuole rinverdire e rilanciare uno dei princípi
fondamentali dello Stato regionalista già fissato correttamente dal
legislatore con il tanto noto, ed altrettanto disatteso, decreto del
Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, in particolare proprio
nel "cuore" delle procedure "democratiche" della programmazione, affidate
alla Conferenza Stato-regioni ed al piano sociale nazionale.
In sostanza si vuole perseguire un ruolo "nuovo" codificato, di proposta
preliminare delle regioni, e di sintesi che ne fa il Governo nella redazione
della proposta al Parlamento: della relazione sullo stato dei bisogni e
dell'assistenza sociale (il momento conoscitivo) e della elaborazione dei
piani, dei programmi e dei progetti pluriennali (il momento politico delle
scelte); il piano che rappresenta la finalità complessiva, i
programmi che rappresentano le finalità e gli obiettivi di settore,
e, ancora, i progetti che rappresentano la fase operativa per l'attuazione
dei singoli fini.
Si esplicitano poi il metodo ed anche i moduli della programmazione del
livello regionale e comunale, sottolineando, sulla base delle esperienze
consolidate, l'essenzialità e la determinazione chiara delle
strategie e degli obiettivi dell'integrazione delle risorse finanziarie
(dirette e derivate) per il consolidamento delle sinergie dell'intervento
con la contestuale massima distribuzione decentrata (nel "punto" dove si
colloca il bisogno é individuato il soggetto preposto alla sua
soddisfazione).
Di un certo rilievo innovativo, nella griglia data, é il
riferimento alla strumentazione conoscitiva, non lasciata alla
"casualità" del protagonista, ma ancor piú, la previsione di
una metodologia certa che dia sostanza al ruolo, quasi sempre disatteso o
contraddittorio, della funzione successiva del "controllo", introducendo di
conseguenza - al comma 9 - il vero e proprio controllo di gestione
permanente anche per superare il modello tutto italiano di verificare nei
tempi lunghi i risultati di una riforma con l'indagine conoscitiva
"occasionale", cioé soltanto al momento in cui la realtà
obbliga alla constatazione del mancato o faticoso raggiungimento dei fini.
Si afferma il principio ancora oggi conculcato dal centralismo imperante,
anche per le debolezze della cultura del Governo locale, che la produzione
dei piani regionali e dei programmi regionali é autonoma nei tempi e
nella determinazione dei fini: si sottopone a revisione, opportunamente e
necessariamente, quando la programmazione nazionale vera, nel senso di
reale, lo richiede: l'esperienza della mancata e reiteratamente annunciata
programmazione nazionale sanitaria insegna! Che poi equivale ad affermare -
come deve essere - la circolarità del processo di programmazione
tanto piú positiva quanto piú si afferma nella pratica del
Governo, a tutti i livelli, la sua "necessaria linearità".
All'articolo 5 vengono trattati i problemi relativi alla realizzazione di
un efficace sistema informativo dei servizi sociali, il SISS, cioé la
costruzione mediante moder ne, continue e tempestive tecniche di
rilevazione, di elaborazione e di restituzione di dati e mediante il
reperimento e la diffusione della piú opportuna documentazione, di
una conoscenza reale della fenomenologia delle domande e dell'offerta di
servizio sociale. Ovviamente si tratta di una acquisizione ordinata non ai
fini meramente conoscitivi e culturali ma funzionale "alla programmazione e
gestione delle politiche sociali". Di rilievo é lo spazio lasciato ad
una nuova progettualità complessa del SISS, da intendersi in senso
sperimentale e progressivo, ma con valenza "ordinativa", se pure nei termini
dell'atto di indirizzo e coordinamento. L'esperienza, non sempre positiva, e
le contraddizioni tutt'ora aperte nei grandi vuoti del sistema informativo
sanitario suggeriscono dunque lo spazio di autonomia previsto per le regioni
e i comuni, per la individuazione delle "forme" organizzative e degli
strumenti necessari e per l'attivazione e la gestione del sistema
informativo a livello territoriale.
All'articolo 6 vengono enucleati, con la massima chiarezza possibile, i
compiti propri ed essenziali del livello nazionale e di
responsabilità esclusiva dello Stato.
Lo spirito regionalista e di massimo rigore costituzionale ed
istituzionale prevede subito che la funzione di indirizzo e di
coordinamento, ove ricorrano "esigenze di carattere unitario, anche con
riferimento agli obiettivi della programmazione nazionale...", sia
esercitata dal Governo mediante atto del Ministro per gli affari sociali e
sentita la Commissione parlamentare per le questioni regionali.
Resa esplicita la cornice del ruolo del Governo segue, in elencazione, la
individuazione delle singole e complesse funzioni "gli interventi di primo
soccorso in caso di catastrofe o calamità naturale...", "gli
interventi di prima assistenza in favore di profughi e rimpatriati...",
l'erogazione delle prestazioni economiche di cittadinanza, fino alla
"ripartizione" tra le regioni del fondo sociale nazionale, individuata come
atto qualitativo e non meramente erogatorio e discrezionale, in quanto
strettamente correlata ad una politica di programmazione volta al
raggiungimento delle grandi finalità del servizio sociale.
Con l'articolo 7 si affronta la istituzione del Ministero per gli affari
sociali. La proposta di un Ministero unico e riformato per le funzioni
sociali appare oggi la piú opportuna. Tale Ministero nuovo
dovrà essere organizzato al fine di distinguere le funzioni sanitarie
da quelle sociali, con lo scopo di evitare reciproci "scorrimenti" e
usurpazioni di ruolo. Ció ovviamente non impedisce l'integrazione dei
due servizi che sono tra i piú contigui, ma anche e soprattutto una
profonda riforma e il decentramento di poteri e personale alle regioni e ai
comuni sulla base della legge 22 luglio 1975, n. 382, del citato decreto del
Presidente della Repubblica n. 616 del 1977 e dell'articolo 1 della legge 24
dicembre 1993, n. 537. La delega in proposito lasciata al Governo é
garantita da princípi e criteri direttivi che formulano l'esigenza,
ormai da tutti avvertita, anche se comunemente disattesa, della creazione di
strutture volte con efficacia verso i ruoli propri dell'indirizzo, della
programmazione, dell'informazione e del controllo.
L'articolo 8 disciplina il Consiglio nazionale per gli affari sociali:
esso sarà formato dai rappresentanti "elevati e responsabili" del
Ministero competente, delle regioni, delle province, dei comuni, delle
organizzazioni dei lavoratori, di enti pubblici, di associazioni di
assistenza e volontariato, di esperti.
Il Consiglio ha funzioni di consulenza e proposta per la determinazione
delle linee e degli atti piú generali della politica assistenziale.
Con l'articolo 9 si dà concretezza ai princípi del
"regionalismo diffuso" che permea il disegno di legge, determinando in modo
piú puntuale possibile i compiti delle regioni. Il compito principale
delle regioni é quello della programmazione che si attua con la
elaborazione del piano sociale regionale, alla cui elaborazione concorrono i
comuni con l'ausilio delle associazioni dei pensionati, del privato sociale,
del volontariato e della cooperazione. Il piano sociale regionale é
lo strumento per l'integrazione tra i diversi servizi; in particolare con
quello sanitario ma anche in concorrenza con gli obiettivi piú
generali del piano regionale di sviluppo e con le politiche di intervento
territoriale. La regione infatti, tra l'altro, sentite le province e i
comuni interessati, singoli o associati, determina gli ambiti territoriali
per lo svolgimento dei servizi socio-assistenziali.
É importante sottolineare che debbono essere garantite opportune
procedure per la elaborazione dei piani e dei programmi sociali regionali
(indici di bisogno, standard di funzionamento dei servizi,
eccetera) e debbono essere perfezionati gli strumenti di verifica per
l'attuazione dei piani stessi. Il tutto sperimentando "modalità" e
forme innovative di intervento "mirate" alla qualificazione dei servizi
sociali.
Importante é il rilievo che in tal senso si vuol dare a tutte le
risorse interne operanti nel servizio e agli organismi specializzati
(pensiamo al CENSIS, a LABOS, eccetera) e alle università.
Con l'articolo 10 si incardina la centralità istituzionale e
politico-operativa del comune, che é il soggetto titolare della
gestione di tutte le funzioni socio-assistenziali. I comuni, singoli o
associati, assumono le seguenti competenze: concorrono alla elaborazione,
realizzazione e controllo del piano e dei programmi sociali regionali;
stipulano convenzioni con le associazioni del volontariato, del privato
sociale, con le cooperative integrate di solidarietà sociale (o con
singoli volontari) per l'attivazione dei servizi socio-assistenziali;
provvedono alla necessaria integrazione tra i servizi socio-assistenziali e
quelli sanitari; forniscono ai cittadini tutte le informazioni atte alla
migliore fruizione possibile dei servizi socio-assistenziali disponibili,
pubblici e privati-convenzionati, in un'ottica di integrazione tra i vari
servizi presenti sul territorio; accertano le condizioni di bisogno dei
cittadini e attestano la loro condizione in relazione alla erogazione delle
prestazioni monetarie, ordinarie e straordinarie, e alla fruizione dei
servizi socio-assistenziali; garantiscono la partecipazione dei cittadini
alla definizione dei piani di attuazione, alla gestione dei servizi, anche
convenzionati.
Il comune esercita le proprie funzioni decentrandone l'attuazione presso
i distretti sociali, elabora e realizza, nell'ambito della programmazione
regionale, piani locali e promuove l'integrazione fra prestazioni sanitarie
e assistenziali a livello distrettuale; é dunque perno sia per la
partecipazione dei cittadini che per il raccordo fra servizi pubblici,
istituzioni private, volontariato, associazionismo, privato sociale.
Ai sensi dell'articolo 11 costituisce richiamo fondamentale la fissazione
per il piano sociale nazionale di una provvista di risorse "certe", di un
tetto minimo ancorato al piano interno lordo (PIL) "comunque non inferiore
al 2 per cento" ivi comprese le risorse già derivanti da impegni di
spesa precedenti, cosí come indicati al comma 5. L'ovvio richiamo
alla sede propria delle determinazioni, la legge finanziaria ed il bilancio
dello Stato, non garantirebbe praticamente nulla vista l'esperienza
contraddittoria di dieci anni di leggi finanziarie per la determinazione del
fondo sanitario nazionale: determinazione che é stata legata ad una
base di spesa storica incongrua e statica se rapportata, come é
stato, alla dinamica inflattiva - e neanche sempre - o piú spesso
alla manovra congiunturale di tesoreria.
Senza disquisire sulla congruità del 2 per cento, che
abbisognerebbe di apposita indagine sullo stato della spesa per l'assistenza
sociale nell'attualità ed in rapporto alle dinamiche promosse dalla
stessa legge di riforma e che comunque é notevolmente inferiore alla
media della spesa dei Paesi dell'Unione europea, si é voluto lasciare
aperto l'incremento minimo, assicurando cosí la elasticità che
compete ai livelli del "Governo democratico dell'assistenza sociale"
cioé all'Esecutivo nei confronti del Parlamento, con il concorso
delle regioni, con l'auspicio che la spesa effettiva si collochi sulla media
europea.
Analogamente per i fondi sociali regionali si fissa, al comma 8, la quota
minima del 10 per cento delle attuali imposte regionali, e una integrazione
a carico del Fondo nazionale per le regioni piú sfavorite.
Il combinato disposto ex
articolo 12 e 13, dopo aver sancito la libertà di costituzione e
attività di ogni istituzione privata di assistenza sociale, in
conformità all'ultimo comma dell'articolo 38 della Costituzione,
disciplina le modalità di registrazione di quelle istituzioni private
che intendano concorrere sul piano programmatico e su quello gestionale alle
iniziative di reinserimento sociale. A tal fine é indispensabile
l'assenza di fini di lucro, l'idoneità di prestazioni, la
qualificazione del personale, l'efficienza organizzativa ed operativa,
l'applicazione per i relativi dipendenti del regime previsto dallo specifico
contratto di categoria.
La sezione III é dedicata alle prestazioni economiche. Cosí
con l'articolo 15 si introduce l'assegno di base in favore degli
ultrasessantacinquenni. L'importo, per evitare le erosioni inflazionistiche,
é espresso in cifra percentuale e non con una indicazione nominale;
esso é pari al 50 per cento del reddito nazionale pro
capite
destinato ai consumi finali (pari nel 1993 a lire 665.000) e cioé ad
un indice ancorato al parametro dell' International standard of poverty
line , già adottato dalla "Commissione Gorrieri" (vedi
Commissione nazionale per i problemi della famiglia, Famiglia e reddito,
Roma, 1983, 90), al di sotto del quale non sussiste alcuna
possibilità di sopravvivenza. Analogamente alla proposta Gorrieri, la
prestazione qui ipotizzata é subordinata ad un sistema di soglie di
reddito familiare poi individualizzate e ricondotte alla condizione
dell'anziano poiché l'obiettivo da raggiungere é quello di
assicurare all'anziano un reddito spendibile di fatto, complessivamente
pari, ivi compreso l'intervento solidaristico familiare, al 50 per cento
citato. L'intervento pubblico é dunque solo integrativo.
D'altronde l'importo della prestazione impone una selettività dei
percettori, da restringere a quegli anziani inseriti in comunità
familiari che si trovano in una condizione di bisogno primario.
Allo scopo di assicurare un trattamento di miglior favore ai soggetti
indigenti già titolari di pensione previdenziale e di incentivare le
carriere assicurative e la propensione verso attività di lavoro
soggette a contribuzione il comma 8 sancisce che la pensione a calcolo, agli
effetti del conferimento dell'assegno, non concorre a formare reddito nel
limite massimo pari a un terzo dell'assegno medesimo. É peró
evidente che oggi, a seguito dell'innalzamento a 20 anni del requisito
contributivo per il diritto a pensione di vecchiaia, la platea dei soggetti
che puó beneficiare della agevolazione di cui al comma 8 é
ridotta mentre appare sempre piú estesa l'area degli ex lavoratori
che si troveranno appiattiti sulla condizione di semplice cittadinanza. Il
rimedio, da affrontare in sede di riforma previdenziale, consiste in una
drastica riduzione del requisito contributivo per il diritto a pensione.
Trattandosi di una prestazione non assicurativa se ne é prevista
la concessione a tutti i cittadini degli Stati membri dell'Unione europea
residenti in Italia. In effetti il trattato di Roma (articoli 7, 48 e 51) e
il diritto comunitario (regolamenti CEE del Consiglio n. 1612/68 del 15
ottobre 1968 e n. 1408/71 del 14 giugno 1971, e successive modifiche)
obbligano l'Italia a rispettare il principio della parità di
trattamento a coloro che rientrano nel campo di applicazione ratione
personae
dei regolamenti comunitari e che risiedano in Italia, a condizione che
soddisfino i requisiti previsti dalla legislazione italiana, fatta eccezione
per quello di cittadinanza.
Il carattere non assicurativo della prestazione ed il fatto che essa
venga accordata ad ogni soggetto in età avanzata é alla base
della mancata reversibilità della medesima. Quel carattere, poi,
impone anche il finanziamento per via fiscale.
La scelta del comune come ente erogatore é coerente con le istanze
espresse in sede di discussione sulla riforma delle autonomie volte a
rafforzarne la legittimazione rappresentativa.
Le modalità di computo del nucleo familiare e dei redditi
valutabili sono le stesse di quelle già presenti nella legge 13
maggio 1988, n. 153 (assegno per il nucleo familiare), e nel decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n. 503 (integrazione al minimo della
pensione).
É poi disposta l'estinzione, al compimento del sessantacinquesimo
anno, delle prestazioni assistenziali previgenti destinate a sopperire agli
stessi bisogni ora soddisfatti dall'assegno di base (e dal successivo
assegno di inabilità). In tal modo si avvia una semplificazione dei
trasferimenti monetari, invertendo quella tendenza al particolarismo delle
tutele che ha prosperato nell'attuale mercato elettorale ed ha contribuito a
degradare lo status
di cittadino a quello di sudditanza, quando non di deprivazione. La
semplificazione consente poi un Governo programmato della spesa pubblica,
anche per effetto di una maggiore trasparenza dei trasferimenti stessi.
L'entità dell'assegno di base consente un guadagno netto per il
destinatario nella generalità dei casi. É stato comunque
previsto un assegno ad personam
nell'eventualità in cui il nuovo trattamento sia inferiore a quanto
il vecchio (ad esempio in caso di cumulo) offriva.
L'estinzione delle prestazioni monetarie attualmente erogate dalle
autonomie locali in favore degli ultrasessantacinquenni non víola i
loro spazi di autonormazione i quali, secondo un'aggiornata lettura della
Costituzione, vanno salvaguardati solo per i servizi reali alle persone e
per le prestazioni economiche temporanee di emergenza. L'identificazione
della platea dei soggetti continuativamente sussidiati e dell'entità
delle provvidenze appartiene invece alla normazione primaria (vedi articolo
24, comma 5, del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 616 del
1977).
L'assegno viene diminuito per effetto dello stabile godimento dei servizi
reali alla persona offerti dal comune e dagli enti convenzionati secondo
percentuali di riduzione fissate dal presidente della giunta regionale che
tengano conto del costo medio delle prestazioni offerte.
L'articolo 16 dispone l'erogazione dell'assegno di inabilità ai
soggetti totalmente inabili e privi di reddito familiare individualizzato,
secondo parametri triplicati rispetto a quelli previsti dal precedente
articolo 15 in ragione della maggiore gravosità economica dell'
handicap . La misura dello stesso é pari a quella dell'assegno
sociale previsto per i soggetti anziani, salvo il caso dei soggetti non
deambulanti o incapaci di svolgere gli atti quotidiani della vita senza
l'aiuto di un accompagnatore. In tal caso la misura é pari all'80 per
cento (al 100 per cento per i ciechi assoluti) del reddito medio pro
capite speso nell'anno precedente.
Per costoro si prescinde inoltre da limiti di reddito, similmente
all'attuale indennità di accompagnamento, ove una convenzione con il
distretto sociale consenta di controllare l'effettiva destinazione di tali
somme al recupero del soggetto portatore di handicap .
Il comma 2 prevede l'incompatibilità dell'assegno di
inabilità con l'assegno sociale. Nel comma 3 é prevista la
riduzione dell'assegno in caso di ricovero o ospitalità presso enti o
comunità di assistenza. Il comma 4 prevede l'incompatibilità
dell'assegno con i trattamenti similari per causa di guerra, di lavoro o di
servizio, ivi comprese le pensioni previdenziali di inabilità di
qualsiasi genere e gestione, salva la soppressione delle norme sulla
invalidità civile e fermo restando l'assegno ad personam
per evitare una (improbabile)
reformatio in peius
(comma 6). Ragioni di trasparenza impongono poi una revisione periodica
dello stato di salute ai fini dell'eventuale revoca della prestazione per
sopravvenuto miglioramento del medesimo. Il tutto secondo norme
regolamentari concordate tra Ministero per gli affari sociali e associazioni
rappresentative dei soggetti portatori di handicap .
L'articolo 17 affronta nell'ambito di progetti personalizzati di
reinserimento il tema dei soggetti inabili in misura superiore a due terzi,
ai quali puó essere offerto un reddito a destinazione vincolata, in
quanto spendibile nella sola rete dei servizi sociali comunali, ovvero un
assegno di invalidità pari al 25 per cento del reddito nazionale
medio pro capite speso nell'anno precedente (pari, all'incirca,
all'attuale importo della pensione di invalidità civile). Resta
invece cumulabile l'assegno di inabilità (totale) con i predetti
buoni servizio. In tal modo si intende rispondere ad esigenze diverse:
a)
incentivare l'offerta di servizi mediante la creazione di un "mercato"
speciale di acquirenti; b)
offrire garanzie agli inabili di tipo riabilitativo e risocializzante
piuttosto che del tipo individuale-monetario.
L'articolo 18 prevede che le domande effettuate su carta semplice vengano
inviate al comune di residenza corredate da una dichiarazione di personale
responsabilità del richiedente o del suo legale rappresentante circa
altre domande presentate anche ad enti diversi, nell'ultimo quinquennio. Il
cittadino richiedente puó allegare alla domanda qualsiasi certificato
o documento ritenga utile ai fini del riconoscimento del diritto di pensione
o di assegno di aiuto personale. Il comune deve provvedere entro centoventi
giorni dalla data della domanda.
L'articolo 19 detta norme sugli accertamenti medico-legali con la
previsione di un collegio di tre membri, di cui due in rappresentanza delle
parti ed uno scelto di comune accordo ovvero nominato dal presidente del
tribunale. Quest'ultima eventualità conferisce garanzie di
autorevolezza al giudizio medico-legale finale, nell'ambito di un
procedimento snello, soggetto a precisi termini di trattazione e ultimazione
dell' iter . Il provvedimento di accoglimento é
immediatamente esecutivo, salva la sola facoltà di sospensione
giudiziale, secondo il modello proprio di alcuni fondi speciali gestiti
dall'INPS.
Le spese di consulenza medica, al fine di consentire l'accesso alla
prestazione da parte dei soggetti indigenti, sono poste comunque a carico
del comune, relativamente al presidente e, in caso di domanda accolta, al
consulente di parte.
La sezione IV affronta all'articolo 20 il tema delle modalità di
utilizzo dei Fondi sociali regionali distinate a sviluppare (anche nelle
aree sfavorite) l'effettività degli interventi personalizzati,
mediante il supporto programmatico delle associazioni degli utenti e delle
organizzazioni del privato-sociale, di concerto con ciascun comune. Lo scopo
é quello di realizzare un metodo snello e antiburocratico per
individuare le soluzioni organizzative piú efficaci e piú
efficienti nel dare risposta ai bisogni assistenziali, ponendo termine alle
gestioni pubbliche, ad alta densità di spesa, talvolta perfino
"incresciosa".
Sono inoltre previsti (articolo 21) interventi straordinari per
l'edilizia sociale specificatamente finalizzata al reinserimento degli
anziani, minori, tossicodipendenti, disabili, carcerati, immigrati.
Conseguentemente all'impostazione data, vengono abrogati espressamente
(articolo 22) solo il titolo VII della legge 17 luglio 1890, n. 6972, ed il
corrispondente titolo del regolamento amministrativo approvato con regio
decreto 5 febbraio 1891, n. 99, nonché le successive norme in
contrasto con la riforma legislativa.
Il capo II é dedicato alla separazione tra previdenza e
assistenza: con unica norma, infatti, (articolo 23) si prevede la completa
assunzione del finanziamento da parte dello Stato della gestione degli
interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali di cui
all'articolo 37 della legge 9 marzo 1989, n. 88, entro novanta giorni dalla
data di entrata in vigore della riforma legislativa.
DISEGNO DI LEGGE |
CAPO I
SEZIONE I
PRINCÍPI GENERALI
Art. 1.
(Struttura e finalità)
1. In attuazione degli articoli 2, 3, 38, commi primo e quarto, e 117
della Costituzione, l'assistenza e l'integrazione sociale, articolate su
base regionale, sono finalizzate al benessere e al pieno sviluppo della
personalità dei cittadini mediante interventi individualizzati e si
realizzano con il coordinamento entro un unico distretto sociale delle
attività delle istituzioni e dei servizi operanti in ambito sociale,
formativo e sanitario.
|
Art. 2.
(Interventi di assistenza
1. I cittadini italiani e dei Paesi appartenenti all'Unione europea,
residenti in Italia, hanno diritto a fruire dei servizi sociali senza
distinzione di carattere giuridico, economico, sociale, ideologico,
religioso o di sesso. Sono, altresí, ammessi ai suddetti servizi gli
stranieri e gli apolidi che si trovano in territorio italiano, anche se non
siano assimilati ai cittadini o non risultino appartenenti a Stati per i
quali sussiste il trattamento di reciprocità, salvo i diritti che la
presente legge conferisce con riguardo alla condizione di cittadinanza.
a)
attività di informazione e di segretariato sociale sulle prestazioni
fornite, sui servizi e sulle risorse disponibili, sulle condizioni e sulle
modalità di accesso all'assistenza;
3. Puó essere chiesto agli utenti e alle persone tenute al
mantenimento e alla corresponsione degli alimenti il concorso al costo di
determinati servizi in relazione alle loro condizioni economiche, tenendo
conto della situazione locale e della rilevanza sociale dei servizi, secondo
criteri stabiliti con legge regionale entro limiti stabiliti dal Ministero
per gli affari sociali, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra
lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. In ogni
caso le leggi regionali debbono garantire agli utenti dei servizi la
conservazione di una quota delle pensioni e dei redditi che permetta loro di
far fronte in modo adeguato alle esigenze personali.
a)
sotto forma di assegno sociale, i cittadini anziani sprovvisti di mezzi
necessari per vivere;
5. Le prestazioni straordinarie sono dirette alle persone ed alle
famiglie che si trovano in difficoltà economiche contingenti e
temporanee e sono erogate dai comuni, secondo i criteri indicati dalle leggi
regionali.
|
Art. 3.
(Tutela dei diritti)
1. Ogni comune al fine di garantire la tutela del diritto dei cittadini
all'assistenza e all'integrazione sociale istituisce, nell'ambito
dell'organizzazione del servizio, uffici di segretariato sociale con compiti
di relazione con gli utenti. Le sedi di tali uffici sono dislocate
preferibilmente nei distretti sociali comunali in modo da garantire una
effettiva e capillare possibilità di accesso agli stessi da parte di
tutte le persone interessate.
a)
la identificazione degli operatori e dei compiti loro affidati, a qualsiasi
livello di responsabilità;
4. Ulteriori forme di tutela dei diritti dei cittadini sono previste
attraverso:
a)
l'istituto del difensore civico con compiti di vigilanza, iniziativa ed
intervento, anche di carattere sostitutivo, nelle ipotesi di ingiustificate
omissioni procedimentali, secondo norme definite in sede regionale;
LA PROGRAMMAZIONE ED I COMPITI DEI SOGGETTI ATTUATORI
|
Art. 4.
(La programmazione)
1. Lo Stato, le regioni e i comuni attuano i compiti loro attribuiti per
il raggiungimento delle finalità di cui all'articolo 1 secondo il
metodo della programmazione.
a)
le aree prioritarie di intervento anche ai fini del riequilibrio
territoriale delle condizioni della popolazione rispetto ai servizi sociali;
5. La relazione sullo stato sociale del Paese, predisposta annualmente
dal Ministro per gli affari sociali, espone i risultati conseguiti rispetto
agli obiettivi fissati dal piano sociale nazionale, illustra analiticamente
e comparativamente costi, rendimenti e risultati delle iniziative di
integrazione sociale e fornisce indicazioni per l'ulteriore programmazione.
La relazione fa menzione dei risultati conseguiti dalle regioni in
riferimento all'attuazione dei piani sociali regionali.
a)
l'uso integrato delle risorse finanziarie e la loro migliore distribuzione
ed utilizzazione al massimo livello di decentramento;
9. Le regioni, anche avvalendosi dei comuni, predispongono, con la stessa
periodicità della redazione dei piani e programmi regionali,
controlli di gestione rivolti ad accertare il livello di efficacia e di
efficienza dei servizi ed i risultati delle azioni previste. Le risultanze
dei rapporti di gestione sono trasmesse al Governo ai fini della
programmazione nazionale e sono allegate alla relazione sullo stato sociale
del Paese di cui al comma 5.
|
Art. 5.
(Sistema informativo dei servizi sociali - Siss)
1. Lo Stato, le regioni e i comuni istituiscono un sistema informativo
dei servizi sociali (SISS) al fine di assicurare una compiuta conoscenza dei
bisogni sociali, della rete dei servizi sociali, nonché per poter di
sporre tempestivamente dei dati e delle informazioni necessarie per la
programmazione e la gestione delle politiche sociali e per il coordinamento
con le strutture sanitarie e formative e con le politiche del lavoro e
dell'occupazione.
|
Art. 6.
(Compiti dello Stato)
1. Sono di competenza dello Stato:
a)
la funzione di indirizzo e di coordinamento delle attività
amministrative delle regioni a statuto ordinario in materia di integrazione
sociale. Tale funzione é esercitata dal Ministro per gli affari
sociali sentita la Commissione parlamentare per le questioni regionali,
anche con riferimento agli obiettivi della programmazione nazionale
nonché agli impegni derivanti dagli obblighi internazionali e
comunitari;
|
Art. 7.
(Istituzione del Ministero per gli affari sociali)
1. É istituito il Ministero per gli affari sociali, cui sono
attribuite le funzioni di cui all'articolo 6 ed ogni altra funzione statale
in materia di assistenza e integrazione sociale.
|
Art. 8.
(Consiglio nazionale per gli affari sociali)
1. É istituito il Consiglio nazionale per gli affari sociali con
funzioni di consulenza e di proposta nei confronti del Governo per la
determinazione delle linee generali della politica e l'attuazione del piano
di assistenziale nazionale.
a)
da un rappresentante per ciascuna regione e, per quanto concerne la regione
Trentino-Alto Adige, da un rappresentante della provincia di Trento ed un
rappresentante della provincia di Bolzano;
5. Il Consiglio elegge tra i suoi componenti due vice presidenti.
|
Art. 9.
(Compiti delle regioni)
1. Le regioni perseguono le finalità della presente legge, in
armonia con i princípi fissati nei rispettivi statuti e con gli
obiettivi della programmazione nazionale e territoriale dei comuni, mediante
il concorso effettivo dei soggetti di cui all'articolo 1, comma 3.
a)
determinano gli ambiti territoriali per la gestione dei servizi di
integrazione sociale e la istituzione, l'organizzazione e la gestione dei
presidi pubblici di integrazione sociale;
i)
predispongono e finanziano piani per la formazione e l'aggiornamento
professio nale per personale addetto ai servizi sociali.
3. Le regioni, al fine di sviluppare la conoscenza delle condizioni
sociali della popolazione, sperimentano le modalità e forme
innovative di intervento per la qualificazione dei servizi sociali, mediante
l'utilizzazione piena delle risorse interne ai servizi e con l'apporto di
istituti specializzati e delle università e a tal fine:
a)
promuovono studi e ricerche volti ad identificare le cause e le dimensioni
del bisogno e dell'emarginazione e le condizioni socio-ambientali che le
determinano;
|
Art. 10.
(Compiti dei comuni)
1. I comuni sono titolari delle funzioni amministrative concernenti
l'assistenza e l'integrazione sociale, salvo quanto diversamente disposto
dalla presente legge, e le esercitano in forma singola o associata.
a)
concorrono, sentiti i soggetti istituzionali e sociali operanti nel loro
territorio, alla elaborazione e realizzazione del piano e dei programmi
regionali di assistenza e di integrazione sociale;
3. I comuni, singoli o associati, esercitano le proprie funzioni
decentrandone l'attuazione, per quanto possibile, a livello dei distretti
sociali di base nei quali articolano il proprio territorio. Nel distretto
é assicurata l'integrazione necessaria con i servizi sanitari nel
territorio e sono garantiti gli opportuni collegamenti con i servizi
educativi e gli altri servizi alla persona.
|
Art. 11.
(Finanziamento)
1. Gli interventi di integrazione e di assistenza sociale sono finanziati
da un Fondo sociale nazionale, alimentato dal sistema fiscale generale, a
copertura dell'assegno sociale per i soggetti anziani, dell'assegno di
inabilità e di invalidità, dei buoni servizio nonché
dei servizi e delle prestazioni a carico dello Stato, e da fondi sociali
regionali deputati a sopperire ai servizi propri di ciascuna regione.
a)
dal fondo per gli asili nido istituito con legge 6 dicembre 1971, n. 1044;
5. Il Ministro del tesoro é autorizzato ad emanare i relativi
decreti di trasferimento degli stanziamenti in atto esistenti per le
finalità di cui alla presente legge.
|
Art. 12.
(Istituzioni private di assistenza sociale)
1. In conformità all'ultimo comma dell'articolo 38 della
Costituzione é garantita la libertà di costituzione e di
attività alle associazioni, fondazioni o altre istituzioni, dotate o
meno di personalità giuridica, che perseguano finalità
assistenziali.
|
Art. 13.
(Registro regionale delle istituzioni private)
1. In ogni regione é istituito un registro per la iscrizione delle
associazioni, fonda zioni e istituzioni private anche a carattere
cooperativo, dotate o meno di personalità giuridica, che intendono
essere consultate nella fase preparatoria della programmazione dei servizi
sociali e concorrere alla stipulazione delle convenzioni di cui al comma 2
dell'articolo 10.
a)
assenza di fini di lucro;
3. Per le istituzioni operanti in piú regioni l'iscrizione
é effettuata nel registro tenuto presso la regione in cui
l'istituzione ha sede legale, sentite le altre regioni interessate.
|
Art. 14.
(Convenzioni)
1. I comuni, per la realizzazione dei programmi locali di attuazione
dell'assistenza e dell'integrazione sociale, stipulano convenzioni con le
istituzioni private di assistenza iscritte nel registro di cui all'articolo
13, con le organizzazioni di volontariato e con gli enti di patronato,
secondo quanto previsto dalla legge regionale.
LE PRESTAZIONI ECONOMICHE
|
Art. 15.
(Assegno sociale per i soggetti anziani)
1. Ai cittadini italiani e dei Paesi appartenenti all'Unione europea,
residenti in Italia, che abbiano compiuto sessantacinque anni e si trovino
nelle condizioni reddituali di cui al comma 3, é corrisposto un
assegno di base non reversibile per un ammontare annuo pari al 50 per cento
del reddito nazionale medio pro capite
speso nell'anno precedente. La prestazione é a carico del Fondo
sociale nazionale, i relativi requisiti sono accertati dal comune e viene
corrisposta dal medesimo, anche in regime di convenzione con enti pubblici
operanti sul territorio.
|
Art. 16.
(Assegno di inabilità)
1. Ai cittadini italiani nonché ai cittadini di Paesi appartenenti
all'Unione europea residenti in Italia, che si trovino nelle condizioni di
reddito previste dall'articolo 15, secondo coefficienti di equivalenza
triplicati, e che siano, a causa di infermità o difetto fisico o
mentale, nell'assoluta e permanente impossibilità di dedicarsi ad un
proficuo lavoro, spetta un assegno di inabilità pari al 50 per cento
del reddito nazionale medio pro capite
speso nell'anno precedente. Ai medesimi soggetti che si trovino
nell'impossibilità di deambulare o di compiere gli atti quotidiani
della vita senza l'aiuto permanente di un accompagnatore il predetto assegno
di inabilità viene elevato all'80 per cento del medesimo reddito
pro capite , e al 100 per cento per i ciechi assoluti e prescinde da
limiti di reddito nei casi di convenzione tra la famiglia interessata ed il
distretto sociale sui tempi e modi del reinserimento sociale.
|
Art. 17.
(Progetti personalizzati di reinserimento)
1. I soggetti inabili e a rischio di inabilità hanno diritto di
partecipare a progetti di reinserimento sociale, da realizzare presso il
comune di residenza secondo progetti personalizzati come da convenzione
elaborata dal comune medesimo d'intesa con i soggetti di cui all'articolo 1,
comma 3, e secondo i parametri della legge regionale.
|
Art. 18.
(Modalità delle richieste)
1. Le domande relative all'assegno di inabilità e ai buoni di
servizio sono presentate in carta libera al comune di residenza.
|
Art. 19.
(Istruttoria medico legale)
1. La domanda di assegno di inabilità o di invalidità
dà luogo ad accertamento medico-legale presso un collegio medico di
tre membri di cui uno in rappresentanza del comune, uno in rappresentanza
dell'interessato ed un terzo con funzioni di presidente scelto di comune
accordo o, in difetto, designato dal presidente del tribunale del luogo di
residenza nell'ambito di un elenco regionale di medici specialisti
predisposto per regolamento dal presidente della giunta regionale entro
centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
NORME FINALI E TRANSITORIE
|
Art. 20.
(Modalità di utilizzo
1. Al fine di favorire l'effettività degli interventi
individualizzati di assistenza e di integrazione sociale di cui alla
presente legge, la regione provvede al riparto delle somme del fondo sociale
regionale presso ogni comune, cui spettano gli oneri di
pubblicità-notizia sui fondi disponibili a favore dei soggetti di cui
all'articolo 1, comma 3. Questi ultimi sono autorizzati a presentare
progetti di assistenza e reinserimento sociale, distinti per aree
geografiche e per gruppi di utenti.
|
Art. 21.
(Interventi straordinari per l'edilizia sociale)
1. In sede di attuazione dell'articolo 20 della legge 11 marzo 1988, n.
67, per il triennio 1995-1997 almeno il 40 per cento del limite massimo
complessivo dei mutui é destinato all'attuazione della lettera
f)
del comma 2 dello stesso articolo e delle strutture ed attrezzature di
edilizia sociale volte alla costruzione di spazi di servizi integrati nel
territorio comunale per l'inserimento sociale degli anziani, dei minori, dei
tossicodipendenti, dei disabili, dei carcerati e degli immigrati.
|
Art. 22.
(Soppressione degli organismi e abrogazione di norme)
1. Sono abrogati il titolo VII della legge 17 luglio 1890, n. 6972, e il
titolo VII del re golamento approvato con regio decreto 5 febbraio 1891, n.
99, nonché tutte le norme in contrasto con la presente legge.
SEPARAZIONE TRA PREVIDENZA
|
Art. 23.
1. La completa assunzione del finanziamento da parte dello Stato della gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali di cui all'articolo 37 della legge 9 marzo 1989, n. 88, avviene entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, secondo un piano di trasferimenti predeterminato nel tempo e stabilito dalla legge finanziaria con riferimento ai commi 3 e 6 del citato articolo. |
TABELLA
(articolo 15)
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