Legislatura 17 Atto di Sindacato Ispettivo n° 3-02498
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Atto n. 3-02498 (in Commissione)
Pubblicato il 19 gennaio 2016, nella seduta n. 562
GIROTTO , PAGLINI , MORRA , CAPPELLETTI , DONNO , AIROLA , MORONESE , MONTEVECCHI , SANTANGELO , COTTI , SCIBONA , CASTALDI - Ai Ministri dello sviluppo economico e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. -
Premesso che:
in questi giorni nelle città italiane si riscontra una grave emergenza sanitaria ed ambientale causata dall'inquinamento. La causa principale viene attribuita all'uso di combustibili fossili e a biomassa per gli usi energetici;
le linee guida stabilite dalla politica comunitaria per risolvere i problemi ambientali, derivanti dall'uso di combustibili fossili, spingono gli Stati membri verso la realizzazione di edifici ad energia quasi zero e alla mobilità elettrica;
l'Unione europea ha stabilito che gli Stati membri dovrebbero elaborare piani nazionali intesi ad aumentare il numero di edifici a energia quasi zero, cioè: edifici ad altissima prestazione energetica, in cui "Il fabbisogno energetico molto basso o quasi nullo dovrebbe essere coperto in misura molto significativa da energia da fonti rinnovabili, compresa l'energia da fonti rinnovabili prodotta in loco o nelle vicinanze" (17esimo considerando e articolo 9 della direttiva 2010/31/UE);
per quanto riguarda i trasporti, la Commissione europea ha indicato l'obiettivo di «dimezzare entro il 2030 nei trasporti urbani l'uso delle autovetture alimentate con carburanti tradizionali ed eliminarle del tutto entro il 2050; conseguire nelle principali città un sistema di logistica urbana a zero emissioni di CO 2 entro il 2030» e ha sottolineato che «i diritti e le tasse attualmente applicati nei settori dei trasporti devono essere ristrutturati in direzione di una più diffusa applicazione del principio "chi inquina paga"» (Libro bianco, tabella di marcia verso uno spazio unico dei trasporti - per una politica di trasporti competitiva e sostenibile, COM (2011) 144 del 28 marzo 2011, pagine 9 e 15);
presupposti necessari per raggiungere tali obiettivi sono: la riduzione dei consumi termici ed elettrici, con il fabbisogno energetico residuale coperto in loco tramite impianti solari elettrici e termici, abbinati all'uso di stoccaggi e ove possibile a pompe di calore; il ricorso alla mobilità elettrica nell'utilizzo dei mezzi di trasporto pubblici e privati e l'adeguata considerazione (nella tariffazione dell'elettricità destinata alla mobilità elettrica) che l'energia approvvigionata direttamente da fonte solare in loco è l'unica modalità ad inquinamento zero;
considerato che, a quanto risulta agli interroganti:
al di là delle parole di circostanza e di esigui stanziamenti annunciati, Governo e Autorità per l'energia elettrica il gas e il sistema idrico (AEEGSI) starebbero andando nella direzione assolutamente contraria;
la recente riforma tariffaria della bolletta domestica (articolo 31 della delibera AEEGSI n. 654 del 2015 e premesse della delibera AEEGSI n. 582 del 2015, pagina 13) ha spostato parte significativa delle voci in bolletta da tariffe a consumo, in tariffe fisse commisurate alla potenza impegnata (in particolare: le tariffe di distribuzione per gli immobili di residenza e le tariffe di distribuzione più gli oneri di sistema per le case non di residenza). Sicché si rendono i costi dei consumatori, almeno in parte, indipendenti dal consumo, e si incentiva lo spreco di energia, causando un gravissimo danno al settore industriale della generazione distribuita e dell'efficienza energetica. A causa di tale riforma, i risparmi energetici e l'autoproduzione di energia non potranno dare risparmi economici proporzionali, rispetto alla quantità di energia risparmiata e renderanno in molti casi non conveniente autoprodurre o risparmiare energia. A tale decisione le associazioni ambientaliste e dei consumatori hanno proposto in alternativa un'altra soluzione che non è stata considerata dall'AEEGSI;
la recente regolamentazione delle reti private (articolo 5.1 della delibera AEEGSI n. 539 del 2015) ha vietato, a tutela dell'esclusiva dei concessionari di distribuzione, la possibilità di alimentare con un impianto privato o condominiale diverse utenze elettriche all'interno di un edificio o di un complesso di edifici. Ciò costituisce evidentemente un ostacolo pressoché insormontabile all'autosufficienza energetica degli edifici e alla diffusione della cogenerazione di piccola taglia;
il "conto termico" che avrebbe dovuto consentire una significativa riduzione dei consumi di energia termica e l'utilizzo di fonti rinnovabili, in sostituzione di fonti fossili è stato strutturato con modalità tali da renderlo di fatto quasi inutilizzabile. Il contatore GSE (Gestore servizi energetici) in data 1° dicembre 2015 aveva indicato un impegno di spesa aggregato totale di 53,636 milioni di euro, a fronte di un impegno di spesa complessiva annua cumulata prevista dagli articoli 1, commi 3 e 4, del decreto ministeriale 28 dicembre 2012 di 900 milioni di euro (documento GSE "Il contatore del conto termico - contatore degli incentivi riconosciuti ai sensi del D.M. 28 dicembre 2012", del 1° dicembre 2015). Ciò è dovuto al fatto che: a) non si è data adeguata attuazione a quegli strumenti di supporto finanziario come i fondi di garanzia, che sono strumento necessario per aprire effettivamente il mercato delle ESCO (energy service company), dandogli accesso al mercato finanziario (52esimo considerando della direttiva 2012/27/UE); b) non si sono stabilite adeguate modalità semplificate di gara per le pubbliche amministrazioni, attraverso la predisposizione di bandi e contratti standardizzati, con costi standardizzati (47esimo considerando e articolo 19 della direttiva 2012/27/UE); c) si impone alle ESCO l'uso, anche nelle installazioni per privati, di contratti di prestazione energetica o di servizio energia, il che costituisce un onere non necessario e non previsto per i privati dalla direttiva comunitaria 2012/27/UE. Il ricorso a servizi energetici da parte di terzi, trova infatti causa più in ragioni di carattere finanziario che in ragioni di carattere tecnico e l'imposizione di una serie di oneri e qualifiche non necessarie limita, sostanzialmente e senza ragione, l'arco dei soggetti che potrebbero rendere i servizi energetici; d) non si sono previste le deroghe alla disciplina dei beni mobili e immobili (ivi compresi i principi in materia di accessione), che sono necessarie per consentire alle ESCO di contabilizzare e ammortizzare adeguatamente i propri investimenti (48simo considerando e articolo 19 della direttiva 2012/27/UE); e) gli incentivi sono riferiti a fattispecie limitate e nessun incentivo è previsto per la trasformazione in edifici a energia quasi zero degli edifici privati, nonostante l'articolo 9 della direttiva 2010/31/UE preveda invece tali forme di incentivazione; f) si prevedono oneri burocratici spropositati, che causano un alto rischio di errori nella compilazione delle domande. Il che, a fronte dell'atteggiamento sanzionatorio e formalistico del GSE, basta a scoraggiare dal richiedere gli incentivi. Tali problematiche rimarrebbero inalterate e non risolte anche nella nuova bozza di conto termico del 12 novembre 2015, che non risolverebbero alcuno dei problemi chiave. Nonostante ci siano oggi le risorse economiche disponibili per consentire una maggiore efficienza energetica degli edifici e dunque un minore inquinamento, queste somme sono inutilizzate, a causa degli inutili oneri burocratici e per la mancanza di adeguate misure di semplificazione. È questa una colpa, a parere degli interroganti, non scusabile del Ministero dello sviluppo economico e degli uffici che lo supportano nella definizione delle sue politiche in proposito;
i "certificati bianchi", che sino ad oggi hanno dato buona efficacia nello stimolare interventi di efficienza energetica, stanno per essere riformati dal Governo sulla base di quanto indicato nella "Consultazione pubblica - proposte per il potenziamento e la qualifica del meccanismo dei certificati bianchi" del 30 luglio 2015 in modo tale da: rendere residuali le incentivazioni all'efficienza energetica attraverso fonti rinnovabili; precludere l'utilizzo dei certificati bianchi per i piccoli interventi e in generale per il settore civile, così di fatto aumentando i costi energetici per le famiglie e in particolare le meno abbienti, che non si avvantaggiano delle detrazioni fiscali in modo significativo; limitare per tutti gli interventi l'incentivo riconosciuto; complicare le procedure, legittimando (come già successo con il quinto conto energia) gli organi di controlli a bocciare poi le stesse per errori formali e dichiarazioni sbagliate, nonostante l'esistenza dei presupposti per l'incentivo. Il contrario di quello che si ritiene che debba essere un corretto rapporto fra il cittadino o l'impresa e la pubblica amministrazione;
considerato inoltre che:
lo sviluppo della mobilità elettrica oggi in Italia è sensibilmente minore rispetto a quello di Norvegia, Olanda, Francia, Germania e Gran Bretagna, perché gli incentivi diretti e indiretti alla mobilità elettrica sono sensibilmente minori rispetto a quelli utilizzati in tali Paesi, oltre che per il minor numero di punti di ricarica installati (si veda in proposito, "La rivalsa dell'elettrone" di Pietro Menga, Qualenergia novembre-dicembre 2015, tabella 2). Le colonnine di ricarica sono in gran parte installate dai distributori locali di energia e non vi sono iniziative significative per sviluppare la concorrenza nel settore. Manca infine del tutto informazione e supporto (anche solo formativo) per l'installazione di infrastrutture di ricarica pubbliche alimentate da fonti rinnovabili di energia e qualificabili come sistemi efficienti di utenza in esenzione parziale degli oneri di sistema e totale degli oneri di rete. Tale modalità dovrebbe essere invece pubblicizzata e adeguatamente incoraggiata, in quanto: promuove la concorrenza in un settore come si è detto oggi dominato dai distributori di energia; può abbassare sensibilmente i costi di ricarica; stimola la ricerca e lo sviluppo tecnologico e quindi la competitività del nostro Paese; è l'unica che consente la mobilità elettrica alimentata a zero emissioni;
l'utilizzo efficiente della mobilità pubblica è poi oggi di fatto scoraggiato dalla mancanza di effettive sanzioni alle società che gestiscono i servizi di trasporto pubblico in caso di: utilizzo di mezzi inquinanti e non a norma; disservizi e ritardi; servizi non adeguati alle esigenze degli utenti; oltre alla mancanza di incentivi adeguati all'utilizzo di automezzi pubblici elettrici;
una più severa disciplina dei contratti di servizio, con sanzioni effettive per le aziende concessionarie e per i loro dirigenti e premi per coloro che attuano misure di efficienza e riducono i costi sociali dell'inquinamento da traffico, è una misura necessaria che non risulta esser stata prevista;
viene oggi disincentivata la creazione di start up e joint venture ad alto valore tecnologico per lo sviluppo del settore delle reti intelligenti e degli stoccaggi, che è invece necessario per la generazione distribuita di elettricità e la mobilità elettrica, che richiedono un alto grado di interazione fra il produttore e consumatore di energia e le reti cui lo stesso si connette. È dal giugno 2013 che, presso l'AEEGSI, è in gestazione il provvedimento che dovrebbe consentire la creazione di un mercato aperto (e non limitato ai concessionari della distribuzione e della trasmissione) con riferimento all'approvvigionamento delle risorse per il servizio di dispacciamento da fonti rinnovabili non programmabili e generazione distribuita (documento di consultazione n. 368/2013 del 7 agosto 2013 dell'Autorità). Ad oggi le regole dell'AEEGSI non sono state però ancora elaborate, privando dunque di un mercato di sbocco tutte quelle imprese che intendano investire in tecnologie per gli stoccaggi e le reti intelligenti;
considerato altresì che:
mancano, poi, misure generali di semplice attuazione, capaci di attrarre in Italia anche capitali e investimenti esteri in questi settori fortemente innovativi e strategicamente rilevanti. Gli incentivi e le politiche di sostegno sembrano rivolgersi più agli attuali esclusivisti della trasmissione della distribuzione che alla creazione di un mercato concorrenziale e aperto a imprese (nuove o già esistenti) innovative. Non risulta che sia stata verificata la possibilità di: prevedere fondi di garanzia con regimi semplificati rispetto a quelli previsti in generale per le start up innovative; coordinare e indirizzare verso l'innovazione in questo settore le risorse messe a disposizione dalla UE per l'efficienza energetica, che oggi sono in parte importante non sfruttate, a causa delle difficoltà burocratiche per l'attuazione di progetti e paradossalmente della mancanza di progetti;
la politica energetica e dei trasporti, al di là di mere dichiarazioni d'intenti, rimane ancorata all'utilizzo di combustibili inquinanti, disincentivando sostanzialmente la generazione distribuita di energia ad emissioni zero e la riduzione dei consumi energetici;
tutto ciò è a parere degli interroganti incoerente con l'esigenza primaria di tutelare la salute dei cittadini e con gli obiettivi comunitari di efficienza energetica negli edifici e nella mobilità, e rischia di causare nel nostro Paese un grave gap tecnologico rispetto agli altri Paesi europei, che stanno invece investendo massicciamente in tecnologie integrate di efficienza energetica, reti intelligenti e mobilità elettrica;
con un messaggio "tweet" del 2 gennaio 2015, il Presidente del Consiglio dei ministri annunciava in rete: "Costituzione, legge elettorale, fisco, giustizia civile, PA, cultura-scuola-Rai, GreenAct, lavoro. Facciamo sul serio, sarà un Buon2015";
con un comunicato del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 26 febbraio 2015 il ministro Galletti ha affermato: «Abbiamo bisogno di immaginare oggi come sarà l'economia da qui al 2030. Noi immaginiamo un'economia molto ambientale, che spreca poche risorse prime e ricicla molti prodotti finiti». Le città «hanno bisogno di più ambiente. Con il "Green act" vogliamo individuare strumenti per il riuso e la rigenerazione. Inoltre, immaginiamo che le infrastrutture del futuro siano meno veloci e più verdi. Faremo anche provvedimenti che riguardano le infrastrutture verdi»;
con un comunicato del 20 giugno 2015 il ministro Galletti ha dichiarato: «Abbiamo il dovere morale e giuridico di intervenire sulla mobilità nelle grandi città, di organizzarle in maniera diversa. Il Green Act che ha in mente il Governo vuole essere un Piano strategico per il Paese, che individui le politiche industriali, di trasporto, di sviluppo delle città e che ci aiuti a cogliere l'obiettivo della riduzione delle emissioni»;
nonostante i numerosi annunci del Governo sull'emanazione del Green Act, il provvedimento attualmente non è stato affrontato in alcun modo nell'ambito del Parlamento,
si chiede di sapere quali iniziative di competenza intendano assumere i Ministri in indirizzo al fine di perseguire una strategia strutturale di riconversione nell'approvvigionamento energetico degli edifici e della mobilità pubblica e privata e, in particolare, quali misure intendano adottare in relazione a ciascuno dei punti descritti per rendere effettivo il proprio impegno.