Legislatura 19ª - Atto di Sindacato Ispettivo n. 7-00001

Atto n. 7-00001 (in 3ª Commissione)

Pubblicato il 13 dicembre 2022, nella seduta n. 17
Approvazione della risoluzione Doc. XXIV, n. 1 il 20 dicembre 2022

CRAXI

La 3ª Commissione,

premesso che:

il 13 settembre 2022, una giovane iraniana di origini curde, Mahsa Jina Amini, è stata arrestata a Teheran dalla "polizia morale" della Repubblica islamica (Gasht-e-Ershad), l'organismo di sicurezza istituito ufficialmente nel 2005 a seguito dell'elezione a Presidente di Mahmoud Ahmadinejad, deputata a vigilare, arrestare e rieducare chi violi il rigido codice di abbigliamento e a proteggere l'etica e i valori iraniani, per avere indossato il velo in modo inappropriato ed in ogni caso in difformità rispetto a quanto previsto dalla normativa locale che obbliga le donne in Iran all'utilizzo dello hijab;

secondo testimoni oculari, la "polizia morale" avrebbe spinto la ventiduenne Mahsa Jina Amini in un furgone, l'avrebbe picchiata durante il tragitto verso il centro di detenzione di Vozara a Teheran, fino a farla entrare in coma;

ricoverata in stato di fermo presso un vicino ospedale, la giovane è morta il successivo 16 settembre 2022, ufficialmente, secondo quanto sostenuto dalle autorità iraniane, per cause naturali, senza tuttavia che risulti essere stata condotta alcuna approfondita indagine sull'accaduto e senza che le autorità locali abbiano consegnato ai familiari della vittima la cartella clinica e i risultati dell'esame autoptico sul suo corpo;

considerato che:

la morte di Mahsa Jina Amini ha dato origine ad un'ondata di manifestazioni pacifiche di protesta in tutto il Paese, che ha interessato oltre 150 città e 140 università, a partire dalla prestigiosa Università di tecnologia Sharif di Teheran, in tutte le 31 province dell'Iran, e a cui stanno prendendo parte attiva cittadini iraniani espressione di tutte le componenti della società civile;

le proteste, promosse spontaneamente dalle donne della società civile iraniana e che la Guida suprema Khamenei sostiene organizzate dai nemici dell'Iran, hanno come obiettivo quello di chiedere alle autorità iraniane un'assunzione di responsabilità per la morte di Mahsa Jina Amini e la fine delle violenze e delle discriminazioni nei confronti delle donne in tutto il Paese, con particolare riferimento all'obbligo del velo;

le proteste femminili, che hanno trovato eco anche nei principali social media, hanno destato la piena solidarietà da parte di molti uomini iraniani, e coinvolto persino la nazionale maschile di calcio, impegnata di recente nei mondiali di calcio in Qatar;

come evidenziano alcuni osservatori, le proteste di questi mesi, che sembrano indipendenti da fattori di matrice politica, traggono la loro origine, oltre che dalle legittime aspirazioni dell'universo femminile iraniano, certamente anche da un profondo e diffuso malcontento popolare e da un montante sentimento di angoscia per il futuro, che ha radici economiche e occupazionali, che è aggravato dallo stato di isolamento in cui versa il Paese e alimentato dalla frustrazione e dalla rabbia per la diffusa corruzione del regime;

nonostante i reiterati appelli alla moderazione rivolti da organismi internazionali, da molti Paesi e da personalità della comunità internazionale alle autorità di Teheran, la risposta delle forze di sicurezza e di polizia iraniane alle manifestazioni di protesta appare ancora improntata alla rigidità, oltre che indiscriminata, sproporzionata e non necessaria, e ha causato finora la perdita di numerose vite umane ed un elevato numero di feriti;

dall'inizio delle proteste, in particolare, le forze di sicurezza avrebbero risposto alle manifestazioni di piazza di manifestanti disarmati usando anche armi letali contro persone che non rappresentavano alcuna reale minaccia;

le forze di sicurezza, il Corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche e le forze dei Basij, il reparto delle forze dell'ordine della Repubblica islamica dell'Iran, la polizia antisommossa e gli agenti di sicurezza in borghese avrebbero fatto ampio uso di proiettili, di gas lacrimogeni e di manganelli per reprimere le manifestazioni di protesta;

"Amnesty international" riferisce di aver raccolto prove che dimostrano come il comando generale delle forze armate abbia ordinato ai comandanti di tutte le province di affrontare i manifestanti pacifici ricorrendo all'uso generalizzato delle armi da fuoco;

l'azione repressiva appare particolarmente stringente nei confronti di alcuni difensori dei diritti umani, studenti, avvocati, attivisti della società civile e giornalisti, avendo coinvolto, fra gli altri, anche Niloofar Hamedi, la giornalista che per prima diffuse la notizia dell'arresto e dell'ospedalizzazione di Mahsa Jina Amini e che pubblicò la foto dei genitori della giovane abbracciati fuori dal reparto in cui era ricoverata, e la collega Elahe Mohammadi, che raccontò il funerale della ragazza, entrambe arrestate e a rischio di essere condannate alla pena di morte;

a cadere vittima delle azioni repressive sarebbero state inoltre altre vittime innocenti, giovanissime donne colpevoli unicamente di aver dato voce ad un disagio e ad un afflato di libertà, come Mahak Hashemi, uccisa a 16 anni a manganellate dalle forze di sicurezza a Shiraz, nella regione centromeridionale dell'Iran, per aver indossando un berretto da baseball al posto del tradizionale velo, come Asra Panahi, morta anch'ella a 16 anni ad Ardabil, nell'estremo nord del Paese, dopo un pestaggio da parte delle forze di sicurezza per essersi rifiutata di cantare un inno dedicato alla Guida suprema, o come Hadis Najafi, la ragazza che legandosi i capelli era divenuta ella stessa simbolo della protesta, uccisa nel corso di una manifestazione nella città di Karaj, a nord ovest di Teheran;

le repressioni avrebbero interessato in particolar modo le regioni del Paese dove vivono comunità etnico-religiose minoritarie, inclusi i curdi, i baluchi, gli arabi, le minoranze religiose non sciite, i baha'i e i cristiani, che continuano a essere colpite in modo sproporzionato, soprattutto in termini di vittime e di arresti;

secondo stime attendibili fornite dall'organizzazione non governativa Iran human rights (IHRNGO), avente sede ad Oslo, dall'inizio delle manifestazioni di protesta alla data del 29 novembre scorso, almeno 448 persone, tra cui 60 bambini e 29 donne, sarebbero state uccise dalle forze di sicurezza;

anche l'organizzazione non governativa internazionale Human rights watch (HRW) ha a sua volta documentato l'utilizzo eccessivo ed illegale della forza da parte delle autorità iraniane contro i manifestanti in dozzine di casi in diverse città del Paese;

la stessa UNICEF, nel condannare le numerose violenze perpetrate nei confronti dei bambini, ha chiesto di porre fine ad ogni forma di violenza e abuso in Iran, confermando le notizie secondo cui nei disordini di questi mesi avrebbero trovato la morte oltre 50 bambini;

l'alto commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite, Volker Türk, nel chiedere al Consiglio per i diritti umani della massima assise internazionale, di aprire un'indagine indipendente sulle violenze mortali perpetrate in questi mesi nei confronti dei manifestanti in Iran, ha parlato di circa 14.000 persone, compresi i bambini, arrestate nel contesto delle proteste;

secondo i dati forniti dalla stessa magistratura iraniana dall'inizio delle manifestazioni di protesta, più di 2.000 persone sono state incriminate dalle autorità giudiziarie locali, la metà delle quali nella sola città di Teheran, e almeno 5 di loro già condannate a morte, accusate di aver provocato disordini o causato danni a persone e beni pubblici;

oltre ad aver fortemente conculcato il diritto dei cittadini iraniani di riunirsi e di manifestare liberamente, le autorità iraniane avrebbero deciso di minare gravemente anche il loro diritto alla libertà di espressione, limitando drasticamente l'accesso a internet e bloccando le piattaforme per la messaggistica istantanea in tutto il Paese;

fonti giornalistiche, che hanno trovato conferma nelle parole del portavoce della magistratura iraniana, Masoud Setayeshi, raccontano inoltre che dall'inizio delle proteste seguite alla morte di Mahsa Jina Amini, almeno 40 cittadini stranieri sono stati arrestati per il loro coinvolgimento nelle manifestazioni;

in Iran, ai sensi di alcune norme esplicative del codice penale islamico, le donne che vengono viste in pubblico senza il velo sono passibili di pene detentive da dieci giorni a due mesi o ad una multa in denaro; tali disposizioni si applicano anche a bambine di nove anni, ovvero al raggiungimento dell'età minima per la loro imputabilità penale;

simili disposizioni normative e prassi applicative autorizzano la polizia e le forze paramilitari iraniane ad arrestare e imprigionare decine di migliaia di donne ogni anno per aver mostrato ciocche di capelli sotto il velo o per aver indossato soprabiti, pantaloni o abiti a maniche corte e colorati e il gesto del taglio di una ciocca di capelli ha finito col diventare simbolo della protesta in atto, internazionalmente riconosciuto;

ricordato che:

l'Iran è vincolato al rispetto del Patto internazionale sui diritti civili e politici, adottato dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite con risoluzione 2200A (XXI) del 16 dicembre 1966, e della Convenzione internazionale sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite con risoluzione 44/25 del 20 novembre 1989, strumenti internazionali che le autorità di Teheran hanno espressamente sottoscritto e in seguito ratificato, rispettivamente nel 1975 e nel 1994;

il Paese asiatico, inoltre, pur non avendo aderito alla Convenzione per l'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne, è tenuto in ogni caso al rispetto del principio di non discriminazione, ed in particolare a quello di uguaglianza tra uomini e donne, giacché esso costituisce un principio chiave del corpus internazionale a tutela dei diritti umani, sancito peraltro, oltre che dalla Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948, anche la Carta delle Nazioni Unite, adottata il 26 giugno 1945 a San Francisco, a cui Teheran aderisce sin dal 24 ottobre 1945;

rilevato altresì che:

lo scorso 24 novembre, il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha tenuto una sessione speciale sulle continue e gravi violazioni dei diritti umani in Iran, e, nell'accogliere la richiesta dell'alto commissario per i diritti umani Volker Türk, di aprire un'indagine indipendente sulle violenze mortali in corso contro i manifestanti in Iran, ha istituito una missione conoscitiva sulle proteste iniziate il 16 settembre nel Paese asiatico, missione a cui peraltro l'Iran ha già fatto sapere di non voler contribuire;

numerose sono in questi mesi le attestazioni di solidarietà e di stima nel mondo occidentale nei confronti delle donne iraniane e dei manifestanti che pacificamente stanno esprimendo il loro aperto dissenso nei confronti di norme così pesantemente restrittive della libertà individuale e di espressione in Iran;

manifestazioni di vicinanza alla popolazione iraniana, e con l'obiettivo di spingere le istituzioni a prendere una posizione netta rispetto al massacro dei manifestanti perpetrato dal regime teocratico, sono state anche accompagnate da iniziative oltremodo coraggiose come lo sciopero della fame che la tesoriera del Partito radicale, Irene Testa, ha avviato da diverse settimane per chiedere azioni contro la violazione dei diritti umani in Iran;

parole di solidarietà sono state espresse anche da Alessia Piperno, la giovane viaggiatrice e blogger italiana arrestata, come altri cittadini dell'Unione europea, per il suo presunto coinvolgimento nelle proteste, liberata di recente, dopo settimane trascorse in stato di detenzione presso la prigione di Ebrat, grazie all'opera di intermediazione dei servizi di intelligence italiani;

preso atto che informazioni giornalistiche, peraltro da confermare ufficialmente, riferiscono delle indicazioni fornite dal procuratore generale iraniano Mohammad Jafar Mantazeri circa una possibile abolizione della "polizia morale", a testimonianza del positivo impatto che le azioni di protesta starebbero avendo sulla coscienza collettiva dell'Iran;

ricordando le misure sanzionatorie adottate di recente dall'Unione europea nei confronti di singole personalità ed entità statali del regime iraniano in risposta alle ripetute violazioni dei diritti umani nel Paese;

esprimendo vicinanza e solidarietà a tutte le donne iraniane e ai tanti giovani uomini iraniani che in questi giorni stanno con coraggio protestando per rivendicare i propri elementari diritti di libertà di espressione;

ribadendo il pieno e convinto appoggio al popolo iraniano per la sua aspirazione alla democrazia e al rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali,

impegna il Governo:

1) a fare pressione sul Governo iraniano, direttamente e nelle sedi multilaterali, perché ponga fine all'opera di repressione e alle violenze in atto nel Paese ai danni delle donne, di pacifici manifestanti e delle minoranze etniche e religiose ivi presenti, consentendo nuovamente il pieno e libero accesso ai cittadini a internet e alle piattaforme per la messaggistica istantanea;

2) ad adoperarsi con la massima sollecitudine, sul piano bilaterale e nelle opportune sedi internazionali, per scongiurare il rischio che venga dato corso all'esecuzione delle sentenze di condanna a morte comminante dalla locale magistratura nei confronti dei manifestanti arrestati e processati in questi mesi;

3) a collaborare con gli organismi della comunità internazionale che hanno avviato missioni conoscitive per fare piena luce sulle violenze perpetrate in Iran in questi mesi ai danni di pacifici manifestanti;

4) a proseguire l'intensa azione diplomatica, di concerto con gli altri Paesi dell'Unione europea, per indurre il Governo iraniano a garantire il pieno rispetto dei diritti umani per i propri cittadini e le minoranze presenti nel Paese.