Senato della RepubblicaXVIII LEGISLATURA
N. 845
DISEGNO DI LEGGE
d'iniziativa dei senatori URSO, CIRIANI, RAUTI, BALBONI, DE BERTOLDI, GARNERO SANTANCHÈ, LA RUSSA, ZAFFINI, IANNONE, LA PIETRAe RUSPANDINI

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 4 OTTOBRE 2018

Modifica al codice penale recante l'introduzione del divieto di consumo alimentare di carne di cane e di gatto

Onorevoli Senatori. – Ci sono luoghi nel mondo dove mangiare carne di cane è del tutto normale mentre nella civiltà occidentale solo l'idea ripugna lo stomaco e la mente. Queste culture considerano il cane un alimento tradizionale quotidiano: in Cina, Vietnam, Laos, Nigeria e in molti altri Paesi la carne di cane costituisce una vera e propria specialità gastronomica.
D'altronde il consumo delle carni di animali domestici solleva, da sempre, discussioni e perplessità: mentre la carne di cavallo è largamente consumata in Italia, cosi non è presso gli inglesi che considerano l'equino animale amico quanto il cane; cosi per la carne di coniglio invisa agli americani e la carne di bovino proibita per gli indiani induisti per cui la mucca è animale addirittura sacro.
Nella nostra civiltà e nella cultura occidentale i cani e i gatti sono fonte di amore e di compagnia per milioni di persone. Nonostante ciò la legislazione è molto carente e non sempre esistono leggi che esplicitamente vietino il consumo alimentare delle loro carni.
Negli Stati Uniti, in assenza di una legislazione federale, solo cinque Stati – California, Georgia, Michigan, New York e Virginia – vietano specificamente il consumo umano di carne canina o felina, in qualunque modo procurato e per qualunque scopo, mentre gli altri sono privi di previsioni normative al riguardo. Solo nel mese di settembre di quest'anno è stata approvata alla Camera una legge contro il consumo di carne di cane e di gatto, a seguito della quale risulterà vietata la macellazione di questi animali. Cosi anche nelle civilissime Inghilterra e Svizzera dove è – si – vietato comprare o vendere carne di cane ma non è espressamente vietato mangiarne la carne.
Nel XX secolo l'attenzione per la tutela della vita animale all'interno della società è andata sempre più crescendo, fino al giorno d'oggi in cui è proprio mutata la condizione giuridica dell'animale domestico, considerato non più «res» ma soggetto di diritti.
La Dichiarazione universale dei diritti dell'animale, proclamata il 15 ottobre 1978 nella sede dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'educazione, la scienza e la cultura (UNESCO) a Parigi, è stato il primo provvedimento internazionale volto al riconoscimento e al rispetto di ogni forma di vita. Da allora il mondo occidentale, in particolare l'Europa, ha avviato un percorso culturale e legislativo dedicato al benessere degli animali, percorso culminato con l'articolo 13 del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 (ratificato ai sensi della legge 2 agosto 2008, n.130), con cui l'Unione europea ha, addirittura, riconosciuto la natura degli animali quali esseri senzienti.
Il Trattato di Lisbona impegna gli Stati membri a garantire agli animali una condizione di benessere che vada oltre le loro esigenze fisiologiche ed etologiche, fino a comprendere anche una dimensione morale, in quanto gli animali sono dotati di sensibilità e, come l'uomo, possono provare sofferenza e dolore. Sempre su questi princìpi si basa anche la Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia, firmata a Strasburgo il 13 novembre 1987, ratificata dall'Italia ai sensi della legge 4 novembre 2010, n. 201.
L'Italia è tra i Paesi più attenti alla tutela e al benessere degli animali.
Con la legge quadro in materia di tutela degli animali d'affezione e prevenzione del randagismo (legge 14 agosto 1991, n. 281), l'Italia è stato il primo Paese al mondo a riconoscere anche ai cani e ai gatti randagi il diritto alla vita e alla tutela, prevedendone il divieto di soppressione, fatta eccezione per i soggetti gravemente malati, incurabili o di comprovata pericolosità.
Anche il codice penale non è rimasto immune ai cambiamenti culturali del nostro tempo, prevedendo nuove fattispecie delittuose alla luce di una differente considerazione di determinati aspetti della realtà, come gli animali, i quali oggi vengono percepiti come parte integrante del tessuto sociale e perciò meritevoli di una maggiore attenzione. La legge 20 luglio 2004, n.189 ha introdotto cinque ipotesi delittuose che compongono il titolo IX-bis, intitolato «Dei delitti contro il sentimento per gli animali», il cui bene interesse giuridico tutelato è rappresentato dalla vita dell'animale e dal sentimento che gli esseri umani nutrono verso gli animali.
Infine la legge 29 luglio 2010, n.120, prevedendo l'obbligo di fermarsi a soccorrere l'animale ferito in caso di incidente, individua le condizioni alle quali il trasporto di un animale in gravi condizioni di salute può essere considerato «in stato di necessità», equiparando così il diritto di soccorso dell'animale ferito in un incidente a quello dell'essere umano.
Nonostante queste mirabili previsioni normative, allo stato attuale, però, in Italia non è previsto un espresso divieto di mangiare carne di cane e di gatto.
Un vero e proprio vuoto normativo, colmato solo dall'interpretazione delle norme sopra citate e delle norme generali sull'igiene e la salute relative agli alimenti. Non esiste infatti una disciplina legale che regoli le modalità di macellazione e conservazione, ai fini della vendita, delle carni di cane e gatto e non esistono neanche norme che lo consentono nel campo dell'alimentazione, in cui si può vendere solo ciò che è espressamente consentito e regolamentato. Il nostro ordinamento – oltre che a vietare l'importazione di carni canine e feline per disposizione del «vecchio» regolamento di polizia veterinaria del 1954 (articolo 53 del decreto del Presidente della Repubblica dell'8 febbraio 1954, n. 320) – si limita a sanzionare l'uccisione degli animali da compagnia per scopo alimentare. Macellare cani e gatti, o altri animali da compagnia, configura il reato previsto dall'articolo 544-bis del codice penale che presuppone una serie di ipotesi in cui sussiste la necessità sociale di uccisione lecita di animali: si tratta dei casi di caccia, pesca, allevamento, trasporto, macellazione, sperimentazione scientifica, particolari necessità all'interno dei giardini zoologici, e così via. All'uccisione degli animali da compagnia per fini alimentari (macellazione) non è concessa alcuna presunzione di necessità sociale.
Infine non esiste alcun divieto di consumo in ambito domestico di carni provenienti da carcasse di animali morti accidentalmente per traumi quali, ad esempio, gli animali investiti e uccisi sulle strade; una pratica, questa, chiamata «roadkill cuisine», diffusa nei paesi anglofoni e pure sostenuta da alcuni animalisti che considerano accettabile il consumo di carni di animali morti per traumi non cagionati deliberatamente dall'uomo.
Il divieto si ricava, dunque, solo in modo implicito da altre norme vigenti.
Con il presente disegno di legge di intende colmare questo vuoto normativo rendendo esplicito il divieto di consumo alimentare di carni di cane e di gatto, prevedendo, per i trasgressori, la reclusione da quattro mesi a un anno di carcere e una multa da 1.000 a 5.000 euro.

DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

1. Nel libro secondo, titolo IX-bis, del codice penale, dopo l'articolo 544-sexies è aggiunto il seguente:

«Art. 544-septies. – (Divieto di consumo alimentare di carne di cane e di gatto) – Chiunque consumi carne di cane e di gatto è punito con la reclusione da quattro mesi a un anno e con la multa da euro 1.000 a euro 5.000».