Senato della RepubblicaXVIII LEGISLATURA
N. 258
DISEGNO DI LEGGE
d'iniziativa del senatore CASINI

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA L'11 APRILE 2018

Misure per la prevenzione della radicalizzazione e dell'estremismo violento di matrice jihadista

Onorevoli Senatori. – Il disegno di legge reca previsioni volte a:

– prevenire i fenomeni di radicalizzazione e di diffusione dell'estremismo jihadista;

– favorire la deradicalizzazione, fermo il rispetto delle garanzie fondamentali in materia di libertà religiosa;

– favorire il «recupero» in termini di integrazione (sociale, culturale, lavorativa) dei cittadini (siano essi italiani o stranieri residenti in Italia) coinvolti in fenomeni di radicalizzazione.

Articolo 1 – Finalità; definizione di radicalizzazione jihadista

L'articolo 1 del disegno di legge, oltre a indicare le finalità or ricordate, reca una definizione di radicalizzazione jihadista.
Tale è da intendersi «il fenomeno delle persone che, anche se non sussiste alcuno stabile rapporto con gruppi terroristici, abbracciano ideologie di matrice jihadista, ispirate all'uso della violenza e del terrorismo, anche tramite l'uso del web e dei socialnetwork».
Si ha qui riguardo all'adesione a ideologia jihadista (ispirata all'uso della violenza e del terrorismo), non già alla partecipazione ad attività terroristiche. Le disposizioni del disegno di legge muovono sul versante della prevenzione, non già della repressione. Non incidono sull'ordinamento penale – come invece è stato con il decreto-legge n. 7 del 2015, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 43 del 2015, e con la legge di ratifica di alcune convenzioni internazionali n. 153 del 2016.
Per il riguardo definitorio, può valere richiamare i «considerando» della risoluzione approvata dal Parlamento europeo il 25 novembre 2015, tra i quali si precisa che il termine «radicalizzazione» è ormai utilizzato per descrivere «un fenomeno che vede persone abbracciare opinioni, pareri e idee intolleranti suscettibili di portare all'estremismo violento».
L'articolo 1 del disegno di legge dichiara di voler muovere «in coerenza con i consolidati indirizzi in sede internazionale e sovranazionale», anche tenuto conto, appunto, della risoluzione del Parlamento europeo del 25 novembre 2015 sulla prevenzione della radicalizzazione e del reclutamento di cittadini europei da parte di organizzazioni terroristiche.
Non figura nel disegno di legge analitica definizione della «matrice jihadista».
Il 28 aprile 2015 la Commissione europea ha presentato un'Agenda europea sulla sicurezza per il periodo 2015-2020 che individua la prevenzione del terrorismo e la lotta alla radicalizzazione come una delle sfide più urgenti (le altre sfide sono la lotta alla criminalità organizzata e la lotta alla criminalità informatica).
Il Parlamento europeo ha adottato il 25 novembre 2015 una risoluzione sulla prevenzione della radicalizzazione e del reclutamento di cittadini europei da parte di organizzazioni terroristiche.
In tale risoluzione il Parlamento europeo, per quanto riguarda il profilo della prevenzione della radicalizzazione:

– invita la Commissione a definire un piano d'azione per porre in atto e valutare la strategia dell'Unione europea volta a combattere la radicalizzazione e il reclutamento nelle file del terrorismo;

– invita gli Stati membri a coordinare le loro strategie e a condividere le informazioni di cui dispongono, a collaborare ai fini di nuove iniziative in materia di lotta contro la radicalizzazione e il reclutamento nelle file del terrorismo aggiornando le politiche nazionali di prevenzione e creando reti di esperti, ed evidenzia che è di fondamentale importanza fornire risorse e una formazione adeguate alle Forze di polizia;

– invita la Commissione a preparare, in stretta cooperazione con Europol e con il coordinatore antiterrorismo, una relazione annuale sullo stato della sicurezza in Europa, comprendente anche l'analisi del rischio di radicalizzazione;

– invita la Commissione a promuovere lo scambio delle buone pratiche fra gli Stati membri, onde contrastare l'aumento della radicalizzazione terroristica nelle carceri europee;

– è favorevole all'introduzione di formazioni specializzate per tutto il personale penitenziario, il personale che opera nel sistema penale, il personale religioso e il personale delle organizzazioni non governative che interagisce con i detenuti, al fine di istruirli a individuare fin dalla comparsa, prevenire e affrontare comportamenti che tendono all'estremismo radicale e terrorista;

– incoraggia l'istituzione nelle carceri europee di programmi educativi volti a favorire il senso critico, la tolleranza religiosa e il reintegro dei detenuti nella società;

– sottolinea il ruolo dell'istruzione e delle campagne di sensibilizzazione del pubblico nell'impegno a prevenire la radicalizzazione su internet e ritiene che gli Stati membri dovrebbero prendere in considerazione azioni legali, anche di tipo penale, contro le imprese di internet e dei media sociali nonché i fornitori di servizi che si rifiutano di ottemperare a una richiesta amministrativa o giudiziaria per eliminare contenuti illegali o apologetici del terrorismo sulle loro piattaforme internet;

– è del parere che ogni Stato membro dovrebbe predisporre un'unità speciale incaricata di segnalare i contenuti illeciti su internet e di agevolare l'individuazione e la soppressione di tali contenuti;

– sottolinea l'importanza del ruolo che la scuola e l'istruzione possono svolgere nel prevenire la radicalizzazione e invita gli Stati membri a incoraggiare gli istituti scolastici a predisporre corsi e programmi accademici volti a rafforzare la comprensione e la tolleranza, soprattutto nei confronti di religioni diverse, la storia delle religioni, le filosofie e le ideologie;

– insiste sull'assoluta necessità di migliorare la rapidità e l'efficacia dello scambio delle pertinenti informazioni tra le autorità di contrasto in seno agli Stati membri e tra di loro e le agenzie competenti;

– è convinto che le misure di prevenzione della radicalizzazione dei cittadini europei e del loro reclutamento da parte di organizzazioni terroristiche devono essere accompagnate da una serie di strumenti di giustizia penale efficaci, dissuasivi e articolati;

– chiede che una campagna di comunicazione strutturata a livello europeo, che si serva dei casi di ex «combattenti stranieri» che hanno già seguito un percorso di de-radicalizzazione e le cui testimonianze traumatiche aiutino a esporre la dimensione religiosa profondamente perversa ed erronea dell'adesione a organizzazioni terroristiche come l'ISIS.

Il 20 aprile 2016 la Commissione europea ha presentato la comunicazione COM(2016)230 «Attuare l'Agenda europea sulla sicurezza per combattere il terrorismo e preparare il terreno per l'Unione della sicurezza». La comunicazione fa il punto dei progressi compiuti in merito alle azioni previste dall'Agenda europea sulla sicurezza, individua le carenze in termini di attuazione delle misure volte a combattere il terrorismo ed espone le azioni da intraprendere per porvi rimedio. Tra le priorità indicate nella comunicazione figura la prevenzione della radicalizzazione e del reclutamento di cittadini europei da parte delle organizzazioni terroristiche. In particolare gli Stati membri dovrebbero fare in modo che le persone già radicalizzate siano inserite in programmi di deradicalizzazione, per evitare che facciano propaganda terroristica e discorsi di incitamento all'odio, e dovrebbero assicurare lo scambio proattivo di informazioni sugli elementi che presentano un rischio di radicalizzazione elevato.
Nel giugno 2016, in attuazione dell'Agenda europea sulla sicurezza, la Commissione europea ha presentato la comunicazione «Sostenere la prevenzione della radicalizzazione che porta all'estremismo violento» (COM(2016)379). Nel documento vengono definite una serie di iniziative per sostenere gli sforzi compiuti dagli Stati membri in diversi settori di intervento, dalla promozione dell'istruzione inclusiva e dei valori comuni al contrasto della propaganda estremista su internet e alla radicalizzazione nelle carceri.
L'innalzamento della minaccia terroristica di matrice jihadista ha spinto il legislatore ad adottare provvedimenti di prevenzione e contrasto del terrorismo internazionale.
Tra questi rileva, in particolare, il citato decreto-legge n. 7 del 2015.
Esso prevede una serie di misure di contrasto del terrorismo, anche internazionale, il coordinamento nazionale delle indagini nei procedimenti per i delitti di terrorismo e la proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia e delle iniziative di cooperazione allo sviluppo.
Il provvedimento interviene in primo luogo sulle disposizioni del codice penale relative ai delitti di terrorismo, anche internazionale, per punire:

– con la reclusione da cinque a otto anni i cosiddetti foreign fighters, ovvero coloro che si arruolano per il compimento di atti di violenza, con finalità di terrorismo (comma 1); l'entità della pena consente l'applicazione della custodia cautelare in carcere;

– con la reclusione da cinque a otto anni chiunque organizzi, finanzi o propagandi viaggi all'estero finalizzati al compimento di condotte con finalità di terrorismo;

– con la reclusione da cinque a dieci anni colui che, dopo avere autonomamente acquisito le istruzioni relative alle tecniche sull'uso di armi da fuoco o di esplosivi nonché alla commissione di atti di violenza con finalità terroristiche, pone in essere comportamenti finalizzati in maniera univoca alla commissione di tali atti.

La riforma, inoltre, aggrava la pena prevista per il delitto di addestramento ad attività con finalità di terrorismo, quando le condotte di chi addestra o istruisce siano commesse attraverso strumenti telematici o informatici. Un'ulteriore disposizione specifica che alla condanna per associazione terroristica, assistenza agli associati, arruolamento e organizzazione di espatrio a fini di terrorismo consegue obbligatoriamente la pena accessoria della perdita della potestà genitoriale «quando è coinvolto un minore».
Sono poi introdotte misure per il contrasto alle attività di proselitismo attraverso internet dei cosiddetti foreign fighters. Quando i reati di terrorismo, l'istigazione e l'apologia del terrorismo sono commessi tramite strumenti informatici e telematici, sono anzitutto previste aggravanti di pena. Analoghe aggravanti sono introdotte per il possesso e la fabbricazione di documenti falsi, delitti per i quali viene previsto l'arresto obbligatorio in flagranza (anziché, come ora, facoltativo).
Viene modificata, poi, la disciplina delle norme di attuazione del codice processuale penale sulle intercettazioni preventive, anche in relazione ad indagini per delitti in materia di terrorismo commessi con l'impiego di tecnologie informatiche o telematiche, e con riguardo all'acquisizione di documenti e dati informatici conservati all'estero, anche diversi da quelli disponibili al pubblico.
Si stabilisce poi che la polizia postale e delle comunicazioni debba costantemente tenere aggiornata una black-list dei siti internet che vengano utilizzati per la commissione di reati di terrorismo, anche al fine di favorire lo svolgimento delle indagini della polizia giudiziaria, effettuate anche sotto copertura.
Sono introdotti in capo agli internet provider specifici obblighi di oscuramento dei siti e di rimozione dei contenuti illeciti connessi a reati di terrorismo pubblicati sulla rete.
Sulla black list e sui provvedimenti di oscuramento e rimozione adottati, sono introdotti obblighi di relazione in capo al Ministro dell'interno in apposita sezione della Relazione annuale al Parlamento sull'attività delle Forze di polizia e sullo stato dell'ordine e della sicurezza pubblica.
Viene previsto infine che anche il Comitato di analisi strategica presso il Ministero dell'interno possa ricevere dall'Unità di informazione finanziaria della Banca d'Italia gli esiti delle analisi e degli studi effettuati su specifiche anomalie da cui emergono fenomeni di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo.
Sono introdotte nel codice penale due nuove contravvenzioni:

– la detenzione abusiva di precursori di esplosivi, che sanziona con la pena congiunta di arresto (fino a diciotto mesi) e ammenda (fino a 1.000 euro) chiunque, senza titolo, introduce nello Stato, detiene, usa o mette a disposizione di terzi le sostanze e le miscele che sono qualificate «precursori di esplosivi» dal regolamento (UE) n. 98/2013;

– la mancata segnalazione all'autorità di furti o sparizioni degli stessi precursori, con l'arresto fino a dodici mesi o l'ammenda fino a 371 euro.

Oltre a una sanzione amministrativa (da 1.000 a 5.000 euro) a carico degli operatori che, legittimamente trattando tali sostanze, omettono di segnalare operazioni sospette alle autorità, si impongono specifici obblighi di comunicazione a chi vende e fabbrica armi, munizioni e materiali esplodenti.
Viene poi modificato il decreto legislativo n. 8 del 2010 in modo da rafforzare l'identificazione e la tracciabilità degli esplosivi per uso civile.
Modifiche al testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto n. 773 del 1931, prevedono:

– obblighi di denuncia alle autorità di pubblica sicurezza anche dei caricatori delle armi, lunghe e corte, aventi determinata di capienza di colpi;

– l'esonero da tali obblighi di denuncia per i titolari di licenza del questore (di fabbricazione, introduzione nello Stato, esportazione, di facoltà di raccolta per ragioni di commercio o di industria, o comunque di vendita).

È integrato il contenuto dell'articolo 697 del codice penale, con l'equiparazione alla detenzione abusiva di armi della violazione degli obblighi di denuncia dei caricatori; l'illecito è quindi punito a titolo di contravvenzione con l'arresto fino a dodici mesi o con l'ammenda fino a 371 euro.
È poi integrata la legge n. 157 del 1992 per introdurre, in deroga alla disciplina generale, particolari divieti nell'uso di determinate categorie di armi per attività venatoria.
Sono poi modificati l'ordinamento penitenziario (legge n. 354 del 1975) e l'articolo 380 del codice di procedura penale. Con la prima modifica si prevede che anche i promotori, organizzatori e finanziatori del trasporto di stranieri nel territorio dello Stato nonché coloro che materialmente provvedono a tale trasporto ovvero compiono altri atti diretti a procurarne illegalmente l'ingresso nel territorio nazionale possano godere dei benefici penitenziari solo se collaborano con la giustizia.
Con la modifica dell'articolo 380 del codice di procedura penale, si prevede l'arresto obbligatorio in flagranza per i citati delitti in materia di immigrazione clandestina.
L'intervento sul codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo n. 159 del 2011, è diretto a introdurre modifiche alla disciplina delle misure di prevenzione e in materia di espulsione dallo Stato per motivi di terrorismo. Tra le molteplici misure è previsto un nuovo delitto, relativo alla violazione del divieto di espatrio conseguente alla violazione della sorveglianza speciale (con obbligo o divieto di soggiorno) o conseguente al ritiro del passaporto o alla sospensione della validità ai fini dell'espatrio che ogni altro documento equipollente (reclusione da uno a cinque anni).
Nel testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998) viene prevista l'espulsione amministrativa da parte del prefetto per motivi di prevenzione del terrorismo nei confronti degli stranieri che svolgano rilevanti atti preparatori diretti a partecipare a un conflitto all'estero a sostegno di organizzazioni che perseguono finalità terroristiche.
Infine, nelle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, viene raddoppiato da cinque a dieci giorni il termine entro cui – ove siano necessarie traduzioni – deve essere depositato il verbale sintetico delle intercettazioni cosiddette preventive presso il pubblico ministero che le ha autorizzate.
È poi introdotta una deroga alla disciplina relativa alla conservazione dei dati di traffico telefonico e telematico contenuta nel codice per la protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo n. 196 del 2003: per finalità di accertamento e repressione dei reati di terrorismo, infatti, a decorrere dalla conversione del decreto-legge e fino al 31 dicembre 2016 (poi al 30 giugno 2017), il fornitore dovrà conservare i dati relativi al traffico telematico (esclusi i contenuti della comunicazione) ed i dati relativi al traffico telefonico. Analogamente, dovranno essere conservati, fino a tale data, anche i dati sulle chiamate senza risposta, trattati temporaneamente dai fornitori dei servizi di comunicazione elettronica accessibile al pubblico o di una rete pubblica di comunicazione.
Il provvedimento ha inoltre disposto la proroga del contingente militare impiegato in concorso e congiuntamente con le Forze di polizia in attività di controllo del territorio.
Il decreto-legge n. 7 del 2015 ha, poi, esteso la possibilità di rilasciare a stranieri permessi di soggiorno a fini investigativi anche nel corso di operazioni di polizia, di indagini o di un procedimento relativi a delitti commessi per finalità di criminalità transnazionale.
Si introduce inoltre, in via transitoria, la possibilità per i servizi di informazione e sicurezza di effettuare colloqui investigativi con detenuti per prevenire delitti con finalità terroristica di matrice internazionale.
È modificato il decreto legislativo n. 231 del 2007, per prevedere che il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo debba essere informato delle segnalazioni dell'U.I.F. (l'Unità di informazione finanziaria della Banca d'Italia) relative ad operazioni sospette di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo trasmesse alla DIA e al Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza.
Modifiche al citato codice per la protezione dei dati personali estendono l'ambito dei trattamenti con finalità di polizia e dunque l'area entro la quale i trattamenti stessi possono svolgersi senza applicare le disposizioni «prevalentemente a tutela dell'interessato» già previste dal codice. Sono introdotte disposizioni volte alla tutela funzionale e processuale del personale dei Servizi di informazione e sicurezza interna ed esterna (AISI, AISE e DIS).
È anzitutto modificato l'articolo 497 del codice di procedura penale per prevedere che anche detto personale, in sede di deposizione in un processo penale sulle attività svolte «sotto copertura», possa fornire le generalità «di copertura» usate nel corso delle operazioni.
È stabilita un'ulteriore disciplina funzionale e processuale a favore del personale dei servizi, la cui efficacia cessa il 31 gennaio 2018.
Come la polizia giudiziaria, il personale dei servizi è autorizzato a condotte previste dalla legge come reato anche in relazione a una specifica serie di delitti con finalità di terrorismo, operando nei loro confronti la speciale causa di non punibilità. È tra l'altro prevista, contestualmente all'opposizione della causa di giustificazione, la comunicazione riservata dell'identità di copertura degli agenti dei servizi all'autorità giudiziaria che proceda nei loro confronti in caso di reati commessi nel corso delle operazioni d'istituto.
All'AISE (Agenzia informazione e sicurezza esterna) è affidato il compito di svolgere attività di informazione anche tramite ricerca elettronica verso l'estero, a protezione degli interessi economici, scientifici e industriali del Paese. Il Presidente del Consiglio dei ministri informa mensilmente il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica su tali attività.
Il provvedimento interviene poi sul coordinamento nazionale delle indagini nei procedimenti per i delitti di terrorismo, anche internazionale, prevedendo l'attribuzione al procuratore nazionale antimafia anche delle funzioni in materia di antiterrorismo e disciplinandone gli adeguamenti organizzativi. Sono modificati in particolare alcuni articoli del citato codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione con riguardo all'organizzazione della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, in luogo della Direzione nazionale antimafia, alla preposizione dei magistrati che ne fanno parte (il procuratore nazionale e due procuratori aggiunti) e all'applicazione di magistrati anche per procedimenti riguardanti reati con finalità di terrorismo. Nell'ambito della procura generale della Cassazione è quindi istituita la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo.
Nella scorsa legislatura è stata approvata la legge n. 153 del 2016, di trasposizione di cinque diversi atti internazionali, volti alla prevenzione e al contrasto del terrorismo.
Il provvedimento ratifica e dà esecuzione ai seguenti atti:

– la Convenzione del Consiglio d'Europa per la prevenzione del terrorismo, fatta a Varsavia il 16 maggio 2005 e il relativo Protocollo addizionale, fatto a Riga il 22 ottobre 2015; la Convenzione, in particolare, definisce come reati quegli atti che possono portare alla commissione di reati di terrorismo – quali la pubblica istigazione, il reclutamento e l'addestramento – e rafforza la cooperazione in materia di prevenzione sia a livello interno sia a livello internazionale;

– la Convenzione internazionale per la soppressione di atti di terrorismo nucleare, fatta a New York 14 il settembre 2005; si tratta dello strumento attraverso cui la comunità internazionale intende darsi regole certe e mezzi adeguati al fine di perseguire i reati connessi ad atti di terrorismo nucleare, inserendosi nell'attività più generale di misure volte all'eliminazione del terrorismo internazionale;

– il Protocollo di emendamento alla Convenzione europea per la repressione del terrorismo, fatto a Strasburgo il 15 maggio 2003, che amplia l'elenco dei reati da «depoliticizzare», sino a ricomprendere tutti i reati descritti nelle Convenzioni e Protocolli pertinenti delle Nazioni Unite contro il terrorismo; il Protocollo introduce una procedura semplificata di emendamento alla Convenzione medesima e include una clausola che autorizza il rifiuto di estradizione in casi particolari;

– la Convenzione del Consiglio d'Europa sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato e sul finanziamento del terrorismo, fatta a Varsavia il 16 maggio 2005, che amplia e aggiorna la precedente Convenzione del 1990 (ratificata con legge n. 328 del 1993) considerando, in particolare, il finanziamento del terrorismo non solo attraverso il riciclaggio di denaro, ma anche attraverso attività lecite.

La legge, oltre ad autorizzare la ratifica dei citati atti internazionali, modifica in particolare il codice penale aggiungendo – per finalità di adeguamento del nostro ordinamento – nuove fattispecie illecite in materia di terrorismo tra i delitti contro la personalità interna e internazionale dello Stato.
I primi due delitti riguardano condotte di fiancheggiamento o sostegno del terrorismo internazionale:

– il nuovo articolo 270-quinquies.1 del codice penale punisce con la reclusione da sette a quindici anni il finanziamento di condotte con finalità di terrorismo, ipotesi per la quale il personale dei servizi di informazione e sicurezza potrà essere autorizzato a porre in essere attività che configurano il nuovo reato di cui all'articolo 270-quinquies.1 (viene così esteso quanto già consentito dalla legge, fino al 31 gennaio 2018, con riguardo a taluni reati relativi al terrorismo);

– il nuovo articolo 270-quinquies.2 riguarda, invece, la sottrazione di beni o denaro sequestrati, delitto punito con la reclusione da due a sei anni e la multa da 3.000 a 15.000 euro.

Un altro articolo introdotto nel codice penale (articolo 270-septies) rende obbligatoria – in caso di condanna o patteggiamento per uno dei delitti con finalità di terrorismo previsti dal codice – la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne costituiscono il prezzo, il prodotto o il profitto; ove ciò non sia possibile si procede con la confisca per equivalente.
Infine, tra i delitti contro la personalità interna dello Stato è inserito nel codice penale il reato di atti di terrorismo nucleare (articolo 280-ter), punito con la reclusione non inferiore a quindici anni.

Articolo 2 – Centro nazionale sulla radicalizzazione

Istituisce un Centro nazionale sulla radicalizzazione (CRAD), presso il Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno.
Esso è chiamato a promuovere e sviluppare le misure, gli interventi ed i programmi diretti a prevenire fenomeni di radicalizzazione e di diffusione dell'estremismo violento di matrice jihadista nonché a favorire la deradicalizzazione dei soggetti coinvolti.
La composizione e il funzionamento del Centro sono disciplinati con decreto del Ministro dell'interno (da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge), in modo da assicurare la presenza – senza compensi, rimborsi o altri emolumenti di sorta – di rappresentanti del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza della Presidenza del Consiglio dei ministri, dei Ministeri degli affari esteri e della cooperazione internazionale, dell'interno, della giustizia, della difesa, del lavoro e delle politiche sociali, dell'istruzione, dell'università e della ricerca e della salute, nonché di qualificati esponenti di istituzioni, enti e associazioni operanti nel campo religioso, culturale, educativo e sociale, così come del Consiglio delle relazioni con l'Islam italiano (istituito con decreto del Ministro dell'Interno del 23 dicembre 2015, con funzioni consultive, quali esplicatesi, può ricordarsi in sede di commento, nella elaborazione del «Patto nazionale per un Islam italiano espressione di una comunità aperta, integrata e aderente ai valori e principi dell'ordinamento statale», sottoscritto il 1º febbraio 2017 dal Ministro dell'interno e nove organizzazioni islamiche).
Il CRAD elabora annualmente il Piano strategico nazionale di prevenzione dei processi di radicalizzazione e di adesione all'estremismo violento di matrice jihadista e di recupero dei soggetti coinvolti nei fenomeni di radicalizzazione.
Il Piano definisce i progetti, le azioni e le iniziative da realizzare. È da notare come il Piano – secondo il comma 3 – assuma uno spettro assai ampio di azione, volgendo alla promozione del dialogo interreligioso e interculturale, alla condivisione dei principi di laicità dello Stato e di libertà religiosa (così come di tutti i principi fondamentali della Costituzione italiana).
Il Piano persegue altresì «il contrasto di ogni forma di discriminazione etnica, religiosa, di genere e di orientamento sessuale e di pratiche che colpiscono l'integrità fisica, la dignità e i diritti delle persone».
Il Piano è approvato dal Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'interno, acquisiti i pareri delle Commissioni parlamentari competenti e del Comitato parlamentare istituito ai sensi dell'articolo 4 del disegno di legge.
Il CRAD individua le risorse disponibili a legislazione vigente, nonché quella utilizzabili a valere sui fondi europei RAN (Radicalisation Awareness Network).
Vale ricordare come nel 2011 la Commissione europea avviasse la rete UE per la sensibilizzazione in materia di radicalizzazione, che raggruppa 700 esperti e operatori di prima linea provenienti da tutte le regioni d'Europa (Radicalisation Awareness Network – RAN) (ripartita in otto gruppi di lavoro: Polizia e forze dell'ordine, vittime del terrorismo, internet e media sociali, prevenzione, deradicalizzazione, istituti penitenziari e di libertà vigilata, sanità, dimensione interna ed esterna).
Il CRAD, nello svolgimento delle proprie funzioni, si avvale dell'attività di monitoraggio svolta dal Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno, sulla base delle informazioni fornite dalle prefetture-uffici territoriali del Governo (ai sensi di quanto previsto all'articolo 3).

Articolo 3 – Centri di coordinamento regionali sulla radicalizzazione

Con il compito di dare attuazione al Piano strategico nazionale, sono al contempo istituiti i Centri di coordinamento regionali sulla radicalizzazione (CCR), presso le prefetture-uffici territoriali del Governo dei capoluoghi di regione. Tali Centri sono tenuti a presentare al CRAD una relazione sull'attuazione del Piano, con cadenza annuale. Il Centro di coordinamento regionale sulla radicalizzazione è presieduto dal prefetto o da un suo delegato ed è composto da rappresentanti dei competenti uffici territoriali delle amministrazioni statali, degli enti locali e da qualificati esponenti di istituzioni, enti e associazioni operanti nel campo religioso, culturale, educativo e sociale in ambito regionale, nonché delle associazioni e organizzazioni che operano nel campo dell'assistenza socio-sanitaria e dell'integrazione, e delle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori.
Sono esclusi compensi, emolumenti, rimborsi.
La composizione e le modalità di funzionamento del Centro di coordinamento regionale sono disciplinate dal prefetto del capoluogo di regione, con proprio provvedimento, anche in relazione all'esigenza di assicurare un costante raccordo informativo con le altre prefetture-uffici territoriali del Governo della regione.
Al prefetto del capoluogo di regione compete altresì l'adozione di tutte le iniziative volte a coordinare le attività previste nell'ambito del piano di prevenzione con le esigenze di tutela della sicurezza della Repubblica («in coerenza con quanto previsto dalla legge n. 124 del 2007», ossia la legge sul sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e la nuova disciplina del segreto).

Articoli 4 e 5 – Comitato parlamentare per il monitoraggio dei fenomeni della radicalizzazione e dell'estremismo violento di matrice jihadista

È prevista l'istituzione con legge di un Comitato parlamentare per il monitoraggio dei fenomeni di radicalizzazione e dell'estremismo violento di matrice jihadista.
Il Comitato parlamentare è composto da cinque deputati e cinque senatori, nominati dai Presidenti dei due rami del Parlamento, in proporzione al numero dei componenti dei gruppi parlamentari, garantendo comunque la rappresentanza paritaria della maggioranza e delle opposizioni e tenendo conto della specificità dei compiti del Comitato.
Il Comitato svolge un'attività di monitoraggio dei fenomeni della radicalizzazione e dell'estremismo violento di matrice jihadista sul territorio nazionale, con particolare attenzione, altresì, alle problematiche inerenti alle donne e ai minori (articolo 5).
Tale organismo svolge la sua attività anche attraverso l'audizione di figure istituzionali, di componenti della magistratura e delle Forze di polizia, di ministri di culto e di operatori sociali.
Il Comitato svolge, in particolare, un'attività di monitoraggio specifica sui seguenti ambiti:

– sulle scuole di ogni ordine e grado, nonché sulle università, anche attraverso l'audizione o l'esame di rapporti redatti da presidi, rettori e dirigenti scolastici su episodi avvenuti nei rispettivi istituti;

– sugli ospedali e gli ambulatori pubblici, anche attraverso l'audizione o l'esame dei rapporti redatti dai direttori sanitari su episodi avvenuti nei rispettivi istituti;

– sulle carceri, anche attraverso l'audizione dei direttori degli istituti penitenziari sui singoli episodi avvenuti nei rispettivi istituti e l'esame di una relazione trimestrale inviata dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria sull'andamento dei fenomeni di radicalizzazione all'interno delle carceri italiane.

Il Comitato esamina altresì un rapporto semestrale che deve essere redatto dalla Polizia postale e delle comunicazioni, anche in collaborazione con istituti specializzati, contenente elementi informativi e dati statistici sulla diffusione sul web di idee estreme, tendenti al terrorismo violento di matrice jihadista.
In sintesi, l'attività del Comitato può dirsi conoscitiva, suscettibile peraltro di qualche sovrapposizione con le attività e competenze delle Commissioni parlamentari permanenti interessate.

Articolo 6 – Relazioni al Parlamento

Si prevede siano presentate al Parlamento, con cadenza annuale:

– una relazione, da parte dell'istituendo Comitato parlamentare, sull'attività svolta e per formulare proposte o segnalazioni su questioni di propria competenza. Il Comitato ha altresì facoltà di trasmettere al Parlamento, nel corso dell'anno, informative o relazioni urgenti;

– una relazione del Governo, entro il mese di febbraio e riferita all'anno precedente, sulle politiche attuate in materia di prevenzione e contrasto dei fenomeni di radicalizzazione e di estremismo violento di matrice jihadista, nonché sui risultati ottenuti. La disposizione prevede una trasmissione di tale relazione governativa sia alle Camere sia al Comitato parlamentare.

Articolo 7 – Formazione specialistica

Prevede che i Ministeri competenti e le amministrazioni locali, in coerenza con il Piano strategico nazionale elaborato dal CRAD, definiscano le modalità per il possibile svolgimento di attività di formazione, anche per la conoscenza delle lingue straniere, consistenti in particolare in programmi e corsi specialistici volti a fornire elementi di conoscenza anche in materia di dialogo interculturale e interreligioso al fine di prevenire fenomeni di radicalizzazione ed estremismo violento di matrice jihadista.
Le attività di formazione sono rivolte al personale: delle Forze di polizia e delle polizie municipali; delle Forze armate; dell'amministrazione penitenziaria, del Garante nazionale e dei garanti locali dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale; dei docenti e dirigenti delle scuole di ogni ordine e grado e delle università; degli operatori dei servizi sociali e socio-sanitari, del personale dei corpi di polizia locale.
È autorizzata la spesa, per tali attività di formazione specialistica, di 1 milione di euro dal 2018, a favore del Ministero dell'interno.
In relazione allo svolgimento di attività formative specialistiche sui temi della prevenzione della radicalizzazione e dell'estremismo, nel corso della Conferenza dei Capi delle Polizie europee, svoltasi a L'Aia, il 23-24 settembre 2014, nella prospettiva di una maggiore integrazione delle strategie di contrasto al terrorismo internazionale, fu rimarcata l'importanza della prospettiva di dare vita a un'adeguata formazione linguistica delle forze di polizia europee orientata verso la lingua araba. Inoltre in sede europea (si veda ad esempio la risoluzione del Parlamento europeo del 25 novembre 2015) gli Stati membri sono stati invitati, in particolare, a prevedere risorse per un'adeguata formazione di tutti i soggetti (personale carcerario, funzionari preposti alla messa in prova, magistratura, eccetera) che trattano gli estremisti violenti radicalizzati o coloro che sono a rischio di radicalizzazione.

Articolo 8 – Interventi preventivi in ambito scolastico

Sono previsti interventi finalizzati a prevenire episodi di radicalizzazione nell'ambito scolastico.
In particolare – dispongono i commi 1, 2 e 3 – l'Osservatorio nazionale per l'integrazione degli alunni stranieri e per l'intercultura elabora, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge – e conformandosi al piano strategico elaborato dal Centro nazionale sulla radicalizzazione ai sensi dell'articolo 2 – linee guida sul dialogo interculturale e interreligioso, finalizzate a diffondere la cultura del pluralismo e a prevenire episodi di radicalizzazione in ambito scolastico.
Le linee guida sono adottate con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e sono comunicate agli uffici scolastici regionali e alle istituzioni scolastiche.
Le linee guida devono essere periodicamente aggiornate e, anche a tal fine, l'Osservatorio effettua, con cadenza annuale, un monitoraggio delle iniziative avviate dalle istituzioni scolastiche.
Il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha costituito l'Osservatorio nazionale per l'integrazione degli alunni stranieri e per l'intercultura al fine di individuare soluzioni operative e organizzative per un effettivo adeguamento delle politiche di integrazione alle esigenze di una scuola multiculturale.
L'Osservatorio ha compiti consultivi e propositivi. Promuove, in particolare, politiche scolastiche per l'integrazione degli alunni con cittadinanza non italiana e verificare la loro attuazione (anche tramite monitoraggi), incoraggiare accordi interistituzionali e favorire la sperimentazione e l'innovazione metodologica didattica e disciplinare.
L'Osservatorio è presieduto dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca o dal sottosegretario con delega alle tematiche dell'integrazione. È composto da rappresentanti degli istituti di ricerca, delle associazioni e degli enti di rilievo nazionale impegnati nel settore dell'integrazione degli alunni stranieri e dell'intercultura, da esperti del mondo accademico, culturale e sociale e da dirigenti scolastici. I suoi componenti rimangono in carica per tre anni.
Nel 2015 alle scuole è stata inviata una circolare con raccomandazioni e proposte operative elaborate dall'Osservatorio.
Il comma 4 prevede che le reti di scuole possano stipulare – senza maggiori oneri di finanza pubblica – convenzioni con università, istituzioni, enti, associazioni o agenzie presenti sul territorio, per lo sviluppo di iniziative.
Le apposite linee guida devono essere definite con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge.
L'articolo 1, comma 70, della legge n. 107 del 2015 ha previsto la costituzione, entro il 30 giugno 2016, di reti fra scuole del medesimo ambito territoriale, finalizzate, fra l'altro, alla realizzazione di progetti o di iniziative didattiche, educative, sportive o culturali di interesse territoriale, da definire sulla base di accordi di rete.
In base al comma 71, lettera c), del medesimo articolo 1 della suddetta legge, questi ultimi individuano, fra l'altro, le risorse da destinare alla rete per il perseguimento delle proprie finalità.
Le linee guida per la formazione delle reti di scuole sono state diramate con Nota del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 2151 del 7 giugno 2016.
Il comma 5 prevede che a decorrere dall'anno scolastico 2018-2019 il Piano nazionale di formazione dei docenti preveda anche l'attività di formazione e di aggiornamento dei docenti e dei dirigenti delle istituzioni scolastiche statali e paritarie «volta ad aumentare le conoscenze e le competenze di cittadinanza globale per l'integrazione scolastica e la dialettica interculturale».
Il Piano nazionale per la formazione dei docenti riferito al triennio 2016-2019, elaborato sulla base dell'articolo 1, comma 124, della legge n. 107 del 2015, è stato adottato con decreto ministeriale n. 797 del 19 ottobre 2016. Esso peraltro riguarda, nei contenuti proposti, anche i dirigenti scolastici e il personale ATA (nel paragrafo 2.8 si rileva che non sia possibile separare la formazione per i docenti da quella per i dirigenti scolastici e per il resto del personale scolastico). Pertanto all'interno del capitolo 4 viene preso in considerazione il fabbisogno formativo complessivo delle scuole, considerando tutto il personale, e si fa presente che i piani formativi promuoveranno anche modalità di formazione in grado di coinvolgere diverse figure nello stesso «spazio formativo», proprio per stimolare una collaborazione che migliori e rafforzi la scuola e la sua comunità.
Nell'ambito delle priorità previste dal Piano nel capitolo 4, la 4.7 riguarda «Integrazione, competenze di cittadinanza e cittadinanza globale». Le linee strategiche relative a questa priorità sono così individuate: garantire in ogni scuola la presenza di un nucleo di insegnanti in grado di fronteggiare i processi di accoglienza, alfabetizzazione, mediazione culturale, a partire dalle aree a forte immigrazione; attrezzare la scuola a vivere gli scenari della globalizzazione, come apertura ai processi di interdipendenza, di pluralismo culturale, di scambio, ma anche di valorizzazione dei segni distintivi della cultura europea (democrazia, pari opportunità, nuovo umanesimo, coesione sociale, diritti civili); rafforzare le competenze culturali, linguistiche e comunicative dei docenti, per favorire programmi di plurilinguismo, di modernizzazione dell'insegnamento e il confronto con gli altri paesi; rafforzare le competenze glottodidattiche e per l'insegnamento di italiano come lingua seconda (L2); promuovere una corretta valutazione delle competenze degli alunni stranieri; promuovere un'interpretazione moderna e inclusiva della cittadinanza consapevole e delle competenze di cittadinanza, anche attraverso lo sviluppo dell'idea di cittadinanza globale.
Il comma 6, infine, prevede che con accordo tra lo Stato e le regioni (in Conferenza permanente) siano individuate le modalità per l'attuazione di misure per la prevenzione della radicalizzazione e dell'estremismo violento di matrice jihadista nel sistema dell'istruzione e della formazione professionale.
Tale previsione discende dalla competenza legislativa esclusiva delle regioni in materia di istruzione e formazione professionale, i cui percorsi rappresentano una delle componenti del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione.

Articolo 9 – Progetti di formazione universitaria e postuniversitaria

Autorizza la spesa di 2,5 milioni di euro per il 2018, di 5 milioni dal 2019 (da iscrivere nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca), destinata a finanziare progetti per la formazione universitaria e postuniversitaria di figure professionali specializzate nella prevenzione e nel contrasto alla radicalizzazione e all'estremismo violento di matrice jihadista, nel dialogo interreligioso, nelle relazione interculturali ed economiche e nello sviluppo dei Paesi di emigrazione, previsti ed organizzati da accordi di cooperazione fra università italiane e università dei Paesi aderenti all'Organizzazione della cooperazione islamica, con i quali l'Italia abbia stipulato accordi di cooperazione culturale, scientifica e tecnologica.
Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica.
Dei 57 Paesi membri dell'Organisation of Islamic Cooperation (OIC) risultano aver stipulato Accordi di cooperazione culturale, scientifica e tecnologica con l'Italia:

AZERBAIJAN – Accordo di cooperazione culturale, scientifica, tecnica fatto a Baku il 1° giugno 2002 e ratificato ai sensi della legge n. 131 del 2006;
GIORDANIA – Accordo di cooperazione tecnica, firmato ad Amman il 16 giugno 1965. Notificato. In vigore dal 24 luglio 1965 – Accordo di cooperazione culturale e scientifica, firmato ad Amman il 26 ottobre 1975. Notificato. In vigore dal 16 marzo 1978;
ALBANIA – Accordo di collaborazione culturale fatto a Tirana il 12 settembre 1994 e ratificato ai sensi della legge n. 49 del 1998 – Accordo di collaborazione scientifica e tecnologica con allegato sulla proprietà intellettuale fatto a Tirana il 18 dicembre 1997 e ratificato ai sensi della legge n. 204 del 1999;
INDONESIA – Accordo per la cooperazione culturale fatto a Jakarta il 20 ottobre 1997 e ratificato ai sensi della legge n. 108 del 2000 – Accordo per la cooperazione scientifica e tecnica, fatto a Jakarta il 20 ottobre 1997 e ratificato ai sensi della legge n. 195 del 2000;
UZBEKISTAN – Accordo di collaborazione culturale e scientifica, fatto a Tashkent il 03 maggio 1997 e ratificato ai sensi della legge n. 56 del 1999;
IRAN – Accordo di cooperazione scientifica e tecnica, firmato a Teheran il 17 settembre 1970, non sottoposto a ratifica parlamentare, in vigore dal 2 marzo 1972;
PAKISTAN – Accordo culturale, firmato a Islamabad il 17 marzo 1975, notificato, in vigore dal 16 aprile 1976 – Accordo di cooperazione scientifica e tecnica, firmato a Islamabad il 20 agosto 1975, non sottoposto a ratifica parlamentare, in vigore dal 13 febbraio 1976;
BANGLADESH – Accordo per la cooperazione scientifica e tecnologica, fatto a Roma il 4 dicembre 2000 e ratificato ai sensi della legge n. 364 del 2003;
BENIN – Accordo di cooperazione scientifica e tecnica, firmato a Cotonou il 10 marzo 1965, non sottoposto a ratifica parlamentare, in vigore dal 20 gennaio 1966;
TURCHIA – Accordo sulla cooperazione scientifica e tecnica, fatto a Roma il 21 febbraio 2001 e ratificato ai sensi della legge n. 29 del 2005;
TUNISIA – Accordo di cooperazione culturale, scientifica e tecnologica, fatto a Roma il 29 maggio 1997 e ratificato ai sensi della legge n. 103 del 1999;
ALGERIA – Accordo culturale, scientifico e tecnologico, fatto a Algeri il 3 giugno 2002 e ratificato ai sensi della legge n. 11 del 2004;
ARABIA SAUDITA – Accordo di cooperazione culturale, scientifica e tecnica, firmato a Gedda il 6 febbraio 1973, notificato, in vigore dal 6 novembre 1974;
SENEGAL – Accordo culturale, firmato a Roma il 28 marzo 1973, notificato, in vigore dal 6 maggio 1974 – Accordo di cooperazione culturale, scientifica e tecnica, fatto a Roma il 17 febbraio 2015 e ratificato ai sensi della legge n. 164 del 2017;
SUDAN – Accordo di cooperazione scientifica e tecnica, firmato a Khartoum il 22 luglio 1965, notificato, in vigore dal 10 aprile 1967;
SIRIA – Accordo di cooperazione culturale, fatto a Roma l'11 settembre 2008 e ratificato ai sensi della legge n. 38 del 2011;
SOMALIA – Accordo culturale, concluso a Roma il 26 aprile 1961 e ratificato ai sensi della legge n. 1895 del 1962;
IRAQ – Accordo di cooperazione culturale, firmato a Roma il 14 aprile 1967, notificato, in vigore dal 20 settembre 1967;
GABON – Dichiarazione congiunta sulla collaborazione culturale, scientifica e tecnica, firmata a Libreville il 28 giugno 1999, in vigore dal 28 giugno 1999;
PALESTINA – Accordo interinale di collaborazione culturale, scientifica e tecnologica, con nota esplicativa, fatto a Roma il 7 giugno 2000 e ratificato ai sensi della legge n. 169 del 2003;
QATAR – Accordo di cooperazione culturale, fatto a Doha il 14 gennaio 2007 e ratificato ai sensi della legge n. 86 del 2011;
KAZAKHSTAN – Accordo di cooperazione culturale e scientifica, fatto ad Almaty il 16 settembre 1997 e ratificato ai sensi della legge n. 17 del 2000;
KUWAIT – Accordo di cooperazione culturale, scientifica, tecnologica e nei settori dell'istruzione e dell'informazione, fatto a Kuwait il 7 dicembre 2005 e ratificato ai sensi della legge n. 205 del 2011;
LIBANO – Accordo di cooperazione culturale, scientifica e tecnologica, fatto a Beirut il 22 novembre 2000 e ratificato ai sensi della legge n. 287 del 2005;
LIBIA – Accordo di cooperazione culturale, scientifica e tecnologica, fatto a Tripoli il 5 giugno 2003 e ratificato ai sensi della legge n. 258 del 2005;
EGITTO – Protocollo di cooperazione scientifica e tecnologica, firmato al Cairo il 9 giugno 1991, non sottoposto a ratifica parlamentare, in vigore dal 9 giugno 1991;
YEMEN – Accordo sulla cooperazione nei campi della cultura, istruzione, scienza e tecnologia, fatto a Sana'a il 3 marzo 1998 e ratificato ai sensi della legge n. 94 del 2003;
EMIRATI ARABI UNITI – Accordo di cooperazione nell'ambito della cultura, arte e patrimonio, fatto a Dubai il 20 novembre 2012 e ratificato ai sensi della legge n. 164 del 2017.

Non sono stati stipulati accordi tra Italia e Afghanistan, Uganda, Bahrein, Brunei, Burkina Faso, Tagikistan, Turkmenistan, Ciad, Togo, Gibuti, Suriname, Sierra Leone, Oman, Gambia, Guyana, Guinea, Guinea-Bissau, Comore, Kirghizistan, Camerun, Costa D'Avorio, Maldive, Mali, Malesia, Marocco, Mauritania, Mozambico, Niger, Nigeria.

Articolo 10 – Attività di comunicazione e informazione

Si prevede che al Piano strategico nazionale, di cui all'articolo 2, competa altresì la previsione di progetti per lo sviluppo di campagne informative, attraverso piattaforme multimediali che utilizzino anche lingue straniere.
Così come compete l'adesione ad analoghe campagne promosse dalle istituzioni internazionali.
La finalità è favorire l'integrazione e il dialogo interculturale e interreligioso, nonché di contrastare la radicalizzazione e la diffusione dell'estremismo violento di matrice jihadista.
Per la medesima finalità è previsto che la RAI, in qualità di concessionaria del servizio pubblico, realizzi una specifica piattaforma multimediale per la messa in onda di prodotti informativi e formativi in lingua italiana e araba.
Le modalità operative sono da definire nel contratto di servizio, nel limite delle risorse disponibili.
Al contempo, il Piano strategico nazionale promuove attività di comunicazione in collaborazione con altri soggetti, pubblici o privati, nonché sinergie tra i media nazionali volte, in particolare, a «veicolare la cultura dell'integrazione, del dialogo interreligioso e interculturale, il principio dell'eguaglianza di genere e il contrasto delle discriminazioni di origine religiosa, tra cui l'islamofobia».
È fatto richiamo normativo al decreto-legge n. 122 del 1993, recante misure urgenti in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 205 del 1993, (la cosiddetta «legge Mancino», che punisce gesti, azioni e slogan aventi per scopo l'incitazione alla violenza e alla discriminazione per motivi razziali, etnici, religiosi o nazionali, oltre all'utilizzo di simboli razzisti).

Articolo 11 – Piano nazionale per la rieducazione e la deradicalizzazione di detenuti e di internati

Demanda a un regolamento del Ministro della giustizia – da emanare entro centottanta giorni dall'entrata in vigore della legge – l'adozione di un Piano nazionale per garantire ai soggetti (cittadini italiani o stranieri residenti in Italia) detenuti o internati coinvolti in fenomeni di radicalizzazione e di diffusione dell'estremismo violento di matrice jihadista un trattamento penitenziario che tenda, oltre che alla loro rieducazione, anche alla loro deradicalizzazione, in coerenza con il Piano strategico nazionale (di cui all'articolo 2).
Il Piano dovrà essere adottato con decreto del Ministro della giustizia, annuale, sentiti il Garante dei detenuti (introdotto nel nostro ordinamento dall'articolo 7 del decreto-legge n. 146 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 10 del 2014) ed il CRAD di cui all'articolo 2. È previsto il parere delle competenti Commissioni parlamentari.
Dell'attuazione del Piano il Ministro della giustizia è tenuto a presentare relazione annuale alle Commissioni parlamentari competenti.
Con il medesimo decreto del Ministro della giustizia debbono essere altresì individuati i criteri per consentire l'accesso e la frequenza degli istituti penitenziari a quanti siano in possesso di adeguate conoscenze e competenze in tema di culture e pratiche religiose nonché di proselitismo, radicalizzazione e potenziale deriva terroristica.
È richiamato in merito l'articolo 17, secondo comma, della legge sull'ordinamento penitenziario (legge n. 354 del 1975), che subordina l'accesso al carcere di coloro che hanno «concreto interesse per l'opera di risocializzazione dei detenuti» all'autorizzazione del magistrato di sorveglianza, che darà anche apposite direttive, e al parere favorevole del direttore dell'istituto.

Articolo 12 – Clausola di invarianza finanziaria

È posta una clausola di invarianza finanziaria, salvo che per le previsioni cui il disegno di legge destini espressi stanziamenti (come avviene all'articolo 2 per l'istituzione di un numero verde, all'articolo 7 per la formazione specialistica del personale delle Forze di polizia, all'articolo 9 per i progetti di formazione universitaria e postuniversitaria volti alla formazione di figure professionali specializzate).

DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

(Finalità)

1. La presente legge, in coerenza con i consolidati indirizzi in sede internazionale e sovranazionale, anche tenuto conto della risoluzione del Parlamento europeo del 25 novembre 2015 sulla prevenzione della radicalizzazione e del reclutamento di cittadini europei da parte di organizzazioni terroristiche, disciplina l'adozione di misure, interventi e programmi diretti a prevenire fenomeni di radicalizzazione e di diffusione dell'estremismo violento di matrice jihadista nonché a favorire la deradicalizzazione, nell'ambito delle garanzie fondamentali in materia di libertà religiosa, e il recupero in termini di integrazione sociale, culturale e lavorativa dei soggetti coinvolti, cittadini italiani o stranieri residenti in Italia.

2. Ai fini della presente legge per radicalizzazione si intende il fenomeno delle persone che, anche se non sussiste alcuno stabile rapporto con gruppi terroristici, abbracciano ideologie di matrice jihadista, ispirate all'uso della violenza e del terrorismo, anche tramite l'uso del web e dei social network.

Art. 2.

(Centro nazionale sulla radicalizzazione)

1. Al fine di promuovere e sviluppare le misure, gli interventi e i programmi di cui all'articolo 1, è istituito presso il Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno il Centro nazionale sulla radicalizzazione (CRAD). Con decreto del Ministro dell'interno, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono disciplinati la composizione e il funzionamento del CRAD, prevedendo la presenza di rappresentanti del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Ministeri degli affari esteri e della cooperazione internazionale, dell'interno, della giustizia, della difesa, del lavoro e delle politiche sociali, dell'istruzione, dell'università e della ricerca e della salute, nonché di qualificati esponenti di istituzioni, enti e associazioni operanti nel campo religioso, culturale, educativo e sociale e del Consiglio delle relazioni con l'Islam italiano, di cui al decreto del Ministro dell'interno 23 dicembre 2015. Ai componenti del CRAD non sono dovuti compensi, gettoni di presenza, rimborsi di spese o altri emolumenti comunque denominati.

2. Il CRAD predispone annualmente il Piano strategico nazionale di prevenzione dei processi di radicalizzazione e di adesione all'estremismo violento di matrice jihadista e di recupero dei soggetti coinvolti nei fenomeni di radicalizzazione, il quale definisce i progetti, le azioni e le iniziative da realizzare per le finalità di cui all'articolo 1. Il Piano strategico nazionale è approvato dal Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'interno, previa acquisizione dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti e del Comitato parlamentare previsto all'articolo 4. Il CRAD, d'intesa con le amministrazioni competenti, individua le risorse disponibili a legislazione vigente nei bilanci delle stesse, nonché la quota dei fondi europei destinati al Radicalization Awareness Network (RAN), da impiegare nelle attività previste dal Piano strategico nazionale. Ai fini dell'istituzione di un apposito numero verde è autorizzata la spesa di 250.000 euro per l'anno 2018 e di 500.000 euro annui a decorrere dall'anno 2019. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2018-2020, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2018, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

3. Il CRAD, con il Piano strategico nazionale, promuove il dialogo interreligioso e interculturale, la condivisione dei princìpi di laicità dello Stato e di libertà religiosa e di tutti gli altri princìpi fondamentali della Costituzione nonché il contrasto di ogni forma di discriminazione razziale, etnica, religiosa, di genere e di orientamento sessuale e di pratiche che colpiscono l'integrità fisica, la dignità e i diritti delle persone.

4. Il CRAD, nello svolgimento delle proprie funzioni, si avvale dell'attività di monitoraggio dei fenomeni di cui all'articolo 1 svolta dal Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno, sulla base delle informazioni fornite dalle prefetture-uffici territoriali del Governo di cui all'articolo 3.

Art. 3.

(Centri di coordinamento regionali
sulla radicalizzazione)

1. Presso le prefetture-uffici territoriali del Governo dei capoluoghi di regione sono istituiti i Centri di coordinamento regionali sulla radicalizzazione (CCR), con il compito di dare attuazione al Piano strategico nazionale di cui all'articolo 2. I CCR presentano annualmente al CRAD una relazione sull'attuazione del Piano.

2. Il CCR è presieduto dal prefetto o da un suo delegato ed è composto da rappresentanti dei competenti uffici territoriali delle amministrazioni statali e degli enti locali e da qualificati esponenti di istituzioni, enti e associazioni operanti nel campo religioso, culturale, educativo e sociale in ambito regionale, delle associazioni e organizzazioni che operano nel campo dell'assistenza socio-sanitaria e dell'integrazione nonché delle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori. Ai componenti del CCR non sono dovuti compensi, gettoni di presenza, rimborsi di spese o altri emolumenti comunque denominati.

3. Il prefetto del capoluogo di regione, con proprio provvedimento, disciplina la composizione e le modalità di funzionamento del CCR, anche in relazione all'esigenza di assicurare un costante raccordo informativo con le altre prefetture-uffici territoriali del Governo della regione.

4. Il prefetto del capoluogo di regione adotta altresì tutte le iniziative volte a raccordare le attività finalizzate all'attuazione del Piano strategico nazionale di cui all'articolo 2 con le esigenze di tutela della sicurezza della Repubblica in coerenza con quanto previsto dalla legge 3 agosto 2007, n. 124.

Art. 4.

(Istituzione del Comitato parlamentare per il monitoraggio dei fenomeni della radicalizzazione e dell'estremismo violento di matrice jihadista)

1. Al fine di monitorare i fenomeni della radicalizzazione e dell'estremismo violento di matrice jihadista è istituito un Comitato parlamentare, di seguito denominato «Comitato», composto da cinque deputati e cinque senatori, nominati dai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, in proporzione al numero dei componenti dei gruppi parlamentari, garantendo comunque la rappresentanza paritaria della maggioranza e delle opposizioni e tenendo conto della specificità dei compiti del Comitato stesso.

2. L'ufficio di presidenza, composto dal presidente, da un vicepresidente e da un segretario, è eletto dai componenti del Comitato a scrutinio segreto.

3. Il presidente è eletto con la maggioranza assoluta dei componenti. Se nessuno riporta tale maggioranza, si procede al ballottaggio tra i due candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti. In caso di parità dei voti è proclamato eletto o entra in ballottaggio il più anziano di età.

4. Per l'elezione, rispettivamente, del vicepresidente e del segretario, ciascun componente scrive sulla propria scheda un solo nome. Sono eletti coloro che hanno ottenuto il maggior numero di voti. In caso di parità di voti si procede ai sensi del comma 3, terzo periodo.

5. Le spese per il funzionamento del Comitato, determinate in modo congruo rispetto ai compiti assegnati, sono poste per metà a carico del bilancio interno del Senato della Repubblica e per metà a carico del bilancio interno della Camera dei deputati.

Art. 5.

(Compiti del Comitato)

1. Il Comitato svolge attività conoscitiva sui fenomeni della radicalizzazione e dell'estremismo violento di matrice jihadista. Il Comitato dedica particolare attenzione alla verifica del rispetto dei diritti e delle libertà, costituzionalmente garantiti, delle donne e dei minori. Il Comitato svolge la sua attività anche attraverso l'audizione di soggetti istituzionali, componenti della magistratura e delle Forze di polizia, direttori di dipartimento e rettori di università, dirigenti scolastici, direttori sanitari, direttori degli istituti penitenziari, ministri di culto, guide religiose, operatori sociali ed esperti, nonché attraverso l'esame di rapporti da essi redatti e lo svolgimento di missioni.

2. Il Comitato esamina altresì un rapporto sul funzionamento della rete internet, redatto anche in collaborazione con istituti specializzati, che svolgono le relative attività a titolo gratuito, contenente elementi informativi e dati statistici sulla diffusione sul web di idee estreme, tendenti al terrorismo violento di matrice jihadista, che la Polizia postale e delle comunicazioni deve inviare al Comitato medesimo al termine di ogni semestre a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge.

3. Le amministrazioni pubbliche interessate svolgono le attività previste dal presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie previste a legislazione vigente.

Art. 6.

(Relazioni sui fenomeni della radicalizzazione e dell'estremismo violento di matrice jihadista)

1. Il Comitato presenta alle Camere una relazione annuale con cui riferisce sull'attività svolta e formula proposte o segnalazioni su questioni di propria competenza.

2. Il Comitato può altresì trasmettere alle Camere, nel corso dell'anno, informative o relazioni urgenti.

3. Entro il mese di febbraio di ogni anno il Governo trasmette alle Camere e al Comitato una relazione, riferita all'anno precedente, sulle politiche attuate in materia di prevenzione e contrasto dei fenomeni della radicalizzazione e dell'estremismo violento di matrice jihadista, nonché sui risultati ottenuti.

Art. 7.

(Formazione specialistica)

1. Le attività di formazione, anche per la conoscenza delle lingue straniere, del personale delle Forze di polizia, delle Forze armate, dell'amministrazione penitenziaria, del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale e dei garanti territoriali, dei docenti e dirigenti delle scuole di ogni ordine e grado, delle università, degli operatori dei servizi sociali e socio-sanitari e del personale dei corpi di polizia locale possono prevedere, secondo modalità individuate dai rispettivi Ministeri e amministrazioni locali, in coerenza con il Piano strategico nazionale di cui all'articolo 2, programmi e corsi specialistici, diretti a fornire elementi di conoscenza anche in materia di dialogo interculturale e interreligioso al fine di prevenire fenomeni di radicalizzazione ed estremismo violento di matrice jihadista.

2. Per le attività di formazione specialistica del personale delle Forze di polizia, di cui al comma 1, è autorizzata la spesa di 1 milione di euro a decorrere dall'anno 2018 a favore del Ministero dell'interno. Agli oneri di cui al presente comma si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307.

Art. 8.

(Interventi preventivi in ambito scolastico)

1. L'Osservatorio nazionale per l'integrazione degli alunni stranieri e per l'intercultura elabora, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, linee guida sul dialogo interculturale e interreligioso, finalizzate a promuovere la conoscenza approfondita della Costituzione, con particolare riferimento ai princìpi fondamentali e ai diritti e doveri dei cittadini, a promuovere la cultura della tolleranza e del pluralismo e il principio supremo della laicità dello Stato nonché a prevenire episodi di radicalizzazione in ambito scolastico. L'Osservatorio elabora le predette linee guida e definisce le azioni conseguenti in conformità al Piano strategico nazionale di cui all'articolo 2.

2. Le linee guida di cui al comma 1 sono adottate con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e sono comunicate agli uffici scolastici regionali e alle istituzioni scolastiche. Esse sono periodicamente aggiornate, anche sulla base delle risultanze delle attività svolte ai sensi del comma 3.

3. L'Osservatorio nazionale di cui al comma 1 svolge, con cadenza annuale, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, un monitoraggio sulle iniziative avviate dalle istituzioni scolastiche.

4. Le reti tra istituzioni scolastiche, di cui all'articolo 1, comma 70, della legge 13 luglio 2015, n. 107, possono stipulare, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, convenzioni con università, istituzioni, enti, associazioni o agenzie operanti sul territorio, per lo sviluppo di iniziative secondo linee guida definite con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

5. A decorrere dall'anno scolastico 2018/2019, il Piano nazionale di formazione dei docenti di cui all'articolo 1, comma 124, della legge 13 luglio 2015, n. 107, prevede anche l'attività di formazione e di aggiornamento dei docenti e dei dirigenti delle istituzioni scolastiche statali e paritarie volta ad aumentare le conoscenze e le competenze di cittadinanza globale per l'integrazione scolastica e la didattica interculturale.

6. Con accordo sancito in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano sono individuate le modalità per l'attuazione di misure per la prevenzione della radicalizzazione e dell'estremismo violento di matrice jihadista nell'istruzione e formazione professionale.

Art. 9.

(Progetti di formazione universitaria e postuniversitaria per la formazione di figure professionali specializzate)

1. Al fine di finanziare progetti per la formazione universitaria e postuniversitaria di figure professionali specializzate nella prevenzione e nel contrasto della radicalizzazione e dell'estremismo violento di matrice jihadista, nel dialogo interreligioso, nelle relazioni interculturali ed economiche e nello sviluppo dei Paesi di emigrazione, previsti e organizzati da accordi di cooperazione tra università italiane e quelle di Stati aderenti all'Organizzazione della cooperazione islamica, con i quali l'Italia ha stipulato accordi di cooperazione culturale, scientifica e tecnologica, è autorizzata la spesa di 2,5 milioni di euro per l'anno 2018 e di 5 milioni di euro per l'anno 2019, a favore del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Agli oneri di cui al presente articolo, pari a 2,5 milioni di euro per l'anno 2018 e a 5 milioni di euro per l'anno 2019, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.

Art. 10.

(Attività di comunicazione e informazione)

1. Al fine di favorire l'integrazione e il dialogo interculturale e interreligioso, nonché di contrastare la radicalizzazione e la diffusione dell'estremismo violento di matrice jihadista, il Piano strategico nazionale di cui all'articolo 2 può prevedere progetti per lo sviluppo di campagne informative, attraverso piattaforme multimediali che utilizzino anche lingue straniere nonché l'eventuale adesione ad analoghe campagne promosse dalle istituzioni internazionali di cui l'Italia fa parte.

2. Per le medesime finalità di cui al comma 1, la società RAI-Radiotelevisione italiana Spa, in qualità di concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, realizza una specifica piattaforma multimediale per la messa in onda di prodotti informativi e formativi in lingua italiana e araba, con modalità da definire sotto il profilo operativo nel contratto di servizio e nel limite delle risorse disponibili.

3. Per le medesime finalità di cui al comma 1, il Piano strategico nazionale di cui all'articolo 2 può promuovere attività di comunicazione svolte in collaborazione tra soggetti pubblici e privati nonché in sinergia tra i media nazionali, volte, in particolare, a diffondere la cultura del pluralismo e il dialogo interreligioso e interculturale, a promuovere il principio dell'eguaglianza di genere e il contrasto delle discriminazioni di origine religiosa, tra cui l'islamofobia, in coerenza con quanto già previsto dal decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205.

Art. 11.

(Piano nazionale per la deradicalizzazione e il recupero di soggetti italiani o stranieri detenuti)

1. Il Ministro della giustizia, con proprio decreto, da emanare con cadenza annuale entro il 1º dicembre di ogni anno, e per il primo anno entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentiti il CRAD e il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, previo parere espresso da parte delle competenti Commissioni parlamentari, adotta un piano nazionale per garantire ai soggetti italiani o stranieri detenuti un trattamento penitenziario che, ai sensi degli articoli 1 e 13 della legge 26 luglio 1975, n. 354, promuova la loro deradicalizzazione e il loro recupero, in coerenza con il Piano strategico nazionale di cui all'articolo 2.

2. Entro il 30 settembre di ogni anno il Ministro della giustizia presenta alle Commissioni parlamentari competenti una relazione sullo stato di attuazione del piano di cui al comma 1.

3. Con il decreto di cui al comma 1 del presente articolo, ai fini del reinserimento sociale dei soggetti di cui al medesimo comma 1 e della predisposizione di strumenti più efficaci di prevenzione della radicalizzazione e dell'estremismo violento di matrice jihadista, sono individuati i criteri per l'ammissione negli istituti penitenziari dei soggetti di cui all'articolo 17, secondo comma, della legge 26 luglio 1975, n. 354, in possesso di specifiche conoscenze delle culture e delle pratiche religiose nonché dei fenomeni di proselitismo, radicalizzazione e potenziale deriva terroristica.

Art. 12.

(Clausola di invarianza finanziaria)

1. Dall'attuazione della presente legge, ad eccezione delle disposizioni di cui agli articoli 2, 7 e 9, non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti previsti dalla presente legge con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.