Legislatura 18ª - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 026 del 25/07/2018

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 624 (ore 15,44)

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore, senatore Petrocelli, per svolgere la relazione orale.

PETROCELLI, relatore. Signor Presidente, il disegno di legge che andiamo ad esaminare riguarda la conversione in legge del decreto-legge n. 84 del 2018, finalizzato a incrementare per l'anno 2018 la capacità operativa sia della Guardia costiera del Ministero della difesa sia degli organi per la sicurezza costiera del Ministero dell'interno libico, attraverso la cessione a titolo gratuito di unità navali italiane, nonché la fornitura delle risorse necessarie alla manutenzione di questi mezzi e lo svolgimento di specifiche attività addestrative e di formazione per il personale libico.

Presidenza del vice presidente ROSSOMANDO(ore 15,45)

(Segue PETROCELLI, relatore). Ricordo innanzitutto che le questioni della messa a disposizione di unità navali italiane alla Libia, della loro manutenzione e dello svolgimento di mirate attività addestrative non sono nuove, essendo state oggetto di accordi bilaterali e di cooperazione tra i nostri due Paesi fin dal 2009, nel quadro delle attività volte al controllo e alla sicurezza dei mari, nonché al contrasto dell'immigrazione irregolare e del traffico di esseri umani.

Gli accordi bilaterali sottoscritti in passato hanno portato anche all'adozione di specifici protocolli tecnico-operativi riguardanti anche le attività addestrative. Ricordo soprattutto il Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra Italia e Libia, firmato a Bengasi il 30 agosto 2008. Tale Trattato riaffermava l'impegno delle parti ad operare per il rafforzamento della pace, della sicurezza e della stabilità, in particolare nella regione del Mediterraneo, e definiva un nuovo partenariato bilaterale, prevedendo (all'articolo 19) l'intensificazione della collaborazione bilaterale nella lotta al terrorismo, alla criminalità organizzata, al traffico di stupefacenti e all'immigrazione clandestina, nonché la realizzazione di un sistema di controllo delle frontiere terrestri libiche da affidare a società italiane.

Ricordo inoltre che alla Dichiarazione di Tripoli del gennaio 2012, con cui l'Italia ha assicurato il proprio sostegno politico al processo di pacificazione nazionale in atto in Libia, ha da ultimo fatto seguito anche il Memorandum d'intesa sottoscritto nel febbraio 2017, che stabilisce l'impegno reciproco dei due Governi a completare il sistema di controllo dei confini del sud della Libia previsto dal Trattato del 2008.

Il provvedimento che andiamo ad esaminare si pone, dunque, in stretta continuità con l'impegno italiano degli ultimi anni, indirizzato al rafforzamento degli strumenti operativi a disposizione di Tripoli per esercitare la sua autorità nel controllo delle acque antistanti la costa libica, puntando al rafforzamento degli accordi di collaborazione sottoscritti nel recente passato.

Del decreto-legge evidenzio in primo luogo i requisiti di straordinarietà e di urgenza, stante - mi sembra ovvia - la necessità di contribuire in tempi brevissimi al consolidamento delle capacità operative della Libia, conformemente alle richieste del Governo di Tripoli, nell'attività di controllo e vigilanza delle proprie acque territoriali, anche al fine di garantire la sicurezza della navigazione nel Mediterraneo e di porre un argine all'immigrazione irregolare e al traffico di esseri umani che si muovono dall'Africa verso l'Europa e che da troppi anni stanno interessando proprio la rotta del Mediterraneo centrale.

Per il nostro Paese, in particolare, il rafforzamento della collaborazione bilaterale con la Libia costituisce un elemento di estrema rilevanza, non solo per continuare a perseguire l'obiettivo del contenimento della pressione migratoria, che proprio dalle coste libiche quasi sempre si origina, ma anche per una tutela più adeguata delle stesse frontiere esterne, italiane e dell'Unione europea, oltre che per un'azione efficace di contrasto alla criminalità organizzata internazionale e di prevenzione dai potenziali rischi di infiltrazione di soggetti contigui alle organizzazioni terroristiche.

Andando ai contenuti del provvedimento, evidenzio che il disegno di legge di conversione si compone di un solo articolo che dispone la conversione in legge del decreto-legge n. 84 del 2018 a far data dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. Il decreto-legge, a sua volta, si compone di 4 articoli che dispongono, rispettivamente: in ordine alle cessioni di unità navali alla Libia (articolo 1); alle attività di manutenzione delle unità navali e alla formazione del personale (articolo 2); alla copertura finanziaria (articolo 3); alla entrata in vigore del testo (articolo 4).

Più in dettaglio, l'articolo 1, comma 1, del decreto-legge dispone, per le singole componenti delle Forze armate e di polizia, la specifica autorizzazione alla cessione, a titolo gratuito, di dodici unità navali, nonché alla relativa autorizzazione di spesa. È previsto in particolare che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e il Ministero dell'economia e delle finanze siano autorizzati alla cessione a titolo gratuito di dieci unità navali CP, classe 500, fra quelle in dotazione al Corpo delle capitanerie di porto-Guardia costiera e di due unità navali da 27 metri, classe Corrubia, fra quelle in dotazione alla Guardia di finanza.

Tale cessione avviene conformemente a specifiche intese con autorità libiche e nel pieno rispetto delle vigenti disposizioni internazionali ed europee in materia di sanzioni internazionali. Per il ripristino in efficienza e il trasferimento delle unità navali dall'Italia alla Libia è autorizzata una spesa complessiva, per il solo anno 2018, di 1,15 milioni di euro.

L'articolo 2 del decreto-legge in esame stabilisce, a sua volta, l'autorizzazione a una spesa complessiva di 1,37 milioni di euro, fino al 31 dicembre 2018, per la manutenzione delle singole unità navali cedute e lo svolgimento di attività addestrative e di formazione del personale della Guardia costiera del Ministero della difesa e degli organi per la sicurezza costiera del Ministero dell'interno libici.

Pertanto, gli oneri complessivi del provvedimento sono quantificati in 2,52 milioni di euro per il solo anno 2018, alla cui copertura l'articolo 3 provvede mediante una corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2018-2020, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze. Allo scopo, si utilizzeranno accantonamenti relativi ai Ministeri dell'interno, delle infrastrutture e dei trasporti, degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Il prospetto degli oneri, come potete facilmente vedere dai documenti allegati, è dettagliato nella relazione tecnica allegata al provvedimento in esame. (Applausi dai Gruppi M5S e L-SP).

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione generale.

È iscritto a parlare il senatore De Bertoldi. Ne ha facoltà.

DE BERTOLDI (FdI). Onorevole Presidente, cari colleghi, il decreto-legge 22 giugno 2018, n. 84 può apparentemente sembrare minimale e di importanza residuale, mentre, a nostro giudizio, esprime tutta la sua valenza e portata, soprattutto in considerazione della strategia che il Governo vuole e vorrà attuare in merito alla gestione del fenomeno migratorio. Si tratta di un tema sul quale ci confrontiamo e alle volte ci scontriamo anche con durezza, che ogni giorno tocca il nostro popolo, soprattutto le fasce più deboli della nostra popolazione. Quindi, è un tema che non possiamo affrontare con superficialità, ma che ci deve vedere tutti coinvolti nell'interesse comune della nostra Nazione.

Ebbene, a questo proposito, partendo dalla posizione di Fratelli d'Italia, noi da sempre siamo favorevoli alla collaborazione con i Paesi del Nord Africa nel controllo del flusso migratorio. A ciò risponde, evidentemente, il contenuto del decreto-legge in esame. I rapporti con questi Paesi - con la Libia, in particolare - vanno quindi sicuramente incrementati. Ricordo a noi tutti come già dal 2007-2008 (quindi con un Governo di centrodestra) si partì con accordi di questo tipo. Lo stesso Governo della passata legislatura (mi riferisco, quindi, a un Governo di sinistra e al ministro Minniti), dopo quattro anni di assoluta incapacità di affrontare il problema migratorio, alla fine non ha potuto fare altro che accordarsi con questi Paesi per cercare di porre un freno al fenomeno. Quindi, sul principio siamo tutti d'accordo.

Noi aggiungiamo che la questione dell'Africa e delle migrazioni va affrontata da parte di tutti, anche nella consapevolezza che i problemi di questi Paesi vanno dapprima risolti a casa loro e, laddove ciò non sia possibile, occorre trovare una soluzione e porre un freno - mi riferisco al blocco navale, che Fratelli d'Italia sostiene a gran voce da tempo - per impedire che possano arrivare nel nostro Paese e nella nostra Europa.

Nello specifico, per quanto riguarda il provvedimento in sé, Fratelli d'Italia ha fatto già rilevare i problemi contenuti nel decreto-legge quando è arrivato in Commissione e, in particolare, in Commissione affari esteri. Ha fatto rilevare che il decreto si presentava piuttosto scarno e monco in alcune parti; addirittura vi erano problemi di copertura, vi era l'assenza assoluta di chiarimento della relativa diminuzione del capitale del patrimonio dello Stato perché, cedendo un bene dello Stato, il suo patrimonio va diminuendo e non era previsto nulla in termini numerici al riguardo nel decreto giunto in Commissione. Come pure vi erano incongruenze palesi ed evidenti (addirittura evidenziate dal Servizio studi del Senato, ma non recepite allora dal testo del Governo) sulle spese alla base del decreto. Fortunatamente, grazie anche all'intervento di Fratelli d'Italia in Commissione affari esteri, il Governo ha risposto su questi tre aspetti, dando una caratterizzazione finalmente completa al decreto in oggetto; ne prendiamo atto e ringraziamo il Governo.

Vogliamo sottolineare però un aspetto fondamentale, che riguarda la salvaguardia della capacità operativa; stiamo cioè trattando di una cessione a titolo gratuito di motovedette, di barche e di navi alla Libia, per controllare e pattugliare le coste. Siamo tutti d'accordo: ben venga. Però, nel far questo, andiamo a togliere questi mezzi navali alla Guardia costiera e alla Guardia di finanza. Noi, allora, abbiamo chiesto in sede di Commissione affari esteri, ma anche in sede di Commissione finanze, rassicurazioni al Governo circa il fatto che il venir meno delle motovedette non inficiasse la disponibilità strutturale delle nostre Forze dell'ordine. Qui però c'è stata mancanza di chiarezza; infatti, a parole il Governo ci ha dato rassicurazioni e rilevo, per quanto anche di mia competenza in Commissione finanze, che la Commissione ha espresso parere favorevole nel presupposto che le unità navali della Guardia di finanza non debbano essere oggetto di reintegrazione, sostanzialmente viene detto che non dovrebbero esserci problemi. Vengono quindi date le navi, purché non ci siano problemi nella nostra flotta. Tuttavia, poiché le parole non trovano formalizzazione nella legge, chiediamo e ribadiamo l'appello al Governo - che a mio avviso dovrebbe essere condiviso da destra a sinistra - di chiarire nel decreto-legge, ci auguriamo in modo inequivocabile, la salvaguardia della capacità operativa della Guardia costiera e della Guardia di finanza. Ci risulta infatti, come il collega che seguirà specificherà entrando nel merito, che laddove queste motovedette vengano prelevate, in realtà non verrebbero poi sostituite. Chiediamo allora al Governo di fare chiarezza e corrispondere all'emendamento presentato da Fratelli d'Italia a firma del senatore Urso, che chiede di inserire al comma 1, dell'articolo 1 del decreto-legge, dopo le parole «in materia di sanzioni», le seguenti: «e, in ogni caso, compatibilmente con le esigenze di salvaguardia dei livelli di efficienza e di capacità operativa delle Capitanerie di porto - Guarda costiera e della Guardia di finanza interessate,».

Concludo ringraziando per l'attenzione e sperando che il Governo abbia davvero a cuore il fenomeno delle politiche migratorie, ma abbia anche a cuore che le nostre strutture territoriali non vengano meno negli strumenti che ci servono per pattugliare e difendere le nostre coste. (Applausi dal Gruppo FdI).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Fusco. Ne ha facoltà.

FUSCO (L-SP). Signor Presidente, onorevoli membri del Governo, onorevoli colleghi presenti in quest'Aula, sono particolarmente onorato di poter intervenire per la prima volta in questa Assemblea e lo sono ancora di più per la rilevanza del decreto in esame.

Come è a tutti noto, l'Italia sta vivendo in questo periodo e ormai da anni una situazione particolarmente critica con riguardo ai fenomeni migratori che stanno interessando l'intero Paese. Risulta pertanto necessario intervenire con provvedimenti e con accordi che mirino a facilitare il ripristino del controllo di tali flussi, proseguendo nella direzione che in più occasioni l'attuale Governo fin dal suo insediamento ha delineato e mostrato di voler seguire.

Il decreto-legge che oggi discutiamo persegue il duplice obiettivo di voler limitare l'ormai insostenibile traffico di esseri umani nel Mediterraneo, insostenibile in termini economici ma ancor più in termini di costi umanitari. Basti pensare, a tal proposito, alle migliaia di persone che, con la speranza di trovare migliori condizioni di vita, lasciano il proprio Paese d'origine e non riescono spesso a raggiungere le coste di alcun Paese europeo, perdendo nel peggiore dei casi la propria vita. (Applausi dal Gruppo L-SP).

La cessione di unità navali italiane a supporto della Guardia costiera del Ministero della difesa e degli organi per la sicurezza costiera del Ministero dell'interno libici che il decreto-legge in esame prevede, ha l'obiettivo di voler finalmente intervenire a favore di un'auspicata e ormai più che necessaria gestione corretta dei flussi migratori, con particolare interesse a quelli provenienti dalla Libia, attribuendo massima rilevanza all'esigenza di contrastare i traffici di esseri umani e alla salvaguardia della vita umana in mare. (Applausi dai Gruppi L-SP e M5S).

Va, a mio avviso, interpretata allo stesso modo la fornitura delle risorse necessarie alla manutenzione di tali mezzi e lo svolgimento di specifiche attività addestrative e di formazione per il personale libico. Tali provvedimenti non sono nuovi e rientrano pienamente nel sentiero tracciato da numerosi e rilevanti accordi intercorsi tra i due Paesi negli ultimi dieci anni.

Come ricordato da più colleghi in sede di Commissione, tale decreto prosegue, infatti, quanto già intrapreso dal 2009, anno a partire dal quale, con una serie di accordi bilaterali tra Italia e Libia, si è deciso, agendo con fine di cooperazione, di intervenire per contrastare l'immigrazione incontrollata e il traffico di esseri umani e per garantire in termini di sicurezza la navigazione del Mediterraneo centrale, il tratto di mare più battuto e interessato dai flussi migratori.

Con il Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra la Repubblica italiana e la Gran Giamahiria araba libica popolare socialista, firmato a Bengasi il 30 agosto 2008, si sono infatti mossi i primi passi in questo senso, manifestando la volontà di porre rimedio, tra le altre cose, proprio all'immigrazione clandestina. La collaborazione tra i due Paesi in tale direzione ha visto, infatti, la promozione di pattugliamenti congiunti delle coste libiche tramite la cessione di motovedette italiane alla Libia già a partire dal 2007, le cui proroghe hanno visto similmente nel 2010 la cessione di quattro unità navali dal Governo italiano al Governo libico.

Superata la guerra civile libica, dopo che, tra l'altro, le appena citate unità navali sono rimaste danneggiate, nell'epoca successiva alla morte di Gheddafi, si è proseguito sulla linea della cooperazione e sul rafforzamento del rapporto di amicizia tra Italia e Libia e nel 2012, con la Dichiarazione di Tripoli, il Governo italiano, nella persona del presidente Monti, ha nuovamente sancito la volontà di voler supportare con azioni congiunte e con il proprio sostegno politico il processo di pacificazione interno al Paese.

Proseguendo, è con il Memorandum d'intesa sulla cooperazione nel campo dello sviluppo, del contrasto all'immigrazione illegale, al traffico di esseri umani, al contrabbando e sul rafforzamento della sicurezza delle frontiere tra lo Stato di Libia e la Repubblica italiana, firmato dal presidente del Consiglio presidenziale Fayez al-Sarraj e dal presidente del Consiglio Paolo Gentiloni Silveri a Roma il 2 febbraio 2017, che si è voluto proseguire su questa linea sancendo il comune impegno alla stabilizzazione del Paese e al Governo dei flussi di migranti clandestini e di contrasto ai traffici illeciti.

Questo breve excursus storico, che mi ha visto citare brevemente i punti salienti del rapporto di cooperazione e partenariato che contraddistingue a partire dal 2009 le relazioni tra Italia e Libia, si rende necessario per evidenziare che la conversione del decreto-legge, oggi all'esame dell'Assemblea, ha lo scopo di proseguire nella stessa direzione che i Governi che ci hanno preceduto, seppur in situazioni diverse e con minor vigore, hanno tracciato.

Le finalità di tale decreto sussistono, infatti, nel voler fornire ulteriori strumenti per contenere gli ormai incontrollabili flussi migratori, anche in un'ottica di tutela delle frontiere esterne e di prevenzione di potenziali rischi di entrata nel nostro Paese di persone vicine o facenti direttamente parte di organizzazioni terroristiche che potrebbero minare la sicurezza del nostro Paese. Se si vuole perseguire tale obiettivo, che vede la cooperazione come un elemento cardine ed imprescindibile per la risoluzione e il governo dei flussi migratori, non più gestibili per l'Italia, un tale decreto risulta, di fatto, non solo necessario ma d'obbligo.

L'attuale flotta a disposizione della guardia costiera libica non risulta in alcun modo sufficiente a garantire un controllo adeguato delle frontiere né un adeguato soccorso nei frequenti casi di necessità, tristemente registrati sempre più frequentemente e che questo Governo vuole assolutamente impedire. Le quattro motovedette cedute dall'Italia e, precisamente, dal Governo Berlusconi e quindi da quello Gentiloni Silveri sono state dismesse. Le dieci imbarcazioni classe 500 che verranno con tale accordo cedute alla Libia, della lunghezza di dieci metri ed in vetroresina, così come le due unità navali classe Corrubia di 27 metri e capaci di raggiungere i 43 nodi e dall'autonomia, a velocità di crociera di 21 nodi, di 800 miglia rappresentano sicuramente dei mezzi necessari per agire con efficienza ed efficacia nel raggiungimento degli obiettivi previsti.

Tale provvedimento risulta, poi, ancor più giusto e degno di apprezzamento se si considera che l'Italia andrà così a coadiuvare con un importante contributo il controllo di un confine marittimo che non è solamente italiano ma europeo. (Applausi dai Gruppi L-SP e M5S).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Santillo. Ne ha facoltà.

SANTILLO (M5S). Signor Presidente, onorevoli colleghi, il decreto-legge di cui si dispone la conversione, persegue l'esigenza di incrementare la capacità operativa delle autorità costiere libiche mediante la cessione, a titolo gratuito, di dieci unità navali in dotazione al Corpo delle capitanerie di porto-Guardia costiera e due in dotazione alla Guardia di finanza, da destinare alle attività di controllo e di sicurezza per il contrasto dell'immigrazione illegale e del traffico di esseri umani, e alle attività di soccorso e di salvaguardia della vita umana in mare.

La complessità delle attuali dinamiche del fenomeno migratorio e la necessità di contenerne la pressione, con particolare riferimento ai flussi provenienti dalla Libia, anche in un'ottica di tutela delle frontiere esterne e di prevenzione di potenziali rischi di infiltrazioni da parte di soggetti contigui alle organizzazioni terroristiche, hanno indotto il Governo ad adottare il presente provvedimento in condizioni di urgenza.

La Libia costituisce ormai da anni il principale porto di partenza dei flussi migratori che attraverso il Mediterraneo tentano di raggiungere l'Italia e l'Europa. Da quando il regime del dittatore Muammar Gheddafi è stato rovesciato, ovvero dall'ottobre 2011, il Paese nordafricano non è mai riuscito a compiere una transizione democratica. I trafficanti di esseri umani approfittano di tale situazione di instabilità politica ed economica, con il risultato che i migranti sono vittima di abusi continui.

Il provvedimento si inserisce nell'ambito dei vigenti accordi bilaterali e di cooperazione tra Italia e Libia: Trattato di Bengasi, Dichiarazione di Tripoli e specialmente il Memorandum d'intesa del 2 febbraio 2017, che, tra gli altri punti, stabiliva il rafforzamento della sicurezza alle frontiere tra lo Stato della Libia e la Repubblica italiana. Questa intesa ha consentito di mettere a disposizione della guardia costiera del Ministero della difesa e degli organi per la sicurezza costiera del Ministero dell'interno libici motovedette italiane, nonché di provvedere alle attività di manutenzione e di addestramento del personale. Da parte sua, l'Unione europea addestra gli ufficiali della guardia costiera libica sin dall'ottobre 2016 nell'ambito dell'operazione Sophia, lanciata nel luglio 2015 con lo scopo di contrastare l'attività illegale dei trafficanti di esseri umani lungo il Mediterraneo centrale.

Ad oggi, sono 188 gli ufficiali libici che hanno completato la formazione. Ne è conseguito che, a partire dal luglio 2017, gli sbarchi in Italia sono progressivamente diminuiti, tanto che, dal 1° gennaio al 24 maggio 2018, sono giunti sulle coste italiane 10.808 migranti, di cui 7.103 provenienti dalla Libia. Si tratta di una diminuzione di quasi il 78 per cento rispetto ai dati dello stesso periodo del 2017. Inoltre, nei primi tre mesi del 2018, la guardia costiera libica ha compiuto più di 4.100 operazioni di salvataggio in mare nella tratta del Mediterraneo centrale, tra la Libia e l'Italia, raggiungendo una cifra pari a quasi il doppio rispetto ai 2.500 soccorsi effettuati dalle navi delle ONG nello stesso periodo. È quindi indispensabile dare un seguito a misure che si sono rivelate estremamente utili.

In attesa che la componente manutentiva libica acquisisca le necessarie competenze per garantire il funzionamento delle dodici unità navali da trasferire, il decreto-legge prevede la fornitura di un supporto logistico fino al 31 dicembre 2018.

È prioritario garantire adeguati standard di sicurezza della navigazione nel Mar Mediterraneo, al fine di gestire correttamente le dinamiche dei fenomeni migratori, specialmente di quelli provenienti dalla Libia, che vedono l'Italia da anni in prima linea.

Fra il 2014 e il 2017, ovvero nei quattro anni in cui è stato più attivo il flusso dal Nord Africa, sono arrivate via mare in Italia ben 623.000 persone, per cui il nostro Paese possiede senz'altro un know-how sulle attività di soccorso in mare che deve essere necessariamente trasmesso ad altri per una fruttifera collaborazione allo scopo di contrastare in modo veramente efficace il fenomeno.

Questa non è una misura da considerarsi risolutiva, ma è soltanto un contributo, un supporto a una visione più complessa e globale che questo Governo sta garantendo con il proprio lavoro, con determinazione e alacremente. (Applausi dal Gruppo M5S. Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Vattuone. Ne ha facoltà.

VATTUONE (PD). Signor Presidente, signori Sottosegretari, colleghi, intanto il provvedimento si colloca - come hanno sottolineato i colleghi che mi hanno preceduto - all'interno di una sostanziale strategia di continuità con quanto fatto dai Governi precedenti, finalizzata a portare stabilità al Paese.

Correttamente il relatore, così come i due colleghi che mi hanno preceduto, hanno fatto in parte la cronistoria dei rapporti bilaterali tra Italia e Libia, a partire dal Trattato di amicizia del 2008, che era orientato e rafforzare i legami tra i due Paesi, per arrivare al Memorandum d'intesa sulla cooperazione nel campo dello sviluppo, del contrasto all'immigrazione illegale, al traffico di esseri umani, al contrabbando e sul rafforzamento della sicurezza delle frontiere tra lo Stato di Libia e la Repubblica italiana, firmato a Roma, dal Presidente del Consiglio presidenziale riconosciuto dall'ONU, al-Sarraj, e dal presidente del Consiglio Paolo Gentiloni Silveri, il 2 febbraio 2017. Tale Memorandum interviene a definire i comuni impegni in vista della stabilizzazione del Paese, del governo dei flussi di migranti clandestini e del contrasto ai traffici illeciti.

In tale contesto, quindi, va benissimo il provvedimento di cui stiamo discutendo oggi nel rafforzare il nostro supporto tecnico direttamente nelle acque territoriali libiche, al fine di contrastare efficacemente il traffico illecito di esseri umani, tuttavia con la cessione delle unità navali e il rafforzamento della Guardia costiera libica si affronta solo la parte finale di un problema molto più complesso del fenomeno migratorio in atto nel Mediterraneo centrale. Tra l'altro - come accennava anche il relatore - c'è una forte preoccupazione che deriva dal rischio sul fronte della minaccia terroristica, perché la sconfitta militare a Raqqa e a Mosul, che erano, nell'immaginario collettivo, le capitali dell'Isis, non fa venir meno tale minaccia. I foreign fighters vagano da soli, sono in circolazione, e c'è una sorta di diaspora che rischia di incrociare i flussi migratori. Quindi certamente c'è un potenziale rischio di infiltrazione, perché chi fugge cerca la strada più semplice che si può prendere. Si palesa pertanto quindi anche il rischio che la Libia diventi un approdo sicuro per i terroristi e per i foreign fighters in fuga dalla guerra.

La stabilizzazione del Paese e dei suoi confini, quindi, è cruciale, non solo per contrastare il traffico illecito di esseri umani, che certamente è un problema molto importante per il nostro Paese, ma anche per combattere il terrorismo. Pertanto, vanno bene le cessioni navali ma, nello stesso tempo, credo che tutti siamo consapevoli che una crisi complessa come quella legata ai flussi migratori possa venire affrontata solo con una strategia multidimensionale, che non può non comprendere anche un quadro di accordi in ambito europeo e con i Paesi di origine dei flussi, come è stato detto. La possibilità di rimpatriare un maggior numero di immigrati regolari, però, si scontra sempre con la riottosità dei Paesi di provenienza e il problema - diciamocelo - è un po' sempre quello.

Tornando al Memorandum del 2017, è il caso di sottolineare le molteplici attività e iniziative attuate nelle fasi finali dei Governi precedenti nella direzione di un maggior controllo dei flussi. Il collega che mi ha preceduto ha fornito alcuni numeri, io ne fornirò degli altri: nell'ultimo anno, l'attività svolta dall'Italia in Libia ha fatto crollare il numero dei morti in mare da 4.150 a 1.258, così come dal 1° luglio 2017 al 30 aprile scorso (per dare un termine) sono arrivate 104.000 persone in meno rispetto al periodo precedente. Va bene quindi la cessione delle navi, ma non va abbandonata la rete realizzata, ad esempio, con i sindaci delle città della Libia più coinvolte dal traffico degli esseri umani e con le tribù (i cosiddetti guardiani del deserto). Dobbiamo quindi sostenere, anche finanziariamente e comunque in generale, tutte quelle regioni colpite dal fenomeno dell'emigrazione.

Occorre anche tenere ben presenti gli accordi che sono stati fatti sul confine subsahariano in Libia, quindi con i Paesi del Ciad, del Mali e del Niger, al fine di rafforzare la capacità di controllo dei confini marittimi e terrestri di quei Paesi, coinvolgendo anche l'Organizzazione internazionale per le migrazioni (INM) e l'UNHCR, che svolgono un ruolo molto importante e determinante sul territorio libico per quanto riguarda i diritti umani, basti ricordare che hanno gestito ed assistito 25.000 rimpatri volontari. In questo senso, va richiamata la necessità di migliorare gli standard di visibilità dei centri di permanenza in Libia, dove vengono accolti questi disperati che attraversano il deserto.

Sempre in questo contesto - voglio ricordarlo - è necessario menzionare la missione bilaterale di supporto nella Repubblica del Niger, che abbiamo approvato al termine della scorsa legislatura e che è stata molto contrastata in passato. Adesso non voglio fare polemica, ma si spera che prevalga una lettura dei fatti che registri l'utilità di questa missione, che è fondamentale per il controllo dell'immigrazione.

Poi vi sono, ancora, tutti gli accordi di riammissione con i Paesi a forte vocazione migratoria. Alcune intese sono già state fatte, in particolare con l'Algeria, il Gambia, il Niger, la Nigeria e il Senegal, solo per ricordarne alcune. Sappiamo infatti - lo abbiamo detto più volte e lo ricordavano anche i colleghi - che in Africa si gioca una partita fondamentale per la sicurezza, laddove c'è una crescita demografica imponente, dato che, come sappiamo, secondo le stime, nel 2050 la popolazione raddoppierà, toccando la cifra di due miliardi di persone.

Tutto questo per dire che è necessario saper articolare una politica di difesa e di sicurezza che non può prescindere dalla capacità di tessere relazioni internazionali ed è quindi necessario un approccio meno improntato ai gesti esemplari, oltretutto fatti sulla pelle delle persone, secondo noi poco efficaci a lungo termine, perché l'immigrazione, come penso sappiamo tutti, è un fenomeno strutturale e non può essere gestito attraverso politiche emergenziali.

Il tema dell'immigrazione continua certamente ad avere un ruolo da protagonista nello scenario politico del nostro Paese: la questione della gestione dei flussi migratori è certamente drammatica e campeggia sui media, in particolare negli ultimi mesi. È un problema serio e siamo consapevoli che, sotto la superficie di questa grande crisi, il problema risieda nelle gravi instabilità che costellano il contesto odierno e nello stato delle relazioni internazionali. Non la faccio lunga, ma è comunque essenziale ragionare su quale sia la risposta più adeguata. La realtà ci dice che le crisi di oggi richiedono capacità irraggiungibili per un singolo Stato e, di conseguenza, un approccio che sia almeno verosimile non può prescindere dall'operare in ambito multilaterale e dal costruire una strategia politica prima che operativa.

La posizione del Partito Democratico sarà espressa in dichiarazione di voto dal collega senatore Alfieri, ma con questi presupposti il provvedimento si inserisce in un contesto che condividiamo, seppure va richiamata, come dicevo, la necessità di implementare e di rafforzare altre importanti funzioni fondamentali, che sono alla base del Memorandum sottoscritto nel 2017 dal nostro Paese, che ho ricordato. (Applausi dal Gruppo PD).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Rufa. Ne ha facoltà.

RUFA (L-SP). Signor Presidente, onorevoli colleghi, illustri esponenti del Governo, oggi si chiede all'Assemblea di convertire in legge il decreto-legge 10 luglio 2018, n. 84, ossia di rendere esplicita la volontà, la collaborazione e l'onestà dell'Italia nei confronti di un mondo che soffre e chiede aiuto e nei confronti dell'Europa stessa.

Il nostro Governo ha scritto nel contratto che nei tavoli dei negoziati europei avrebbe ricoperto un ruolo da protagonista, con l'intento di far rispettare i diritti e i doveri dell'Unione europea e lo stiamo facendo. Il carattere deciso, caparbio e irremovibile del nostro Ministro dell'interno ci sta garantendo rispetto e un'improvvisa collaborazione da parte di Stati europei che fino a ieri erano miopi al problema.

Abbiamo infatti riaperto una coscienza egoisticamente chiusa, affinché ci sia una equa e responsabile ripartizione del ricollocamento dei richiedenti asilo. Solo grazie alla nostra leale forza politica e morale siamo oggi ascoltati, considerati e rispettati. La boriosità e il menefreghismo anch'esso egoisticamente assunto da alcuni leader europei sono oggi rimandati al mittente. In modo leale, forse anche duro per alcuni, il nostro leader Matteo Salvini ha interpretato la volontà degli italiani, ovvero quella di offrire amore ai popoli che soffrono, ma pretendendo impegno comune, regole comuni e risposte serie e veloci. Questa strategia organizzativa fa seguito al Trattato di Bengasi del 2008, al quale riconosciamo la lungimiranza di chi vedeva allora nella Libia un partner per cooperare in accordi bilaterali che determinano lotta al terrorismo e alla criminalità, lotta al traffico illecito, soprattutto di stupefacenti, e all'immigrazione clandestina, nonché un alleato sulle sponde nordafricane, fornitore di energia, gas e petrolio.

Apprezziamo la continuità strategica, anche se di debole efficacia sui tavoli europei, del precedente Governo; abbiate perciò anche voi dell'opposizione il coraggio e la correttezza di apprezzare il lavoro del nostro Esecutivo e il ruolo assunto nei confronti di un'Europa che scaricava sull'Italia tutte le responsabilità economiche, politiche, legali, umanitarie e sociali e che si nascondeva egoisticamente dietro patti, trattati e accordi firmati, con la consapevolezza degli enormi svantaggi arrecati. Penso poi al ruolo assunto nei confronti di organizzazioni private autoproclamatesi legittime e autoreferenziali, organizzazioni senza alcun obbligo di pubblicità di bilancio e che non svelano con trasparenza finanziatori e finalità. Mi riferisco a un Governo che ha il merito di lavorare per renderci un sentimento che purtroppo da troppo tempo manca, cioè quello di Patria; una Patria che in Europa conti e si faccia sentire.

Rivendichiamo pertanto orgogliosamente la volontà di cedere a titolo gratuito ben dodici unità navali e siamo orgogliosi di fornire altresì supporto, addestramento ed istruzione operativa, di fornire sacrificio di uomini e donne italiani, formazione e copertura finanziaria per una spesa complessiva di 1,15 milioni di euro. Diamo un segno tangibile aggiungendo dodici unità operative alle quattro motovedette della Libia vecchie e limitate. Per salvare davvero le vite umane e combattere davvero i trafficanti di morte occorre operare un contrasto già nei luoghi di partenza, perché lì è la cupola e perché impedire ad uno scafo insicuro di partire significa evitare tragedie in mare.

Noi in Italia accogliamo volentieri e senza trattati i rifugiati veri; deve finire il business delle cooperative dell'accoglienza indegna e ricca di lucro. (Applausi dai Gruppi L-SP e M5S).

Oggi aiutiamo le istituzioni libiche, non solo con soldi ma con mezzi, formazione, uomini e tecnologie avanzate che consentiranno di reprimere efficacemente la malvagità dei trafficanti impuniti. Questo provvedimento ci costa anche la consapevolezza di sacrificare le dodici unità, sfilandole ad altri impegni del nostro territorio, ma la fame di umanità e di pace ci rende forti, fieri e fiduciosi. Chiediamo di non strumentalizzare la colpevolezza e di non augurarsi qualche tragedia per poter alzare in modo ipocrita il dito e dire «lo avevo detto». C'è poco da dire, infatti, sulla nostra onestà e lealtà. Il nostro Governo non lascerà mai morire le persone e renderà onore alle vittime del mare, punendo il sistema degli infami traghettatori di morte e di chi ha guadagnato soldi sporchi di sangue. (Applausi dai Gruppi L-SP e M5S. Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Nugnes. Ne ha facoltà.

NUGNES (M5S). Signor Presidente, il decreto-legge n. 84, licenziato il 2 luglio scorso, prevede la cessione da parte dell'Italia alla Libia di dodici navi da destinare alla sicurezza della navigazione nel Mediterraneo; una cessione a titolo gratuito di motovedette in dotazione al Corpo delle capitanerie di porto, alla Guardia costiera e alla Guardia di finanza, per garantire in particolare la corretta gestione delle attuali dinamiche del fenomeno migratorio, con particolare riferimento ai flussi provenienti dalla Libia, attribuendo priorità, in primo luogo, all'esigenza di contrastare i traffici di esseri umani e, in secondo luogo, immediatamente dopo, alla salvaguardia della vita umana in mare. Sono previsti i fondi necessari a garantire la manutenzione delle unità e lo svolgimento di attività addestrative e formative del personale libico; c'è uno stanziamento totale di circa 2,5 milioni di euro attraverso fondi che sono in riserva dei Ministeri interessati.

Va ricordato che già in passato si è provveduto ad accordi che prevedevano sostegni di questo tipo da parte del nostro Paese alla Libia. In data 29 dicembre 2007 era stato siglato un protocollo per fronteggiare il fenomeno dell'immigrazione clandestina, accompagnato da un protocollo tecnico-operativo siglato che prevedeva un pattugliamento congiunto con la cessione in uso di motovedette e attività di addestramento, formazione, assistenza e manutenzione dei mezzi. Ad esso è seguito, poi, un protocollo aggiuntivo tecnico-operativo, siglato il 29 dicembre 2009. I periodici decreti-legge di proroga delle missioni internazionali hanno autorizzato, a partire dal disegno di legge n. 8 del 2008, la partecipazione del personale della Guardia di finanza italiana alle missioni bilaterali in Libia di supporto alla Guardia costiera libica e la spesa per la manutenzione ordinaria e dell'efficienza delle unità navali cedute dal Governo italiano al Governo libico pro tempore. Tra la fine del 2009 e l'inizio del 2010 sono state cedute quattro unità navali. Si ricorda che tali unità sono rimaste danneggiate nel corso della guerra civile libica e sono state riportate nuovamente in Italia per essere riparate; dopodiché, sono state custodite dal Corpo della guardia di finanza nel comprensorio di Miseno, per essere poi riconsegnate alla Libia nell'aprile 2017, mentre erano avviate attività di manutenzione per il ripristino di altre sei unità.

Le unità fornite dal decreto-legge in esame sono dieci motovedette costiere da dodici metri e due navi da ventisette metri, indicate per intercettare barconi carichi di migranti e per procedere ad operazioni di salvataggio. Queste navi sono in grado di ricondurre i naufraghi unicamente verso porti libici, ma la Libia oggi, purtroppo, non può offrire ancora, secondo la normativa, un porto di sbarco cosiddetto sicuro.

Anche i più recenti rapporti delle Nazioni Unite e i giudici di Ragusa e Palermo nelle loro sentenze escludono, alle attuali condizioni, che la Libia possa offrire porti sicuri di sbarco, tenuto conto anche della precaria situazione politica e della mancata sottoscrizione libica della Convenzione di Ginevra sui rifugiati. In tal senso, appare quanto mai urgente, quindi, un impegno dell'Italia a favorire la stabilizzazione e la normalizzazione politica del Paese.

Nel maggio 2009 - dobbiamo ricordarlo - l'allora Governo italiano, che aveva messo in esecuzione i citati accordi, fu condannato dalla Corte d'Europa dei diritti dell'uomo (sentenza 23 febbraio 2012) per respingimenti considerati illegittimi, eseguiti dalla Guardia di Finanza verso Tripoli, in quanto - si legge nella sentenza - costituivano violazione dell'articolo 3 (tortura e trattamento inumano) della Convenzione europea dei diritti umani, perché la Libia non offriva alcuna garanzia di trattamento secondo gli standard internazionali dei richiedenti asilo e dei rifugiati e li esponeva ad un rimpatrio forzato. Inoltre, la Corte condannava l'Italia per violazione del divieto di espulsione collettivo (per la seconda volta in quasi cinquant'anni) e per non avere offerto ai rifugiati alcuna effettiva forma di riparazione per le violazioni subite (articolo 13 della Convenzione europea). Ciò perché, una volta riportati in Libia, non erano più in grado di fare ricorso sulla loro condizione. La sentenza fu quindi una completa smentita delle giustificazioni addotte a suo tempo dall'Italia a sostegno della pratica del respingimento in acque internazionali dei profughi e migranti clandestini provenienti dall'Africa settentrionale.

A oggi, purtroppo, la Guardia costiera libica non ha i mezzi e gli assetti organizzativi per salvaguardare effettivamente la vita umana in mare. La sua capacità di ricerca e salvataggio è molto al di sotto degli standard internazionali imposti dalle convenzioni e dal regolamento dell'International maritime organization (IMO).

Il supporto, in termini di mezzi e addestramento, che il Governo italiano offre oggi alla Guardia costiera libica non basterà a cambiare questa realtà e a fornire un'effettiva garanzia sulle capacità di soccorso della Guardia libica dall'oggi al domani. Così come il mero riconoscimento di una zona SAR libica non comporta, di per sé, la qualifica automatica di porto sicuro, senza dimenticare le difficoltà di aprire hotspot nei Paesi del Sahel, sul piano sia politico, che umanitario.

È inutile nascondersi la difficoltà e la complessità di un problema di non facile risoluzione, ma che necessariamente il Governo italiano dovrà affrontare con coraggio, tempo e pazienza. Migliorare l'operato della Guardia costiera libica è solo un piccolo passo di un lungo cammino. (Applausi dai Gruppi M5S e L-SP).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Balboni. Ne ha facoltà.

BALBONI (FdI). Signor Presidente, colleghi, come ha già detto il senatore De Bertoldi poco fa, Fratelli d'Italia sostiene l'obiettivo del Governo italiano di aiutare e rafforzare il contrasto al traffico di esseri umani e ai barconi della morte che partono dalle coste libiche e attraversano il Mediterraneo. Quindi, noi siamo favorevoli agli aiuti che il decreto-legge in esame offre alla Libia, in esecuzione, tra l'altro, di accordi già presi anche da precedenti Governi.

Certo, la situazione è molto complicata e la crisi è molto complessa, per cui riteniamo che l'unica vera soluzione sia quella del blocco navale. Per impedire le morti nel Mediterraneo, bisogna impedire ai barconi della morte di partire. Questo è, secondo noi, l'unico modo per porre fine, finalmente, a questa tragedia. (Applausi dai Gruppi FdI e L-SP). Come del resto fece il Governo Prodi nel 1997 e nel 1998 nei confronti dell'Albania.

Questo, però, cari colleghi, non deve significare sguarnire la Guardia costiera italiana di mezzi importanti e fondamentali per i compiti che le nostre Capitanerie di porto stanno assolvendo già con difficoltà di strumenti e risorse. Per questo motivo, abbiamo presentato due emendamenti, a firma del senatore Urso, affinché sia chiaro l'impegno del Governo a sostituire quanto prima i mezzi che sono stati sottratti alla nostra Guardia costiera. Si tratta di mezzi importanti e fondamentali perché - lo voglio ricordare, colleghi - tre motovedette vengono sottratte alla Puglia e due alla Sicilia e queste motovedette, così come le altre, svolgono un ruolo fondamentale nella salvaguardia dei nostri confini.

Allo stesso modo, voglio ricordare a tutti i colleghi che nella Provincia da cui provengo c'è Goro, che è la più grande marineria dell'Adriatico per numero di imbarcazioni immatricolate (circa 1.300), dove l'unica motovedetta disponibile è stata sottratta per essere mandata in Libia. Al riguardo, tre settimane fa, appena la notizia si è diffusa, ho presentato un'interrogazione a risposta scritta, ma non ho ancora avuto il piacere di leggere la risposta del Governo. Ho letto la risposta di alcuni esponenti della Lega sulla stampa locale, i quali hanno affermato che, quanto all'unica motovedetta che è stata sottratta alla nostra Guardia costiera, alla Capitaneria di Goro, che era fondamentale per il contrasto alle attività illegali, alla pesca illegale e per l'operazione mare sicuro (non vedo come si possa soccorrere un'imbarcazione in difficoltà nell'alto Adriatico con l'unico gommone rimasto alla Capitaneria di Goro), non mi dovevo preoccupare, perché il Governo aveva già deciso di fornire di modernissime motovedette le Capitanerie alle quali venivano sottratte queste dieci (più due) imbarcazioni. Ebbene, la realtà purtroppo è un'altra, perché il Governo ha respinto l'emendamento di Adolfo Urso, in base al quale questo impegno sarebbe stato scritto nero su bianco: oggi abbiamo soltanto delle promesse, ma le promesse non ci bastano.

La realtà è ben diversa. La realtà è che la Capitaneria di Goro, come altre Capitanerie, ad oggi sono già più di trenta giorni che non ha alcun mezzo navale per effettuare il soccorso in mare e per contrastare le attività illecite che deve contrastare. Buon senso vorrebbe che prima di sostituire e di mandare via un mezzo - definito obsoleto mentre in realtà non è così, perché il mezzo era efficientissimo ed è stato mandato in cantiere solo per cancellare le scritte e i numeri identificativi della Guardia costiera - prima e non dopo, si desse l'alternativa per garantire l'efficienza e la funzionalità della nostra Guardia costiera.

Quindi noi siamo d'accordo in linea di principio, ma non siamo d'accordo nel metodo, perché, ripeto, non si può sguarnire in questo modo i già precari strumenti a disposizione della nostra Guardia costiera e delle nostre Capitanerie.

Invito quindi, a nome di Fratelli d'Italia, il relatore e il Governo a riflettere sull'emendamento che abbiamo proposto ed esprimere parere favorevole alla sua approvazione. (Applausi dal Gruppo FdI. Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Iwobi. Ne ha facoltà.

IWOBI (L-SP). Signor Presidente, onorevoli membri del Governo, colleghi senatrici e senatori, il decreto-legge oggi in esame, già trattato in Commissione esteri, è una misura necessaria per dare seguito all'operato del Governo e del Ministro dell'interno in materia di gestione dei flussi migratori, oggetto degli accordi bilaterali sottoscritti in passato con manchevole risultato.

La cessione gratuita di motovedette alla Libia si propone l'obiettivo di rafforzare la cooperazione con il Governo libico al fine di contrastare i canali illegali di immigrazione e il traffico degli esseri umani. Grazie a questo decreto-legge anche la Libia potrà contribuire ad un soccorso in mare che sia più efficace e che sia volto a prevenire possibili naufragi nel Mar Mediterraneo. La salvaguardia di vite umane deve sempre essere al primo posto di qualsiasi azione politica. (Applausi dal Gruppo L-SP).

Siamo infatti consapevoli che la politica non si fonda su sensazioni o prime impressioni, ma sul realismo e cioè quella capacità di leggere e interpretare le situazioni reali per arrivare ad una soluzione di qualità, quella soluzione, realismo e capacità che sta dimostrando oggi l'attuale Governo e la sua maggioranza, grazie agli interventi mirati decisi dal ministro dell'interno, Matteo Salvini.

Non solo: la cooperazione con il Governo libico porterà anche a disincentivare i viaggi nel Mar Mediterraneo e, di conseguenza, anche la tratta degli esseri umani nel Nord Africa e quindi i viaggi dei migranti che partono dell'Africa subsahariana e dal Corno d'Africa, restituendo e rispettando infine la dignità umana.

Voglio inoltre sottolineare come questo decreto-legge vada nella direzione di responsabilizzare anche la Libia. È un aiuto che è al tempo stesso un atto dovuto per un obiettivo comune: i canali illegali che favoriscono la tratta degli esseri umani devono essere chiusi definitivamente. (Applausi dal Gruppo L-SP).

Non possiamo assolutamente accettare che questi rischiosi viaggi della morte siano consentiti. È inaccettabile che un rifugiato politico, già perseguitato nel proprio Paese d'origine, debba rischiare la vita per ottenere una protezione che è un suo diritto, come abbiamo sempre sostenuto. (Applausi dal Gruppo L-SP e del senatore Romagnoli).

A tal fine sarà necessario consentire ai veri rifugiati la possibilità di usufruire di un canale legale che tuteli la loro sicurezza e che consenta un'analisi anticipata o almeno un primo filtro della domanda d'asilo, già prima dell'utilizzo di quel canale della morte.

Per i migranti economici, invece, è giusto e doveroso sensibilizzare i Paesi d'origine al fine di evitare che finiscano vittime della tratta di esseri umani e che si trovino a rischiare la vita per finire spesso in situazioni di instabilità sociale ed economica: esistono i canali legali che rispondono alle esigenze del mercato del lavoro proprio per scongiurare la precarietà.

Inoltre, il provvedimento fornisce ulteriori strumenti per contenere la pressione migratoria, anche in un'ottica di tutela delle frontiere esterne e di prevenzione di potenziali rischi di infiltrazioni da parte di soggetti contigui alle organizzazioni terroristiche, alla criminalità organizzata e all'immigrazione clandestina.

Concludo dunque, signor Presidente, nel dire che, per questi motivi, riteniamo necessario che il provvedimento sia attuato in tempi brevi per proseguire su una linea politica che riporti al centro il rispetto delle regole e della cooperazione a tutela della vita e della dignità umana. Valuto come opportuna, pertanto, la forma del decreto-legge. Siamo ampiamente d'accordo e speriamo che il decreto-legge sia convertito oggi stesso. (Applausi dai Gruppi L-SP e M5S. Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Aimi. Ne ha facoltà.

AIMI (FI-BP). Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, colleghe e colleghi, è un momento particolare quello di oggi in quest'Aula, perché andiamo ad approvare un provvedimento che credo andrà nella direzione giusta. Si è tenuta una ampia discussione in Commissione e voglio ringraziare il presidente Vito Petrocelli, sia per il garbo che per l'approfondimento e le capacità che sono state dimostrate comunque dall'intera Commissione: abbiamo sviscerato ogni aspetto di questo decreto-legge: un atto, lo voglio dire immediatamente, di grande generosità che l'Italia compie nei confronti della Libia, con la cessione a titolo gratuito di dodici importanti imbarcazioni, ma è anche un atto nell'interesse dell'Italia stessa, e direi dell'Europa, perché ci poniamo finalmente in contrasto rispetto all'immigrazione clandestina, in sintonia con quello che è stato anche il programma del centrodestra.

Ho piacere che quest'oggi in Aula ci siano stati interventi con sfumature diverse, ma che si sia tutti assolutamente convinti della bontà di questo decreto-legge. Lo diciamo perché abbiamo l'intimo convincimento che sia finalmente arrivato il momento di dire basta, una volta per tutte, alle morti in mare: il nostro Mediterraneo si è trasformato in un cimitero! Dobbiamo avere il coraggio di evidenziare l'importanza di contrastare queste partenze. Tutti coloro che mi hanno preceduto lo hanno evidenziato, anche con enfasi e con forza, e seguendo, mi permetto di dire, un elemento reale: abbiamo avuto migliaia e migliaia di morti nel Mediterraneo. È successo tutto per caso? Soprattutto, davanti alle coste libiche sembra quasi che ci troviamo di fronte al triangolo delle Bermude. Era un caso? Come mai sono avvenuti questi affondamenti di imbarcazioni, che non sono assolutamente adatte per il trasporto di esseri umani (peraltro, provenienti dalla Cina per una rotta che perfettamente conosciamo)?

Abbiamo citato l'operazione Sophia. L'ammiraglio Credendino nella precedente legislatura, sentito nelle Commissioni esteri e difesa, ebbe a dire che in questo tipo di operazione vi è anche la possibilità di controllare i natanti e di fare dei controlli su quelle imbarcazioni. Allora, visto che abbiamo la possibilità di avere il Governo presente, credo che sarebbe opportuno incominciare a pattugliare con le imbarcazioni nostre nazionali, ma anche con quelle estere che fanno parte di questa operazione, e avviare un contrasto per verificare come mai questi gommoni, tutti grigi, che vediamo nelle immagini televisive, arrivano nei porti della Libia. Un po' di attenzione, allora.

Mi rendo conto che, probabilmente, questo decreto-legge - lo sappiamo tutti - non sarà risolutivo del problema delle partenze. Per questo, credo sarebbe necessario impiegare anche altre imbarcazioni; dovremmo probabilmente prevedere l'impiego, con l'intervento anche dell'Italia, di imbarcazioni diverse. Mi riferisco, ad esempio, a gommoni da diporto di 13, 14 o 15 metri, dotati di due motori, che possano consentire di pattugliare le coste libiche, perché non dobbiamo mai dimenticare che ci troviamo di fronte a 1.770 chilometri di costa, non semplici da pattugliare. Con queste imbarcazioni, allora, possiamo fare tanto. Mi auguro che anche i tempi di preparazione degli equipaggi siano celeri. Mi rendo conto della difficoltà, soprattutto e in particolare per l'utilizzo delle due imbarcazioni provenienti dalla Guardia di finanza. Mi riferisco a quelle da 27 metri, che sono dotate, non solamente di sofisticati sistemi radar che possono essere utilissimi, ma che hanno anche una avanzata tecnologia, soprattutto nella carena. Un collega, prima, ricordava la possibilità di arrivare fino a 43 miglia, che è una velocità considerevole per un'imbarcazione di quella portata, che ha una velocità di crociera di 21 nodi, ma riesce a mantenere anche le 43 miglia. Possiamo quindi efficacemente intervenire in quelle zone.

Com'è stato detto e ripetuto, abbiamo un esodo, che è sotto gli occhi di tutti, biblico. Qualcuno diceva: non si fermano i sogni. Ma se il sogno è quello, che dicevo all'inizio del mio intervento, di morire in mare per arrivare in questa terra, credo che dobbiamo, con grande lucidità e con grande realismo guardare a qual è la situazione dell'Italia in questo momento particolare: è una terra che non può dare lavoro, vista la crisi economica oppressiva che la nostra economia vive. Bisogna quindi cominciare a valutare la possibilità di intervento, ad esempio aprendo hotspot, nel Sud della Libia e anche di procedere alle identificazioni, perché - scusatemi colleghi - in qualsiasi Paese civile, quando una persona vuole entrare, il minimo che deve fare è fornire i documenti per far sapere chi è, da dove viene e cosa fa. Vi sono addirittura nazioni, (come l'Australia), che richiedono una certificazione medica particolarmente approfondita. Bisogna sapere da dove vengono, disporre dei certificati penali e conoscere le pendenze penali per valutare chi arriva. Altrimenti, il rischio è davvero quello di accogliere anche delinquenza comune. Abbiamo visto che, purtroppo, su 100 che arrivano, più di 90 non avrebbero alcun titolo e alcuna ragione per rimanere in Italia. Se vogliamo allora aiutare veramente chi ha il diritto - e noi abbiamo il dovere di accogliere chi si trova in determinate situazioni che sono gravissime: le mamme, i bambini, coloro che davvero fuggono dalla guerra - dobbiamo incominciare a porre un contrasto forte nei confronti di coloro che vengono qui molto spesso semplicemente per saccheggiare lo Stato sociale. Questa è la verità. Vogliamo farlo - e credo che possiamo - tutti insieme, anche in quest'Aula con questo inizio di operazione molto importante, che non si potrà certamente fermare qui. Il nostro vice presidente Tajani, nel corso di un recente incontro, ha parlato di un grande piano Marshall per l'Africa, al quale dovrebbero contribuire tutte le Nazioni che hanno la possibilità di farlo; cercare di aiutare quei Paesi a incominciare a lavorare, in particolare, nell'agricoltura. Per iniziare queste operazioni - come dicevamo prima, naturalmente non è sufficiente il contrasto con queste imbarcazioni - dovremmo allora anche attrezzare la Libia con unità di controllo radar e soprattutto con droni che riescano a intercettare le imbarcazioni che partono. Questo dobbiamo incominciare a fare.

Esprimiamo un voto naturalmente favorevole, anche in ossequio ai principi che abbiamo seguito, quelli del Trattato di Bengasi del 2008, poi entrato in vigore nel 2009 e che portava le firme di Gheddafi e del premier di allora Silvio Berlusconi, che aveva preconizzato ciò che sarebbe accaduto. Da quel momento incominciarono anche a ridursi gli sbarchi.

Facciamo attenzione anche ad un'altra cosa: oggi si dice che gli sbarchi sono diminuiti. Non è vero, gli sbarchi non sono diminuiti; semplicemente sono cresciuti meno velocemente. È un po' quello che si dice con l'inflazione: si dice che l'inflazione diminuisce quando in realtà cresce meno velocemente. Anche gli sbarchi sono cresciuti meno velocemente, ma sono cresciuti: abbiamo 650.000 clandestini in Italia e dovremmo naturalmente anche incominciare a pensare alle operazioni per il rimpatrio.

Il Trattato firmato all'epoca dal presidente Berlusconi aveva addirittura posto fine a un contenzioso annoso con la Libia (ricorderete anche la «giornata della vendetta» all'epoca di Gheddafi). Ebbene, siamo riusciti da quel momento a contribuire in maniera fattiva anche ai respingimenti.

Avviandomi alla conclusione, mi permetto di ringraziare i Sottosegretari presenti perché un ordine del giorno a firma mia e dei colleghi Malan, Craxi e Mallegni (cui ha contribuito tutto il Gruppo) ha riconosciuto una parte importante, che riguarda l'articolo 13 del Trattato di amicizia e cooperazione di Bengasi, ovvero la possibilità di risarcire, o meglio ancora di rimborsare, le nostre imprese - e sono più di 100 - che avevano avuto danni per oltre 233 milioni di euro. Ecco, questo è un fatto molto positivo e intendo ringraziare il Governo per aver accolto in Commissione un nostro ordine del giorno in merito. In conclusione, anticipo sin d'ora che esprimeremo un voto favorevole alla conversione in legge di questo decreto-legge. (Applausi dal Gruppo FI-BP. Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore De Falco. Ne ha facoltà.

DE FALCO (M5S). Signor Presidente, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, il decreto-legge che ci apprestiamo a convertire è stato accolto positivamente, come abbiamo visto, da tutte le forze politiche sia di maggioranza che di opposizione. D'altra parte, esso si inserisce nell'alveo di una continuità con quanto è stato fatto anche nelle precedenti legislature.

È un provvedimento che fornisce un aiuto importante alle diverse strutture libiche - sembra siano almeno tre - che, a vario titolo, sono competenti e responsabili in tema di polizia e soccorso marittimo. In termini generali, però, occorre prendere atto della situazione, secondo me, e riflettere su un punto: bisogna chiedersi se sia opportuno continuare a interloquire con il solo al-Sarraj, o se sia meglio allargare l'interlocuzione ad altri attori.

Non è inutile, infatti, ricordare che già nel luglio dello scorso anno il presidente francese Macron aveva invitato a Parigi sia al-Sarraj sia Haftar. Successivamente, nel maggio di quest'anno, la Francia ha convocato una nuova conferenza che ha visto la partecipazione, oltre che di al-Sarraj e di Haftar, anche del presidente della Camera dei rappresentanti Salek e del presidente del Consiglio di Stato al-Mishri. La Francia quindi evidenzia una strategia di ampio respiro rispetto a quella un po' più angusta adottata dall'Italia degli anni recenti, laddove ci si era concentrati soltanto sulla figura - decisiva, sicuramente - di al-Sarraj, trascurando gli altri soggetti che invece potrebbero avere un ruolo importante anche nel contrastare i traffici di coloro che sfruttano la tragedia dei migranti e dei naufragi.

Con il decreto-legge in discussione - è stato ricordato - si cedono dieci unità navali costiere da 11 metri e due unità navali da 27 metri. Le dieci piccole unità sono unità di polizia marittima che la Guardia costiera e la Capitaneria di porto utilizzano per la vigilanza e queste possono navigare con mare calmo o mare appena formato, mentre i due pattugliatori d'altura della Finanza sono unità che hanno grande autonomia. È altresì previsto un periodo adeguato e congruo di familiarizzazione degli equipaggi libici per la conduzione di queste motovedette. Le piccole sono sostanzialmente dei motoscafi, quindi non c'è bisogno di una lunga fase di familiarizzazione: ventotto giorni sono più che sufficienti. Le altre unità, quelle grandi, sono del tutto simili a quelle che già hanno in dotazione, e quindi anche in questo caso non c'è bisogno di familiarizzazione specifica.

È apprezzabile e verosimile anche quello che dice il Governo sul fatto che la cessione a titolo gratuito di questa unità alla Libia - mi rivolgo ai colleghi che al riguardo prima richiamavano una possibile problematica - non ridurrà l'operatività della Guardia costiera, perché si tratta di unità comunque arrivate sostanzialmente al termine della vita operativa, sicché occorre effettivamente un ripristino prima della cessione. Per queste unità era già prevista la sostituzione. Attualmente, tra l'altro, non sono - tranne forse qualche caso sporadico - impiegate in compiti operativi. Penso che questo ci dovrebbe rassicurare, perché la Guardia costiera non subirà un depotenziamento della propria capacità operativa.

Bisogna però tenere conto anche di altri fattori, a mio parere. In primo luogo, abbiamo visto che i migranti vivono nel terrore e nella disperazione dell'eventualità di essere riportati indietro, laddove, come hanno testimoniato inchieste indipendenti, molti di loro hanno subito torture e violenze feroci, come è stato detto... (Richiami del Presidente).

DE FALCO (M5S). Scusi Presidente, ma non ho cinque minuti?

PRESIDENTE. Ne ha cinque e quando ne manca uno, come di consueto, lo segnaliamo.

DE FALCO (M5S). Dicevo che molti di loro hanno subito torture e violenze feroci, anche perché la Libia affida la gestione dei soccorsi alle stesse autorità che poi portano i migranti nei famigerati centri di detenzione e quel Paese non offre, com'è stato detto, garanzie per l'incolumità dei migranti intercettati o dei naufraghi salvati in mare, né consente accoglienza e accesso a una procedura d'asilo. Inoltre, sebbene risulti formalmente istituita una zona SAR libica, come veniva ricordato dalla collega, affinché il servizio di soccorso sia effettivo è necessario che lo Stato sia in grado di garantire continua operatività, coordinata ed efficace, dei servizi SAR, che istituisca un centro e sottocentri di soccorso e di coordinamento e che disponga di personale adeguato quantitativamente e qualitativamente (cosa che si sta facendo ma non è ancora completata). Tutto il servizio deve essere integrato in uno specifico contesto normativo, quindi la cessione delle motovedette ai libici è un primo passo cui si deve aggiungere una serie di iniziative e misure volte a creare un flusso - come veniva anche raccomandato - regolato e sicuro di migranti verso l'Europa, al quale si dovranno affiancare corridoi umanitari per i richiedenti asilo.

Sotto un altro aspetto, occorre tener presente il dato economico. Va rilevato, cioè, che attualmente le rimesse dei migranti verso i Paesi d'origine superano di gran lunga i contributi allo sviluppo stanziati dall'Europa. Appare quindi necessario invertire questo rapporto.

PRESIDENTE. La invito a concludere, senatore.

DE FALCO (M5S). Concludo. Solo in questo modo, attraverso il coordinamento della gestione dei flussi delle persone e dei flussi economici sarà possibile ridurre la pressione sulle frontiere marittime e terrestri. Abbiamo tutti negli occhi lo sguardo terrorizzato di Josefa e dobbiamo capire che quel terrore supera anche la paura di morire in mare. Chi parte è consapevole di mettere a rischio la propria vita, ma è certo che, da dove parte, non esiste possibilità di vita.

Concludendo, siamo di fronte ad un decreto-legge che ha molti aspetti positivi e che va rapidamente convertito in legge. Tuttavia, non basta ancora. (Applausi dal Gruppo M5S. Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Bonino. Ne ha facoltà.

BONINO (Misto-PEcEB). Signor Presidente, signori del Governo, colleghe e colleghi, giustamente, nel suo intervento, il relatore e Presidente della Commissione affari esteri, emigrazione - così come è stato fatto in molti degli altri interventi - ha sottolineato il senso di continuità del decreto-legge in esame rispetto a decisioni e politiche precedenti, che vengono da lontano, più o meno dal periodo 2008-2009. È invece proprio questa continuità, in un contesto sempre più pesante e sempre più esasperato, che a mio avviso va interrotta e va ripensata. Va interrotta, perché se andiamo un po' sotto il linguaggio diplomatico, non stiamo affatto collaborando con il Governo al-Sarraj, che non esiste: non si può collaborare con un'entità che non esiste. Sapete perfettamente, come me, che il Governo al-Sarraj non controlla neanche il palazzo in cui sta; sapete perfettamente che la Libia è fatta di due Stati, di tre Parlamenti e di centinaia di milizie, che sono le uniche che, in lotta le une con le altre, controllano il territorio. Quindi, di fatto, noi stiamo - anzi, voi state - continuando a rafforzare le milizie, che si spartiranno queste motovedette, che non servono per salvare nessuno: sono motovedette di circa 10 metri e non si fa salvataggio in mare in questo modo, come è evidente e come ricordava il collega. Dunque state semplicemente rafforzando le milizie libiche, che si spartiranno queste motovedette, come già si spartiscono il commercio in nero del petrolio (che pare non interessi a nessuno) e il commercio della droga (che effettivamente interessa ancora meno) e altri traffici illeciti, che non sono gestiti né da Haftar, né da al-Sarraj, ma dalle milizie libiche, con alleanze molto volatili e molto fragili. Avete fatto un accordo con le milizie di Sabratha, ovvero con Dabbashi (una delle milizie di Sabratha) e il risultato è stato la guerra civile a Sabratha, la fuga di Dabbashi e lo spostamento dei posti di partenza da Sabratha a Garabulli e a Zuwara. Pensate davvero di prosciugare un oceano con un secchio? Non è così e credo che la lotta vera contro i trafficanti si possa fare solo con l'apertura di canali legali di ingresso controllati. Quindi, il termine che avete coniato - che pare dispregiativo per chi la pensa come me sui canali legali di ingresso controllati - ovvero il termine «buonista», non riguarda me. Io sono una legalitaria, sono una che pensa che la regola, la legge e le convenzioni internazionali siano l'unico modo di convivenza civile.

Cito un terzo elemento: le convenzioni internazionali non parlano di porti sicuri, ma di posti sicuri e la Libia non è un posto sicuro: non ci vanno i diplomatici, non ci vanno gli ambasciatori (salvo il nostro), la Farnesina sconsiglia di andarci e proprio l'altro giorno il Vice Premier di al-Sarraj è fuggito da Tripoli per problemi di sicurezza, verso Bengasi e la Turchia (uno dei Paesi che non richiede i visti). Peraltro che non sia un posto sicuro ce lo dicono la Corte europea dei diritti umani, persino la Commissione europea e le testimonianze univoche di centinaia, di migliaia di profughi, che hanno un unico racconto da fare: stupri, violenze e torture. Le avete viste come me, ne avete visto i reportage, le foto, eccetera. Anche se avete cuore di rimandare la gente che scappa in questi posti, io non credo che sia una grande prospettiva, una grande politica e neanche una grande visione.

Si parla di aiutare la Libia. Certo, ma dipende da come lo si intende, da cosa si vuole aiutare, se le milizie o altro, ma di certo il nostro «lontano dagli occhi, lontano dal cuore» con l'espulsione anche delle navi delle organizzazioni non governative aiuta questa schizofrenia totale.

Infine, se oltre alla sofferenza e al dolore di queste persone che hanno l'unico demerito di avere una pelle di colore diverso dalla nostra, ma hanno il sangue rosso come tutti noi e hanno figli - per la verità - come tutti voi, se verso queste persone, oltre al diniego ci risparmiassimo gli insulti ci faremmo un favore. Voi sapete come me che non c'è pacchia che tenga; voi sapete come me che non sono in crociera; voi sapete come me che non ci sono i taxi del mare (Applausi dal Gruppo PD); voi sapete come me e come i nostri nonni che sfuggono dalla miseria e dalla fame, in cerca di una possibilità di vita migliore.

Non mi raccontate poi di centri eccellenti, perché ce n'è uno in costruzione dall'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), ancora neanche aperto, per 160 posti. È così, non è neanche aperto. Gli altri non sono neanche visitabili: nove o dieci sono visitabili dall'UNHCR, ma le centinaia di altri luoghi privati di tortura, di stupro, di violenza non sono visitabili da nessuno. Non credo sia una grande politica. Penso invece che l'apertura di canali legali, l'apertura di scambi diversi, la nostra richiesta di approvazione delle convenzioni internazionali sarebbe più utile, più efficace. Smettetela di negare che peraltro ne abbiamo bisogno, ma non voglio insistere su questo: i 6 milioni di immigrati legali oggi producono l'8 per cento del PIL, sono contributori netti all'INPS. (Commenti dal Gruppo L-SP). Non è vero? Chiedete a Confindustria, a CONFAPI, alla Fondazione Moressa, alla Fondazione ISMU (Iniziative e studi sulla multietnicità).

Non si svuota un oceano con un secchio. La mobilità è globale e non la fermerete certamente voi. (Commenti dal Gruppo L-SP).

PRESIDENTE. Colleghi, cosa sta succedendo? Siamo in discussione generale e sta parlando una collega. (Commenti del senatore Romeo. Proteste dal Gruppo PD).

Non costringetemi a richiamarvi singolarmente.

BONINO (Misto-PEcEB). Colleghi, io so che in quest'Aula tutto mi è ostile, ma contavo sulla vostra personale cortesia democratica. Non è possibile che un'unica o pochissime voci che sono in disaccordo debbano ottenere minacce, insulti e mancanza di rispetto anche in quest'Aula. (Applausi dal Gruppo PD).

Ho concluso, signor Presidente, ma vi ricordo che non siete nella curva Sud, ma nell'Aula più alta delle istituzioni democratiche di questo Paese! Voi dovete dare l'esempio di compostezza istituzionale, di rispetto per le opinioni diverse. (Proteste dei senatori Simone Bossi e Romeo). Trattenete gli insulti. Ha detto qualcuno molto più importante di me che gli insulti qualificano chi li fa, non chi li riceve. (Applausi dal Gruppo PD. Congratulazioni).

VOCE DAL GRUPPO PD. Brava!

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Fazzolari. Ne ha facoltà.

FAZZOLARI (FdI). Signor Presidente, onorevoli colleghi, ringrazio la senatrice Bonino che ha fatto crescere l'attenzione su un dibattito che altrimenti rischiava di essere troppo tranquillo. Il Gruppo Fratelli d'Italia è assolutamente d'accordo con questo provvedimento che in piccola parte rafforza anche la Guardia costiera libica, di conseguenza limita in parte la partenza dei barconi e quello che ne consegue. Stiamo faticosamente cercando di rimediare ai danni che ci sono stati in questi anni. Negli ultimi sette anni i rapporti tra noi e la Libia sono completamente cambiati: siamo passati dall'Accordo di amicizia e cooperazione di Bengasi del 2008, quando l'Italia e la Libia dialogavano sotto tutti gli aspetti, controllavano i confini e non c'erano sbarchi in Italia, a una situazione nel 2011 di guerra alla Libia, guerra a Gheddafi e caos totale in Libia, dal quale è derivato l'enorme flusso migratorio verso l'Italia. Secondo dati del Viminale, vi sono stati 600.000 sbarchi dal 2011 a oggi, di cui solo il 15 per cento con le caratteristiche per avere la qualifica di rifugiato secondo la Convenzione di Ginevra e poco meno dell'8 per cento con le caratteristiche per rientrare nella protezione sussidiaria dell'Unione europea. Ripeto, il totale dei rifugiati è attorno al 15 per cento, quindi l'85 per cento delle persone non avevano questa qualifica: magari scappavano da condizione di vita proibitive, questo sicuramente, ma non erano rifugiati.

Come siamo arrivati a questo? Ci siamo arrivati - le responsabilità prima o poi dovranno essere chiarite - con un attacco alla Libia voluto dalla Francia per togliere all'Italia il rapporto privilegiato che aveva con la Libia e accordi energetici molto interessanti (era questo che preoccupava particolarmente la Francia). Il fatto che la Francia abbia compiuto un atto ostile a carattere militare nei confronti dell'Italia è un fatto gravissimo, ma è ancora più grave che qualcuno in quei giorni abbia sostenuto l'intervento francese dentro le nostre istituzioni fino ai livelli più alti. Si tratta di una responsabilità di tradimento degli interessi nazionali di cui la storia prima o poi chiederà conto a chi lo ha perpetrato in quegli anni. (Applausi dal Gruppo FdI e del senatore Pisani).

È dunque positivo questo primo passo di rafforzare la Guardia costiera libica. Fratelli d'Italia lo ha sempre detto in modo molto chiaro: l'unica soluzione è un blocco navale al largo delle coste libiche in accordo con le autorità libiche; su questo mi unisco a delle considerazioni che sono state fatte dai miei colleghi prima di me. La Libia non è controllata dal Governo al-Sarraj e non è governata dal Governo di Tripoli. Ripeto, occorre un blocco navale in accordo con le autorità libiche e con chi controlla le coste dalle quali partono i barconi; un blocco navale che impedisca la partenza dei barconi, le morti in mare e l'enorme ingiustizia di una immigrazione incontrollata.

Qualcuno prima di me ha parlato di attivare canali legali di immigrazione: è giustissimo. L'immigrazione deve essere gestita con dei canali legali. D'altronde, in Italia esiste il sistema del decreto flussi, che ogni anno stabilisce quante persone possono entrare e da quali Paesi. I decreti flussi sono stati azzerati negli ultimi anni e ciò è una vergogna perché tutta la quota di immigrazione è stata colmata con l'immigrazione illegale. Questo è inaccettabile, perché non si capisce in nome di cosa un peruviano che voleva venire in Italia non poteva farlo perché i decreti flussi non lo permettevano, mentre qualcuno che pagava gli scafisti poteva arrivare illegalmente in Italia. Si arriva poi alle situazioni grottesche di voli aerei che partono da Pakistan e Bangladesh per far sbarcare in Nord Africa persone, che poi si imbarcano sui barconi per arrivare in Italia.

Vanno bene i canali legali, ma mi sfugge il motivo per cui noi dovremmo aprirne alcuni per favorire l'immigrazione africana in Italia e non fare altrettanto, ad esempio, per i venezuelani. Avrete sentito tutti la situazione drammatica del Venezuela. I venezuelani scappano nelle Nazioni vicine, prima fra tutte la Colombia. Perché un venezuelano non deve avere il diritto di canali diretti? Perché non devono averlo gli ucraini? Segnalo a chi parla di gente che scappa dalla guerra che in Nigeria, negli ultimi trent'anni, ci sono stati da parte di Boko Haram meno morti di quelli che l'Ucraina ha registrato, negli ultimi quattro anni, nella guerra civile. Ricordo che negli ultimi quattro anni l'Ucraina ha avuto 10.000 morti a causa della guerra civile. Perché dobbiamo aprire dei canali legali dal Nord Africa e non dall'Ucraina, dal Venezuela e dal Perù? Viene il sospetto che quando gli immigrati provengono da Paesi di origine europea e cristiana, essi non devono essere considerati come tali, mentre quando gli immigrati provengono da Paesi africani, possibilmente a maggioranza islamica, allora questa è un'immigrazione che dobbiamo favorire.

Siamo quindi favorevoli a un primo timido passo per il blocco navale, al fine di controllare le coste. Il Gruppo Fratelli d'Italia voterà a favore del provvedimento, pur avendo avanzato due osservazioni di buon senso che ci dispiace non essere state accolte. La prima riguarda il costo di questa operazione. Il decreto-legge parla di un costo complessivo di 2.520.000 euro, che però non è esatto. Abbiamo chiesto al Governo, che ce li ha forniti, i dati del valore inventariale dei mezzi. Il valore inventariale dei mezzi ammonta, in totale, a 642.000 euro. Quindi, il valore dell'operazione è pari a circa 3.100.000 euro, che devono essere a carico del bilancio dell'Unione europea e non di quello italiano. Infatti, nell'accordo del Consiglio europeo del 28 e 29 giugno scorsi è stato deciso che «l'Unione europea accrescerà il suo sostengo a favore della regione del Sahel e della Guardia costiera libica…» e - ancora - che «il Consiglio europeo ricorda la necessità che gli Stati membri garantiscano un controllo efficace delle frontiere esterne dell'Unione europea con il sostegno finanziario e materiale dell'Unione europea». Stiamo quindi rispettando quanto deciso nel Consiglio europeo del 28 e 29 giugno scorsi.

PRESIDENTE. Senatore Fazzolari, la invito a concludere.

FAZZOLARI (FdI). Sì, signor Presidente.

Rispetto a quanto deciso dal Consiglio europeo, i circa 3 milioni di euro devono essere a carico del bilancio europeo e non di quello italiano. Con un emendamento presentato, che mi auguro verrà accolto, chiediamo che siano reintegrate le unità navali che cediamo. Da chi ci dice che il problema non c'è, non abbiamo ancora sentito quando e come ciò verrà fatto. (Applausi dal Gruppo FdI).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Boldrini. Ne ha facoltà.

BOLDRINI (PD). Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, ritorno sul provvedimento che oggi stiamo discutendo. Si tratta di un provvedimento che persegue una strategia di continuità con quanto fatto dai Governi precedentemente in carica, ossia cercare di aiutare l'instaurazione di una statualità della Libia che vediamo, purtroppo, essere molto latente e che fa emergere situazioni di criticità enormi, come contrasto alla criminalità organizzata ed internazionale e per prevenire potenziali rischi di infiltrazione di soggetti contigui alle organizzazioni terroristiche.

In proposito mi preme ricordare che il Memorandum d'intesa, citato nel decreto-legge, sottoscritto dal precedente presidente del Consiglio Gentiloni Silveri nel febbraio 2017, era basato anche su altri rilevanti pilastri che restano ancora purtroppo da implementare - e su cui mi auguro il Governo metta mano affinché possa realizzarsi quanto si auspicava in questo accordo sviluppato negli anni - ovvero l'aiuto economico alle diverse realtà libiche sul campo e l'elevazione degli standard di vivibilità dei centri di permanenza - di cui parlava la collega Bonino - dove vengono accolti i disperati provenienti dalla traversata del deserto sahariano.

Richiamo tuttavia l'attenzione del Governo sul fatto che con questo decreto-legge viene affrontato solo il problema finale del più complesso fenomeno migratorio in atto nel Mediterraneo centrale, ovvero, il rafforzamento della Guardia costiera libica, che - come purtroppo si è capito dagli ultimi avvenimenti - non ha attuato - come sta facendo ed è solita fare la nostra Guardia costiera italiana, di cui siamo orgogliosi - il salvataggio dei migranti, ma anzi ha evitato il salvataggio lasciando in mare donne e bambini, contravvenendo ai basilari diritti del mare. Il comandante generale della Guardia costiera, l'ammiraglio Giovanni Pettorino - che ringrazio veramente di cuore - in un'intervista ha ribadito che su questo punto la normativa è chiarissima: «Noi continuiamo ad operare secondo quelle che sono le convenzioni internazionali del mare». In sostanza, chi riceve la chiamata, «deve operarsi subito affinché quella persona o quella nave in pericolo possano ricevere un soccorso utile». E questo, ribadisce il comandante della Guardia costiera, «noi lo abbiamo fatto sempre e continuiamo a farlo». Questo è il rispetto delle persone. Purtroppo vediamo che la Guardia costiera libica non lo ha fatto e credo che anche su questo punto dovremo lavorare perché, nell'ambito dei diritti personali; i diritti dell'uomo sono importanti.

Il decreto-legge al nostro esame dispone la cessione a titolo gratuito al Governo dello Stato della Libia - ne abbiamo parlato prima ed altri colleghi sono intervenuti - di queste dieci unità navali, classe 500 - che provengono da varie Regioni, tre dalla Puglia e tre dalla Sicilia, e che sono attualmente in dotazione alle Capitanerie di porto della Guardia costiera - e anche di altre unità navali in dotazione della Guardia di finanza. In particolare si dice che queste navi erano prossime alla sostituzione e in rimessaggio, ma si trattava comunque di navi - soprattutto le motovedette - utili in particolare per quelle coste in cui svolgevano attività di servizio. Chiedo pertanto al Governo se è in grado di fornire assicurazioni al riguardo, perché anch'io ho sentito solo parole e sono anche stata in Commissione affari esteri a porre la questione. Solo a parole è stato detto che le motovedette venivano sostituite, ma non ho visto atti formali e scritti. Anche perché nella Commissione affari esteri, dove è stato presentato un ordine del giorno sull'argomento, il rappresentante del Ministero dei lavori pubblici e del territorio, delegato a compiere tale operazione, non ha fornito alcuna risposta, esprimendo un parere prettamente favorevole, senza dire con quali fondi avrebbe sostituito queste motovedette. Quindi la notizia del decreto-legge pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 10 luglio ovviamente ha destato molta preoccupazione nelle diverse marinerie, tra le quali ribadisco ci sono anche quelle di Goro e Gorino che rimangono sguarnite. Come ha già citato il collega precedentemente, è un problema di sicurezza anche quello perché ci sono 1.200 natanti e 1.200 pescatori che devono essere garantiti nelle loro attività di tutti i giorni. Viene quindi meno l'economia di un territorio.

Chiedo allora al Governo - e mi aspetto che si accolga l'ordine del giorno che ho presentato sul punto - una garanzia chiara e sicura che queste motovedette vengano sostituite perché altrimenti si penalizza il nostro territorio e le nostre coste. (Applausi dal Gruppo PD. Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Casini. Ne ha facoltà.

CASINI (Aut (SVP-PATT, UV)). Cari colleghi, non è semplicissimo intervenire in questo dibattito perché naturalmente, come sempre capita quando si parla di temi così delicati e quando si parla di Libia, un conto è il voto che noi siamo chiamati a dare, un conto è l'analisi che siamo chiamati a fare, un conto sono le sensibilità diverse che attraversano il nostro Parlamento.

Partiamo dal primo punto: il Gruppo per le Autonomie voterà a favore di questo decreto-legge perché è in continuità con il lavoro dei Governi precedenti e perché è giusto dotare di un equipaggiamento navale le forze di controllo costiero libico. È giusto.

Poi, colleghi, facciamo un passo in avanti: la senatrice Bonino ci ha ricordato che non esiste la statualità libica. Purtroppo lo sapevamo un po' tutti in quest'Aula che non esiste la statualità libica. Sappiamo addirittura che c'è un Governo, quello di Haftar, che con la collaborazione di statualità estere e anche europee ha lavorato in questi anni per arrivare ad una tripartizione della Libia, nonostante la comunità internazionale abbia insediato un Governo che noi sempre abbiamo appoggiato, con Letta, con Renzi, con Gentiloni Silveri oggi con il Governo Conte in uno spirito di continuità, perché era il Governo legittimato dall'ONU. Ma questo Governo controlla la Libia? Scusate, non siamo su «scherzi a parte», lo sappiamo benissimo che questo Governo non controlla la Libia. Sappiamo benissimo che non la controllano neanche gli altri due Governi. Sappiamo benissimo che ci sono dei soggetti tribali municipali che non a caso sono stati al centro del lavoro che nei mesi scorsi ha fatto il Governo Gentiloni Silveri con il ministro Minniti (e qui abbiamo in Aula la senatrice Pinotti che è stata parte di quel lavoro che oggi, in continuità, viene ripreso dal Governo Conte).

Un conto allora è il mondo che vorremmo vivere, un conto è il mondo che viviamo perché la politica estera non è un pranzo di gala e noi, purtroppo, dobbiamo fare i conti con quello che c'è non con quello che vorremmo che ci fosse. Ho sentito prima alcuni colleghi che hanno detto che chi arriva non ha i documenti. Scusate, ma volete che vadano a chiedere il certificato penale a Mogadiscio quando partono da realtà che sono devastate, prive di qualsiasi statualità? (Applausi dai Gruppi Aut (SVP-PATT, UV) e PD).

Allo stesso modo, non ci meravigliamo, purtroppo, di quello che la senatrice Bonino ha dichiarato che, se mi consentite, non può essere un elemento di divisione di questo Parlamento: sappiamo tutti che i diritti umani, per come noi li concepiamo, non sono adeguatamente rispettati in Libia. Sappiamo benissimo che nei campi di detenzione - a volte non sappiamo nemmeno chi detiene chi - lo standard dei diritti umani, per come noi lo interpretiamo, non è garantito. Cosa dovrebbe fare, però, il Governo di un Paese come l'Italia? Che cosa dovevano fare i Governi precedenti? Non dimentichiamo, infatti, e lo ha detto anche il ministro Salvini (avrei avuto piacere che lo dicesse di più ma comunque l'ho sentito, per cui l'ha detto), che il lavoro non parte da zero perché con la ministra Pinotti e il ministro Minniti avevamo già drasticamente ridotto gli sbarchi. È bello o brutto ridurre gli sbarchi? Colleghi, cosa volete che vi diciamo? È l'unica strada possibile oggi perché noi rischiamo, se non seguiamo la via di dare più ordine agli arrivi nel nostro Paese, di veder nascere il razzismo tra le classi popolari di questo Paese che si vedono insidiate dall'arrivo sconclusionato e scomposto dei migranti. Non è un problema di destra o di sinistra, è un problema di buon senso. Tutti noi sappiamo di essere orgogliosi di ciò che fa la Guardia costiera italiana, di quello che fanno i militari italiani, dei salvataggi che, dal Governo Letta in poi, in linea di continuità tutte le forze militari italiane hanno fatto; e vogliamo che continuino a fare. Siamo rassicurati da ciò che ha detto il ministro Moavero Milanesi ieri: vogliamo che si continuino a salvare vite umane ma, nello stesso tempo, non possiamo non porci il problema di cercare di regolare questo fenomeno.

Se non lo regoliamo, infatti, ne saremo inevitabilmente sommersi e - aggiungo io - ne saranno sommerse le forme democratiche come noi le concepiamo nelle società occidentali ed europee. Dunque, lasciamo perdere queste dieci motovedette: è ovvio che noi non possiamo che dare un parere positivo. Io mi auguro veramente, però, che questo dibattito sia e voglia segnare un momento di riflessione comune su ciò che è questo fenomeno, che arriva dal Mar Mediterraneo in modo travolgente anche per le questioni demografiche.

Sappiamo tutti, infatti, di aver bisogno degli extracomunitari, ma sappiamo anche di avere qui, tra i banchi del Parlamento, persone che vengono da Paesi diversi e che si sono integrate secondo un ordine e un rispetto delle regole che è esattamente quello che noi vogliamo per tutti coloro che arrivano qui come punto di unione nazionale. (Applausi della senatrice Lonardo).

Io ero Presidente della Camera, eletto dal centrodestra, e mi dichiarai favorevole, quindici anni fa, allo ius soli. Nessuno disse niente, perché allora lo ius soli non era elemento divisivo come è diventato quindici anni dopo. Siamo andati avanti o siamo andati indietro? Siamo andati indietro, purtroppo. Qui bisogna cercare, piano piano, di andare avanti tutti assieme ed evitare che questi argomenti diventino i temi principe della campagna elettorale.

Perché se invece lo saranno, nessuno riuscirà ad affrontarli in modo razionale. La politica si fa col cuore e con la mente. Noi dobbiamo farla col cuore, col cuore salviamo le vite umane e con il cuore cerchiamo di dare solidarietà. Io ricordo quando andai a Lampedusa e la polizia mi chiese se volevo entrare in una casetta. Entrai in una casetta dove c'erano tre somali: papà, mamma e una bambina. I genitori avevano perso tre figli nella traversata. Erano partiti da Mogadiscio con quattro figli ed erano rimasti con una bambina che, sperduta, aveva un giochino con cui si trastullava. Questi due genitori avevano gli occhi che guardavano nel vuoto.

Ebbene queste tragedie sono la catena di tante tragedie che, dalla Turchia alla Grecia a Lampedusa ad altre parti dell'Europa, noi possiamo vivere tutti i giorni. Noi dobbiamo essere intrisi di senso di umanità ma, avendo il compito di guidare i nostri Paesi, dobbiamo anche essere intrisi di razionalità. Se, infatti, perdiamo il senso di razionalità, sappiate, cari amici, che di buone intenzioni sono lastricate le vie dell'inferno e noi rischieremmo, pertanto, anche per fare in buona fede delle cose buone, di produrre dei pessimi risultati.

Dunque, il voto a favore e di condivisione su questo decreto-legge va oltre, per il Gruppo Per le Autonomie, il dibattito di oggi. È un modo con cui noi vogliamo affrontare il problema assieme a voi, maggioranza e opposizione, perché su questo non ci devono essere confini e ci deve essere la capacità di guardare assieme ai problemi del nostro tempo e anche ai problemi di questa nostra Italia, che vuole coniugare umanità e legalità. (Applausi dai Gruppi Aut (SVP-PATT, UV), PD e FI-BP).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Berardi. Ne ha facoltà.

BERARDI (FI-BP). Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, sono onorato di intervenire per la prima volta in questa Aula ed in particolar modo di farlo oggi in merito ad un provvedimento riguardante la sicurezza delle nostre coste.

Va detto subito che il provvedimento in esame persegue l'idea di affidare alla Guardia costiera libica il controllo delle proprie coste e, a tal fine, prevede qualcosa di concreto per ottenere tale scopo.

I libici hanno interesse ad avere il controllo delle proprie coste e delle proprie acque territoriali. L'Italia ha attenzione a che, in conseguenza di un più puntuale controllo delle coste libiche, partano meno imbarcazioni. Meno partenze significa soprattutto - che è la cosa che ci sta più a cuore - meno persone a rischio di morire. Come abbiamo visto, infatti, alcune imbarcazioni fatiscenti, ovvero preda delle condizioni del mare inclemente, ma anche, ove trattasi di scafi affidabili, con un carico smisurato di persone, finiscono ben presto in modo tragico la propria traversata.

Il Mar Mediterraneo ha inghiottito 30.000 persone negli ultimi quindici anni: un'intera città deglutita da un mare incolpevole. Le speranze di una vita migliore sono finite per questi uomini, donne, ragazzi e bambini, prima ancora di mettere piede sulla terra tanto agognata. Molti scappano dai propri Paesi a causa delle guerre o di terribili condizioni che azzerano i loro diritti civili o le loro libertà. Non è giusto, tuttavia, che partano mettendosi nelle mani di mercanti di uomini a cui non interessa nulla del loro destino. Le partenze vanno fermate, ma non vanno fermati gli arrivi.

Chi ha diritto a ottenere una protezione internazionale, che è disciplinata dal diritto internazionale e dal diritto europeo, deve poter raggiungere l'Europa - lo ripeto, l'Europa - in modo sicuro. I corridoi umanitari devono essere aperti per i rifugiati. Chi ha diritto a un permesso di soggiorno in quanto rifugiato deve poter raggiungere il territorio europeo in modo dignitoso e deve essere accolto come un fratello. Quello di cui non abbiamo assolutamente bisogno è una migrazione irregolare che non distingua tra chi ha diritto e chi non può accampare alcun diritto. II rispetto del diritto è alla base di ogni civiltà; se mancasse questo, verrebbe meno il nostro stesso stato di diritto.

Purtroppo la migrazione irregolare, oltre a causare le 30.000 vittime stimate, che potrebbero addirittura essere di più, ha innescato nel nostro Paese un aumento della percezione dell'illegalità. Alla base dell'accoglienza ci deve essere anche il lavoro per tutti e l'idea che le persone che accogliamo possano costituire nuclei familiari nel nostro Paese.

Questo modello è lo stesso che ha visto protagonisti i nostri bisnonni emigranti a inizio secolo, poi i nostri nonni e in alcuni casi i nostri padri - perché anche negli anni Sessanta ancora si emigrava - e che oggi vede protagonisti anche i nostri figli.

Avvalorare l'idea che l'Italia possa, o addirittura debba, accogliere tutti è una follia; diventa una politica improponibile soprattutto per due ordini di motivi. Il primo è che ormai tutti sappiamo che le partenze sono gestite da autentici delinquenti, da mercanti di uomini dei giorni nostri. Il secondo è che non possiamo permetterci di ospitare quasi 200.000 persone ogni anno, posto che quattro su cinque tra i migranti accolti non hanno diritto a essere ospitati secondo le regole europee. Non possiamo fare finta che, una volta negato il permesso di soggiorno, i migranti non si diano alla clandestinità. Si stimano più di 600.000 clandestini, con ovvie implicazioni sulla sicurezza e sull'ordine pubblico. Non possiamo nemmeno fare finta che l'Italia possa sostenere da sola l'integrazione di tutti coloro che ne hanno diritto.

In termini di bilancio pubblico, non possiamo distogliere quasi 5 miliardi annui per la gestione dei migranti, quando dobbiamo fare i conti coi saldi di bilancio e abbiamo innescato politiche di austerità nei confronti dei nostri cittadini. Ecco perché la politica deve innanzi tutto porsi il problema di fermare le partenze dalla Libia, per smaltire nel migliore dei modi le pratiche relative ai migranti già presenti.

Il decreto-legge al nostro esame è certamente rispettoso delle prerogative del Parlamento. Non è il primo provvedimento in tema, ma va relazionato alle politiche di amicizia, partenariato e cooperazione con la Libia, già intraprese dal Governo Berlusconi nel 2009 per arginare i flussi migratori e tutelare gli interessi italiani in Libia. Sto rammentando il cosiddetto Trattato di Bengasi, cioè il Trattato di amicizia e cooperazione tra Italia e Libia, sottoscritto dal presidente Berlusconi e da Gheddafi il 30 agosto 2008, che fu ratificato dall'Italia il 6 febbraio 2009.

Con il Trattato di Bengasi si raggiunse un risultato storico tra i due Paesi e si chiuse un contenzioso che si trascinava dagli anni del Dopoguerra. Va ricordato che, dopo quell'accordo del 2008, in Libia cessò la celebrazione del giorno della vendetta, indetto da Gheddafi il 7 ottobre del 1970 in ricordo della ritorsione anti-italiana.

Sul tema del contenzioso Italia-Libia, Forza Italia ha presentato un ordine del giorno, accolto dal Governo in Commissione esteri, con il quale impegna l'Esecutivo ad affrontare l'irrisolta questione dei crediti storici vantati da oltre vent'anni da oltre 100 imprese italiane nei confronti di enti e amministrazioni libiche, per un importo complessivo di più di 200 milioni di euro. Questi crediti erano stati riconosciuti dal Governo libico nel 2013 e 2014 sulla base del negoziato avviato nell'ambito del Comitato crediti, come previsto dal Trattato di amicizia.

Ma, per tornare al tema del decreto-legge, non è la prima cessione di motovedette alla Guardia costiera libica. Così come i nostri ufficiali e sottufficiali si sono già adoperati per addestrare e formare gli addetti libici. Nel 2009 furono cedute tre motovedette, tre nel 2010, altre le abbiamo riparate. Due motovedette sono state affondate nel 2011, durante l'attacco francese (noto come attacco della coalizione occidentale). Poi, più di recente, nell'aprile 2017, il ministro Minniti aveva consegnato altre quattro motovedette, investendo nella formazione della Guardia costiera e della Marina libica. Quindi la cessione di dodici unità navali prevista dal provvedimento in esame, a titolo gratuito, va nel senso auspicato di un più puntuale intervento libico nella propria area SAR.

Sono assicurate, altresì, le risorse finanziarie necessarie per garantire la manutenzione e l'addestramento del personale. Del resto, si tratta di somme irrisorie rispetto agli enormi oneri affrontati in questi anni per gestire il complesso fenomeno migratorio. Lo scopo è quello di incrementare la capacità operativa della Guardia costiera e della Marina libiche per contrastare i traffici di esseri umani e per le attività di soccorso in mare.

Le controversie sul ruolo delle ONG non possono che diminuire se aumenta il controllo delle aree di soccorso e salvataggio in mare da parte dei libici. Le frontiere italiane del Mediterraneo sono quelle europee, di questo deve farsi persuasa la Commissione europea. Ma se l'Italia, se noi dimostriamo concretezza e serietà nel gestire il fenomeno migratorio illegale e al tempo stesso la volontà a non fermare l'accoglienza di chi ne ha diritto, anche l'Europa dovrà farsene carico. (Applausi dal Gruppo FI-BP. Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Pacifico. Ne ha facoltà.

PACIFICO (M5S). Signor Presidente, colleghi e colleghe, Governo, le donazioni di imbarcazioni per il pattugliamento e il salvataggio in mare alla Guardia costiera e alla Marina libiche sembrano giocare specularmente la battaglia politica italiana. Circa venti giorni fa, il portavoce della Guardia costiera libica asseriva a un'agenzia giornalistica italiana, forse suggestionato da qualche politico oggi all'opposizione, che il nostro Governo non sarebbe stato in grado di offrire alle autorità libiche alcuna imbarcazione idonea ad affrontare i natanti degli scafisti. Anzi, con sarcasmo affermava che al massimo il nostro Governo avrebbe fornito alla Guardia costiera nordafricana solo qualche gommone. Probabilmente, la fonte del portavoce della Guardia costiera libica sperava in un rifiuto aprioristico delle autorità libiche. Oggi leggiamo, invece, che le imbarcazioni offerte sono di tutto riguardo e ve ne sono un paio che superano abbondantemente i 20 metri. Cosa significa ciò? Significa che, dopo aver addestrato le forze libiche, le stesse potranno controllare le loro acque territoriali, avranno la forza di interdizione nei confronti di scafisti e contrabbandieri in generale, iniziando così a considerarsi uno Stato sovrano. È chiaro che, in questo ordine regionale, alcuni Paesi cerchino di non emancipare le Forze armate libiche, così come risulta limpido il gioco di alcune opposizioni parlamentari italiane che, trascurando gli affari italiani e dei migranti e facendo sponda con pezzi dell'Esercito e dei guardacoste libici, cerchino di impedire qualsivoglia cambiamento in quello scacchiere.

Per quanto riguarda le spese, si può tranquillamente affermare che la missione dei militari italiani costi meno della missione delle Forze dell'ordine in un qualsiasi centro di identificazione ed espulsione (CIE) o in un centro di accoglienza per richiedenti asilo (CARA), siti in territorio italiano. Per esempio il CARA di Mineo, in provincia di Catania, impiega ogni giorno 100 poliziotti, che provengono da tutte le questure d'Italia e dai vari reparti mobili sparsi sul territorio. Ad ognuno di questi operatori viene garantito alloggio e pasto in hotel, più lo straordinario giornaliero e il trattamento di missione. Mediamente per un singolo poliziotto si spendono 200 euro al giorno oltre lo stipendio. Se si moltiplica questo importo per il numero dei poliziotti impegnati, la spesa risulta di 20.000 euro al giorno, che vanno moltiplicati per 365 giorni. Vi rendete conto? Basterebbe chiudere uno degli innumerevoli CIE o CARA italiani per pagare l'intera missione in Libia. (Commenti dal Gruppo PD). In sostanza, per garantire la sicurezza al CARA di Mineo si spendono complessivamente circa 9 milioni di euro l'anno.

Se l'invio di queste motovedette riesce a ridurre gli sbarchi e a portare alla chiusura di un solo centro in Italia, il Governo italiano può tranquillamente affermare che questa operazione è a costo zero. Inoltre è bene ricordare che qualche giorno fa il Consiglio europeo ha accettato la proposta del Governo libico di estendere la zona di search and rescue (SAR) per le autorità marittime della Libia. Ormai si va oltre le fatidiche 12 miglia. Quindi, se da una parte concordiamo con i libici il controllo di uno specchio di mare, che va ben oltre le acque nazionali, dall'altro non possiamo esimerci dal fornire loro le motovedette d'altura. In ogni caso, la fornitura prospettata è un primo significativo passo in questa direzione. Un passo al quale, spero, ne seguano altri, magari con la fornitura di ulteriori motovedette classe 300, più consone per il salvataggio in mare, oltre che provviste di sistema di raddrizzamento.

Inoltre, vi vorrei segnalare che nel SAR, come definito precedentemente, lo Stato di Malta, nonostante si sia fatto accordare un tratto di mare corrispondente a 650 volte l'estensione dell'isola, quasi sempre ha delegato altri ad effettuare i salvataggi e quasi mai ha accettato l'arrivo dei naufraghi nei propri porti.

L'invio di motovedette italiane rappresenta un atto di fiducia e di speranza per il giovane Governo libico... (Commenti dei senatori Faraone e Laus).

PRESIDENTE. Colleghi, i richiami valgono per entrambi i lati dell'Aula. (Commenti del senatore Airola).

PACIFICO (M5S). Quindi spero che il prossimo passo sia squisitamente politico, per portare quel Governo a firmare tutti gli accordi per la tutela dei diritti umani, primi fra tutti quelli dei migranti. Abbiamo degli obblighi verso quel Paese: dobbiamo aiutarlo a rientrare fra i Paesi stabilizzati.

Per quanto riguarda gli accordi tra l'Italia e la Libia, è bene ricordare che la prima bozza di Trattato fu sottoscritta dal Governo Prodi, con il comunicato congiunto, nel 1998, con Gheddafi, proprio per impegnare il colonnello a contrastare

il nascituro terrorismo integralista e, soprattutto, per favorire le estrazioni dell'ENI. Nel 2008, con il Trattato di Bengasi, il Governo Berlusconi chiuse l'accordo sostanzialmente in tre punti: oltre al punto già citato, si impegnava il Governo libico a contrastare il fenomeno dell'immigrazione, che già mostrava la fisionomia di un vero e proprio esodo. Torniamo però al primo punto dell'accordo del 2008, in cui si impone ai contraenti di non ricorrere alla minaccia o all'impiego della forza contro l'integrità territoriale o l'indipendenza politica della parte opposta. Cosa che noi, anzi voi che stavate seduti tra questi banchi avete disatteso nel 2011, prima votando a favore dell'uso delle basi NATO per bombardare la Libia, poi entrando direttamente nel conflitto. (Commenti dal Gruppo PD).

Potrei dilungarmi per ore nel contestarvi i danni che avete prodotto nell'inseguire il folle progetto francese.

PRESIDENTE. Senatrice, si rivolga alla Presidenza, che garantirà che lei possa svolgere il suo intervento.

PACIFICO (M5S). Invece vorrei rammentarvi quali furono i partiti che votarono a favore della guerra in Libia. Votarono a favore il PdL, partiti minori e il PD; votarono contro la guerra la Lega e l'Italia dei Valori.

Dico questo per ribadire che lo spirito di collaborazione del nostro Governo con il riconosciuto Governo libico non intende proseguire, come alcuni colleghi affermano, la vecchia politica bilaterale con la Libia. Di quella politica dovremmo solo vergognarci. Solo affermare che ci sia continuità tra noi e voi vi conferirebbe uno status che voi non meritate. (Applausi dai Gruppi M5S e L-SP. Applausi ironici dal Gruppo PD).

FARAONE (PD). Brava! Brava!

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione generale.

Ha facoltà di parlare il relatore.

PETROCELLI, relatore. Signor Presidente, io intendo replicare per un motivo molto semplice. Io stesso ammetto di essermi abbastanza annoiato durante la mia relazione introduttiva sul provvedimento, ma fortunatamente il dibattito poi si è sviluppato su toni politici che apprezzo molto.

Presidenza del vice presidente CALDEROLI (ore 17,58)

(Segue PETROCELLI, relatore). Vorrei iniziare, per replicare ad alcune delle posizioni espresse in maniera squisitamente politica in quest'Aula, da uno degli ultimi interventi, quello del senatore Casini. Senatore Casini, ascoltare la sua citazione di Mao Tse-tung, quando ha detto che la politica estera non è un pranzo di gala, non ha davvero prezzo, ma per il resto il suo intervento è completamente da condividere nel metodo e anche nei contenuti, soprattutto quando ha detto che non c'è da meravigliarsi per una questione che tutti quanti noi conoscevamo e conosciamo. Mi riferisco cioè al fatto che la Libia è divisa in tre unità statuali, che ci sono parti della Libia controllate da milizie, come ricordava anche la senatrice Bonino, che non è con una iniziativa come quella che il decreto-legge in esame sta proponendo che risolveremo le complesse e intricate questioni che ci portiamo dietro da molti anni. Peraltro, come ricordava anche il senatore Fazzolari, qualcuno ha delle responsabilità se ce le portiamo dietro da molti anni, quantomeno dal 2011, quando i nostri alleati, soprattutto la Francia ma anche altri alleati NATO, probabilmente non si sono comportati proprio come se fossero nostri alleati (Applausi dai Gruppi M5S e L-SP) e hanno dato il via a un'operazione che poi ha pagato soprattutto il nostro Paese in termini di flussi migratori incontrollati.

Anche la senatrice Bonino ha sollevato delle questioni rilevanti. Mi dispiace soprattutto che abbia paragonato questo intervento all'attività di un secchio che non può svuotare l'oceano. A me sembra ingeneroso nei confronti del provvedimento in esame che - lo ripeto - non ha alcuna ambizione di controllare situazioni molto più grandi, ma è come la marea e se non la contrasti non la puoi fermare. È come se potessimo dire che con l'innalzamento di un grado della temperatura globale non si alzasse il livello del mare e non si debba intervenire. Anche l'intervento di un secchio ha un suo effetto sull'Oceano e soprattutto sul Mediterraneo, mi permetto di dirlo.

Vorrei altresì ricordare al collega De Falco, che pure ha sottolineato in maniera giusta, che si danno motovedette e si formano persone per intervenire in una parte della Libia dimenticandosi dell'altra parte: la parte controllata da Haftar, come ricordava la senatrice Bonino. Possiamo dire tranquillamente che non partono barconi da Tobruk; non partono barconi dalla parte controllata da Haftar. Se partono dalle coste libiche controllate dal Governo di Tripoli, è a quest'ultimo che dobbiamo fornire anche un solo secchio per controllare quelle partenze. (Applausi dai Gruppi M5S e L-SP).

Da ultimo, faccio un richiamo alla corretta interpretazione fatta da senatori e senatrici sull'utilizzo di queste imbarcazioni, che vengono sottratte ad alcune Capitanerie di porto. Già in Commissione il sottosegretario Molteni si è espresso su questo argomento, ma io voglio sottolineare un piccolo particolare: da sinistra, con la senatrice Boldrini, fino a destra, con un senatore di Forza Italia, è stato detto che queste imbarcazioni andrebbero ripristinate per il normale uso che se ne faceva. In sintesi, si sostiene - ed è giusto sostenerlo - che bisogna pensare prima e soprattutto alle esigenze e ai bisogni degli italiani: lo diceva la senatrice Boldrini. Però questo messaggio e questo slogan, ossia pensiamo prima alle vongole di Goro e Gorino, cioè pensiamo prima agli italiani, non mi pare che sia proprio uno slogan del Partito Democratico; «prima gli italiani» è lo slogan di un'altra parte politica, senatrice Boldrini. (Applausi dai Gruppi M5S e L-SP). Per quanto possa essere giusto - ed è giusto e corretto - che si pensi prima agli interessi degli italiani, dare anche solo con un secchio la possibilità di fermare ondate migratorie e il traffico di esseri umani significa pensare prima di tutto agli italiani. (Applausi dai Gruppi M5S e L-SP).

MOLTENI, sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, non intendo intervenire in sede di replica.

PRESIDENTE. Comunico che è pervenuto alla Presidenza - ed è in distribuzione - il parere espresso dalla 5a Commissione permanente sul disegno di legge in esame e sugli emendamenti, che verrà pubblicato in allegato al Resoconto della seduta odierna.

Passiamo all'esame dell'articolo 1 del disegno di legge.

Avverto che gli emendamenti si intendono riferiti agli articoli del decreto-legge da convertire.

Procediamo all'esame degli emendamenti e degli ordini del giorno riferiti all'articolo 1 del decreto-legge, che invito i presentatori ad illustrare.

URSO (FdI). Signor Presidente, intervengo solo per ricordare che con l'emendamento 1.1 noi ci limitiamo ad inserire nel decreto-legge, peraltro in prima lettura, quello che il Governo assicura in modo verbale. Non comprendiamo perché il Governo non debba assicurarlo nel decreto-legge attraverso l'accoglimento del nostro emendamento che si limita a dire che devono essere salvaguardati i livelli di efficienza e di capacità operativa delle Capitanerie di porto, Guardia costiera e Guardia di finanza interessate. Se il Governo è d'accordo con questo principio, inseriamolo nel testo del provvedimento e tutti saremo più tranquilli.

PRESIDENTE. I restanti emendamenti e ordini del giorno si intendono illustrati.

Invito il relatore e il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti e sugli ordini del giorno in esame.

PETROCELLI, relatore. Signor Presidente, esprimo parere contrario sugli emendamenti 1.1 e 1.2. Esprimo parere favorevole sugli ordini del giorno G1.100 e G1.101 (che recepisce la riformulazione proposta dal Governo in sede di Commissione).

MOLTENI, sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, esprimo parere conforme a quello del relatore.

PRESIDENTE. Chiedo ai presentatori se insistono per la votazione degli ordini del giorno.

BOLDRINI (PD). Sì, signor Presidente, insisto per la votazione dell'ordine del giorno. Ovviamente vigilerò affinché l'impegno assunto venga rispettato nei tempi predefiniti.

Inoltre, tengo a precisare che mi riferivo al fatto che ci fosse una sicurezza anche per un'altra comunità. Non ho detto prima noi e poi loro, perché altrimenti non avremmo neanche ceduto la nostra motonave.

ALFIERI (PD). Anche io insisto per la votazione del mio ordine del giorno.

PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 1.1, presentato dal senatore Urso.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 1.2, presentato dal senatore Urso.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'ordine del giorno G1.100, presentato dal senatore Alfieri e da altri senatori.

(Segue la votazione).

Il Senato approva. (v. Allegato B).

Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'ordine del giorno G1.101, presentato dai senatori Boldrini e Alfieri.

(Segue la votazione).

Il Senato approva. (v. Allegato B).

Passiamo all'esame degli emendamenti riferiti all'articolo 2 del decreto-legge, che si intendono illustrati.

FERRARI (PD). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FERRARI (PD). Signor Presidente, come era immaginabile, il dibattito si è molto ampliato ed è andato molto oltre quanto previsto nel decreto‑legge, toccando temi assai complessi. Esso ha inoltre dimostrato la forza che la democrazia ha di automigliorarsi, se si vuole. Penso agli interventi da parte delle opposizioni e soprattutto, a quelli che hanno consentito all'Assemblea di affrontare nella loro complessità i tanti temi riguardanti i diritti umani, la sicurezza e i migranti, contenuti in un provvedimento specifico e al contempo complesso come quello in esame.

Anche in ragione del fatto che oggi l'Assemblea ha lavorato meglio di altre volte, rispettando posizioni diverse anche quando queste hanno espresso sensibilità molto distanti, io intervengo in questa fase del dibattito per porre una questione, con grande rispetto nei confronti della Presidenza (altrimenti sarei ricorso all'articolo 97 del Regolamento del Senato), riguardo all'ammissibilità dell'emendamento 2.0.500, presentato dal relatore. Come si sa, il provvedimento in esame dispone di cedere, come conseguenza di un accordo internazionale, a un altro Paese alcune unità navali. L'emendamento 2.0.500 interviene su una materia che noi riteniamo estranea al contenuto del provvedimento, proponendo, sostanzialmente, di arricchire la nostra dotazione navale di droni. Ciò non ha ovviamente nulla a che fare con la cessione di unità navali a un altro Paese, come previsto da un accordo internazionale.

Diciamo questo con grande rispetto nei confronti dell'insindacabilità delle decisioni assunte dalla Presidenza ed è per questo motivo - lo ribadisco - che non sono intervenuto richiamandomi all'articolo 97 del Regolamento del Senato. Ci tenevo però che rimanesse agli atti, per il proseguo dei nostri lavori e per l'ordine e il rispetto delle regole che determinano il lavoro di quest'Assemblea. In occasioni come queste serve da parte di tutti una maggiore attenzione in quanto continuo a ribadire che l'argomento trattato nell'emendamento è estraneo al contenuto del provvedimento. (Applausi dal Gruppo PD).

PRESIDENTE. Senatore Ferrari, ho fatto una riflessione rispetto alla sua segnalazione. Non solo nella relazione di accompagnamento, ma nello stesso articolo 1 si dice: «per incrementare la capacità operativa della Guardia costiera del Ministero della difesa e degli organi per la sicurezza costiera del Ministero dell'interno»; se il testo si fosse fermato qui, avrei potuto anche dire che c'è fondatezza in quello che lei ha testé citato. Si aggiunge però anche: «nelle attività di controllo e di sicurezza rivolte al contrasto all'immigrazione illegale e al traffico di essere umani, nonché nelle attività di soccorso in mare».

Pertanto, con queste finalità, ritengo l'emendamento del relatore ammissibile.

Invito il relatore e il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.

PETROCELLI, relatore. Signor Presidente, esprimo parere contrario sull'emendamento 2.100 e favorevole sull'emendamento 2.0.500.

PRESIDENTE. Sugli emendamenti 2.0.100 e 2.0.101 la 5a Commissione ha espresso parere contrario ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione.

MOLTENI, sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, il Governo esprime parere conforme a quello del relatore.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.100.

ALFIERI (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALFIERI (PD). Signor Presidente, l'emendamento 2.100 intende rafforzare il concetto di formazione e adeguata preparazione della Guardia costiera libica anche alla luce degli ultimi eventi di cui tutti siamo a conoscenza. Abbiamo voluto inserire, proprio per quello che diceva poc'anzi il Presidente sul tema della sicurezza e della salvaguardia in mare, un'adeguata preparazione in materia di primo soccorso e tutela dei diritti umani. Non si capisce allora perché si possa andare avanti con l'emendamento in cui si prevede di dotare delle unità navali nostre e, quindi, non oggetto del Memorandum internazionale sulla cui base noi oggi andiamo ad individuare il decreto-legge in cui cediamo dodici unità navali libiche, e invece per noi che chiediamo di rafforzare uno degli elementi qualificanti di quell'accordo e, cioè la formazione del personale libico in un scenario come quello che stiamo vivendo, non sia possibile inserire il rafforzamento del concetto del primo soccorso e della tutela dei diritti umani, che ha a che fare proprio con la salvaguarda della sicurezza in mare.

Insistiamo quindi per votare a favore di questo emendamento.

PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 2.100, presentato dal senatore Alfieri e da altri senatori.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 2.0.500, presentato dal relatore.

(Segue la votazione).

Il Senato approva. (v. Allegato B).

Passiamo all'emendamento 2.0.100 (testo 2), su cui la 5a Commissione ha espresso parere contrario ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione.

FERRARI (PD). Ne chiediamo la votazione.

PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 2.0.100 (testo 2), presentato dal senatore Alfieri e da altri senatori.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

Passiamo all'emendamento 2.0.101, su cui la 5a Commissione ha espresso parere contrario ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione.

LAFORGIA (Misto-LeU). Ne chiediamo la votazione.

PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 2.0.101, presentato dalla senatrice De Petris e da altri senatori.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

Passiamo alla votazione finale.

CASINI (Aut (SVP-PATT, UV)). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CASINI (Aut (SVP-PATT, UV)). Signor Presidente, ribadisco soltanto che il Gruppo per le Autonomie voterà a favore del decreto-legge al nostro esame. Per il resto mi rifaccio all'intervento che ho appena reso nel corso della discussione generale, nel corso del quale credo di essere stato abbastanza chiaro.

LAFORGIA (Misto-LeU). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LAFORGIA (Misto-LeU). Signor Presidente, noi voteremo contro il provvedimento al nostro esame perché pensiamo che sia una decisione sbagliata quella che assume il Parlamento oggi rispetto alla concessione di unità navali alla Guardia costiera libica.

Sono di pochi giorni fa le immagini del salvataggio di una donna - non lo diciamo in ragione di una categoria di cui ormai si abusa nel commento della politica, cioè il buonismo, ma perché riportiamo la realtà dei fatti per come si sta configurando - Josefa, da parte della nave della ONG Proactiva Open Arms, aggrappata ai resti di un gommone in mare, in procinto di morire per ipotermia accanto ai cadaveri di un'altra donna e del suo bambino. Con il passare dei giorni, la ricostruzione di quanto avvenuto, testimoniata anche dalla presenza di un nostro deputato, l'onorevole Palazzotto, che è stato su quella nave, diventa sempre più chiara e conduce a una diretta responsabilità della Guardia costiera libica, nonostante gli evidenti tentativi di manipolazione della realtà che hanno seguito le ore successive al salvataggio. Sembrerebbe, infatti, che la Guardia costiera libica, intervenuta per il recupero di 158 persone a bordo di un gommone, abbia abbandonato in mare le due donne e il bambino a causa del loro probabile rifiuto di interfacciarsi con un soggetto riconosciuto come pericoloso, la Guardia costiera libica, appunto.

C'è poi da chiedersi in quale modo il gommone sia stato distrutto e se anche su questo profilo l'intervento della Guardia costiera della Libia sia stato determinante. Ricordiamo come lo scorso anno la ONG Proactiva abbia divulgato un video in cui venivano mostrati agenti della Guardia costiera libica sparare in aria per intimidire l'equipaggio di una delle due navi della ONG spagnola.

Ecco, di fronte a tutto questo, di fronte alle immagini e alle denunce di organismi indipendenti come l'UNHCR o Amnesty International, che da mesi riportano le inaccettabili condizioni delle persone migranti in Libia, le violenze, le torture, gli stupri quotidiani, nonostante questo patrimonio di informazioni, i nostri Governi - l'attuale, ma anche quelli che lo hanno preceduto - si ostinano a considerare la Libia come un interlocutore cui affidare la vita di centinaia di migliaia di persone.

Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità sarebbero più di 10.000 le persone individuate dalla Guardia costiera libica e rinchiuse in circa 20 centri di detenzione, e circa 662.000 i migranti, come riportato dal ministro Salvini qualche settimana fa durante un'informativa al Senato.

Il nostro Governo vuol far passare il messaggio secondo cui la drammatica carenza di navi che consentono il salvataggio di migranti nel Mediterraneo possa essere risolta regalando unità navali alla Guardia costiera libica. Sappiamo bene, invece, come tale carenza sia da imputare principalmente alla decisione dei Governi europei, in primo luogo di quello italiano, di ostacolare il sistema di assistenza cui provvedevano proprio le organizzazioni non governative, ostacolando al contempo l'attivazione di canali di immigrazione regolari e di corridoi umanitari che consentano di salvare realmente la vita di migliaia di persone.

È evidente come il fine ultimo di questo Governo, che si muove in sostanziale continuità con le scelte dei Governi precedenti, forse è quello non di salvare vite umane, ma piuttosto di scongiurare in qualsiasi modo l'eventualità che le persone che fuggono da guerre, da persecuzioni, dalla fame possano lasciare il continente africano e raggiungere condizioni di vita dignitose. È questo l'unico profilo di necessità e urgenza che risulterebbe accettabile per un decreto-legge in materia di immigrazione, il salvataggio delle persone, non l'affidamento a soggetti che finora non hanno dimostrato alcuna attenzione non solo verso le norme internazionali ma nemmeno verso il più basilare rispetto di diritti umani. Dovrebbero forse risuonare con maggiore impatto le parole del Segretario Generale dell'ONU anche in quest'Aula, il quale ha definito le condizioni dei migranti in Libia come crimini contro l'umanità.

La Libia - sembra pleonastico doverlo ricordare, ma, a quanto pare, non lo è - non ha un vero Governo, istituzioni stabili con cui interfacciarsi senza ambiguità; gran parte del territorio è infatti in mano a trafficanti di esseri umani, spesso in combutta con milizie, tribù e funzionari governativi. Lo Stato libico è totalmente depotenziato dai conflitti interni, con intere zone controllate da fazioni diverse che trattano direttamente con i trafficanti di esseri umani: non è chiara, dunque, la motivazione con cui ci apprestiamo ad affidargli la gestione di un fenomeno complesso come quello migratorio.

La Libia - ricordiamo ancora - non riconosce nemmeno la Convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951. In questo contesto, ci sembra d'obbligo ricordare la decisione del Consiglio di sicurezza dell'ONU, che appena qualche mese fa ha sanzionato sei trafficanti di uomini libici, tra cui proprio l'ex capo della Guardia costiera al-Milad: i rapporti dell'ONU lo accusano infatti di "aver sparato sui barconi dei migranti per affondarli", aggredendoli in mare e vendendoli ai miliziani che controllano i centri di detenzione; un individuo che, al pari di questo Governo, ha mostrato una profonda avversione per le ONG, definite come braccio di servizi segreti stranieri.

Con il provvedimento in esame ci sembra dunque di assecondare l'inaccettabile ricatto promosso dalle autorità libiche, che sembrano aver voluto testare - questa è la nostra impressione - la disponibilità del nuovo Governo, così come di quelli che lo hanno preceduto, alla concessione di risorse e mezzi in cambio del blocco delle partenze. Ma questo - come sta dimostrando una lunga serie di reportage - sta facendo pagare il prezzo di questo braccio di ferro a centinaia di uomini, donne e bambini disperati.

Tra l'altro, ciò è in palese contrasto con quanto affermato all'articolo 1 del decreto-legge in cui si parla di finalità di soccorso in mare; le unità fornite sono molto piccole: l'associazione Diritti e Frontiere ha segnalato, in tal senso, come le navi sembrino molto più indicate per intercettare e bloccare i barconi carichi di migranti sotto minaccia delle armi, piuttosto che per procedere a operazioni che garantiscano il salvataggio e il trasferimento verso un porto di sbarco sicuro.

Proprio su quest'ultimo punto, inoltre, ricordiamo come l'ONU abbia dichiarato la Libia porto non sicuro ai sensi della Convenzione di Amburgo del 1979, un'affermazione confermata da recenti decisioni dei giudici di Ragusa e Palermo. Noi pensiamo che sia giusto votare contro questo provvedimento, che va esattamente nella direzione che ho descritto. E ci permettiamo di dire che, forse, bisognerebbe ripartire da alcune scelte che hanno caratterizzato il passato e che poi sono state drammaticamente e colpevolmente abbandonate. Penso a Mare Nostrum. Bisognerebbe ripartire dall'attivazione - come dicevo prima - di canali di immigrazione regolare ma, soprattutto, bisognerebbe ripartire dalla nostra umanità. (Applausi dal Gruppo Misto e del senatore Marcucci).

URSO (FdI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

URSO (FdI). Signor Presidente, noi abbiamo sostenuto sin dal dibattito sul voto di fiducia che avremmo tenuto un atteggiamento da opposizione propositiva, che è qualcosa di più rispetto all'opposizione costruttiva che ci veniva chiesta. E lo stiamo dimostrando anche nei confronti del provvedimento in esame, un provvedimento che abbiamo discusso in maniera significativa nelle Commissioni per sopperire ad alcune carenze che erano emerse in merito al valore patrimoniale dei mezzi che venivano ceduti, alle coperture finanziarie, alle discrepanze, alle contraddizioni e alla confusione contenute sulle stime delle spese.

Il Governo, in sede di Commissione, ha risposto con una relazione tecnica molto esauriente che ha integrato - e in alcuni casi corretto - le note tecniche precedenti, tra l'altro sopperendo - per esempio - per quanto riguarda la valutazione del patrimonio, alla mancata stima. Quindi, abbiamo dato il nostro contributo affinché il provvedimento fosse fatto al meglio.

Avremmo voluto fare di più, con gli emendamenti presentati prima in Commissione e poi in questa Assemblea, per rassicurare gli operatori della sicurezza (delle Capitanerie di porto e della Guardia di finanza) a cui vengono sottratti loro mezzi - in alcuni casi, gli esclusivi mezzi - senza avere la certezza che quegli stessi vengano sostituiti ove ve ne fosse la necessità. Questo riguarda certamente alcune Regioni particolarmente impegnate anche nella lotta all'immigrazione clandestina - ma non solo - come la Sicilia e la Puglia. E ci dispiace che il Governo non voglia dare questa rassicurazione nel testo del provvedimento. Peraltro, nello stesso testo abbiamo condiviso che fosse inserito un emendamento con cui si forniscono di droni i mezzi della Capitaneria di porto e della Guardia costiera. Riteniamo che anche questo sia un elemento aggiuntivo importante per meglio contrastare l'immigrazione clandestina e, eventualmente, soccorrere coloro che si trovassero in difficoltà nelle acque territoriali italiane o in quelle internazionali.

Quindi, il nostro atteggiamento è di un'opposizione propositiva, tesa a migliorare i provvedimenti in questa sede o a contrastarli quando non li condividiamo, come - per esempio - sta accadendo con il decreto-legge disoccupazione, falsamente chiamato decreto-legge dignità, all'esame della Camera dei deputati. E questo è il nostro atteggiamento nei confronti del Governo, tanto più sul provvedimento al nostro esame, che sarà votato anche dai Gruppi della sinistra, perché certamente discende da accordi internazionali condivisi dal precedente Governo. Voglio, però, far notare che siffatto provvedimento oggi è inserito in un contesto politico di contrasto all'immigrazione ben diverso da quello che si è realizzato nel precedente Governo: un contrasto all'immigrazione che, soprattutto per impulso del Ministro dell'interno, sta vedendo il nostro Paese in prima fila in Europa, teso a svegliare tutti i Paesi affinché contrastino un fenomeno particolarmente grave che mette a repentaglio - lo ha sottolineato anche oggi, in questa sede, il presidente Casini - la sicurezza sociale, la tranquillità, la serenità, sostanzialmente la nostra società.

Crediamo che questa svolta sia importante e la sosteniamo sotto ogni aspetto perché - a nostro avviso - il fenomeno è certamente globale. Riteniamo che l'Italia da sola non possa contrastarlo, ma crediamo anche nel fatto che non è ineluttabile e che l'Italia possa e debba dare il suo contributo per porre fine al fenomeno.

Mi rivolgo alla senatrice Bonino: le persone in questione, i migranti che fuggono dalla disperazione e dalla miseria, in qualche caso anche i profughi che fuggono dalla guerra, non fuggono dalla Libia; non sono libici. Fuggono da altre aree dell'Africa attraverso la Libia. Se il fenomeno si è creato, lo si è creato e lo si è ingigantito proprio perché la percezione che quelle popolazioni avevano, in Nigeria come in Corno d'Africa, era quella di una navigazione attraverso il Mediterraneo supportata poi dalle navi delle organizzazioni non governative.

Mi ha colpito, cari colleghi, qualche anno fa la dichiarazione di alcune persone che portavano l'esempio molto semplice, e chiaro a tutti noi, secondo il quale qualunque pastore del Centro Africa, del Niger piuttosto che dell'Etiopia, attraverso il proprio telefonino cellulare - e il 70 per cento degli africani possiede un telefonino cellulare - ha oggi le stesse conoscenze e informazioni sul mondo di cui venticinque anni fa era in possesso solo il Presidente della Repubblica americana. Voglio dire che attraverso quel telefonino il pastore del Mali o della Nigeria è consapevole che esiste un mondo diverso e altresì che delle navi raccolgono i profughi nelle acque territoriali della Libia per poi portarli in Europa, e quindi si muovono sulla base di questa illusione. Il telefonino trasmette siffatta speranza e centinaia di migliaia di persone, sulla base di quella immagine, spesso di quella illusione, finiscono in Libia nelle mani sanguinarie dei trafficanti di uomini, che sono peggiori dei trafficanti di droga.

Questa illusione noi dobbiamo eliminare o se eliminiamo questa illusione e quelle immagini, noi freniamo alla fonte la migrazione che parte dall'Africa centrale. Questo ci pone il problema anche di cosa fare per quei popoli e lo dico con grande responsabilità. Mi dispiace che nel dibattito molto politico, che si è aperto per alcune ore, nessuno abbia citato ad esempio,- come abbiamo già fatto in Commissione e in quest'Aula in altra sede e per pochi secondi - il capitolo di pace che si è aperto nel Corno d'Africa. Lo sottolinea il Governo, lo sottolinea l'Europa e lo sottolinea questa Assemblea: se vogliamo fermare la migrazione biblica che viene da quelle terre - e almeno un terzo dei migranti che cercano di giungere in Europa attraverso l'Italia parte da quelle terre - vorrei che il Governo, l'Italia e l'Unione europea cogliessero quei segnali di pace e di stabilizzazione che riguardano l'Etiopia, l'Eritrea, la Somalia citata in quest'Aula, il Sud Sudan e anche il Sudan e il Kenya, tutta un'area geografica particolarmente fondamentale per noi perché fonte del flusso di migrazione, talvolta di profughi che migrano e di disperati che cercano soluzioni di benessere nel nostro territorio.

Una politica volta a fronteggiare questa migrazione che possa dirsi completa deve da una parte, certamente - come stanno facendo il Governo e soprattutto il Ministro dell'interno - bloccare, per quanto ci riguarda, la migrazione clandestina che sbarca nei porti italiani; dall'altra parte, certamente con questo provvedimento, che non è piccolo, perché non si limita a fornire dodici navi all'autorità libica, dà un segnale importante all'autorità libica di legittimazione di quelle istituzioni, e le istituzioni libiche hanno bisogno di essere legittimate; e dà il segnale importante all'Unione europea e alla Francia che l'Italia punta a stabilizzare quel Governo e quel Paese. Noi sappiamo, infatti, da chi è venuto l'attacco che ha destabilizzato il Governo di Gheddafi e ha portato alla sua morte, per questioni non soltanto petrolifere, ma anche monetarie, perché Gheddafi si stava liberando dalla sudditanza monetaria alla Francia ed era una minaccia per tutti i Paesi del Centro Africa che subiscono siffatta dominazione.

Io credo che questo segnale sia molto più importante delle dodici motovedette concesse alle autorità libiche: è un segnale alle istituzioni libiche, è un segnale all'Unione europea, è un segnale alla Francia, è un segnale all'Italia che deve sviluppare una politica complessiva e che noi dobbiamo realizzare laddove possiamo. (Applausi dal Gruppo FdI). La Libia è certamente importante, ma il Corno d'Africa forse è ancora più importante, perché è la fonte di tanti guai e di tanta immigrazione.

Anche su questo il Governo prenda una iniziativa significativa ed avrà il nostro consenso. (Applausi dal Gruppo FdI e del senatore Fantetti).

ALFIERI (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALFIERI (PD). Signor Presidente, quello al nostro esame è un provvedimento certamente limitato e relativamente semplice dal punto di vista tecnico. È però evidente che si inserisce in un contesto geopolitico difficile e complesso, dentro il quale matura la scelta del Partito Democratico che - come spesso accade quando si parla di politica estera - non matura a cuor leggero. In queste scelte, infatti, si mescolano ragionamenti e valutazioni di tipo politico, diplomatico, a volte economico e commerciale, che si mischiano con questioni che hanno a che fare con la sfera etica, con i convincimenti personali, con i principi e i valori alla base della nostra cultura. Ed è evidente che, quando ci si confronta con contesti diversi, esse creano anche conflitti identitari. È dunque complicato e difficile maturare queste scelte.

Siamo consapevoli anche noi - come ha sottolineato la senatrice Bonino nel suo intervento - della situazione maledettamente complicata in Libia, di una statualità che non esiste, ma che non esiste oggi così come non esisteva prima. Era originale infatti anche la statualità ai tempi del rais, quando le diverse tribù - le stesse tribù che adesso si organizzano in maniera diversa - erano unificate in una sorta di sistema feudale, dove egli era il feudatario e i capi tribù erano i vassalli e i valvassori: già allora c'era un meccanismo di scambio. Lo stesso vale anche per il concetto stesso di diritti umani e per la concezione di dignità umana, che là è diversa. Dunque, per questo motivo, non dovremmo avere rapporti e non dovremmo tentare di costruire dei ponti con un Paese che è di fronte a noi, la cui relazione è strategica, non fosse altro per il fatto che siamo immersi nel Mediterraneo e, anche non volendo, subiamo gli effetti negativi di un contesto non stabilizzato?

Penso che dobbiamo tornare indietro. È stato citato più volte il Trattato di Bengasi. La verità è che il vero spartiacque è stata l'intuizione di Romano Prodi nel 1997: lì sì che sono cambiati i rapporti con la Libia. Per anni ci fu quasi un embargo, anzi un vero e proprio embargo nei confronti di quello che gli Stati Uniti definivano un rogue State, con il quale non dovevamo avere rapporti, tanto che c'erano sanzioni unilaterali degli Stati Uniti e sanzioni multilaterali del sistema delle Nazioni Unite. L'intuizione di Prodi, prima da Presidente del Consiglio e poi da Presidente della Commissione europea, fu di portare quello Stato, che poteva diventare la palestra del terrorismo islamico, il luogo in cui cresceva la proliferazione di armi di distruzione di massa, dentro un dialogo multilaterale, provando a risolvere anche problemi commerciali ed economici, che da anni gli italiani e le nostre stesse imprese chiedevano di risolvere.

Diplomazia economica, politica, capacità di riportare la Libia dentro la comunità internazionale e di superare l'episodio tragico di Lockerbie: fu quella l'intuizione vincente. Su quella scia si innestò anche la diplomazia di Berlusconi, certamente con un'impronta più economica. L'errore fu il dissennato intervento in Libia. Pedagogicamente e didatticamente si potrebbe spiegare alla senatrice che è intervenuta prima che esso fu appoggiato dal Governo di centrodestra. Noi allora eravamo all'opposizione ed è bene magari ogni tanto ricordare anche questi passaggi. Poi fu difficile portare avanti questo tipo di lavoro, che fu ripreso dai Governi di centrosinistra, in particolare con il Memorandum Gentiloni Silveri, firmato il 2 febbraio del 2017. Ecco, lì dentro c'è una strategia complessiva e proprio questo è il limite del provvedimento al nostro esame. Si tratta infatti di un provvedimento condivisibile su cui voteremo a favore, ma il suo il limite è il fatto di affrontare solo una parte di un tema più complesso.

È evidente che ci vuole una strategia complessiva nei confronti della Libia, che affronti tutti i temi di quel Memorandum. Qui se ne affronta uno: quindi si è parlato di continuità, ma non c'è continuità. Se ci fosse vera continuità, adottereste l'intero Memorandum (Applausi dal Gruppo PD),che prevede interventi di cooperazione e di aiuto a quelle comunità che pagano un prezzo altissimo alla tratta di esseri umani. Qui ci soffermiamo solo sulla parte finale, sul pattugliamento delle coste, sull'intervento nel Mediterraneo, ma non sulla cooperazione allo sviluppo e non su una collaborazione per sigillare i confini sud della Libia, che sono maledettamente difficili, perché c'è il deserto. E ricordo ancora una volta che, quando noi abbiamo proposto la missione in Niger, chi oggi sta sui banchi della maggioranza votò contro, mentre al contrario bisognava dare il segnale che quello era il primo momento in cui si affrontava anche il tema della tratta degli esseri umani.

Vi è poi la condizione precaria in cui si trovano i centri permanenti in Libia. Nell'ordine del giorno G1.100 - e mi dispiace che abbiano votato contro il nostro emendamento - noi abbiamo chiesto anche un'attenzione alla collaborazione con l'Organizzazione internazionale delle migrazioni e con l'Alto commissariato per i rifugiati, decisivo perché non solo il centro che sta costruendo l'UNHCR ma anche gli altri gestiti dai libici abbiano un controllo delle organizzazioni internazionali, per alzare lo standard e il livello minimo dei diritti umani.

È a tal riguardo che manca l'approccio di questo Governo. Diamo le motovedette, e va bene, ci siamo. Tuttavia, nel momento in cui si danno le motovedette, chiediamo che in tutti i centri ci siano anche i rappresentanti delle organizzazioni internazionali legate alle Nazioni Unite. È così che si fa, è una regola semplice. La diplomazia prevede questo: motovedette, ma anche la capacità di innalzare il livello dei diritti umani, la capacità di costruire istituzioni democratiche.

È questo il motivo per cui noi voteremo a favore del provvedimento in esame, ma non saremo più disposti in futuro - come abbiamo scritto nel nostro ordine del giorno e nell'emendamento - ad approvare ulteriori provvedimenti che si limitino solo al contrasto dell'immigrazione nel Mediterraneo e non affrontino i temi centrali di come affossare la tratta degli esseri umani, controllare i confini del Sud della Libia e attuare un grande piano complessivo di aiuti alla cooperazione allo sviluppo. Solo se faremo così vinceremo la nostra battaglia in Libia. (Applausi dal Gruppo PD).

SOLINAS (L-SP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SOLINAS (L-SP). Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, colleghe e colleghi senatori, il nostro Gruppo voterà convintamente a favore della conversione in legge del decreto-legge n. 84 del 2018 per almeno tre ordini di ragioni che mi accingo a declinare: sotto il profilo della coerenza programmatica, della ricostruzione di una linea chiara di relazioni internazionali, diplomazia e politica estera del Paese nel quadrante Mediterraneo e non solo, dell'interesse nazionale a ristabilire il ruolo di partner principale politico della Libia nella sua interezza.

Il contratto di Governo, su impulso determinante della Lega di Matteo Salvini, ha posto con fermezza l'esigenza di affrontare la gestione dei flussi migratori clandestini con una prospettiva nuova che ponga fine al traffico di esseri umani e al riprovevole business che si è sviluppato attorno allo stesso, senza dimenticare che gli ingenti fondi pubblici stanziati per il sistema della sedicente accoglienza, unitamente ai meccanismi poco trasparenti previsti per la loro gestione, hanno costituito un elemento sicuramente attrattivo per la criminalità organizzata. (Applausi dei Gruppi L-SP e M5S).

Non è civilmente né tantomeno umanamente tollerabile assistere passivamente all'azione criminale di scafisti che quotidianamente alimentano una vera e propria tratta, lucrando sulla pelle dei migranti e seminando disordine e morte nei nostri mari. Per andare alla radice del problema, non si può prescindere da una strategia condivisa con la Libia, che in questi anni è stata scelleratamente sprofondata nel caos dall'improvvida decisione di bombardare e destituire il regime al potere senza una seria e concreta alternativa unitaria (Applausi dal Gruppo L-SP), divenendo così il principale collettore di questi fenomeni.

Osservatori indipendenti accreditati hanno stimato che oramai il business del traffico migratorio rappresenta il 30 per cento del PIL, dal quale sempre più ampie porzioni della società libica traggono sostentamento, con il rischio reale che questo modello di economia illegale diventi strutturale e difficilmente riconvertibile in quei territori. Oggi il nostro impegno deve essere il supporto alle ricostituite autorità libiche per sviluppare un'efficace politica di difesa delle proprie frontiere a Sud, specialmente mediante accordi bilaterali con i Paesi centroafricani e del Sahel, ma soprattutto un controllo puntuale del proprio confine lungo la costa settentrionale che guarda all'Italia.

Attualmente la Guardia costiera libica dispone di appena quattro motovedette piuttosto vetuste e operativamente limitate, sia sotto il profilo delle dotazioni di bordo che di personale, dismesse a suo tempo della Guardia di finanza italiana e successivamente donate dai Governi Berlusconi e Gentiloni Silveri nell'ambito dei numerosi accordi bilaterali di cooperazione sottoscritti tra i due Paesi.

Presidenza del vice presidente TAVERNA (ore 18,45)

(Segue SOLINAS). In questa cornice si inserisce il provvedimento in trattazione che, nel solco della collaborazione bilaterale, si pone sul piano della concretezza dell'azione offrendo alle autorità libiche una flotta che va a quadruplicare l'attuale disponibilità di unità navali e, dunque, degli addetti al pattugliamento e al controllo delle acque territoriali, unitamente alla indispensabile attività addestrativa e di formazione del personale degli organi per la sicurezza costiera.

Queste misure concorrono, per altro verso, a dare effettività all'azione del Governo libico. Infatti, non appare realistica una soluzione complessiva dei molteplici problemi connessi all'attuale condizione del territorio libico senza un consolidamento del Governo di al-Sarraj che lo elevi a uno status compiuto, emancipato dalla percezione di ente fiduciario della comunità internazionale.

Mi dispiace che la collega Bonino sia assente ora dall'Aula. Noi sappiamo bene quale sia la fondazione della Libia, ma lei non può fingere di non sapere perché è così e chi ha destabilizzato il Paese. (Applausi dai Gruppi L-SP e M5S). Quel Paese è stato destabilizzato dalle scelte e dagli interessi di gruppi di potere internazionali coi quali voi avete consuetudine di rapporti, Se l'ex provincia ottomana del Fezzan è segnata dalla lotta tra le minoranze tuareg, i tebu e le tribù arabe come gli awlad suleiman, forse c'è una relazione con le politiche dell'amministrazione Obama, finalizzate a favorire la nascita di Governi tribali e islamisti. (Applausi dai Gruppi L-SP e M5S).

Oggi noi seguiamo la linea della legittimità internazionale dialogando con l'unico interlocutore riconosciuto. Lei, senatrice Bonino, si è detta legalitaria, ma temo che stia declinando questo concetto nel senso di legalizzare ciò che legale non è, cominciando a praticarlo anche prima che lo diventi. (Applausi dai Gruppi L-SP e M5S). I suoi canali legali di ingresso a chi sarebbero rivolti, a quanti e con quali requisiti? Già esistono forme legali per entrare nel Paese, ma qui stiamo parlando di immigrazione clandestina e quindi illegale. (Applausi dai Gruppi L-SP e M5S). Dal mio Gruppo può essere stata contestata per questo, ma mai è giunta da questi banchi un'offesa, mai una minaccia o un insulto: non è un modo che ci appartiene. (Applausi dai Gruppi L-SP e M5S).

Quale sarebbe l'alternativa? L'alternativa a non dialogare con al-Sarraj è il rischio esiziale che, sotto la spinta delle diverse forze insurrezionali ivi operanti, si giunga alla definitiva dissoluzione di uno Stato libico. Il Consiglio di sicurezza ha sempre espresso risoluzioni per l'unità della Libia e contro ogni ipotesi di secessione. Ma, se la situazione dovesse precipitare, non vi sarebbero grandi margini di recupero.

Sotto un ulteriore profilo, con questo provvedimento auspichiamo che il Governo riprenda complessivamente e con una più ampia prospettiva il ruolo di iniziativa politica e diplomatica che il Paese aveva smarrito negli anni, soprattutto riguardo alla Libia. Da troppo tempo, infatti, l'Italia ha rinunciato al proprio ruolo naturale di leader di riferimento per la regione, accettando supinamente che la Francia guadagnasse talmente terreno da porsi, a maggio di quest'anno, come unico e privilegiato mediatore tra le diverse fazioni in conflitto, nella chiara ricerca di aprire un nuovo mercato per gli interessi francesi, nuove commesse per le proprie aziende e per l'industria bellica d'Oltralpe. (Applausi dai Gruppi L-SP e M5S).

Per parte nostra, invece, dobbiamo tutelare la presenza - ad esempio - dell'ENI sulla sponda mediterranea dell'Africa, difendendo gli investimenti fatti negli anni per la ricerca di giacimenti di gas e petrolio, ai quali punta con forza la Total Elf. Ciò significa restituire senso e dignità al concetto di interesse nazionale, troppo spesso obnubilato dall'esigenza di assecondare scelte ideologiche globaliste e radical chic. (Applausi dai Gruppi L-SP e M5S).

Per tutte queste ragioni, confermando il voto favorevole del Gruppo, auspichiamo un'analoga espressione da tutto il Senato. (Applausi dai Gruppi L-SP e M5S. Congratulazioni).

AIMI (FI-BP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

AIMI (FI-BP). Signor Presidente, signori rappresentanti del Governi, colleghe e colleghi, noi del Gruppo Forza Italia andremmo in rotta di collisione con noi stessi se solo lontanamente pensassimo di votare contro il provvedimento in esame, perché la nostra politica, che negli anni è stata equilibrata, lungimirante, razionale, solidale, ferma e responsabile, ce lo impone.

Vorrei chiarire immediatamente un punto. Ho detto solidale perché siamo stati un grande Paese e nel nostro programma c'è anzitutto la difesa della vita di coloro che si lanciano in mare nella speranza di trovare non solamente approdi sicuri, ma anche un tipo di vita diverso. Difendere la vita significa effettuare operazioni di salvataggio. Tuttavia, siamo al tempo stesso fermi nel comprendere che la situazione reale dell'Italia - e noi dobbiamo confrontarci con il mondo reale - non è tale da consentire l'arrivo di chicchessia, di tutti coloro che avrebbero il desiderio di partire dall'Africa per venire in Italia.

Sappiamo che l'Africa ha 1.200 milioni di abitanti. Si tratta di un continente immenso. L'Austria ha chiuso i suoi confini e la Francia ha fatto la stessa cosa. I confini degli Stati non sono cessati; la politica internazionale non ha decretato la cessazione dei confini dell'Italia. Per questo motivo, riteniamo che il primo fronte di intervento per le operazioni sia umanitarie che di contrasto all'immigrazione clandestina debba essere proprio a ridosso delle coste libiche, nel Mediterraneo. Questo è il nostro intendimento. Ecco il motivo della cessione di dodici natanti di questa portata, alcuni dei quali - come ho già detto in discussione generale - hanno un'alta capacità tecnologica. Mi riferisco - ad esempio - all'utilizzo di radar che possono intercettare quelle imbarcazioni fin dalla loro partenza. Quindi, ben venga la preparazione delle marinerie libiche e, soprattutto, di quelle imbarcazioni, con l'auspicio che possano entrare in servizio in tempi rapidi. Credo che questo sia il regalo più bello che possiamo fare non solamente alla Libia, ma all'Italia e all'Europa e - mi permetto di dire - anche a quegli immigrati che sperano di arrivare, ma che non si rendono conto delle tragedie che hanno trasformato il Mediterraneo in un grande cimitero. Ci sono 30.000 morti che gridano vendetta. (Applausi dal Gruppo FI-BP). E ciò è avvenuto per scellerate politiche di accoglienza, perché si è raccontato che qui si poteva fare di tutto.

Porto un esempio. Ho qui un amico di una località della Sardegna, Porto Pozzo, dove 180 immigrati sono stati ospitati in hotel a quattro stelle. A me può andare benissimo che soggiornino in hotel a quattro stelle persone che magari sono fuggite da una guerra. Ma non possiamo accettare che vi soggiornino anche coloro che vengono qui per altre ragioni e che molto spesso finiscono per riempire le patrie galere. (Applausi dai Gruppi L-SP e FI-BP).

Riteniamo che l'operazione che abbiamo fatto sia molto semplice. Cediamo dodici motovedette e due imbarcazioni particolari, ma ciò deve far parte di un progetto organico molto più ampio. Deve esserci un vero e proprio piano Marshall per l'Africa. Dobbiamo investire in quelle terre con l'aiuto e l'intervento anche di altre nazioni. Dobbiamo sicuramente presidiare il confine sud della Libia. Dobbiamo cominciare a pensare anche noi - lo avevamo indicato nel nostro programma - a un pattugliamento dell'area Sud del Mediterraneo, con un blocco navale per disincentivare le partenze.

A questo punto mi chiedo, in effetti, dove è l'Organizzazione delle Nazioni Unite e che cosa ha fatto per l'Africa negli ultimi anni? Come mai ci siamo ridotti in queste condizioni? Realizziamo, laddove possibile, con investimenti, degli hotspot al confine Sud della Libia.

Prima il senatore Casini mi ha rimproverato di aver detto che è necessario avere un documento quando si entra in un Paese, così come avviene normalmente quando si va in America, negli Stati Uniti, in Russia, in Cina, in Inghilterra e in qualsiasi altro Paese. È chiaro che non lo posso chiedere a colui che fa la traversata. È necessario quindi aprire questi hotspot, rafforzare la nostra ambasciata in Libia, riuscire a normalizzare la realtà libica. Tutto questo credo sia dovuto all'Italia per rispetto soprattutto agli italiani. Vorremmo infatti sapere chi arriva da noi; vorremmo sapere quali precedenti penali hanno molti di coloro che arrivano in Italia. Sono troppi, infatti, i reati commessi.

Ecco perché, signor Presidente, riteniamo che questa operazione debba essere solo l'inizio di un grande progetto per l'Africa, un grande progetto di protezione anche per la nostra Nazione.

Mi limito a ricordare che è stato approvato e accolto anche dal Governo un ordine del giorno molto importante, che va nella direzione di aiutare gli imprenditori, le nostre imprese, le 100 imprese che ho citato anche in discussione generale. Speriamo che il Governo lo accolga definitivamente, anche stanziando i fondi per la restituzione di quasi 234 miliardi. Era un conflitto irrisolto e anche per questo debbo ringraziare per aver accolto l'ordine del giorno.

Voglio concludere ricordando un'ultima cosa; quando nel 2008 il Governo Berlusconi aveva realizzato, insieme alla Libia e a Gheddafi, il Trattato di Bengasi, aveva visto avanti. Quando il ministro Moavero Milanesi è andato in Libia qualche giorno fa, il suo omologo Ministro degli esteri gli ha chiesto di tirare fuori per cortesia dal cassetto quel Trattato. Io ho piacere che in quest'Aula si sia affrontato anche questo argomento, che si sia reso merito ed onore a coloro che hanno realizzato quel Trattato e, segnatamente, al presidente Berlusconi. (Applausi dal Gruppo FI-BP). Di questo dobbiamo essere grati: è stato davvero lungimirante in politica estera.

Per queste ragioni esprimeremo un voto favorevole sul provvedimento in esame. (Applausi dal Gruppo FI-BP. Congratulazioni).

LUCIDI (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCIDI (M5S). Signor Presidente, membri del Governo, onorevoli colleghi, è un onore per me fare la mia prima dichiarazione di voto in questa legislatura su un tema importante, che è di grande attualità in questi giorni e in questi mesi. Devo però notare che in discussione generale siamo rimasti su temi veramente generali; ho sentito infatti parlare di molte cose. In realtà il decreto-legge è molto importante, ma semplice e, nella sua perimetrazione politica, parla di qualcosa di veramente specifico, di dodici motovedette che noi stiamo fornendo, dopo una sistemazione opportuna per la messa in mare, a supporto della Guardia costiera libica. È questo il perimetro del provvedimento. In quest'Aula abbiamo invece ascoltato molte altre parole.

Vorrei fare invece una dichiarazione di voto nel merito del provvedimento, non come è stato fatto sia in discussione generale che in dichiarazione di voto. Scadremmo altrimenti in quello che a me piace definire contro populismo; voi ci accusate di essere dei populisti, ma probabilmente è peggio il contropopulismo, cioè dire sempre ed ostinatamente delle falsità nella speranza che diventino vere. Ho sentito citare una parola che forse è una sorta di speranza. Questa parola è continuità. Vorrei rassicurarvi che di continuità non c'è proprio niente. (Applausi dal Gruppo M5S). Non c'è proprio nessuna continuità; mettetevi l'anima in pace. Se c'è una continuità con qualcosa che era esistito nel passato, è con i principi costituzionali. Tra gli obiettivi del provvedimento troviamo infatti parole quali contrasto alla tratta degli esseri umani e salvataggio di vite umane. Questi sono principi costituzionali e qui, sì, c'è continuità. Non possiamo però con questo regalarvi una sorta di ancora di salvataggio, per restare in tema. (Applausi dal Gruppo M5S).

Ho ascoltato anche parole che sinceramente vorrei rigettare al mittente. La nostra collega, senatrice Bonino, ha parlato di colore della pelle, di pacchia, di rispetto e di insulti. Ma cara Presidente, in questo decreto-legge queste parole non ci sono. Non contiene insulti, non c'è scritto "pacchia", non c'è scritto "colore della pelle". Nel decreto-legge è scritta semplicemente una parola che è "motovedette" che noi stiamo fornendo alla Guardia costiera libica.

Ora, dico questo perché è inutile continuare a dire che è veramente difficile fornire questi oggetti a un Governo che non esiste, ad uno Stato che non esiste. Dobbiamo anche essere obiettivi, perché quando si tratta di rapporti commerciali, quando si parla di fare export in Paesi che sono completamente destabilizzati, guarda caso, l'interlocutore siete riusciti a trovarlo sempre. Allora probabilmente dovremmo fare uno sforzo e riuscire a trovarlo anche in questi ambiti.

Gli obiettivi di questo decreto-legge erano tre sostanzialmente: il controllo dei flussi migratori, un tentativo di stabilizzare la Libia e, ripeto, il contrasto al traffico di esseri umani. Anche su questo va chiarito un punto. In passato c'è stata raccontata una Libia che in realtà non esisteva. Quando il segretario generale della NATO Stoltenberg veniva qui in Senato a raccontarci la sua Libia, quella che lui aveva conosciuto scarponi a terra, la sua visione era completamente differente dalla Libia che ci raccontavano Gentiloni Silveri e Alfano. Dico questo perché Gentiloni Silveri e Alfano parlavano di stabilizzare e di creare, per esempio, una Tripoli stabile politicamente mentre contemporaneamente Stoltenberg ci parlava di una Tripoli in cui c'erano 87 fazioni in combattimento, cioè una dietro ogni angolo. Quindi, credo che nel corso della scorsa legislatura sia stato troppo piccolo lo sforzo di essere veramente realisti su un tema che è diventato davvero drammatico.

A questo proposito mi riallaccio alle parole del presidente Casini: il pericolo non è che questi temi possano degenerare in una prossima campagna elettorale. Questi temi hanno segnato la campagna elettorale passata, quella che voi avete perso. (Applausi dal Gruppo M5S). Quindi cerchiamo di avere anche una giusta dose di realismo.

Presidenza del vice presidente CALDEROLI (ore 19,03)

(Segue LUCIDI). Il nostro ministro Moavero Milanesi ha detto che alcuni di quei Trattati, che sono sostanzialmente congelati, vanno riaperti per un giusto dialogo con un Paese che è vicino a noi, che è sostanzialmente confinante perché è il primo Paese che troviamo al di sotto del nostro mare.

Ma c'è un altro punto importante che ci spinge a votare a favore di questo provvedimento. Nel corso della discussione e anche nei contenuti della relazione, sono emerse delle criticità. Proprio ad avvalorare il fatto che non c'è continuità con il passato, lo stesso Governo, nella persona del sottosegretario Molteni, che ringrazio per il suo lavoro, ha prontamente chiarito nelle sedute di Commissione, tutti quei punti che erano stati segnalati come criticità. Allora, io ho una brevissima esperienza parlamentare. Ho svolto già un mandato e sono orgogliosamente al mio secondo mandato e a me non era mai capitato di vedere un rappresentante del Governo che a domanda rispondesse. Il Governo del cambiamento l'ha fatto. (Applausi dai Gruppi M5S e L-SP).Questo è un ulteriore segnale di discontinuità con il passato ed è sicuramente una nota nuova, una nota unica. (Commenti della senatrice Bellanova). Allora, cara senatrice Bellanova, da dove viene il problema della Libia?

PRESIDENTE. Senatore Lucidi, io sono qua. Si rivolga a me.

LUCIDI (M5S). Uno dei problemi di quelle aree è che sono state per molti anni governate da entità anche dittatoriali. Addirittura molti anni fa c'era il faraone. Fortunatamente il faraone ora non c'è più. Ce n'è qualcuno ancora in giro e purtroppo ce lo teniamo. (Applausi dal Gruppo M5S. Commenti dal Gruppo PD).

MALPEZZI (PD). Ma cosa stai dicendo? Rivolgiti alla Presidenza!

BELLANOVA (PD). Ma cosa dici?

PRESIDENTE. Senatrice Bellanova, lasci intervenire il senatore Lucidi.

LUCIDI (M5S). Credo sia giusto che si divertano perché hanno pagato per stare qua. (Applausi dal Gruppo M5S. Proteste dal Gruppo PD).

PRESIDENTE. Senatore Lucidi, siamo in fase di dichiarazione di voto finale. Non facciamo polemiche.

LUCIDI (M5S). Ha ragione, Presidente, mi scuso, però è la verità.

MALPEZZI (PD). Sei un gran maleducato. Ricordatelo! Presidente, non può rivolgersi ad altri!

LUCIDI (M5S). Signor Presidente, tra qualche istante noi proveremo la soddisfazione e assaporeremo il gusto di approvare un decreto-legge senza la fiducia, a testimonianza del fatto che si può fare e che si poteva fare anche prima. (Applausi dal Gruppo M5S).

MALPEZZI (PD). Non dirlo troppo presto!

LUCIDI (M5S). Prima di questo momento, però, dichiaro il voto favorevole del Gruppo del MoVimento 5 Stelle. (Applausi dal Gruppo M5S. Congratulazioni. Commenti della senatrice Malpezzi).

PRESIDENTE. Senatrice Malpezzi, lei però non ha il diritto di replica su ogni intervento che viene fatto.

Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo del disegno di legge, composto del solo articolo 1, nel testo emendato, con il seguente titolo: «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 10 luglio 2018, n. 84, recante disposizioni urgenti per la cessione di unità navali italiane a supporto della Guardia costiera del Ministero della difesa e degli organi per la sicurezza costiera del Ministero dell'interno libici».

(Segue la votazione).

Il Senato approva. (v. Allegato B). (Applausi dal Gruppo M5S).