Legislatura 18ª - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 303 del 04/03/2021

RESOCONTO STENOGRAFICO

Presidenza del vice presidente TAVERNA

PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 10).

Si dia lettura del processo verbale.

LAFORGIA, segretario, dà lettura del processo verbale della seduta del giorno precedente.

PRESIDENTE. Non essendovi osservazioni, il processo verbale è approvato.

Comunicazioni della Presidenza

PRESIDENTE. L'elenco dei senatori in congedo e assenti per incarico ricevuto dal Senato, nonché ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.

Sull'ordine dei lavori

PRESIDENTE. Informo l'Assemblea che all'inizio della seduta il Presidente del Gruppo MoVimento 5 Stelle ha fatto pervenire, ai sensi dell'articolo 113, comma 2, del Regolamento, la richiesta di votazione con procedimento elettronico per tutte le votazioni da effettuare nel corso della seduta. La richiesta è accolta ai sensi dell'articolo 113, comma 2, del Regolamento.

Discussione dalla sede redigente e approvazione del disegno di legge:

(1658) Dichiarazione di monumento nazionale dell'ex campo di prigionia di Servigliano (Relazione orale)(ore 10,03)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione dalla sede redigente del disegno di legge n. 1658.

Il relatore, senatore Rampi, ha chiesto l'autorizzazione a svolgere la relazione orale. Non facendosi osservazioni la richiesta si intende accolta.

Pertanto, ha facoltà di parlare il relatore.

RAMPI, relatore. Signor Presidente, signori colleghi, quello di questa mattina è un provvedimento molto semplice nella sua forma parlamentare e, su iniziativa del senatore Verducci, ha trovato la condivisione di moltissimi colleghi della Commissione già all'inizio di questa legislatura, in maniera trasversale. A seguito di un lavoro breve, ma significativo, in Commissione, esso ha ottenuto un voto favorevole da parte di tutti i Gruppi.

Il disegno di legge in esame segnala un punto che io credo sia importante per la comunità di Servigliano, così colpita dalle vicende di questo campo, e che in maniera iconica attraversa tutto il Paese. Potremmo dire che nel campo di prigionia di Servigliano è passato tutto il Novecento, è passata tutta la storia di questo Paese. Il campo nasce come campo profughi della Prima guerra mondiale, ospitando profughi e prigionieri di guerra provenienti dall'Austria; esso mette in luce quella vicenda e quel conflitto tremendo, che fu uno dei conflitti fondativi della nostra comunità.

Tanti uomini che venivano da paesi diversi, da un'Italia che era fortemente disunita, che non sapevano neanche di appartenere ad un'unica comunità, tutti insieme si trovarono sui campi di battaglia e quella forma di unione nella sofferenza fu una delle basi della nascita di un sentimento nazionale.

Questo ha attraversato Servigliano, ospitando invece quei prigionieri che in quel momento erano il nemico iconico, che incarnavano l'odio e che oggi sono nostri partner, nostri concittadini all'interno dell'Unione europea. Così la storia attraversa le vite: i nostri nonni e i nostri bisnonni si combattevano e noi oggi siamo concittadini di un'unica Unione.

Quel campo, però, diventa anche il luogo drammatico della raccolta degli ebrei, a seguito delle leggi razziali, quindi attraversa il tema dell'Olocausto e si ribalta, cambia natura e affronta questo straordinario, unico, drammatico momento del Novecento europeo e mondiale. Attraversa, quindi, quella vicenda di sofferenza che fu, appunto, l'Olocausto e che oggi tutti noi europei ricordiamo nel Giorno della memoria. Quei prigionieri passarono da lì.

Proprio in quel in quel terribile momento della Seconda guerra mondiale, Servigliano diventa nuovamente il campo di prigionia di quello che allora era il nuovo nemico, i soldati inglesi, i soldati americani, quelli che di lì a poco sarebbero diventati i nostri alleati.

Infine, proprio perché Servigliano è davvero il luogo del Novecento, la casa delle tragedie del Novecento, e per questo è così importante riconoscerlo come monumento nazionale, come luogo di elaborazione di una memoria, nell'ultima fase diventa il campo profughi che accoglie tutti quei nostri connazionali che da ciò che era rimasto delle tragedie del Novecento dovevano rientrare nel Paese; mi riferisco quindi ai profughi istriani - quei cittadini e quelle cittadine la cui tragedia commemoriamo nella Giornata del ricordo, che furono coinvolti dalle complesse vicende del confine orientale e furono costretti a rientrare in un'Italia che in realtà non conoscevano - e ai profughi dell'Etiopia e della Libia. Alcuni colleghi e alcune colleghe hanno voluto sottolineare l'importanza di trattare, in particolare, questo tema dei profughi dell'Etiopia, che si conosce molto poco.

Da molti anni a Servigliano una quantità di associazioni, di realtà, di giovani lavorano, operano e si impegnano per far vivere questa memoria, per far conoscere questa storia, per capire questa complessità, per andare alle ragioni della violenza che ci ha attraversato nel Novecento, perché la memoria ha questa funzione: capire le ragioni dell'odio e della violenza e costruire su quella comprensione, su quelle ragioni gli elementi per uscirne e per non ripetere quegli errori. Oggi quel campo di prigionia, che diventa un luogo di costruzione della pace, credo possa e debba essere riconosciuto questa mattina dal Senato della Repubblica come monumento nazionale che commemori le vite e le tragedie che lo hanno attraversato e che sia fondamento della pace. Non dovrà essere un semplice monumento di mattoni, ma un oggetto di storia e un monumento alla memoria di quelle persone che lo hanno attraversato.

Per questo credo che ci siano tutte le ragioni per approvare questo importante provvedimento e per trasmetterlo alla Camera dei deputati, perché si possa concludere questa vicenda in maniera utile e dare questo riconoscimento. Chiedo quindi di approvare gli articoli, di accogliere il lavoro della Commissione e di procedere a un voto celere e favorevole sull'intero provvedimento. (Applausi).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

BORGONZONI, sottosegretario di Stato per la cultura. Signor Presidente, ringrazio il relatore.

È stato fatto in Commissione un lungo lavoro, condiviso da tutti i Gruppi. Per questo ringrazio i Capigruppo che, a nome dei loro partiti e dei loro movimenti, hanno sottoscritto il disegno di legge in esame.

Spero che questo provvedimento sia l'inizio di un percorso che coinvolga anche tutta la parte della digitalizzazione, che avrà grande spazio nello stesso recovery plan, in una serie di provvedimenti che, insieme alle Commissioni, il Governo porterà avanti. Penso infatti che la memoria, le memorie, per sopravvivere e per avere un posto rilevante e centrale debbano passare anche attraverso il lavoro della digitalizzazione. Lo annuncio, con l'auspicio che ci sia veramente un lavoro in questo senso in Commissione. So che su altri temi si è già partiti, riguardo ai cammini e a quella che comunque è la storia della nostra cultura e della nostra memoria. (Applausi).

PRESIDENTE. In attesa che decorra il termine di venti minuti dal preavviso previsto dall'articolo 119, comma 1, del Regolamento, sospendo la seduta.

(La seduta, sospesa alle ore 10,11, è ripresa alle ore 10,21).

Passiamo alla votazione degli articoli, nel testo formulato dalla Commissione.

Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'articolo 1.

(Segue la votazione).

Il Senato approva. (v. Allegato B).

Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'articolo 2.

(Segue la votazione).

Il Senato approva. (v. Allegato B).

Passiamo alla votazione finale.

LANIECE (Aut (SVP-PATT, UV)). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LANIECE (Aut (SVP-PATT, UV)). Signor Presidente, senatori e senatrici, il dibattito che si è sviluppato questa mattina nell'Assemblea del Senato e che proseguirà con le dichiarazioni di voto sulla dichiarazione di monumento nazionale dell'ex campo di prigionia di Servigliano rappresenta senza dubbio un momento importante e solenne dell'attività del Parlamento in questa legislatura. La storia dell'umanità, in particolare del ventesimo secolo, al quale tutti noi apparteniamo, è disseminata di momenti terribili di odio e di intolleranza e, fortunatamente, anche di grandi momenti di pace e di fratellanza. Questi momenti negativi dimostrano quanto sia imperfetta la natura dell'uomo.

Se è vero che uno dei compiti più alti della politica, in democrazia, è quello di far progredire l'umanità verso una società migliore e più giusta, allora bisogna far sì che le future generazioni e i nostri giovani conoscano a fondo il nostro passato, le cose belle e nobili, ma anche gli errori, soprattutto i più drammatici. Solo così si creeranno le condizioni per costruire un futuro veramente migliore. Quindi, elevare a tempio del ricordo l'ex campo di prigionia di Servigliano, luogo di sofferenza, ingiustizie e violenze, che ha raccolto le ansie e le paure di migliaia di persone inermi, prigionieri di guerra, esuli ed ebrei, vittime di quella follia criminale collettiva, che ha caratterizzato la prima metà del Novecento, rappresenta uno dei modi migliori per fare memoria, per regalare ai nostri giovani, purtroppo sempre più permeabili a pericolosi rigurgiti di totalitarismi e violenze, una formidabile possibilità di pellegrinaggio verso un passato di sofferenze, per potersi costruire veramente quegli anticorpi contro l'intolleranza e la violenza, necessari per un futuro di giustizia. Quindi, mi complimento ancora con chi ha voluto portare alla nostra attenzione questa importante iniziativa, in primis con il senatore Verducci, e ringrazio anche il relatore, senatore Rampi.

Il Gruppo Per le Autonomie rappresenta in Senato forze politiche autonomiste e federaliste, che sono in diretta contrapposizione ai nazionalismi e ai centralismi e che affondano le loro radici nella resistenza e nella lotta ai fascismi, che per noi hanno significato umiliazioni, violenze e lotta contro le diversità e le minoranze. Per il nostro Gruppo questo piccolo disegno di legge è in realtà una grande pietra, verso la costruzione di un mondo di pace, di tolleranza e di libertà. (Applausi).

ROJC (Europeisti-MAIE-CD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROJC (Europeisti-MAIE-CD). Signor Presidente, onorevoli colleghi, ringrazio chi ha voluto richiamarci, con il disegno di legge in esame, al dovere di mantenere viva non solo la memoria, ma anche l'attenzione su ciò che è stato il "secolo breve", di cui la storia del campo di prigionia di Servigliano raccoglie le tappe più significative. È una via crucis, le cui stazioni non hanno variato il luogo, ma hanno segnato i destini delle persone.

La soglia che determina questo luogo-non luogo è stata ripetutamente varcata, marcando destini già comunque segnati dalla storia e dall'orrore. Uno spazio raccolto e pervaso dal dolore e dalla paura, dalla consapevolezza del potente che vuole annientare il più debole, ferendo per sempre quello che era il segno di umanità. Quale diritto abbiamo noi di obliare?

«Di tutto questo non c'è più niente», scrive Giovanni Raboni, e aggiunge: «A me sembra che il male non è mai nelle cose». Non è nelle cose, certo, ma i luoghi della memoria non sono più luoghi o cose raboniane che ci riportano indietro. I luoghi della memoria sono testimoni muti di ciò che è stato e che le nostre generazioni, quelle del Dopoguerra, che non hanno prodotto una significativa memoria collettiva, hanno cercato di rimuovere.

Il campo di prigionia di Servigliano raccoglie la memoria delle ombre del "secolo breve" che si impone oggi, ancora e sempre, come necessità per respirare, direbbe Edith Bruck; necessità di cui sono testimonianza la risiera di San Sabba Trieste, ma anche luoghi non ancora riconosciuti come parte inscindibile della nostra memoria: i lager del duce, i campi per i militari, quelli per gli ebrei, per i profughi di ieri e di oggi, quelli per gli oppositori ai regimi totalitari, quelli per chi veniva considerato un diverso. Non illudiamoci che sono cose lontane o che non possano più accadere; non illudiamoci che l'uomo abbia imparato.

Quello che è successo a Servigliano è reale; fa parte di un passato prossimo a noi, a questo nostro modo di intendere l'esistenza nel segno di un edonismo privo di valori che la pandemia ha fatto emergere con prepotenza. Siamo scivolati verso un sistema che vuole far dimenticare ai più le pagine nere della nostra storia, sostituendole con l'illusione che oggi sia il tempo del futuro; ma è il passato a determinare il futuro, non c'è futuro senza una presa di coscienza oggettiva, di cui le istituzioni devono sottenderne l'importanza, e senza la coscienza soggettiva che deriva dalla conoscenza.

È determinante che quest'Assemblea definisca questa discussione dialogando con i "Mani di tutti quelli che non sono tornati" come dice l'autore sloveno Boris Pahor, che ha conosciuto il Novecento in tutte le sue sfaccettature più buie, dal fascismo alla deportazione, fino alla denuncia forte e indelebile, nel 1975, degli eccidi del Dopoguerra, che gli sono costati il divieto d'ingresso in Jugoslavia per due volte e per lunghi periodi.

Illuminante ciò che scrive Primo Levi sul lager che - dice - «è fuori di noi, ma è intorno a noi, è nell'aria. La peste si è spenta, ma l'infezione serpeggia: sarebbe sciocco negarlo. […] Il disconoscimento della solidarietà umana, l'indifferenza ottusa o cinica per il dolore altrui, l'abdicazione dell'intelletto e del senso morale davanti al principio d'autorità, e principalmente, alla radice di tutto, una marea di viltà, una viltà abissale, in maschera di virtù guerriera, di amor patrio e di fedeltà a un'idea». Questo il suo insegnamento.

La delega alla testimonianza non può dunque essere una mera questione dei testimoni, perché allora la memoria è condannata a morire quando verranno meno coloro che possono ancora parlare in prima persona. È lo Stato, invece, a dover avere la responsabilità della memoria che è di tutti; perciò, il gruppo europeista Europeisti-MAIE-Centro Democratico sostiene fortemente la proposta di istituire il Museo nazionale del campo di prigionia di Servigliano che segnò il destino di donne e di uomini dalla Grande guerra e fino agli anni Cinquanta, facendo nostre le parole di Eli Wiesel: «Mai dimenticherò tutto ciò, anche se fossi condannato a vivere quanto Dio stesso. Mai». (Applausi).

GARAVINI (IV-PSI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GARAVINI (IV-PSI). Signor Presidente, onorevoli colleghi, «[…] il vitto era davvero cosa penosa: si trattava di fagioli e piselli marci che conservavano nei sacchi. Qualche volta, tenuto conto della scarsità di cibo, autorizzavano qualcuno di noi ad andare per le case ad elemosinare un pezzo di pane, sempre accompagnato dalle guardie. […] Era penoso chiedere da mangiare ma a volte qualche cosa si riusciva a ricevere».

È la testimonianza di Carla Viterbo Bassani, una dei 61 ebrei detenuti nel campo di prigionia di Servigliano. Carla ha potuto tramandare la sua testimonianza perché fu una delle poche che riuscì a scappare il 3 maggio del 1944, quando un aereo alleato bombardò il campo creando una breccia nel muro di cinta. Altri suoi compagni di prigionia non ebbero la stessa fortuna: 31 ebrei furono di nuovo catturati nelle campagne e deportati la sera stessa in un altro campo di concentramento, quello di Fossoli, per poi venire deportati ad Auschwitz e morire.

Il territorio di Servigliano è stato teatro degli eventi che hanno dilaniato il Novecento europeo. Con la deportazione, i campi di prigionia e il concentramento diventa un luogo ad alta valenza simbolica a livello nazionale ed europeo, che merita a tutti gli effetti di diventare monumento nazionale.

Il campo poteva contare fino a 4.000 prigionieri. Nel 1919 venne chiuso e rimesso in funzione nel 1940 per raccogliere i prigionieri della Seconda guerra mondiale. Nell'ottobre del 1943 il campo venne destinato a punto di raccolta per gli ebrei, sia stranieri che italiani, provenienti dalla zona di Ascoli Piceno, Frosinone e Teramo. Tali persone vivevano in condizioni disumane: stipati in luoghi stretti e angusti, senza cibo. A migliaia passarono dalla struttura. Si stima che furono circa 50.000 coloro che transitarono da qui, fino alla sua chiusura definitiva avvenuta nel 1955.

Nonostante la sua storia drammatica, la comunità di Servigliano è riuscita a rinascere. Negli ultimi sessant'anni sono stati tanti i progetti che l'hanno resa città della memoria, a partire dal Parco della pace (palcoscenico di numerosi eventi, come concerti, mirati a dare il senso del valore della riconquistata pace e della democrazia) passando poi dalla Casa della memoria (che ospita una mostra permanente della storia del campo e sorge simbolicamente all'interno della vecchia stazione ferroviaria del paese, esattamente quella che vide arrivare e, purtroppo, partire numerosi convogli).

Il centro negli anni ha raccolto un ricco archivio storico a disposizione di studiosi e della società civile, volto a ricordare le sofferenze di coloro che transitarono da lì, riuscendo a trasformare questo luogo da simbolo di orrore a simbolo di rinascita.

È esattamente questo l'approccio con cui oggi in quest'Aula ci apprestiamo a votare il provvedimento che, grazie al promotore, senatore Verducci, sin dall'inizio ha visto la firma bipartisan di tutte le forze politiche. Il provvedimento è stato votato all'unanimità in Commissione e anche oggi ci apprestiamo a votarlo compattamente, indipendentemente dagli schieramenti politici.

Credo sia un bel segnale e il modo migliore per lanciare un messaggio all'esterno di denuncia rispetto ai rischi di effetti nefasti derivanti dall'uso della violenza. È un bel modo anche per esprimere profonda gratitudine a una delle firmatarie della legge, la senatrice Segre. La ringrazio per l'impegno da lei profuso in molti anni per trasmettere ai giovani e agli studenti la consapevolezza di quanto orrore possa nascondersi dietro la banalizzazione di ogni forma di aggressione, sia essa verbale o psicologica, compresa la ghettizzazione del diverso, delle minoranze, dei più deboli. A lei va un grazie sentito.

Proprio la testimonianza della senatrice Segre rende ancora più evidente quanto servano luoghi di riflessione e di memoria come il monumento nazionale che ci apprestiamo a realizzare con questo disegno di legge nell'ex campo di prigionia di Servigliano. In questi giorni abbiamo assistito a ulteriori brutali episodi di aggressione contro la senatrice Segre, ancora una volta vittima di una forma di odio che corre via web, che è nuova nella modalità, ma arcaica nella violenza. Gli insulti sui social, ancora più vili perché nascosti dietro l'anonimato della tastiera, possono innescare la miccia di una violenza incontrollata.

Accanto alle indagini della procura deve correre parallela allora la condanna di tutte le forze politiche; condanna che noi oggi con il nostro voto all'unanimità confermiamo; una condanna verso chi ancora oggi, sempre più spesso con le modalità più diverse, si sente autorizzato ad offendere e minacciare, vuoi sui social, vuoi con attacchi verbali, vuoi inviando minacce per posta, come è avvenuto - ad esempio - nelle ore scorse nei confronti di un autorevole senatore del mio Gruppo, il nostro presidente Renzi.

Forme diverse che traggono spunto dallo stesso clima velenoso sono purtroppo il risultato di un odio persecutorio alimentato troppo spesso da avversari o addirittura alleati politici. E questo è grave perché, quando questa spirale di violenza parte, non è detto che poi si possa essere nelle condizioni di controllarla. Ecco perché diciamo che il monumento nazionale che oggi andiamo a istituire, oltre che essere dedicato a tutte le persone rinchiuse a Servigliano e, purtroppo, vi trovarono la morte, va dedicato anche alle nuove generazioni, in modo che serva ad onorare, sì, il ricordo di chi vi rimase vittima in un sistema di odio e scontro etnico, ma così che possa diventare anche un monumento al futuro affinché ciò che è stato non si ripeta neanche nei tempi più bui.

Il monumento di Servigliano vuole essere non solo un tributo al sacrificio del passato, ma anche un monito per l'oggi e il domani. Con questo monumento, prima ancora che commemorare ciò che è stato, tuteliamo le nuove generazioni affinché possano ereditare quella memoria inestimabile che ci porta a dire un forte no ad ogni tipo di violenza.

Il nostro pensiero e il nostro ricordo commosso vanno alle donne e agli uomini che non uscirono da quel campo, ma anche alle nuove generazioni nel tentativo di fare capire quanto possano essere distruttive tutte quelle forme di violenza di ieri e di oggi che traggono ispirazione da un clima di odio. (Applausi).

IANNONE (FdI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

IANNONE (FdI). Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori del Governo, Fratelli d'Italia esprimerà un voto favorevole alla dichiarazione di monumento nazionale dell'ex campo di prigionia di Servigliano, un luogo che è stato passaggio della storia, degli anni più pesanti del Novecento.

Il Parco della pace - come è denominato oggi - ha un valore testimoniale ed esprime un collegamento identitario e civico di eccezionale significato. Per questo motivo la dichiarazione di monumento nazionale non solo assume un valore simbolico, ma è anche memoria viva di un portato drammatico. Dal 1915 al 1955 - come ha ricordato il relatore - il campo di prigionia è stato purtroppo teatro degli orrori delle guerre e le diverse esperienze - tutte dolorose per noi che non conosciamo drammi di serie A e di serie B - vanno rispettate e riconosciute nella costruzione di quella cultura della memoria vera, senza volute dimenticanze che purtroppo molte volte riscontriamo anche nei libri di storia.

Credo che questo atto del Parlamento e l'impegno comune di tutte le forze politiche rappresentino un segnale importantissimo nella volontà di pacificare finalmente la nostra comunità nazionale.

Si inizia nel 1915, quando il campo di prigionia è stato creato erigendo un muro di tre metri e con 32 baracche nelle quali venivano stipati i prigionieri di guerra; si passa attraverso l'esperienza della Seconda guerra mondiale, con gli ebrei deportati ad Auschwitz da Servigliano; e, poi, abbiamo la pagina, a guerra finita, dal 1947 al 1955, dei profughi giuliano-dalmati in fuga dalla tragedia delle Foibe, del comunista maresciallo Tito, carne e sangue della nostra comunità nazionale (Applausi); per arrivare finalmente da anni a ricordare questo come un dramma non di serie B: anche queste storie - come è stato detto - passano da Servigliano.

Rimasto abbandonato nel 1970, con il Comune che ha cercato di recuperarlo convertendolo in spazi sportivi, va dato merito all'associazione La Casa della Memoria di essersi impegnata dal 2001 in un lavoro di ricerca della memoria storica del campo.

Vogliamo ringraziare il primo firmatario del provvedimento e tutti coloro che si sono aggiunti, compreso il mio Capogruppo, senatore Ciriani, nonché tutti i componenti della 7ª Commissione permanente del Senato, di cui mi onoro di far parte, per lo sforzo di unità politica che è stato compiuto. Desidero ringraziare anche il presidente Nencini e tutti i colleghi, nonché i nostri funzionari per il lavoro prezioso e insostituibile che svolgono. Credo dia una dimostrazione - e non per la prima volta - la nostra Commissione di impegno nella costruzione di un sentimento di pacificazione nazionale da consegnare alle nuove generazioni.

La memoria vera - quella di tutti, quella non partigiana - è un patrimonio per la nostra comunità al fine di evitare che, avendo poca memoria, sia sempre d'accordo con l'ultimo che parla. (Applausi).

*VERDUCCI (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

VERDUCCI (PD). Signor Presidente, onorevoli colleghi, la storia del campo di Servigliano fa parte a pieno titolo di una storia più grande: la storia drammatica della prima metà del Novecento, quando convulsioni e tensioni sociali, anziché rafforzare le nascenti democrazie, diedero invece fuoco ai nazionalismi, alle guerre, ai totalitarismi, alla perdita della ragione e alla negazione dell'umanità e quegli ettari di terra del campo vennero chiusi e recintati da un muro, diventando crocevia di eventi che hanno segnato l'esistenza di milioni di persone nell'Europa dilaniata.

Il campo di Servigliano è questo luogo: un simbolo e uno dei punti che formano una mappa della memoria che lega innumerevoli città in tutta Europa e che tutta andrebbe tracciata, conservata e vissuta in modo che gli occhi dei più giovani - in particolare le studentesse e gli studenti - incrocino, attraverso foto e documenti, gli occhi, le vite e lo sguardo di chi in quei campi fu rinchiuso, potendo riscattarne il diritto e la vita che vennero loro usurpati, attraverso il dovere della memoria.

La memoria, per vivere, ha bisogno di luoghi, perché si alimenta di fisicità, esperienze sensoriali ed emozioni che diventano indelebili e ci consegnano la coscienza che il mondo ci è stato dato per trasmetterlo alle generazioni future, come ha scritto Adriano Prosperi.

A questo serve il provvedimento in esame e per questo - penso - ha un significato che va al di là del suo oggetto, perché una società che perde la memoria rimane cieca e senza identità. È questo il rischio che corriamo in questo tempo, che è dominato dal flusso incessante dei social network, che riduce tutto a un eterno presente.

Sappiamo, invece, che questa è una distorsione, un inganno, perché se si perde la consapevolezza del passato, si perde anche il senso del futuro.

Ecco perché oggi, quando c'è chi vuole confondere i torti e le ragioni e cancellare la storia per aizzare odio e discriminazioni, strumentalizzando le ragioni dei risentimenti (anche quelli giusti), delle frustrazioni, della mancanza di lavoro, della mancanza di prospettiva, questa legge ha un valore ancora maggiore. Essa può stimolare la nascita di altre leggi analoghe e si lega per me idealmente alla battaglia culturale e politica per rafforzare lo studio della storia nei nostri programmi scolastici, evitando che diventi residuale, quando invece è una bussola vitale per orientarsi in questo tempo così confuso e così complesso. Avere consapevolezza storica dei fatti che avvengono permette a ogni studente, a ogni adolescente, di avere consapevolezza di se stesso, del proprio ruolo e della propria importanza nella società; di avere la possibilità di cambiare le cose, un senso critico verso ciò che ci circonda, quel desiderio di giustizia e di emancipazione che è leva fondamentale della democrazia. È questa consapevolezza, questa coscienza politica, questa etica civile che tiene insieme indissolubilmente storia, memoria, democrazia: è questo il significato di questa legge.

Signor Presidente, è un fatto politico rilevante che, sin dall'inizio, da quando abbiamo depositato questo testo - era più di un anno fa, in un'altra fase, quando c'era un conflitto parlamentare molto più aspro di adesso - questa proposta sia stata sottoscritta dai Presidenti di tutti i Gruppi presenti in quest'Aula, senza distinzione tra forze di maggioranza e di minoranza. E voglio ringraziare tutti i colleghi, così come voglio ringraziare i colleghi e il Presidente della Commissione cultura, e poi il relatore Rampi. Troppe poche volte le leggi di iniziativa parlamentare riescono ad arrivare in Aula; oggi questo succede e per questo voglio ringraziare la Conferenza dei Capigruppo.

Per la materia che questo testo affronta, questa legge ha nella firma della senatrice Liliana Segre un valore inestimabile, e a Liliana Segre, vittima ancora di odiatori seriali che sono motivo di vergogna per il nostro Paese, noi mandiamo un abbraccio pieno di riconoscenza (Applausi), che è pari al sentimento di gratitudine che ovunque Liliana Segre suscita, in particolare tra i più giovani che la adorano. Il 23 aprile di due anni fa, in prossimità del 25 aprile, la senatrice Segre ha visitato il campo di Servigliano ed è stato per me un orgoglio e un onore poterla accompagnare.

Quello di Servigliano fu campo di prigionia durante la Prima e la Seconda guerra mondiale. Dopo la fine della guerra, per molti anni (fino al 1955) fu centro di raccolta per profughi giuliano-dalmati. Pagine drammatiche, e ancora di più fu quella dopo l'8 settembre 1943, durante l'occupazione nazista, quando fu campo di internamento di ebrei, sia italiani sia stranieri, vittime dell'abominio della Shoa e delle leggi razziali del regime fascista. Nel maggio 1944 gli ebrei di Servigliano vennero deportati ad Auschwitz: la gran parte di loro morì non appena arrivata nel campo; gli altri nelle settimane successive, per gli stenti e i maltrattamenti. Solo una ragazza riuscì a salvarsi: Susanna Hauser. Il destino volle che, prima ancora che nel campo di sterminio, Susanna Hauser e Liliana Segre condividessero parte della prigionia. A Servigliano, prima di varcare il cancello del campo, Liliana Segre ha chiesto ai bambini e alle insegnanti che le erano intorno, circondandola di affetto, di raccogliere ognuno un sasso e di lasciarlo davanti al campo in segno della propria presenza e della propria testimonianza, come a dire: «Io sono qui. Noi siamo qui». Un Pegno, una promessa di non essere mai indifferenti verso le ingiustizie e le sofferenze, perché indifferenza e menefreghismo possono uccidere: possono uccidere gli altri, uccidere noi stessi e possono uccidere un'intera società.

Come non furono indifferenti le famiglie contadine delle campagne intorno a Servigliano e della Valle del Tenna, che diedero vita a una resistenza non armata, nascondendo nelle proprie case, a rischio della propria vita, i prigionieri in fuga dal campo durante le ultime settimane del fascismo e dell'occupazione nazista. Una solidarietà che fu anche immedesimazione, da parte di contadini anch'essi vessati per anni, perché dentro il dolore collettivo c'è il dolore di ognuno di noi, come ha scritto Lia Levi. Ed è questa una pagina di storia di cui andare fieri.

Negli anni Settanta e Ottanta, il Comune trasformò il campo, quel luogo che era stato di dolore e di dramma, in un "parco della pace", facendone un luogo di partecipazione e di aggregazione molto frequentato dai ragazzi e dalle famiglie. Nel 2001, alcuni insegnanti della scuola media di Servigliano costituirono l'associazione "Casa della Memoria". Iniziò allora un lavoro, attivissimo ancora oggi, di ricerca, di documentazione e di divulgazione, con tantissimi eventi, in particolare dedicati al Giorno della memoria, al Giorno del ricordo, alla resistenza civile, alla letteratura di frontiera, e con la partecipazione di moltissimi giovani. Sono nate borse di studio e iniziative congiunte con le scuole del territorio.

Oggi, con questa legge, noi diamo il riconoscimento di monumento nazionale a tutto questo. È un nuovo impulso a tutto questo. Così facendo, manteniamo fede agli obblighi verso la nostra Repubblica, agli obblighi verso i nostri Padri costituenti, agli obblighi verso le generazioni che, dopo di noi, siederanno in quest'Aula.

Questo perché la democrazia va conquistata ogni giorno e la memoria è l'antidoto più potente ai mali che la corrodono, all'intolleranza, alle discriminazioni, alle diseguaglianze. Questo perché - signor Presidente - la memoria rende liberi. (Applausi).

DE PETRIS (Misto-LeU). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DE PETRIS (Misto-LeU). Signor Presidente, immagino che oggi l'Aula approverà - come ovviamente tutti auspichiamo - questo disegno di legge all'unanimità, così come tutti i Capigruppo, senza distinzione, lo sottoscrissero. Così facendo, l'Aula compie oggi un atto non banale, perché la dichiarazione del campo di Servigliano come monumento nazionale non è da considerarsi pari alla dichiarazione di altri monumenti nazionali, che sono tali semplicemente per il valore storico.

Oggi l'Aula compie un atto assolutamente fondamentale, perché il campo di Servigliano - come ha appena detto bene il senatore Verducci - è, simbolicamente, quasi l'esempio di tutti gli orrori del Novecento, dalla Prima guerra mondiale. Vorrei poi ricordare che, alla fine della Prima guerra mondiale, all'inizio del 1919, il campo di Servigliano fu destinato all'accoglienza dei soldati che dovevano essere rieducati. Questo per far comprendere come quel campo, sin dall'inizio, ha avuto un significato particolare, per arrivare, attraversando la Seconda guerra mondiale, e diventare il luogo dove furono rinchiusi decine e decine di ebrei, lì internati per poi essere deportati ad Auschwitz, e quindi fino all'orrore degli orrori del Novecento, fino - appunto - alla Shoah.

Dichiarare Servigliano monumento nazionale, dunque, significa, non solo ricordare oggi in quest'Aula, ma far sì che esso possa essere il monumento alla memoria.

La visita della nostra senatrice Liliana Segre in quel luogo e la sua firma al provvedimento ne danno testimonianza. La sua opera in tutti questi anni è stata e continua ad essere non soltanto testimoniare, ma anche continuare una grande battaglia contro tutte le discriminazioni, contro tutti gli odi.

La memoria è ciò che potrà salvarci e potrà rompere il muro dell'indifferenza; quella stessa indifferenza che ci fu, certamente, di fronte agli orrori e che, in parte, fu anche responsabile di ciò che accadde; l'indifferenza di chi non voleva vedere, di chi magari sapeva e non voleva dire, non voleva opporsi.

Un monumento nazionale non è soltanto una lezione di storia, ma rappresenta anche una militanza della storia, una militanza della memoria; significa combattere giorno dopo giorno contro gli odi che non sono mai sopiti. I colleghi hanno ricordato gli ultimi avvenimenti, gli insulti, l'odio che continua ad affliggere la nostra epoca. Pensiamo anche agli ultimi episodi contro la senatrice Segre. Queste continue manifestazioni di odio dimostrano evidentemente che non basta studiare la storia, non basta soltanto approfondire nelle scuole, ma bisogna anche continuare una campagna di educazione alla memoria costante, che è il nostro esercizio continuo per salvare la nostra democrazia. Purtroppo, ancora oggi, noi ci troviamo di fronte a vecchi e nuovi odi.

Credo che la dichiarazione del campo di prigionia di Servigliano come monumento nazionale - ovviamente auspico possa essere approvata rapidamente anche dalla Camera dei deputati - sarebbe un bel modo per festeggiare il 25 aprile. Il voto di oggi è un impegno per ognuno di noi, e non solo a coltivare la memoria, ma anche a diventare militanti della memoria.

Tutto il lavoro fatto a Servigliano - si ricordi il Parco della pace e La Casa della Memoria - non è soltanto archivio storico, ma è anche campagna di educazione continua a coltivare la memoria, che è l'unico modo - credo - per legarci alle vecchie generazioni e per non ripetere certi orrori. È l'unico elemento di salvaguardia che abbiamo noi e le democrazie.

Abbiamo visto, nella storia del Novecento, anche sul finire del secolo, come si tenda a ripetere gli errori e sappiamo anche che, se i popoli non coltivano la memoria, non hanno alcun antidoto, alcun vaccino contro il ripetersi degli errori.

Per questo il voto odierno sarà importante. È - torno a ripetere - un voto che impegna ognuno di noi (non soltanto i Gruppi, non soltanto le forze politiche, ma anche tutti i senatori e, quando andrà alla Camera, i deputati), a coltivare e ad essere militanti della memoria, che è strettamente connessa alla nostra Costituzione, che dobbiamo onorare, per far sì che le nuove generazioni possano davvero crescere in un mondo diverso, in un mondo in cui orrori del genere saranno finalmente banditi e non si potranno mai ripetere.

Per questo motivo annunciamo non solo con convinzione, ma anche con passione, il voto favorevole dei senatori di LeU e del Gruppo Misto. (Applausi).

MALAN (FIBP-UDC). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MALAN (FIBP-UDC). Signor Presidente, il disegno di legge in esame decide la qualificazione di monumento nazionale per il campo di Servigliano ed è una questione estremamente appropriata. Non per nulla ha raccolto la firma di tutti i Capigruppo e ovviamente anche della senatrice Bernini, Presidente del nostro Gruppo, e della senatrice a vita Liliana Segre.

È seriamente appropriato non soltanto perché c'è un collegamento importante e profondo con la questione dello sterminio degli ebrei - probabilmente il più grande orrore dello scorso secolo, il male assoluto, come è stato più volte e giustamente definito - ma anche perché tocca varie tragedie dello scorso secolo, fin dall'inizio, quando viene destinato a campo di prigionia per i prigionieri che l'Italia avrebbe catturato durante la Prima guerra mondiale. Anche questa è stata una tragedia, con decine di milioni di morti: "inutile strage" la definì il Pontefice di quell'epoca. Vennero prigionieri austroungarici, turchi e serbi; tra gli austroungarici c'erano anche dei futuri italiani, cioè persone nate in territori poi diventati italiani e che si sentivano in molti casi italiani (poi loro e i loro discendenti sono diventati italiani). Dopo c'è stato l'arrivo dei redenti, cioè di coloro che, pur non essendo stati prigionieri, provenivano dall'esercito austroungarico e sono stati naturalizzati italiani, alcuni con molto entusiasmo e piacere, altri probabilmente con meno entusiasmo; la pressione che c'è stata in quei periodi si è rispecchiata anche nel campo di Servigliano.

Dopo il periodo tra le due guerre, in cui l'uso fu meno importante, ridivenne un campo di prigionia per coloro che all'epoca erano i nemici dell'Italia, soprattutto i greci, per via di quella guerra che non fu particolarmente di successo per l'Italia (comunque qualche prigioniero greco fu fatto). Poi ci furono i prigionieri britannici e americani e anche qualche francese, che furono liberati o, meglio, riuscirono a fuggire in massa quando, pochi giorni dopo l'8 settembre (parrebbe il 20 settembre), capirono che stavano per arrivare le truppe tedesche. Essi trovarono molto spesso l'accoglienza della popolazione locale, tant'è vero che, tra le lapidi a ricordo dei fatti storici collegati a quel campo, ce n'è una di riconoscenza da parte di alcuni prigionieri alleati (britannici e americani) nei confronti della popolazione locale, per l'accoglienza che trovarono presso tante famiglie. Nel frattempo erano arrivati i tedeschi e la situazione era molto difficile; in ogni caso erano privi di sostentamento e non avevano cibo, ed era quella un'epoca in cui certamente il cibo non abbondava neppure per la popolazione locale, che però si prodigò ad aiutarli.

Con l'occupazione tedesca inizia il rastrellamento dei pochi ebrei di quell'area. Sembra che nel Piceno ci fossero circa 110 ebrei; di questi solo 17 riusciranno a sfuggire alla cattura e a non finire in questo o in quel campo di concentramento. La maggior parte di essi finì a Servigliano e da lì, a parte alcuni che riuscirono a fuggire grazie alle incursioni dei partigiani, diverse decine furono mandati ad Auschwitz.

Dieci furono uccisi il giorno stesso del loro arrivo - nell'ambito dell'orrenda ed infame selezione di coloro che non potevano essere usati come forza di lavoro venivano soppressi subito bambini, anziani e persone malate e gli altri morirono successivamente a causa delle condizioni terribili del campo. Una sola donna - come è stato già ricordato - Susanna Hauser, riuscì a sopravvivere.

Ma non finisce qui, perché dopo l'invio ad Auschwitz non c'erano più ebrei in quel campo e, quando quell'area venne in possesso delle forze alleate e anche dell'esercito di liberazione italiano - non dimentichiamolo - in quel campo furono addestrati i soldati dell'esercito polacco. Anche questa è una pagina straordinaria della storia italiana. L'Italia fu liberata, certamente, dai soldati britannici, americani e di altri Paesi (c'era anche la brigata ebraica, ad esempio), ma anche da alcuni soldati polacchi, soldati che venivano da un Paese oppresso, invaso, martoriato dai tedeschi, che sapevano che nel loro Paese era in corso l'invasione da parte dei soldati sovietici, determinati ad annichilire la loro Nazione, per cui, non potendo combattere direttamente per la libertà del loro Paese, combatterono per la nostra libertà e lì alcuni vennero addestrati.

Vennero anche alcuni profughi - certe fonti dicono croati, altre sloveni, ma indubbiamente provenivano da quella che poi divenne la Jugoslavia, che ora non esiste più come tale - verosimilmente profughi di etnia slovena e croata che erano stati sfollati a causa della guerra e che probabilmente erano di una fazione avversa rispetto ai titini che occupavano quelle terre.

L'altra grande pagina della nostra storia fu l'arrivo dei profughi giuliano-dalmati e istriani, che nel campo furono accolti, ma non dobbiamo e non possiamo dimenticare quello che avvenne nel passaggio di alcuni di essi. Alcuni forse stavano arrivando proprio a Servigliano ma, essendo il posto abbastanza piccolo, non sono stati tanti. Non possiamo però dimenticare che il Partito Comunista dell'epoca (la guerra era finita ormai da un paio d'anni) organizzò un orribile boicottaggio contro quei profughi che arrivavano per essere ospitati in altre parti d'Italia: a Bologna ci fu un assalto al treno contro quelle persone stremate, chiuse nei vagoni come prigionieri, e fu addirittura versato sui binari il latte destinato ai bambini che stavano soffrendo di disidratazione.

Arrivò quindi finalmente la chiusura di questo campo, che ora è stato denominato Parco della pace. Io direi Parco della pace e della memoria, per ricordare le tante tragedie del secolo scorso, che hanno avuto non una ma varie matrici ed evoluzioni. La speranza è che la memoria di quello che è stato eviti il ripetersi non solo di tragedie del genere, ma anche di ciò che le determina, e cioè l'odio per altre etnie e popolazioni, che non è assolutamente collegabile all'orgoglio per la propria Nazione. L'orgoglio per la propria Nazione non è assolutamente da collegare al disprezzo e all'odio per le altre. Le guerre che hanno funestato il nostro continente - il mondo in realtà, ma in particolare il nostro Paese - nello scorso secolo non vanno dimenticate. Le scuole, in particolare, che andranno in visita in questo che d'ora in poi sarà monumento nazionale, potranno avere sul posto l'immedesimazione anche visiva, non solo attraverso lo studio, nelle tragedie che hanno funestato il nostro passato ed è dovere di ciascuno fare tutto il possibile perché non si ripetano, neanche in forma minore, in futuro. (Applausi).

SAPONARA (L-SP-PSd'Az). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SAPONARA (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, Servigliano è un piccolo Comune della Provincia marchigiana di Fermo che all'inizio del Primo conflitto mondiale, nel 1915, fu scelto per una serie di caratteristiche strategiche come luogo per ospitare un campo di prigionia.

Tre ettari di terreno a Ovest del nucleo centrale del paese furono adibiti all'edificazione di trentadue baracche in legno, ognuna delle quali avrebbe dovuto ospitare 125 prigionieri, 4.000 in tutto. L'intero perimetro dell'area fu delimitato da un muro alto tre metri, sovrastato da filo spinato: un'immagine fortemente e tragicamente evocativa, che non può fare a meno di suscitare sentimenti di ripugnanza.

Quel campo seguì le sorti delle vicende storiche della nostra penisola e, se inizialmente vide prigionieri i soldati austro-ungarici, esso fu in seguito adibito a diverse funzioni: da campo di rieducazione per i soldati italiani redenti nel 1919 a deposito militare; da campo di prigionia per militari alleati a campo di internamento per gli ebrei tra il 1943 e il 1944. Dopo la fine del Secondo conflitto mondiale, fu adibito a campo di addestramento per militari polacchi, poi a campo profughi per slavi e, ancora, a centro di raccolta per profughi giuliano-dalmati.

Di questo campo, che dal 1955 iniziò a svuotarsi, oggi restano le mura e due delle trentadue baracche realizzate inizialmente. Con successivi interventi di riqualificazione l'area ospita oggi impianti sportivi ad uso della piccola cittadina marchigiana, che ha visto così nel tempo la trasformazione dell'area da campo di prigionia a Parco della pace.

Il cambio di destinazione e l'attuale denominazione dell'area, tuttavia, non possono far dimenticare le brutture che in essa, suo malgrado, sono avvenute nel corso della storia del secolo scorso. È quindi per futura memoria, per un dovere morale e civile, che siamo obbligati a ricordare, affinché non si ripetano le tragedie provocate dalle guerre; provocate dai regimi totalitari di qualsiasi colore politico; provocate dalle deportazioni, con la conseguente negazione dei diritti fondamentali dell'uomo.

Da questa volontà è nato il disegno di legge in esame, condiviso da tutte le forze politiche presenti in quest'Aula, di fare assurgere il campo di prigionia di Servigliano a monumento nazionale.

Quell'area, adibita ora a scopi ludici e ricreativi - del cui utilizzo passato sono state lasciate in modo emblematico due baracche, rispettivamente all'inizio e a conclusione del percorso che porta ai diversi campi sportivi e alla palestra - chiamata ora Parco della pace, avrà da oggi il titolo di monumento nazionale, una sorta di riscatto anche per la piccola comunità di Servigliano, custode di un'importante memoria storica da trasmettere alle future generazioni.

Il Gruppo Lega, cofirmatario del disegno di legge in esame, rinnova peraltro l'invito, proposto con un ordine del giorno accolto in Commissione, ad assumere iniziative idonee a mettere in luce anche la presenza e le sofferenze dei profughi eritrei ed etiopi, oltre a quelle summenzionate prima.

A conclusione del mio intervento, voglio cogliere l'occasione per esprimere alla senatrice Segre da parte mia e di tutto il Gruppo Lega solidarietà per gli incresciosi insulti di cui è stata vittima alcuni giorni fa. Quanto è accaduto è un'ulteriore conferma che l'approvazione del disegno di legge, che tra poco voteremo, si inserisce in quel contesto di azioni che la classe politica ha l'obbligo di portare avanti affinché si affermi sempre più una cultura di rispetto reciproco e non di discriminazione.

Solo la memoria e la testimonianza possono impedire lo sviluppo di questi aberranti comportamenti e il monumento nazionale dell'ex campo di prigionia di Servigliano sarà utile proprio a questo. Il Gruppo Lega convintamente voterà a favore. (Applausi).

DE LUCIA (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DE LUCIA (M5S). Signor Presidente, colleghe e colleghi, vorrei riuscire oggi ad esprimere, nel modo migliore possibile, la motivazione più opportuna del perché siamo qui a dichiarare monumento nazionale il campo di Servigliano.

Questo campo di prigionia fu collocato in una zona delle Marche dove c'era un piccolo paesino che, nei primi anni del Novecento, non aveva più di 2.700 abitanti. Così nel 1915, con l'entrata in guerra dell'Italia, furono costruite 32 baracche, ognuna delle quali doveva contenere 125 prigionieri, com'è stato già detto da chi mi ha preceduto. Ovviamente ciò ha modificato completamente la storia di quella piccola comunità e tutte le vicende che poi si sono susseguite intorno alla costruzione del campo di prigionia.

Dobbiamo ricordare che vi si avvicendarono prima prigionieri austriaci, poi ebrei, greci, maltesi, inglesi e statunitensi e infine i profughi italiani provenienti dall'Istria, dalla Libia e dall'Etiopia. Tre ettari di terreno che hanno sconvolto la storia di quel piccolo centro, scelto soprattutto per la sua posizione ritenuta all'epoca strategica, trovandosi fuori dalla zona di guerra e da importanti nodi stradali, ma comunque ben collegato da un'importante rete ferroviaria.

Dal 1955 la struttura rimase in condizioni di abbandono, poi nel 1970 un'amministrazione illuminata di Servigliano iniziò a sviluppare un progetto di recupero del luogo: le baracche furono smantellate e al loro posto vennero realizzati una serie di impianti sportivi; rimase una parte delle mura perimetrali a ricordare la sofferenza di molte generazioni che vi avevano vissuto. Così il campo si riempì finalmente di vita, di giovani, e fu definito «Parco della Pace»; nel 2001 poi nacque l'associazione La casa della memoria, che è stata in grado di dare avvio a un attento lavoro di ricerca, documentazione e divulgazione della memoria di ciò che era accaduto in quel campo, del quale si era quasi persa la memoria nel corso degli anni. In realtà, questa storia la conoscevano soprattutto gli abitanti delle Marche, del piccolo circondario in questione, ma in Italia questo particolare sito, nel quale purtroppo si erano avvicendate tutte queste tragedie, non era così conosciuto.

Anche attraverso la designazione che stiamo definendo oggi in Aula mi piacerebbe dare un segnale forte, trasmettere il vero senso della memoria e del non dimenticare, nonché il valore della testimonianza con un atto concreto e tangibile. Proprio per questo, tengo a rimarcare l'importanza di dichiarare monumento nazionale l'ex campo di prigionia di Servigliano. Tale proposta ha ottenuto dalla 7a Commissione del Senato l'approvazione all'unanimità - lo ribadisco, dopo che lo hanno fatto anche i miei colleghi, ma credo che sia determinante sottolinearlo - rendendo reale un progetto della senatrice Liliana Segre che ha vissuto in prima persona, come tutti sapete, gli orrori dell'olocausto e che ha visitato personalmente il campo di Servigliano nell'aprile del 2019.

Il riconoscimento di monumento nazionale ha un enorme significato civile e morale. Ebbene, se è vero, com'è vero, che i monumenti nazionali devono corrispondere a una specificità unica e sono siti o ambiti che lo Stato italiano ritiene abbiano caratteristiche particolari, tali da vincolarli e porli come punti simbolici di riferimento alla comunità nazionale, allora qui ci troviamo dinanzi a un monumento che ha tutte le caratteristiche per essere dichiarato nazionale. (Applausi).

Peraltro - e concludo - in questo caso specifico mi fa piacere sottolineare che la parola monumento deriva dal latino monumentum, ovvero "ricordo", esattamente quello che, con il voto favorevole del MoVimento 5 Stelle e in comunione con tutti i rappresentanti politici della 7a Commissione del Senato, vogliamo ottenere, cioè il ricordo di una tragedia, che ci deve indurre, come cittadini del mondo, a non riviverla. (Applausi).

PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo del disegno di legge, nel suo complesso.

(Segue la votazione).

Il Senato approva. (v. Allegato B). (Applausi).

Sospendo la seduta fino alle ore 15.

(La seduta è sospesa alle ore 11,22).

Presidenza del vice presidente LA RUSSA

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, ai sensi dell'articolo 151-bis del Regolamento (ore 15)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata (cosiddetto question time), ai sensi dell'articolo 151-bis del Regolamento, alle quali risponderanno il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e il Ministro della cultura.

Invito gli oratori ad un rigoroso rispetto dei tempi, considerata la diretta televisiva in corso.

Il senatore Cucca ha facoltà di illustrare l'interrogazione 3-02315 sul piano di contrasto al batterio xylella fastidiosa e sul sostegno ai territori colpiti, per tre minuti.

CUCCA (IV-PSI). Signor Presidente, signor Ministro, colleghi, premetto che da anni l'emergenza xylella opprime il settore agricolo e in particolare olivicolo del nostro Paese, con riguardo in special modo ai territori maggiormente vessati da questa piaga, ossia il Salento - come è noto - e la Puglia meridionale. Il batterio patogeno xylella fastidiosa, infatti, viene trasmesso da particolari insetti che si nutrono di linfa xilematica e la cui funzione è quella di trasportare l'acqua dalle radici alle foglie. Esso colpisce molte varietà di piante causando gravi malattie che provocano l'intasamento dei vasi xilematici, determinando in poco tempo dapprima il progressivo essiccamento delle foglie e successivamente la morte dell'intera pianta.

Secondo i dati elaborati dall'Autorità europea per la sicurezza alimentare, (European food safety authority, EFSA), l'agenzia europea istituita nel 2002, con sede a Parma, che fornisce consulenza scientifica di comunicazione per quanto attiene i rischi associati alla filiera degli alimenti e mangimi, attualmente ben 563 specie vegetali appartenenti complessivamente a 82 famiglie botaniche sono vulnerabili all'attacco del batterio. Data la pericolosità delle malattie derivanti dal batterio, nonché la sua progressiva diffusione in varie parti del mondo, le autorità pubbliche nazionali e sovranazionali hanno da tempo intrapreso percorsi di contrasto, prevenzione e controllo del batterio, nonché di supporto alle aziende colpite al fine di regimentare la problematica e attivarsi allo scopo del suo superamento.

Tra i più recenti interventi a livello europeo possiamo ricordare la pubblicazione da parte dell'EFSA, nel giugno scorso, delle linee guida per la rilevazione della xylella fastidiosa. Tale documento fornisce una guida a uso degli incaricati di indagini fitosanitarie, alla rilevazione e al controllo dei fitopatogeni per definire piani di sorveglianza basati su principi statistici e sui possibili fattori di rischio.

Nel contesto italiano, invece, da anni il Ministero ha portato avanti e continua a proseguire, anche in collaborazione con gli enti territoriali interessati, programmi di contrasto alla diffusione del batterio. Possiamo fare riferimento, a mero titolo di esempio, ai «contratti di distretto xylella» e al programma «Rigenerazione sostenibile».

Considerato che sebbene negli ultimi mesi siamo state varate importanti e preziose misure atte a conseguire la rigenerazione agricola dei territori colpiti dalla xylella, si chiede di sapere se il Ministero sia a conoscenza della situazione drammatica in cui versano gli agricoltori vessati dalla diffusione della xylella fastidiosa, quali siano gli sviluppi e quali ulteriori iniziative verranno adottate al fine di implementare quanto prima il contrasto alla xylella fastidiosa nei territori colpiti.

PRESIDENTE. Il ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, senatore Patuanelli, ha facoltà di rispondere all'interrogazione testé illustrata, per tre minuti.

PATUANELLI, ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. Signor Presidente, ringrazio gli onorevoli interroganti.

La diffusione di xylella fastidiosa nelle Province di Lecce, Brindisi e Taranto ha determinato ingenti danni e compromesso la capacità produttiva del settore agricolo e agroalimentare delle aree colpite dal batterio della Regione Puglia. Il contrasto alla diffusione del batterio è tra i primi punti che intendo affrontare prioritariamente.

È in atto un monitoraggio annuale sull'intero territorio nazionale e all'interno delle aree focolaio e sono in corso le azioni di eradicazione delle piante infette e di contenimento dell'insetto vettore responsabile della diffusione del batterio.

Informo che per le attività di indagine e l'eradicazione l'Italia ottiene annualmente il cofinanziamento dell'Unione europea per le spese sostenute dalla Regione, ai sensi del Regolamento europeo n. 652 del 2014 indennizzando i proprietari delle piante che hanno provveduto agli abbattimenti obbligatori. Con il piano di intervento per il rilancio del settore agricolo e agroalimentare nei territori colpiti da xylella fastidiosa è stata definita la programmazione per contrastare l'espansione del batterio e sono state individuate le azioni necessarie per il ripristino e il rilancio della coltura olivicola e dell'economia agricola del territorio interessato che può contare sulle risorse attivate dalla legge sulle emergenze agricole pari a 150 milioni di euro per ciascuno degli esercizi 2020-2021.

Con il decreto interministeriale n. 2484 del 6 marzo 2020 il piano straordinario per la rigenerazione olivicola della Puglia ha definito una strategia di intervento basata su differenti azioni: il ripristino delle potenzialità produttive dei territori colpiti attraverso la rimozione delle piante disseccate; il reimpianto di oliveti resistenti o la riconversione verso altre colture nella zona infetta; il rilancio dell'economia rurale delle aree danneggiate; il potenziamento della rete dei laboratori pubblici e della ricerca, il monitoraggio del territorio per l'individuazione precoce di nuovi casi positivi.

Per quanto riguarda le risorse stanziate, sono già stati trasferiti alla Regione Puglia 120 milioni di euro per favorire la ripresa economica e produttiva delle imprese agricole danneggiate da xylella fastidiosa nonché ulteriori 20 milioni di euro all'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) per supportare i frantoi oleari che hanno ridotto o, in molti casi, bloccato l'attività di molitura.

Infine, faccio presente che per rilanciare economicamente le zone colpite dal batterio sono già stati autorizzati i primi due progetti di contratti di filiera, cosiddetti contratti di filiera xylella, per investimenti di oltre 97 milioni di euro nel triennio. Si sta altresì predisponendo la procedura di autorizzazione del terzo progetto allo scopo di risanare gli impianti colpiti, ma anche e soprattutto di migliorare le strutture e provvedere, se del caso, alla riconversione nel rispetto delle produzioni, della tradizione del territorio e delle inclinazioni produttive.

Ribadisco che continuerò a prestare la massima attenzione alla problematica segnalata, anche valutando l'opportunità di individuare ulteriori risorse o misure per contrastare questa grave piaga che ha colpito un importante comparto produttivo quale quello olivicolo. (Applausi).

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire in replica il senatore Cucca, per due minuti.

CUCCA (IV-PSI). Signor Presidente, mi dichiaro soddisfatto della risposta data dal Ministro. Dalle sue parole credo sia stata già svolta un'azione abbastanza importante in questo settore da chi l'ha preceduto nella carica che ricopre. Non ho dubbi, conoscendola, sul fatto che lei sarà un attento osservatore di questo problema che lei sa bene, come ha evidenziato, pone oggettivi problemi nello sviluppo dell'agricoltura, ha subito danni ingentissimi. Vi è soprattutto la necessità di un rilancio di quelle terre e del settore dell'agricoltura, colpito da questo batterio così fastidioso.

L'auspicio è pertanto che si continui nel percorso intrapreso, ne prendiamo atto e siamo certi che continuerà nella sua azione e nell'impegno che ha assunto stasera.

PRESIDENTE. Il senatore De Carlo ha facoltà di illustrare l'interrogazione 3-02310 sulla proposta di classificazione europea dei prodotti alimentari con il sistema Nutri-score, per tre minuti.

DE CARLO (FdI). Signor Presidente, rivolgo anzitutto un augurio di buon lavoro al ministro Patuanelli; un lavoro difficile, che non sarà certo semplice in un settore, quello dell'agricoltura, costantemente sotto attacco da parte dei nostri competitor europei. Il Nutri-score, un sistema di etichettatura a semaforo, la cui introduzione è fortemente sostenuta dalle grandi lobby e multinazionali, è proprio uno di questi classici esempi.

È un modello che mette a repentaglio la tenuta del nostro sistema agroalimentare, che sappiamo valere 552 miliardi e il 15 per cento del PIL, ma - peggio ancora - mette a repentaglio l'esistenza stessa dei nostri prodotti tradizionali. È ormai infatti sotto gli occhi di tutti il tentativo subdolo, perché mascherato da tutela della salute, di penalizzare i prodotti tradizionali per favorire magari quei cibi costruiti in laboratorio proprio da quelle multinazionali che oggi ne perorano l'introduzione. Un paradosso per cui l'olio d'oliva, ad esempio, un classico ingrediente della nostra dieta mediterranea, magari è classificato con il semaforo rosso, mentre la Red Bull di sintesi è magari classificata con il semaforo verde.

L'introduzione del Nutri-score, che è stata abilmente orchestrata per condizionare l'opinione pubblica, si dimostra di fatto un vero accerchiamento mediatico ai nostri prodotti tradizionali che nel mondo, come in Europa, sono universalmente riconosciuti per qualità e salubrità.

Noi di Fratelli d'Italia ne avevamo denunciato già lo scorso anno la pericolosità, costringendo il Parlamento a prendere una posizione chiara e decisa contro la sua adozione. Da allora però, signor Ministro, la situazione non è certo migliorata, anzi la strategia Farm to fork ha chiarito che entro il 2022 va armonizzata un'etichettatura obbligatoria. Certo, qualche litigio all'interno del vecchio Governo ha di fatto lasciato il campo alle sei Nazioni che si sono organizzate in un comitato proprio per perorare l'obbligatorietà di questa etichetta e, quindi, riuscire a condizionare le imprese.

Le chiedo pertanto quale sia la strategia che lei intende mettere in campo per la difesa dei prodotti nazionali e soprattutto dell'interesse nazionale. (Applausi).

PRESIDENTE. Il ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, senatore Patuanelli, ha facoltà di rispondere all'interrogazione testé illustrata, per tre minuti.

PATUANELLI, ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. Signor Presidente, ringrazio anzitutto gli onorevoli interroganti e rispondo subito in merito alle iniziative.

Noi ci stiamo organizzando insieme ad alcuni Paesi europei che, come l'Italia, si battono contro l'introduzione di un'assurda classificazione a semaforo di etichettatura nutrizionale fronte-pacco. Questo sarà il modo migliore per cercare di far fronte comune contro chi è probabilmente guidato dalle società, da lei citate, che hanno interesse a ottenere un vantaggio nella grande distribuzione per prodotti che sono non del nostro territorio, ma di altra tipologia.

Credo sia sotto gli occhi di tutti che questo è inaccettabile per il nostro Paese e le nostre produzioni, anche perché abbiamo molte produzioni locali, come i prodotti DOP e IGP, che per legge devono garantire la presenza di elementi nutrizionali di un certo tipo e non possono certo adeguarsi a quanto richiesto per ottenere l'assurdo semaforo verde.

Alcune cose sono già state fatte. Quando ero Ministro dello sviluppo economico sono stato tra i firmatari della proposta dell'etichetta a batteria, che è molto più sensata ed evidenzia in modo chiaro i valori nutrizionali degli alimenti e quelli relativi alle necessità quotidiane.

Posso portare un mio contributo personale. Ho perso 25 chili cambiando alimentazione e avvicinandomi a quella che l'UNESCO ha dichiarato patrimonio immateriale dell'umanità: la dieta mediterranea. (Applausi). È evidente che l'olio d'oliva contiene dei grassi e probabilmente, per citare le sue parole, anche più di quelli della Red Bull, ma io non berrò mai un litro di olio d'oliva in un giorno. Occorre quindi prendere in considerazione la quantità dei cibi che assumiamo, perché una dieta equilibrata è ciò che conta e il problema è soprattutto culturale.

Dobbiamo far capire alla Commissione europea che ciò che conta è trasmettere i valori culturali della sana alimentazione, il che significa che il bicchiere di vino a fine pasto fa bene, mentre una bottiglia e mezza no. È questo il tema centrale e non può essere un'etichetta sulla bottiglia a dire se un alimento fa male oppure no in assoluto, perché ciò dipende sempre dal modo in cui una persona si nutre.

Siamo profondamente convinti di ciò e tutti assieme dobbiamo fare una forte battaglia in Europa - non solo noi come Paese, ma insieme ad altri Paesi che stiamo coinvolgendo in questo percorso - perché se è vero, come è vero, che i cittadini e i consumatori hanno il diritto di conoscere i valori nutrizionali del cibo di cui si nutrono, è altrettanto vero che tale diritto va garantito nel modo corretto e non per arrecare un ingiusto vantaggio ai produttori multinazionali. (Applausi).

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire in replica il senatore De Carlo, per due minuti.

DE CARLO (FdI). Signor Ministro, anzitutto la ringrazio e la invito a passarmi la dieta che ha seguito, così da poter godere anche io dei suoi benefici.

Non posso che condividere le sue parole, che però - me lo consenta - stridono un po' con le dichiarazioni fatte ieri dal ministro Cingolani (tecnico di quel Dicastero che anche lei ha accolto con grande entusiasmo), le quali sono in parte viziate da ideologia. Da un tecnico noi ci saremmo aspettati delle dichiarazioni diverse rispetto all'alimentazione, alla carne e agli allevamenti italiani, che costituiscono un esempio classico di agricoltura green.

Le dico questo, signor Ministro, perché per difendere i prodotti e i produttori italiani non solo bisogna avere un'opinione comune, ma occorre anche che questa si traduca poi in fatti concreti. Siamo sotto attacco ed è evidente che abbiamo bisogno di un Governo che difenda l'interesse nazionale dei nostri produttori, dei nostri prodotti, delle nostre genti e delle tante tradizioni che tutto il mondo oggi ci invidia.

Non possiamo pretendere di andare in un'Europa di squali con un atteggiamento timido o - peggio ancora - di sudditanza ai Diktat delle lobby. Su questo non ci tranquillizzano nemmeno le dichiarazioni di Draghi il giorno in cui è venuto in Senato e ha detto di cedere maggiore sovranità nazionale a beneficio dell'Europa.

Noi vogliamo che il suo Governo e lei in primis tuteliate il prodotto italiano e ogni volta che lo farete troverà sempre questa parte dell'Assemblea al vostro fianco, in misura anche maggiore di qualche membro della vostra stessa maggioranza. (Applausi).

PRESIDENTE. Il senatore Stefano ha facoltà di illustrare l'interrogazione 3-02311 sull'etichettatura europea del vino come prodotto nocivo per la salute, per tre minuti.

STEFANO (PD). Signor Presidente, innanzitutto rivolgo il mio augurio di buon lavoro al ministro Patuanelli, destinatario di una delega importante per il sistema Italia. Credo che l'azione di Governo vada rilanciata con forza e lei, signor Ministro, ha strumenti e approccio per fare bene, quindi, anche a nome del Gruppo Partito Democratico, le auguro buon lavoro.

L'Italia è leader mondiale nella produzione di vino, con oltre 11 miliardi di euro di fatturato, e con una copertura occupazionale che supera 1,3 milioni di persone. Il cosiddetto piano d'azione per migliorare la salute dei cittadini europei, approvato dalla Commissione europea, prevede, tra le altre cose, la cancellazione dei fondi per la promozione del vino - un fatto molto grave - e l'introduzione entro il 2023 di una serie di avvertenze per la salute direttamente sul packaging. Nel documento della Commissione si parte da un assunto erroneo, dal mio punto di vista, ovvero che qualsiasi consumo di alcol o di bevanda con contenuti alcolici sia dannoso, senza tener conto della quantità consumata o delle condizioni in cui si realizza quel consumo.

Il vice presidente della Commissione europea Schinas, dopo le polemiche che questo argomento ha legittimamente suscitato, ha precisato che l'Unione europea non ha alcuna intenzione di proibire il vino né di etichettarlo come una sostanza tossica, riconoscendo quindi come improprio il paragone tra l'eccessivo consumo di superalcolici, tipico dei Paesi nordici, e il consumo moderato di prodotti di qualità e a più bassa gradazione (come il vino). Considerato che, nonostante le parole di Schinas, il piano di azione è attualmente in vigore e quindi prevede queste etichette, al di là dei valori di contenuto alcolometrico, i produttori italiani non possono rimanere nell'incertezza, in un momento così delicato.

Signor Ministro, le chiedo pertanto quali iniziative intenda intraprendere e se non sia il caso di sentire tutti gli attori italiani per un'azione comune. Le voglio riportare un'esperienza personale. Nel 2007 l'Unione europea stava deliberando un regolamento beffardo per il vino rosato italiano: volevano riconoscere la semplice miscela di vino bianco e vino rosso come vino rosato. Con i produttori pugliesi andai a Bruxelles, intrapresi una lotta e vincemmo quella battaglia. Le battaglie, quando sono giuste, si possono vincere anche in Europa. (Applausi).

PRESIDENTE. Il ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, senatore Patuanelli, ha facoltà di rispondere all'interrogazione testé illustrata, per tre minuti.

PATUANELLI, ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. Signor Presidente, ringrazio l'onorevole interrogante per la domanda. È evidente che l'interlocuzione con tutte le associazioni di categoria, ma anche con il Ministero della salute - lo dirò anche dopo - e con altri colleghi, sia fondamentale per ottenere un risultato in Europa, che è necessario. In parte, come ho detto anche prima, la dieta mediterranea, patrimonio immateriale dell'umanità, è formata da un'alimentazione variegata: la pasta, il pane, la carne, l'olio d'oliva, accompagnati da un bicchiere di vino. Questo ha consentito ai cittadini italiani di avere il primato europeo di longevità. Evidentemente, il bicchiere di vino finale non fa così male come qualcuno vuole farci credere, e la tutela dei nostri prodotti agroalimentari, soprattutto di quelli più rappresentativi del made in Italy, come i vini, è una delle priorità che il Governo intende perseguire, non solo a vantaggio dei comparti produttivi, ma anche dei consumatori che, attraverso un'etichettatura corretta e trasparente, possono operare una scelta consapevole dei loro acquisti.

In tale direzione, pur apprezzando il pregevole impegno della Commissione europea per tutelare la salute dei cittadini, non possiamo permettere che, per una decisione contenuta nel piano d'azione per migliorare la salute dei cittadini europei, si possano criminalizzare ingiustamente singoli prodotti. La salute va infatti salvaguardata promuovendo una dieta equilibrata e varia, senza biasimare singoli alimenti.

Rappresento che, nell'ambito della riforma della Politica agricola comune, la Commissione europea aveva già avanzato una proposta di modifica dell'articolo 119 del regolamento UE n. 1308 del 2013, con l'intento di rendere obbligatorie, nell'etichettatura dei prodotti vitivinicoli, le dichiarazioni nutrizionali e l'elenco degli ingredienti utilizzati. Nel corso del lungo e complesso negoziato, che ha portato al compromesso raggiunto in Consiglio e in Parlamento nello scorso mese di ottobre, tale impostazione è stata profondamente rivista, tenuto conto che la dichiarazione nutrizionale può essere limitata all'indicazione del valore energetico, mentre la lista degli ingredienti può essere fornita in modalità elettronica.

Si tratta ora di vigilare, sia nelle fasi che dovranno condurre all'approvazione della riforma della PAC, sia nella fase di modifica del regolamento riguardante le informazioni sugli alimenti ai consumatori, affinché tale impostazione non venga stravolta in nome di un approccio indiscriminato di lotta all'alcol, con cui il vino non ha nulla a che fare. Sarà mia premura seguire il tema con la massima attenzione, anche con il necessario supporto e coordinamento con il Ministero della salute, che ha la competenza primaria sulla materia.

Ci stiamo già adoperando e ci adopereremo in tutte le sedi europee per contrastare l'attuazione delle decisioni sul vino contenute nel predetto piano, non solo alla luce della letteratura scientifica, ma anche nella ferma convinzione che l'eventuale dannosità di tale prodotto non è mai determinata dal prodotto stesso, ma dall'abuso di quel prodotto. (Applausi).

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire in replica il senatore Taricco, per due minuti.

TARICCO (PD). Signor Presidente, anch'io approfitto per augurare buon lavoro al Ministro. Ne abbiamo veramente bisogno. Tutta l'agricoltura e tutto il territorio nazionale ne hanno veramente bisogno.

Ovviamente, accolgo con molto favore le sue parole. Così come diceva prima il senatore Stefano, noi abbiamo accolto con favore le parole del commissario Schinas. Detto questo, abbiamo però la necessità di ribadire due cose. La prima è che siamo assolutamente convinti della necessità di un'alimentazione equilibrata, sana, naturale e che le etichette, forniscano tutti gli elementi di informazione ai consumatori per poterla valorizzare al meglio. Questo anche perché siamo convinti che l'elemento alimentazione sia fondamentale, come composto e in riferimento alla salute.

Siamo, però, anche convinti che il tema non sia quello del valore degli alimenti in sé, ma delle modalità e delle quantità di assunzione, come lei diceva prima. Stiamo parlando della difesa di una serie di alimenti (vino, olio, formaggi, miele e tanti altri), che sono fondamentali e alla base di quella cultura alimentare mediterranea, di quella dieta alimentare, cui lei faceva riferimento, che è stata classificata come patrimonio culturale immateriale dell'umanità. Ed è stata così classificata perché è il risultato di una serie di tradizioni, consuetudini sociali, cultura alimentare, produzione artigianale, che hanno reso grande la nostra agricoltura e il nostro territorio, dando anche salute ai suoi cittadini. Difendere quella cultura e quegli elementi, difendere il vino in questa accezione equivale a difendere la salute delle persone.

Signor Ministro, noi la appoggeremo veramente di cuore nel lavoro che lei porterà avanti, con tutte le alleanze possibili, per difendere questa idea e questa cultura della salute. (Applausi).

PRESIDENTE. Il senatore Bergesio ha facoltà di illustrare l'interrogazione 3-02312 sulla tutela e la promozione del made in Italy agroalimentare, per tre minuti.

BERGESIO (L-SP-PSd'Az). Signor Ministro, la filiera del cibo italiano è l'unico settore economico che resiste, in questa emergenza coronavirus che ha fatto crollare comunque i fatturati di tutti gli altri comparti protagonisti del made in Italy, soprattutto nel mondo.

La filiera del cibo si evidenzia con 538 miliardi di fatturato, un valore agroalimentare molto forte, ed è diventato la prima ricchezza del Paese. L'agroalimentare è una realtà allargata: sono 3,8 milioni gli occupati in questo settore, che vale oggi il 25 per cento del prodotto interno lordo; 740.000 aziende agricole; 70.000 aziende industriali strutturate; oltre 330.000 realtà della ristorazione; 230.000 punti vendita al dettaglio; i servizi e tutto l'indotto per quanto riguarda i trasporti.

Una rete diffusa lungo tutto il territorio, che viene quotidianamente rifornita dalle campagne italiane, dove stalle, serre e aziende continuano a produrre nonostante le difficoltà legate alla pandemia.

La filiera agroalimentare, poi, è protagonista nel mondo, avendo registrato una continua crescita. Nel 2019, 44,6 miliardi di export di fatturato. Quasi due terzi del fatturato sono rivolti all'Unione europea, dove il principale sbocco è soprattutto la Germania. Per il resto, fuori dall'Unione europea, il principale sbocco sono gli Stati Uniti. È notizia positiva, proprio di questi giorni, quella dello sportello alimentare in Cina: oltre 500 milioni di euro nel 2020, con una crescita del 20,5 per cento.

Noi abbiamo un patrimonio straordinario, come diceva anche lei prima: 305 specialità DOP, IGP, STG; 415 vini DOC; 5.155 prodotti tradizionali e regionali; 60.000 aziende agricole impegnate nel biologico. Ma un dato importantissimo è il primato della sicurezza alimentare mondiale, col minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici irregolari. Siamo i campioni anche della biodiversità.

Signor Ministro, considerato tutto questo, sono due, sostanzialmente, i motivi di questa interrogazione. Il primo è la difesa dall'italian sounding nel mondo e dalla contraffazione, che vale il doppio dell'export: 100 miliardi l'anno. Vogliamo sapere che iniziative intende intraprendere lei all'inizio di questo mandato così importante, che ha anche il nostro sostegno. Dall'altra parte vi è il tema dell'etichettatura: no al Nutri-score, com'è stato detto anche in precedenza; no al traffic light e a quelle etichette che ingannano il consumatore; sì a quelle che danno prestigio, forza, valore e contenuto al prodotto e soprattutto valorizzano la filiera.

PRESIDENTE. Il ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, senatore Patuanelli, ha facoltà di rispondere all'interrogazione testé illustrata, per tre minuti.

PATUANELLI, ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. Signor Presidente, ringrazio i senatori interroganti e voglio iniziare ringraziando tutta la filiera agroalimentare, perché in un anno di pandemia non ha mai fatto mancare il cibo ai nostri cittadini, pur con le mille difficoltà che ha dovuto subire. Non è vero che è un settore che non ha subito la crisi; è stata una crisi probabilmente asimmetrica all'interno di quel settore, ma ci sono tante aziende - penso tutta la filiera Horeca - che ha patito e sta patendo ancora molto per questa pandemia. Quindi, non posso che ringraziare i nostri agricoltori, i nostri produttori e i nostri trasformatori che hanno dimostrato grande resilienza.

Gli interroganti sottopongono diverse questioni alla mia attenzione: sulla parte dell'etichettatura oggettivamente, avendo già risposto ad altre interrogazioni, mi permetto di richiamare le risposte che ho già dato, ma mi sembra evidente che il tema è conosciuto da tutte le forze politiche rappresentate in quest'Aula.

Per quanto invece attiene alle attività di controllo, ritengo che sia giusto dare anche atto e merito all'Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari per il lavoro che fa quotidianamente. Sul fenomeno del cosiddetto italian sounding o della falsificazione, anche interna, dei prodotti alimentari, credo che l'esercizio di indicazioni falsamente evocative debba essere incredibilmente combattuto, proprio grazie alle attività ispettive del nostro Ispettorato. I controlli vengono effettuati mediante sistemi informatici telematici (le capacità di innovazione dei nostri sistemi di controllo sono fondamentali per garantire una maggiore efficacia ed efficienza dell'Ispettorato); nel corso delle ispezioni, vengono prelevati i campioni di prodotti controllati e sottoposti poi ad analisi chimico-fisiche, in alcuni casi anche organolettiche, utilizzando la rete di laboratori specializzati per diversi settori merceologici. La nostra rete di laboratori è capillare e presente in tutto il Paese.

Inoltre, tramite servizi di assistenza e cooperazione tra autorità competenti degli Stati membri dell'Unione europea, vengono trattate le segnalazioni scambiate con le autorità di altri Stati membri concernenti le irregolarità riscontrate sui dispositivi di etichettatura.

Fornirò alcuni dati: nel 2020 l'Ispettorato ha gestito 127 segnalazioni, 88 delle quali su indicazione di altri Stati membri e 39 di iniziativa italiana; 11 segnalazioni hanno riguardato il piano di controllo dell'Unione europea promosso dalla Commissione per contrastare pratiche illegali sulle vendite e sulle pubblicità online di prodotti alimentari con illeciti riferimenti alla prevenzione e alla cura del Covid-19.

Per quanto riguarda il commercio via web, a livello internazionale, sono stati siglati o sono comunque in corso di perfezionamento specifici protocolli d'intesa con le principali piattaforme commerciali online, rafforzando la tutela dei consumatori che si avvalgono delle cosiddette piattaforme e-commerce. In ragione della collaborazione avviata con le succitate piattaforme, nel 2020 sono stati attivati 1.079 interventi; negli ultimi cinque anni di attività a tutela della produzione agroalimentare nazionale fuori dai confini e sul web sono stati trattati complessivamente 4.418 casi riguardanti i prodotti DOP e IGP.

Questo rappresenta il quadro di ciò che l'Ispettorato fa ed è fondamentale che sia messo nelle condizioni (anche per questo la dotazione organica dovrà essere implementata) di effettuare verifiche e controlli, in parte sui prodotti che produciamo noi, per monitorare la qualità e capire che ciò che arriva sulla tavola dei cittadini sia esattamente quello che i produttori dichiarano, ma soprattutto per evitare quei fenomeni distorsivi della concorrenza, con le frodi da un lato e l'italian sounding dall'altro.

È un tema sicuramente molto importante per il nostro Ministero e sarà mia cura supportare le attività ispettive, anche semplificando le procedure, proprio per consentire all'Ispettorato di essere più efficace ed efficiente nei suoi interventi.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire in replica il senatore Bergesio, per due minuti.

BERGESIO (L-SP-PSd'Az). Signor Ministro, noi accogliamo favorevolmente il suo impegno a contrastare la diffusione di sistemi di etichettatura fuorvianti e a predisporre sistemi di tutela del made in Italy.

Secondo noi è necessario ripensare a un nuovo protagonismo dell'Italia in Europa per la difesa del made in Italy, tutelando le eccellenze alimentari italiane dai continui tentativi di sopraffazione. Lei sa bene che l'equilibrio nutrizionale non si raggiunge con l'impiego di algoritmi, ma con il consumo appropriato di diversi cibi durante la giornata.

A questo proposito, mi permetta di stigmatizzare quanto è stato detto dal ministro della transizione ecologica Cingolani, il quale ha sostenuto che chi mangia troppa carne subisce impatti sulla salute. Noi crediamo che certe affermazioni, se non suffragate, non debbano essere esternate e che non siano assolutamente condivisibili. Vorrei segnalare che in Italia il consumo reale pro capite di carne è inferiore ai 100 grammi al giorno raccomandati dall'Organizzazione mondiale della sanità, anche grazie al perfetto equilibrio della nostra dieta; una dieta che raccoglie il meglio del made in Italy, grazie al quale l'Italia vanta oltre 15.000 ultracentenari e il record di longevità e qualità della vita. Pensare di addossare colpe e individuare responsabilità appare francamente incomprensibile e distante da quel percorso di governo unitario da noi auspicato, che preveda risorse certe e definite in grado di sostenere l'agricoltura nell'applicazione del nuovo Piano nazionale di ripresa e resilienza all'esame della Commissione agricoltura.

Ognuno di noi faccia bene la propria parte, signor Ministro, e tutti gli attori dell'agroalimentare ne trarranno benefici; io sono convinto che lei la pensa come noi. Facciamo squadra: prima gli agricoltori italiani, sempre.

PRESIDENTE. Salutiamo e ringraziamo il ministro Patuanelli. (Applausi). Era un applauso di saluto dai suoi banchi.

La senatrice Corrado ha facoltà di illustrare l'interrogazione 3-02316 sui lavori di restauro del teatro antico di Velia in Campania, per tre minuti.

CORRADO (Misto). Signor Presidente, si chiedono al Ministro spiegazioni circa i "lavori recupero e integrazione delle sedute del teatro di Velia": un intervento di restauro attualmente in corso nel teatro ellenistico-romano sito nel parco archeologico di Velia, associato a quello di Paestum, sviluppatosi sui precedenti lavori effettuati negli anni Novanta, che ha suscitato molte perplessità sia per il carattere fortemente invasivo (anche perché condotto in assenza, pare, della preventiva autorizzazione della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio territoriale), sia per le anomalie dell'iter amministrativo sotteso alla scelta del progettista, del responsabile unico del procedimento e del direttore dei lavori, nonché per l'attivazione di una discutibile procedura di somma l'urgenza, con il conseguente affidamento diretto a una ditta nata a maggio 2019 e priva dunque dell'esperienza e dell'affidabilità indispensabili nel delicato settore del restauro dei beni culturali.

PRESIDENTE. Il ministro della cultura, onorevole Franceschini, ha facoltà di rispondere all'interrogazione testé illustrata, per tre minuti.

FRANCESCHINI, ministro della cultura. Signor Presidente, in merito al quesito posto dal senatore interrogante, riguardante un intervento di carattere tecnico-scientifico (che evidentemente non è competenza della mia responsabilità), mi limito a riportare gli elementi acquisiti dal direttore del Parco archeologico di Paestum e Velia (Paeve), che come noto, in base alle norme vigenti, all'interno del parco svolge anche le funzioni della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio.

L'intervento di recupero e integrazione delle sedute del teatro di Velia, ai sensi dell'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, si profila come una manutenzione straordinaria resasi necessaria a causa di un degrado avanzato della struttura e non come un intervento di restauro. I lavori non sono stati affidati con una procedura di somma urgenza, ma in virtù di un affidamento diretto ex articolo 36 del decreto legislativo n. 50 del 2016, tramite il Mercato elettronico della pubblica amministrazione (MEPA). L'impresa affidataria è stata individuata attraverso la consultazione dell'albo digitale delle imprese, che garantisce la rotazione degli incarichi come prassi consolidata in questa amministrazione. Occorre rilevare che le imprese iscritte al MEPA, per ottenere l'iscrizione, sono soggette al vaglio dei requisiti di professionalità, di capacità tecnica e di onorabilità.

In merito all'autorizzazione dell'intervento, si richiama che il decreto ministeriale del 9 aprile 2016, all'articolo 4, comma 3, prevede che «All'interno dei confini di rispettiva competenza e negli istituti, luoghi, immobili e complessi assegnati, i direttori dei parchi archeologici di cui al presente articolo esercitano (...) le funzioni spettanti ai Soprintendenti archeologia, belle arti e paesaggio». Pertanto l'intervento in questione non si rendeva bisognevole di un'ulteriore autorizzazione da parte della Soprintendenza.

Relativamente agli interventi in oggetto si precisa che gli atti sono pubblicati sul sito istituzionale del Paeve, alla sezione attività e procedimenti, liberamente consultabili. La nomina del RUP e del direttore dei lavori è avvenuta nel rispetto dei principi contenuti nelle linee guida ANAC n. 3 di attuazione del decreto legislativo del 18 aprile 2016 n. 50, che stabiliscono i criteri per la nomina del responsabile unico del procedimento per l'affidamento di appalti e concessioni.

Inoltre, si sottolinea che i lavori in corso non alterano in alcun modo l'impatto visivo delle integrazioni, in quanto recuperano puntualmente il restauro effettuato nel 2003-2004, garantendo la piena reversibilità e riconoscibilità dell'intervento.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire in replica la senatrice Corrado, per due minuti.

CORRADO (Misto). Signor Ministro, lei ha appena risposto alla mia interrogazione leggendo quanto le hanno scritto i suoi uffici, ma non conosce direttamente la materia, quindi non si rende conto del tutto dell'insostenibilità della sua risposta. Questo, comunque, non la assolve: è lei, infatti, che non solo ha concesso l'autonomia speciale a una quarantina tra musei, aree archeologiche e monumenti fra i più importanti d'Italia, ma ha proprio scelto i loro direttori, con una procedura che il TAR ha più volte ribadito avere carattere non concorsuale, trattandosi di nomine fiduciarie. Lei ha scelto tali figure per lo più fuori dalla pubblica amministrazione, attingendo soprattutto ai baronati universitari, in gran parte senza o con scarsissima esperienza in fatto di amministrazione e gestione di strutture complesse, quando non addirittura mediocri dal punto di vista scientifico.

È lei il padre di questa genia, signor Ministro, ma non solo: li ha fatti uguali a sé stesso, a sua immagine, quindi famelici di risultati che sono pura apparenza. Per rispondere a questo modello, direttori come Zuchtriegel, del Parco archeologico di Paestum e Velia (che adesso ha promosso a Pompei, quindi a una direzione di livello generale), hanno attivato freneticamente progetti da milioni di euro, affidandoli però a personale interno, che non ha né le competenze specifiche, né i titoli che la legge richiede, e quindi hanno scambiato l'autonomia per arbitrio, cosa che non era - suppongo - nelle intenzioni iniziali della sua riforma. Anche di questo è responsabile, perché lei, signor Ministro, che da cinque anni più tre e da tre Governi tiene in ostaggio i beni culturali del Paese, non ha fatto nulla o comunque non ha agito per assumere personale, quindi non ha colmato quella carenza di organico che ormai nel Ministero che lei guida per la terza volta inopinatamente tocca quasi il 50 per cento.

A Velia il progetto di restauro del teatro lo ha fatto un geometra che pare sia inquadrato come operatore tecnico, quindi siamo a un gradino molto basso dell'area seconda, e il RUP è un ragioniere. Naturalmente non ce l'ho con queste persone, ma mi chiedo dove fosse il direttore Zuchtriegel quando sono stati affidati i lavori a quella ditta, nata nel 2019.

In sostanza, signor Ministro, è lei che ha ridotto i nostri beni culturali in queste condizioni e sarà per questo ricordato come il peggiore Ministro dei beni culturali della storia della Repubblica.

PRESIDENTE. Il senatore Cangini ha facoltà di illustrare l'interrogazione 3-02314 sulla riapertura in sicurezza dei luoghi della cultura e dello spettacolo, per tre minuti.

CANGINI (FIBP-UDC). Signor Ministro, c'è un motivo per cui il ballo, e ancor di più la musica, hanno sempre fatto e tuttora fanno parte dell'orizzonte di tutti i culti e di tutte le religioni. C'è un motivo per cui l'arte, la cultura e il bello sono sempre stati centrali in tutte le civiltà e ha a che fare con la natura umana più profonda, con lo spirito o - per chi ci crede - con l'anima.

Ebbene, colleghi, ci stiamo giustamente e doverosamente preoccupando molto di curare e di proteggere il corpo degli italiani dal virus, ma ne stiamo pericolosamente trascurando lo spirito. Temo che tutto questo avrà costi sociali di cui dovremo, prima o poi, tener conto. Sicuramente ha costi sociali gravi il blocco in parte inevitabile dell'attività culturale in senso lato: oltre un milione di persone - questa è la filiera che fa parte del variegato mondo della cosiddetta cultura - che prevalentemente non lavorano, dal più nobile e prestigioso dei tenori lirici al più oscuro e anonimo dei tecnici di un teatro, hanno avuto la vita sostanzialmente congelata e bloccata da oltre un anno.

Dunque, signor Ministro, Forza Italia le chiede ovviamente di prevedere le riaperture, compatibilmente con la realtà: non ci sfugge che la situazione pandemica si sta aggravando e che le varianti del virus obbligano - e probabilmente ancor più obbligheranno nei prossimi giorni - a ulteriori chiusure. Soprattutto, però, quello che va fatto subito è rimpinguare i cosiddetti ristori, semplificare le procedure per accedervi e comprendere nella categoria di chi ne ha diritto quelle - tante, purtroppo - categorie professionali e singole professionalità che compongono il mondo della cultura, che fino a oggi hanno avuto il loro diritto negato.

PRESIDENTE. Il ministro della cultura, onorevole Franceschini, ha facoltà di rispondere all'interrogazione testé illustrata, per tre minuti.

FRANCESCHINI, ministro della cultura. Ringrazio il senatore Cangini, che pone un tema reale.

Come sappiamo, la crisi dell'emergenza Covid ha impattato su tantissimi settori, in particolare su quello della cultura, perché i luoghi nei quali le persone si ritrovano insieme in tante - tra cui teatri, cinema - per assistere magari a concerti o a eventi culturali sono stati colpiti fortemente dalle misure di sicurezza rese necessarie dal Covid, che ne ha comportato una chiusura prolungata, con alcune fasi di riapertura nei mesi estivi avvenute con molte misure di sicurezza e di contingentamento che ne hanno limitato la capienza e hanno complicato l'attività delle persone e delle imprese.

Per questo, fin dall'inizio, abbiamo seguito una politica di sostegno a tutte le istituzioni culturali (teatri, cinema), innanzitutto con l'erogazione integrale del Fondo unico per lo spettacolo (FUS), al di là del numero degli spettacoli e del rispetto dei parametri normalmente obbligatori per l'ottenimento del contributo, garantendo la stessa erogazione del 2019; la stessa cosa faremo nel 2021.

In secondo luogo, attraverso i fondi di emergenza, abbiamo cercato di tutelare tutte le istituzioni non ricomprese nel FUS, cosiddette extra FUS, occupandoci contemporaneamente del personale, con l'estensione della cassa integrazione a un settore che non l'ha mai avuta e la copertura di tutti quei lavoratori, cosiddetti intermittenti e stagionali, che non potevano essere coperti da essa.

Anche da questo punto di vista è evidente che, mano a mano che le chiusure continueranno o le riaperture saranno limitate, bisognerà proseguire con una serie di interventi di ristoro o di sostegno, chiamiamoli come vogliamo, che saranno contenuti anche nel prossimo "decreto sostegno". Ciò è fondamentale, perché si tratta di accompagnare queste persone, lavoratori e imprese, fino alla possibile ripresa.

Come sa, senatore Cangini, in base all'ultimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, è consentita la riapertura nelle zone gialle di teatri e cinema dal 27 marzo - una data anche fortemente simbolica, perché in essa si celebra la «Giornata mondiale del teatro» - con una serie di prescrizioni che limitano inevitabilmente la capienza per consentire il distanziamento e con misure di sicurezza che sono state definite e concordate con il comitato tecnico-scientifico.

Sappiamo però che, anche nelle zone in cui sarà possibile riaprire, la riapertura sarà limitata e quindi sarà comunque necessario continuare con interventi di ristoro anche se le strutture potranno essere riaperte. (Applausi).

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire in replica il senatore Cangini, per due minuti.

CANGINI (FIBP-UDC). Signor Presidente, mi dichiaro sostanzialmente soddisfatto della risposta del Ministro, in particolare per quanto riguarda l'ultima parte del suo intervento. Il timore era infatti che, consentendo l'apertura di cinema e teatri dal 27 marzo - vivamente mi auguro che accada - si sarebbe poi corso il rischio di prevedere la sospensione dei cosiddetti ristori, cosa che evidentemente sarebbe sciagurata, perché è chiaro che, tra distanziamento sociale e allarme sociale, quindi il timore di contagio, i fatturati e gli incassi di cinema e teatri saranno poco più che simbolici.

Una sola avvertenza, signor Ministro, visto che lo abbiamo già vissuto purtroppo con i giornali (lo dico essendo stato toccato in prima persona, dato il mestiere che facevo prima di essere eletto): c'è il rischio che un lungo periodo di sospensione dall'attività in presenza della fruizione culturale disaffezioni il pubblico e che la gente si disabitui ad andare al cinema e a teatro e si ripieghi sul video di un iPad o - dio ce ne scampi - ancora peggio, di uno smartphone. È un rischio importante questo, che sono sicuro che lei non trascurerà.

PRESIDENTE. La senatrice Montevecchi ha facoltà di illustrare l'interrogazione 3-02313 sulla necessità di un riordino complessivo del settore dello spettacolo, per tre minuti.

MONTEVECCHI (M5S). Signor Presidente, signor Ministro, l'emergenza socio-sanitaria in corso ha imposto la chiusura di tutti i luoghi della cultura e dello spettacolo dal vivo per lungo tempo. Tutta la filiera culturale è stata improvvisamente investita da questa emergenza, che non ha precedenti. Sono certamente apprezzabili gli sforzi e le misure di sostegno economico messi in campo dal governo Conte e dal suo Ministero, volti sia a sostenere il reddito sia a prevedere forme di riapertura, laddove possibile. Ciononostante, sono emerse criticità con riferimento, ad esempio, alla mancata inclusione di alcuni codici Ateco e a taluni ritardi amministrativi.

Questo shock ha reso ancora più fragili i lavoratori del mondo dei beni culturali e dello spettacolo dal vivo (argomento di oggi, nello specifico): precarietà, intermittenza intrinseca del lavoro di alcune figure, talune situazioni di esternalizzazione, la forte presenza di contratti atipici e, sostanzialmente, l'assenza di un impianto normativo previdenziale e assistenziale ad hoc hanno alimentato una generale condizione drammatica per questi lavoratori.

Sono poi emerse criticità sui criteri di ripartizione del Fondo unico per lo spettacolo (FUS) e dell'extra FUS. Altri bandi non hanno in alcuni casi ristorato tutte le categorie che ne avevano bisogno: è il caso, per esempio, della discografia emergente indipendente; invece, in altri casi si sono alimentate disuguaglianze, come per i lavoratori delle fondazioni lirico-sinfoniche, che, a parere dell'interrogante, hanno immotivatamente ottenuto i contributi del Fondo d'integrazione salariale (FIS); oppure parliamo di circoli e associazioni culturali rimasti penalizzati.

Già prima della pandemia, proprio sul FUS avevo personalmente promosso un affare assegnato in 7a Commissione ed è stata votata una risoluzione per rivedere i criteri di riparto. Purtroppo devo rilevare che il Ministero non ha ancora prodotto una proposta che tenga conto complessivamente degli indirizzi espressi. Alla Camera dei deputati è stato presentato un disegno di legge, a firma delle onorevoli Gribaudo e Carbonaro, sulla tutela del lavoro nello spettacolo e altre proposte si sono aggiunte successivamente.

Le chiedo quindi, alla luce di questo contesto, quali iniziative il Ministero stia intraprendendo per le parti di diretta competenza e quali stia promuovendo in sinergia con il Ministero del lavoro e della previdenza sociale al fine di raggiungere gli obiettivi preposti e condivisi, inclusa la ripresa della revisione del codice dello spettacolo. (Applausi).

PRESIDENTE. Il ministro della cultura, onorevole Franceschini, ha facoltà di rispondere all'interrogazione testé illustrata, per tre minuti.

FRANCESCHINI, ministro della cultura. Signor Presidente, naturalmente gli interventi legati all'emergenza, come ha sottolineato la senatrice Montevecchi, possono avere avuto aspetti che hanno funzionato bene e altri meno, anche perché siamo in un terreno assolutamente inesplorato.

Nel settore dello spettacolo, l'assoluta differenza e varietà di tipologie di contratti (gli intermittenti, gli stagionali o i precari) senza un censimento ci ha messo in condizione di intervenire, da una parte, in modo piuttosto semplice, cioè con l'estensione della cassa integrazione, come ho citato prima; dall'altra, con un'esigenza che è stato possibile concretizzare attraverso i primi bandi per le misure dei 600 euro e dei successivi 600 e poi dei 1.000 e degli altri 1.000 euro, abbiamo potuto censire i lavoratori del settore, anche in questo caso, per la prima volta. Sono così emersi numeri e tipologie di contratto che adesso consentiranno di affrontare il tema che più volte il Parlamento si è posto, quello cioè della regolarizzazione e tipizzazione dei contratti nel settore dello spettacolo sulla base di numeri certi, cioè quelli che hanno ricevuto i fondi dell'emergenza, che hanno fatto le domande. Abbiamo quindi sia una quantificazione sia caratterizzazioni rispetto a queste tipologie così variegate e poco conosciute. Credo che questa sia un'esigenza fondamentale, però abbiamo strumenti da portare a termine, naturalmente al di là degli interventi per l'emergenza che continueranno, come ho detto prima.

Più in generale, come l'interrogante ha chiesto, in relazione ai decreti legislativi di cui alla legge n. 175 del 2017, si tratta di deleghe che erano già scadute prima dell'inizio del mio mandato nel settembre 2019 e la presentazione del disegno di legge collegato alla manovra di bilancio 2020 è stata ovviamente superata dalle vicende dell'emergenza. In ogni caso, è mia intenzione presentare il disegno di legge collegato alla manovra di bilancio 2021, con il quale intendiamo riaprire la delega prevista dalla legge n. 175 del 2017 in materia di spettacolo, mediante la revisione del codice dello spettacolo. Quella sarà l'occasione, con un meccanismo partecipativo, per censire le varie tipologie di lavoratori e capire, al di là delle misure di ristoro per l'emergenza, quali possono essere le garanzie da mettere a disposizione di un settore i cui lavoratori hanno diritto di essere regolamentati, garantiti e tutelati come gli altri, cosa che non è mai avvenuta in modo preciso nel mondo dello spettacolo dal vivo. (Applausi).

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire in replica la senatrice Montevecchi, per due minuti.

MONTEVECCHI (M5S). Signor Presidente, signor Ministro, colleghi, devo dire di non essere del tutto soddisfatta della risposta, perché è vero che le deleghe erano scadute, ma veniamo dalla legislatura precedente, in cui Ministro era colui che aveva portato a termine il codice dello spettacolo: quindi, questa non mi pare una grande giustificazione. Che si debba aspettare un nuovo disegno di legge di revisione del codice, quando ce n'è già uno, collegato alla manovra di bilancio del 2020, non lo trovo francamente opportuno, visti anche i tempi e le urgenze, quindi riprenderei quel testo. Se comunque è in arrivo un nuovo testo, va bene: lo valuteremo.

Sono invece soddisfatta per la parte in cui, finalmente, grazie alla pandemia, siamo arrivati ad avere numeri e tipologie certi e quindi, sicuramente, una base solida su cui ripartire. Signor Ministro, la invito anche, quando sarà votato il documento finale, a prendere visione dell'indagine conoscitiva promossa dall'onorevole Carbonaro alla Camera dei deputati, che credo le sarà molto utile per una ripartenza solida, perché non andrà tutto bene, se sarà tutto come prima. (Applausi).

PRESIDENTE. Lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata (question time) all'ordine del giorno è così esaurito.

Interventi su argomenti non iscritti all'ordine del giorno

CORRADO (Misto). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CORRADO (Misto). Signor Presidente, leggo che il direttore generale musei, Massimo Osanna, ha appena dichiarato di voler esportare il modello Pompei in tutti i luoghi culturali italiani. Vorrei chiarire ai presenti e al Paese di cosa stiamo parlando.

Pochi minuti fa ho interrogato il ministro Franceschini sui lavori nel teatro di Velia, cioè su un restauro del restauro eseguito negli anni Novanta del secolo scorso. A distanza di circa venti o trent'anni bisogna infatti intervenire di nuovo, per garantire la conservazione. Pensate cosa questo significhi quando si ha a che fare non con un singolo monumento, ma con un'intera città antica, dove - come nel caso di Pompei, palcoscenico dell'archeologia mondiale - gli scavi restituiscono strade, case e templi in condizioni eccezionali e in cui però scavi e restauri sono iniziati tre secoli fa. Per questo inorridisco quando sento Osanna o il Ministro, suo mentore, dichiarare entusiasti, dopo ogni scoperta eclatante, che ci sono ancora decine di ettari da scavare. Continuare a scavare Pompei con questo spirito significa condannarla a un declino inesorabile.

L'archeologia non può essere uno strumento di potere, né un cilindro dal quale si estrae una sorpresa straordinaria, eccezionale e irripetibile ogni volta che il super-direttore di turno o il Ministro stesso ricevono critiche per la propria eclatante incapacità gestionale. A dicembre scorso è stato il turno del termopolio, che non solo è uno degli 80 thermopolia scoperti finora, ma che era stato identificato già a febbraio 2019. Celebrarlo è servito a contrastare la reprimenda dell'Unione europea per la cattiva gestione dei fondi destinati alla Casa dell'efebo.

Pochi giorni fa, poi, è toccato al Carro nuziale o cerimoniale - comunque a orologeria - di Civita Giuliana, che è servito a dare il benvenuto al nuovo direttore, Zuchtriegel, distraendo gli italiani dalle sue responsabilità nella cattiva amministrazione di Paestum e Velia, dove mi dicono che, a breve, Osanna si recherà pellegrino, di persona, per dare il placet ai pessimi lavori di restauro del teatro, che però è di tutti e questo basta a decidere di ricostruirlo malamente, perché accolga spettatori e spettacoli. Siamo ormai oltre il promoveatur ut amoveatur, siamo al promoveatur ut deleatur. È questo il modello Pompei, osannato da Osanna. Propongo invece di esportare il modello Italia a Pompei, perché la tradizione dell'Italia repubblicana, in materia di tutela e conservazione dei beni culturali, ha raccolto consensi in tutto il mondo, prima che Franceschini e i suoi liberti svendessero il patrimonio culturale al peggior offerente.

GRANATO (Misto). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GRANATO (Misto). Signor Presidente, ieri, in Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, il ministro Franceschini, a proposito della cosiddetta Netflix della cultura, ha testualmente detto che la legge approvata in Parlamento prevede espressamente la creazione della piattaforma con Cassa depositi e prestiti, la quale può coinvolgere soggetti pubblici e privati e che, a quel punto, il Ministero non c'entra più niente, ma la RAI non ha partecipato. Ha poi aggiunto che, visto che siamo in Parlamento, se c'è da modificare qualcosa, si ragioni anche della modifica di qualche norma, in modo da coinvolgere la principale industria culturale del Paese in un'iniziativa che vende la cultura italiana nel mondo; ha detto anche di non poterlo fare, ma che, se ci fosse un atto della Commissione di vigilanza, ne sarebbe felice.

Quanto affermato da Franceschini è una palese mistificazione dei fatti. Infatti, l'articolo 183, comma 10, del decreto-legge rilancio recita che, al fine di sostenere la ripresa delle attività culturali, il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo realizza una piattaforma digitale per la fruizione del patrimonio culturale e di spettacoli, anche mediante la partecipazione di Cassa depositi e prestiti SpA in qualità di istituto nazionale di promozione, con la possibilità di coinvolgere altri soggetti, pubblici e privati.

Se la lingua italiana non mente, dunque, il soggetto attuatore di questa piattaforma digitale risulta essere per legge il Ministro e non Cassa depositi e prestiti. Il Ministro continua pertanto a eludere la risposta, senza spiegare perché abbia abdicato al suo ruolo, affidando a Cassa depositi e prestiti compiti ai quali egli era preposto, e in questo senso aveva piena libertà di azione per legge.

A questo proposito, ricordo di aver presentato un'interrogazione parlamentare il 9 dicembre 2020; sarebbe doveroso dare una risposta non a me, ma ai cittadini che hanno investito in questa operazione 10 milioni di soldi pubblici. (Applausi).

Atti e documenti, annunzio

PRESIDENTE. Le mozioni, le interpellanze e le interrogazioni pervenute alla Presidenza, nonché gli atti e i documenti trasmessi alle Commissioni permanenti ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento sono pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.

Ordine del giorno
per la seduta di martedì 9 marzo 2021

PRESIDENTE. Il Senato tornerà a riunirsi in seduta pubblica martedì 9 marzo, alle ore 16,30, con il seguente ordine del giorno:

(Vedi ordine del giorno)

La seduta è tolta (ore 15,57).