Legislatura 18ª - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 242 del 21/07/2020
Azioni disponibili
SENATO DELLA REPUBBLICA
------ XVIII LEGISLATURA ------
242a SEDUTA PUBBLICA
RESOCONTO STENOGRAFICO
MARTEDÌ 21 LUGLIO 2020
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Presidenza del vice presidente TAVERNA,
indi del vice presidente CALDEROLI,
del vice presidente LA RUSSA
e del vice presidente ROSSOMANDO
N.B. Sigle dei Gruppi parlamentari: Forza Italia Berlusconi Presidente-UDC: FIBP-UDC; Fratelli d'Italia: FdI; Italia Viva-P.S.I.: IV-PSI; Lega-Salvini Premier-Partito Sardo d'Azione: L-SP-PSd'Az; MoVimento 5 Stelle: M5S; Partito Democratico: PD; Per le Autonomie (SVP-PATT, UV): Aut (SVP-PATT, UV); Misto: Misto; Misto-Liberi e Uguali: Misto-LeU; Misto-MAIE: Misto-MAIE; Misto-Più Europa con Emma Bonino: Misto-PEcEB.
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RESOCONTO STENOGRAFICO
Presidenza del vice presidente TAVERNA
PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 9,31).
Si dia lettura del processo verbale.
LAFORGIA, segretario, dà lettura del processo verbale della seduta del 16 luglio.
PRESIDENTE. Non essendovi osservazioni, il processo verbale è approvato.
Comunicazioni della Presidenza
PRESIDENTE. L'elenco dei senatori in congedo e assenti per incarico ricevuto dal Senato, nonché ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.
Sull'ordine dei lavori
PRESIDENTE. Informo l'Assemblea che all'inizio della seduta il Presidente del Gruppo MoVimento 5 Stelle ha fatto pervenire, ai sensi dell'articolo 113, comma 2, del Regolamento, la richiesta di votazione con procedimento elettronico per tutte le votazioni da effettuare nel corso della seduta. La richiesta è accolta ai sensi dell'articolo 113, comma 2, del Regolamento.
Disegni di legge, annunzio presentazione
PRESIDENTE. Comunico che, in data 16 luglio 2020, è stato presentato il seguente disegno di legge:
dal Presidente del Consiglio dei ministri e dal Ministro per la pubblica amministrazione:
«Conversione in legge del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, recante misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale» (1883).
Discussione delle mozioni nn. 133 e 270 sul protocollo aeronautico della convenzione di Città del Capo del 2001 (ore 9,34)
Approvazione della mozione n. 133 (testo 2) e delle premesse e del punto 1) della mozione n. 270 (testo 2). Reiezione dei punti 2), 3) e 4) della mozione n. 270 (testo 2)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni 1-00133, presentata dalla senatrice Lupo e da altri senatori, e 1-00270, presentata dalla senatrice Bernini e da altri senatori, sul protocollo aeronautico della convenzione di Città del Capo del 2001.
Ha facoltà di parlare la senatrice Lupo per illustrare la mozione n. 133.
LUPO (M5S). Signor Presidente, desidero innanzitutto informare l'Assemblea che questa mattina è stato presentato un testo 2 che reca delle piccolissime modifiche di forma e penso che sia già in distribuzione.
Ci troviamo in un contesto di crisi finanziaria senza precedenti e da mesi il Governo sta approntando tutte le contromisure per reggere l'urto di questo 2020 all'insegna del coronavirus. Ovviamente gli istituti di credito in questa fase si trovano costretti ad alzare i livelli di attenzione per limitare i rischi di insolvenza, l'accesso ai finanziamenti è divenuto sempre più difficile anche per società di grandi dimensioni. Tra esse, c'è il segmento pesantissimo delle grandi aziende che lavorano nel contesto del trasporto aereo. Le compagnie più importanti, infatti, da sempre sfruttano forme di finanziamento particolari per imbastire le loro flotte e per l'acquisizione di aeromobili spesso si fa leva su contratti di leasing o finanziamenti specifici. Tra questi, quelli su scala internazionale diventano sempre più competitivi, purtroppo però le nostre imprese spesso si trovano impossibilitate ad accedervi a causa dell'inadeguatezza e della farraginosità del nostro sistema giuridico.
La lentezza della giustizia italiana, tristemente nota, e gli strumenti di garanzia previsti dal nostro ordinamento hanno determinato un progressivo allontanamento da parte dei finanziatori di aeromobili dal nostro Paese, dato che non consentono al finanziatore di poter rapidamente riprendere possesso dell'aeromobile, mettendo in difficoltà le compagnie aeree italiane nell'accesso ai più vantaggiosi sistemi di finanziamento internazionale.
In questa fase di crisi finanziaria globale, il gap che rischiano di dover affrontare le nostre aziende dell'aerotrasporto rischia di diventare insormontabile. In verità, la questione è sul tavolo della politica già da circa vent'anni. Per ovviare al problema, nel 2001 l'Italia ha firmato la convenzione di Cape Town, relativa alle garanzie internazionali su beni mobili strumentali e con essa il protocollo relativo alle garanzie internazionali su beni mobili per le questioni inerenti al materiale aeronautico. Sia la convenzione che i protocolli, all'epoca, dovevano avere la finalità di offrire un quadro normativo omogeneo per la registrazione delle proprietà, degli interessi di sicurezza, delle locazioni e dei contratti condizionali di vendita, nonché diversi strumenti giuridici in caso di insolvenza per le convenzioni di finanziamento per facilitare l'offerta di finanziamento dei beni aeronautici, aeromobili o parti di essi, attraverso la creazione di una garanzia internazionale particolarmente forte a favore dei creditori, venditori a credito, organismi finanziari che hanno finanziato tali beni che accorda loro la prelazione assoluta su tali beni in un registro internazionale.
La convenzione è entrata in vigore il 1° marzo 2006 ed è stata firmata da ben 81 Paesi, mentre il protocollo riguardante gli aspetti inerenti al materiale aeronautico è entrato in vigore il 1° marzo 2008 ed è stato ratificato inizialmente da 8 Paesi, ai quali se ne sono successivamente aggiunti altri, per un totale di 65 Paesi. Nel 2009 è stato ultimato l'iter di adesione dell'Unione europea.
L'Italia, pur essendo una firmataria della prima ora sia della convenzione, sia del protocollo, non ha mai proceduto alla ratifica della convenzione. Ciò ha portato gli operatori del settore a individuare strumenti contrattuali ad hoc per disporre degli aeromobili senza quasi mai procedere col loro acquisto. Ciò spiega perché oggi non ci sono aeromobili registrati in Italia presso ENAC, dato che la gran parte risultano registrati all'estero nei Paesi che hanno ratificato la convenzione. (Brusio).
PRESIDENTE. Se i colleghi abbassassero i toni delle conversazioni private, potrei ascoltare la relatrice.
LUPO (M5S). Il recepimento della convenzione di Cape Town nel nostro sistema giuridico consentirà, appunto, agli operatori di ridurre i rischi finanziari attraverso l'introduzione di criteri efficienti ed armonizzati a livello internazionale per la tutela delle banche finanziatrici o delle società di leasing, come per esempio il diritto di rivendicare la proprietà del velivolo o il diritto del creditore ipotecario di accedere al bene ipotecato.
Nella pratica, la convenzione prevede che, al momento di acquistare un aereo, i vettori di uno Stato aderente al relativo protocollo possano ottenere dai fornitori condizioni finanziarie notevolmente migliori di quelle normalmente applicate dal mercato. A fronte di tali vantaggi per il vettore, il creditore in caso di insolvenza o fallimento del cliente potrà facilmente recuperare quanto a lui dovuto, in virtù dei rimedi previsti dalla convenzione e dall'annesso protocollo.
Proprio grazie ai predetti rimedi e alla conseguente possibilità di ripossesso immediato del bene aeronautico che la convenzione e l'annesso protocollo riconoscono al creditore garantito o al concedente in un contratto di leasing, i finanziatori hanno maggiori possibilità di assicurare, all'atto della conclusione del contratto, condizioni più flessibili e meno onerose.
Il protocollo si applica solo e soltanto se il cosiddetto obligor, ovvero il soggetto passivo dell'operazione, cioè il vettore aereo, appartiene ad un Paese che ha ratificato l'accordo. Se sussiste questo presupposto, chi presta il finanziamento (lessor) si affretta a iscrivere la transazione su un registro telematico internazionale situato nel Paese aderente alla convenzione e in quel momento diventa il creditore privilegiato di quell'aeromobile.
Insomma, l'intero segmento non potrà che avere benefici abnormi: tutti i costruttori aeronautici nazionali, ad esempio, potranno beneficiare di un aumento delle vendite e dei livelli occupazionali grazie alle maggiori opportunità di finanziamento per i loro clienti con conseguenti vantaggi per i passeggeri, dal momento che una riduzione del costo di finanziamento per le compagnie aeree avrà inevitabili riflessi sulle tariffe applicate ai passeggeri.
Se sin qui la convenzione non è stata approvata, lo si deve principalmente al fatto che è caratterizzata da meccanismi che possono discostarsi dai tradizionali principi del nostro ordinamento in tema di garanzie a favore dei creditori e che appaiono meno snelli di quelli dei Paesi di common law, su tutti quelli del sistema anglosassone. Proprio per superare tali ostacoli, la convenzione ha previsto un meccanismo di ratifica suscettibile di consentire agli ordinamenti di civil law come il nostro di potervi aderire con alcune riserve garantendo, al contempo, la massima diffusione della disciplina internazionale e l'armonizzazione delle regole nel settore del trasporto aereo.
Con la ratifica, l'Italia potrebbe avanzare le dovute riserve a talune disposizioni della convenzione affinché essa, una volta ratificata, non si ponga in contrasto con i principi fondamentali del nostro ordinamento. Questo consentirebbe al nostro Paese di poter vedere le proprie flotte registrate in Italia, nel registro aeronautico nazionale (RAN) e non in Irlanda o a Malta, dove purtroppo da anni si stanno registrando tutte le flotte delle compagnie, soprattutto europee.
Un passaggio cruciale, per far sì che la normativa possa trovare applicazione nel nostro ordinamento, è la modifica delle norme del codice della navigazione. L'articolo 760 richiede, in caso di cancellazione dell'aeromobile dal RAN, un'attesa del velivolo in Italia di sessanta giorni a decorrere dal giorno della pubblicazione di tale richiesta, per consentire ad eventuali interessati di far valere le loro ragioni sullo stesso entro detto termine. Tuttavia, senza la ratifica sarà impossibile recepire i vantaggi previsti dalla convenzione in altra maniera nel nostro ordinamento. Nel mercato italiano, i finanziamenti di aeromobili, sia che si tratti di leasing finanziario o di dry lease, hanno inevitabilmente costi più alti: i vettori aerei operanti in Italia non possono accedere alla regolamentazione finanziaria relativa alle garanzie internazionali iscritte nel registro telematico e laddove ciò avvenga sono costretti a registrare, per espressa richiesta del finanziatore, gli aeromobili in Paesi che hanno ratificato la convenzione e il protocollo anziché nel registro aeronautico nazionale.
Inoltre, il mancato recepimento da parte dell'Italia dell'articolo XI del protocollo sul materiale aeronautico rappresenta uno dei maggiori ostacoli che i finanziatori e le imprese costruttrici di aeromobili (mi viene in mente la Boeing, che in Italia, a Grottaglie, costruisce quasi il 10 per cento dei modelli 787) rilevano al fine di consentire ad una compagnia aerea in possesso di licenza italiana di operatore aereo di registrare l'aeromobile nel RAN gestito dall'Ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC).
Mi accingo a concludere, signor Presidente. Con la mozione in discussione si chiede un impegno da parte del Governo: a favorire in tempi rapidi l'avvio dell'iter per la presentazione alle Camere del disegno di legge di autorizzazione alla ratifica della convenzione di Cape Town e del relativo protocollo aeronautico, coinvolgendo tutte le amministrazioni preposte, con le eventuali riserve e dichiarazioni previste; e, successivamente all'avvio dell'iter di autorizzazione alla ratifica di cui al precedente impegno, a provvedere al conseguente riordino e adeguamento delle disposizioni contenute nel codice della navigazione in relazione alle procedure di registrazione e cancellazione degli aeromobili dal registro aeronautico nazionale, nonché alla normativa nazionale in materia d'insolvenza e di regime delle garanzie reali, oltre che delle pertinenti disposizioni processuali.
Ringrazio lei, signor Presidente, e i colleghi che hanno avuto la cortesia di ascoltare.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il senatore Mallegni - che invito cortesemente a recarsi al banco del relatore - per illustrare la mozione n. 270.
MALLEGNI (FIBP-UDC). Signor Presidente, cercherò di essere meno formale e più improntato alla sostanza del provvedimento di cui stiamo discutendo.
La questione è interessante e importante, perché, in particolare in questo momento in cui abbiamo di fronte un mercato dell'aviazione civile in grande difficoltà, mi parrebbe indispensabile addivenire alla sottoscrizione e alla ratifica di questa convenzione di Città del Capo.
Dico la verità: indipendentemente da chi l'ha fatta o c'è stato prima di noi, mi sembra particolarmente strano essere qua dopo così tanti anni in cui da parte del Governo italiano - ma non di questo, bensì di quelli che ci sono stati anche prima - si è atteso e non la si è mai portata all'approvazione o sottoscritta.
Ora però la questione fortunatamente si è aggiornata, perché, se ci limitassimo a offrire garanzie e tutele per l'acquisto di aeromobili, oggi saremmo fuori dal mondo. Parlo ovviamente con la Presidenza e consapevole che la collega Lupo mi ascolta, anche perché siamo praticamente noi tre - forse quattro o cinque, ma comunque un numero ristretto - a partecipare a quest'interessante discussione: oggi la tematica legata all'aviazione civile si è necessariamente scontrata con la problematica del coronavirus (e quindi del Covid-19), mettendo in evidenza che decine - per non dire centinaia - di compagnie a livello internazionale, che nel frattempo avevano sottoscritto leasing o altro, non hanno la solidità finanziaria strutturale per offrire garanzie di alcun genere: né, in primo luogo, alla continuità del servizio; né in secondo luogo, ai passeggeri, quindi ai trasportati; né, in terzo luogo, al rapporto con i propri dipendenti (piloti, personale di terra e di volo, eccetera).
Oggi quindi risulta ancor più necessaria la sottoscrizione della convenzione, con la postilla che abbiamo inserito nella nostra mozione, perché riteniamo essenziale che, prima di aprire... (Brusio. Richiami del Presidente).
Rinuncio anche all'intervento, signor Presidente.
PRESIDENTE. La prego di continuare: sinceramente, la sto ascoltando; se poi l'ascolto da parte della Presidenza e della senatrice Lupo non è...
MALLEGNI (FIBP-UDC). No. Rinuncio, signor Presidente: lei è stata perfetta; le dico però che rinuncio all'intervento, onde non creare disagio ai colleghi che si stanno facendo gli affari loro - correttamente - e di conseguenza vorrei che continuassero. Quindi, io mi asterrei dal proseguire l'intervento e spero che voterete la mozione che Forza Italia ha presentato. Che vi devo dire?
PRESIDENTE. Senatore Mallegni, prosegua con il suo intervento.
MALLEGNI (FIBP-UDC). Io sto sempre in silenzio quando parlano gli altri.
Detto questo, il problema è che la solidità del conto economico delle imprese è e deve essere oggi al primo posto. Mi permetterà la Presidenza di divagare leggermente per soffermarmi sul concetto di solidità economica dal punto di vista imprenditoriale e non necessariamente con il sostegno pubblico. Noi riteniamo necessaria la presenza dello Stato (ossia che il pubblico sia un elemento essenziale e importante della compagine societaria delle imprese, in particolare di quelle di bandiera), però ci siamo un po' fatti prendere la mano, perché da qualche tempo l'andazzo sembra testimoniare che quando c'è qualcosa che non funziona entra il pubblico, assume la maggioranza della proprietà e poi si vedrà.
Su questo nutriamo dei dubbi, nonostante sia io il primo ad aver detto più volte, anche in Commissione lavori pubblici, comunicazioni, che è necessario mantenere una nostra compagnia. La breve liaison con il concetto dell'internazionalità delle compagnie, la solidità e la sottoscrizione della convenzione mi impone di dire: attenzione, offriamo servizi e garanzie e obblighiamo a una solidità economica, però cerchiamo di fornire a chi opera nel mercato dell'aviazione (parlo delle imprese e dei privati) la possibilità di ottenere garanzie - queste sì - da parte dei Governi degli Stati, che devono offrire un'attività di vigilanza adeguata.
Noi abbiamo un Ente nazionale per l'aviazione civile che, come si usa dire dalle mie parti, fa schiattare dalle risate, perché tutto fa tranne che svolgere la propria funzione di indirizzo, controllo e vigilanza. Una cosa sa fare bene: gli stipendi, che sono perfetti. Noi portiamo avanti un'attività di contenimento di tutti i costi della politica e - poi - facciamo finta di non accorgerci che di fianco, a destra e a sinistra, ci passa roba che carica sulle spalle dei cittadini - dal più piccino al più anziano - centinaia e centinaia di milioni di euro per finanziare servizi che, di fatto, non vengono erogati.
Francamente spero ci sarà condivisione sulla mozione presentata, che è poco ideologica e molto concreta, volta a impegnare il Governo a presentare il disegno di legge di ratifica della convenzione, contenente iniziative normative per innalzare le garanzie economiche necessarie a fondare una compagnia aerea. Si tratta di quello che ho detto poco fa, vista la necessità di disporre di buona solidità finanziaria, anche - e non soltanto - attraverso la proprietà degli aerei. Infatti, dire oggi, sic et simpliciter, che si compra un aereo vuol dire poco, perché si fa un leasing dovendo solo dimostrare la capacità di pagarlo.
La mozione intende altresì impegnare il Governo ad attivarsi, per quanto di competenza, attraverso accordi internazionali, al fine di stabilire controlli efficaci sulle compagnie aeree che operano in Italia. Infatti, noi siamo probabilmente degli autolesionisti, in quanto ostacoliamo la nostra compagnia di bandiera e, poi, quando arrivano gli altri li accogliamo a braccia aperte. La Ryanair arriva negli scali più strani del nostro Paese e raccoglie quattrini a piene mani: si tratta di soldi pubblici, del Comune, piuttosto che della Provincia o della Regione.
Anche in questo caso, il contributo pubblico, che viene - anche giustamente - criticato nei confronti della compagnia di bandiera, viene erogato costantemente e mensilmente a compagnie private che hanno sede in Stati esteri, che non pagano le tasse nel nostro Paese e che portano via mercato al sistema dell'aviazione nazionale di Alitalia.
Secondo uno studio di qualche giorno fa, nella totalità del trasporto aereo in relazione all'incoming nel nostro Paese, Alitalia trasporta solo l'8 per cento dei passeggeri; Ryanair quasi il 36; poi c'è EasyJet e altre compagnie. Vogliamo farci delle domande? Vogliamo chiederci il perché? Bene.
Spero francamente che la nostra mozione venga accolta a larga maggioranza perché siamo tutti orientati nella stessa direzione, con l'unico obiettivo della sicurezza, della tutela e della valorizzazione delle compagnie aeree che meritano, e non di quelle che speculano non lasciando nulla sul territorio nazionale. (Applausi).
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione.
È iscritto a parlare il senatore Alfieri. Ne ha facoltà.
ALFIERI (PD). Signor Presidente, ho ascoltato gli interventi della senatrice Lupo e del senatore Mallegni su un tema delicato come quello della convenzione di Cape Town, una delle classiche convenzioni firmata dopo una conferenza a livello diplomatico per provare a uniformare normative diverse di Paesi diversi su questioni che implicano - come in questo caso - garanzie su beni mobili anche di dimensione importante. Non a caso, il lavoro fatto dall'istituto per la salvaguardia e la difesa del diritto privato che si occupa di questi temi ha diviso in tre protocolli il suo lavoro: uno dedicato ai beni aeronautici, agli aeromobili; un altro legato al materiale rotabile, e un protocollo relativo ai beni spaziali.
Le mozioni si indirizzano soprattutto sul protocollo in tema di beni aeronautici per una questione ben nota agli addetti ai lavori in Italia, quella concernente le garanzie internazionali sugli aeromobili; caso che riguarda da vicino anche le compagnie aeree italiane.
La convenzione e i protocolli firmati dall'Italia non hanno mai avuto una ratifica, e ci sono delle motivazioni. Questo crea evidentemente difficoltà. Infatti, la convenzione con i suoi protocolli ha lo scopo di offrire un quadro normativo omogeneo per la registrazione delle proprietà, interessi di sicurezza, locazioni e contratti condizionali di vendita, nonché diversi strumenti giuridici in caso di insolvenza per le convenzioni di finanziamento. Con la costituzione della garanzia internazionale, i finanziatori, attraverso l'iscrizione nel registro telematico internazionale, godono della possibilità di recuperare i beni aeronautici, ovvero gli aeromobili che, attraverso le loro organizzazioni, vengono dati in locazione. Questo è uno dei punti principali che riguarda anche il mercato italiano.
L'Italia ha firmato la convenzione già da tempo, in particolare il protocollo concernente la parte aeronautica, nel dicembre 2001, ma non ha ratificato tali strumenti. Ciò comporta il rischio - in alcuni casi concreto, in altri probabile - che i finanziamenti di aeromobili, sia che si tratti di leasing finanziario o di dry lease, abbiano costi più alti, perché i vettori aerei operanti in Italia non possono accedere alla regolamentazione finanziaria relativa alle garanzie internazionali iscritte nel registro aeronautico nazionale (RAN).
Da questo punto di vista, le motivazioni per cui non si procede in questo senso sono dovute comprensibilmente anche al fatto che questa normativa ha subito l'influenza dei Paesi in cui vige un sistema giuridico caratterizzato dalla common law rispetto a realtà come la nostra caratterizzate dalla civil law. Penso, però, che sia un tema sicuramente superabile per provare a costruire un contesto e un terreno per i nostri operatori tali da dare garanzia sia ai finanziatori che alle compagnie, anche perché è necessario uniformare e dare garanzie. L'Europa lo ha fatto solo parzialmente perché alcune riserve che si potevano mettere all'inizio, ovvero al momento della firma del protocollo, non sono state messe. Mi riferisco, in particolare, agli articoli 11 e 30, maggiormente coinvolti nella discussione che stiamo facendo. Non avendo apposto quelle riserve al momento della firma, non sono più opponibili. Da questo punto di vista, dobbiamo dare maggiori garanzie per poter uniformare il quadro normativo. Penso sia opportuno avviare una discussione e portare in Assemblea la ratifica. Quindi, vediamo di risolvere gli ultimi punti ancora in sospeso e di fare i necessari approfondimenti con tutti i Ministeri coinvolti, compreso il Ministero della giustizia, in modo da addivenire alla possibilità di ratificare e di dare un quadro più chiaro.
Faccio un'ultima riflessione sul dispositivo di Forza Italia presentato dal senatore Mallegni. Rispetto alla mozione presentata dal MoVimento 5 Stelle, inserisce ulteriori punti. Mi riferisco, in particolare, al secondo capoverso del dispositivo che impegna il Governo ad adottare, all'interno del medesimo disegno di legge di ratifica, iniziative normative volte a innalzare le garanzie economiche necessarie a fondare una compagnia aerea in Italia e nella Comunità europea, prevedendo, tra l'altro, che una nuova compagnia aerea disponga di buona solidità finanziaria, da dimostrare anche, solo a titolo di esempio, tramite la proprietà di aerei; e al terzo punto che impegna ad attivarsi, per quanto di competenza e anche attraverso accordi internazionali, al fine di stabilire controlli efficaci sulle compagnie aeree che operano in Italia. È un tema estremamente complesso.
La mozione chiede di avviare la ratifica della convenzione di Cape Town, che si occupa nello specifico di dare garanzie internazionali ai finanziatori, ma che non è il tema di discussione della mozione. Se ci dobbiamo concentrare, quindi, sulla convenzione di Cape Town e sull'attuazione del protocollo, penso che questi punti siano pleonastici e meritevoli di un approfondimento con altri strumenti.
Da questo punto di vista, come ribadirà il senatore D'Arienzo in sede di dichiarazioni di voto, il Partito Democratico esprime un parere di massima favorevole, volendo però ascoltare anche il parere del Governo. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore De Siano. Ne ha facoltà.
DE SIANO (FIBP-UDC). Signor Presidente, le mozioni al nostro esame intendono sollecitare il recepimento del trattato multilaterale di Città del Capo attraverso il quale si vuole creare un complesso di norme omogenee, di standard e di garanzie internazionali per quanto riguarda gli aeromobili e i motori, i beni mobili strumentali del settore aereo, ferroviario e spaziale. Una volta che tutti i Paesi che hanno sottoscritto il trattato lo avranno ricevuto nei rispettivi ordinamenti, esso avrà validità sui territori degli Stati aderenti.
Il Trattato è importante specie in questo momento, perché riguarda uno dei settori - quello aereo - che più ha sofferto e soffre a causa delle chiusure agli ingressi e alle uscite dai vari Paesi nel mondo. Il Trattato intende dare una maggiore garanzia di stabilità finanziaria e, quindi, operativa al mercato di riferimento con - a caduta - garanzie per il settore del trasporto aereo e ferroviario e, pertanto, per gli ingressi degli stessi viaggiatori.
La Convenzione relativa alle garanzie internazionali su beni mobili strumentali e i tre protocolli riguardanti il materiale aeronautico, il materiale rotabile ferroviario e i beni spaziali compongono il Trattato di cui chiediamo la ratifica. La Convenzione è del 2004 ed è già stata firmata da ventotto Paesi; il Protocollo sul materiale aeronautico invece è del 2006 e hanno già aderito quarantasei Paesi. Lo scopo del pacchetto di disposizioni cui chiediamo di aderire, recependole con una legge italiana, è offrire un quadro normativo che semplifichi l'offerta di finanziamento di beni aeronautici mediante una garanzia internazionale.
In assenza delle nuove disposizioni a garanzia, abbiamo un mercato italiano dove i finanziamenti di aeromobili hanno costi più alti, in quanto né i finanziatori, né i debitori possono accedere alla regolamentazione finanziaria relativa alle garanzie internazionali iscritte nel registro telematico internazionale. Il Trattato, al contrario, contiene diverse tipologie di garanzia sia per i finanziatori che per i debitori.
Quella che riteniamo sia la più interessante per il settore dei nostri aeromobili ed elicotteri è la cosiddetta disciplina di efficacia e opponibilità ai terzi della garanzia iscritta nel registro internazionale ed anche la possibilità di applicare la Convenzione stessa e i mezzi immatricolati nel registro degli aeromobili di uno Stato contraente. Allo stesso modo, in caso di insolvenza del creditore, le procedure di restituzione del materiale aeronautico possono agevolare il settore in Italia. Il Trattato andrebbe quindi modificato e potenziato anche in funzione dei nostri interessi nazionali.
Le compagnie aeree oggigiorno tendono ad utilizzare lo strumento della locazione finanziaria, il cosiddetto leasing, per i propri aeromobili e sempre meno a prenderli in proprietà. Pertanto, è persino possibile fondare una compagnia aerea avendo tutti gli aeromobili in leasing, condizioni molto semplificate che richiedono una capacità finanziaria certamente ridotta. Questo può essere anche visto come un elemento di criticità in un mercato, come quello dei servizi aerei, in cui si misurano grandi compagnie aeree fortemente strutturate. E per sfidare i colossi c'è il rischio che una società con una solidità finanziaria non adeguata sia poi costretta a chiudere dal confronto col mercato, con implicazioni evidenti sui posti di lavoro perduti, sul mancato versamento dei contributi, sull'attivazione degli strumenti pubblici di sostegno al reddito, sui fornitori e sui creditori, ma rilevando possibili ricadute negative anche sui passeggeri.
Quindi, siamo certamente favorevoli a ratificare la Convenzione di Città del Capo e il relativo Protocollo in materia di materiale aeronautico attraverso gli opportuni strumenti di legge. Allo stesso tempo siamo a favore dell'innalzamento delle garanzie economiche necessarie a fondare una compagnia aerea in Italia e nell'Unione europea: disposizioni che si potrebbero inserire nella stessa legge di ratifica. Mai come in questo momento bisogna operare una distinzione netta tra operatori affidabili e meno affidabili, per cui diventano importanti le funzioni dell'Ente nazionale per l'aviazione civile per la verifica degli standard stabiliti - noi diciamo - a presidio della solidità delle compagnie aeree, ma intendiamo soprattutto a garanzia di chi viaggia in aereo e dei cittadini, su cui spesso ricade il conto del fallimento delle compagnie aeree. (Applausi).
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione.
Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo, al quale chiedo di esprimere il parere sulle mozioni presentate.
DEL RE, sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale. Signor Presidente, esprimiamo parere favorevole sulla mozione 1-00133 (testo 2), presentata dalla senatrice Lupo e da altri senatori.
Per quanto riguarda la mozione 1-00270, presentata dalla senatrice Bernini e da altri senatori, esprimiamo parere favorevole sul punto 1, se riformulato come il punto 1 della mozione 1-00133 (testo 2), ovvero «a favorire, in tempi rapidi, l'avvio dell'iter per la presentazione alle Camere del disegno di legge di autorizzazione alla ratifica della convenzione di Cape Town e del relativo protocollo aeronautico, firmati a Cape Town il 16 novembre 2001, coinvolgendo tutte le amministrazioni preposte, con le eventuali riserve e dichiarazioni previste,».
Per quanto riguarda i punti 2, 3 e 4 del dispositivo, esprimiamo parere contrario, perché si tratta di aspetti non attinenti alla Convenzione di Cape Town e che, per la loro rilevanza, meritano un approfondimento separato.
PRESIDENTE. Passiamo dunque alla votazione delle mozioni.
VONO (IV-PSI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
VONO (IV-PSI). Signor Presidente, colleghi, rappresentanti del Governo, in questo periodo difficile in cui tutte le società, anche quelle di grandi dimensioni, hanno difficoltà di accesso al credito in particolar modo nel settore aeronautico, dove gli acquisti sono finanziati dalle aviolinee attraverso operazioni molto complesse e contratti di leasing che richiedono un sistema di diritti e garanzie a favore della banca finanziatrice o della società di leasing, diventa sempre più gravoso, anche a causa della lentezza dei vari processi e a volte dei vuoti normativi del nostro sistema giuridico, accedere a finanziamenti internazionali più competitivi, allontanando così un numero elevato di finanziatori di aerei.
Per superare le suddette difficoltà, nel 2001 l'Italia ha firmato il Trattato internazionale nella conferenza diplomatica di Città del Capo, ma ad oggi la Convenzione e il relativo Protocollo aeronautico attendono di essere ratificati. Recependo finalmente la Convenzione nel nostro sistema giuridico potremo ridurre i rischi finanziari mediante l'introduzione di criteri unici per la tutela della banca finanziatrice o della società di leasing, come ad esempio l'introduzione di norme internazionali comuni per individuare la giurisdizione competente per la risoluzione dei conflitti, oppure il diritto di rivendicare la proprietà del velivolo o il diritto del creditore ipotecario di accedere al bene ipotecato.
Finalmente i finanziatori, attraverso l'iscrizione nel registro internazionale unico completamente accessibile online, in cui si iscrivono i velivoli, il proprietario e le garanzie date alle banche su base dichiarativa e seguendo il principio della antecedenza, avranno una prelazione assoluta rispetto alle iscrizioni successive.
Con la ratifica della Convenzione, i creditori potrebbero servirsi di una serie di misure finalizzate a far valere i propri diritti o interessi sull'aeromobile, incluse le operazioni per rendere più rapida possibile l'assunzione di provvedimenti cautelari senza la necessità di intervento giudiziario. Si avrebbe la garanzia di soddisfazione a livello generale dei requisiti specifici del settore aeronautico concedendo la massima fiducia a finanziatori e creditori impegnati nel garantire il credito nel settore.
Attuando i princìpi previsti dalla Convenzione di Città del Capo si darebbe riconoscimento a interessi internazionali legati all'aeromobile in riferimento ai diritti riconosciuti a livello internazionale a proprietari, locatori, locatari e finanziatori dell'aeromobile, semplificando e armonizzando le procedure internazionali con benefici generalizzati e diffusi. È importante e necessario avere un quadro giuridico unico di riferimento per le garanzie internazionali sui velivoli per rispondere correttamente alle esigenze ormai internazionalmente riconosciute e permettere a tutte le parti interessate al settore del trasporto aereo di godere di ampi e reciproci benefici.
Ratificare la Convenzione significherebbe equiparare la nostra legislazione a quella di altri Paesi per attrarre banche e società di leasing aeronautico, le quali sicuramente preferiscono registrare i propri velivoli in Paesi coperti dalla Convenzione. Si incrementerebbe così l'operatività delle aviazioni civili nazionali e la competitività delle banche nazionali attraverso la riduzione di costi e rischi per i finanziamenti internazionali. Avremo anche la possibilità di sviluppare un contesto politico e legislativo favorevole per le società di leasing e le banche finanziatrici, con un rilevante incremento dell'occupazione e maggiori introiti fiscali. La ratifica in esame appare dunque necessaria per portare ossigeno alle aviolinee con una certa riduzione dei costi finanziari e un più ampio accesso alle fonti di finanziamento internazionali.
Ancora, è fuor di dubbio che con la Convenzione ratificata tutti i costruttori aeronautici nazionali, grazie alle maggiori opportunità di finanziamento per i loro clienti con conseguenti vantaggi anche per i passeggeri, in quanto una riduzione del costo di finanziamento necessariamente influirà sulle tariffe aeree, potranno così aumentare non solo le vendite, ma - quello che è più rilevante - anche i livelli occupazionali con beneficio economico e sociale per tutto il nostro Paese.
Per tutti questi motivi, il Gruppo parlamentare Italia Viva-P.S.I. condivide la mozione e dichiara il proprio voto favorevole. (Applausi).
D'ARIENZO (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
D'ARIENZO (PD). Signor Presidente, il Gruppo Partito Democratico voterà a favore della mozione n. 133 (testo 2) a prima firma della senatrice Giulia Lupo, perché in un momento delicato come l'attuale, con le banche di tutto il mondo, comprese quelle italiane ovviamente, che sono in sofferenza e hanno alzato l'attenzione sul tema del credito e dei rischi di insolvenza, l'accesso al credito è diventato punto essenziale per molte società, soprattutto quelle di grandi dimensioni.
In riferimento agli aerei, che tradizionalmente si rifinanziano attraverso operazioni complesse e contratti di leasing, la ratifica del Trattato al nostro esame è ancora più importante. L'inadeguatezza del sistema giuridico italiano e la lentezza di una serie di processi che limitano l'accesso delle aviolinee - sulle quali l'Italia ha delle esperienze molto significative - a finanziamenti internazionali più competitivi, rappresentano un problema per lo sviluppo in prospettiva delle società in esame, in quanto il loro rifinanziamento richiede un sistema di diritti e di garanzie a favore della banca che finanzia o della società di leasing che nel nostro Paese sta comportando, a causa della presenza di una serie di ostacoli, situazioni addirittura paradossali.
Per superare tali difficoltà si era pensato al Trattato che è stato firmato nel 2001 e che poi - com'è noto - non è stato mai recepito. In realtà, il recepimento della Convenzione - e la mozione va in questa direzione - permetterà di ridurre i rischi finanziari a carico delle banche o delle società di leasing - ad esempio - grazie al diritto di rivendicare la proprietà del veicolo o del creditore ipotecario di accedere al bene ipotecato, che sembrano due banalità assolute ma, ad oggi, ancora non sono possibili.
Quindi, l'attuazione dei principi previsti dalla Convenzione di Cape Town permetterà di semplificare e armonizzare le procedure internazionali e ciò garantirà benefici generalizzati e diffusi in particolare al nostro Paese. La creazione, finalmente, di un quadro giuridico di riferimento unico per le garanzie internazionali sui veicoli risponde ad esigenze riconosciute negli altri Paesi, ma che si avvertono soprattutto in Italia.
Ad oggi, molti Paesi hanno già ratificato il Trattato di Cape Town e questo ha creato un disequilibrio anche all'interno della stessa Unione europea, nell'ambito della quale alcuni Paesi come l'Irlanda fanno da padroni. Quindi, una sua ratifica da parte nostra ci permetterebbe di equiparare la nostra legislazione a quella degli altri Paesi che attraggono le aviolinee per i finanziamenti delle banche o delle società di leasing aeronautico. È più conveniente infatti registrare i propri velivoli - lo fa anche all'Italia - in questi Paesi, incrementando l'operatività delle operazioni altrove, anche se si tratta di beni nazionali.
Dunque, l'approvazione della Convenzione aumenterebbe la competitività delle nostre banche e delle nostre società di leasing e ciò potrebbe comportare, ovviamente, una riduzione dei costi per le società aeree e rischi minori connessi ai finanziamenti internazionali.
La ratifica del Trattato di Cape Town porta, quindi, beneficio alle aziende italiane; porta beneficio alle società bancarie, agli istituti di credito italiani e alle società di leasing italiane. Non solo: vi è un ulteriore beneficio che riguarda, non più solo le banche e le società di leasing o quelle aeree, ma anche le agenzie Sace e Simest, nel senso che la ratifica, da parte dell'Italia, del Trattato di Cape Town permette di ridurre il rischio - finora è capitato e capiterà ancora - che si sono assunte le agenzie Sace e Simest nell'attività di finanziamento delle esportazioni italiane. Infatti, sia Sace che Simest sono particolarmente impegnate in questo momento e presenti sul finanziamento delle esportazioni di alcuni velivoli.
In prospettiva, la ratifica del Trattato porterà l'Italia allo stesso livello di altri Paesi nel mondo ma, soprattutto, all'interno dell'Unione Europea; e potrebbe favorire i costruttori aeronautici nazionali, che potranno beneficiare, potenzialmente, di un aumento sia delle vendite che dei livelli occupazionali, grazie alle maggiori opportunità di finanziamento per i loro clienti. Questo potrebbe determinare anche una riduzione dei costi e dei riflessi positivi sulle tariffe aeree.
Quindi, la ratifica della Convenzione - così come diceva anche il collega, senatore Alfieri, che si è espresso nella fase della discussione generale - è nell'interesse dell'Italia, nell'interesse dell'industria del trasporto aereo, delle industrie nautiche e delle banche finanziatrici, perché rende più favorevole - come ho già detto - il finanziamento di velivoli ed elicotteri.
Per chiudere questo processo, che va avanti da molti anni, si è dovuto attendere la riflessione, alla fine conclusa, finalmente, da parte dell'Unione europea, su chi avesse la titolarità a ratificare questo Trattato: se i Parlamenti nazionali o l'Unione europea stessa (la Commissione europea, nel particolare). Adesso che il nodo è stato sciolto, ovvero che spetta ai Parlamenti nazionali dell'Unione procedere alla ratifica, non ci sono più lentezze e più ostacoli per la ratifica.
In questo modo, anche l'Italia, nel momento in cui si procederà in Aula alla ratifica, potrà godere del sistema di tutele giuridiche pari a quello di coloro che l'hanno già ratificato, e tutelare meglio gli istituti di credito, le società di leasing e l'industria italiana aeronautica.
Speriamo che questo porti benefici sia sui flussi di finanziamento sia sulla salvaguardia del nostro patrimonio industriale e - ci auguriamo - anche sulle tariffe per i passeggeri. Per queste ragioni positive, il Gruppo Partito Democratico sosterrà positivamente la mozione n. 133 (testo 2), a prima firma della senatrice Lupo. (Applausi).
AIMI (FIBP-UDC). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
AIMI (FIBP-UDC). Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, colleghi senatori, prima a di esprimere il voto sulle mozioni in esame, mi sia consentito un breve excursus, che credo sia importante e necessario, quasi un volo di ricognizione radente sulla nostra normativa.
Negli anni Ottanta, in Italia, le compagnie aeree che volevano aprire ed effettuare l'attività di trasporto passeggeri e il trasporto merci, dovevano avere la disponibilità, all'interno della propria flotta, di oltre il 50 per cento di vettori in proprietà. Successivamente, la norma è cambiata e oggi ci ritroviamo con compagnie che aprono, che esercitano la loro attività e hanno gli aeromobili in leasing.
Questo crea ovviamente una situazione di preoccupazione e non solo per la politica ma per tutti, perché - come avrete compreso - è sufficiente un capitale minimo per poter aprire una compagnia aerea, con tutte le conseguenze del caso, a partire anche dai risparmi che molto spesso vengono effettuati nell'ambito della manutenzione e del controllo degli aeromobili.
Negli ultimi anni purtroppo abbiamo assistito anche all'apertura e alla chiusura di compagnie aeree, in particolare negli ultimi decenni, e ciò ha provocato dei danni incommensurabili al sistema Italia, e non solo per la concorrenza molto spesso sleale posta in atto nei confronti delle compagnie tradizionali, ma anche - ad esempio - per il mancato pagamento dei contributi INPS, degli stipendi ai dipendenti, del fondo volo e dei fornitori, creando le situazioni di disequilibrio estremamente gravi. In definitiva, potrei dire che si è trattato di un grave danno per l'Italia.
L'attuale normativa prevede che le società che aspirino ad aprire compagnie aeree debbano dimostrare all'ENAC di avere la capacità economica, che, tuttavia, è molto limitata, perché riguarda la possibilità, per le compagnie stesse, di sostenere per tre mesi le spese relative agli adempimenti nei confronti dei fornitori, del personale di volo e naturalmente dei lessor. Mi pare che ci troviamo anche qui di fronte a una situazione estremamente critica, proprio per l'insufficienza di garanzie; tant'è che negli ultimi dieci anni abbiamo assistito a numerosi fallimenti. Nell'ultimo anno voglio ricordare semplicemente la chiusura di Air Italy, che raggruppava Air Italy, Eurofly e Meridiana.
Io credo che in relazione ai lessor, che sono - lo voglio esplicitare - i proprietari degli aeromobili concessi in leasing (il cosiddetto locatore), ci risulta che negli ultimi decenni in Italia neppure un aereo di proprietà di qualche concedente sia stato bloccato o pignorato. Questa è la situazione reale, che mette in grosse difficoltà i fornitori e tutta la conseguente catena e crea le situazioni di disequilibrio. Dobbiamo ancora segnalare - ad esempio - come all'interno della Comunità economica europea ci siano Paesi che hanno norme addirittura più elastiche rispetto alle nostre per ottenere l'AOC (air operator certificate); anche in questo caso si crea una situazione particolare per quanto riguarda la concorrenza.
Vorrei poi dire due parole su Alitalia privata, che negli ultimi anni è stata contestata in moltissime situazioni. Vorrei ricordare che è costata allo Stato circa un miliardo e 300 milioni, ma vorrei ricordare altresì che Alitalia ha versato allo Stato circa due miliardi e mezzo di euro in tasse, in contributi INPS e in contributi al Fondo volo, che è il fondo pensionistico dei piloti e degli assistenti di volo; ci sarebbe quindi un saldo attivo addirittura di un miliardo e 200 milioni. Noi riteniamo, come Gruppo Forza Italia, che, se Alitalia fosse gestita in maniera migliore e più professionale, potrebbe creare una situazione molto più vantaggiosa all'Italia stessa.
Un altro problema è rappresentato dalle compagnie low cost. Secondo un rilevante studio uscito recentemente e pubblicato da un importante quotidiano nazionale, si è verificato che le compagnie in questione ottengono annualmente in Italia, dagli aeroporti italiani, circa 300 milioni di euro. Tuttavia - è un fatto notorio - le tasse non vengono pagate in Italia e questo è un problema. La maggior parte dei passeggeri che proviene dall'Italia viene trasportata al di fuori dell'Italia stessa. Qui vorrei ricordare la situazione della British Airways, che è una grande compagnia aerea, avente un numero molto elevato di vettori internazionali; le compagnie low cost in buona sostanza si trovano ad aiutarla e ad incrementarne l'attività, mentre Alitalia si trova in difficoltà, soprattutto per la ragione che evidenziavo prima, e cioè la concorrenza sleale.
In conclusione, riteniamo assolutamente che le norme in esame debbano essere approvate e, in particolare, la Convenzione perché, con la sua approvazione, ci sarebbero maggiori garanzie economico-finanziarie, soprattutto per chi volesse aprire una compagnia aerea.
Queste norme, tuttavia dovranno avere - a nostro modo di vedere - una valenza all'interno di tutta la Comunità europea, e non solo nel nostro territorio. Come hanno detto prima alcuni colleghi, anche l'ENAC dovrà essere potenziata e dimensionata in modo tale da poter effettuare i controlli adeguati su tutte le compagnie aeree operanti in Italia, in particolare su quelle nazionali che dovessero rivelarsi eccessivamente elastiche nell'applicazione delle norme. Infatti le Nazioni, che molto spesso - come detto all'inizio del mio intervento - hanno una legislazione a maglie molto larghe, si mettono in concorrenza con le nostre compagnie di navigazione, in particolare con Alitalia.
Come dicevamo prima con la collega Lupo, siamo in sintonia con i princìpi e gli auspici della mozione da lei presentata e, quindi, esprimeremo su di essa un voto favorevole, così come faremo sulla nostra mozione, che credo possa essere di grande interesse e soprattutto consentire all'Italia di mettersi sui binari giusti per poter recuperare economicamente quella forbice creatasi con le compagnie aeree di altri Paesi, che sono molto più strutturati rispetto al nostro. (Applausi).
LUCIDI (L-SP-PSd'Az). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCIDI (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, colleghi e Governo, dichiaro subito il voto favorevole del Gruppo Lega alle due mozioni in esame, spiegandone le ragioni.
Prima però di dare la motivazione, considerando anche che molte considerazioni sono state già fatte, vorrei fare un discorso generale sul senso della mozione. Si tratta di una mozione un po' sui generis, un po' particolare, perché stiamo impegnando il Governo a ratificare un protocollo, creando un disegno di legge per fare ciò. La procedura è ovviamente legittima, ma noi abbiamo preferito non depositare una mozione perché crediamo esistano delle vie molto più brevi per fare un'operazione di questo tipo. Un'interlocuzione quotidiana con il Governo - per esempio - avrebbe permesso di avere subito a disposizione questo disegno di legge. In alternativa, avremmo potuto presentarlo anche noi, ma in tal caso sarebbe subentrato un problema: laddove cioè venisse presentato un disegno di legge di iniziativa parlamentare - come già accaduto - con cui si chiede la ratifica del Protocollo in esame, il Senato avrebbe dovuto discutere un disegno di legge di iniziativa parlamentare. Si sarebbe in tal caso aperto uno scenario del tutto differente, come abbiamo detto più e più volte. Qualcuno ha preferito scegliere allora la via governativa su un atto che tutto sommato è molto condivisibile e abbastanza facile da seguire.
Detto questo, è importante - a mio avviso - fare un rapido percorso anche temporale sulla storia del Protocollo, perché stiamo parlando di una Convenzione risalente al 2001, entrata in vigore nel 2004, con l'adesione dell'Unione europea del 2009. Stiamo parlando di un percorso che ha interessato la Convenzione per circa vent'anni, nel corso dei quali sono successe molte cose nel mondo, in molti settori, ma quello in questione è molto specifico. Stiamo parlando del settore aeronautico, ma - come si evince dall'oggetto della mozione e della Convenzione - è coinvolto anche il settore spaziale nel quale - come capite bene - vent'anni equivalgono ad una vera e propria era. Qualcuno ha citato prima le compagnie low cost. Il mondo dei trasporti aerei, anche se non sono un esperto, è profondamente cambiato, come è cambiato anche il mondo dell'aerospazio. Quindi oggi non esistono più i grandi vettori, ma si parla di mini, micro, nanosatelliti e, quindi, tutto il materiale che compone i nostri beni mobili strumentali aerospaziali è di dimensioni e portabilità estremamente ridotte. Di conseguenza, ci troviamo ad affrontare uno scenario completamente differente. All'atto di ratifica della Convenzione - lo ricordo a me stesso e poi all'Assemblea - sappiamo bene che non andremo a modificarla e, quindi non ci sarà dato modo di aggiornarla, eventualmente, laddove necessario. Ribadisco che procederemo semplicemente ad un percorso di ratifica tal quale. Questo, chiaramente, è un problema che riguarda non solo questo argomento, ma tutte le ratifiche.
Ciò detto, l'oggetto del contendere è sicuramente estremamente importante, soprattutto in questo periodo. Veniamo da una crisi enorme, che non conosce pari da molti decenni, ed è chiaro che anche il settore in questione ha bisogno di una particolare attenzione e di finanziamenti, sostegni e sussidi. L'oggetto della mozione e soprattutto della Convenzione è - a nostro modo di vedere - estremamente importante perché permetterebbe di avere un quadro normativo omogeneo e, quindi, uno scenario giurisdizionale unico, che ovviamente è importante per la possibilità di attrarre investimenti per le nostre aziende, ma anche, in maniera bidirezionale, per permettere ai nostri imprenditori di muoversi liberamente sul mercato internazionale. La mancata ratifica della Convenzione da circa vent'anni ha determinato il fatto che sul mercato italiano ovviamente abbiamo avuto, purtroppo, dei costi molto più alti e tutto ciò ha aumentato il rischio del settore sul mercato finanziario. È già stato detto che ci sarà una forte riduzione dei rischi finanziari per strutture quali Sace e Simest.
Ribadisco, pertanto, il voto favorevole del Gruppo Lega-Salvini Premier, auspicando un percorso molto veloce per la ratifica e che si possa eventualmente valutare, laddove il Governo, a fronte di un impegno preso, sia ancora un po' inerte rispetto alla ratifica, la possibilità di provvedere con un disegno di legge di iniziativa parlamentare. (Applausi).
DI GIROLAMO (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DI GIROLAMO (M5S). Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, la mozione che ci apprestiamo a votare oggi riveste grandissima importanza, affinché il Governo possa dare seguito a quanto stabilito nel Trattato multilaterale adottato nel corso della conferenza diplomatica tenutasi a Città del Capo tra il 29 ottobre e il 16 novembre del 2001; un Trattato dai contenuti specifici di grande peso. Parliamo di garanzie internazionali su beni mobili strumentali, ovvero di norme uniformi che disciplinano la costituzione e gli effetti di una garanzia internazionale su determinate categorie di beni mobili strumentali.
Il nuovo quadro giuridico internazionale mira - come indicato in una relazione della Commissione europea - a facilitare l'offerta di finanziamento dei beni aeronautici attraverso la creazione di una garanzia internazionale particolarmente forte a favore dei creditori, che accorda loro la prelazione assoluta su tali beni in un registro internazionale.
È bene ricordare, signor Presidente, che il Trattato viene introdotto ufficialmente a partire dal 1° aprile 2004, ma il cosiddetto Protocollo, quello che specificatamente tratta di aeromobili e motori aeronautici, entra in vigore solo dopo due anni, il 1° marzo 2006. A quella data era stato ratificato da otto Paesi (Etiopia, Irlanda, Malesia, Nigeria, Oman, Panama, Pakistan e Stati Uniti), ai quali poi si sono aggiunti successivamente altri Stati. Purtroppo ad oggi l'Italia non ha ratificato né la Convenzione né il Protocollo aeronautico, pur avendo firmato entrambi i documenti in data 6 dicembre 2001. Questo, signor Presidente, ci è costato molto in termini economici, in quanto nel mercato italiano i finanziamenti ad aeromobili hanno costi elevati; i vettori aerei operanti in Italia non possono infatti accedere alla regolamentazione finanziaria relativa alle garanzie internazionali iscritte nel registro telematico e naturalmente ciò condiziona l'intero mercato. Come l'Italia, anche la Francia e la Germania hanno firmato la Convenzione e il Protocollo, rispettivamente nel 2001 e nel 2002, ma non hanno ancora provveduto a ratificarli.
All'inerzia delle istituzioni italiane ha risposto la Commissione europea, presentando inizialmente due proposte di firma poi bloccate in seno al Comitato speciale dei rappresentanti permanenti, a causa di dissidi tra Spagna e Regno Unito. Nel frattempo, a partire dal 2004, nuovi Stati hanno aderito all'Unione europea e il 1° marzo 2006 la Convenzione di Cape Town e il Protocollo sul materiale aeronautico sono entrati in vigore, rendendo del tutto obsoleta la proposta di firma avanzata dalla Commissione europea e rendendo altresì necessario l'avvio di un procedimento finalizzato all'adesione alla Convenzione e al Protocollo.
Il procedimento di adesione da parte dell'Unione europea si è concluso il 29 aprile 2009 e la Convenzione e il Protocollo sono entrati in vigore nell'ordinamento europeo il successivo 1° agosto. Nonostante tale adesione, le limitazioni restano diverse. La disciplina soprarichiamata relativa alla garanzia internazionale sui beni strumentali e la prelazione garantita al finanziatore che provvede all'iscrizione di tale garanzia nel registro telematico non è ancora applicabile. È giunto il momento di ovviare a queste condizioni che risultano controproducenti per il nostro Paese.
La citata Convenzione e il Protocollo aeronautico introducono un nuovo quadro giuridico relativo alle garanzie internazionali sui beni strumentali, sui relativi diritti e alla definizione in tale ambito di un sistema internazionale di iscrizione a scopo cautelativo. La Convenzione specifica il campo di applicazione dello strumento finanziario; favorisce le debite definizioni; fissa i prerequisiti formali per la costituzione di garanzia internazionale, disciplinando la loro efficacia nei confronti di terzi e stabilisce i mezzi di ricorso giudiziali in caso di inadempienze alle previsioni della stessa. Secondo la Convenzione di Cape Town, i vettori di uno Stato aderente al relativo protocollo che acquistano un aereo possono giungere con i loro fornitori a condizioni finanziarie nettamente migliori rispetto a quelle normalmente applicate dal mercato. Insomma, è una svolta decisiva.
A fronte di tali vantaggi per il vettore, il creditore, in caso di insolvenza o fallimento del cliente, potrà facilmente recuperare quanto a lui dovuto in virtù di rimedi previsti dalla Convenzione e dall'annesso Protocollo: un aspetto anche questo che va preso in massima considerazione. Più in particolare il Protocollo disciplina le modalità di restituzione a favore del finanziatore del materiale aeronautico che costituisce la garanzia del creditore per il caso di insolvenza del debitore. Tra le misure di maggior rilievo va menzionata la possibilità del creditore di ottenere, in caso di inadempimento e purché siano presenti determinate condizioni, la cancellazione dell'aeromobile dal registro nazionale di immatricolazione o l'esportazione e il trasferimento fisico del materiale aeronautico dal territorio nel quale esso si trova. Appare del tutto evidente che un vettore che impiega aeromobili registrati in un Paese aderente alla Convenzione, sia in forma di leasing sia nel caso di proprietà da parte di una propria controllata, può sfruttare l'adesione del proprio Paese al Protocollo, ottenendo delle migliori condizioni.
A fronte di ciò, c'è la garanzia in capo a chi eroga il finanziamento di avere maggiori certezze, che gli permettano di rivalersi immediatamente, qualora ciò si renda necessario. Tra gli Stati a noi geograficamente più vicini, alla Convenzione e al Protocollo hanno aderito la Repubblica di Malta e la Repubblica di San Marino, con conseguente trasloco virtuale di operatori e compagnie di leasing dall'Italia.
È giunto il momento che anche il nostro Paese rompa gli indugi ed elimini questa stortura. Dichiaro quindi il voto favorevole del Gruppo MoVimento 5 Stelle alla mozione sul Protocollo aeronautico della convenzione di Cape Town del 2001, in quanto tale recepimento servirebbe ad uniformare, a vantaggio tanto del creditore quanto del debitore, la disciplina della registrazione della proprietà, del finanziamento e delle garanzie relative alle transizioni internazionali aventi ad oggetto specifici beni, come gli aeromobili, indipendentemente dal luogo in cui si trovano. (Applausi).
PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione, avverto che, in linea con una prassi consolidata, le mozioni saranno poste ai voti secondo l'ordine di presentazione.
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo della mozione n. 133 (testo 2), presentata dalla senatrice Lupo e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B). (Applausi).
Passiamo alla votazione della mozione n. 270.
MALAN (FIBP-UDC). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MALAN (FIBP-UDC). Signor Presidente, intervengo per chiedere il voto per parti separate sulla nostra mozione, anche in relazione alla posizione espressa dal Governo, votando separatamente il punto 1 della parte dispositiva e successivamente i punti 2, 3 e 4.
PRESIDENTE. Il punto 1 verrebbe quindi messo ai voti nel testo riformulato dal Vice Ministro?
MALAN (FIBP-UDC). Sì, signor Presidente, nella riformulazione proposta dal Governo.
PRESIDENTE. Chiedo all'Assemblea se è favorevole alla richiesta di votazione per parti separate, ricordando che era stato espresso parere favorevole da parte del Vice Ministro sulle premesse, che quindi voteremmo insieme al punto 1, mentre successivamente voteremmo gli altri, sui quali è stato espresso parere contrario da parte del Governo.
Se non si fanno obiezioni alla proposta avanzata dal senatore Malan, si procederà alla votazione della mozione per parti separate.
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo delle premesse e del punto 1) della mozione n. 270 (testo 2), presentata dalla senatrice Bernini e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dei punti 2), 3) e 4) della mozione n. 270 (testo 2), presentata dalla senatrice Bernini e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Discussione delle mozioni nn. 257, 261, 265, 271 e 274 su Autostrade per l'Italia (ore 10,50)
Approvazione della mozione n. 265 (testo 2) e dei punti 1) e 5) della mozione n. 271 (testo 2). Reiezione delle mozioni 257 e 261 e delle premesse e dei punti 2), 3) e 4) della mozione n. 271 (testo 2). Ritiro della mozione n. 274
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni 1-00257, presentata dal senatore Salvini e da altri senatori, 1-00261, presentata dal senatore Ciriani e da altri senatori, 1-00265, presentata dal senatore Cioffi e da altri senatori, 1-00271, presentata dalla senatrice Bernini e da altri senatori, e 1-00274, presentata dalla senatrice Vono e da altri senatori, su Autostrade per l'Italia.
Ha facoltà di parlare la senatrice Pucciarelli per illustrare la mozione n. 257.
PUCCIARELLI (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, da ligure è un onore illustrare la mozione presentata dal mio Gruppo sulla gestione delle autostrade, sul blocco della rete autostradale che la mia Regione subisce quotidianamente, con ingenti danni economici, e sui dubbi che riguardano l'accordo siglato nel Consiglio dei ministri in data 15 luglio scorso.
I dubbi sull'accordo riguardano principalmente l'uscita di scena di Atlantia e il subentro di Cassa depositi e prestiti. Siamo preoccupati per il debito di Aspi, che si aggira intorno ai 10 miliardi di euro, cui dovrà far fronte chi subentra ad Atlantia, cioè Cassa depositi e prestiti. Ricordiamo che Cassa depositi e prestiti si finanzia principalmente con il risparmio postale degli italiani, quindi, a meno di chiarimenti, ad Atlantia andranno gli utili e agli italiani i debiti.
In merito, invece, al blocco della rete viaria, ritengo che la Liguria abbia già dato e che, quindi, non possa più attendere neanche un minuto per tornare alla normalità.
Presidenza del vice presidente CALDEROLI (ore 10,52)
(Segue PUCCIARELLI). Passo alla lettura della mozione: «Premesso che la società Autostrade per l'Italia SpA gestisce 2.857 chilometri di rete autostradale in Italia sulla base della Convenzione unica sottoscritta in data 12 ottobre 2007 con l'allora ente concedente ANAS SpA; nella rete autostradale gestita da Autostrade per l'Italia SpA rientra il tratto autostradale della A10 Genova - Savona, su cui insiste il viadotto Polcevera (anche noto come ponte Morandi), crollato il 14 agosto 2018, con la conseguente morte di 43 persone; il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nella sua qualità di autorità amministrativa concedente, ha avviato un procedimento volto ad accertare eventuali inadempimenti del concessionario Autostrade per l'Italia SpA agli obblighi scaturenti dal rapporto concessorio in essere; contestualmente, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Genova ha avviato le indagini volte a individuare eventuali profili di responsabilità penale connessi al crollo del ponte e ai decessi da esso cagionati; la Convenzione unica del 2007 disciplina, inter alia, l'accertamento di gravi inadempimenti del concessionario, la decadenza della concessione e le ipotesi di recesso, revoca e risoluzione della Convenzione; il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con il decreto n. 386 del 2018, ha nominato una commissione ispettiva, la quale ha elaborato una relazione tecnica, sulla base della quale il Ministero ha prospettato alla società concessionaria la risoluzione della Convenzione per grave inadempimento agli obblighi assunti, in relazione a quanto peraltro previsto dalle citate disposizioni della Convenzione unica del 2007; il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con il decreto n. 119 del 2019, ha altresì istituito un gruppo di lavoro chiamato a verificare le possibili implicazioni giuridiche delle condotte o delle omissioni della società Autostrade per l'Italia SpA, con riferimento al perimento del viadotto Polcevera; tale gruppo ha concluso i suoi lavori con l'approvazione della relazione in data 28 giugno 2019; l'articolo 35, comma 1, del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162, dispone il subentro di ANAS SpA nella gestione di strade o autostrade in caso di revoca, di decadenza o di risoluzione delle relative concessioni, nelle more dello svolgimento delle procedure di gara per l'affidamento a nuovo concessionario»... (Brusio).
Signor Presidente, vorrei un po' di silenzio. Chi non vuole ascoltare non è costretto a rimanere in Aula e può uscire. Si parla della Liguria, di cose importanti; chi non vuole ascoltare e vuole chiacchierare è pregato di uscire. (Applausi). Credo sia giusto nei confronti di chi invece vuole ascoltare. (Commenti). Avete poco da recriminare: chi non vuole ascoltare, può benissimo uscire. (Applausi). Ho il diritto di illustrare una mozione che interessa un'intera Regione che in questo momento è al collasso. (Applausi).
Riprendo la lettura, Presidente: «Nel corso della seduta n. 56, tenutasi nella notte tra il 14 e il 15 luglio 2020, il Consiglio dei ministri ha deliberato di definire la controversia con Autostrade per l'Italia SpA accettando le proposte transattive presentate da quest'ultima; tali proposte prevedono in sintesi: un nuovo assetto societario della stessa Autostrade per l'Italia SpA, con l'immediato passaggio del controllo di essa ad un soggetto a partecipazione statale individuato in Cassa depositi e prestiti (CDP), nonché l'uscita di Autostrade per l'Italia dal perimetro dell'attuale controllante (Atlantia) e la sua contestuale quotazione in borsa; la realizzazione di investimenti compensativi da parte di Autostrade per l'Italia per 3,4 miliardi di euro, la riscrittura della Convenzione unica, il rafforzamento del sistema dei controlli a carico del concessionario, l'adeguamento alla disciplina tariffaria introdotta dall'Autorità di regolazione dei trasporti e l'inasprimento delle sanzioni per violazioni da parte del concessionario.
Considerato che: a quasi due danni dal crollo del Ponte Morandi, non si è giunti ad alcuna decisione in ordine alla revoca o mantenimento in essere della concessione autostradale in capo alla società Autostrade per l'Italia SpA; in meno di due anni si è provveduto alla costruzione del nuovo viadotto, che sarà inaugurato nelle prossime settimane, grazie allo speciale regime normativo previsto dal decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109; la perdurante situazione di stallo tra Governo e la società Autostrade per l'Italia SpA ha portato al blocco di tutti gli investimenti privati sulla rete autostradale in concessione per 14,5 miliardi di euro, nonché ad una totale paralisi della viabilità ligure: da molte settimane, infatti, l'Autostrada dei Fiori (A10) e l'Autostrada dei Trafori (A26) sono interessate da ispezioni e lavori di manutenzione dei viadotti e delle gallerie, il perdurare dei quali è causa di code e rallentamenti su tutta la rete viaria ligure, con pesanti disagi per i cittadini e imprese e perdite per oltre 1 miliardo di euro al mese per il sistema logistico nazionale; i disagi sulla viabilità della Liguria si sono riverberati sul volume dei traffici del porto di Genova e Savona, con un crollo pari a circa il 30 per cento negli ultimi due mesi, impegna il Governo: ad attivarsi affinché la società Autostrade per l'Italia SpA realizzi idonei investimenti sulla rete autostradale in concessione a seguito del crollo del Ponte Morandi, e realizzi in particolare gli interventi infrastrutturali richiesti dalla Regione Liguria e dal Comune di Genova per il territorio e il sistema portuale liguri; a garantire l'effettiva realizzazione degli investimenti compensativi da parte di Autostrade per l'Italia SpA in tempi certi, quale precondizione essenziale alla conclusione dell'accordo transattivo citato in premessa; ad addivenire ad una risoluzione della controversia insorta con Autostrade per l'Italia SpA priva di oneri per lo Stato; a provvedere alla tutela di tutti i soggetti direttamente e indirettamente coinvolti, siano essi gli azionisti, i creditori, i fornitori e i 6.923 dipendenti di Autostrade per l'Italia SpA, nonché al pagamento di indennizzi dovuti alle imprese a compensazione dei danni economici eventualmente patiti; a provvedere, nel caso di assunzione del controllo di Autostrade per l'Italia SpA da parte di Cassa depositi e prestiti, alla tutela degli investitori istituzionali e di tutti i soggetti il cui risparmio gestito costituisce la maggiore fonte di finanziamento di CDP; a riformare la normativa vigente in materia di concessioni autostradali, nei termini di semplificazione e chiarezza normativa, prendendo a riferimento, per quanto compatibili, le best practice riferibili ad altri regimi concessori». Ho concluso, Presidente.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il senatore Ciriani per illustrare la mozione n. 261.
CIRIANI (FdI). Signor Presidente, illustrerò la mozione sottoscritta dal nostro Gruppo, riservandoci di intervenire in dichiarazione di voto in maniera più generale sull'argomento che si presta a molte riflessioni, anche di ordine politico, come è facilmente intuibile.
La nostra mozione, in realtà, riprende un argomento che avevamo già sviluppato quasi un anno fa, quando era esplosa la questione del Ponte Morandi nonché la questione della desecretazione del regime di concessionario, e cioè degli accordi tra lo Stato e le società private che avevano preso in gestione la rete autostradale. Emergeva una stranezza che, peraltro, era facilmente riscontrabile da parte di chiunque frequentasse o frequenti come utente la rete autostradale. Mi riferisco alla lievitazione abnorme e ingiustificata dei costi dei servizi autostradali di ristorazione e commerciali e di vendita del carburante e di prestazione dei servizi carbolubrificanti.
Ciò avviene perché ci sono delle royalties che lo Stato ha autorizzato da parte della società private nei confronti dei gestori di questi servizi commerciali. Si tratta di un regime assolutamente illiberale, ingiustificato e totalmente monopolistico, che ricade naturalmente sulle attività commerciali che sono costrette a imporre prezzi che le escludono dal mercato e dalla competizione. All'interno del mercato libero italiano, pertanto, c'è una sorta di regime costruito ad arte e limitato relativo alle attività all'interno delle autostrade. Qui vige, appunto, un regime del tutto anomalo e, pertanto, chi vuole fare il pieno è costretto a pagare un prezzo altissimo. Il danno è sia per chi deve fare il pieno non avendo alternative in autostrada e sia per la società che deve vendere questi carburanti perché la tendenza di tutti è di scappare dal servizio autostradale.
Alcuni numeri ufficiali che abbiamo registrato parlano di un crollo della vendita della benzina e dei carburanti in autostrada, a fronte di un aumento dei pedaggi in quindici anni del 71 per cento. Non siamo dinanzi a un regime concessionario, ma a una cuccagna che lo Stato ha autorizzato nei confronti di privati. Accanto alla cuccagna di Stato, che si alimenta di pedaggi che aumentano ogni anno molto più dell'inflazione e senza gli investimenti che dovrebbero essere associati; accanto alla strozzatura delle attività commerciali e di un regime totalmente illiberale e accanto al fatto che questi poveri esercenti sono di fatto costretti a svolgere la propria attività con prezzi imposti, è esploso lo scandalo del ponte Morandi.
Il regine autostradale non può essere in contrasto con le leggi italiani e le altre attività che si svolgono al di fuori della rete autostradale.
La conclusione che il Governo ha annunciato su questa vicenda, di cui parlerà il collega Fazzolari fra qualche minuto, è una soluzione che non ci convince. Presidente, circa tre giorni, prima della conclusione, il premier Conte su un giornale aveva esplicitato in maniera solenne due concetti: lo Stato non sarà mai socio di Benetton e la revoca è la strada maestra. La revoca non c'è stata; non c'è stata la risoluzione del contratto; i Benetton sono ancora soci dello Stato. I Benetton ci sono, mentre la revoca non c'è. Se i Benetton usciranno da autostrade, lo faranno con il portafoglio gonfio in tempi che nessuno è ancora in grado di determinare, ma che si annunciano molto lunghi.
La cosa curiosa di questa vicenda è che, al momento, il sottoscritto e il Gruppo parlamentare Fratelli d'Italia non hanno capito in cosa consista questo accordo perché un comunicato stampa non può essere definito tale. Un accordo è un atto scritto; ci saranno un documento e un piano industriale; ci sarà un accordo scritto tra le parti: ci vuole un atto ufficiale sottoposto al controllo del Parlamento e su cui il Parlamento possa esprimere un proprio parere. Noi ad oggi - lo chiedo anche al rappresentante del Governo - non abbiamo un pezzo di carta dal quale dedurre i tempi e i modi di questo passaggio da Benetton a Cassa depositi e prestiti e per la realizzazione - per quanto abbiamo potuto capire perché, ripeto, non abbiamo pezzi di carta e dati ufficiali - di una public company, di cui lo Stato dovrebbe essere indirettamente il controllore.
Presidente, chiediamo che lo Stato e il Governo prendano in mano la vicenda di autostrade non soltanto per la revoca, la risoluzione dei danni, gli investimenti e la presa in carico dei lavoratori, il piano industriale che deve essere confermato e, anzi, aumentato, ma che si facciano carico del problema del costo dei pedaggi e delle royalties. È inaccettabile infatti che in autostrada l'acquisto di un panino e il pieno di benzina costino molto di più di quanto il mercato chiede e molto di più di quanto anche il buonsenso possa immaginare. Questo è un regime che non può continuare; lo Stato deve intervenire perché alla fine chi paga il prezzo di tutto questo è ancora una volta l'utente dell'autostrada, che deve far fronte a un servizio indispensabile gestito in maniera monopolistica, ma i monopoli, anche di Stato, devono essere vietati. (Applausi).
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il senatore Santillo per illustrare la mozione n. 265.
SANTILLO (M5S). Signor Presidente, inizio il mio intervento annunciando il testo 2 che è stato presentato dalla maggioranza. Prima di illustrare la mozione vorrei fare un breve passaggio preliminare: oggi infatti ci troviamo in quest'Aula a trattare il tema autostrade perché il Governo e la maggioranza hanno sicuramente messo a segno un punto importante. C'era chi dava per giuridicamente impossibile o tecnicamente sbagliata la risoluzione del contratto di concessione avanzata all'indomani degli approfondimenti tecnici che hanno riguardato i fatti tragici verificatisi con il crollo del ponte Morandi il 14 agosto 2018. Oggi invece possiamo affermare chiaramente che la parte privata evidentemente non la riteneva così impossibile, altrimenti non avrebbe accettato di arrivare ad una transazione con lo Stato che ribalta il modello di gestione delle autostrade sin qui seguito.
Venendo nel merito della discussione, ripercorro velocemente quanto accaduto dall'agosto del 2018 fino ad arrivare al grande risultato ottenuto oggi. È noto a tutti che, all'indomani del crollo del viadotto Polcevera insistente sul tratto autostradale della A10 Genova-Savona, il Ministero delle infrastrutture ha avviato verifiche per accertare eventuali inadempimenti degli obblighi derivanti dal rapporto concessorio in essere in forza della convenzione unica del 2007 da parte di Autostrade per l'Italia. È stata nominata successivamente una commissione ispettiva tecnica, a cui è stato chiesto di individuare le possibili cause del crollo del viadotto. La commissione, il 14 settembre 2018, ha ultimato le attività depositando una relazione tecnica.
La Direzione generale per la vigilanza sulle concessionarie autostradali del medesimo Ministero, con nota del 16 agosto 2018, ha formalmente avviato nei confronti della concessionaria la contestazione di gravissimo inadempimento degli obblighi di manutenzione e custodia in oggettiva considerazione del collasso dell'infrastruttura, delle vittime accertate e degli ingenti danni riportati ai beni anche di soggetti terzi.
Quanto accaduto con il crollo del ponte Morandi ha avuto echi e riflessi sull'intera rete autostradale affidata in concessione, innanzitutto facendo venir meno la fiducia da parte del concedente, cioè lo Stato, che rappresenta l'interesse generale di tutti nell'accordo con il concessionario privato, in particolare degli utenti di tutta la rete autostradale. In un tale contesto e vista la gravità dell'inadempimento della società concessionaria appariva pienamente plausibile l'opzione della risoluzione della convenzione e l'estinzione anticipata del rapporto concessionario con ASPI. Visti però gli elementi di complessità della questione, anche sotto il profilo giuridico, è stato successivamente istituito un gruppo di lavoro per procedere ad un approfondimento sull'ipotesi di soluzioni alternative alla risoluzione. È infatti doveroso ricordare che dalla prima convenzione del 1997, recentemente considerata illegittima dalla Corte dei conti, si sono succeduti ben venticinque anni di norme di favore per il concessionario e per il settore in generale, norme culminate con l'approvazione per legge dell'ultima convenzione avvenuta nel 2008 grazie all'allora governo di centrodestra, con dentro la Lega e l'attuale leader di Fratelli d'Italia Giorgia Meloni. È un fatto che venticinque anni di norme di favore, con l'avallo di una politica compiacente, potevano e potrebbero rendere molto insidioso un contenzioso con il concessionario, aggiungendo al dramma di quarantatré vite umane spezzate la potenziale beffa di una maxi-esborso a carico dello Stato.
Si è giunti quindi, a seguito di attente e ponderate verifiche ed analisi, con il concerto tra tutte le amministrazioni interessate, alla soluzione individuata nel Consiglio dei ministri del 14 luglio 2020, durante il quale il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha svolto un'informativa sullo stato di definizione delle procedure di grave inadempimento nei confronti di Autostrade per l'Italia SpA (ASPI). Nell'informativa sono state esposte le possibili alternative sulla definizione della vicenda. Durante la riunione sono state trasmesse da parte di ASPI due nuove proposte transattive riguardanti, rispettivamente, un nuovo assetto societario di ASPI e nuovi contenuti per la definizione transattiva della controversia. Va da sé che le proposte sono il frutto di un costante pressing che lo Stato è riuscito ad esercitare tenendo sempre ferma l'opzione della revoca.
La proposta prevede specifici punti qualificanti riguardo al futuro assetto societario del concessionario, ovvero: misure compensative ad esclusivo carico di ASPI per il complessivo importo di 3,4 miliardi di euro; riscrittura delle clausole della convenzione al fine di adeguarle al decreto-legge n. 162 del 2019 (cosiddetto milleproroghe); rafforzamento del sistema dei controlli a carico del concessionario; aumento delle sanzioni anche in caso di lievi violazioni da parte del concessionario; rinuncia a tutti i giudizi promossi in relazione alle attività di ricostruzione del ponte Morandi, al sistema tariffario e all'accettazione della disciplina tariffaria introdotta dall'autorità di regolazione dei trasporti.
In vista della realizzazione di un rilevante piano di manutenzione e investimenti, contenuto nella stessa proposta transattiva, Atlantia e ASPI si sono impegnate a garantire: l'immediato passaggio del controllo di ASPI ad un soggetto a partecipazione statale (Cassa depositi e prestiti); la cessione diretta di azioni ASPI a investitori istituzionali di gradimento di CDP; la scissione di Atlantia con l'uscita di ASPI dal perimetro di Atlantia e la contestuale quotazione di ASPI in Borsa.
Il Consiglio dei ministri, a seguito di quanto emerso in seno al Consiglio medesimo, ha ritenuto di avviare l'iter previsto dalla legge per formale definizione della transazione. Il tempo trascorso dalla tragedia è servito ad arrivare alla migliore soluzione possibile, quella che maggiormente tutela l'interesse pubblico. Come ha detto il presidente del Consiglio Conte, ci interessa la sostanza e non gli slogan e la propaganda dell'opposizione. (Applausi).
Grazie all'accordo, avremo tariffe più eque e trasparenti, più efficienza, più controlli e direi meno vite spezzate. Questo Governo ha affermato un principio, in passato troppo spesso calpestato: le infrastrutture sono un bene pubblico prezioso che deve essere garantito in modo responsabile garantendo sempre la sicurezza. Sono stati premiati il lavoro di squadra, la fermezza del Presidente del Consiglio, il grande impegno dei Ministri, la collaborazione fattiva di tutte le forze di maggioranza anche nei passaggi più difficili.
La mozione vuole dunque impegnare il Governo: a dare seguito a quanto deciso in sede di Consiglio dei ministri del 14 luglio 2020 in merito alla transazione di cui si è detto, chiarendo le tempistiche e la scansione temporale delle fasi di attuazione previste per la definizione della transazione con Autostrade per l'Italia (ASPI), fermo restando la risoluzione unilaterale della convenzione con ASPI in caso di mancato completamento dell'accordo transattivo, anche tenendo conto che le società coinvolte nell'accordo sono composte da una pluralità di azionisti; a garantire una costante e stringente vigilanza sull'operato del concessionario ASPI durante tutte le fasi di implementazione dell'accordo in relazione agli obblighi scaturenti dal rapporto concessorio e dalla transazione, in ragione della rilevanza degli interessi pubblici coinvolti; a garantire, in particolare, la realizzazione da parte del concessionario degli interventi essenziali per la messa in sicurezza e l'adeguamento tecnologico della rete autostradale, tenuto conto della necessità di ristabilire pienamente la tutela dell'interesse generale alla sicurezza come obiettivo imprescindibile dell'azione pubblica e del rapporto concessorio, nonché il mantenimento degli attuali livelli occupazionali di Autostrade per l'Italia anche dopo la conclusione positiva dell'accordo transattivo in esame.
In ultimo, la mozione intende impegnare il Governo a garantire una migliore attuazione dei programmi di manutenzione delle infrastrutture affidate in concessione e un più efficace monitoraggio degli interventi realizzati, nonché ad assicurare e salvaguardare la trasparenza nell'azione della società concessionarie o, in generale, del gestore dell'infrastruttura, anche mediante obblighi di puntuale e periodica pubblicazione di tutti gli atti e i dati idonei a permettere un controllo sull'adempimento delle obbligazioni contrattuali. (Applausi).
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il senatore Pichetto Fratin per illustrare la mozione n. 271.
PICHETTO FRATIN (FIBP-UDC). Signor Presidente, la mozione presentata dal Gruppo di Forza Italia parte proprio dalla notte tra il 14 e il 15 di questo mese quando di fatto il Governo ha scelto di nazionalizzare ASPI, quindi dopo due anni di dichiarazioni con annunci di revoca, ora si passa all'acquisto con fondi pubblici. L'acquisto viene descritto, almeno sui media e da alcune dichiarazioni, come una giusta punizione per il crollo del ponte Morandi e purtroppo per le vittime. La domanda che però ci poniamo, nella valutazione che avrà fatto o che deve fare il Governo, ma che deve fare anche questo Parlamento, è la seguente: l'operazione, fatta in questo modo, è di interesse pubblico? I soldi degli italiani, il risparmio postale è ben investito nella scelta politica di nazionalizzare Autostrade per l'Italia? Non corriamo il rischio che diventi un'altra Alitalia o come molte delle società a partecipazione statale di antica memoria?
Il grande tema di questi giorni, oggi attuale ma anche per i prossimi giorni perché al momento non abbiamo ancora visto il cosiddetto memoriale che dovrebbe definire le modalità dell'accordo, è quanto costerà la nazionalizzazione, questo 51 per cento di Cassa depositi e prestiti? Quanto costerà, considerato che il costo dovrà essere valutato rispetto ai parametri di mercato? Perché dovrà essere lo stesso, o comunque del tutto appaiato, a quanto sarà fatto per i cosiddetti altri soci o soci preferiti. Non può esserci, in questo caso, un doppio peso tra il prezzo d'acquisto da parte di Cassa depositi e prestiti e i partner, i soci preferiti.
Vi rendete conto, colleghi, che questa è un'operazione che è stata un po' confusa e in alcuni passaggi anche, se vogliamo, violenta, più violenta nelle dichiarazioni che nei fatti.
A nostro parere, se colpa c'era e se c'erano colpevoli andavano individuati e poteva esserci, in questo caso in modo secco, la revoca perché era quella la punizione, non un acquisto che, al momento, ancora non si capisce per chi sia vantaggioso, se per la parte privata che viene in modo bonario non espropriata e viene convinta a cedere - spontaneamente o spintaneamente dipende certamente dal prezzo - o lo Stato che dovrebbe fare e valutare l'interesse pubblico. Così noi avremo l'ILVA, Alitalia e adesso anche ASPI e lo stesso ministro Patuanelli, rispondendo al question time della settimana scorsa, ha citato Terna e Leonardo.
Chi vi parla vorrebbe uno Stato che concentrasse i propri fondi più su scuola, ospedali, giustizia e difesa, ma ho il massimo rispetto per quella che può essere anche una scelta politica che però impone automaticamente nuovi CDA e relative vendette politiche.
Noi ribadiamo: se c'erano colpe, dopo due anni dovevano essere chiarite e doveva esserci, nel caso, la revoca.
Ora, però, si pongono alcune questioni. In primo luogo come vorrà il Governo indirizzarsi rispetto alla qualità delle future scelte aziendali? Con un comunicato stampa si dice già che si modificano le tariffe, ma io ritengo che esse siano legate alla valutazione di scelte aziendali, non certo di scelte fatte ancora prima di acquisirne la proprietà. Quindi, non vorrei che, su una dichiarazione di questo tipo, pagassero le autostrade quelli che le autostrade non le usano. Io vorrei che ci fosse questa valutazione da parte del Governo.
Altro elemento che io ritengo rilevante è quello che attiene all'immagine di Paese e di politica anche industriale. I Benetton e gli altri soci hanno guadagnato certamente moltissimo in Autostrade per l'Italia. Benetton, però, è anche un grande marchio nazionale, in particolare nel settore tessile. Qual è il danno d'immagine che il nostro Paese ha con un'operazione di questo genere? Io vorrei ricordare che, nel nostro Paese, sono stimati in 400 miliardi gli investimenti esteri su società che operano nel nostro Paese.
Come leggeranno gli investitori esteri questo comportamento? Noi abbiamo già, come tutti voi, colleghi, sapete, un deterrente agli investimenti nel nostro Paese, che è il tempo della giustizia. D'altra parte, se dopo due anni non abbiamo ancora le corrette valutazioni di giustizia sul caso del ponte Morandi, questa è l'ennesima riprova. A questo punto, oltre a questo aggiungiamo operazioni come questa. Si fideranno ancora? Si fideranno ancora della parola degli italiani? Potremo dire che gli italiani hanno una sola parola? Dobbiamo porceli questi problemi. Naturalmente, dobbiamo porceli come Parlamento, indipendentemente da quello che deve fare, da parte sua, il Governo.
Vengo ora a Cassa depositi e prestiti. Quest'operazione fa il paio con il decreto rilancio approvato settimana scorsa in quest'Aula. Signor Presidente, si sta utilizzando Cassa depositi e prestiti come un bancomat. Cassa depositi e prestiti è stata, nella storia di questo Paese, la banca che ha finanziato le opere pubbliche di Comuni e Province e le opere pubbliche in generale. Essa ha l'obbligo e il dovere di gestire bene il risparmio fiscale e, quindi, di investirlo in operazioni redditizie. Può darsi che il sistema autostradale possa essere un'operazione redditizia. Non sappiamo quali saranno, invece, quelle del decreto rilancio, ma su questo poniamo la massima attenzione.
Su questa incertezza complessiva si legge sui giornali che la revoca non è ancora esclusa, anche perché non abbiamo ancora il documento finale. Serve forse a rassicurare i mercati? È un elemento che rassicura i mercati? Nei tre giorni precedenti l'accordo, il Governo ha comunicato e ipercomunicato di tutto, in particolare l'intenzione di revoca. Il titolo è stato depresso per poi farlo schizzare a più 26,5 per cento all'indomani della comunicazione dell'accordo.
La domanda è: va bene così? Non è, forse, turbativa di mercato? È poi possibile sapere chi ha comprato e chi ha venduto in quei due giorni, nei quali il Presidente del Consiglio e altri comunicavano l'intenzione di revoca e il titolo crollava? Questo fa parte di quella stessa trasparenza cui hanno diritto gli italiani rispetto agli atti secretati degli accordi di Autostrade con il Ministero dei trasporti. Su questi temi, signor Presidente, noi poniamo la questione: sugli assetti proprietari, sul piano industriale e sulla necessità di maggiore trasparenza. (Applausi).
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione.
È iscritto a parlare il senatore Martelli. Ne ha facoltà.
MARTELLI (Misto). Signor Presidente, vorrei ripercorrere brevemente la vicenda di ASPI (Autostrade per l'Italia), da quando crollò il viadotto sul torrente Polcevera. Si era partiti bene parlando di caducazione o di decadenza della concessione, come disse il buon Conte del Grillo che, un po' come la proverbiale sveglia che segna l'ora giusta due volte al giorno pur stando ferma, anche lui ogni tanto una cosa giusta l'aveva detta. Perché è importante fissare questo termine? Perché la concessione doveva decadere in conseguenza di una palese inadempienza e quindi, come tale, nulla sarebbe stato dovuto nei confronti del concessionario, cioè il concedente non gli doveva nulla. Se il concessionario avesse avuto qualche cosa di cui lamentarsi, il tribunale sarebbe stato la sede corretta e lì si sarebbe andati a vedere il gioco. Invece no, la decadenza è stata trasformata in revoca; quest'ultima richiede un indennizzo (il lucro cessante) relativamente a tutti i mancati introiti che non si sarebbero realizzati nel caso in cui si fosse arrivati a una risoluzione anticipata della concessione. Quindi la prima domanda è: perché si è usato a un certo punto solo il termine «revoca»? Malafede? Diciamo che statisticamente, se tutti cominciano a parlare di revoca, il dubbio viene. Questo è il primo errore gravissimo che è stato fatto.
Il secondo errore è stato quello di personalizzare la vicenda. Devo dire che questo l'ha fatto un solo partito: non l'ha fatto il PD, non l'ha fatto Italia Viva, non l'ha fatto la Lega, non l'ha fatto Fratelli d'Italia e non l'ha fatto Forza Italia. L'errore è consistito nel trasformare una questione di principio, cioè una palese inadempienza, in un fatto personale: ce l'abbiamo con l'azionista di maggioranza e vogliamo che esca. Questo i politici non lo devono fare, perché devono sempre agire secondo l'interesse pubblico e non secondo l'odio personale verso qualcuno.
Ma andiamo avanti e vediamo un pochino, nel caso particolare, l'operazione finanziaria, quella formalizzata il 14 luglio. Com'è la situazione attuale? La situazione attuale è che l'88,06 per cento di ASPI è detenuto, in via diretta o indiretta, dalla famiglia Benetton, tramite la controllante Atlantia; il 5 per cento da Silk road fund (i cinesi) e il resto da una cosa che si chiama Appia investments Srl, che contiene Allianz e altri. L'operazione che si vuole mettere in campo funziona così: si farà un aumento di capitale dedicato, con iniezione di soldi pubblici, che non toglierà una sola azione al controllante ma semplicemente diluirà la sua quota. Quindi lo Stato metterà soldi freschi tramite la Cassa depositi e prestiti. Se allora lo scopo era estromettere il controllante si rilevava la sua quota azionaria; se non lo si fa è perché si mette nero su bianco che bisogna ricapitalizzare Autostrade. Poi vedremo perché bisogna ricapitalizzare. La seconda fase sarà che Atlantia dovrà cedere una parte delle sue quote, ma non al pubblico, bensì a degli investitori istituzionali che, contrariamente a quello che si pensa, non sono pubblici ma sono tipicamente fondi di investimento, cioè raccoglitori di risparmio privato. Se quindi l'operazione doveva essere quella di riportare in mano pubblica un bene pubblico come le concessioni, mi sa che non sta funzionando così.
Alla fine di questo riassetto cosa dovrebbe accadere? Cassa depositi e prestiti avrà il 33 per cento, Atlantia avrà il 37 per cento, gli investitori istituzionali avranno il 22 per cento e gli altri (quelli di prima) avranno una diluizione della loro quota. In questa operazione Atlantia non metterà quindi un centesimo; sarà una ricapitalizzazione e un'iniezione di fondi in Autostrade per la quale Atlantia non "caccerà" niente.
In secondo luogo, si parla di uno scorporo con quotazione di autostrade, cioè di un'operazione di puro mercato. Lo Stato in questo momento non fa lo Stato ma si comporta come un operatore di mercato. Questo scorporo dovrebbe avvenire cedendo quote azionarie (se quoti vuol dire che metti delle azioni). Bene, queste azioni saranno quote di Cassa depositi e prestiti (pro quota per tutti) o sarà un altro aumento di capitale, quindi altri soldi raccattati sul mercato? Io credo la seconda delle due, perché resta il fatto che Autostrade per l'Italia ha tanti debiti (circa 10 miliardi di euro), che naturalmente andranno ridistribuiti pro quota; quindi una parte dei debiti Atlantia non li avrà più e li metterà in carico allo Stato. Per di più la ricapitalizzazione di Cassa depositi e prestiti non basterà per coprire e quindi bisognerà di nuovo ricorrere al mercato. Qui Atlantia secondo me farà un secondo grosso affare dicendo di non voler aderire all'aumento di capitale; di conseguenza non metterà un centesimo neanche lì. Io almeno farei così, perché è l'unica operazione logica per qualcuno che vuole disimpegnarsi dall'investimento.
Perché poi la quotazione? Per rimettere in mano al mercato ciò che tanto faticosamente si voleva riportare al pubblico? Bello! Si dichiara una cosa e poi se ne fa un'altra; il cattivo mercato che vuole la remunerazione del capitale. Quindi anche questa è un'operazione che apparentemente non ha senso.
Ma non solo; in questo momento sono bloccati circa 15 miliardi di euro di investimenti sulla rete. Non si sa quando essi si sbloccheranno, ma in ogni caso anche qua ci sarà una diluizione, cioè Atlantia, che prima doveva coprire l'88 per cento degli importi, adesso non dovrà più farlo: coprirà il 37 per cento. Quindi se mettiamo insieme tutti i soldi che il controllante attuale non spenderà più per ricapitalizzazioni e per manutenzioni e i debiti pro quota, mi sembra che superiamo abbondantemente i 10 miliardi di euro. Tutto a fronte di 3,4 miliardi di euro di risarcimenti compensativi per non dover più parlare di altro.
A me sembra che questo sia un grosso affare da parte di qualcuno che voleva liberarsi della propria quota. Tanto che va detto che Atlantia non solo ha detto che va bene, ma ha aggiunto: «Se volete tutto l'88 per cento, ve lo diamo». Mi spiegate quindi come mai qualcuno, tanto ansioso di liberarsi della propria quota, avrebbe fatto un cattivo affare? Questo lo capiscono proprio tutti, tranne evidentemente qualcuno che sta qua dentro.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Fazzolari. Ne ha facoltà.
FAZZOLARI (FdI). Signor Presidente, approfitto della discussione sulle mozioni che riguardano le concessioni di Autostrade per l'Italia per parlare anche di un'altra importante concessione in mano al gruppo Atlantia e quindi alla famiglia Benetton di cui si parla molto di meno. Mi riferisco cioè alle concessioni aeroportuali di ADR, Aeroporti di Roma, che riguarda le concessioni di Fiumicino e Ciampino, che sono anch'esse delle concessioni di beni pubblici costruiti con i soldi degli italiani e dati in concessione a dei privati con delle clausole particolarmente generose. Volevo aprire una parentesi sul punto perché trovo alquanto bizzarro che mentre il Governo fa la voce cattiva con Atlantia e con i Benetton, dicendo che cose scandalose non saranno più permesse, nel frattempo sembra tramare nell'ombra per fare favori ai Benetton sulle concessioni aeroportuali di Roma.
Vorrei quindi soffermarmi su alcune questioni specifiche: nel cosiddetto decreto rilancio, un decreto-legge fatto per affrontare la grande emergenza del coronavirus, per fronteggiare la crisi economica che si abbatte e si abbatterà sull'Italia e per aiutare chi è in ginocchio, all'ultimo momento la maggioranza ha introdotto un emendamento nel quale prevede la proroga di due anni di tutte le concessioni aeroportuali, compresa la concessione di Aeroporti di Roma che scadeva addirittura nel 2044 - già questa è una bestemmia - e che grazie al citato decreto-legge, per fronteggiare la crisi del coronavirus, verrà posticipata al 2046. O meglio, non verrà posticipata: è stata posticipata al 2046.
Visto che in quest'Aula «Il Fatto Quotidiano» viene usato come fonte di diritto, come abbiamo visto fare prima a colleghi del MoVimento 5 Stelle, ebbene la fonte di diritto «Il Fatto Quotidiano» dice che questa proroga di due anni equivale a un regalo di un miliardo di euro alla famiglia Benetton. È abbastanza bizzarro capire queste cose, ma va bene, si sarà trattato di una svista. Una svista però difficile da capire se la abbiniamo a quello che è successo con il piano Italia veloce, presentato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT), dal ministro De Micheli. Il 12 giugno il MIT pubblica il piano Italia veloce; un piano con le grandi opere che il Governo intende realizzare e velocizzare. Tra queste grandi opere, nell'elenco pubblicato il 12 giugno e presentato agli Stati generali di Villa Pamphilj, appare anche il raddoppio del sedime aeroportuale di Fiumicino, perché viene espressamente inserita la dicitura «realizzazione quarta pista e adeguamento dell'area aeroportuale», che è esattamente quella riportata nel master plan di Fiumicino, che prevede il raddoppio del sedime aeroportuale. In spregio al buonsenso e a quanto stabilito in ogni sede dai tribunali italiani, e cioè che il sedime aeroportuale di Fiumicino non può essere raddoppiato perché va a incidere su una riserva naturale di massima tutela, nonostante quindi la legge e la Costituzione non prevedano la possibilità di farci sopra una colata di cemento, il Governo, che "abbaia alla luna" contro i Benetton, nel piano Italia veloce inserisce il raddoppio del sedime aeroportuale di Fiumicino. Questo intervento è inutile perché tutti gli studi a riguardo certificano che nell'attuale sedime è più che sufficiente portare il traffico dagli attuali 40 milioni a 80-100 milioni di passeggeri, come si vorrebbe fare, in quanto Fiumicino ha già tre piste attive, oltre a quelle di rollaggio. L'aeroporto di Heathrow con due piste fa 100 milioni di passeggeri e lo stesso vale per gli aeroporti di Monaco e di Dubai. Diventa quindi difficile credere alla bizzarra teoria di chi sostiene che l'aeroporto di Fiumicino, per fare quello che l'aeroporto di Heathrow riesce a fare con due piste, ha bisogno di cinque piste. Si può dire che non c'è nulla di losco, se non fosse che per fare il raddoppio del sedime aeroportuale di Fiumicino vengono destinate le risorse delle concessioni, che sono risorse pubbliche affidate ai privati che dovevano andare alla realizzazione del terzo aeroporto del Lazio, necessità per il trasporto aereo nazionale indicata dal piano realizzato nel 2012. Invece viene eliminato il terzo aeroporto del Lazio e vengono incentrate tutte le risorse su Fiumicino, in modo da creare un grande mostro per continuare a permettere speculazioni ai soliti noti, a discapito anche delle nostre riserve naturali, a discapito del trasporto aereo e anche di Alitalia, perché tutti sanno benissimo che concentrare le compagnie low cost a Fiumicino ha comportato la morte attuale di Alitalia. Questo è il pacchetto che era stato realizzato. Non a caso, il 12 giugno viene pubblicato il piano Italia veloce e il 25 giugno il Governo decide di annullare la risposta in Aula a una mia interrogazione a nome del Gruppo di Fratelli d'Italia proprio sulla riserva naturale del litorale romano. A seguito di questo, sale la polemica sui media, che titolano in diversi articoli «regalo ai Benetton» e poi accade qualcosa che può accadere solamente nel magico mondo del Governo attuale: il 7 luglio il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti cambia sul proprio sito il piano Italia veloce, facendo scomparire quello del 12 giugno e pubblicandone uno nuovo datato 7 luglio, nel quale scompare momentaneamente il raddoppio di Fiumicino; inoltre, il 10 luglio, tre giorni dopo, lo stesso Ministero rilascia una dichiarazione stampa alle agenzie in cui si dice che non si fa nessun regalo ai Benetton, che non è vero che era previsto il raddoppio di Fiumicino. Va bene che c'è chi ha l'anello al naso, va bene che c'è gente che gira con la sveglia al collo, ma non proprio tutti gli italiani sono sprovvisti di un collegamento Internet e della possibilità di andare a verificare le modifiche che sono state apportate a un sito Internet e vedere che, beccato con le mani nella marmellata a fare l'ennesimo regalo ai Benetton, il Governo ha dovuto fare marcia indietro e ritirare il riferimento al raddoppio dell'aeroporto di Fiumicino.
Poi in fase di dichiarazione di voto ci esprimeremo nello specifico sulla situazione delle concessioni autostradali, però se questo è il modus operandi non andiamo molto lontano. Se quando i riflettori vengono accesi su un'anomalia si cerca di fare qualcosa senza disturbare troppo, ma poi, appena possibile, continuano i regali, non andiamo lontano. Pertanto, almeno su questo per l'ennesima volta Fratelli d'Italia ha sventato un'ignobile speculazione sull'area della riserva naturale del litorale romano. Speriamo che qualcuno non ci riprovi. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Malan. Ne ha facoltà.
MALAN (FIBP-UDC). Signor Presidente, noi abbiamo presentato la mozione n. 271, perché siamo preoccupati. La situazione delle concessioni autostradali è indubbiamente molto delicata e da anni presentava delle problematicità, poi è diventata un'urgenza e anche uno shock per tutti gli italiani che hanno visto le immagini del crollo del ponte di Genova e hanno saputo delle numerose vittime che ci sono state. Ebbene, da questa vicenda sta venendo fuori un'operazione che non risolve nessuno dei problemi e ne crea degli altri. Per due anni si è parlato della revoca delle concessioni su questi 3.020 chilometri di autostrade. Più della metà delle autostrade italiane è racchiusa in questa concessione che a suo tempo fu data senza nessuna procedura competitiva, solo con operazioni finanziarie, dove coloro che avrebbero dovuto mettere i capitali sono stati piuttosto bravi a prenderli e non a mettercene e poi hanno gestito le autostrade con tutti i pregi e i difetti che abbiamo visto (e purtroppo si sono visti molti difetti).
Di fronte a questa situazione si è assistito a un duello nella maggioranza tra coloro che erano a favore della revoca della concessione, in particolare il MoVimento 5 Stelle, e coloro che erano fortemente contrari a tale revoca e si è arrivati a questa sorta di compromesso per cui forse (perché qui siamo soprattutto all'annuncio) ci sarà la del tutto opinabile soddisfazione di vedere la famiglia Bénetton (o Benettòn come la filologia suggerisce si dovrebbe pronunciare questo nome) fuori dall'azionariato di Atlantia, e dunque di Autostrade per l'Italia, però a caro prezzo. E chi mette i soldi per comprare le loro quote azionarie, atteso che l'esproprio evidentemente non dovrebbe essere previsto, anche in base alla Costituzione che tutela l'impresa privata? I soldi dovrebbero metterli gli italiani, cioè i contribuenti italiani. Dunque, ritenuta la gestione di Autostrade per l'Italia (che indubbiamente ha delle responsabilità gravi) carente o addirittura colpevole, a seconda di come la si veda, si dà una cifra molto grossa a coloro che sono stati indicati come i principali colpevoli.
Intanto sarebbe opportuno vedere tutte le collaborazioni che ci sono state anche a livello ministeriale, perché bisogna ricordare che tutte le autostrade italiane sono proprietà dello Stato e non dei concessionari, i quali hanno dei contratti che dovrebbero onorare; la maggior parte delle volte lo fanno, quando non lo fanno poi di solito vengono premiati, come abbiamo visto con la vicenda della tratta Asti-Cuneo.
Il fatto di mettere soldi dei risparmiatori italiani in un'azienda è veramente folle, in questo periodo: lo Stato italiano ha bisogno di soldi per i mille interventi che ci vengono chiesti, in particolare in questo periodo di crisi. Cosa si fa? Anziché intervenire a sostegno delle piccole, medie e grandi aziende, che hanno bisogno di fare investimenti per stare al passo con la concorrenza internazionale; anziché sostenerle in questo momento difficilissimo, in cui hanno problemi drammatici di liquidità, dove si mettono i soldi di Cassa depositi e prestiti? Per pagare la famiglia Benetton, in modo che qualcuno abbia la soddisfazione di dire: «I Benetton sono stati cacciati via dalle Autostrade». A quale prezzo? Non lo sappiamo: calcoli ragionevoli, che sono in corso, ci parlano di cifre molto, ma molto alte. Non si capisce veramente la logica, dunque.
Se si vuol fare quest'operazione, non sarebbe più logico fare quello che i principi della concorrenza e della convenienza per i cittadini suggerirebbero, ossia di fare una gara, come se ne sono fatte tante per società pubbliche, per trovare un socio privato che ci mettesse capitali e capacità? In quei casi, si è fatta una gara, nella quale sono state valutate le diverse offerte. Naturalmente, il soggetto appaltante - lo Stato, in questo caso - dovrebbe stabilire parametri ben precisi (la manutenzione, la tutela dell'occupazione, l'efficienza nella gestione di quest'azienda e di questa grande attività), in modo che non vada in passivo. Autostrade per l'Italia, infatti, ha avuto profitti enormi e un margine operativo lordo addirittura di 2 miliardi di euro su meno di sei miliardi di euro di incassi, una cifra spaventosa (di solito, solo nelle attività illecite si ha un margine di guadagno così alto); poi però negli ultimi due anni (parlo del 2018 e del 2019) si è passati a un bilancio in rosso. Attenzione, allora: qui si sta correndo il rischio di impiegare miliardi - e parecchi - dei risparmiatori italiani, che dovrebbero essere impiegati altrove, per mettere su una società statalizzata (si ritorna alla vecchia IRI, che fu fondata durante il fascismo e poi in seguito ha fatto molte attività) che poi rischia di essere in perdita. Qui bisogna trovare un soggetto capace di gestire e dare risultati nel lungo termine, in particolare sicurezza e bilanci sani. In questi anni abbiamo invece visto la gestione manageriale massimizzare gli utili a beneficio degli azionisti (che siano i Benetton o tanti altri risparmiatori che hanno messo i soldi lì): bella cosa; il problema è che se lo si fa a spese della manutenzione - riducendola al limite e al livello minimo, ma a volte anche al di sotto, come si è visto negli episodi tragici che sono avvenuti - poi, come vediamo in questi giorni, si devono fare gli interventi tutti insieme, con disagi gravissimi (per tutta la Liguria in particolare, ma anche altrove).
Siamo allora contrari a quest'approccio statalista, che ricorda l'economia del Venezuela ed esperienze anche negative che ci sono state nel passato. C'è la volontà - e probabilmente c'è - dei maggiori azionisti di Autostrade di uscire dall'azionariato? Si faccia una gara, perché le autostrade sono proprietà dei cittadini italiani (Applausi), non dei signori che gestiscono Cassa depositi e prestiti. Che razza di criterio è - come abbiamo letto nei comunicati dopo quest'accordo avvenuto a livello di Governo - che entrino Cassa depositi e prestiti (e già questo è un problema) e poi altri investitori istituzionali di suo gradimento? Ma dove siamo? Qui abbiamo veramente la scelta tra chi è buono e chi è cattivo; ma esistono dei principi di concorrenza e non sono principi astratti bensì per la convenienza: avete presente come sono cambiati i prezzi della telefonia da quando c'era il monopolio a quando c'è la concorrenza? Qui è la stessa cosa: ci vuole la concorrenza, che naturalmente dev'essere fatta tenendo presenti tutti i parametri (la sicurezza, la tenuta societaria, la manutenzione e gli investimenti necessari, perché anche le autostrade devono stare al passo con i tempi).
La soluzione di mettere tanti miliardi del contribuente per dare una soddisfazione servirà per sventolare la bandierina fino al 20 settembre, quando ci saranno le elezioni, perché subito dopo salterà fuori che la cifra da dare ai famosi azionisti è troppo alta e perché quest'accordo è talmente vago che in realtà non è tale.
Più che altro si è trovato l'accordo sul comunicato stampa da fare alla fine del Consiglio dei ministri.
Qui ci vogliono invece soluzioni serie, in quanto bisogna tutelare l'occupazione e una realtà finanziaria e imprenditoriale che è molto importante per il Paese, indipendentemente da come può essere stata gestita e dalle carenze che ci sono state. Bisogna tutelare tutti gli aspetti, nell'interesse del complesso dell'Italia. Un'azienda così grande e strategica è un patrimonio di tutti: questa è una valutazione oggettiva e non di chi ha gestito la vicenda. Occorrono dunque soluzioni efficienti al passo con i tempi e non soluzioni stataliste che probabilmente servono per collocare qualche amico su qualche poltrona in qualche consiglio di amministrazione. Infatti, si riducono i parlamentari ma si aumentano i posti per persone parassitarie non elette da nessuno, che fanno il danno del Paese. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Ripamonti. Ne ha facoltà.
RIPAMONTI (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, discutiamo oggi di mozioni che, per quanto riguarda la Liguria, sono estremamente importanti.
Siamo di fronte a una situazione, ormai consolidata, specie negli ultimi mesi, di un estremo disagio e una difficoltà oggettiva per questa Regione che, nella fase post-Covid, aveva bisogno di incrementare le proprie entrate in estrema difficoltà.
È evidente che i tempi di percorrenza delle nostre autostrade siano fuori da ogni controllo. Non si può pensare di poter intervenire su una situazione, anche dal punto di vista socio-economico, quando a volte ci vogliono quattro o cinque ore per fare 80 chilometri. È evidente che questa situazione ha una ripercussione sistematica e puntuale, quasi con accanimento, nei confronti del turismo, il core business della Liguria. È impossibile - o meglio, è impensabile - che nel 2020 ci siano delle situazioni come quelle che accadono quotidianamente in Liguria, in modo particolare nel weekend, con persone che disdicono gli alberghi e le prenotazioni in spiaggia mentre sono in coda in auto e che aspettano il primo casello utile per tornare indietro. Ciò non è possibile, né immaginabile.
Se la ricostruzione del ponte Morandi è stato un modello di efficienza, anche attraverso i provvedimenti che di volta in volta abbiamo assunto anche con il cosiddetto decreto Genova, quindi con la capacità di essere efficienti nel ricostruire, ciò che fa specie è come mai il ponte sia crollato. Sono malcontati vent'anni che sono un dirigente della Lega in Liguria e almeno una o due volte al mese mi recavo a Genova per le nostre riunioni. Se si aveva la sfortuna (che capitava spesso perché le riunioni non iniziano mai troppo presto) di arrivare al casello di Genova-Ovest dopo le ore 11, non c'era niente da fare: non si poteva entrare a Genova-Ovest e bisognava andare all'entrata successiva. E se si aveva la sfortuna - perché distratti o stanchi - di imboccare l'uscita Genova-Ovest, essendo il ponte Morandi chiuso per manutenzione, si doveva andare fino a Bolzaneto e fare un giro tipo Asterix. Avete presente quando Asterix girava e non trovava una via d'uscita? Ecco, si doveva rientrare e si perdeva un sacco di tempo.
C'è un aspetto che fa ancora più specie. Quando si ha una concessione che prevede dei pedaggi, questi garantiscono il giusto utile ma allo stesso tempo vi è l'obbligo di fare manutenzione. Ricordo - e sfido ogni ligure e qualunque altro turista che ha fatto quel tragitto a non ricordarlo - che il ponte Morandi era sempre in manutenzione. Ricordo il rumore - tun tun tun - di chissà quale lavoro che veniva fatto sul ponte Morandi. Ebbene, il ponte è crollato ugualmente. Capite che ciò non è possibile e che qualcosa non va. Il dazio che è stato pagato è rappresentato da 43 vittime ed era il 14 agosto.
Presidenza del vice presidente LA RUSSA (ore 11,57)
(Segue RIPAMONTI). Se fosse stato un lunedì 10 ottobre, con sotto il parcheggio delle aziende pieno, con la coda che io ho fatto decine e decine di volte su quel tratto, probabilmente non saremmo a contare le 43 vittime - che sono un disastro, fosse anche una soltanto - ma sarebbero molte di più.
Dal momento in cui è crollato il ponte sono seguiti due anni di "tira e molla". Non sto facendo un ragionamento che dia la colpa a questo o a quello; è irrilevante. Quando ci sono vittime diventa tutto un po' stucchevole. Tuttavia, è evidente (revoca sì, revoca no, andiamo avanti con la revoca, facciamo un comitato) che all'epoca non fu istituita una task force; c'era un gruppo di persone che doveva decidere se c'era o no possibilità di una revoca. Ebbene, siamo arrivati nella notte - o meglio, siete arrivati - a recepire una proposta, ovvero l'ingresso della Cassa depositi e prestiti (CDP) all'interno della società Autostrade. CDP ci aveva già messo 1,3 miliardi di euro; forse ha anche un senso, dal punto di vista finanziario evitare di perderli. Quella società non aveva fatto manutenzione, e lo dico all'interno di quest'Aula del Senato, perché è evidente che non fu fatta manutenzione - mi viene in mente il film «Karate Kid», ricordate? Dai la cera, togli la cera - perché altrimenti i ponti non cadono. Su questo siamo d'accordo. Quindi, probabilmente, 1,3 miliardi sarebbero stati persi, e allora investiamo altri 5 o 6 miliardi di euro.
Parliamo qui, in modo chiaro, probabilmente di un socio finanziario, e io, da ligure, ho l'esperienza di società all'interno delle quali il socio era solo finanziario ma non aveva un core business industriale. Faccio un esempio: Piaggio. La senatrice Pinotti non c'è, però probabilmente è presente qualche collega ligure, anche se adesso non ne vedo. I soci finanziari erano emiratini che avevano messo i soldi, 800 milioni di euro; sembrava un grande evento industriale, e poi cos'è accaduto? Che l'evento industriale si è trasformato in un quasi fallimento della Piaggio. Quindi, il problema che noi ci poniamo in questo momento, reale, tangibile, è chi fa il piano industriale di Autostrade; qual è la governance? Chi avrà la testa? Chi avrà la capacità?
Non vorrei - lo dico sperando di essere smentito nei successivi interventi - che, siccome i Benetton sono ancora dentro e hanno avuto il "know-how" - lo metto tra mille virgolette - saranno loro a fare questo famoso piano industriale (il sottosegretario Margiotta mi guarda con stupore quasi a volermi dire «ma figurati!»; interpreto la sua espressione e faccio un atto di fede: spero non sia così).
Ci sono 14,5 miliardi di euro di investimenti bloccati, lo sottolineo. Già far partire quel tipo di immissione di denaro per migliorare la situazione delle nostre autostrade sarebbe tanta roba. È evidente che l'annuncio che CDP poteva entrare all'interno della governance ha fatto in modo che le azioni aumentassero del 20 per cento, e lungi da me pensare che fosse stato fatto apposta, per l'amor del Cielo, anzi, credo assolutamente non sia stato così. La tempistica però è importante.
In politica mi hanno insegnato - forse il presidente Calderoli per primo - che sbagliare i tempi è un danno, ma quando li azzecchi, probabilmente ti porti a casa qualcosa. In questo momento, con l'aumento del 20 per cento l'unico che ha avuto veramente un vantaggio è Benetton. Questo è un fatto a mio avviso sbagliato rispetto a chi oggi non ha manutenuto le autostrade italiane.
Colleghi, stiamo parlando del tratto - che io faccio più spesso - che va da Ponente a Levante, ma il tratto che va da Voltri verso la Lombardia è parecchio messo male. Se arrivo ad Arenzano e sono in coda perché la gente sta per andare a Milano, e non riesce a uscire perché c'è una sola carreggiata con i tir che vanno a 20 all'ora, questo è un grosso problema.
La situazione che è venuta a generarsi ha di fatto immobilizzato la mia terra dal punto di vista economico. Le perdite non si contano: si parla di un miliardo di euro al mese.
Ciò vale per il porto di Genova e, in particolare, per il porto di Savona. Da Savona, infatti, si deve raggiungere Genova per poter andare verso nord, a meno che non si debba andare a Torino (anche in questo caso, però, siccome la "sfiga ci vede benissimo", è crollato un ponte sulla A6 che porta a Torino e la situazione da gestire è difficilissima).
Nella mozione abbiamo inserito alcune richieste. Chiediamo che la soluzione della controversia non sia carico dello Stato, che la tutela dei circa 7.000 lavoratori sia fuori discussione, il riconoscimento dei danni alle imprese che lo hanno subito e, soprattutto, di mettere al centro dell'attenzione puntuale e precisa gli investitori istituzionali della CDP (che non devono essere messi in condizione di avere delle perdite), che ci sia davvero una riforma delle concessioni autostradali, magari prendendo come esempio le best practice di altri che funzionano.
Presidente, i cittadini liguri che hanno subito il crollo del ponte Morandi, le mareggiate che hanno devastato le nostre coste e il crollo del ponte sulla A6 chiedono e, anzi, pretendono di sapere chi paga i debiti dei Benetton. Lo vogliamo sapere. Non lo vuole sapere Ripamonti o la Lega: credo lo vogliano sapere gli elettori di tutti i partiti che si chiamano cittadini italiani. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore D'Alfonso. Ne ha facoltà.
D'ALFONSO (PD). Signor Presidente, ringrazio i colleghi intervenuti e soprattutto coloro che hanno curato la stesura di questa iniziativa che potremmo definire di "accortezza parlamentare" perché noi abbiamo almeno tre profili da recuperare e da coltivare per quanto riguarda questa gigantesca questione che si può definire in vari modi: «rottura di civiltà inferta alla Liguria», «situazione di dolore sanguinante che ha riguardato la città di Genova», ma anche, in termini più generali, «condizione delle principali infrastrutture dell'Italia» dopo che, per un certo numero di anni, la distrazione e la superficialità non hanno voluto prendere atto che le infrastrutture italiane per la mobilità tradizionale avevano superato la loro vita tecnica.
C'è un luogo in Italia che si chiama Consiglio superiore dei lavori pubblici. In un Paese nel quale purtroppo è valso solo il Consiglio superiore della magistratura, il Consiglio superiore dei lavori pubblici stabilì nel 1968 che le infrastrutture per la mobilità hanno come vita tecnica cinquanta anni. Tale lasso di tempo che fa riferimento alla capacità di funzionamento e alla resistenza di quelle infrastrutture è passato; il numero «cinquanta» relativo agli anni è passato. Sarebbe servito che, a un certo punto, questo tema dovesse e potesse entrare nell'agenda del Paese, ma anche in quella dell'ordinamento europeista, visto che in Europa c'è una Direzione generale e un Commissario che si occupano di infrastrutture e visto che per il cittadino europeo il diritto alla circolazione in sicurezza è fondamentale.
È accaduto che il Consiglio superiore dei lavori pubblici ha rivisto la vita tecnica delle infrastrutture e sul nuovo adesso serve garantire cento anni di vita, esattamente il doppio. Ciò chiama a una sfida che non è quella del "parlatoio" della politica, ma del Parlamento della politica. Non si tratta di organizzare il buttare qui e lì delle parole giusto per marcare un'esistenza di partito, ma di curare un'agenda di priorità che abbia risorse finanziarie e da ieri finalmente abbiamo risorse finanziarie all'altezza. Si tratta di concepire procedure.
Guardate che Guido Gentili del quotidiano «Il Sole 24 ORE» ci ha insegnato che nel Novecento dall'idea al cantiere passano quarantotto mesi. Il commissario può ridurre i tempi, ma attenzione a immaginare ovunque, per ogni dove e per ogni banco di scuola, un commissario: poi si svilisce il ruolo del commissario che serve per necessità.
Dobbiamo sapere, allora, che in questo momento c'è una grande questione che riguarda la Liguria, Genova e l'insieme dei territori dell'Italia. La terza corsia dell'autostrada è una priorità per fare in modo che lungo le strade non si coltivino le morti, perché nel momento in cui ci siamo candidati abbiamo accettato di essere operatori della vita, non operatori della cultura della morte come allo stato attuale, se non si dà luogo ad una sveglia che sospenda la lotta politica purché si determini il conflitto e generi invece una cantierizzazione al futuro di ciò che serve all'Italia.
Lavoro all'ANAS e ho curato per anni l'agenda delle cose da fare di uno dei migliori dell'ANAS, l'ingegner Michele Minenna, uomo nato con gli stivali nei cantieri e uomo che ha concepito le migliori infrastrutture realizzate in Italia, uno che lamentava negli anni lontani e passati che la Direzione generale per la vigilanza autostradale dovesse avere risorse umane e tecnologiche, altrimenti la piramide è sbagliata, tanto da fare con niente o poco per vigilare. Anche questo è il tema di Genova, delle sue infrastrutture, della Liguria e dell'Italia.
C'è un contenzioso dossier-partita riguardante il profilo giuspenalistico di cui si occupano i magistrati e mi sembra con serietà. Finalmente li vorrei vedere con questo rigore ovunque in Italia; solo il merito e non la scomparsa della verità davanti alla verosimiglianza. Poi c'è una questione contrattuale di cui si sta occupando anche il Governo con risolutezza, perché l'idea di quella questione selettiva contrattuale è oggettivamente intelligente. Infine c'è una questione gestionale, che non è ancora affrontata, perché dire che se ne occupa l'ANAS non significa dire che se ne occupa la gendarmeria di Stanlio e Olio. Serve organizzare numeri, competenze e adeguatezza di competenze, perché non ci vuole nulla a determinare un chilometro di strada come un chilometro di lastre per la morte.
Ecco perché il dibattito di oggi deve essere fertilità delle procedure decisionali, normative e amministrative che servono. Per troppo tempo abbiamo pensato che ci pensasse lo Spirito Santo. Conosco con esattezza i numeri della Direzione generale per la vigilanza autostradale, quando la stessa aveva bisogno di numeri accresciuti e financo dei soldi per la benzina per le missioni. Financo questo è mancato in alcuni anni lontani e passati.
Vivo in una Regione dove la mancanza del PEF, il nuovo piano economico finanziario, non consente alle gallerie abruzzesi (ma è il tema di tutte le gallerie italiane) di ritrovare resistenza e sicurezza. C'è una grande questione che riguarda anche le gallerie. Qui abbiamo un Sottosegretario che non è un tirocinante preso a caso, ma è un professore universitario di ingegneria che ha fatto anche libera professione e mi può venire incontro sul fatto che le opere d'arte in Italia hanno tutte bisogno di ritrovamento di capacità di funzionamento.
Nel decreto-legge Genova il ministro Toninelli ha previsto una norma che non è entrata nel patrimonio di soddisfazione della classe dirigente: è una norma che prevede finalmente il catasto delle opere d'arte in Italia, che non sono le opere dell'estetica o le opere della bellezza, ma le opere della complessità realizzativa, i nodi che possono mettere a rischio il funzionamento di una struttura. Gallerie, ponti, viadotti: finalmente abbiamo il quadro - lo dovremmo avere oggi, perché è nata anche una direzione generale dedicata a questo - che ci fa capire, anche presuntivamente, quanto ci serve l'anno prossimo, quanto fra tre anni e quanto fra sei anni. Serve però organizzare un flusso di attenzioni.
Ecco perché l'iniziativa del dibattito di oggi fa bene e serve che venga versato in atti presso il Ministero delle infrastrutture. Vi ringrazio per l'attenzione che mi avete riservato, sperando che l'abbassamento del numero delle parole di adesso significhi attenzione. Auguri al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e a coloro i quali qui rappresentano le attenzioni del MIT. (Applausi).
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione generale.
Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo, al quale chiedo di esprimere il parere sulle mozioni presentate.
MARGIOTTA, sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Signor Presidente, il risultato di un'azione politica di governo si deve valutare sulla base delle condizioni date e sulla vicenda le condizioni date sono le seguenti: una convenzione in atto, approvata nel 2008 da un Parlamento nel quale nessuno degli attuali componenti della maggioranza votò in maniera favorevole; fu invece votata da personalità importanti e da partiti che oggi sono all'opposizione. Quella convenzione era favorevole al concessionario sia per le condizioni generali e, ancor di più, per la clausola di risarcimento in caso di rescissione. Contemporaneamente, tenuto conto quindi di una convenzione di questo tipo, c'era e c'è la necessità di intervenire, dato il tragico e inaccettabile episodio di Genova e l'evidente insufficienza di monitoraggio e manutenzione che in questi anni vi è stata, anche in virtù della convenzione a cui prima facevo riferimento.
La soluzione trovata evita il rischio di un contenzioso soccombente per il Paese per un importo che poteva variare tra i 7 e i 23 miliardi; evita i rischi di perdita di posti di lavoro, di impoverimento di know-how di una società; evita le difficoltà nel subentro del nuovo concessionario; allo stesso tempo, garantisce l'accettazione delle tariffe stabilite dall'ART. Lo dico ad un collega che sulle tariffe prima è intervenuto quasi fossero tariffe vessatorie: sono tariffe che vengono fuori da un calcolo fatto dalla Authority di regolazione dei trasporti. Non solo, vi è l'accettazione di un meccanismo per la remunerazione degli investimenti solo dopo che essi siano stati fatti e non prima, perché la convenzione, tanto favorevole e vantaggiosa, prevedeva persino che potessero essere pagati gli investimenti prima che essi venissero fatti e magari anche quando non venivano fatti. Non succederà più.
Si prevedono 14,5 miliardi di euro di nuovi investimenti; 7 miliardi di euro per manutenzioni, quanto mai necessarie, come ricordato un attimo fa dal senatore d'Alfonso, che ringrazio; 3,4 miliardi di euro di risarcimenti in vari forme. Infine, altra cosa di fondamentale importanza, attraverso un meccanismo finanziario il cui driver principale è Cassa depositi e prestiti, consente di determinare un'uscita graduale e totale dell'attuale proprietà (altra priorità del dibattito di questa fase).
Ecco, se un risultato va valutato nelle condizioni date, ritengo di poter dire che nelle condizioni date il Governo e la maggioranza hanno conseguito un ottimo risultato, forse il miglior risultato possibile.
È per questo che esprimo i seguenti pareri sulle mozioni sin qui pervenute. Esprimo parere contrario sulla mozione n. 257 a prima firma del senatore Salvini. Esprimo parere contrario sulla mozione n. 261 a prima firma del senatore Ciriani. Esprimo parere favorevole sulla mozione n. 265 (testo 2) a prima firma del senatore Cioffi. Esprimo parere contrario sulle premesse della mozione n. 271 della senatrice Bernini e parere favorevole sui punti 1 e 5 della stessa, qualora siano accettate le seguenti riformulazioni: al punto 1, chiedo di inserire, dopo le parole: «a fare chiarezza», le seguenti: «sui tempi di attuazione dell'accordo annunciato dal Governo»; al punto 5, chiedo di sostituire le parole: «a fornire» con le parole: «a chiedere alla Consob di fornire» lasciando il resto del punto 5 conforme a quanto già scritto.
PRESIDENTE. Passiamo dunque alla votazione delle mozioni.
Vi comunico che non faremo interruzioni, quindi andremo avanti fino alle 15, sia con questo provvedimento sia con il successivo.
FAZZOLARI (FdI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FAZZOLARI (FdI). Signor Presidente, vorrei approfittare di questa circostanza per provare a guardare in modo un po' più vasto la questione, sperando che il Parlamento voglia considerare il tema delle concessioni nel suo insieme e non guardare sempre solamente al dettaglio.
Il 14 agosto 2018 è crollato il ponte Morandi, provocando 43 morti e 566 sfollati, un enorme danno economico e un enorme danno di immagine per l'intera Nazione. Da tale episodio è emersa una situazione inaccettabile che riguardava le concessioni autostradali, ma in generale le concessioni in Italia, con ricavi enormi per i concessionari, manutenzioni non fatte, investimenti non fatti e accordi capestro in base ai quali il concessionario, anche se non rispetta la propria parte di contratto, non è sottoposto a nessuna penale né situazione particolare, anzi, qualora lo Stato volesse revocare la concessione per inadempienza, dovrebbe riconoscere al concessionario tutti i mancati ricavi dal momento della revoca fino alla fine della concessione. Una situazione completamente folle, della quale le responsabilità sono molte e sono diluite negli anni, ma una cosa è certa: una situazione emersa nella sua drammaticità a seguito del crollo del ponte Morandi come malata, che avrebbe dovuto comportare l'immediata revoca delle concessioni. A seguito di una situazione così grave, in tutto il mondo, dalle Isole Samoa al Cile, dal Sudafrica all'Islanda avrebbero revocato le concessioni autostradali. In Italia no. In Italia le concessioni autostradali sono rimaste in capo allo stesso concessionario responsabile, non sappiamo se penalmente ma sicuramente in qualità di concessionario, del crollo del ponte. Il Governo ha deciso di lasciare il dossier nel cassetto e di non affrontarlo, salvo poi ritrovarsi, a ridosso della necessità di apertura del nuovo ponte di Genova, a doverlo assegnare a qualcuno e a dover fare, quindi, un Consiglio dei ministri durante la notte: non avendo affrontato il problema nei due anni precedenti, ha provato ad affrontarlo in una notte.
È andato bene questo modo di gestire la situazione? Sembrerebbe di no, perché i titoli di Atlantia, principale azionista della concessione, che erano crollati a seguito di una paventata revoca annunciata dal Governo, sono poi schizzati verso l'alto e ritornati ai livelli precedenti la dichiarazione, quando l'accordo è stato chiuso. Quindi è difficile pensare che gli investitori del pianeta abbiano male inteso il nuovo accordo e che abbia ragione chi sostiene che l'accordo penalizza in modo particolare gli attuali azionisti. Più probabile pensare che l'accordo sia molto vantaggioso per gli attuali azionisti.
Eppure era l'occasione per affrontare il tema delle concessioni anche con una visuale storica. Permettetemi questo parallelismo: caduta la contrapposizione tra i blocchi, abbiamo assistito, in Unione Sovietica alla nascita degli oligarchi, cioè dei privati ai quali veniva assegnata, in virtù di particolari rapporti con la politica, la concessione dello sfruttamento dei pozzi di petrolio e, in virtù di tale concessione, l'oligarca russo diventava plurimiliardario.
Abbiamo sempre detto che questa fosse una forma di capitalismo malato. Una forma di capitalismo talmente malata che lo stesso Putin, all'inizio del suo secondo mandato nel 2004, dichiara guerra agli oligarchi, dicendo che i pozzi di petrolio sono dei russi e non proprietà privata dell'oligarca.
In Italia, finita la contrapposizione tra i blocchi, e con la debolezza della politica, è accaduta esattamente la stessa cosa. Tra la fine degli anni Novanta e gli inizi degli anni Duemila, abbiamo assistito alle privatizzazioni: sono stati dati, agli oligarchi nostrani, i pozzi di petrolio nostrani, con le autostrade date ai Benetton e la svendita dell'Eni e di Telecom, un fenomeno nel quale il parallelismo è totale.
Nel periodo di concessione delle autostrade, l'utile incassato e in gran parte tramutato in dividendi per gli azionisti è di 10 miliardi. Il patrimonio stimato di Abramovich è di 10 miliardi: questo è. Noi abbiamo consegnato i nostri pozzi di petrolio alle lobby e ai potentati economici italiani, con accordi che non andavano a premiare l'interesse pubblico, ma andavano semplicemente a fare extra profitti per i soliti noti. Questo era il problema che noi avremmo dovuto, come Nazione, affrontare il giorno dopo il crollo del ponte Morandi, cosa che non abbiamo fatto.
Fratelli d'Italia è l'ultimo partito a poter essere tacciato di simpatia nei confronti dei Benetton; indirizzare, però, tutte le colpe di quanto accaduto alla singola proprietà sembra quasi il gioco di chi vuole non affrontare il problema, drammatico, delle concessioni in Italia, che non riguardano solo quelle tratte autostradali, ma anche altre, che riguardano interamente le nostre infrastrutture strategiche, che riguardano gli aeroporti, che riguardano tutto questo sistema malato di privatizzazioni fasulle, che hanno dato sistemi di monopolio su beni pubblici per far fare profitto ai privati. Questo avremmo dovuto affrontare e questo il Governo non ha affrontato e questo il Governo continua a non affrontare.
Che cosa avremmo dovuto fare? Azzerare tutte le concessioni. Revoca della concessione di autostrade, ma non solo: azzeramento di tutte le concessioni presenti in Italia e nuova gara, con regole che rispettino il nostro Stato di diritto, perché la Corte dei conti, il Consiglio di Stato, la Corte costituzionale, in diverse fasi, hanno dichiarato che le attuali concessioni esistenti in Italia non rispettano le basilari norme del diritto italiano. Non esiste un contratto di diritto civile che prevede che uno dei due contraenti possa non rispettare la sua parte di contratto. Quindi, banalmente le concessioni sono nulle; banalmente, le concessioni autostradali possono essere revocate, cosa che non è stata fatta.
Fratelli d'Italia aveva presentato, nel 2018, una risoluzione, chiedendo, in base alle infrastrutture strategiche, di introdurre il principio di tutela dell'interesse nazionale. Dispiace che l'allora ministro Toninelli abbia espresso parere contrario e che la risoluzione sia stata bocciata. Abbiamo provato a ripresentare tale principio anche con questa mozione: Fratelli d'Italia chiede che, in sostanza, con le nostre infrastrutture e con le nostre concessioni, avvenga ciò che avviene in tutto il resto del mondo e che mette in atto chiunque voglia tutelare il proprio interesse.
In primo luogo, chiediamo la proprietà pubblica delle infrastrutture strategiche; è il caso di Autostrade, ma non è il caso, ad esempio, della rete di telecomunicazioni. Chiediamo inoltre la gestione pubblica o privata delle infrastrutture di proprietà pubblica, ma con la clausola di salvaguardia dell'interesse nazionale. Se il Presidente mi concede soltanto 30 secondi, provo a sintetizzare questi punti. Chiediamo che per una concessione privata ci sia un vantaggio oggettivo e certificato per lo Stato rispetto alla gestione diretta dello Stato, chiediamo che sia garantita la sicurezza nazionale attraverso l'obbligo per i gestori di avere la sede legale e fiscale in Italia, chiediamo la possibilità di risoluzione unilaterale da parte dello Stato in caso di gravi inadempimenti (questa dovrebbe essere una banalità) e chiediamo infine che ci sia l'obbligo, per il contraente, di reinvestire nelle infrastrutture non solo quello che è già previsto da contratto, ma anche tutto ciò che eccede il 15 per cento dell'utile netto (e andiamo a spiegare ai nostri imprenditori che un utile netto è accettabile del 50-60 per cento, come avviene per i nostri concessionari). Chiediamo che questo sia approvato. A nostro avviso, l'unica possibilità per mettere fine a questa vergogna del saccheggio sulle nostre infrastrutture strategiche è la revoca di tutte le concessioni e l'indizione di nuove gare sulla base di contratti seri e certi. I più bravi se li aggiudicheranno.
VONO (IV-PSI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
VONO (IV-PSI). Signor Presidente, colleghi, membri del Governo, oggi affrontiamo una questione particolare, che ha investito e ancora investe le sorti del nostro Paese su più fronti. In quasi due anni ci siamo ritrovati a dover rimettere in piedi non solo un'infrastruttura, quella del ponte Morandi, necessaria alla città di Genova e a tutta la Liguria, ma anche ad affrontare i risvolti di una crisi economica improvvisa, che, unita al blocco di un'arteria fondamentale di sviluppo anche per uno dei porti più importanti d'Italia, può risultare fatale per famiglie e imprese.
A poche settimane dalla riapertura del ponte al pubblico, dobbiamo ancora discutere se sia più conveniente continuare a incastrare la macchina pubblica in un vortice infinito di burocrazia e tempi della magistratura oppure optare, oserei dire in modo più intelligente, per una riassegnazione chiara delle responsabilità e un alleggerimento rapido di quelle procedure che in questo momento bloccano l'intero Paese. È vero, abbiamo fatto passi da gigante, predisponendo in emergenza misure di velocizzazione per tante opere infrastrutturali fondamentali, come peraltro noi di Italia Viva avevamo già previsto con il piano shock presentato al Governo in tempi non sospetti. Ma ora, al di là di tutto, è il momento di dimostrare non solo all'Italia, ma a tutta l'Europa, che rinnovarsi e ripartire è possibile. Ora non possiamo più restare a casa, ma direi soprattutto che non possiamo più continuare, in maniera semplicistica, a insistere sul mandare a casa qualcuno, permettendo il protrarsi di situazioni volte a invocare unicamente la procedura di revoca della concessione ad ASPI, senza considerare null'altro. L'operazione forse sotto il profilo mediatico è sembrata efficace, ma poi, a nostro parere, non è risultata altrettanto soddisfacente durante le trattative di mediazione, limitando di molto la sua apparente forza.
Colleghi, non abbiamo ancora, seppure possiamo immaginarlo, una definizione completa dello scenario burocratico che si potrebbe prospettare in caso di revoca della concessione. Ad oggi non si è velocizzato alcun procedimento e non sono stati realizzati nuovi investimenti e potenziamenti ai quali il concessionario era tenuto. Fino a questo momento sono costanti solo le difficoltà dei cittadini e della Regione Liguria, che si trova sommersa da una situazione di estrema difficoltà nella programmazione dei lavori per il miglioramento delle proprie infrastrutture, bloccando così di fatto sia il trasporto delle merci, sia il turismo, e sommando a questi danni quelli provocati dall'emergenza epidemiologica Covid-19, che purtroppo sembra protrarsi più del dovuto. Mentre le proiezioni del PIL colano a picco, si continua da qualche parte con un tira e molla inutile, dando adito a uno scaricabarile pressoché infinito, piuttosto che mettere davanti alle proprie responsabilità chi finora aveva l'obbligo di manutenzionare e innovare le nostre arterie di asfalto. Scaricabarile, sì, perché non abbiamo una prospettiva immediata su cosa succederà in futuro sul tema delle concessioni o non vogliamo rendercene conto.
A fronte di eventuali nuovi disagi che potrebbero colpire le nostre infrastrutture, consentiremmo ad un nuovo, ipotetico e presunto concessionario di spendere ulteriori soldi pubblici per riparare i danni cagionati da altri in precedenza, liberando così le tanto famigerate lobby da una responsabilità enorme, facendo quasi un favore a chi è stato negligente in passato.
È necessario mettere mano ad un pacchetto di misure straordinarie che consenta all'economia intera di ripartire con lo sblocco, seppure nelle more degli accordi, degli investimenti già programmati e autorizzati da ASPI, affinché non si ritardi ulteriormente nella necessaria evoluzione delle nostre infrastrutture, che non possono più aspettare le lungaggini della burocrazia e le indecisioni della politica, che invece deve farsi carico di ogni decisione.
Per evitare che questa emergenza economico-sanitaria si trasformi in un disastro economico e sociale e si vada oltre il 10 per cento di calo del PIL previsto dagli osservatori finanziari, il settore degli investimenti nelle infrastrutture deve essere adeguato, rafforzando l'impianto già previsto dei commissari straordinari, che gestendo direttamente le procedure con speciali poteri, come avvenne per Expo Milano 2015 e, più recentemente, è avvenuto con il ponte Morandi, ma che ora dovrebbero rientrare in una cornice normativa ordinaria, possano semplificare quella mole pachidermica di passaggi burocratici, consentendo un celere avvio dei lavori con nuove opportunità occupazionali, che diano finalmente la possibilità al Paese di risollevarsi economicamente e dignitosamente.
Lo abbiamo detto in tutte le salse in questi ultimi mesi: ce la faremo, ma ce la faremo solo davanti non ad un programma ambizioso, non ad una visione egoistica della politica, ma davanti a un futuro che è già presente ed è dato dalle opere già cantierabili autorizzate e finanziate. È un segnale importante da mandare al Paese per far comprendere che la politica oggi può e deve mettere da parte una discussione sostanzialmente sterile, come quella di una continua trattativa per nuovi concessionari, quando bisogna con serietà e mantenendo intatto qualsiasi livello di sicurezza, mettere di fronte alle responsabilità vere chi è già in grado di poter operare, pur attuando tutti i controlli e le verifiche possibili e intervenendo con ogni misura consentita dalle leggi vigenti.
Sono troppe le opere ferme da tempo immemorabile nel nostro Paese ed è ora che il Governo intero possa finalmente dare una sterzata a questa corrente di immobilismo, partendo proprio dalla Liguria, liberando le difficoltà che affliggono la ripartenza e concedendo il via libera ad un progetto fondamentale per questa Regione. Mi riferisco qui all'adeguamento del nodo stradale e autostradale di Genova comprensivo della Gronda, per cui ci auguriamo si segua il progetto unitario previsto dalla convenzione, con anche l'immediata conclusione dei blocchi stradali che attualmente interessano la Regione. Si tratterebbe di 65 chilometri che servirebbero ad alleggerire il traffico in una zona fortemente sollecitata.
Lo dico in primis a me stessa e poi a tutti i colleghi di maggioranza e di minoranza, con i quali lavoriamo senza sosta per far intravedere una speranza di futuro migliore ai nostri giovani: non sprechiamo altro tempo, vacillando sulle spalle di un mostro politico e burocratico che ha divorato i nostri conti pubblici e ha permesso il verificarsi di questi accadimenti tragici che in un Paese non dovrebbero esistere. Abbiamo tutti l'unico interesse di risollevare la nostra Italia, le famiglie, le imprese private e pubbliche e, non ultimi, i lavoratori che stanno dietro le quinte di queste grandi opere a rischiare la propria vita, uomini che non vorrebbero vivere di redditi di sostentamento, ma che chiedono dignità. Quella dignità che può venire solo dal lavoro, che se ben fatto e retribuito, li fa sentire orgogliosi di aver contribuito, ognuno nel proprio piccolo, al miglioramento della società.
Non sprechiamo questi sacrifici e, in nome di quanti si adoperano per la crescita sana dell'Italia, chiediamo al Governo di valutare con attenzione e interesse e mettere in pratica le proposte della mozione di maggioranza oggi discussa, comprensiva delle istanze di tutti per il buon governo dell'Italia, e fiduciosi che anche le proposte di Italia Viva-PSI abbiano un adeguato riscontro, dichiariamo il nostro voto favorevole. (Applausi).
DE PETRIS (Misto-LeU). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DE PETRIS (Misto-LeU). Signor Presidente, credo sia stato anche un bene che oggi siano state oggetto di discussione le mozioni che riguardano la vicenda Autostrade, perché così in quest'Aula si ha avuto modo di fare una discussione sul tema assolutamente necessaria. Lo diceva poco fa anche il collega del Gruppo Fratelli d'Italia e anch'io dico subito in premessa che è evidente a tutti - sono anni che poniamo la questione del sistema delle concessioni autostradali nel nostro Paese - che stiamo parlando della gestione di un bene assolutamente pubblico, che ha costruito, in tutti questi anni di sistema delle concessioni profitti enormi in capo ai concessionari. Vorrei anche ricordare che addirittura abbiamo avuto il caso di concessioni (sono moltissime le concessioni) le cui convenzioni addirittura avevano gli omissis, cioè persino noi parlamentari non eravamo in grado di vedere e verificare tutte quante le clausole. Voglio sottolinearlo, perché concordo sul fatto che sia necessario andare avanti con la verifica e non solo con un controllo generico, ma con una revisione profonda del sistema delle concessioni.
Sul caso specifico di ASPI, conosciamo tutti bene quello che è accaduto, ma vorrei anche ricordare il dibattito che c'è stato su questo. Il dibattito che aveva animato il Governo precedente, con le fortissime resistenze che in capo a uno dei partecipanti della maggioranza di Governo sono state poste rispetto all'ipotesi della revoca per i fatti gravissimi accaduti. Sappiamo anche che, nel prosieguo del dibattito, molti di coloro che adesso si stracciano le vesti sull'accordo che è stato raggiunto e che è oggetto di queste mozioni, recriminando che non è stata attuata fino in fondo la revoca, sono gli stessi che hanno tuonato per giorni, in tutto questo periodo, contro l'ipotesi di revoca. Per la verità, continuiamo a sentire gli accenti di una sorta di pregiudizio incredibile sulla presenza dello Stato nella gestione delle autostrade e anche un pregiudizio che è del tutto ideologico contro l'idea stessa di public company.
Venendo al merito, credo che sia stato - noi così l'abbiamo valutato e lo vogliamo di nuovo giudicare - un accordo assolutamente positivo per l'interesse pubblico, perché questo è quello che dobbiamo valutare. Lo è in primo luogo perché sotto il profilo dell'assetto societario si profila l'immediato passaggio dal controllo di ASPI ad un soggetto partecipato, come è appunto la Cassa depositi e prestiti, attraverso la sottoscrizione di un aumento di capitale riservato da parte di Cassa depositi e prestiti e l'acquisto di quote partecipative da parte di investitori istituzionali, ma che devono essere anche questi di gradimento di Cassa depositi e prestiti, quindi con la dismissione fino all'88 per cento da parte dell'ASPI all'interno di Atlantia e all'interno di ASPI stesso. Si profila quindi, da questo punto di vista, una soluzione che credo sia assolutamente importante e anche proficua per l'interesse pubblico.
Vengo all'altra vicenda. Questi due anni sono stati contraddistinti da un contenzioso e da ricorsi.
Questo anche rispetto all'intervento all'interno del decreto milleproroghe, perché vi era stato persino un ricorso per contestare la legittimità dell'articolo 35. Ebbene, la transazione prevede, intanto, una rinuncia al contenzioso e ai ricorsi stessi, nonché misure compensative, esclusivamente a carico di ASPI, per un importo di circa 4,5 miliardi di euro. Dico questo perché anche in questa sede abbiamo sentito dire che la cifra non era adeguata, ma vorrei sempre modestamente ricordare che nel dibattito che c'è stato in questo periodo ogni volta l'accusa era quella di voler far pagare una penale enorme allo Stato, arrivando addirittura a parlare di 17 miliardi, queste erano le accuse. In questo caso, invece, il vantaggio dal punto di vista della transazione è quello delle misure compensative.
L'altra cosa importante riguarda il tema della sicurezza, che è l'altro elemento del tutto scoperto sul sistema delle concessioni e in particolare nel caso di ASPI, che tra l'altro detiene una quota assolutamente significativa e maggioritaria del sistema autostradale. È in corso l'inchiesta della magistratura e ne vedremo tutti quanti i risultati, ma è evidente a tutti quali siano state le carenze assolutamente palesi dal punto di vista dei controlli e della sicurezza. Il rafforzamento dei controlli a carico del concessionario è certamente uno degli elementi fondanti di questo accordo, come anche l'aumento delle sanzioni in caso di violazioni, anche lievi, da parte del concessionario stesso.
Come vedete, ci troviamo di fronte ad un accordo transattivo che è molto rispondente a quello che era necessario mettere in campo per la tutela dell'interesse pubblico. Anche sulle tariffe dei pedaggi c'è un impegno assolutamente necessario che riguarda ASPI, ma che deve riguardare anche le altre concessioni autostradali.
Gli impegni che si assumono con la mozione n. 265, a prima firma del senatore Cioffi e sottoscritta anche da noi, sono sicuramente importanti e vorrei ricordarli: non si tratta solo di dare seguito all'accordo e a quanto deciso dal Consiglio dei ministri, ma di adoperarsi per continuare sulla strada di un controllo molto serrato di vigilanza sul concessionario, anche durante tutte queste fasi di transazione e di implementazione dell'accordo, e soprattutto di garantire immediatamente la realizzazione degli interventi essenziali per la messa in sicurezza.
Certamente questo riguarda il caso ASPI, ma - per noi questo è molto importante - credo che questa transazione e tutta la discussione svolta anche in seguito agli accertamenti che ci sono stati in questo periodo di tempo sulla carenza della manutenzione e sulla sicurezza vada ad avviarsi rapidamente ad un programma generale di manutenzione di tutte le infrastrutture affidate in concessione. Credo che questa sia, per quanto ci riguarda, la priorità principale, quindi questo accordo di transazione è fondamentale anche per avviarci in modo risoluto a mettere in campo un grande programma di manutenzione delle infrastrutture, sia di quelle affidate in concessione sia di quelle non affidate in concessione. Pertanto, per quanto ci riguarda, annuncio il voto favorevole del Gruppo sulla mozione n. 265 a prima firma del senatore Cioffi. (Applausi).
D'ARIENZO (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
D'ARIENZO (PD). Signor Presidente, innanzi tutto, a nome del Partito Democratico, desidero esprimere ancora dolore, vicinanza e ricordo alle famiglie duramente colpite nella tragica giornata della caduta del ponte Morandi. Quel dolore accomuna ancora tutti gli attori che hanno avuto a che fare con quella vicenda prima, dopo e in ogni momento (non credo ci sia qualcuno qui che non provi dolore).
Per rispettare il dolore di quelle tante famiglie, abbiamo il compito di dare soluzioni per il futuro. Non serve quindi partecipare a gare nel dire cosa sarebbe stato meglio fare o di chi è la colpa oggi. Abbiamo solo ed esclusivamente il compito di guardare avanti e cercare di capire come portare a termine un'operazione strategica per la gestione di quelle concessioni.
Oggi quindi siamo qui a decidere sulla base di un'attività complessa, svolta da gruppi di lavoro creati e determinati prima che entrasse in carica questo Governo. Non è serio da parte di alcune forze politiche far finta di nulla o che queste cose cadano dal nulla, perché si dà la sgradevole sensazione che le scelte adottate a quel tempo siano state fatte non per cercare la verità, bensì per rispondere all'emotività del momento, che è la cosa più brutta. Amo pensare che quelle scelte siano state fatte in funzione di una soluzione positiva.
Ebbene, il lavoro svolto positivamente ha fatto emergere gravi lacune e inadempienze, nonché importanti criticità nella gestione di quella concessione. Da qui la soluzione che conosciamo e l'accordo di cui stiamo parlando. Quindi il teatrino della propaganda e questi messaggi contraddittori non vorrei fossero il frutto della volontà di non cambiare nulla e di perpetrare un errore già commesso, nel momento in cui è stata rinnovata quella generosa concessione, fortemente sbilanciata a favore del concessionario. Poco fa, abbiamo sentito dal sottosegretario Margiotta alcuni termini di quella concessione, poi rivisti dall'Autorità di regolazione dei trasporti.
Al contrario, sosteniamo la scelta che il Governo sta portando avanti, che è eminentemente di politica industriale e innovativa, per certi aspetti, anche se nata da un fatto tragico e costellata da divisioni e divergenze. Se però sotto l'egida dello Stato alcuni soggetti acquisiscono una società in un settore strategico e se attraverso questa gestione possono acquistare e vendere le azioni, coinvolgere tanti altri soggetti investitori istituzionali e quotarsi in borsa, quindi garantire anche una certa contendibilità, e magari in futuro anche fuoriuscire, penso sia difficile trovare una soluzione diversa e più conveniente per far funzionare questo sistema e garantire tutti coloro che investono adesso e investiranno in futuro.
In certi momenti, come in quello che stiamo vivendo, misure straordinarie come queste probabilmente fanno il bene del Paese e di coloro che investono e devono attraversare queste autostrade. È sotto gli occhi di tutti che questa è l'occasione migliore per superare l'assetto che non ha garantito le cose alle quali sto facendo riferimento e che soprattutto garantirà un equilibrio che solo questo tipo di soluzione può assicurare.
In un determinato periodo o in presenza di determinate condizioni, come quelle che abbiamo visto su questa concessione, non è sbagliato che lo Stato intervenga ed entri nelle compagnie per avviare un lavoro diverso rispetto al passato; anzi, è proprio lo Stato a garantire un certo grado di affidabilità e remuneratività degli investimenti da parte di tutti (penso soprattutto a quelli che investiranno in fondi di natura pensionistica).
Siamo quindi di fronte a una fase storica in cui non è sbagliato fare questo.
Sento i colleghi che legittimamente hanno dei dubbi sulla statalizzazione. Ricordo però che in altri Paesi, governati dalla famiglia del Partito Popolare Europeo, gli operai partecipano addirittura ai consigli di amministrazione (penso alla Germania). Se non è statalizzazione quella, perché dovrebbe esserla quella nel nostro Paese, che è un'operazione completamente diversa?
Ci si chiede se lo Stato torna imprenditore e si dice che è il peggior segnale verso tutti gli imprenditori istituzionali. E perché mai? Si presuppone che tutti gli investitori si comportino come il concessionario negli ultimi anni? Non credo. Anzi, quegli investitori saranno garantiti dalla presenza, neanche tanto rilevante (stiamo parlando di circa il 30 per cento) di soggetti pubblici. È esattamente il contrario di quanto è stato detto ed è l'affermazione più chiara ed evidente dell'interesse pubblico, che ritengo essere un fatto di valenza culturale in una fase storica come quella che stiamo vivendo.
Ma allora - è un'altra domanda alla quale bisogna dare risposta - stiamo buttando via i soldi degli italiani per un'operazione ideologica? Mi sono divertito anche stamattina a vedere le quotazioni negli ultimi anni di ASPI. Faccio fatica a immaginare chi di noi non investirebbe visti quei risultati, che adesso saranno garantiti anche dallo Stato. È difficile perderci in un'operazione che garantisce un'elevata qualità di business.
Ma il fatto stesso che è lo Stato ad assumersi l'impegno di far funzionare nel migliore dei modi una concessione autostradale è già un buon investimento; non bisogna pensare soltanto alla remunerazione del capitale che, nel momento della quotazione in borsa, per quell'elevato livello di flottante che sarà in gioco, è nelle cose.
Mi stupiscono alcune delle affermazioni fatte in quest'Assemblea, in cui non si riconosce il valore alto della collocazione sul mercato di azioni e quotazioni che riguardano un soggetto già di per sé remunerativo, ma garantito nella gestione dall'affidabilità e dalla credibilità dello Stato.
Cassa depositi e prestiti (un soggetto disegnato in maniera molto negativa, nel cui statuto sono previste operazioni di questa natura e quindi non è neanche un soggetto astruso a queste operazioni di mercato) farà certamente un intervento economico che sarà remunerato in un'infrastruttura in grado di funzionare anche grazie all'impegno dello Stato.
Mi avvio alla conclusione. L'operazione - lo ripeto - garantirà anche la continuità aziendale di tutte le società coinvolte e di tutta quell'incredibile pluralità di azionisti coinvolti nelle varie società di cui stiamo parlando. Si tratta, quindi, di un'operazione che garantisce tutti: non solo la prospettiva futura della concessione autostradale, ma anche tutti coloro che oggi hanno interessi economici nelle varie società di cui stiamo parlando e anche Atlantia. È una garanzia che solo l'intervento dello Stato poteva dare. Tutto ciò è un valore di stabilità economica molto importante. Anzi, basterebbe questo per dire che l'attenzione degli investitori internazionali è attirata dall'operazione che stiamo portando avanti, con la garanzia che diamo nei confronti di tutti.
Se tutto andrà nella direzione che auspichiamo, nella prossima primavera avremo questo nuovo soggetto che deterrà intorno al 30 per cento del capitale, qualificati investitori internazionali e un elevato flottante, al quale ho fatto riferimento, da parte di tanti investitori.
La regia pubblica dell'operazione, l'assetto proprietario diverso, la sicura correttezza degli investimenti in sicurezza, il sistema di garanzia per gli utenti e la remuneratività degli investimenti sono valori che l'operazione garantirà e che saranno assunti certamente come buona gestione degli interessi degli italiani e - se permettete - anche dei loro soldi.
Per questa ragione, il Gruppo Partito Democratico sosterrà la mozione di maggioranza, presentata a prima firma dei senatori Cioffi, D'Arienzo, Vono e De Petris. (Applausi).
MALLEGNI (FIBP-UDC). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MALLEGNI (FIBP-UDC). Signor Presidente, se la vicenda di Autostrade non fosse reale, verrebbe veramente voglia di mettere in piedi una pièce teatrale, con un finale a sorpresa, tra l'altro: non si sa mai chi è l'assassino nei gialli o nelle pièce teatrali. Questa volta invece lo sappiamo: l'assassino è un pezzo della maggioranza e la vittima è l'altro pezzo. Anzi, vittime sono, come sempre, i cittadini italiani. In ambito politico, alla fine, bisogna anche semplificare per spiegare agli italiani quel che è successo.
È evidente che la logica di statalizzazione del sistema produttivo è stato uno dei temi centrali della battaglia che, nel 1994, Forza Italia ha promosso nei confronti di quelle forze politiche che, fino al giorno prima, governavano il nostro Paese. La logica antistatalista che abbiamo promosso è quella che ci ha premiato perché gli italiani hanno capito la logica di affidare allo Stato un'esclusiva funzione di controllo nell'ambito delle attività produttive, non una gestione in prima persona.
Lo Stato deve essere l'elemento di garanzia; certamente può avere una partecipazione, ma la gestione e il controllo delle imprese devono essere affidati a chi fa impresa, quindi al privato. Lo Stato può esserne parte; può essere un elemento di garanzia, ma è il privato che deve opportunamente gestire il sistema produttivo del Paese.
Da lì, tutto quello che è accaduto nel passato, con la svendita dei gioielli di Stato oppure dei denti d'oro della nonna, come è accaduto dal signor Prodi in poi sulla questione dell'IRI, che ha regalato quei gioielli per qualche spicciolo ai vari imprenditori nazionali, se così si possono chiamare. È evidente che quella non fu una privatizzazione; fu una regalia di imprese importanti che erano state assunte all'interno dell'Istituto di ricostruzione industriale, che aveva anche un senso quando fu realizzato. Aveva un fondamento; aveva una logica che in quel momento storico specifico funzionava. Oggi stiamo ripiombando in una situazione analoga, ma che non ha però alcun fondamento. Cerchiamo di fare un riassunto della vicenda.
Purtroppo, crolla il ponte Morandi, decine e decine le vittime; tutti immediatamente pronti per responsabilizzare il gestore e, fermo restando che la giustizia farà il suo corso, è evidente che è così. Tutti pronti per la revoca delle concessioni autostradali per giusta causa a un soggetto che le gestisce da decine di anni. Non solo. Qualche settimana fa, la Suprema corte dice che si è fatto bene a non affidargli la ricostruzione. Ho pensato che fosse un sussulto importante della giustizia, che sicuramente sarebbe stato colto come palla al balzo dal Governo, in particolare dal presidente del Consiglio Conte, in fase di trattativa, per revocare la concessione autostradale per giusta causa.
Ovviamente, infatti, se si va dietro alla logica della Consulta, che dice di aver fatto bene a non dare l'appalto per la ricostruzione del ponte a chi di fatto non ha controllato provocandone, di conseguenza, la caduta, va da sé per analogia che probabilmente non avremmo avuto come Stato - tutti siamo parte di questa struttura e ne rispettiamo le regole e i contenuti - problemi di ricorsi vari o, se li avessimo avuti, avremmo probabilmente vinto nuovamente per la revoca della concessione autostradale.
Nel frattempo è successo un evento quasi peggiore della revoca, ovvero la costituzione del Governo Conte-bis. Parlo di Conte con la c e non di ponte. Il Conte-bis è quasi peggio della revoca perché una delle componenti più significative del nuovo Esecutivo è lo sponsor storico di chi ha gestito le concessioni fino a ieri.
L'ho detto simpaticamente al collega Cioffi anche poco fa. Cari amici della maggioranza, sono due gli attori che hanno portato a casa la pagnotta: uno è la famiglia Benetton cui, tra rialzi e abbassamenti, il mercato ha rimesso in pancia un sacco di quattrini - finché è il mercato con logiche serie e democratiche, non ho nulla da dire perché sono per il mercato puro, ma non ci raccontiamo che ci hanno rimesso - e l'altro è il Partito Democratico, che ha vinto la battaglia. Colleghi del MoVimento 5 Stelle, di quale revoca parliamo? Qui si va avanti e il ponte lo facciamo gestire a questi. Inoltre, prendiamo 3,4 miliardi di indennità per il crollo. ASPI deve pagare 3,4 miliardi e, nel frattempo, Cassa depositi e prestiti fa l'aumento di capitale di pari importo. 'Cca nisciuno è fesso.
PRESIDENTE. Prosegua, abbiamo capito. Il concetto era chiarissimo.
MALLEGNI (FIBP-UDC). Io proseguo, però finché non lampeggia.
Presidente, ogni volta che parlo in questa Assemblea io e lei abbiamo sempre questo confronto amichevole e simpatico.
PRESIDENTE. Prosegua.
MALLEGNI (FIBP-UDC). Voglio aggiungere di più. Nelle famiglie si sta anche insieme, ma mica abbiamo sempre le stesse opinioni.
La logica delle concessioni autostradali deve essere necessariamente posta a salvaguardia, in quanto concessione e non regalo. La differenza fra regalo e concessione è sostanziale. La concessione si mette a gara; non si fanno gli accordi e accordicchi; si va a gara. (Applausi). Se fossimo andati a gara, probabilmente le azioni di Atlantia sarebbero scese clamorosamente, avremmo avuto l'obbligo della revoca, sostenuto da una sentenza della Consulta che avrebbe detto che facevamo bene, i soldini dei libretti postali dei nostri concittadini e pensionati italiani non sarebbero stati buttati all'interno di un calderone che va a vantaggio esclusivamente di qualcuno e avremmo avuto la sicurezza che l'aggiudicatario sarebbe stato un professionista che avrebbe garantito le manutenzioni. Nessuno, infatti, si avvicina alla gestione di un'autostrada senza conoscerne le caratteristiche, le regole e le funzionalità.
Solo per il fatto che ci hanno preso in giro per anni - negli ultimi sei mesi per il rinnovo delle concessioni abbiamo avuto lavori e blocchi autostradali in tutto il territorio nazionale - questi andrebbero presi a calci e cacciati; non bisogna dargli 4 miliardi per ristoro e farli crescere del 25 per cento in una notte, a mercati aperti con le dichiarazioni del Presidente del Consiglio, riempiendo loro le tasche di soldi. Questa è una vergogna della quale siete responsabili e ancora una volta, cari cinquestelle, vi hanno buggerato.
Sapete qual è la cosa più grave? Quelli buggerati sono gli italiani, che ancora una volta stanno a guardare la vostra incapacità di Governo. Noi voteremo contro ogni vostra proposta di mozione che va in tale direzione e ovviamente voteremo a favore della nostra mozione. (Applausi).
BRUZZONE (L-SP-PSd'Az). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BRUZZONE (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, siamo qui a discutere di mozioni e di un tema importante, ma garantisco che anche oggi, già dalle ore 7, la Liguria è congelata e bloccata. Le autostrade sono ferme ed è impossibile raggiungere l'80 per cento della nostra Regione per chi arriva da fuori.
PRESIDENTE. Mi associo al suo grido di dolore, perché l'ho vissuto in prima persona nelle strade liguri.
BRUZZONE (L-SP-PSd'Az). Presidente, gliene racconto una di ieri che ho vissuto personalmente: venendo giù da Milano per andare in Liguria il transito consigliato da Milano era andare a Torino e scendere giù dall'altra parte, perché non si poteva raggiungere Genova. Sto parlando di un'autostrada, la A26, che è il più importante collegamento fra la pianura Padana e ciò che sta oltre la pianura Padana, quindi la Mitteleuropa, la costa ligure, la Francia e la Spagna, perché il transito principale avviene attraverso quell'autostrada, che è impraticabile.
La stessa cosa dicasi per la A10: i cancelli chiusi ormai da tanto tempo a ponente della città di Genova, da Genova aeroporto per arrivare fino ad Arenzano, impediscono il normale afflusso da ponente verso la città di Genova, cioè impediscono al porto di Genova di funzionare e alla città di Genova di ricevere quell'impulso turistico che aveva ricevuto in modo significativo negli ultimi anni.
Siamo completamente a terra sotto tutti i punti di vista e i danni all'economia, al turismo, alla portualità e a ogni tipo di trasporto non sono quantificabili. Guardate che per noi liguri bloccare il turismo, in aggiunta al problema del Covid e con il sistema attuale delle autostrade, è qualcosa di insostenibile. Di più: il turismo estero è completamente assente. L'altro giorno è apparso - lo dico sorridendo - un cartello orientato ai turisti tedeschi e svizzeri che erano intenzionati a venire a Genova per visitare l'acquario, dove c'era scritto «per raggiungere Genova andare a Barcellona e prendere il traghetto». Era un cartello scherzoso, ma purtroppo reale. (Applausi).
In questa situazione vi è sicuramente una responsabilità politica: lo dico ancora una volta senza fare troppo la storia, perché ormai la storia è acqua passata, ma questo ci insegna cosa significhi l'assenza di un'opera come la Gronda, che poteva essere costruita all'inizio degli anni Novanta, se non si fosse anticipato già allora quel quadro politico che ancora oggi è attuale. Mi riferisco a una sinistra che governava la città di Genova in alleanza con un partito dei Verdi, a una spaccatura dentro la maggioranza e a un voto contrario che bloccò all'inizio di quegli anni la creazione di un'opera infrastrutturale che allora si chiamava "bretella", oggi si chiama Gronda e che ancora non c'è. Allora c'erano i verdi; oggi c'è qualcun altro.
Devo però riconoscere al Partito Democratico un segnale di coerenza, una grande coerenza, dimostrata in tutti gli anni in cui le sinistre hanno amministrato la città di Genova e che è stata dimostrata nei dieci anni dell'amministrazione di sinistra Burlando della Regione Liguria: un totale congelamento; non si fa nulla; non si poteva dare una picconata da nessuna parte, perché se si va nella direzione di far crescere quella Regione, si va a rompere le scatole non si capisce bene a cosa o a chi.
Ancora oggi questa situazione di coerenza emerge. Infatti, il candidato alla Presidenza della Regione Liguria, qualche giorno fa, appena è stato individuato appunto il candidato di PD e 5 Stelle, interpellato sulla Gronda ha dichiarato: dobbiamo riflettere sulla Gronda, dobbiamo valutare. Ma cosa devi riflettere e cosa devi valutare? (Applausi). È una Regione in ginocchio, demolita dall'incapacità di fare delle scelte.
Addirittura, su altri temi altrettanto importanti, come il tunnel della Fontanabuona, non è stata pronunciata neanche una parola; non se ne parla neanche.
Guardate, oggi è anche la giornata giusta per discutere di questi temi. Questa mattina, signor Sottosegretario, il suo Ministro delle infrastrutture è a Genova e non è stato accolto tanto bene, non dalla politica, non da iniziative di partiti di centrodestra, della Lega o quant'altro. È stato accolto da manifestazioni spontanee tese a rimandarlo indietro, perché è una vergogna l'atteggiamento del Governo rispetto a scelte che devono essere fatte, ma che non arrivano mai. Genova oggi è ulteriormente bloccata per iniziative spontanee causate dalla presenza a Genova di un Ministro di questo Governo. Oppure, forse il ministro De Micheli è venuto a Genova a presentare il candidato alla Presidenza della Regione del PD e dei 5 Stelle che non vuol fare la Gronda? (Applausi). Lo dico agli amici del PD: avete mandato a Genova un vostro Ministro per presentare un candidato che di Gronda non ne vuol sentire parlare? È questa la volontà politica che volete esprimere per il futuro della Liguria?
Tutti abbiamo parlato di modello Genova; lo abbiamo visto e lo abbiamo vissuto all'interno di quest'Assemblea; lo abbiamo vissuto noi che tutti i giorni siamo stati a Genova, in questo anno e più, per la ricostruzione del ponte. Io non finirò mai di ringraziare l'allora vice ministro Rixi, così come il Presidente della Regione e il commissario Bucci per quanto hanno fatto per la città, perché hanno sì avuto gli strumenti messi a disposizione a livello nazionale, ma hanno avuto il coraggio e la capacità di battere i pugni sul tavolo e di fare delle scelte. Ma non le scelte a cui ci state abituando voi, bensì la scelta di costruire velocemente un ponte.
Io un modello Genova lo vivo convintamente, e c'è poco da ridere: una volta dicevano che il riso abbonda, non mi ricordo più dove. (Applausi). Il modello Genova, quello che voi volete smontare bloccando ogni tipo di opera, è il modello dello sviluppo, della Gronda subito perché si può fare; è il modello del fare e del no alla eccessiva burocrazia; è il modello della revisione del codice degli appalti.
Questa è la riflessione che tanti liguri fanno. Pensate un po' cosa sarebbe accaduto se a gestire la ricostruzione del ponte Morandi ci fosse stato un sindaco di sinistra; magari il sindaco Doria, che c'era prima del sindaco Bucci: saremmo ancora lì a raccogliere le macerie, per come è stato grande il fallimento delle sinistre a livello regionale e comunale.
Mi avvio a concludere la mia dichiarazione di voto. Il Gruppo della Lega voterà a favore delle mozioni del centrodestra, quindi della nostra mozione, di quella di Fratelli d'Italia e di quella di Forza Italia.
Ci dispiace, e lo dico con le braccia aperte, che il Gruppo di Italia Viva, che aveva presentato una mozione il cui dispositivo prevedeva di partire con i lavori della Gronda, abbia ritirato la mozione. Ancora una volta una vergognosa manovra all'interno della maggioranza, dove si ritira quello che si pensa pur di rimanere attaccati al carro, ad un Governo, ad una poltrona. (Applausi). E sulla base di quella poltrona si sacrifica anche un'opera importante come la Gronda.
Voteremo contro la mozione del Partito Democratico e dei 5 Stelle perché non dà soddisfazione alla Liguria e non dà un segnale positivo a livello nazionale e dimostra il fatto che la Liguria è vissuta da questo Governo un po' come il margine dell'impero Conte, come il confine estremo.
Abbiamo parlato in tre del Gruppo della Lega, tre liguri. Della maggioranza nessun ligure ha firmato una mozione e nessuno è intervenuto in quest'Aula. (Applausi). Forse perché i liguri di maggioranza si vergognano di cosa sta facendo questo Governo, di come si sta contrattando. Non sono neanche in Aula mentre stiamo parlando di questo tema. Ma con quale coraggio, poi, avranno la capacità o la volontà di presentare... (Proteste).
Sento molto calore da quella parte, Presidente. Vuol dire che forse brucia. (Applausi).
PRESIDENTE. Concluda, senatore, non può fare il conto delle presenze altrui.
BRUZZONE (L-SP-PSd'Az). Quel calore vuol dire che brucia qualcosa. (Proteste).
Brucia qualcosa se emerge questo calore da quelle parti.
PRESIDENTE. Senatore Pellegrini, la richiamo all'ordine. Senatori Ripamonti e Pellegrini, vi richiamo all'ordine.
Concluda, senatore Bruzzone, perché è fuori tempo massimo.
BRUZZONE (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, concludo, non era mia intenzione provocare. Sono stato provocato io.
PRESIDENTE. Va bene, questo lo lasci decidere a me. Prego.
BRUZZONE (L-SP-PSd'Az). L'assenza dei liguri di Governo evidenzia che forse si vergognano delle scelte, o delle non scelte, di questo Governo. (Applausi).
CIOFFI (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CIOFFI (M5S). Signor Presidente, sentendo il contenuto, il tenore, il calore di tutte queste dichiarazioni, vorrei ricordare a me stesso, perché l'Aula sicuramente ne è edotta, che mi sembra che De Gasperi sia morto. Mi sembra che sia morto anche Einaudi, se non ricordo male, quell'Einaudi che diceva che prima di deliberare bisogna conoscere, quindi prima di parlare bisognerebbe studiare, approfondire e sapere, quando si parla, di cosa si parla. (Applausi).
Infatti, quando si parla in questo modo bisognerebbe ricordare tante cose. Ne potremmo dire tante ma per iniziare vorremmo ricordare, per esempio, che nel 2008 le concessioni autostradali che vennero, come tutti abbiamo detto, privatizzate nel 1999, furono magicamente inserite in una convenzione unica attraverso una legge. Mi sembra che fosse il Governo Berlusconi, se non ricordo male. (Applausi).
Mi sembra che fosse appoggiato da Forza Italia, dalla Lega e anche da Alleanza Nazionale. Mi sembra che un ministro dell'epoca si chiamasse Tremonti e che l'altro si chiamasse Matteoli. Ma con quella magica trasformazione giuridica fu detto che nella convenzione si inserivano gli articoli 9 e 9-bis, quel famoso articolo che prevedeva questa grande dilatazione dei compensi in caso di revoca, mentre invece la stessa Autostrade per l'Italia - abbiamo anche un documento che possiamo mostrare al pubblico - prevedeva l'ipotesi di cessazione anticipata delle concessioni in oggetto qualora si verificassero gravi inadempienze. Questo era quanto diceva Autostrade per l'Italia nel 2006: non l'ha detto più dopo il 2008. Ma guardate un poco com'è strano il mondo, come sono strane le cose che succedono.
E perché tante cose succedono? Prima ho sentito il senatore Mallegni parlare di Stato contro privato, il che apre un grande discorso su cosa significa lo Stato e cosa significa il privato. Lui diceva che è il privato a dover fare le cose. Tuttavia, io mi chiedo: se si generano utili così elevati - perché sono utili enormi quelli previsti dalla concessione - è giusto che li incameri un privato o è giusto che vengano redistribuiti tramite il pubblico? (Applausi). Questo è il tema.
Sono d'accordo - lo dice anche la nostra Costituzione - sul fatto che l'iniziativa privata è libera, ma il tema è quanto può e deve lucrare un privato. Deve lucrare quello che è giusto, non quello che è ingiusto.
Noi leggiamo tanti dati che, se volete, poi posso mostrarvi, tra cui quelli contenuti nel documento che ho in mano, vale a dire il piano economico-finanziario del 1997, che fu posto alla base della privatizzazione: in particolare, per il 2018 si prevedevano ricavi per 1,7 miliardi, ma, se vediamo il piano successivo, cioè i dati reali, la cifra di 1,7 miliardi è diventata 3,9, dunque i ricavi sono più che raddoppiati. Le spese per il personale, rispetto al dato previsionale di 350 milioni sul 2018, sono scese a 270 milioni, quindi sono diminuite e le manutenzioni, per cui si erano previste spese per 249 miliardi, sono arrivate a 270 miliardi. Quindi raddoppiano i ricavi, le manutenzioni sono piatte e il costo del lavoro diminuisce.
Che cosa significa tutto questo? Significa che quella concessione era un abominio. È qui allora che deve intervenire lo Stato. Lo Stato deve essere forte, deve avere il coraggio di affermare la supremazia dei cittadini e degli utenti nei confronti di qualsiasi società privata che fa il suo interesse, quando l'interesse è troppo elevato. (Applausi).
Nessuno dice che il privato non debba avere un utile, ci mancherebbe altro, ma, quando gli utili sono così stratosferici, c'è una sola possibilità, vale a dire che gli utili stratosferici li incameri il pubblico per redistribuirli, altrimenti tutto questo non ha senso, è pazzia e non è certamente il sistema liberale di cui tanta parlava il Governo Berlusconi, quando si diceva Governo liberale. (Applausi). Quello era liberticidio, non era essere liberali. Silvio Berlusconi è stato il più grande traditore degli ideali liberali che c'è stato in questo Paese (Applausi. Commenti) e questo lo devono dire coloro che si richiamano agli ideali liberali, perché ha fatto il contrario di quello che farebbe un liberale. (Applausi. Commenti). Questo dovete dire a voi stessi, va bene?
Poi di che cos'altro vogliamo parlare? Delle privatizzazioni? Dello Stato? Lo Stato fa anche delle cose giuste e ne cito una sola. L'Agenzia del demanio è stata portata come eccellenza in Europa per lo sdoganamento direttamente a bordo: siamo più bravi. Sì, siamo i più bravi, possiamo insegnare al mondo queste cose e questo lo fa lo Stato, perché l'Agenzia del demanio è lo Stato.
Vogliamo parlare delle privatizzazioni di quell'epoca? Vogliamo ricordarci che cosa è stato fatto con Telecom, quando Telecom è stata acquisita a debito due volte? Oggi Telecom ha 25 miliardi di euro di debiti. Dove sono stati negli ultimi venti anni tutti questi signori che parlano oggi? Dov'erano? Siete apparsi magicamente? Così: «Puff!». (Applausi. Commenti). Siete apparsi come se prima non esisteste, come se prima non foste mai esistiti (Commenti). Ma state zitti! Prima non eravate qui; eravate in un altro luogo. (Commenti). Ragazzi, è inutile che fate cenni di disappunto: la convenzione l'avete approvata voi, eh, non è che l'ho approvata io. Il MoVimento 5 Stelle non c'era.
PRESIDENTE. Senatore Cioffi, si rivolga alla Presidenza.
CIOFFI (M5S). Mi posso rivolgere anche a lei, Presidente; d'altra parte di quel Governo lei era Ministro, quindi ricorderà bene anche lei di che cosa stiamo parlando.
PRESIDENTE. Si rivolga alla Presidenza e cerchi di non creare i presupposti per reazioni.
CIOFFI (M5S). Per carità, sono semplicemente delle evidenze sperimentali.
Poi ci sono dei temi: si è parlato molto della Liguria, si è parlato dei problemi, si è parlato delle scarse manutenzioni. Noi fortunatamente tutto questo lo abbiamo segnalato nel 2017 e presentammo un esposto all'ANAC per annunciarlo - ad esempio - la mancata trasparenza. Poi gli atti fortunatamente sono stati resi pubblici. Ci sono tantissimi temi dei quali possiamo tranquillamente parlare, e cominciata dalla relazione della Corte dei conti. Penso che della Corte dei conti, come al solito, ci dovremmo fidare, quando ci dice (leggo testualmente): «Anac ha rilevato che la spesa per manutenzioni rappresenta una bassa percentuale. Infatti, ammonta al 2,2 per cento di quella prevista dal piano economico-finanziario». Il 2,2 per cento dell'ammontare del piano economico e finanziario destinato alle manutenzioni fa un po' ridere; se ce lo dice la Corte dei conti, mi sembra sia grave. La Corte dei conti aggiunge: « Per i medesimi motivi la Sezione di controllo della Corte dei conti, nel 1997, ebbe a dichiarare illegittimo l'affidamento della più importante concessione». Quell'affidamento fu illegittimo e ci volle una legge per sanare quell'illegittimità. (Applausi). È questo il tema di cui stiamo parlando oggi. Chi l'ha fatto? L'ha fatto Prodi? Quella cosa era illegittima, ragazzi; se non si faceva la legge, tutto questo non sarebbe successo. (Commenti).
Ragazzi, è inutile che parlate. Il MoVimento 5 Stelle non c'era, va bene? E siccome non c'eravamo, mentre ora siamo qua, cerchiamo di portare avanti l'interesse collettivo, l'interesse supremo dei cittadini e degli utenti. (Applausi. Commenti).
PRESIDENTE. Continui il suo intervento, senatore Cioffi. Senatore Caliendo, non interrompa.
CIOFFI (M5S). Parlando ad esempio della Liguria, abbiamo sicuramente sentito che bisogna risolvere il problema del nodo di Genova. Nella nostra mozione, quando parliamo della soluzione del nodo di Genova, intendiamo quell'opera portata avanti per lotti funzionali con l'avvio immediato del raddoppio dell'A7. Stiamo parlando del modo di fare - sì - la gronda, ma di farla bene. Questa è la differenza, caro Presidente. Dopo tanti anni sentiamo ancora oggi parlare di fare le cose come si diceva in un vecchio spot pubblicitario che appariva in televisione, nel corso del quale una persona con la borsetta diceva: "L'economia gira con te". Ve lo ricordate? Spendere i soldi: spendere per spendere è inefficace. E siccome una vecchia legge, che mi sembra fosse la legge Galli del 1994, stabiliva che la gestione deve essere efficiente, efficace ed economica - questo diceva la legge, utilizzando tre parole importanti e corrette - noi dobbiamo fare in modo che, quando spendiamo i soldi, lo facciamo massimizzando l'efficienza. Questo significa aver rimesso mano alle analisi costi-benefici. (Applausi).
Molti di quelli che sono qua dentro e sono stati al Governo se ne sono dimenticati. Allora noi cosa abbiamo fatto? Semplicemente abbiamo rimesso mano, abbiamo fatto le verifiche e cerchiamo di accelerare la spesa. Questo è quanto stiamo facendo: niente di più e niente di meno. Quando diciamo che lo Stato rientra in ASPI, con l'aumento di capitale, sarebbe molto interessante capire le fluttuazioni azionarie di cui parlava il senatore Mallegni - mi avvio alla conclusione, signor Presidente - che sono ovviamente figlie della speculazione finanziaria: quella speculazione finanziaria che uccide le imprese, i mercati e il Paese. E noi forse la dobbiamo contrastare. Abbiamo la forza di contrastare la speculazione finanziaria? I Benetton hanno visto il loro valore azionario scendere da 28 euro ad azione a 14 euro ad azione. Sfido, quindi chiunque a dire che i Benetton ci abbiano guadagnato, perché i numeri sono numeri e non possono essere confutati. (Applausi).
PRESIDENTE. Concluda, senatore Cioffi.
CIOFFI (M5S). Il tema è che noi abbiamo il coraggio di rimettere mano alle cose; pensiamo che lo Stato possa essere forte; pensiamo che lo Stato possa gestire le infrastrutture in maniera neutra, come già avviene per esempio per Terna e per Snam (per fare due esempi importanti di questo Paese. E pensiamo che le infrastrutture fondamentali di questo Paese debbano essere nelle mani pubbliche, e parleremo anche delle infrastrutture in fibra ottica. Questo è l'obiettivo che noi abbiamo: avere una visione in cui lo Stato è forte e il privato, su quella forza, può fare tutto la concorrenza che vuole, ma mai a scapito dei cittadini. (Applausi).
PRESIDENTE. Si sono così concluse le dichiarazioni di voto.
Prima di passare alle votazioni avverto che, in linea con una prassi ormai consolidata, le mozioni saranno poste ai voti... (Commenti)
Sto leggendo un annuncio. Non mi ero accorto dei cartelli. Vi prego di abbassarli e di intervenire. Abbassate i cartelli, ma senza tutta l'acrimonia verso un cartello che va abbassato. Non li avevo visti. Abbassate i cartelli con le scritte. Non me n'ero accorto e chiedo scusa. Non alzate la voce. (Commenti). Chiedo scusa se non me ne ero accorto. (Commenti). Le scritte sono state tolte. La situazione della Liguria rimane.
Prima di passare alla votazione, avverto che, in linea con una prassi consolidata, le mozioni saranno poste ai voti secondo l'ordine di presentazione.
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo della mozione n. 257, presentata dal senatore Salvini e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo della mozione n. 261, presentata dal senatore Ciriani e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo della mozione n. 265 (testo 2), presentata dal senatore Cioffi e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Ricordo che il Governo ha chiesto la riformulazione dei punti 1) e 5) della mozione n. 271 (testo 2). Chiedo ai presentatori se la accettano.
MALAN (FIBP-UDC). Signor Presidente, accettiamo la riformulazione e, alla luce di questo, chiediamo anche il voto per parti separate, votando i punti 1) e 5) e poi le premesse e i punti 2), 3) e 4), su cui il Governo ha espresso parere contrario. Noi ovviamente esprimeremo un voto favorevole in entrambi i casi, a differenza di altri.
PRESIDENTE. Se non si fanno obiezioni alla proposta avanzata dal senatore Malan, si procederà alla votazione della mozione per parti separate.
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dei punti 1) e 5) della mozione n. 271 (testo 2), presentata dalla senatrice Bernini e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo delle premesse e dei punti 2), 3) e 4) della mozione n. 271 (testo 2), presentata dalla senatrice Bernini e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
La mozione n. 274 è stata ritirata.
Con l'accordo di tutti i Gruppi, sospendo la seduta fino alle ore 15,30.
(La seduta, sospesa alle ore 13,33, è ripresa alle ore 15,31).
Presidenza del vice presidente ROSSOMANDO
Discussione delle mozioni nn. 93 (testo 2), 262, 272 e 276 sul glifosato (ore 15,31)
Approvazione delle mozioni nn. 93 (testo 3), 262 (testo 2), 272 e 276
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni 1-00093 (testo 2), presentata dal senatore De Bonis e da altri senatori, 1-00262, presentata dalla senatrice Cattaneo e da altri senatori, 1-00272, presentata dalla senatrice Bernini e da altri senatori, e 1-00276, presentata dal senatore Centinaio e da altri senatori, sul glifosato.
Ha facoltà di parlare il senatore De Bonis per illustrare la mozione n. 93 (testo 2).
DE BONIS (Misto). Signor Presidente, colleghi, la mozione che ci apprestiamo ad esaminare è di grande importanza per la salute degli italiani, perché invita il Governo ad adottare ulteriori misure di precauzione sul glifosato: una molecola molto conosciuta, un diserbante introdotto sul mercato a partire dal 1974 ad opera della Monsanto, un'azienda multinazionale di biotecnologie agrarie che ne ha scoperto l'azione come erbicida ad ampio spettro. L'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro nel 2015 ha classificato, però, il glifosato come un probabile cancerogeno per l'uomo e, come tale, lo ha inserito in un gruppo di 66 sostanze a rischio che possono agire anche come interferenti endocrini.
Le evidenze scientifiche attestano altri rischi per la salute che consistono nell'alterazione della capacità riproduttiva, della permeabilità intestinale, nonché modificazioni metaboliche e delle funzioni del sistema nervoso. In sostanza, si tratta di una sostanza nociva che fa male, specie a neonati e bambini. Il nostro Paese non ha quindi bisogno di alcuna rivisitazione circa l'utilizzo del glifosato, come propone qualcuno. Ieri si è chiaramente pronunciato anche il mondo medico-scientifico attraverso l'Associazione italiana medici per l'ambiente (ISDE). Recenti studi dell'Istituto Ramazzini hanno messo in evidenza che il glifosato e il suo formulato Roundup procurano la formazione di micronuclei, e cioè genotossicità; hanno effetto androgenico e determinano l'aumento del testosterone nel sangue sia dei maschi che delle femmine, causando un'alterazione anche del microbiota intestinale durante le prime fasi della vita. Mi sorprende che alcuni colleghi non siano a conoscenza di questi studi. Al contrario, le rassicuranti valutazioni dell'Istituto federale tedesco per la valutazione dei rischi (BFR) e dell'Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) circa l'improbabile cancerogenicità del glifosato sono viziate sia da carenze metodologiche che da conflitti di interesse, mettendo in discussione la stessa credibilità dell'EFSA.
Non è un caso se, mentre discutiamo in Senato, poche settimane fa la Bayer, azienda tedesca che ha acquisito la Monsanto, ha dovuto patteggiare con oltre 10 miliardi di dollari per chiudere 95.000 cause legali intentate per seri danni alla salute correlati all'uso dell'erbicida. Oltre il 97 per cento dei prodotti alimentari commercializzati nel nostro continente contiene residui di glifosato. Sono state trovate tracce nelle urine di 48 europarlamentari, nel latte materno, nel miele, nella birra e perfino nei vaccini.
Il glifosato viene ampiamente usato in pre-raccolta negli Stati Uniti e in Canada nelle coltivazioni di grano duro per favorirne la maturazione artificiale, controllare il momento del raccolto e ottimizzare la trebbiatura, con conseguente presenza di residui nel grano raccolto e nelle semole che ne derivano. Al contrario, tale uso in Europa e in Italia non rientra nelle buone pratiche agricole. Eppure, l'Italia importa grano duro dagli Stati Uniti e dal Canada per la miscelazione e produzione di semola, pasta, pane e altri prodotti da forno che spesso contengono residui di glifosato.
Gli accordi di libero scambio evidentemente vorrebbero imporre ai consumatori italiani, che sono i maggiori consumatori al mondo di derivati dei cereali, i residui di questi pesticidi in violazione del principio di precauzione. Il sottoscritto, per aver asserito con le analisi che la presenza di questo marcatore fosse un indizio di miscelazione tra grani esteri contaminati e grani nazionali privi di glifosato, ha dovuto subire vari giudizi per diffamazione in sede sia civile che penale, tutti sinora conclusisi - per fortuna - favorevolmente.
Diversi test effettuati dalle associazioni Granosalus e Salvagente su alcuni marchi di pasta e semola italiana hanno dimostrato la presenza del contaminante, sia pure entro i limiti di legge, anche se nel mercato comunitario e italiano le disposizioni prevedono che dall'agosto 2016 questa sostanza non possa essere somministrata in pre-raccolta nei campi di grano, introducendo così di fatto un divieto al suo uso (e dunque la disapplicazione dei limiti previsti dal regolamento UE 293/2013).
Tale divieto paradossalmente non viene esteso alle navi di grano estero, che, pur presentando un livello di residui nei limiti previsti dal predetto regolamento - come conferma anche il monitoraggio predisposto dal Ministero della salute - continua ad approdare indisturbato ai porti italiani, generando peraltro una restrizione della concorrenza al prodotto italiano non contaminato, dunque più pregiato e ricercato.
Del resto, i controlli effettuati dall'Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi (Icqrf) e dagli Uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera (USMAF) sulle navi ormeggiate al porto di Bari, ma anche negli altri porti italiani, dimostrano che le analisi sono numericamente ridotte; prevale un controllo documentale rispetto a quello analitico; i laboratori spesso non sono accreditati; le analisi non sono visibili a noi parlamentari, che pure le abbiamo chieste in Commissione agricoltura, e viene campionato solo il 5 o 6 per cento delle navi, mentre durante il periodo Covid non vi sono state attività di controllo.
Nonostante sia ormai acclarato che il glifosato sia una sostanza pericolosa, la Commissione ha rinnovato per ulteriori cinque anni l'autorizzazione, che scade tra due; dopodiché, esaurite le scorte, speriamo diventi auspicabile uno stop definitivo all'uso di questa molecola.
L'ultimo regolamento è stato oggetto anche di un ricorso proposto presso l'Unione europea da parte dell'associazione Granosalus, che svolge per statuto attività di vigilanza tesa a garantire la migliore qualità dei prodotti cerealicoli, anche sotto il profilo sanitario, a tutela dei produttori e dei consumatori. L'associazione ha contestato, da un lato, l'illegittimità del regolamento di esecuzione per violazione del principio di precauzione e per elusione delle disposizioni di procedura circa il rinnovo dell'approvazione della sostanza, che si è attestata su studi scientifici di dubbia provenienza non improntati ai principi di indipendenza, obiettività e trasparenza; e, dall'altro, la mancanza a monte nel regolamento stesso di approfondimenti istruttori circa l'incidenza dell'uso del glifosato sugli animali, sulle acque sotterranee e sui prodotti destinati al consumo umano, come il pane e l'acqua.
A livello nazionale, il Ministero della salute non ha introdotto ulteriori misure di natura precauzionale in merito alle prescrizioni che pure sono previste dai regolamenti di esecuzione.
Ecco perché con la mozione in oggetto vogliamo impegnare il Governo a sospendere gli effetti del comunicato del Ministero della salute del dicembre 2017, con cui si è recepito il rinnovo della sostanza glifosato per cinque anni; a prevedere che i grani esteri, provenienti da aree dove il clima impone l'impiego di glifosato, siano assoggettati al principio di precauzione comunitario previsto dal regolamento (UE) n. 1.313 del 2016, così come recepito dal decreto del Ministero della salute del 9 agosto 2016, ma mai applicato con circolari chiare dai dirigenti nazionali nei confronti degli uffici periferici USMAF; ad emanare una circolare che vieti la presenza di glifosato in tutte le stive di grano importato, anche se viene sdoganato in altri porti europei, e disporre, di conseguenza, l'intensificazione delle attività di controllo e monitoraggio attraverso il prelievo di campioni da ciascuna stiva per affidarli a laboratori accreditati e rendendo noti gli esiti delle analisi, con riferimento anche al traffico commerciale e alle connesse operazioni in tutte le infrastrutture portuali italiane, in particolare nei porti della Puglia dove sbarca la maggior parte delle navi contenenti grano duro proveniente dal Canada e dagli Stati Uniti; tutto ciò con lo scopo di garantire sicurezza alimentare, ambientale e sanitaria.
La mozione intende altresì impegnare il Governo a promuovere, anche mediante lo strumento della decretazione di urgenza, degli interventi normativi finalizzati a vietare l'utilizzo e la presenza della sostanza negli alimenti, oltre che a scoraggiare l'acquisto e l'utilizzo di grani esteri che vengono miscelati con il grano duro nazionale di ottima qualità, falsando le quotazioni del mercato italiano, come ha dimostrato anche una sentenza del TAR Puglia nel 2019.
Infine, si intende impegnare il Governo ad adottare tutte le necessarie misure di precauzione sul territorio nazionale volte a proteggere la sanità pubblica, nonché la salubrità dell'ambiente con specifico riferimento alla tutela delle acque, della flora e della fauna. (Applausi).
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare la senatrice Cattaneo per illustrare la mozione n. 262.
CATTANEO (Aut (SVP-PATT, UV)). Signor Presidente, onorevoli colleghi, questa è la mia prima mozione e la sottopongo alla vostra attenzione dopo aver ringraziato i senatori sottoscrittori che hanno acconsentito al deposito: la Capogruppo, senatrice Unterberger, e i colleghi che hanno aggiunto la loro firma.
Il mio auspicio, con la mozione in oggetto, è che in quest'Assemblea e nell'intero Parlamento, nel dialogo con il Governo, si possa instaurare, proprio partendo dall'argomento di oggi, una nuova prassi che promuova la necessità di avvalersi delle evidenze scientifiche come base di partenza delle discussioni politiche, in particolare di quelle molto tecniche che riguardano la salute. Sento davvero il dovere di chiedere semplicemente a voi questo impegno, al di là di ogni schieramento, investendo il Governo di questa nuova modalità e del nuovo metodo, proprio nell'interesse di tutti. Partire dalle evidenze e prove, potendo definire il loro grado di certezza, significa muovere da premesse neutre, sulla base delle quali, poi, ovviamente, deliberare.
Mi riserverò magari dopo, nel corso della discussione, di scendere in alcuni dettagli tecnici. L'oggetto in discussione oggi - il glifosato - mi sembra davvero il giusto terreno per chiederci come possiamo discutere razionalmente di un tema che è importante e molto tecnico e complesso, mi viene da dire anche molto affascinante culturalmente, perché contiene molto dei nostri rapporti con il mondo ed è quindi anche molto conflittuale. La domanda è pertanto la seguente: da dove partiamo per discutere razionalmente?
L'oggetto di oggi è il glifosato, un analogo della glicina, uno dei 20 amminoacidi di cui siamo composti, il quale ha molte caratteristiche interessanti. È un erbicida poco costoso, che ha davvero cambiato lo scenario agricolo negli ultimi trenta-quarant'anni: viene usato non solo nell'imprenditoria agricola per rimuovere le malerbe; pensiamo anche ai Comuni e agli enti deputati a pulire ferrovie e strade che lo utilizzano proprio per rimuovere le erbe per la nostra sicurezza. È un erbicida poco costoso e molto efficace su tutte le malerbe che, ad oggi, non ha alternative. È degradato velocemente, avendo una bassa penetrazione nel suolo - se volete, ci addentriamo nelle questioni tecniche - e soprattutto presenta una bassissima tossicità nei mammiferi, perché agisce su un enzima presente solo nelle piante - noi quell'enzima non lo abbiamo - e non ha alcun bersaglio molecolare nell'uomo.
Il glifosato ha una lunga storia: scoperto nel 1950, riscoperto nel 1970, brevettato da Monsanto, utilizzato sulla soia geneticamente modificata, e forse l'avversione a questo erbicida nasce da lì, ma lasciamo questi aspetti tecnici a parte. Il punto cruciale è che dal 2001 il brevetto è scaduto e, quindi, è di libero impiego e ci sono 350 aziende nel mondo che lo producono.
Se questo è l'oggetto, come possiamo essere sicuri che non causi danni all'uomo? Ci sono organi e organismi tecnici in Europa e nel mondo che ci aiutano a capire questo? Come su ogni altro fitofarmaco usato in agricoltura, i fitofarmaci hanno dossier enormi, sono tra le molecole più studiate, persino più dei farmaci; quindi, come possiamo decidere? Questi organismi ci danno informazioni, studiano tutti i dossier, preparano e raccolgono le varie informazioni. Pensate che questi organismi sono tanti, e la stragrande maggioranza valuta il rischio che una sostanza possa provocare danni nell'uomo. Una sola agenzia - forse è davvero l'unica, lo IARC - valuta, invece, il pericolo. Vi chiedo, allora, di prestare un attimo di attenzione alla differenza tra pericolo e rischio perché, se non ci capiamo qui, rischiamo di prendere degli abbagli.
Non sono sinonimi. Il pericolo è la potenzialità astratta di un prodotto di causare un effetto tossico indesiderato nell'uomo. Questo è il pericolo. Il rischio, invece, è una misura effettiva delle conseguenze che tale sostanza può avere in funzione delle dosi a cui è somministrata e dei tempi di esposizione. Se prescindiamo da dosi e tempi, abbiamo sbagliato strada, e vorrei farvi un esempio sulla differenza tra pericolo e rischio.
Penso che siamo tutti d'accordo sul fatto che una lama lunga e affilata sia pericolosa - giusto? - ma nessuno di noi si sentirebbe a rischio entrando in un supermercato e andando a comprare coltelli o usando il coltello per pulire la verdura. Allo stesso modo, il fuoco è pericoloso, ma nessuno pensa di vietare l'uso di accendini e fiammiferi. L'acqua, colleghi, è pericolosissima, a parte il rischio di annegamento: pensate che, bevendone sei litri in poche ore, si può mettere a rischio la propria vita; eppure, berne un paio di litri al giorno non solo è sicuro e non rischioso, ma è anche molto consigliabile, soprattutto in questo periodo dell'anno. Quindi, nel valutare divieti o autorizzazioni, il rischio è il parametro a cui guardare, perché dà una misura quantitativa delle conseguenze negative per l'uomo.
Quelle 20 agenzie, tra cui lo IARC - ciascuno fa il suo lavoro - come hanno valutato il glifosato? Come ho detto, lo IARC è una branca dell'OMS, fa valutazioni solo di pericolo e, quindi, è il potenziale astratto, e non di rischio; lo dice anche nel preambolo della monografia dedicata proprio al glifosato, la sostanza di cui discutiamo oggi. E poi, come per ogni altra sostanza - una volta che ha concluso la sua disamina del pericolo di una sostanza - lo IARC classifica le sostanze in categoria 1 (sicuramente cancerogeno; lo IARC valuta la cancerogenicità).
Cosa troviamo in categoria 1? In categoria 1 troviamo bevande alcoliche, insaccati, carne lavorata e, quindi, i salumi tipici della tradizione gastronomica italiana, che sono sicuramente cancerogeni secondo lo IARC, che valuta il potenziale, a prescindere da dosi e tempi di esposizione. In categoria 2A (dopo il gruppo 1), abbiamo le sostanze probabilmente cancerogene. Il glifosato è stato classificato in questa categoria sulla base di alcuni studi sui ratti. Oltre al glifosato, nella categoria 2A ci sono il lavoro notturno, le bevande calde (incluso il mate argentino), i vapori delle tinture per i capelli, i fumi delle fritture, e via dicendo. Faccio notare che, negli anni in cui sono in Senato, non ho mai visto presentare un atto di indirizzo che proibisce il consumo di salumi o il lavoro notturno. C'è questa classificazione dello IARC. Cosa dicono le altre agenzie? Quando parlo delle altre agenzie, mi riferisco a EPSA, EPA, ECA, Budensinstitut für Risikobewertung (BFR), alla Commissione per la salute giapponese, di quelle elvetica e australiana. Arriviamo a circa 20. Si sono espresse tutte e la loro definizione è che non è cancerogeno e, quindi, ci troviamo di fronte a una situazione per cui non esiste un'agenzia sanitaria al mondo che abbia stabilito che il glifosato è un cancerogeno certo. Nemmeno lo IARC è riuscito a metterlo in categoria 1, ma lo ha inserito nella 2A sulla base di alcuni dati di cui possiamo discutere dopo. Anche il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (Crea) ci dice che i nostri prodotti alimentari sul mercato italiano soddisfano pienamente i termini di legge. Il rischio sta, quindi, nell'alimentare paure, che spengono la fiducia e la parte razionale della nostra mente, ma una società impaurita e fragile è preda di tentazioni difensive. Ecco perché chiedo un approccio metodologico.
La mozione in esame chiede di non assecondare nessun punto di vista, nessuna paura, nessuno dei nostri istinti e nessuna posizione preconcetta, ma semplicemente impegna il Governo ad acquisire i dati, le prove e gli studi più aggiornati affinché ogni decisione possa partire su base scientificamente solida. Poi ci saranno la decisione politica e la supremazia della decisione politica. Una politica basata sull'evidenza sarebbe sempre necessaria, ma davvero credo lo sia ancora di più quando il legislatore è chiamato - come in questo caso - a scelte ad alto grado di tecnicalità. Sono decisioni che hanno un forte impatto su molti settori vitali della nostra economia. Pensiamo al comparto agricolo ed è davvero importante, soprattutto nell'interesse dei cittadini, che decisioni del genere vengano prese su basi scientifiche solide. (Applausi).
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare la senatrice Lonardo per illustrare la mozione n. 272.
LONARDO (FIBP-UDC). Presidente, onorevoli colleghi, se chiudiamo gli occhi ci sembra di vedere le spighe ondeggianti illuminate dal sole per la ricchezza del contenuto che custodiscono e nella mitologia sono simbolo di fertilità. Nelle immense distese dei campi il colore è quello dell'oro e sono preziose come l'oro. Sto parlando del grano, germoglio simbolo di rinascita e senso della vita stessa.
Il grano italiano è l'emblema della salubrità, fulcro della nostra alimentazione e alla base di quella dieta mediterranea che - non a caso - è patrimonio dell'UNESCO. Ebbene, purtroppo, l'approvazione dell'accordo commerciale Comprehensive economic and trade agreement (CETA) tra l'UE e il Canada ha più che quintuplicato l'esportazione in Italia di grano duro e un chicco su tre che arriva dall'estero sulle nostre tavole è canadese. Sui campi gelidi del Canada non risplende il sole come da noi e il grano viene trattato con l'erbicida glifosato, senza il quale non arriverebbe a maturazione. Viene utilizzato in pre-raccolta, secondo modalità vietate nel nostro territorio. Tale diserbante, contenuto nel grano duro usato per produrre pane, pasta e prodotti alimentari da forno, è, infatti, pericolosissimo. Agisce nell'organismo come un analogo della glicina e può alterare una serie di proteine; ciò può portare all'insorgere di diverse patologie. Le principali, elencate in uno studio condotto da Anthony Samsel e Stephanie Seneff e confermate dal MIT, sono diabete, obesità, asma, morbo di Parkinson, sclerosi laterale amiotrofica (SLA), morbo di Alzheimer e tante altre che sono già state enunciate da chi mi ha preceduto. Non solo: quel pesticida viene assorbito per via fogliare, successivamente traslocato in ogni altra posizione della pianta, quindi ai frutti; ha una solubilità in acqua di 10,1 grammi per litro a 20 gradi e ciò significa che alle temperature di cottura dei cibi, ben superiore a 20 gradi, passa facilmente nella catena negli animali e quindi nelle persone. Con prodotti invasi dal glifosato mi chiedo che fine potrebbe fare nel tempo l'eccellenza alimentare del made in Italy e tutto questo che ricaduta potrebbe avere sul sistema economico produttivo. Ecco perché chiediamo il divieto di utilizzo di tale diserbante e diciamo convintamente «no» al glifosato.
Da tempo se ne denuncia la pericolosità; la cosa ovviamente preoccupa me e tanti altri come me. Provengo da una terra, la Campania, dove i prodotti a base di farina di grano duro sono parte del nostro DNA. La nostra storia e cultura gastronomica sono profondamente permeati da questi alimenti, contribuendo a rendere la mia Regione e più in generale la cucina italiana la più apprezzata nel mondo. Chi di voi, onorevoli colleghi, non ha mai goduto delle gioie di un bel piatto di pasta di Gragnano della mia Benevento? Ecco, la tutela di questa eccellenze e della salute dei cittadini sono le ragioni alla base della mozione di Forza Italia, che da sempre è a favore dell'implementazione degli scambi commerciali tra Paesi, purché gli stessi non danneggino le nostre imprese e soprattutto la nostra salute, come vi illustrerò di seguito.
Questa mozione si è resa necessaria affinché si sospendano subito gli effetti del comunicato del Ministero della salute del 19 dicembre 2017, con cui si è recepito il rinnovo della sostanza attiva glifosato per cinque anni e si è assunta ogni idonea iniziativa in sede europea per promuovere la revisione delle decisioni prese in merito all'utilizzo del glifosato per regolamento di esecuzione (UE) 2017/2324 della Commissione del 12 dicembre 2017. A differenza del Canada, dove il grano è coltivato usando il glifosato come pesticida, in Europa quest'ultimo è già vietato ai sensi del regolamento di esecuzione (UE) 2016/1313. Il Ministero lo ha recepito con il decreto ministeriale 9 agosto 2016, recante misure restrittive precauzionali per gli usi della sostanza diserbante glifosato; in particolare, attraverso tale decreto è stato revocato l'impiego in pre-raccolta sul grano, al solo scopo di ottimizzare il raccolto o la trebbiatura. Sta di fatto che il precedente regolamento (UE) n. 1305/2013 tollerava la presenza di glifosato, purché al di sotto di determinati limiti, stabiliti nel grano in dieci milligrammi per chilogrammo. Di fatto, accade che gli importatori si appellino nell'ambito dei controlli doganali e sanitari proprio al regolamento del 2013 che è in contrasto sia con il successivo regolamento del 2016, sia con il principio di precauzione.
Il Governo deve oggi dimostrare con chiarezza se è a favore o contrario al principio di precauzione. Ciò che maggiormente spaventa è proprio l'approvazione dell'accordo di libero scambio tra Europa e il Canada. Come dicevo prima, nessuno nega l'importanza della politica degli accordi internazionali, che tanto beneficio portano alla bilancia commerciale nazionale, ma occorre una maggiore attenzione in sede di trattativa comunitaria per evitare che accadano queste situazioni.
Il consumatore alimentare italiano è uno dei più esigenti e preparati nel panorama internazionale; ce lo dice la bibliografia universitaria e non possiamo tradire la sua fiducia introducendo elementi così pericolosi senza adeguata informazione e prevenzione. Salvaguardare il benessere e tutelare la salute significa anche risparmio sanitario e gestione attenta e mai come in questo momento penso che sia una cosa molto importante che merita di essere attenzionata. Ecco perché dobbiamo incrementare la cultura del grano italiano e percorrere la strada dell'agricoltura biologica per la difesa della nostra salubrità. Comprendo che alla base ci siano gli interessi di grandi aziende, come per esempio la Monsanto e la Bayer, ma occorrono pene severe. Chiediamo e vogliamo controlli stretti, seri e rigorosi.
In Commissione agricoltura da tempo stiamo trattando l'argomento e da diverse audizioni è emerso, a mio avviso, qualcosa di molto inquietante a proposito dei controlli: si fanno a campione - ed è giusto che sia così - ma non è accettabile che, se questi risultano essere per tre volte negativi, per il prosieguo si fa solo un controllo documentale sulla mera scorta di ciò che dichiarano le aziende. Questo penso che sia assurdo; i controlli devono essere fatti sì a campione, ma tutte le aziende devono sapere che da un momento all'altro possono essere verificati i loro imbarchi di merce.
Non possiamo accettare che le navi arrivino liberamente nei nostri porti; le leggi ci sono? Vanno rispettate. Non ci sono? Vanno fatte. Le mozioni che finalmente oggi approdano in Aula mi auguro vengano favorevolmente votate da tutto il Senato, perché è un argomento che interessa tutti. Come dicevo in premessa, il grano è vita, per noi italiani è fondamentale e dobbiamo tutelarlo.
Forza Italia chiede di sospendere gli effetti del comunicato del Ministero della salute del 19 dicembre 2017, con cui si è recepito il rinnovo della sostanza attiva glifosato per cinque anni e ad assumere ogni idonea iniziativa in sede europea per promuovere la revisione delle decisioni assunte in merito all'utilizzo del glifosato con regolamento di esecuzione UE 2017/2324 della Commissione, del 12 dicembre 2017; ad adottare tutte le necessarie misure di precauzione sul territorio nazionale volte a proteggere la sanità pubblica nonché la salubrità dell'ambiente, con specifico riferimento alla tutela delle acque, della flora e della fauna; a promuovere, anche mediante lo strumento della decretazione di urgenza, degli interventi normativi finalizzati a vietare l'utilizzo e la presenza della sostanza attiva glifosato negli alimenti. (Applausi).
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare la senatrice Sbrana per illustrare la mozione n. 276.
SBRANA (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, il glifosato è una sostanza diserbante il cui processo di revisione nell'Unione europea, sulla base del parere dell'European food safety agency, si è concluso con il regolamento di esecuzione UE 2017/2324 del 12 dicembre 2017 con il rinnovo del suo utilizzo per cinque anni. Per cui la sostanza è oggi in commercio in tutti i paesi dell'Unione europea. Il sistema europeo di autorizzazione e di controllo degli agrofarmaci è il più stringente al mondo; pertanto, se un fitofarmaco è regolarmente in commercio nell'Unione europea, vuol dire che dal sistema di analisi europeo non è emerso alcun elemento concreto che ne giustifichi la messa al bando.
I controlli effettuati dall'EFSA a livello comunitario su 48.000 campioni indicano che il 97,2 per cento dei prodotti alimentari analizzati (valore che sale al 98,6 per cento per l'Italia) presenta valori di residui al di sotto delle soglie di legge e pertanto sono da ritenersi sicuri per il consumatore.
L'Italia dispone di una legislazione molto restrittiva circa l'autorizzazione e l'impiego dei fitofarmaci, caratterizzata soprattutto da norme che ne impongono l'uso limitato a quanto strettamente necessario per garantire la sicurezza alimentare ed elevati standard qualitativi e quantitativi delle produzioni agroalimentari.
Il decreto del 9 agosto 2016 del Ministero della salute, in linea con le decisioni europee (regolamento di esecuzione 2016/1313 del 1° agosto 2016) ha modificato le condizioni di impiego della sostanza glifosato. Attualmente, le limitazioni riguardano: l'uso non agricolo su suoli che presentano una percentuale di sabbia inferiore all'80 per cento nelle aree vulnerabili e nelle zone di rispetto; l'uso delle aree frequentate da popolazione quali parchi, giardini, campi sportivi, aree ricreative, cortili, aree verdi, all'interno dei plessi scolastici, aree gioco per bambini e aree adiacenti alle strutture sanitarie; l'uso in pre-raccolta al solo fine di ottimizzare il raccolto o la trebbiatura.
Competente al fine dei controlli sull'immissione in commercio e sull'utilizzazione dei prodotti fitosanitari è anche il Dipartimento dell'ispettorato centrale per la tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali. L'Ispettorato svolge, in particolare, i controlli sulle importazioni di prodotti da Paesi terzi, monitorando l'arrivo delle navi nei porti e svolgendo direttamente le analisi su circa trecento principi attivi. Nel 2019 sono stati svolti circa 2.000 controlli su cereali con 1.785 operatori controllati, rilevando un tasso di irregolarità sui prodotti dell'8,7 per cento, dovuto in primo luogo ad errate etichettature.
L'entrata in vigore delle limitazioni all'uso del glifosato, attuata in Italia con il citato decreto ministeriale del 9 agosto 2016, non ha portato alla disapplicazione dei limiti vigenti, bensì a limitare l'impiego del glifosato nelle coltivazioni nazionali. I dati a disposizione del Ministero della salute evidenziano anche, dai controlli condotti dagli uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera nell'ambito di un piano di campionamento conoscitivo disposto dal medesimo Ministero per la ricerca del glifosato, che tutti i campioni analizzati presentano valori per residui di glifosato conformi al limite di 10 milligrammi-per chilo previsto dalla vigente normativa. Gli orientamenti degli Stati europei in merito all'impiego del glifosato nella fase immediatamente successiva alla data del 2022 che coincide con la scadenza del permesso dei cinque anni non sono uniformi. La stessa Commissione europea ha designato quattro Stati membri - Francia, Ungheria, Paesi Bassi e Svezia - come correlatori della valutazione dell'uso del glifosato che dovranno presentare, entro il mese di giugno del 2021, un rapporto di valutazione ai fini del rinnovo dell'EFSA per l'espressione, da parte di quest'ultima, del parere scientifico. Si segue quindi un principio di precauzione.
Dopo la scelta dell'Austria di non vietare l'uso dell'erbicida, il Lussemburgo ha deciso di bandirlo già dal 2021. In Francia, nonostante un investimento pubblico da 400 milioni di euro, il piano, denominato Ecophyto, che mira a ridurre del 50 per cento i fitofarmaci in agricoltura entro il 2025 non è ancora partito. Anzi, dal lancio del piano nel 2008 l'uso dei fitofarmaci è aumentato del 12 per cento secondo dati presentati dalla Corte dei conti al Governo francese. Dopo una lieve diminuzione nel 2017, le vendite sono salite del 10 per cento per i soli prodotti a base di glifosato.
Le diverse posizioni assunte dai Paesi membri riflettono la mancanza di un giudizio univoco da parte del mondo scientifico sui rischi per la salute pubblica legati all'impiego del glifosato. Le analisi adottate dalle autorità di controllo competenti sulle prove disponibili hanno prodotto una netta spaccatura di pareri in merito all'eventuale nocività dell'erbicida, scatenando un acceso dibattito sulla chiarezza degli stessi metodi di ricerca utilizzati, tanto da spingere la stessa Unione europea a varare un nuovo regolamento per aumentare la trasparenza dei test scientifici dell'EFSA stessa.
Lo scorso gennaio 2020 l'Environmental Protection Agency statunitense, nella sua interim registration review decision, ovvero nella ulteriore valutazione del rischio, ha concluso il suo parere scientifico affermando che non vi sono motivi di preoccupazione quanto a rischi di tipo alimentare per alcun segmento della popolazione, neanche seguendo le ipotesi più prudenziali applicate nelle valutazioni: ad esempio residui al massimo livello di tollerabilità, applicazione diretta nell'acqua e trattamenti sul 100 per cento delle colture. L'Agenzia ha quindi concluso il rapporto dichiarando che non sussistono rischi né di tipo professionale, né per gli astanti non occupazionali.
Oltre all'EFSA, anche l'ECHA, l'Agenzia europea per le sostanze chimiche, ha concluso che la molecola è sicura. È opportuno, tuttavia, considerare che in generale molecole e principi attivi vanno sempre utilizzati con metodo e moderazione e l'utilizzo del glifosato è ad oggi necessario in agricoltura su svariate colture per ottenere buoni risultati, tenendo conto che normalmente, per ogni ettaro coltivato, si diserba solo il 20 per cento e che la sostanza può essere irrorata solo quando effettivamente è indispensabile. Inoltre, le modalità di utilizzo a livello dell'Unione europea del glifosato sono diverse rispetto ai paesi terzi quali USA, Canada e Turchia e di gran lunga favoriscono una maggiore salvaguardia e tutela dell'ecosistema, degli stessi operatori e dei consumatori.
Nondimeno è indispensabile, alla luce del clima di assoluta incertezza rispetto ai futuri orientamenti che verranno adottati dall'Unione europea in merito all'uso dei fitofarmaci, che il nostro Paese predisponga fin da subito un quadro di azioni per l'impiego sostenibile della chimica e lo sviluppo di tecniche di agricoltura integrata ed alternative a quelle tradizionali.
Negli anni più recenti la disponibilità di nuove molecole ad impatto ambientale sempre più ridotto ed attive a dosi sempre più basse, ha creato le condizioni favorevoli al raggiungimento di elevati livelli di sicurezza alimentare e di protezione dell'ambiente, tanto che in Italia, grazie all'impiego di sistemi innovativi di difesa delle colture, l'utilizzo dei fitofarmaci è diminuito ad un ritmo dell'1,8 per cento annuo negli ultimi dieci anni. Oltre il 70 per cento dei prodotti rientra infatti tra quelli meno impattanti e meno del 4 per cento tra quelli classificati come tossici.
La riduzione dei quantitativi di fitofarmaci utilizzati in agricoltura evidenzia come, già da tempo, il comparto agricolo italiano si sia orientato verso un sistema di produzione integrato, in grado di coniugare le esigenze economiche del mondo agricolo con quelle ambientali e sanitarie, per lo sviluppo di un'agricoltura maggiormente sostenibile e competitiva.
Accanto ai principi attivi di origine chimica ovvero di sintesi, si stanno sviluppando studi sulle sostanze di origine naturale aventi effetto erbicida derivate dalle piante officinali come, ad esempio, i prodotti a base di acido pelargonico attualmente in commercio.
Tutto ciò premesso, si impegna il Governo: a sostenere iniziative volte ad un utilizzo più responsabile dei fitofarmaci in agricoltura, permettendo al comparto di continuare a crescere e svilupparsi secondo un approccio fondato sull'uso coordinato, razionale ed ecocompatibile di tutti i fattori produttivi, in grado di coniugare le esigenze economiche del mondo agricolo con quelle di tutela dell'ambiente e della salute dei consumatori; a potenziare, anche presso i punti di stoccaggio interni sul territorio, il sistema dei controlli per i residui di fitofarmaci; ad individuare processi produttivi ecosostenibili, nonché ad assumere ogni utile iniziativa finalizzata alla promozione di programmi di ricerca e a predisporre un piano nazionale sementiero che permetta, da una parte, di investire su colture quali leguminose, frutta in guscio e, soprattutto, frumento duro e tenero, che negli ultimi anni hanno perso superfici coltivate a favore di un forte aumento delle importazioni da Paesi terzi, e, dall'altra, sostenerne il prezzo sui mercati favorendo la coltivazione nelle zone storicamente vocate del Sud Italia. (Applausi).
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione.
È iscritta a parlare la senatrice Fattori. Ne ha facoltà.
FATTORI (Misto). Signor Presidente, parliamo di glifosato dalla scorsa legislatura.
Il glifosato è un erbicida sistemico messo a punto agli inizi degli anni Settanta e la dichiarazione della sua completa innocuità è stata causa del suo abuso. È stato usato in maniera eccessiva nel corso dei decenni scorsi, nell'ottica di un'agricoltura intensiva che è poi quella che ha portato agli squilibri ambientali che determinano i cambiamenti climatici. Non si può parlare dunque di glifosato facendo riferimento solo alla composizione chimica e alle basi scientifiche attorno ad esso, ma bisogna inserirlo in un sistema agricolo che è stato devastante.
Il glifosato è stato usato in passato in contesti di grande pericolosità ambientale: pensiamo alla soia transgenica, che non è pericolosa perché transgenica, ma perché resistente al Roundup, per cui la modalità di coltivazione della soia transgenica è stata quella delle grandi distese in Sud America, con gli aerei che irroravano glifosato su centinaia di ettari, andando a caricare quindi il sistema ambientale con quantità di prodotto chimico, che non è mai a rischio zero, perché non esiste la chimica a rischio zero. La scienza non prevede il rischio zero: è ascientifico dire che un prodotto è a rischio zero: c'è sempre un margine di rischio.
La questione è valutare il rapporto tra rischio e beneficio. È vero che i salami contengono prodotti che poi sono cancerogeni - e mi rivolgo alla senatrice Cattaneo - ma io posso scegliere se mangiare o meno il salame, perché posso decidere di essere vegano, di non correre quel rischio e di contribuire alla salute dell'ambiente evitando prodotti animali. È dunque questione di decisione da parte del consumatore.
Nel caso del glifosato assistiamo nel nostro Paese all'importazione di grano per cui questo prodotto non viene usato come diserbante, ma per seccare il grano.
Nella nostra tradizione storica noi vediamo il grano maturare e seccare al sole, mentre nelle grandi pianure del Canada coltivano il grano vicino alla neve, quindi è chiaro che non può maturare e che deve essere seccato in qualche modo; viene seccato appunto con il glifosato, cioè con un procedimento chimico artificiale di cui nessuno nel nostro Paese sente il bisogno. Vorrei far capire che stiamo affrontando un pericolo; lo IARC ci dice che è potenzialmente cancerogeno, mentre altri gruppi scientifici dicono che non lo è. Quando la scienza dibatte su qualcosa, vuol dire che una certezza non c'è. Lo vediamo in questi giorni con la storia del Covid: alcuni dicono che non c'è più, altri dicono che è mutato, forse attenuato o forse no. In realtà, quando non si hanno abbastanza conoscenze per arrivare a una certezza, vuol dire che la scienza non ha una risposta definitiva. Nel caso del glifosato è così: se lo IARC ci dice che c'è un pericolo di carcinogenicità, vuol dire che esiste un pericolo e noi, come politici, non possiamo dire che quello scienziato ha ragione e quell'altro ha torto, ma dobbiamo prendere atto delle evidenze attuali e dire che esiste una potenzialità di tossicità del glifosato all'interno del grano.
Veniamo al grano: per quale motivo noi italiani dobbiamo importare un grano seccato con il glifosato anziché potenziare i nostri grani antichi e la nostra produzione di grano? Veniamo alle dosi di tossicità, che sono sempre degli equilibri e delle definizioni umane. Se una sostanza è tossica, è chiaro che sarà pericolosa a una certa dose e meno ad un'altra; sono definizione umane. In Italia noi mangiamo delle quantità di pasta e di grano che non sono paragonabili a quelle di altri Paesi. Quindi tutte le tabelle in cui si dice che il residuo di glifosato fino a un tot è tossico e oltre un tot non lo è vanno bene in Paesi come l'Olanda, dove si mangiano le patate, ma non in Italia, dove fin da neonati ci danno la minestrina, la pastina, la pasta, il pane e così via. Attenzione alle soglie di tossicità, che devono essere calibrate sia sull'età in cui si somministra il prodotto alimentare, sia sulle usanze alimentari del nostro Paese, che sicuramente fa un uso di pasta molto superiore rispetto ad altri Paesi europei.
La seconda questione riguarda l'accumulo nella catena alimentare. Non dimentichiamoci che noi diamo grano o comunque prodotti derivati dal grano ai nostri animali; e la scienza sa che, mano a mano che si sale nella catena alimentare, i prodotti tossici vengono metabolizzati e accumulati. Quindi facciamo attenzione quando parliamo di pericolo, perché il pericolo di un coltello al supermercato lo posso affrontare: lo vedo nello scaffale, lo compro e sto attenta. Non posso invece affrontare il pericolo del glifosato nel grano, perché in etichetta non c'è scritto quanto ce n'è; quindi potrei dare al mio bambino chili di glifosato senza saperlo. Attenzione a parlare di scienza, laddove la scienza non c'entra proprio niente. Ben venga una meditazione sul glifosato nel cibo. Cosa diversa è dire che dobbiamo diserbare i binari dei treni, altrimenti il treno deraglia. Cerchiamo di distinguere le questioni: una cosa è il glifosato negli alimenti, una cosa diversa è il glifosato dato da mangiare agli animali e una cosa ancora diversa è la questione ambientale Per quanto riguarda la consulenza scientifica, ci sono dei gruppi (Scienza in Parlamento) che hanno proposto di istituire un ufficio studi scientifici dove vengano raccolte tutte le opinioni, anche divergenti, in modo che la politica possa scegliere sulla base di queste informazioni. Mai avvenga il contrario. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Martelli. Ne ha facoltà.
MARTELLI (Misto). Signor Presidente, qualche numero per capire di cosa stiamo parlando. Alcune cose sono già state dette, ma vanno sempre precisate per capire esattamente le dimensioni del fenomeno. Il giro d'affari del glifosato nel mondo è di 4,24 miliardi di dollari; questo dato viene dal gruppo di studio sull'impatto e sulle prospettive del glifosato. Sette delle più grandi aziende produttrici mondiali di glifosato sono cinesi; questa è una fortuna, perché la Cina assorbe quasi interamente la produzione di glifosato per uso interno. L'ottava è la Bayer, solo perché si è comprata la Monsanto. Questo è il primo fatto.
Il secondo fatto è che in Italia si usa mezzo chilo di glifosato per ogni ettaro, non nella sua formulazione base, ma in quella additivata, nota commercialmente per esempio come Roundup, che era il nome commerciale con cui nasceva questo prodotto. Le ferrovie italiane sono grandi utilizzatrici di glifosato; non ho trovato il dato, ma lo mutuo da quello francese della Société nationale des chemins de fer, che ne usa 1,1 chili per chilometro. Supponendo che anche gli italiani facciano lo stesso, per non essere da meno, sono 18 tonnellate solamente per il diserbo, che potrebbe essere fatto in modo termico, per esempio, ma che invece si sceglie di fare in modo chimico, perché sicuramente è meno costoso.
Per quanto riguarda invece l'evoluzione della normativa inerente agli studi che sono stati fatti su questa molecola (che, come è stato ben ricordato, è una molecola priva di brevetto e quindi liberamente producibile), lo IARC nel 2013 ha detto che è cancerogeno. Poi è arrivata l'Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) che ha detto no, che è solo probabilmente una classe 2A. Chiariremo poi bene cosa sia la classe 2A. «The Guardian», il quotidiano inglese, ha svelato quindi che parecchie pagine del rapporto con il quale l'EFSA stabiliva solo la probabile cancerogenicità erano copiate pari pari dalla relazione con la quale il produttore che voleva rinnovare l'utilizzo per cinque anni aveva fatto questa proposta alla commissione. Quindi è un rapporto dell'EFSA oppure un rapporto della Monsanto, adesso Bayer? Bella domanda anche questa.
Tornando alla classe 2A, probabilmente cancerogeno, secondo la definizione l'inserimento in tale classe vuol dire che provatamente è mutageno su linee cellulari animali, sia in vitro che in vivo. Bene, qualunque prodotto che sia mutageno, in grado cioè di indurre mutazioni del DNA che superino il controllo di qualità cellulare, quindi disattivino o aggirino il meccanismo di autodistruzione, può produrre un accumulo di mutazioni e più la vita della progenie cellulare è lunga e più le mutazioni irreversibili si accumulano, fino eventualmente ad originare proliferazioni incontrollate.
Già di fronte a questa possibilità, il principio di precauzione che, come ha detto giustamente la collega Fattori, deve arrivare prima per un politico, ti fa dire che no, in presenza di questa situazione io non voglio entrare nella diatriba tra chi dice che è cancerogeno e chi dice che non lo è, chi dice che è mutageno e chi dice che non lo è, perché ci sono studi per tutti, ma stabilire il paletto del principio di precauzione.
Arrivando agli studi, è inutile che si tiri fuori il fatto che esiste uno studio che dice che non lo è perché, come ho detto, si possono trovare studi che dicono una cosa e anche il suo contrario non ritrattati, né confutati, sia scritti da una sola persona, sia a più mani. Non è quindi importante a livello politico stabilire chi abbia ragione, perché non siamo noi gli arbitri di questo. Semmai a livello politico prima si mette il paletto, e poi ci si pone il problema di costituire o individuare dei gruppi che studino le ragioni di questa anomalia, isoliamo cioè l'effetto glifosato da tutti gli altri effetti che possono essere distorsivi della sua efficacia. Questo è quello che dovrebbe fare la politica.
Concludo, anche se una delle due battute purtroppo non posso più farla e, cioè, che il consumatore può scegliere di non consumare prodotti di classe 2A alcune volte e altre volte no e, come dice uno studio tedesco a campione, su 2.000 persone il 99,6 per cento delle loro urine contenevano glifosato. Quindi, siccome lo 0,4 è un errore statistico, il probabilista dice che il glifosato è presente nelle urine della popolazione umana con probabilità 1.
La seconda battuta: per chi pensa che non sia tossico, io propongo un brindisi al glifosato, alla mia salute. Offro io, un bicchiere bevuto davanti a me; se veramente non è tossico, credo che questo problema non ci sia. Ripeto, offro io. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Zanda. Ne ha facoltà.
ZANDA (PD). Signor Presidente, credo che siano molti i senatori che, come me, guardano le grandi questioni scientifiche attraverso un velo di ignoranza di chi possiede conoscenze diverse e lontane dal glifosato di cui parliamo oggi.
Ho sottoscritto e darò il mio voto alla mozione a prima firma della senatrice Cattaneo, non solo perché mi è sembrato di poterne condividere il contenuto, ma soprattutto per una ragione di fondo che la qualifica anche rispetto ad altre mozioni sullo stesso argomento.
La mozione della senatrice Cattaneo contiene sia una forte rivendicazione dell'importanza di quel processo conoscitivo nel quale si sostanzia il metodo scientifico, sia il riconoscimento implicito della grande delicatezza del rapporto tra la scienza e la politica.
Una mozione, quella della senatrice Cattaneo, che pur partendo da forti basi scientifiche, non proclama verità, non pretende di dare risposte definitive, ma si appella al Governo perché disponga approfondimenti, ricerchi la soluzione anche nel contraddittorio, esiga le prove di ogni affermazione scientifica, investa le risorse necessarie per arrivare a conclusioni solide e inoppugnabili. La ricerca scientifica e la straordinaria evoluzione tecnologica stanno moltiplicando nel Pianeta le disponibilità di strumenti sempre nuovi che possono aiutarci a battere la fame, ad accrescere le conoscenze, a viaggiare, a cambiare la nostra vita, a vincere le malattie e a vivere molto più a lungo. La libertà di ricerca e la fiducia nel progresso scientifico sono due dei grandi pilastri su cui si fondano la civiltà contemporanea e il pensiero moderno ed è da qui che nasce l'esigenza di mettere bene a fuoco il rapporto tra scienza e politica, perché senza una grande alleanza tra la buona ricerca scientifica e la buona politica sarà molto difficile garantire all'umanità un futuro di pace e di giustizia. Poco fa la senatrice Fattori ha ricordato - io credo molto opportunamente - il rapporto tra scienza e politica nella lotta al Covid-19 e lo ha ricordato opportunamente, solo se pensiamo ai gravissimi danni che negli Stati Uniti, in Sud-America e persino in Gran Bretagna sono stati prodotti da governanti che hanno affrontato la lotta al Covid senza tener conto delle prescrizioni della scienza. La guerra tra il presidente Trump e il dottor Fauci mostra con molta evidenza quali siano le conseguenze di una cattiva politica che si contrappone ad una buona scienza. Nelle ultime legislature parti importanti del Parlamento italiano e dello stesso Senato hanno affrontato grandi temi prescindendo dalle evidenze scientifiche ed anzi imponendo punti di vista ed interessi politici, se non anche economici. Non è così che si risponde alle sfide del futuro.
Su un tema delicato come il glifosato, la mozione della senatrice Cattaneo indica non la verità, ma la strada che può aiutarci a raggiungerla. Tempo fa, Papa Francesco ha invitato la scienza e la religione ad un dialogo onesto e trasparente, intenso e produttivo per entrambe. Sarebbe veramente paradossale se la politica non riuscisse a cogliere per sé stessa il senso della sfida che Papa Francesco ha lanciato alla religione. Solo un patto responsabile tra la scienza e la politica può avere la forza necessaria per proteggere l'integrità del corso della natura e dei grandi cambiamenti che vengono proprio dallo studio e dalla ricerca. La scienza può aiutare la politica a valorizzare tutte le possibilità che la natura ci offre, ma può farlo solo se sappiamo riconoscerla come un nostro grande alleato, non come un nemico da combattere e da temere e nemmeno come un elemento fastidioso di cui possiamo non tener conto a seconda del nostro interesse politico o economico del momento. Poco fa, nel suo intervento in Aula, la senatrice Cattaneo ci ha ben illustrato il pericolo grave che il Parlamento potrebbe far correre al Paese se ci lasciassimo andare a decidere non sulla base di chiare evidenze scientifiche, ma sulla base delle nostre sensazioni. Un importante filosofo, Emanuele Severino, ha detto che molti dei grandi mutamenti del nostro tempo sono dovuti non tanto alla forza delle ideologie, quanto ai progressi della scienza e della tecnologia, che ormai si sono poste al centro delle dinamiche della società, emarginando le grandi tradizioni culturali dell'Occidente. La scienza e la politica hanno quindi bisogno l'una dell'altra, ma devono sapersi rispettare, riconoscendo i rispettivi confini. Dobbiamo temere lo scienziato che vuole farsi re e pretende di dominare il mondo imponendo i suoi saperi con le sue scoperte, ma altrettanto - lo dico a me stesso e a chi tra noi, nel rivendicare il giusto primato della politica, pensa di poter scavalcare le verità scientifiche con disinvoltura - dobbiamo temere quella politica che nulla sapendo e nulla conoscendo pretende di invadere il campo delle scienze facendo diventare buono per legge quel che è cattivo e viceversa. È per queste ragioni di fondo, che hanno a che fare con il rapporto tra la scienza e la politica, che voterò la mozione della senatrice Cattaneo.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Aimi. Ne ha facoltà.
AIMI (FIBP-UDC). Signor Presidente, rappresentanti del Governo, colleghi, dico subito che io non ho tutte le certezze che ho sentito quest'oggi in Aula ed è per questo che credo sia opportuno inizialmente fare chiarezza con una premessa e soprattutto alla fine porre un quesito.
I dati sono evidenti e sotto gli occhi di tutti, ad esempio l'Italia - ricordiamocelo - non ha autosufficienza alimentare: a noi mancano 2,3 milioni di tonnellate di grano tenero. Ricordo a me stesso, ma anche all'Assemblea o a chi ci ascolta, che durante il periodo del lockdown ci siamo trovati in una situazione di emergenza e di crisi perché avevamo scorte alimentari di questo prodotto solamente per circa un mese e sono state immesse sul mercato tutte le farine italiane. In Italia - dobbiamo dirlo - abbiamo un grano straordinario come qualità, dal punto di vista dei controlli, perché passa attraverso dei momenti di valutazione che sono attenti, soprattutto la scienza si dedica a questa questione. Non avendo questa autosufficienza, dobbiamo quindi importare grano e i nostri importatori principali sono gli Stati Uniti d'America e il Canada, i porti privilegiati sono quelli della Puglia.
Come dicevo, io non ho tutte le certezze che ho sentito invece in quest'Aula, perché è un tema complesso, difficile, è un tema che investe la scienza, ma che deve guardare con grande attenzione anche al primato della politica; io sono un sostenitore del primato della politica e quindi della decisione che ognuno di noi deve saper assumere in momenti delicati e difficili, anche quando si esprime un voto su questioni che possono apparire marginali, ma che tali non sono.
Ho apprezzato - e lo voglio dire con grande serenità - l'intervento della senatrice Cattaneo, che mi è sembrato estremamente equilibrato, anche perché ha fatto una distinzione fondamentale, cioè quella tra il rischio e il pericolo. In Italia ci troviamo realmente in una situazione di rischio? Io credo che, tutto sommato, per i controlli che vengono realizzati possiamo essere sostanzialmente tranquilli.
Parlavo di dati: sapete tutti che il glifosato è un diserbante usato primariamente per la coltivazione del grano tenero e del mais; se ne consumano circa 800 tonnellate al mondo; c'è un indotto di circa 5 miliardi di euro e c'è un consumo annuo particolare in Italia, perché ogni cittadino italiano - non guardate chi vi parla perché supera le statistiche - consuma circa 26 chilogrammi di pasta. Quando siamo andati a vedere i dati - visto che poi bisogna guardare e confrontarci anche con i dati reali - ci siamo resi conto che i sei marchi di pasta prodotti in Italia sono in assoluto i più sicuri e mi riferisco al dato di raffronto che dovremmo avere, quello di dieci milligrammi per ogni chilogrammo di peso corporeo personale; si dovrebbero cioè moltiplicare dieci milligrammi di glifosato per ogni chilo del proprio peso e così vedere qual è il minimo accettabile. Allora, facendo questa valutazione, che è una semplice operazione matematica, vediamo che la presenza del metabolita AMPA (acido aminometilfosfonico) nella pasta Barilla è di 0,301 milligrammi per chilogrammo, nella Garofalo è di 0,286 milligrammi, nella Divella di 0,249 milligrammi, nella Rummo di 0,137 milligrammi, nella Molisana 0,086 milligrammi e nella De Cecco 0,083 milligrammi. Sono quindi ampiamente sotto i limiti massimi e non è che lo dica io o un partito politico, perché questi dati arrivano dall'Agenzia per la sicurezza alimentare che ha sede a Parma.
Credo quindi che possiamo essere sostanzialmente tranquilli anche perché, facendo un calcolo molto semplice, una moltiplicazione del peso di un uomo medio - ripeto di non guardare chi vi parla -, per arrivare alla dose velenosa, pericolosa, dovremmo ingerire giornalmente dai 100 ai 600 chilogrammi di pasta. Questo è il dato vero. Abbiamo un'eccellenza alimentare: io non capisco come mai ci si metta a fare i monaci stiliti, appollaiati sulla colonna di ideologie che secondo me dovrebbero essere superate. Certamente noi non abbiamo - lo ripeto - tutte le certezze, ma credo di poter dire che siamo comunque ampiamente al sicuro. C'è qualcuno che, invece, ha riferito che c'è una situazione genotossica, ma non ne abbiamo alcuna evidenza scientifica.
Vi è un altro dato estremamente importante, che riguarda la produzione del grano. In Italia la produzione va da 3 (minimo) a 3,5 milioni di tonnellate ogni anno ed è ampiamente insufficiente perché, come dicevo, mancano circa 2,3 di milioni di tonnellate, quasi la metà. Sapete quanto produce la Francia? La Francia produce quasi dieci volte quello che produciamo noi: 37 milioni di tonnellate. Il maggior produttore è la Cina, con 130 milioni di tonnellate, seguito dall'India con 95 milioni di tonnellate, dalla Russia con 82 milioni di tonnellate e, dagli Stati Uniti con 47 milioni di tonnellate. Ci troviamo quindi in una situazione di estrema difficoltà.
L'Italia, se vuole risolvere anche il problema del glifosato, qualora avesse qualche dubbio, dovrebbe avviare una nuova battaglia del grano: dovremmo riappoderare i nostri terreni e coltivarli in quella prospettiva e in quella direzione. Lo vogliamo fare? Abbiamo preso altre direzioni, al contrario: abbiamo inseguito l'energia pulita, quella verde. Mi riferisco al fotovoltaico, che ha sostituito nei campi molte coltivazioni; abbiamo preferito mettere il fotovoltaico, che ha prodotto poco, rispetto all'appoderamento e alla coltivazione di alimenti estremamente importanti, dimenticandoci che in fondo l'agricoltura è realmente il settore primario ed è quello che noi dovremmo difendere.
Io che - lo ripeto - non ho tutte queste certezze, valuterò con attenzione ogni mozione che è stata presentata. Con molta serenità vi dico che il nostro grano è caratterizzato da una sicurezza alimentare davvero straordinaria. Quando il grano proveniente dagli Stati Uniti o dal Canada arriva sulle nostre coste, arriva in Puglia, ci sono controlli estremamente severi. Queste sono le ragioni per le quali, al momento del voto, l'Assemblea dovrebbe valutare con intelligenza punto per punto le mozioni che sono state presentate. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Vallardi. Ne ha facoltà.
VALLARDI (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, colleghi senatori, Sottosegretario, oggi parliamo di un argomento molto importante, anche se penso che non sia molto conosciuto da tutti i cittadini. È un argomento venuto alla ribalta in quest'ultimo periodo per i ragionamenti fatti sulla multinazionale americana Monsanto, che chiaramente hanno sollevato una discussione sui mass media.
Non voglio oggi in questa sede come penso tanti di voi, giudicare il glifosato; non penso che alla fine di tutta questa discussione in quest'Aula emergerà se sia pericoloso o no: almeno io, personalmente, non ho quella conoscenza tecnico-scientifica analitica per permettermi di dare un giudizio così preciso. Mi rifaccio però alle affermazioni di enti internazionali ben più accreditati rispetto alla mia specifica competenza. Mi riferisco alla IARC, l'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, o all'AIRC, l'Agenzia italiana per la ricerca sul cancro, che hanno detto che il glifosato molto probabilmente è potenzialmente pericoloso. Maggiore credito a tale affermazione penso derivi proprio dal fatto che la Monsanto negli Stati Uniti ha risarcito, con oltre 10 miliardi di dollari, circa 5.000 cittadini americani per i danni subiti e accertati derivanti dal glifosato; questo chiaramente significa che questa sostanza comporta qualche pericolo. Sono convinto che questa sia ormai diventata l'opinione di tutti.
In Italia speravamo che, magari sull'esempio della Francia (anche se inizialmente ha detto che avrebbe eliminato il glifosato e poi, alla fine, continuerà a usarlo almeno fino al 2021), non si sarebbe dovuto aspettare il 2021 per vietare l'uso del glifosato.
Cerchiamo di capire come mai usiamo il glifosato in agricoltura. È stato detto, anche con cognizione tecnica da chi mi ha preceduto, che il glifosato è un diserbante sistemico che serve agli agricoltori per agevolare il proprio lavoro, eliminando le erbacce. Ma se è pericoloso perché lo usiamo? Questo è il vero tema che oggi dobbiamo affrontare in quest'Assemblea.
C'è una prima domanda che dobbiamo porci. L'agricoltura italiana è eccellenza nel mondo, con la dieta mediterranea, la qualità dei nostri prodotti e oltre 300 tra prodotti DOP, IGP e IGT e pensiamo di mettere a repentaglio e rovinare tutto questo, usando un erbicida come il glifosato? Non credo assolutamente che l'agricoltura italiana abbia bisogno di questo, però gli agricoltori italiani devono poter competere alle stesse identiche condizioni con gli agricoltori degli altri Paesi dove invece è consentito l'uso del glifosato. Se dobbiamo combattere, lo dobbiamo fare ad armi pari e spetta alla politica - a noi - aiutare l'agricoltura, magari riconoscendo qualche sovvenzione in più a tutti quegli agricoltori che si impegnano a non usare il glifosato.
Dopo aver letto le quattro mozioni presentate, penso che alla fine voterò a favore non solo di quella della Lega, ma di tutte quante perché, anche se con sfumature, sensibilità e impegni diversi, tutte sostengono che il glifosato non si sa se è effettivamente pericoloso ma è comunque meglio non venga utilizzato. Voterò quindi a favore di tutte le mozioni. Spero inoltre che gli agricoltori del nostro Paese faranno a meno del glifosato anche prima del termine fissato dall'Unione europea per il 2021.
Colleghi, vi faccio un piccolo esempio. Nell'orto di casa mia cerco di coltivare e mangiare sano e in maniera biologica. Abbiamo visto che è esplosa la cultura dell'orto: circa 6 italiani su 10 hanno l'orto nelle proprie abitazioni, per un totale di 36 milioni di italiani. Si è diffusa questa cultura. Nonostante sia impossibile avere il dato certo, penso che di tutti questi 36 milioni di italiani non ve ne sia assolutamente uno che usa il glifosato per togliere le erbacce nel proprio orto, perché tutti siamo convinti che, alla fine, questa sostanza sia dannosa.
Ma allora perché non operiamo in maniera sistematica e vietiamo completamente l'uso del glifosato nelle coltivazioni del nostro Paese? Abbiamo puntato tutto sulla qualità dei nostri prodotti; il made in Italy e la dieta mediterranea sono conosciuti in tutto il mondo per la qualità e la bontà, nonché per le proprietà organolettiche dei prodotti. Secondo me, questo è un motivo in più per non adoperare assolutamente il glifosato, però è chiaro che dobbiamo garantire ai nostri agricoltori la possibilità di avere reddito anche non adoperandolo. Se vogliamo analizzare, dal punto di vista tecnico, il metodo di coltivazione per cui il glifosato viene usato in agricoltura, vediamo che si risparmia molto adoperandolo soprattutto - e questo è un argomento prettamente tecnico - sulla semina, sul sodo: si dà una bella irrorazione di glifosato, poi si semina sul sodo e il lavoro è bello e finito: il prodotto cresce rigoglioso senza spendere soldi di aratura, di erpicatura, di fresatura del terreno.
È chiaro che quando si ragiona di un prodotto povero, come è il grano duro nel nostro Paese, anche l'agricoltore fa fatica a non usare prodotti di questo tipo pur di avere un minimo di reddito. È quel minimo di reddito che la politica, invece, gli deve garantire.
Noi abbiamo una grandissima estensione di territorio del nostro Paese, soprattutto nel Sud Italia, che sarebbe votato alla coltivazione del grano, ma se non diamo a queste persone la possibilità di sopravvivere incentivando la filiera del grano, in particolare del grano duro, è difficile che i nostri agricoltori vadano a impegnare le proprie risorse su tale coltivazione. Quindi, alla fine siamo costretti a importarlo.
Sentivamo prima diversi colleghi fare un ragionamento in merito al dove lo importiamo. Lo importiamo dal Sud America e dal Nord America, soprattutto dal Canada.
Ed è il Canada il vero problema. Il Canada, tra l'altro, è il Paese da cui nel 2019 ne abbiamo importato il doppio rispetto al 2018. In Canada il grano duro viene maturato sotto la neve, perché arriva all'epoca della maturazione nel momento in cui arriva la neve, e per poter essere colto una volta secco viene inondato con il glifosato. È ovvio che, quando questo grano arriva nei nostri porti, sicuramente ha qualche piccolo residuo di glifosato - lo dico in maniera anche ironica - e qui subentra subito il grande lavoro che devono fare l'ente preposto al controllo nel nostro Paese, l'Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari (Icqrf). A questo istituto va sicuramente il mio plauso - ma penso quello di tutti - avendo il compito di controllare queste navi. A tal proposito abbiamo avuto l'onore - oltre che il piacere - di audire il direttore dell'Icqrf circa tre settimane fa in Commissione agricoltura, il quale ci ha raccontato come avvengono i controlli sulle navi da parte dei tecnici dell'Istituto - vedo il senatore De Bonis che annuisce, essendo stato il promotore di questa audizione - e ci ha detto che tutte le navi che arrivano nei nostri porti vengono controllate. Poi, ci ha spiegato in maniera più dettagliata e analitica - mi avvio alla conclusione, Presidente - come vengono controllate le navi, e abbiamo scoperto che tutte le navi vengono controllate dal punto di vista documentale (si controllano tutti i documenti di ogni singola nave) però la campionatura fisico-tecnico-scientifica sul grano avviene a campione: due navi su dieci, cinque navi su dieci, una nave su dieci, a seconda di una determinata casualità che loro vanno a decidere.
Mi rivolgo al sottosegretario Sileri: la prego, faccia in modo di dare qualche risorsa in più a disposizione dell'Icqrf affinché tutte le navi che arrivano nei nostri porti, non solo in Puglia ma anche negli altri porti dove arriva il grano duro dai Paesi esteri, siano controllate una per una perché ne va della salute dei nostri cittadini. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Cattaneo. Ne ha facoltà.
CATTANEO (Aut (SVP-PATT, UV)). Signor Presidente, gentili colleghi, vi chiedo ancora un po' di pazienza perché vorrei provare ad utilizzare questi minuti per inquadrare meglio alcuni aspetti tecnici, forse per arrivare alla conclusione - che è quella promossa dalla mozione - che di fatto serve una disamina, serve a mio avviso un impegno conferito al Governo affinché i suoi organismi si facciano carico di raccogliere la letteratura e le informazioni tecnico-scientifiche sul glifosato che riguardano l'ambiente, la salute, gli scambi, le importazioni e i costi economici dell'usare o del non usare questo prodotto. Quindi, questo è esattamente l'obiettivo della mozione.
Ci tenevo anch'io a intervenire tornando all'esempio del grano perché è chiaro che è qualcosa che ci colpisce; è stato già citato dai senatori Aimi e Vallardi, ma vorrei aggiungere un'informazione. Noi importiamo grano, ma, come dice il presidente dell'Associazione industriali mugnai d'Italia, il nostro Paese è un importatore strutturale di grano: significa che non ne possiamo fare a meno. Se non lo importassimo dal Canada lo importeremmo da altri Stati. Speriamo ci sia questa disamina chiesta dalla mozione, ma per quanto capisco importiamo grano proprio perché quello italiano viene tagliato - in questo caso con quello canadese - perché non è di buona qualità: il contenuto di proteine è insufficiente a produrre la pasta. C'è anche una necessità di questo tipo.
Ciascuno può immaginare il futuro che desidera, ma se immaginassimo di bloccare le importazioni di grano dal Canada e rifiutassimo merce in base a una presenza del tutto legale e concordata di una sostanza attiva mi chiedo come reagirebbero gli Stati. Come reagiremmo noi se, esportando vino, ce lo bloccassero perché vengono trovate tracce di qualcosa a loro dire di una certa pericolosità, a prescindere dalle evidenze eccetera?
Siccome la questione del grano ci tocca molto, anch'io volevo tornare sui numeri perché anch'io ho fatto dei calcoli. Noi siamo terrorizzati dal glifosato, diciamolo. È il nemico perfetto: erbicida, costa poco, c'è dietro la Monsanto, ci sono gli studi sulla probabile cancerogenicità e lo dice una sola associazione (IARC) (le altre 19 che valutano il rischio dicono di no). Lasciamo, però, tutto questo alla disamina che spero venga fatta a valle della mozione. Facciamo finta di essere veramente terrorizzati dal glifosato perché è il nemico perfetto. Andiamo allora a vedere quanto glifosato c'è nelle derrate alimentari, soprattutto nella pasta e nei legumi secchi. I numeri li ha già citati il senatore Aimi. Stiamo parlando di nanogrammi per chilo o per litro, pari a una goccia o meno in una piscina olimpionica o una capocchia di spillo in un tir di pasta. Ce n'è pochissimo e teniamo presente, come ha detto il senatore Aimi, che il limite di glifosato per legge previsto per il grano è di 10 milligrammi per chilo e, se andiamo a misurare, ne troviamo da 54 a 526 volte meno. Ce n'è pochissimo. Quanto glifosato possiamo assumere? Dobbiamo allenarci a questa cosa. Anch'io ho fatto i calcoli: la dose giornaliera massima che possiamo assumere è di 0,5 milligrammi/chilo al giorno e, pertanto, come ha detto il senatore Aimi, dovremmo assumere tra i 100 e i 600 chili di pasta al giorno tutti i giorni della nostra vita, fino all'ultimo giorno, e non arriveremmo ancora ai livelli di tossicità. Con questi numeri così lontani dalla realtà spero davvero di aver contribuito a dissipare alcune delle paure.
Concludo citando alcune delle altre cose dette. Ogni volta c'è questa storia della scienza divisa; e un classico della narrazione antiscientifica. In realtà la scienza è divisa, come nel periodo Covid, perché si sta facendo un dibattito pubblico. È il momento in cui si sta scoprendo e si stanno studiando diverse tematiche e diversi ambiti. C'è divisione perché non c'è ancora un passo certo e consolidato, ma via via che la conoscenza aumenta la divisione diminuisce. (Applausi). Sulla storia della scienza divisa e mi viene in mente quando all'epoca Stamina si sentiva dire «la scienza è divisa», e la divisione era uno di qua e centomila di là. È uno che dice di essere contro questo prodotto e centomila che dicono che non è pericoloso. Dobbiamo anche stare attenti a reiterare questa narrazione.
Infine, sulla storia della Bayer che paga 10 miliardi di euro, visto che è stata citata dal senatore Vallardi come se fosse una prova di colpevolezza, guardate che questo fa parte del fascino e anche della complessità dell'argomento: com'è che la Bayer - che ha acquisito Monsanto - accetta, patteggia e paga 10 miliardi di euro, per chiudere 95.000 delle 120.000 cause di agricoltori che hanno fatto causa alla Monsanto? Vi sarà capitato di girare negli Stati Uniti; più volte mi sono trovata di fronte a cartelli pubblicitari che dicevano: «Hai un tumore? Hai lavorato o sei passato vicino a un terreno in cui è stato sparso del glifosato? Vieni da noi». Sono questi studi di avvocati (è una tecnica in voga negli Stati Uniti) che mettono in atto quella che da un punto di vista giornalistico è stata chiamata un'estorsione su procedimenti legali. Sono questi studi enormi che sollecitano le persone a riportare casi di tumori, come se fossero associati al glifosato. Quando ti trovi dinanzi 120.000 cause, cosa fai?
Così come la scienza non si può sostituire alla politica, neanche un tribunale si può sostituire alla scienza; la scienza non si fa in tribunale. Se andate a leggere che cosa è stato detto durante il dibattito in tribunale di questa causa, potrete verificare che non c'è un'ammissione di colpevolezza. La Bayer continua a sostenere l'assenza di prove di cancerogenicità di questo prodotto e la dimostrazione è che - potete verificarlo sul sito web della Bayer - continua a produrre e a rendere disponibile anche ai nostri agricoltori il glifosato. Tenete presente che la Bayer non è l'unica che produce glifosato, ma vi sono altre 350 aziende. Non c'è quindi nessuna correlazione tra la decisione di chiudere quelle migliaia di cause e una presunta colpevolezza.
Ci sarebbero molti altri argomenti da trattare, ma forse l'aspetto più importante da ricordare è quali possono essere le conseguenze di un divieto e quale sarebbe la conseguenza per i nostri imprenditori agricoli e per la nostra agricoltura, già altamente sofferente. Mi chiedo anche come facciamo a diserbare strade, autostrade, ferrovie e aree verdi pubbliche per la sicurezza di tutti noi. Non c'è alternativa.
Continuiamo a studiare; non è vero che guardando dentro la scienza ci trovi di tutto, perché le pubblicazioni possono essere pesate. Ci sono pubblicazioni che non valgono niente e ci sono pubblicazioni che dimostrano che su 50.000 agricoltori non c'è alcuna correlazione con lo sviluppo di tumori. C'è uno studio bellissimo pubblicato nel 2017 e c'è anche un altro grafico bellissimo; pensate che negli ultimi venti o trent'anni il consumo di glifosato è aumentato del 600 per cento nel mondo. Costa poco, è efficace, si degrada benissimo ed ha nulla o bassissima tossicità per l'uomo: mentre la curva del consumo di glifosato è ascendente andate a vedere la curva relativa al numero di linfomi non Hodgkin, tumore che secondo lo IARC verrebbe causato dall'uso del glifosato: è piatta. (Applausi).
PRESIDENTE. La ringrazio, senatrice Cattaneo, anche per l'esposizione dalla quale, ovviamente, ciascuno trarrà le proprie convinzioni.
Dichiaro chiusa la discussione.
Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo, al quale chiedo di esprimere il parere sulle mozioni presentate.
SILERI, sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, esprimo parere favorevole sulla mozione n. 93 (testo 2), a prima firma del senatore De Bonis, a condizione che il primo impegno del dispositivo sia riformulato come segue: «assumere ogni idonea iniziativa in sede europea per promuovere la revisione delle decisioni assunte in merito all'utilizzo del glifosato con regolamento di esecuzione UE 2017/2324 della Commissione, del 12 dicembre 2017, e a valutare la possibilità di sospendere nelle more gli effetti del comunicato del Ministero della salute del 19 dicembre 2017 con cui si è recepito il rinnovo della sostanza attiva glifosato per cinque anni»; il secondo impegno del dispositivo termini con le parole: «9 agosto 2016», eliminando l'inciso successivo; il terzo impegno sia preceduto dalla formula: «a valutare la possibilità di»; il quarto impegno si concluda con le parole: «glifosato negli alimenti».
Esprimo parere favorevole anche sulla mozione n. 262, a prima firma della senatrice Cattaneo, a condizione che il terzo impegno sia preceduto dalla formula: «a valutare l'opportunità di».
Esprimo infine parere favorevole sulla mozione n. 272, a prima firma della senatrice Bernini e sulla mozione n. 276, a prima firma del senatore Centinaio.
PRESIDENTE. Riassumo per l'Assemblea. Per quanto riguarda la mozione n. 93 (testo 2), a prima firma del senatore De Bonis, il parere espresso è favorevole, ma condizionato sugli impegni 1, 2, 3, e 4 del dispositivo. Il parere è invece favorevole senza sulla mozione n. 262, a prima firma della senatrice Cattaneo, a condizione di far precedere il terzo impegno del dispositivo dalla formula «a valutare l'opportunità di». Il parere è invece favorevole senza condizioni sulle mozioni n. 272, a prima firma della senatrice Bernini, e sulla mozione n. 276, a prima firma del senatore Centinaio.
Chiedo ai presentatori delle mozioni di dirci se accettano le condizioni poste dal Governo.
DE BONIS (Misto). Per noi va bene, signor Presidente.
PRESIDENTE. Senatrice Cattaneo?
CATTANEO (Aut (SVP-PATT, UV)). Signor Presidente, anche per noi va bene.
PRESIDENTE.
Passiamo dunque alla votazione delle mozioni.
UNTERBERGER (Aut (SVP-PATT, UV)). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
UNTERBERGER (Aut (SVP-PATT, UV)). Signor Presidente, in questi anni troppo spesso la politica ha compiuto delle scelte prescindendo dalle indicazioni della scienza. Questo è paradossale in un'epoca nella quale si fa un gran parlare dell'importanza delle competenze, che poi però vengono sistematicamente disattese per farsi guidare dalla paura o da altri sentimenti che attraversano l'opinione pubblica. Gli esempi sono davvero tantissimi: dalla paura per i vaccini che in certi ambienti continua a permanere, nonostante l'esperienza drammatica del Covid-19, a quella per il 5G, nonostante ad oggi non esista alcuna evidenza scientifica sui danni alla salute. Ricordo anche il metodo Stamina che, cosa gravissima, entrò come sperimentazione in alcuni ospedali nonostante la netta opposizione della comunità medica.
Il decisore politico deve essere sempre guidato dai principi della prudenza, ma deve basare le sue decisioni sull'evidenza e sul metodo scientifico, che rappresenta il discrimine tra una società moderna e una premoderna in cui le decisioni si prendevano sulla base del pensiero magico e delle superstizioni.
Per queste ragioni, nel dibattito sul glifosato reputiamo di grande pertinenza la mozione presentata dalla senatrice Elena Cattaneo. Il merito di questa mozione è quello di ripristinare un metodo senza schierarsi a favore o contro, perché non conta l'approdo ma il rigore con cui vi si giunge, e conta il fatto che il legislatore abbia dalla sua tutte le informazioni scientifiche prima di potersi esprimere su un tema così importante.
La verità è che le scelte non sono sempre il risultato di una meditata riflessione sulla base di dati oggettivi ed esaustivi e questo la dice lunga proprio sul processo decisionale relativo a materie dove si presta meno attenzione a quante cattive misure a volte si introducono per via di un processo di valutazione che si basa su informazioni inesatte o incomplete.
Questa mozione è anche un invito ad avviare una riflessione sull'intero meccanismo della decisione pubblica, soprattutto in un'epoca in cui le materie sono sempre più complesse, ricche di sfumature e di implicazioni e inquinate dalle fake news che circolano sulla Rete e che sanno aizzare sentimenti di paura e di sfiducia.
L'impegno da chiedere al Governo non è quello di schierarsi ma di dotarsi di un metodo, acquisendo e, laddove necessario, producendo tutte le informazioni utili per poi coinvolgere il Parlamento, che deve restare il luogo del confronto su temi così importanti e sentiti dalla cittadinanza.
Per questo il nostro Gruppo esprimerà un voto favorevole alla mozione Cattaneo.
COMINCINI (IV-PSI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
COMINCINI (IV-PSI). Signor Presidente, credo che questo confronto, come è stato messo in luce da alcuni dei presentatori della mozione, dagli interventi che sono stati fatti e anche dalla senatrice Cattaneo nel proprio intervento, possa essere davvero l'occasione per poterci interrogare su quanto le nostre scelte politiche debbano basarsi su fatti di evidenza scientifica e quanto debbano invece essere influenzate dalle percezioni, dalle apparenze e dalle spinte, anche inopportune e problematiche, dell'opinione pubblica. Crediamo invece che le verità che la scienza ci può offrire attraverso le proprie ricerche, attraverso i propri approfondimenti, attraverso la condivisione e il confronto di diversi studi, ci possano davvero aiutare a fare scelte appropriate.
La mozione a prima firma Cattaneo invita il Governo a fare una review delle principali ricerche fatte sul tema del glifosato in modo tale da rendere edotto il Parlamento, le commissioni competenti e le autorità preposte a prendere decisioni basandosi sulla realtà dei fatti, evitando di affidarsi a prove che non hanno trovato riscontri nella realtà.
Un passaggio della mozione che mi pare davvero importante, ed è stato sottolineato sempre della senatrice Cattaneo nel suo intervento, è quello relativo alla differenza tra il pericolo e il rischio. Appare di tutta evidenza - se avete letto le mozioni e se avete letto l'articolato della mozione a prima firma Cattaneo - che c'è davvero una differenza di approccio nella modalità con la quale le diverse autorità scientifiche hanno condotto i propri studi, i propri percorsi e anche come hanno definito le proprie posizioni. La IARC, nel 2015, classificando il glifosato tra le sostanze probabilmente cancerogene, inserendo questo elemento nel gruppo 2A, non ha definito quale sia il rischio di cancerogenicità di questa sostanza ma ne ha fotografato soltanto il pericolo come lo ha fotografato per molte altre sostanze. Sono andato a ricercarmi l'elenco delle sostanze che rientrano nel gruppo 2A. Ci sono le sostanze emesse dalla fabbricazione di vetro artistico e presenti nei contenitori in vetro e negli articoli stampati; c'è il combustibile da biomassa, principalmente legno, e le emissioni ad alta temperatura per frittura (citate anche nella mozione). C'è però anche il Papilloma virus umano di tipo 68, nonché i composti del piombo. C'è addirittura la malaria causata da infezioni da Plasmodium falciparum nelle aree endemiche, cui si aggiungono anche le esposizioni professionali in spruzzatura e applicazione di insetticidi non arsenicali e potrei continuare ancora con altre sostanze e altre esposizioni, alcune più note, altre che ci sono sicuramente oscure. Ribadisco che questo è un elenco di elementi che risultano pericolosi, senza definire quello che è il rischio. Se avete letto l'articolato della mozione, si evince in maniera chiarissima come la concentrazione di glifosato realmente tossica e tale da portare ad un rischio reale di tumore nell'uomo dovrebbe essere quella derivante, ad esempio, da un consumo giornaliero di chili e chili di pasta prodotta con grano nel quale sono presenti residui dall'utilizzo di glifosato, quindi una condizione assolutamente impossibile da verificarsi.
Al netto di queste considerazioni molto specifiche, il principio che sta alla base di questa mozione e che ci spinge quindi a sostenerla, a votare a favore e a chiedere a tutta l'Assemblea di sostenerla, è proprio quello di far sì che le nostre scelte e le nostre decisioni vengano assunte ed adottate sulla base di evidenze scientifiche.
Da qui l'impegno al Governo a voler fare una completa review di tutta la documentazione, di tutte le ricerche alle quali oggi si può accedere per permettere all'Assemblea e alle Commissioni di avere un'evidenza chiara, precisa e scientifica di quella che è la realtà, di quelli che sono i reali rischi e non solo dei pericoli che, lo ribadisco, sono diffusi per molte altre sostanze.
Se procederemo in questa direzione e avremo quindi elementi molto chiari che ci dicano in modo netto come stanno realmente le cose e quale sia davvero la realtà, non solo faremo un servizio al Paese, ma faremo un servizio anche alla politica, mettendoci nella condizione di poterci dare un criterio di scelta, che è quello che può essere assunto e legato alle evidenze che la scienza ci può fornire, non soltanto con ricerche che mettono in luce i possibili pericoli, ma, soprattutto, con la misurazione dei reali rischi in questo caso legati ad una sostanza specifica come il glifosato. (Applausi).
DE PETRIS (Misto-LeU). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DE PETRIS (Misto-LeU). Signor Presidente, intanto ci sono alcune questioni che credo sia bene ribadire con forza in quest'Aula. In modo particolare - lo dico anche ai colleghi - non c'è qualcuno che ha il monopolio della scienza. L'argomento che stiamo affrontando con queste mozioni è stato a lungo dibattuto e di cui se ne sono occupati moltissimi organismi scientifici. Potrei qui ampiamente citare altrettanti esponenti del mondo scientifico e del mondo medico, che, proprio in vista dell'odierna discussione delle mozioni sul glifosato ("glifosato" e non "glisofato", precisiamo anche questo), hanno detto cose che evidentemente non sono frutto di qualche pensiero critico, ma di dati scientifici. Penso ai medici per l'ambiente, ma potrei citare tutti gli altri dati che sono stati portati avanti, tra cui le ricerche dell'Istituto Ramazzini; potrei citare moltissimi dati provenienti dai centri specifici di ricerca sul cancro e potrei citare i dati che sono stati utilizzati dallo IARC per la propria ricerca. Potremmo fare qui una disquisizione molto lunga, portando dati altrettanto scientifici che indicano la pericolosità di questa sostanza. Dico questo, perché non c'è in questa Aula qualcuno che ha il monopolio della scienza, mentre gli altri invece si dedicano a una semplice espressione del libero pensiero. Sono degli elementi che in questi anni - lo dico ai colleghi, signor Presidente - si sono accumulati; non è un caso che questo tema sia stato a lungo dibattuto nella scorsa legislatura in questa Aula.
Vi sono poi altre questioni abbastanza chiare e rilevanti e ho sentito anche qui accenti un po' strani. Negli Stati Uniti, dove la class action non è una cosa molto innocua, ma viene esercitata in modo efficace e molto pesante a tutela dei consumatori, vi sono state recenti sentenze che hanno condannato la Monsanto a risarcimenti miliardari. Potrei citare inoltre il tribunale di Lione, in Francia, che si è pronunciato in modo molto chiaro, in quel caso opponendosi alla decisione della Commissione europea sulla proroga dell'autorizzazione. Tutta la discussione in sede di Commissione europea ha avuto alterne vicende, come tutti sappiamo e come vediamo accadere anche nelle nostre Commissioni. Ora siamo arrivati a questo punto in modo inopinato - mi assumo tutte le responsabilità di quello che sto dicendo - che l'autorizzazione del 2017, frutto di pressioni che sono state ampiamente esercitate, sta per scadere.
L'intento di queste mozioni è quello di applicare il principio di precauzione - lo dico ai colleghi - che è uno dei principi fondamentali alla base dei trattati europei e sulla base del quale tutti i Paesi europei devono in qualche modo predisporre e orientare non solo la propria legislazione, ma anche le proprie decisioni. Cosa diciamo ora, in vista della scadenza del 2022? Vi sono degli elementi chiari da ogni punto di vista e soprattutto dal punto di vista scientifico; poi possiamo fare tutti gli approfondimenti che vogliamo, ma abbiamo già delle evidenze scientifiche e, torno a ripetere, potremmo portare in Aula trattati su trattati. Ebbene, noi chiediamo che l'autorizzazione non sia rinnovata e soprattutto che si intervenga a livello europeo, proprio per esercitare il nostro diritto-dovere come Paese nei confronti dell'inopinata possibilità di un'ulteriore proroga dell'autorizzazione.
Io penso che ci siano tutti gli elementi perché l'Europa riveda quella decisione ancor prima della scadenza del 2022 e penso che la Francia sarà al nostro fianco in questa battaglia. Si è trattato di una decisione - torno a ripetere - che colpisce non solo la salute dei cittadini europei, ma anche gli interessi dei Paesi europei e soprattutto del nostro Paese.
Ho sentito affermazioni in cui si dice che il nostro grano è di scarsa qualità rispetto ad altri grani di importazione. Mi dispiace contraddire, ma gli elementi sono molto diversi e non lo dico soltanto per un elemento di patriottismo. Il nostro Paese è stato un grande produttore, abbiamo fatto negli ultimi tempi dei progressi incredibili dal punto di vista della qualità, anche sotto il profilo proteico. È stato uno degli elementi che, per quanto mi riguarda, ha fatto sì che mi decidessi sempre più a contestare una serie di trattati commerciali, come l'accordo economico e commerciale globale (CETA), perché credo che noi abbiamo tutte le risorse e tutte le possibilità di migliorare ancor di più la nostra produzione.
So che a qualcuno, che ha presentato altre mozioni, per esempio garba poco, pochissimo la produzione agricola biologica. A noi invece garba, riteniamo che puntare sulla qualità, sulla sicurezza alimentare, sulla filiera corta, sulla produzione biologica sia il futuro della nostra agricoltura e dobbiamo spingere sempre di più su tali aspetti. Noi siamo reduci dalla fine del negoziato, ma in Europa è lì che si punta, sempre di più alle questioni che sono sotto gli occhi di tutti e che sono fondamentali per dare un'accelerazione e spingere verso la sostenibilità e la qualità.
Si sono fatte affermazioni, sostenendo che, tutto sommato, il glifosato non fa molto male; non so se dobbiamo invitare qualcuno a sperimentare su se stesso, ma vorrei, per la salute dei nostri cittadini, per la competizione dei nostri prodotti e per il rispetto della qualità della nostra agricoltura, che assumessimo qui delle decisioni importanti. Questo Parlamento può sostenere il nostro Paese per fare in modo che in Europa si riveda l'autorizzazione, che vengano messi in atto una serie di controlli sulle importazioni - perché sulla questione dei residui credo che dovremo lavorare ancora di più - prevedendo quindi una serie di possibilità, che indichiamo nella nostra mozione, per far sì che la presenza del glifosato non sia solo sorvegliata, ma che si arrivi sempre di più a vietare l'utilizzo di questo erbicida e che sia ancor di più garantito un efficace sistema di controlli. Tutto ciò non solo per la nostra produzione, ma soprattutto e innanzitutto per le importazioni.
Da questo punto di vista credo che la discussione che abbiamo fatto oggi sia molto importante e possa dare un indirizzo chiaro al nostro Governo in Europa; possa dare un indirizzo chiaro, come ha dimostrato anche la replica del sottosegretario Sileri, per fare in modo che il nostro Ministero della salute sia pronto a intervenire e faccia tutti i passi per fare in modo che non sia prorogata l'autorizzazione, ma che anzi sia revocata, che nel nostro Paese ci sia la sicurezza di avere prodotti assolutamente sani e privi di glifosato e anche di altri pesticidi ed erbicidi.
Per tutti questi motivi noi abbiamo collaborato, abbiamo ascoltato e accettato una serie di indicazioni di riformulazioni. Votiamo quindi convintamente la nostra mozione e credo vi siano molti punti di contatto anche con altre mozioni.
Annuncio però che certamente esprimeremo un voto contrario sulla mozione a prima firma della senatrice Cattaneo, perché non la riteniamo un tributo alla scienza - tutt'altro - e contraddice gli elementi scientifici che noi abbiamo portato nella discussione odierna e soprattutto non fa il bene del nostro Paese, della salute dei cittadini e degli interessi italiani in campo agricolo. (Applausi).
TARICCO (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TARICCO (PD). Signor Presidente, onorevoli colleghi, credo che sia nella consapevolezza di tutti quanto nell'ultimo secolo, ma soprattutto nei decenni del Dopoguerra, la ricerca scientifica e l'innovazione a questa connessa abbiano messo a disposizione dei cittadini e delle comunità, quantomeno in larga parte del mondo, strumenti e opportunità che hanno come mai nella storia permesso di aiutare l'uomo a soddisfare i propri bisogni e a liberarlo da tante limitazioni e vincoli che ne avevano caratterizzato l'esistenza nei decenni passati. Non è un caso che le aspettative di vita si siano ampliate e che la nostra percezione di normalità o di legittima aspettativa si siano innalzate in merito alla qualità della vita, quantomeno rispetto a tanti aspetti pratici della stessa, ma abbiamo scoperto anche, con sempre maggiore evidenza ed è cresciuta in questi anni in noi la consapevolezza che tutte le nostre azioni hanno, proprio per questa pressione tecnologica che abbiamo messo in campo, molto più che in passato, riverberato sul contesto ambientale nel quale viviamo e sull'ambiente in generale, sulla nostra stessa salute e su quella del Pianeta, conseguenze ed impatti non sempre solo positivi.
In molti casi, siamo stati costretti a rettificare i comportamenti, a darci delle regole più stringenti, a fare marcia indietro, a rivedere convinzioni e decisioni che pensavamo sagge e fondate. Ricordo soltanto, a mo' di esempio, la storia dell'amianto, dell'utilizzo industriale della fibra di amianto. Messa in campo a fine Ottocento, sembrava aver risolto tecnologicamente molti sistemi produttivi; all'inizio del Novecento ci furono le prime sensazioni di pericolosità connessa all'utilizzo di questi materiali; negli anni Trenta studi e denunce hanno evidenziato le conseguenze che questo utilizzo portava. Questo è durato fino alla fine degli anni Settanta. Negli anni Ottanta la consapevolezza acclarata dell'asbestosi e del mesotelioma ha portato poi, all'inizio degli anni Novanta, al divieto di utilizzo, ma intanto nel Piemonte, con epicentro a Casale, si sono avuti migliaia di morti e decine di migliaia di famiglie rovinate dalla presenza di questi materiali.
La storia di tante grandi scoperte e di tanti salti avanti dell'umanità ha comportato rischi e a volte la necessità di fare passi indietro per creare le premesse per poter nuovamente andare avanti, ma in modo più giusto ed equilibrato. In fondo, questa è la storia della chimica e dell'innovazione tecnologica in agricoltura, che ha permesso - sia ben chiaro - di fare enormi passi avanti.
Quando negli anni Sessanta fu varata la Politica agricola comunitaria (PAC), l'obiettivo che fu affidato a questa politica era di dar da mangiare agli europei e di evitare il rischio di una mancanza pesante di autosufficienza alimentare. Questa è anche la consapevolezza che ha riguardato i percorsi di moltissime attività umane e che ha portato a mettere in campo iniziative, tecnologie e prodotti che poi hanno dovuto essere ritirati.
Io vivo in un'area a fortissima vocazione agricola specializzata, soprattutto per quel che riguarda la frutticoltura e la vitivinicoltura e credo di non svelare un segreto se dico che la qualità e la sicurezza delle nostre vite, della nostra salute e dell'impatto ambientale oggi è nettamente superiore a quella che abbiamo vissuto negli anni Ottanta. Ricordo ancora quando, da ragazzino, allestivo un frutteto familiare e mi recai da un rivenditore di prodotti per l'agricoltura fitoiatrici e questo rivenditore mi consigliò alcuni insetticidi ad ampio spettro d'azione di straordinaria efficacia, che in quel momento erano legittimamente autorizzati all'uso, che qualche anno dopo furono ritirati dal mercato perché avevano un impatto devastante sulla salute e sull'ambiente in cui erano chiamati ad operare. Moltissimi prodotti ritenuti sicuri e che avevano avuto autorizzazioni, dopo anni sono stati oggetto di un ripensamento.
La storia dell'attività umana è la storia di una materia in divenire, in termini di conoscenza scientifica, di consapevolezza tecnica, comunitaria, politica e di tangibili percezioni e riscontri esperienziali. Proprio questa consapevolezza, illuminata dal principio di precauzione, su queste tematiche ha portato l'Unione europea ad una revisione delle proprie convinzioni e delle proprie linee normative.
La classificazione tossicologica dei fitofarmaci e l'etichettatura, che è l'esito di un processo iniziato trent'anni fa, con la direttiva n. 414 del 1991, è stata oggetto di una profonda revisione per tutelare la salute umana, per tutelare l'ambiente e al tempo stesso mettere a disposizione dei produttori i mezzi idonei a proteggere le colture.
Presidenza del vice presidente CALDEROLI (ore 17,32)
(Segue TARICCO). Quella direttiva n. 414 del 1991 ha portato al regolamento europeo n. 1107 del 2000 e alla direttiva n. 128 del 2009 sull'uso sostenibile, con procedure più rigide per l'approvazione dei prodotti fitosanitari; quest'ultima è stata poi recepita a livello nazionale dal decreto legislativo n. 150 del 2012 che ha portato al Piano di azione nazionale (PAN) e ha fatto emergere una serie di criticità che sono oggetto di osservazione nel quinquennio 2019-2024 e che saranno poi valutate all'esito da un comitato scientifico.
Questo è il quadro nel quale si inserisce la discussione odierna sul glifosato, che da un punto di vista agronomico ed ambientale è per certi aspetti un prodotto sicuramente efficacissimo, perché ha un ampio spettro d'azione; come è stato detto, è molto efficace ed economico ed ha la peculiarità di essere facilmente degradabile negli strati superficiali del terreno, quindi da un punto di vista tecnico-agronomico è sicuramente un prodotto molto efficace e molto utile.
Tuttavia è anche un prodotto che, come è stato detto nelle discussioni che abbiamo sentito, ha sollevato paure e perplessità molto importanti. Molte di queste paure sono legate a perplessità emerse nell'utilizzo nel corso degli anni. Sicuramente, chi come me lo ha utilizzato sa che non è una passeggiata farlo, perché anche da un punto di vista olfattivo e dell'impatto che rilascia è molto pesante. Hanno suscitato molte perplessità soprattutto alcuni utilizzi che ne sono stati fatti: è già stato detto prima che immaginare l'utilizzo di questo prodotto come disseccante laddove produzioni di grano duro non riescono ad andare a maturazione sicuramente suscita in noi sensazioni molto pesantemente negative. Da questo punto di vista, crediamo che queste perplessità esistano e soprattutto, il fatto che qualche mese fa negli Stati Uniti siano state transate molte decine di migliaia di cause, con un esborso di oltre 10 miliardi di dollari per tacitare gran parte dei ricorsi che erano in campo, solleva qualche dubbio e perplessità al di là di ogni ragionevole incertezza.
Noi consideriamo un passaggio molto importante l'aver, con le mozioni odierne, impegnato il Governo al massimo di attenzione e di cura dell'indipendenza delle valutazioni scientifiche che verranno utilizzate in vista della revisione dell'autorizzazione all'utilizzo, che sarà fatta tra pochi anni, come anche l'aver richiesto al Governo un investimento importante sui controlli per rafforzare soprattutto le produzioni che arrivano dagli ambiti produttivi nei quali c'è un uso, dal nostro punto di vista, molto distorto di questo prodotto e l'impegno a rendicontare a questo Parlamento le evidenze che emergeranno.
Per questo motivo noi voteremo a favore di tutte le mozioni, così come riformulate alla luce delle richieste del Governo, perché crediamo che siano complementari nell'affrontare una tematica così complessa come quella che è alla nostra attenzione. Il Governo, infatti, dovrà muoversi sicuramente sulla base di indicazioni, di studi, di ricerche e di dati che, soprattutto alla luce di un principio di precauzione, potranno dare le indicazioni per illuminare i passi che saremo chiamati a fare. Soprattutto però chiediamo veramente un'attenzione importante a tutte le derrate alimentari e in particolare a quelle provenienti da aree produttive a rischio, perché consideriamo importante che il Parlamento, come è scritto in alcune delle mozioni in esame, sia coinvolto nel percorso che ci porterà alla revisione delle autorizzazioni. A nostro avviso, inoltre, è importante che il Parlamento su queste tematiche, alla luce di tutte le evidenze scientifiche che dovranno essere messe in campo, possa esprimersi perché è un aspetto importante della nostra vita che crediamo non possa essere relegato dalla politica soltanto a valutazioni squisitamente tecniche. (Applausi).
CALIGIURI (FIBP-UDC). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CALIGIURI (FIBP-UDC). Signor Presidente, gentili colleghi, l'emergenza da coronavirus ha creato nei cittadini italiani una nuova consapevolezza del valore strategico della filiera agroalimentare e della difficoltà che purtroppo ogni giorno i nostri agricoltori incontrano e superano, per garantire quegli alimenti di alta qualità che rendono grandi i nostri prodotti enogastronomici nel mondo.
La materia che stiamo trattando oggi, pertanto, assume sotto questa nuova luce un'importanza maggiore, in quanto è nostro dovere garantire la salubrità di questi alimenti. In questo senso, l'uso del glifosato divide da anni il mondo scientifico (nuoce, non nuoce), oltre che produttori e consumatori, in particolare questi ultimi mondi, contrapponendoli un po': da una parte i consumatori, che giustamente hanno il diritto di essere tutelati mangiando cibi sani, salubri e corretti, e dall'altra i nostri produttori agricoli, che vengono quasi tacciati di utilizzare prodotti che fanno male e nuocciono alla salute. Forse si cerca l'idea facile del nemico pubblico.
Negli Stati Uniti assistiamo a numerose cause di risarcimento intentate da cittadini che lamentano danni alla loro salute, dovuti all'utilizzo eccessivo di questa sostanza nella filiera agroalimentare. Vero, queste situazioni ci allarmano sicuramente, pur nella consapevolezza che gli eccessi tipici delle colture intensive nordamericane non appartengono al nostro modus operandi.
Vorrei tuttavia porre l'accento del dibattito su un altro tema, oltre a quello già ampiamente discusso dai colleghi sulla tutela della salute. Mi riferisco alla necessità di armonizzare la normativa a livello nazionale (ma in realtà si auspica anche a livello comunitario, europeo e anche oltre). Come è noto, infatti, le direttive regionali sull'utilizzo del glifosato differiscono profondamente, ad oggi. Ho denunciato con forza, prima di tutto da imprenditrice agricola, come gli agricoltori della mia Regione, la Calabria, abbiano subito nel 2016 un danno concorrenziale importante a causa della scelta della Giunta regionale dell'epoca di impedire l'uso del glifosato e dei pesticidi, da un giorno all'altro, per le produzioni integrate.
Vedete, colleghi, non usare questo prodotto costringe i nostri imprenditori agricoli ad utilizzarne altri meno performanti e più costosi. Tutto ciò provoca un aumento esorbitante dei costi, che però, per non gravare sui consumatori, non viene compensato da un uguale aumento dei prezzi di vendita, cagionando dunque un'erosione importante dei ricavi. Sappiamo, colleghi, che i profitti sono già seriamente compromessi da fattori climatici, di mercato, oltre che da danni e problematiche causati dagli agenti patogeni e da animali esogeni al nostro ambiente e, da ultimo, ma non in ordine di importanza, dalla concorrenza sleale provocata appunto da disparità nelle regole produttive.
Dunque, approvare questa mozione serve anche per permettere a tutti di giocare ad armi pari, riequilibrando il mercato almeno a livello nazionale. Parallelamente, naturalmente, tuteliamo la salute dei nostri concittadini. In tal senso, però, auspichiamo che si continui nella ricerca sul tema, visto che gli organismi comunitari preposti alla valutazione dei principi attivi non sono ancora giunti ad una decisione unanime e certa. Ad esempio, si dimostra che, se utilizzato nelle giuste quantità, come è stato già detto, non ci sono motivi di preoccupazione particolari. Semmai i problemi sussistono sugli alimenti di importazione, come è stato già ampiamente ricordato. È importante quindi che ci si continui ad affidare alle comunità scientifiche, così come è stato fatto nel recente periodo con riferimento al Covid-19, quando la maggior parte delle decisioni sono state affidate proprio alle comunità scientifiche. Perché in questo caso non bisogna continuare a farlo?
Come dicevo poco fa, i consumatori italiani durante questa emergenza hanno compreso l'importanza di comprare i prodotti nazionali per sostenere l'occupazione e l'economia italiana. In particolare, è notevolmente aumentato il consumo della pasta italiana, che utilizza solo grano nazionale, e dei legumi. Questa scelta naturalmente è giusta due volte: la prima perché comprare italiano fa bene a tutti. Ricordiamo che nel periodo di lockdown le aziende agricole, insieme a quelle di altri settori, sono quelle che, rimanendo aperte per tutti questi mesi, hanno consentito il rifornimento dei banconi alimentari dei nostri supermercati. La seconda ragione è perché, così facendo, si difende il made in Italy dalla concorrenza sleale di prodotti esteri che, non rispettando le stesse regole in tema di sicurezza alimentare e ambientale, vanificano lo sforzo delle nostre imprese.
Con la mozione in oggetto Forza Italia chiede al Governo di assumere ogni idonea iniziativa in sede europea per promuovere la revisione delle decisioni assunte, in merito all'utilizzo del glifosato, con regolamento di esecuzione (UE) n. 2324 del 2017 e ad adottare le necessarie misure di precauzione su tutto il territorio nazionale volte a proteggere la sanità pubblica, nonché la salubrità dell'ambiente con specifico riferimento alla tutela delle acque, della flora e della fauna. La mozione è altresì volta a promuovere, anche mediante lo strumento della decretazione d'urgenza, tanto utilizzato, degli interventi normativi finalizzati a vietare l'utilizzo e la presenza della sostanza attiva glifosato negli alimenti. Ultimo, ma non in ordine di importanza, si intende impegnare il Governo a garantire la concorrenza sul mercato agroalimentare, impedendo che i nostri imprenditori agricoli siano danneggiati dalla presenza di prodotti con standard qualitativi inferiori e a basso costo.
Per questi motivi, annuncio il voto favorevole alla mozione di Forza Italia e anche alle altre presentate. (Applausi).
BERGESIO (L-SP-PSd'Az). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BERGESIO (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, ho ascoltato con attenzione gli interventi dei colleghi e non mi ripeto sulla parte scientifica e sulle valutazioni, su cui bene si sono soffermati anche i miei colleghi di Gruppo.
Ribadisco semplicemente, come già detto in precedenza, che l'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro ha catalogato il glifosato come un probabile cancerogeno per l'uomo. Noi riteniamo che la salute dei cittadini, delle nostre imprese e dei nostri agricoltori vada tutelata e che vadano garantiti i diritti dei consumatori. Anche riguardo all'accordo economico e commerciale globale tra Unione Europea e Canada (CETA), approvato dal Parlamento europeo nel 2017 e in vigore provvisoriamente, bisogna capire se sia effettivamente vantaggioso per il nostro Paese, perché le nostre tavole non hanno bisogno di prodotti potenzialmente nocivi.
Parliamo però anche di dati di fatto (in che situazione economica e con quali materie prime viviamo come Paese Italia), così da poter riuscire a inquadrare bene questo tema che, dal punto di vista scientifico, sanitario e - soprattutto - di genuinità del prodotto, sta toccando profondamente il consumatore.
Secondo gli ultimi dati forniti dall'Istat, nell'anno appena trascorso le quantità dei principali cereali, semi oleosi e farine proteiche prodotte evidenziano un tasso di autoapprovvigionamento in complesso di appena il 41 per cento del nostro fabbisogno interno. Ciò significa che noi importiamo il 59 per cento di questa tipologia di materie prime. Il tutto provoca una perdita, per la nostra agricoltura, pari a 4,5 miliardi di euro in termini di mancata produzione, con uno speculare aggravio di spesa sulla nostra bilancia commerciale. Le criticità maggiori riguardano oltretutto quelle produzioni strategiche e non rinunciabili per l'agroalimentare italiano, come il mais, il grano e le farine di soia. Noi riusciamo ad approvvigionarci internamente solo per il 49 per cento del fabbisogno del mais, il 36 per cento del frumento e il 16 per cento della farina di soia.
La ricerca di grano 100 per cento made in Italy si scontra però con anni di disattenzione e abbandono, che nell'ultimo decennio hanno portato alla scomparsa di 1 campo su 5 a livello nazionale, con la perdita di quasi mezzo milione di ettari coltivati ed effetti dirompenti sull'economia agricola, sull'occupazione, sull'ambiente e sull'agroalimentare in generale.
Una situazione aggravata dalla concorrenza sleale delle importazioni, soprattutto da aree del Pianeta che non rispettano le stesse regole di sicurezza alimentare in vigore nel nostro Paese, come il Canada, appunto, dove il grano duro per la pasta viene trattato con l'erbicida glifosato prima del raccolto, in modalità vietate sul territorio italiano, dove invece la maturazione avviene grazie alla natura, grazie al sole.
Se vogliamo puntare a prodotti di altissima qualità e quindi alla garanzia che tali prodotti siano diversificati a livello mondiale, bisogna incrementare la ricerca; ma per farlo è necessario intraprendere un percorso di innovazioni per rintracciare alternative sostenibili all'utilizzo del glifosato. È chiaro che questo processo richiede tempo, e siccome di tempo ne abbiamo già perso abbastanza, invitiamo il Governo a darsi una sveglia dal letargo su questo argomento: si assuma le sue responsabilità, soprattutto il Ministro dell'agricoltura, altrimenti può sempre cambiare mestiere rispetto al lavoro che sta facendo adesso. (Applausi). Ma se non sa che pesci prendere, suggeriamo volentieri noi cosa c'è da fare, ad esempio, puntare sulla ricerca che valorizzi la qualità dei prodotti. Oggi, infatti, il consumatore compra prodotti sani, come emerge dai dati relativi alle ricerche di mercato: il consumo del biologico aumenta dal 14-15 al 20 per cento annuo, quindi, il consumatore sta già dando indicazioni al Governo, al Ministro, alle organizzazioni di categoria, sulla strada da percorrere.
La priorità - diciamocelo chiaro - è l'adozione di un piano sementiero nazionale serio, che punti a far crescere il settore e ad assicurare al sistema agroalimentare sementi tracciate italiane e di qualità. È necessario individuare gli ambiti di azione e gli strumenti idonei a realizzare il potenziamento del comparto sementiero.
Gli obiettivi che un piano sementiero si deve porre sono, intanto, accrescere la produzione sementiera per essere competitivi come settore a livello Italia, ma anche a livello mondiale, garantire ai produttori agricoli gli approvvigionamenti di sementi e semplificare le procedure burocratiche legate all'attività sementiera.
Oggi è più che mai importante investire sull'agricoltura italiana per poter offrire produzioni di qualità realizzando rapporti di filiera virtuosi, con accordi che valorizzino, sì, il made in Italy, ma anche la sostenibilità della produzione in Italia. Un impegno importante per garantire la sovranità alimentare del nostro Paese e ridurre la dipendenza dall'estero, in un momento in cui l'emergenza della pandemia ha evidenziato tutte le criticità del commercio internazionale.
Per tali ragioni si ritiene di assoluta necessità per l'Italia sviluppare le azioni già messe nero su bianco dalle associazioni dei produttori e consegnate al Presidente del Consiglio e ai Ministri competenti. Il Governo deve essere il regista di queste situazioni, non può fare l'ultimo degli spettatori. Intanto, deve incentivare quanto più possibile le produzioni nazionali nel comparto agroalimentare attraverso un sistema di incentivi comunitari e nazionali diretti agli agricoltori, che sono l'anello debole della filiera, in questa prima fase di emergenza anche utilizzando al massimo consentito quanto indicato nella recente comunicazione della Commissione europea, il temporary framework. Poi, occorre mantenere alta l'attenzione sul negoziato europeo per la Politica agricola comune, chiedendo a gran voce di mantenere inalterato il budget della PAC - è fondamentale - e in parallelo stimolare la politica di sviluppo sostenibile attraverso le altre linee di spesa dedicate al green deal europeo. Occorre ancora promuovere i sistemi di premialità, soprattutto a chi produce queste materie prime, essere consapevoli di farlo, ma in tempi brevi; rafforzare e favorire una maggiore attività di ricerca e consentire la libertà di utilizzo e accesso all'innovazione, compresa l'agricoltura di precisione, fondamentale per combattere tutti quelli che sono i parassiti a livello di agricoltura, gli infestanti, favorendo anche le semine in quei terreni che negli ultimi anni sono stati messi a riposo, in applicazione delle misure agroambientali oppure che sono stati del tutto abbandonati dalla produzione agricola.
Queste sono una serie di misure che servono per implementare la produzione di qualità italiana sostenendola in modo reale e non soltanto a parole.
Per tutte queste ragioni, oltre a quelle dette in precedenza dai colleghi, votiamo favorevolmente alla nostra mozione. Ringraziamo anche il Governo per non averla modificata. È una mozione equilibrata tra ciò che sta vivendo il Paese Italia in questo momento, le mille difficoltà per le importazioni di prodotti dall'estero che non sono coerenti con la nostra qualità e genuinità e, soprattutto, perché abbiamo una visione chiara sulla prospettiva dell'agricoltura italiana. Investire in piani sementieri, ampliare e sostenere la produzione primaria è fondamentale, altrimenti rischiamo di fare un mucchio di parole senza arrivare a risultati concreti per la produzione dell'agricoltura italiana.
Questo è il tempo delle scelte, soprattutto per quanto riguarda la prima parte della filiera. Non ci vogliono più tentennamenti. Lo chiediamo al Governo e al Ministro delle politiche agricole, che è sempre presa da mille aspetti di politica generale, mentre abbiamo bisogno di concretezza per questa parte produttiva del nostro Paese: sempre prima la salute degli italiani e la qualità dei nostri prodotti. (Applausi).
MAUTONE (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MAUTONE (M5S). Signor Presidente, onorevoli colleghi, il glifosato, il diserbante ed erbicida ad ampio spettro più venduto nel mondo, è una sostanza chimica che mostra effetti sul sistema endocrino e la produzione ormonale sia negli animali che nell'uomo. Soprattutto è una sostanza potenzialmente capace di provocare tumori.
Nelle zone di produzione soprattutto di cereali, dove viene ancora utilizzato in maniera intensiva e massiccia, si evidenziano problematiche cliniche sia a livello ormonale che renale collegate direttamente all'assunzione continuativa e protratta di glifosato. Tale sostanza ha dimostrato, infatti, di abbassare i livelli degli ormoni sessuali, in particolare di testosterone, estrogeni e progesterone, di favorire la prevalenza estrogenica sia nell'uomo che nella donna. In particolare, nell'uomo fa abbassare i livelli plasmatici di testosterone, con conseguente riduzione della libido e della potenza coeundi, mentre nella donna aumenta il rischio di sviluppare il cancro degli organi sessuali (ovaie e utero).
Il Centro internazionale di ricerca sul cancro (CIRC) considera il glifosato come una sostanza dal potenziale cancerogeno per l'essere umano. Anche l'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) nel 2015 ha inserito il glifosato in un gruppo di 66 sostanze a rischio e lo ha classificato come probabile cancerogeno. L'Unione europea ha inserito il diserbante tra le sostanze che possono agire come interferenti endocrini. Importante è il ritrovamento di tale erbicida nelle urine umane, a volte in concentrazioni superiori alla norma, e nelle secrezioni esogene come il latte materno. Quest'ultima circostanza è da valutare con particolare attenzione per i rischi connessi al conseguente passaggio al lattante attraverso tale modalità.
Il glifosato viene ritrovato ovviamente nelle farine di frumento e del pane, con tutte le conseguenze legate al consumo di tali sostanze. Ciò è ovviamente riconducibile alle sue modalità di utilizzo. Viene impiegato, infatti, per preservare da erbe e parassiti le coltivazioni intensive di grano e di altri cereali, ridurre i tempi di produzione, aumentare la resa quantitativa di tali prodotti, riducendo le difficoltà legate al clima e ottenere produzioni più tempestive e più competitive sui mercati internazionali, che risultano monopolizzati in tal senso. Infatti, negli Stati Uniti e in Canada il glifosato viene ampiamente utilizzato nelle coltivazioni di grano duro per favorirne una maturazione artefatta, ma più rapida. La conseguenza di ciò è la sua presenza in quantità non trascurabili nei grani raccolti e nelle semole da essi derivanti. L'Italia è importatrice da questi Paesi di grano duro per la produzione di pasta, pane e altri prodotti da forno di largo utilizzo presso i consumatori. Il risultato finale di tutto ciò è sotto gli occhi di tutti: la stragrande maggioranza delle nostre paste, salvo qualche marchio, contiene concentrazioni di tale erbicida estremamente significative, pur non superando i limiti imposti dalle norme di legge attuali.
Un passaggio che volevo sottolineare è che, nonostante sia oramai riconosciuta la nocività di tale sostanza e la sua potenziale cancerogenicità, la Commissione europea nel dicembre del 2017 ha ritenuto di rinnovare per ulteriori cinque anni l'autorizzazione all'immissione e all'utilizzo del glifosato nell'ambito dei territori della UE. Credo che il principio di precauzione invocato quando un prodotto può avere effetti scientificamente dimostrati come potenzialmente pericolosi e lesivi per la salute umana, pur non riuscendo a quantificare e determinare con sufficiente certezza tale rischio, si possa e si debba applicare. Questo principio è perfettamente in linea con le caratteristiche del glifosato, proprio in ottemperanza alla necessità non demandabile, ma inviolabile di tutelare la salute pubblica. Logica conseguenza dovrebbe essere il divieto definitivo della produzione, della commercializzazione e dell'utilizzo in agricoltura dei prodotti fitosanitari contenenti tale erbicida.
La prevenzione di cui tanto spesso si parla e che costituisce un cardine importante e fondamentale della nostra organizzazione sanitaria, insieme alla fase assistenziale, territoriale e ospedaliera e alla fase riabilitativa, si basa appunto sulla rimozione di rischi potenziali collegati a situazioni ambientali lesive dell'integrità psicofisica dei cittadini o a sostanze potenzialmente nocive per la salute di tutti noi. Essa può e deve trovare in questo caso la sua giusta applicazione e la sua efficace dimostrazione. Credo che rimuovere ed eliminare qualcosa che sia anche solo potenzialmente patogeno, senza se e senza ma, rappresenti un obbligo morale nei confronti dei cittadini e un rispetto per le conoscenze di tutti. (Applausi).
Solo così si possono dare risposte concrete ai bisogni di salute dei cittadini. Occorre promuovere interventi normativi finalizzati a vietare concretamente l'utilizzo del glifosato e la sua conseguente presenza negli alimenti.
Concludo invitando tutti ad una maggiore attenzione verso il consumo dei prodotti nostrani, sempre più biologici e liberi dall'uso e abuso di diserbanti e pesticidi. Non occorre fermarsi all'apparenza; è necessario quindi scegliere un prodotto meno perfetto e meno appariscente, ma che sicuramente ha meno possibilità di essere trattato rispetto a prodotti esteticamente più attraenti o più belli a vedersi, ma magari intensamente trattati e contenenti un'alta concentrazione di sostanze potenzialmente tossiche.
La perfezione non è nella natura e spesso si paga in modo salato. Occorrono campagne di sensibilizzazione e di informazione dei cittadini e delle stesse organizzazioni di categoria: un'intensa promozione della dieta mediterranea e dei principi nutrizionali che la compongono; l'attenzione su un uso corretto, ponderato e controllato di prodotti che dimostrino un impatto sullo stato di salute di tutti noi; intensificare la promozione e l'insegnamento della corretta alimentazione nelle scuole e il suo diretto rapporto con una corretta gestione dei territori e dell'ambiente circostante. Rispettare l'ambiente e utilizzare i prodotti delle nostre terre è un obbligo e un dovere nei confronti di tutti noi e delle generazioni future.
Per quanto sopra esposto, il Gruppo MoVimento 5 Stelle voterà a favore della mozione n. 93 (testo 3), a prima firma del senatore De Bonis, e a favore della mozione n. 272, a prima firma della senatrice Bernini, ed esprimerà voto contrario sulla mozione n. 262 (testo 2), a prima firma della senatrice Cattaneo. Per la mozione n. 276, a prima firma del senatore Centinaio, chiediamo invece il voto disgiunto delle premesse e delle conclusioni. (Applausi).
PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione, avverto che, in linea con una prassi consolidata, le mozioni saranno poste ai voti secondo l'ordine di presentazione.
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo della mozione n. 93 (testo 3), presentata dal senatore De Bonis e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo della mozione n. 262 (testo 2), presentata dalla senatrice Cattaneo e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo della mozione n. 272, presentata dalla senatrice Bernini e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Chiedo all'Assemblea se è favorevole alla richiesta di votazione per parti separate tra le premesse e il dispositivo della mozione n. 276, a prima firma del senatore Centinaio, ricordando che era stato espresso parere favorevole da parte del Governo sia sulle premesse che sul dispositivo.
Se non si fanno obiezioni alla proposta avanzata dal senatore Mautone, si procederà alla votazione della mozione per parti separate.
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo delle premesse della mozione n. 276, presentata dal senatore Centinaio e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo del dispositivo della mozione n. 276, presentata dal senatore Centinaio e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Discussione delle mozioni nn. 232, 256, 259, 267 e 275 sulle scuole paritarie (ore 18,03)
Approvazione delle mozioni nn. 256 (testo 2) e 275 (testo 2). Reiezione delle mozioni nn. 232, 259 e 267
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni 1-00232, presentata dalla senatrice Bernini e da altri senatori, 1-00256, presentata dalla senatrice Granato e da altri senatori, 1-00259, presentata dal senatore Iannone e da altri senatori, 1-00267, presentata dal senatore Pittoni e da altri senatori, e 1-00275, presentata dalla senatrice Sbrollini e da altri senatori, sulle scuole paritarie.
Ha facoltà di parlare la senatrice Binetti per illustrare la mozione n. 232.
Non essendo presente, ha facoltà di parlare la senatrice Angrisani per illustrare la mozione n. 256.
ANGRISANI (M5S). Signor Presidente, colleghe e colleghi, la legge n. 62 del 2000 stabilisce che il sistema nazionale di istruzione è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali.
Le scuole paritarie, nel rispetto dell'articolo 33 della Costituzione e della citata legge, sono abilitate dunque rilasciare titolo di studio avente valore legale nel rispetto dei requisiti di qualità ed efficacia. La parità è riconosciuta alle scuole non statali su richiesta dell'ente interessato con provvedimento del dirigente preposto all'ufficio scolastico regionale competente per territorio per quegli istituti che siano in possesso dei seguenti requisiti da mantenere nel corso del tempo: un progetto educativo in armonia con i principi della Costituzione; un piano dell'offerta formativa conforme agli ordinamenti e alle disposizioni vigenti; la disponibilità di locali, arredi e attrezzature didattiche proprie; l'istituzione e il funzionamento di organi collegiali improntati alla partecipazione democratica; l'iscrizione alla scuola per tutti gli studenti i cui genitori ne facciano richiesta, purché in possesso di un titolo di studio valido, l'applicazione delle norme vigenti in materia di inserimento di studenti con handicap, l'organica costituzione di corsi completi; personale docente fornito del titolo di abilitazione, contratti individuali di lavoro per personale dirigente e insegnante.
Le procedure per il riconoscimento, il mantenimento e la revoca della parità scolastica sono disciplinate nel dettaglio da un regolamento ministeriale. In particolare, ai sensi dell'articolo 1, comma 6, del suddetto regolamento, con l'istanza di riconoscimento il gestore o il rappresentante legale deve dichiarare una serie di dettagliate disposizioni che sono elencate nel testo della mozione. Ai fini del mantenimento della parità, il gestore o il rappresentante legale dell'ente deve dichiarare, entro il 30 settembre di ogni anno, la permanenza del possesso dei requisiti richiesti dall'ufficio scolastico regionale competente. Infatti, in caso di mancata osservanza delle prescrizioni richieste o di gravi irregolarità nella gestione, l'ufficio scolastico regionale può revocare l'atto di riconoscimento della parità.
Appare dunque del tutto evidente che, in ossequio al rispetto dei principi di legalità e buon andamento, sarà opportuno estendere anche alle scuole paritarie le norme in materia di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni ai fini di garantire maggiore conoscibilità e trasparenza nella gestione di tali istituti, ferme restando le verifiche amministrative già previste dalla normativa vigente. Ciò è supportato dalla considerazione che, come già avviene per le scuole statali, ai sensi della disciplina introdotta a partire dal 2013 dal cosiddetto decreto trasparenza, assolvendo le scuole paritarie, private e degli enti locali, ad una funzione di natura pubblicistica, pare opportuno assoggettare anch'esse al rispetto di taluni obblighi di pubblicità e trasparenza con lo scopo prioritario di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche.
Durante l'iter di conversione in legge del cosiddetto decreto rilancio, sono state aumentate di 150 milioni di euro, rispetto allo stanziamento originario disposto dal provvedimento, le misure di sostegno economiche previste per l'istruzione paritaria (65 milioni) e il sistema integrato da 0-6 (70 milioni). In particolare, alle scuole primarie e secondarie paritarie facenti parte del sistema nazionale d'istruzione viene erogato un contributo complessivo di 120 milioni di euro nel 2020 a titolo di sostegno economico in relazione alla riduzione o al mancato versamento delle rette o delle compartecipazioni comunque denominate da parte dei fruitori, determinato dalla sospensione dei servizi in presenza a seguito delle misure adottate per contrastare la diffusione del Covid-19.
Con questa mozione si intende impegnare il Governo a porre in essere le iniziative necessarie volte a tutelare i soggetti che assicurano questo importante servizio scolastico, ma sempre contemperando il primario interesse collettivo e pubblico. In particolare, è necessario adoperarsi per l'estensione alle scuole paritarie, ai soggetti che gestiscono in via continuativa servizi educativi e alle istituzioni scolastiche dell'infanzia non statali, di cui all'articolo 2 del decreto legislativo n. 65 del 2017, delle norme inerenti agli obblighi di pubblicazione di dati e informazioni contenute nel decreto legislativo n. 33 del 2013, compatibili con le funzioni svolte da tali istituti, in particolare per quanto concerne l'organizzazione interna, la titolarità di incarichi di collaborazione e consulenza, il conto annuale del personale e delle relative spese sostenute - con particolare riferimento ai dati relativi alla dotazione organica, al personale effettivamente in servizio e al relativo costo -, i dati relativi al personale non a tempo indeterminato, i dati sulla contrattazione collettiva integrativa, i documenti allegati del bilancio preventivo e del conto consuntivo, i beni immobili e la gestione dei patrimoni.
Infine, e non per ultimo, si impegna il Governo ad accertare, in sede di erogazione delle risorse di cui all'articolo 233 del decreto-legge n. 34 del 2020, la riduzione o il mancato versamento delle rette o delle compartecipazioni comunque denominate, da parte dei fruitori, determinato dalla sospensione dei servizi in presenza, ai fini della corresponsione del contributo straordinario statale.
Con questa mozione si intende sollecitare quindi il Governo ad impegnarsi fattivamente per permettere la realizzazione di un servizio scolastico efficace e qualitativo a coloro che possiedono e assicurano il rispetto di tutti i requisiti e le disposizioni di legge a tal fine previste. (Applausi).
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il senatore Iannone per illustrare la mozione n. 259.
IANNONE (FdI). Signor Presidente, le scuole paritarie e degli enti locali, come stabilito dalla legge 10 marzo 2000 n. 62, recante «Norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all'istruzione», rappresentano, insieme e accanto alle scuole statali, una fondamentale componente costitutiva del sistema nazionale di istruzione.
Il principio della libertà di educazione promanante dall'articolo 33 della Costituzione, che ha posto in capo a enti e privati il diritto di istituire, sul territorio nazionale, scuole e istituti di educazione, in combinato disposto con i principi di sussidiarietà orizzontale e pluralismo istituzionale, nonché al parametro della virtuosa collaborazione tra iniziativa statale e privata, ha infatti determinato la configurazione di un sistema scolastico integrato, caratterizzato da un giusto contemperamento tra l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, e lo svolgimento di attività di interesse generale.
A tutti gli effetti degli ordinamenti vigenti e con particolare riguardo all'abilitazione al rilascio di titoli di studio aventi valore legale, la legge qualifica e definisce le scuole paritarie come quelle istituzioni scolastiche non statali, comprese quelle degli enti locali, a partire dalla scuola dell'infanzia, cui è assicurata piena libertà per quanto concerne l'orientamento culturale e l'indirizzo pedagogico-didattico e che presentano, quali requisiti caratteristici, la corrispondenza agli ordinamenti generali dell'istruzione, la coerenza con la domanda formativa delle famiglie e la sussistenza di requisiti qualitativi e di efficacia, valutabile, quest'ultima, secondo parametri espressamente previsti dalla medesima legge che disciplina questo essenziale comparto complementare e sussidiario dell'erogazione di servizi di educazione e formazione nella nostra Nazione.
Secondo un recente report elaborato dall'Ufficio gestione patrimonio informativo e statistica del Ministero dell'istruzione, nell'anno scolastico 2018-2019 le scuole paritarie erano 12.564 e gli studenti frequentanti 866.805. In questo contesto, in particolare, la scuola dell'infanzia rappresenta il settore educativo in cui si concentra il maggior numero di studenti delle scuole paritarie, circa 524.000 bambini, distribuiti in quasi 9.000 scuole, mentre 1.385 sono le scuole primarie, 622 le scuole di primo grado e 1.600 le scuole paritarie di secondo grado.
Oltre alla funzione sociale che questo segmento del sistema nazionale di istruzione rappresenta in termini di articolazione, orientamento e possibilità di scelta, da parte di famiglie e cittadini, tra opzioni didattiche e formative, alternative e diversificate, sia pur nella loro armonia e compatibilità con i principi costituzionali e nel quadro della normativa nazionale, assumono particolare rilevanza, specie nel contesto attuale di grave crisi economica, i volumi di attività registrati sul piano occupazionale: il sistema delle scuole paritarie occupa infatti 90.000 docenti e 70.000 dipendenti tecnici amministrativi, assicurando l'allocazione di un considerevole bacino di professionalità riconducibile al settore dell'educazione e della formazione.
Il settore scolastico è stato tra i primi a essere pesantemente investito dalla crisi determinata dall'emergenza epidemiologica. A decorrere dal 23 febbraio tutte le scuole e università di Lombardia, Piemonte, Veneto, Liguria ed Emilia-Romagna venivano chiuse. Dall'8 marzo in poi, con diversi decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, la sospensione dell'attività didattica veniva gradualmente e progressivamente estesa ad aree del territorio nazionale, partendo da ulteriori 14 Province del Nord, sino a disporre, con il decreto del Presidente del Consiglio del 9 marzo 2020, la sospensione delle attività didattiche in tutto il territorio nazionale. L'impatto di tale sospensione per le scuole paritarie, in particolare per la tenuta del sistema e la continuità delle attività del comparto, è stato dirompente. La riduzione di disponibilità finanziaria determinata dalla sospensione del versamento da parte dei fruitori delle rette scolastiche e delle compartecipazioni previste, in ragione dell'interruzione dei servizi venutasi a creare in seguito alle misure adottate, ha determinato l'emersione di fortissime difficoltà, specie in termini di equilibrio nella gestione finanziaria e di possibilità, in molti casi, di far fronte alle spese vive di gestori, quali ad esempio i canoni di locazione e tutto il mantenimento delle strutture e dei costi amministrativi.
La persistenza della grave situazione ha portato, negli scorsi mesi, numerose associazioni rappresentative di queste strutture scolastiche, oltre a gestori e ad analisti delle politiche scolastiche, a lanciare un preoccupato grido d'allarme, evidenziando le stime e le proiezioni dell'anno scolastico venturo, nelle quali emergeva con chiarezza come il 30 per cento delle scuole paritarie, in assenza di interventi e chiari segnali di supporto, risultasse esposto al rischio concreto e attuale di chiusura. Tali istanze del mondo associativo e scolastico hanno faticosamente e comunque solo tardivamente trovato spazio nei diversi provvedimenti normativi adottati dal Governo nelle more della gestione dell'emergenza sanitaria e della conseguente crisi economica, specie nella prima fase, nella quale pur risultava evidente - ed era già chiaramente delineato - il perimetro e l'entità del rischio concreto per tali strutture.
Specularmente, nell'ottica della massima e più leale collaborazione che sin dall'inizio dell'emergenza ha caratterizzato l'atteggiamento del Gruppo parlamentare Fratelli d'Italia rispetto all'interesse nazionale a una gestione adeguata della crisi, erano stati già identificati, mediante numerose proposte emendative sistematicamente bocciate, i possibili percorsi risolutivi e le vie percorribili per assicurare un sostegno adeguato anche a questo comparto fondamentale per l'erogazione di servizi essenziali per i cittadini. Al riguardo giova ad esempio ricordare come del tutto carenti in tal senso risultassero le misure che il cosiddetto cura Italia prevedeva rispetto a tali istanze, nonostante fosse già noto l'impatto dirompente della crisi per le scuole paritarie e nonostante sin da allora, sia formalmente nelle Commissioni parlamentari, sia nel dibattito politico pubblico, il Gruppo Fratelli d'Italia ad ogni occasione utile avesse avanzato proposte concrete e puntuali quali l'istituzione di un fondo per le scuole paritarie o la previsione di un credito di imposta nella misura del 60 per cento per l'ammontare di locazione per il periodo di sospensione dell'attività. Nonostante ciò, la previsione di misure di sostegno economico all'istruzione paritaria è confluita negli atti di Governo solamente nel decreto-legge del 19 maggio 2020, n. 34. L'articolo 233 del testo del decreto varato dal Governo prevedeva uno stanziamento pari a 150 milioni di euro per le scuole primarie e secondarie paritarie, a titolo di sostegno economico in relazione alla riduzione e al mancato versamento delle rette da parte dei fruitori, determinato dalla sospensione dei servizi in presenza in seguito alle misure adottate per contrastare la diffusione del Covid-19. Soltanto in sede conversione e con un emendamento, che non è stato sostenuto dall'intera maggioranza di Governo, l'incremento è stato portato ad euro 300 milioni. Ciò a testimonianza della fortissima sofferenza che questo importante segmento del sistema dell'istruzione italiana stava vivendo e vive. Noi chiediamo però al Governo impegni concreti sui tempi e sulle misure, visto il sopraggiungere dell'inizio del nuovo anno scolastico. Chiediamo al Governo di adottare tutte le iniziative necessarie ad assicurare anche nelle scuole paritarie un'ordinata e sicura ripresa dell'anno scolastico; ad assicurare, rispetto alle difficoltà di carattere finanziario ed economico, connesse alla sospensione delle attività didattiche, la continuità amministrativa e didattica delle scuole paritarie, anche mediante verifiche periodiche sui fabbisogni finanziari in relazione all'andamento futuro dell'emergenza epidemiologica; a tutelare il bacino di professionisti occupati nel comparto delle scuole paritarie mediante ogni atto finalizzato a preservare i volumi e i livelli quantitativi e qualitativi di attività educativa, didattica e amministrativa prestata all'interno degli istituti; ad assicurare, in ultimo, un'adeguata tempistica dell'erogazione delle risorse stanziate, garantendo a famiglie e studenti, in modo omogeneo sul territorio nazionale, uniformità e parità di accesso e consentendo alle scuole paritarie all'inizio dell'anno scolastico, a settembre, di essere nelle condizioni di garantire una regolare ripresa delle attività didattiche e dei servizi educativi di competenza. (Applausi).
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare la senatrice Saponara per illustrare la mozione n. 267.
SAPONARA (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, colleghi senatori, membri del Governo, siamo qua a difendere ancora una volta le scuole paritarie e l'indiscussa importanza nel sistema scolastico nazionale e nel nostro tessuto sociale. Sì, a difendere perché è un dato di fatto che nei numerosi provvedimenti adottati dal Governo per fronteggiare e contenere l'emergenza epidemiologica da Covid-19 non erano state inserite particolari misure di sostegno sia per le scuole paritarie che per le famiglie degli stessi studenti che le frequentano.
Senza un intervento per tamponare la pesante perdita economica per le suddette scuole, causata dalla mancata corresponsione delle rette da parte delle famiglie, si sarebbe verificata la chiusura certa di moltissimi istituti scolastici paritari. Questo avrebbe comportato, oltre alla perdita del diritto di scelta educativa e di posti di lavoro, un notevole aggravio per i conti pubblici, per l'inevitabile passaggio degli studenti dagli istituti paritari a quelli statali, rendendo ancora più gravoso oltretutto il problema del reperimento degli spazi necessari per applicare le misure di distanziamento sociale.
Solo negli ultimi giorni la maggioranza trasversale che si è concretizzata nella Commissione bilancio della Camera dei deputati sul cosiddetto decreto-legge rilancio ha portato ad aumentare i fondi destinati alle paritarie. Si parla ora di 300 milioni di euro contro i 65 milioni iniziali; 300 milioni che permetteranno di aiutare 12.000 istituti, 900.000 famiglie e 180.000 dipendenti tra docenti e operatori vari. Un risultato portato a termine grazie all'impegno delle forze di opposizione e dei cittadini che si sono spesi in prima persona nel richiedere questo intervento finanziario allo Stato.
È così che il connubio tra opposizione e società civile ha trainato parte della maggioranza ad approvare questa modifica al decreto rilancio ed è stato così che quasi tutti i partiti - non tutti - hanno sostenuto la libertà di scelta educativa delle famiglie, ribadendo una volta per tutte che la scuola paritaria è pubblica al pari della scuola statale e che sono fondamentali entrambe nel sistema scolastico italiano. Avere il 30 per cento delle paritarie a rischio chiusura avrebbe significato lasciare scoperti 300.000 studenti, con conseguenze economiche pesantissime per lo Stato, con un costo aggiuntivo di circa 2,5 miliardi di euro, a cui si aggiunge il fatto che le 40.000 scuole statali non avrebbero potuto accogliere l'utenza di quel 33 per cento di studenti delle scuole paritarie che avrebbero chiuso. Scongiurare la chiusura di molte scuole paritarie, quindi, con lo stanziamento di fondi aggiuntivi rispetto a quelli iniziali è stato assolutamente positivo, come è assolutamente importante ripartire con la scuola in presenza a settembre, perché se ciò non avvenisse si correrebbe il forte rischio di consegnare i ragazzi svantaggiati alla criminalità, specialmente nelle aree del Sud e ancora, di non riattivare il comparto 0-6 anni, così importante per le donne, altrimenti costrette a rinunciare al lavoro, specialmente nelle aree economicamente più fragili del Paese. A tutto questo dobbiamo aggiungere che, se è vero che una sana concorrenza tra le scuole alza il livello di qualità di tutto il sistema dell'istruzione, non dobbiamo però chiudere gli occhi davanti al gap tra i quasi 8.000 euro stanziati ogni anno per ciascuno studente delle scuole statali contro gli 800 euro che lo Stato stanzia per gli studenti delle paritarie. È chiaro che se a tutti gli 8.466.064 studenti delle scuole statali e paritarie fosse applicato un costo standard di 5.500 euro, oltre a superare questo gap, facendo i conti lo Stato arriverebbe a risparmiare notevolmente. Pensiamo poi allo stanziamento del Governo di 29 milioni di risorse europee per istituire la smart class alle superiori, ovvero la fornitura di dispositivi elettronici per l'apprendimento online. A nostro avviso, questi stanziamenti dovevano essere destinati anche alle paritarie, visto che l'avviso pubblicato sul sito ministeriale recita di voler garantire pari opportunità e il diritto allo studio. Sotto un altro aspetto, va segnalata inoltre la grave discriminazione che investe gli alunni disabili: a fronte di un costo che lo Stato sostiene per loro, pari a 20.000 euro nelle scuole pubbliche statali, per i disabili che frequentano la scuola paritaria lo Stato destina 1.700 euro, lasciando l'onere a carico della famiglia o della scuola, con conseguenze ancora più pesanti per i meno agiati. In merito al distanziamento necessario per riprendere le lezioni a settembre, sarebbe un gravissimo errore ignorare la generosa offerta pervenuta dalle scuole paritarie, che hanno dato la disponibilità per l'utilizzo dei propri spazi in eccedenza per accogliere oltre un milione di alunni che non potranno rimanere negli istituti pubblici. Ma il tempo ormai è alla fine e anziché ricorrere a soluzioni di difficile attuazione, forse questa sarebbe la scelta migliore. Non so se quella parte di maggioranza tanto ostile alle paritarie, fino a definirle incostituzionali e addirittura meri diplomifici, si rende conto del fatto che le paritarie, in questo momento così delicato, possono fare la differenza. A noi non piace il modo di ragionare distruttivo e demonizzante che spesso viene assunto nei confronti delle scuole paritarie da una certa parte politica. Noi nelle scuole paritarie vediamo tutto il buono che possono portare soprattutto in questo momento di emergenza. Se sosteniamo le scuole paritarie, evitiamo di convogliare verso le scuole statali 300.000 studenti, ma anzi queste potrebbero addirittura accogliere quel 15 per cento di studenti delle scuole statali che, per garantire il distanziamento sociale, dovranno essere collocati altrove.
In sintesi, a causa della compressione eccessiva dei tempi di esame del decreto-legge rilancio nel passaggio al Senato, non c'è stato modo di agire con ulteriori interventi a favore delle scuole paritarie. Per questo oggi invitiamo il Governo a proseguire con le azioni positive messe in campo a favore delle scuole paritarie, in linea con quanto segnalato dalle opposizioni, prevedendo la detraibilità integrale del costo delle rette versate dalle famiglie alle scuole paritarie nei mesi di sospensione della didattica, con tetto massimo di 5.500 euro, che è il costo standard di sostenibilità per allievo; prevedendo l'attribuzione alle famiglie di una quota pari al costo standard di sostenibilità per allievo, con una media di 5.500 euro, consentendo così la libera scelta educativa delle famiglie; prevedendo una concertazione tra Stato e Regioni per trovare la piena copertura dei docenti di sostegno, sull'esempio di quanto fatto dalla Regione Lombardia, che destina 3.000 euro per ogni allievo disabile che frequenta la scuola paritaria; prevedendo, inoltre, l'attivazione rapida di intese con le 12.564 scuole paritarie, visto che dispongono degli spazi necessari per raccogliere in sicurezza quel 15 per cento di studenti che, a causa del distanziamento, non troveranno posto nelle 40.749 sedi scolastiche statali.
Con questa mozione vogliamo sollecitare il Governo. Abbiamo ancora poco tempo per decidere: settembre è dietro l'angolo, stiamo attenti a non riversare sui nostri studenti scelte sbagliate, oppure a intestardirci su una pura ideologia politica. (Applausi).
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione.
È iscritta a parlare la senatrice Minuto. Ne ha facoltà. (La senatrice Binetti fa cenno di voler intervenire).
Senatrice Binetti, mi spiace ma non c'era quando l'ho chiamata. Prego, senatrice Minuto.
BINETTI (FIBP-UDC). Signor Presidente, io so quanto lei è giusto e come conosce il Regolamento.
PRESIDENTE. Senatrice Binetti, lei interviene al posto della senatrice Minuto?
BINETTI (FIBP-UDC). È una piccola discriminazione nei confronti delle scuole paritarie e della nostra prospettiva; comunque vorrei cominciare questo intervento con spirito, non solo di pace, ma costruttivo.
PRESIDENTE. Senatrice Binetti, io l'ho chiamata tre quarti d'ora fa per l'illustrazione delle mozioni e lei non c'era. Adesso lei interviene al posto della senatrice Minuto?
BINETTI (FIBP-UDC). Sto intervenendo, signor Presidente, esattamente. Lei mi ha chiamato e io faccio il mio intervento.
PRESIDENTE. L'ho chiesto alla senatrice Minuto, che non vedo. Se parla lei al posto della senatrice Minuto a me va benissimo, senatrice Binetti.
BINETTI (FIBP-UDC). Come dicevo, sono le piccole contraddizioni, anche su un tema che abbiamo seguito con grande attenzione in tutti questi mesi e su cui abbiamo investito risorse molto importanti, che hanno portato, perlomeno a livello dell'opinione pubblica, come mai forse era accaduto, a comprendere fino a che punto la scuola paritaria è parte integrante della scuola pubblica, insieme alla scuola statale. È un primo punto per cui perfino i nostri colleghi 5 Stelle, che forse all'inizio di questo dibattito sollevavano qualche eccezione sul fatto che la scuola paritaria potesse essere considerata tra le scuole pubbliche, riconoscono nella loro mozione esattamente il fatto che la scuola paritaria è parte integrante della scuola pubblica e in qualche modo fa sue tutte le regole che riguardano la scuola pubblica. Mi riferisco per esempio a tutte quelle norme di tipo restrittivo che hanno dovuto imporre nel lockdown e che non avrebbero potuto essere vissute con lo stesso rigore, con la stessa attenzione e anche con la stessa passione da parte dei docenti, se non si fossero sentiti parte integrante di un unico sistema educativo nazionale.
Detto questo, bisogna anche sottolineare un altro punto di questa mia mozione che, evidentemente, non essendo stata illustrata, potrebbe rimanere sotto silenzio. L'articolo 33 della Costituzione afferma che possono essere istituite scuole di tutti i tipi, generi e specie (fa riferimento agli istituti di educazione), senza oneri per lo Stato. Ma si dimentica di dire che la scuola paritaria rappresenta non un onere per lo Stato, ma un autentico fattore di risparmio, come è evidente per chiunque prenda in considerazione quanto costa allo Stato uno studente di una scuola paritaria e quanto costa invece una studente di una scuola statale. Da questo punto di vista possiamo dire che la Costituzione si limita a dire «senza oneri per lo Stato», ma dovrebbe addirittura dire fino a che punto la scuola paritaria rappresenta un fattore di risparmio, fino a che punto dalla scuola paritaria al sistema scolastico arrivano risorse concrete e positive.
Non si tratta solo di risorse economiche; dalla scuola paritaria arriva soprattutto una cosa, che a mio avviso è la più importante di tutte ed è quella che giustifica, in premessa, il motivo per cui difendiamo questo tipo di scelta: la libertà di educazione dei genitori, ma anche la libertà di insegnamento dei docenti. Nessuno di noi ignora come alla scuola statale siano arrivate molte volte suggestioni, stimoli, proposte, sperimentazioni che erano nate nell'ambito delle scuole paritarie.
Questo mi sembra un fatto particolarmente interessante, se penso - ad esempio - al sistema tutoriale, ai licei linguistici, alle esperienze che poi sono confluite nel liceo coreutico e nel liceo musicale. La scuola paritaria è stata sempre un laboratorio creativo di iniziative educative, che in ogni caso hanno fatto anche da punto di riferimento per la scuola statale.
Un altro punto che mi sembra interessante è quello che, attingendolo al modello del Sistema sanitario nazionale, costituisce per noi un punto di riferimento forte per la principale richiesta che facciamo nella nostra mozione: assumere il costo standard dello studente. Peraltro, nell'ultimo decreto-legge emanato si fa menzione esplicita anche dei cosiddetti policlinici universitari non statali: penso all'Università Cattolica, al Campus Bio-Medico, al San Raffaele, all'Humanitas e ad altri. Nessuno di noi nega il diritto del paziente, che è portatore di un suo costo standard, di scegliere dove andare a curarsi, all'interno del Sistema sanitario nazionale.
Se io considero il sistema educativo come nazionale, nell'ambito del Ministero della pubblica istruzione, e considero pubbliche sia la scuola statale che la scuola paritaria, non vedo perché lo studente, portatore di un suo budget, riconosciuto corrispondente a un determinato costo standard, non possa scegliere dove andare a completare la propria formazione. Il sistema italiano rasenta una serie di piccole discriminazioni. Eppure già nell'anno 2000, quando era ministro Berlinguer, la legge n. 62 stabilì con estrema chiarezza quello che era già presente e accennato abbastanza chiaramente all'interno della Costituzione; e lo stabilì riconoscendo, da questo punto di vista, la parità di dignità ai titoli che venivano distribuiti attraverso la scuola paritaria.
Tuttavia, mentre si riconosce allo studente una sua dignità, attualmente non se ne riconosce il costo; mentre si riconosce al titolo che viene fornito la parità di dignità (qualunque titolo: di scuola media superiore o di liceo, che io l'abbia preso all'Istituto Marcelline a Milano, al San Raffaele a Roma o l'abbia preso al liceo, al Tito Livio o al Tasso, quel titolo ha lo stesso valore), invece i docenti in qualche modo vengono relegati a un rango di serie B.
La cosa è tanto più sorprendente se facciamo il confronto con il mondo universitario. Infatti, un professore universitario di un'università statale può spostarsi tranquillamente e insegnare in una delle varie università (penso alla Cattolica, al Campus, al San Raffaele) e invece un professore di una scuola paritaria non può usufruire della medesima mobilità interna. Noi consideriamo questa un'occasione, nell'attuale momento storico particolare del Paese, con la sensibilità determinatasi grazie alla mobilizzazione che c'è stata, che è arrivata a tutti. Stiamo parlando di 8 milioni di studenti e di 12.000 scuole, ossia di una realtà complessa e composita molto ampia. Non capisco perché non debba essere questo il momento più opportuno affinché il Governo faccia sua un'istanza di equità, un'istanza contro la discriminazione.
Noi chiediamo questo: chiediamo esattamente che i genitori abbiano il rimborso della loro quota, posto che pagano già le tasse, esattamente come le pagano i genitori delle scuole statali. Chiediamo che lo studente abbia autenticamente una libertà di scelta, spostandosi da una scuola all'altra, sulla misura di una scelta che riguarda il patto educativo. E lo chiediamo per dire basta, una volta di più, a tutte quelle ingiustizie che vengono da lontano, perché - insisto - vengono dalla cattiva interpretazione di un articolo della Costituzione e dalla mancata corretta interpretazione della legge 10 marzo 2000, n. 62.
Credo che i colleghi possano facilmente capire che esistono delle eccellenti scuole paritarie e altre più modeste, così come nessuno nega che ci sono degli eccellenti licei pubblici e altre modeste scuole pubbliche.
Ricordiamo poi il servizio che la scuola paritaria offre, in modo particolare per i bambini di età compresa tra zero e sei anni, posto che i giardini d'infanzia e le scuole materne sono nate prevalentemente nel sistema paritario e successivamente sono state spostate al sistema pubblico. Nessuno di noi si rende conto della minaccia che arriva dal Ministero (in particolare dal Ministro) rispetto alla possibilità di ridurre il numero delle scuole aperte (stiamo parlando delle statali), dei posti e degli orari disponibili. Pensate al servizio che la scuola paritaria può rendere ai bambini, al loro sviluppo personale e alla possibilità di coltivare la qualità della loro socializzazione, così come - possibilmente - a tutte le donne che lavorano e che - a oggi - non hanno alcuna certezza di cosa accadrà il prossimo 14 settembre. (Applausi).
Le scuole paritarie sono un supporto importante offerto non solo alle famiglie che fanno questa scelta per i loro figli e agli studenti che le frequentano - tutti noi sappiamo che da queste scuole sono usciti anche studenti assolutamente eccellenti ma alla stessa scuola statale, offrendo modelli e servizi.
Mentre il nostro commissario si dedica alla ricerca del banco ideale a costi veramente enormi (450 euro per ogni bambino per cui andrà ordinato un banco), molte scuole paritarie hanno già fatto la loro valutazione degli spazi, degli studenti e dei docenti e sono in grado di offrire un prodotto non voglio dire perfetto, ma sicuramente soddisfacente, sereno e capace di venire incontro ai bisogni delle madri, dei figli e anche degli stessi docenti. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Minuto. Ne ha facoltà.
MINUTO (FIBP-UDC). Signor Presidente, in Italia sono 880.000 gli studenti che frequentano le oltre 12.000 scuole paritarie che svolgono servizio pubblico e sono inserite nel sistema nazionale di istruzione.
Stando alle stime, circa il 30 per cento di queste realtà sarà in seria difficoltà e non potrà ripartire a settembre dopo la gestione dei mesi intensi di emergenza sanitaria. Le scuole paritarie non sono un accessorio. L'importanza degli istituti non statali in un sistema educativo integrato è stata sottolineata anche alla Camera dei deputati da Patrizio Bianchi, coordinatore del comitato di esperti voluto dal Ministro dell'istruzione per preparare la ripresa di settembre, che però potrebbe non vedere ai blocchi di partenza tante scuole paritarie, tra le principali vittime del lockdown imposto dall'emergenza coronavirus.
Il diritto dei genitori nella scelta del genere di istruzione da impartire ai loro figli è un valore inestimabile che rende grande il nostro Paese ed è oltretutto riconosciuto nella Dichiarazione universale dei diritti umani. A vent'anni di distanza dall'approvazione della legge 10 marzo 2000, n. 62, che ha sancito l'appartenenza delle scuole paritarie al sistema nazionale di istruzione e ne ha riconosciuto il ruolo all'interno del servizio pubblico, la scuola paritaria paga oggi le difficoltà connesse alla gestione dell'emergenza Covid-19. Le scuole paritarie (vale a dire scuole senza fini di lucro) a oggi possono utilizzare soltanto la cassa integrazione in deroga per i dipendenti. È evidente che, venendo meno l'obbligo del pagamento delle rette da parte dei genitori a seguito della chiusura delle scuole, al netto delle spese per il personale sostenuto in parte dalla cassa integrazione in deroga prevista dal cosiddetto decreto cura Italia almeno fino al 31 luglio 2020, le altre risorse necessarie al mantenimento in vita delle scuole paritarie mancano del tutto. Senza un intervento propositivo dello Stato, circa un terzo delle scuole pubbliche paritarie sarà destinato a chiudere entro settembre ed è un vero peccato. Meno scuole paritarie, infatti, non vuol dire solo e semplicemente studenti che si trasferiscono nelle scuole pubbliche, ma significa più problemi per quanto riguarda l'ordine sanitario, più problemi per quanto concerne il discorso economico, e quindi più soldi che lo Stato dovrà versare.
Secondo l'OCSE uno studente della scuola paritaria costa allo Stato 500 euro all'anno, mentre nel nostro Paese ogni alunno iscritto negli istituti pubblici costa 8.200 euro l'anno. Dunque, i 3.000 studenti in più che si iscriverebbero alla scuola statale, qualora dovesse fallire il sistema delle scuole paritarie - ci auguriamo che questo non avvenga mai - costerebbero alle casse pubbliche circa 2,3 miliardi di euro aggiuntivi. È da numeri inconfutabili che, ragionevolmente, il Governo, con buonsenso e lungimiranza, in un'ottica anche di risparmio economico, dovrebbe sostenere con forza il diritto alla libertà di scelta educativa, e piuttosto rinvigorire la presenza delle scuole paritarie nel nostro Paese.
Non dimentichiamoci che molte scuole paritarie sono gestite da ordini religiosi, che si prodigano per consolidare una formazione improntata sul rispetto dell'educazione, sul rafforzamento dei valori umani e culturali. Chi di noi non ha avuto esperienze dirette o di familiari che hanno studiato in istituti religiosi? Non fanno parte di un passato dimenticato, ma restano tutt'oggi un'istituzione fondamentale per lo sviluppo sociale di tante famiglie. Mantengono viva una tradizione tuttora esistente del nostro Paese e, perciò, obliarle porterebbe ad un pericoloso passo indietro.
Le prime scuole cattoliche risalenti al 1500 sono nate, infatti, con lo scopo, oltre a quello di proporre un'educazione etica e religiosa, di riscattare il ceto medio-basso dall'ignoranza. Si tratta di un incontestabile merito che è bene ricordare ogni qualvolta si parli dei sistemi formativi, di libertà di scelta educativa delle famiglie, di finanziamento pubblico della scuola paritaria. Non da ultimo, le scuole paritarie di impronta cattolica fin dalle origini hanno promosso un'inclusione di giovani diversamente abili, sordi, muti, neuro diversi, ma anche di orfani, carcerati e poveri. Oggi più di allora il problema inclusione non può e non deve gravare solo sulla scuola pubblica, ma usufruire dell'aiuto concreto e lodevole delle scuole paritarie per promuovere modalità educative dignitose nel rispetto delle scelte.
In queste ultime settimane, al Senato e alla Camera si è sviluppato un importante dialogo con tutte le forze politiche, basato su un confronto scientifico e documentato, che ha consentito di chiarire le ragioni sulle quali si regge il sistema scolastico italiano; un sistema integrato perché composto da scuole pubbliche statali e scuole pubbliche paritarie.
In conclusione, Presidente, penso che il rilancio della scuola italiana, e quindi la formazione di studenti critici e preparati, debba partire dalla centralità della formazione scolastica nell'agenda di Governo, attraverso un confronto puntuale delle misure di emergenza, abbattendo gli steccati ideologici e creando le condizioni perché la scuola sia davvero per tutti. Costruendo un dialogo propositivo tra tutte le parti potremmo portare il sistema scolastico italiano a un livello qualitativo più oggettivo e sicuramente migliore. (Applausi).
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione.
Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo, al quale chiedo di esprimere il parere sulle mozioni presentate.
DE CRISTOFARO, sottosegretario di Stato per l'istruzione. Signor Presidente, per quanto concerne la mozione n. 232, a prima firma Bernini, il parere del Governo è contrario alle premesse, mentre è favorevole al dispositivo previa riformulazione, che leggo: «Impegna il Governo: a dare piena attuazione alla libertà di scelta educativa attraverso un sostegno delle scuole paritarie nell'ambito dei vincoli costituzionali e delle conseguenze normative mediante l'istituzione di un tavolo che elabori proposte anche relative ai costi standard».
Per quanto attiene alla mozione n. 256, la cui prima firmataria è la senatrice Granato, il parere è favorevole alle premesse e al dispositivo con la seguente riformulazione: al punto 1, «ad adoperarsi, attraverso provvedimenti di propria competenza, al fine dell'estensione alle scuole paritarie e ai soggetti che gestiscono in via continuativa i servizi educativi e alle istituzioni scolastiche dell'infanzia non statali, di cui all'articolo 2 del decreto legislativo n. 65 del 2017, delle norme inerenti agli obblighi di pubblicazione di dati e informazioni contenute nel decreto legislativo n. 33 del 2013, compatibili con le funzioni svolte da tali istituti».
Anche al punto 2) il parere è favorevole con la seguente riformulazione: ad acquisire, ai fini dell'erogazione delle risorse di cui all'articolo 233 del decreto-legge n. 34 del 2020, autocertificazione resa ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000 relativa all'entità della riduzione o del mancato versamento delle rette o delle compartecipazioni comunque denominate, da parte dei fruitori, determinato dalla sospensione dei servizi in presenza, ai fini della corresponsione del contributo straordinario statale.
Sulle mozioni nn. 259 e 267 il parere è contrario. Infine, sulla mozione n. 275, il parere è favorevole sulle premesse e sul dispositivo, se riformulato come segue: «a dare piena attuazione alla libertà di scelta educativa attraverso un sostegno adeguato delle scuole paritarie nei limiti delle disposizioni costituzionali e delle normative vigenti».
PRESIDENTE. Chiedo ai presentatori se accettano le riformulazioni proposte.
GRANATO (M5S). Sì, signor Presidente.
GALLONE (FIBP-UDC). Presidente, ringrazio il Governo, ma rifiuto e vado avanti.
COMINCINI (IV-PSI). Presidente, accolgo la riformulazione.
PRESIDENTE. Passiamo dunque alla votazione delle mozioni.
IANNONE (FdI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
IANNONE (FdI). Signor Presidente, fin dall'inizio dell'emergenza sanitaria Fratelli d'Italia sta esprimendo la sua preoccupazione per l'intero mondo della scuola italiana e, purtroppo, dobbiamo registrare, anche in questa occasione, con la contrarietà secca del Governo alla nostra mozione, un atteggiamento di chiusura totale. Si approssima l'inizio del nuovo anno scolastico, ma il Governo sembra non guadagnare consapevolezza rispetto agli effetti delle scelte sbagliate e tardive che vengono intraprese.
Fin dai primi giorni ci siamo concentrati anche sull'aspetto che riguardava le scuole paritarie perché riteniamo che sia un mondo che vada assolutamente rispettato. Le scuole paritarie non sono figlie di un Dio minore: rappresentano uno spaccato dell'istruzione italiana assolutamente imprescindibile, come già detto anche dai colleghi dei partiti alleati del centrodestra. Sul cura Italia ci siamo però, visti rinviare alle misure del decreto rilancio. Sottosegretario, le misure contenute nel decreto rilancio riguardo anche gli impegni economici non hanno dispiegato alcun nessun effetto. Nessuno le ha viste.
Quindi il nostro intento, anche attraverso la mozione, era quello di rappresentare un ulteriore pungolo, facendo comprendere che gli imprenditori di questo settore non hanno la possibilità di occuparsi delle misure per garantire la sicurezza. Quindi, quella mortalità che veniva riferita da tutte le mozioni dei Gruppi di opposizione è destinata a concretizzarsi e ad aumentare. E cosa ne sarà degli alunni, delle famiglie, dei docenti e del personale non docente che, come i titolari d'impresa, non sono persone da cestinare nella loro professionalità?
Vorrei ancora sperare in un guizzo di consapevolezza, ma mi rendo conto che da una parte c'è una furia ideologica contro le scuole paritarie e, dall'altra, c'è l'imbarazzo per un accordo politico di maggioranza per fare in modo che intervenga la ragione. Per questo non possiamo fare altro che esprimere, oltre al voto favorevole alla nostra mozione, il voto favorevole di Fratelli d'Italia alle mozioni di Lega e di Forza Italia. Allo stesso modo avremmo condiviso anche l'impegno della mozione di Italia Viva, ma è evidente che la riformulazione che è stata proposta dal Governo è finalizzata a non assumere alcun impegno. (Applausi).
COMINCINI (IV-PSI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
COMINCINI (IV-PSI). Signor Presidente, perché sono importanti le scuole paritarie? Lo sono perché, con la loro presenza e la loro attività, assicurano un diritto semplicemente fondamentale in democrazia, che è quello della libertà educativa e, cioè la facoltà per le famiglie di poter garantire ai loro figli la formazione che meglio credono: è questo il senso e la ragione per la quale da diversi anni si conducono battaglie tese a sostenere le scuole paritarie nel nostro Paese, anche dopo che una legge dello Stato ha parificato, appunto, le scuole paritarie con quelle statali, definendo in maniera davvero lungimirante entrambe queste due tipologie «servizio pubblico». Non è bastata però una legge per parificare tutto questo e per garantire pari dignità, pari trattamento e pari attenzioni da parte dello Stato. Credo e crediamo che la strada sia ancora lunga.
Oggi però ci troviamo di fronte ad una condizione molto particolare, che è quella determinata dalla pandemia, che ha scatenato i problemi che ben conosciamo; ha determinato una chiusura delle scuole e ha comportato problemi sul lavoro a molte famiglie con figli che frequentano le scuole paritarie. Come ben sapete, si sono creati buchi nei bilanci delle scuole paritarie, dovute al fatto che numerose famiglie non hanno più potuto pagare le rette per mancanza delle risorse, perché i genitori sono andati in cassa integrazione e in alcuni casi hanno addirittura perso il posto di lavoro.
Ebbene, con il decreto rilancio abbiamo fatto sicuramente un passo importante nella direzione di dare un sostegno, perché nel provvedimento sono state riconosciute risorse, aumentate poi in fase di discussione alla Camera grazie anche a un emendamento di Italia Viva.
La situazione resta tuttavia critica e non è certo che le risorse messe in pista possano bastare ad assicurare alle scuole paritarie la sopravvivenza a settembre. Guardate che non è una questione che riguarda soltanto queste scuole perché, nel momento in cui quelle scuole dovessero chiudere, i ragazzi che le frequentano dove pensate che vadano? Andranno a bussare alla scuola statale, creando ulteriori problemi di carattere non solo economico, ma anche logistico e organizzativo in una condizione che non sarebbe evidentemente gestibile.
Da ciò nasce la nostra mozione, che pone attenzione alle esigenze in questo caso economiche, permettendo di poter scaricare il cento per cento delle rette dalla dichiarazione dei redditi. Dalla discussione che abbiamo svolto con il Governo abbiamo compreso che in questo momento la nostra richiesta non è perseguibile per una questione legata alle risorse. Ne prendiamo atto, ma restiamo profondamente convinti che il percorso debba prevedere altri interventi da parte dello Stato e altri riconoscimenti, proprio perché crediamo fermamente che la democrazia veda il proprio fondamento nella libertà data alle persone di poter compiere delle scelte. La libertà di scelta delle famiglie è una questione che va difesa nel miglior modo possibile.
Permettetemi di ricordare che proprio oggi, alla Camera dei deputati, è stato approvato in maniera unanime il primo tassello del family act, il riconoscimento di un bonus dedicato ai figli: una scelta importante che mi auguro venga presto anche qui in Senato per poter essere discussa e valorizzata, che consente alle famiglie di poter avere un reale supporto e un reale sostegno per poter crescere i loro figli. Anche poter supportare meglio le famiglie nella scelta che riguarda la scuola con una maggiore detraibilità delle risorse spese per l'iscrizione dei figli alla scuola paritaria andrebbe in questa direzione.
Avremo certamente modo di riparlarne, anche con il decreto-legge rilancio bis, che sarà proposto dal Governo dopo che avremo votato il prossimo scostamento di bilancio. Avremo modo di tornare su tali questioni, ma per Italia Viva - e sono certo non solo per noi di Italia Viva - il tema delle paritarie resta importante; il tema delle famiglie è fondamentale. Il ministro Bonetti oggi porterà a casa un risultato importante per il Paese e non per un partito. Noi continueremo a lavorare su questa strada e in questa direzione, ritenendo che le scuole paritarie svolgono una funzione importante non solo nel sistema educativo della nostra Nazione, ma anche nel quadro della nostra democrazia, consentendo alle famiglie di poter esercitare una libertà di scelta in ambito educativo.
DE PETRIS (Misto-LeU). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DE PETRIS (Misto-LeU). Signor Presidente, colleghi, vorrei ricordare innanzitutto a me stessa, sentendo il dibattito di oggi e la discussione svolta anche nel merito di ogni singola mozione, che la parità scolastica compie adesso vent'anni: fu approvata il 10 marzo del 2000. Questo che cosa ha prodotto? Ha prodotto il fatto che le scuole paritarie sono state inserite all'interno del sistema nazionale d'istruzione, in forza del servizio pubblico che è stato loro riconosciuto. Ciò avrebbe dovuto comportare - era questo lo spirito del riconoscimento - equità nell'accesso al sistema sia per gli alunni sia per il personale. Si tratta di una questione di non poco conto perché - come si è visto anche nel corso del dibattito e dai dispositivi delle mozioni - è in un certo senso il nodo centrale.
Vorrei ricordare che la scuola paritaria ha tratto molto giovamento sul fronte della qualità dell'offerta proprio dal riconoscimento della parità scolastica, anche in virtù del fatto che in qualche modo è stata obbligata a dover rispettare parametri chiari inseriti attraverso il riconoscimento; parametri che - a nostro avviso - hanno prodotto un salto di qualità. Penso - per esempio - all'obbligo di avere docenti abilitati che, rispetto al periodo precedente il riconoscimento della parità scolastica, è stato indubbiamente un elemento assolutamente positivo che ognuno di noi ha potuto constatare.
Detto questo, abbiamo un problema generale che voglio ribadire, che è la priorità assoluta per tutti noi in quest'Aula, e di cui ci siamo accorti nel momento così difficile che la scuola ha attraversato e sta ancora attraversando a causa del Covid. È necessario mettere in campo un surplus potentissimo di investimento nei servizi educativi, sia per la prima infanzia - e questo è l'altro elemento - che per il sistema dei nidi. E, quindi, riguarda tutto il sistema, ma ancor di più riguarda il sistema interamente pubblico. In generale, il ragionamento che ci ha visto molto discutere - penso al decreto scuola e al decreto rilancio - è relativo ad un investimento massiccio nella scuola, che è una delle infrastrutture principali del nostro Paese.
Nel corso della crisi attuale abbiamo constatato la situazione difficile delle scuole, e non solo di quella pubblica - come è evidente a tutti - ma anche di quella paritaria e privata. La crisi ha messo in luce il problema e il pericolo rappresentato dalla mancanza di un servizio. Peraltro, dato che gli insegnanti sono lavoratori, si apre una crisi occupazionale anche su quel fronte ed emerge la necessità di tutelarli.
Ora, noi lo diciamo con chiarezza: siamo piuttosto scettici - per la verità lo siamo sempre stati - rispetto alla defiscalizzazione delle rette, perché non affronta fino in fondo i temi della crisi, ma interviene soltanto sul principio del finanziamento al sistema privato e questo - a nostro avviso - non è esattamente lo strumento migliore, certamente non proprio allineato con il dettato costituzionale. Ci siamo, invece, sempre ritenuti favorevoli al sostegno dei lavoratori delle scuole private che oggettivamente si sono trovati in difficoltà e ancora lo sono. In qualche modo il Governo e la maggioranza se ne sono fatti carico.
Tra le mozioni che stanno per arrivare al voto, riteniamo che quella a prima firma della senatrice Granato vada nella direzione giusta che abbiamo indicato. Ho sentito anche parlare, come al solito, di accuse di ideologia, ma in realtà la mozione entra nel merito di alcune questioni che devono essere affrontate e ribadisce una richiesta di trasparenza indispensabile, ovviamente, per il ruolo che gli enti in questione svolgono, anche perché dispensano punteggi. È evidente, quindi, che sia necessario un sistema di valutazione assolutamente trasparente - i famosi parametri che ricordavo all'inizio - anche perché i punteggi, poi, servono a partecipare alle graduatorie pubbliche. E sono poi necessari legalità e trasparenza nella gestione dei finanziamenti pubblici che vengono erogati, ma anche vigilanza da parte di tutte le istituzioni sulle risorse e sui sistemi di garanzia, di trasparenza di accesso al sistema, che a nostro avviso fanno bene alla scuola paritaria.
Nell'annunciare per quanto ci riguarda il voto favorevole sulla mozione a prima firma della senatrice Granato, in questa discussione sulla scuola dobbiamo nel contempo riaffermare ancora di più il principio che tutta la società ha bisogno della scuola.
Stiamo affrontando la questione della riapertura delle scuole, che è un tema molto importante per tutti noi, per la società, per i milioni di docenti, di famiglie e di ragazzi e ragazze coinvolti. C'è bisogno della scuola in presenza. Abbiamo sperimentato la didattica a distanza, ma sappiamo che la scuola vera, quella che forma, come insieme di crescita collettiva e di scambio tra insegnanti e ragazzi, è la scuola in presenza.
Su questo dobbiamo continuare a mobilitarci e a investire perché negli ultimi anni non lo si è fatto. Non dobbiamo mai dimenticare i tagli che ci sono stati. Per questo, a volte, si è creata anche una contrapposizione con le scuole paritarie perché, a fronte di tanti tagli nella scuola pubblica, vi è stato in qualche modo un processo di sovraccarico rispetto ad altri fronti.
Dobbiamo ricordarci di sentire come un dovere civico il fatto di investire sul nostro sistema scolastico, e non soltanto come parlamentari, come membri la maggioranza e come Governo, perché significa investire sul futuro, su un patrimonio che può far crescere la società.
Non pensate che il piano di rilancio, il recovery plan del nostro Paese possa essere legato soltanto a infrastrutture viarie, ciò di cui sento parlare molto. Una delle infrastrutture principale del nostro Paese - e chiudo - è la scuola, come ogni giorno constatiamo, perché è quella che garantisce il futuro e la possibilità di una vera crescita.
Per questo oggi anche la discussione delle mozioni al nostro esame ci deve ricordare che il nostro impegno prioritario è investire sulla scuola.
IORI (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
IORI (PD). Signor Presidente, colleghi, per il Partito Democratico le scuole paritarie sono un elemento essenziale nel sistema di istruzione del nostro Paese. Del resto, in Italia, grazie alla legge n. 62 del 2000, è prevista la parità scolastica, anche se purtroppo non c'è ancora un'effettiva, completa e piena libertà di scelta educativa dei genitori per i figli e vi sono ancora disparità nel sostegno alle due opzioni del sistema.
Esistono ostacoli per cui le famiglie non sempre hanno la possibilità di scegliere liberamente la strada formativa per i propri ragazzi. Purtroppo questo tema è stato terreno di scontro ideologico nella società e in Parlamento, uno scontro che ha impedito di guardare alla questione in modo sufficientemente corretto.
Berlinguer, nel 2000, con la legge n. 62, ha riconosciuto un principio costituzionale, inserendo le scuole paritarie nel sistema di istruzione nazionale.
Non dimentichiamolo: quello delle scuole paritarie è un servizio che passa dal riconoscimento della libertà di scelta per le famiglie e un riconoscimento che la spesa fatta per l'istruzione dei figli ha un valore pubblico, sempre.
È bene inoltre ricordare che il sistema delle scuole paritarie è scuola a tutti gli effetti, ponendosi come obiettivo prioritario proprio l'espansione dell'offerta formativa, e conseguentemente è risposta alla domanda di istruzione dell'infanzia e lungo tutto l'arco della vita. Per troppi anni queste scuole sono state considerate scuole di serie B, non qualificate, o troppo spesso scuole facilitatrici; ma non è così. Può esserlo in qualche caso; ma non è così in tutti i casi, anzi, ci sono casi di vera eccellenza. Oggi il sistema italiano senza le scuole paritarie sarebbe più povero di qualità e di pluralismo, soprattutto per quanto riguarda il sistema 0-6. È un dato oggettivo che le scuole dell'infanzia paritarie spesso sopperiscono alla carenza dei servizi offerti in diversi Comuni. Se è evidente che la scuola paritaria è fondamentale nel nostro sistema di istruzione, abbiamo certamente la necessità di affermare sempre di più il principio di qualità, che vale per ogni scuola, distinguendo ciò che funziona da ciò che non funziona, il servizio svolto da chi si impegna per il continuo miglioramento dell'offerta formativa e chi non investe abbastanza nel rinnovamento dei servizi educativi.
Ma nel frattempo, in questo momento, dobbiamo impedire che il sistema delle scuole paritarie collassi sotto i colpi della crisi. In questo senso l'aumento a 300 milioni di euro nel decreto rilancio per il sostegno alle scuole paritarie, messe a dura prova dall'emergenza Covid, è stata una scelta lungimirante da parte del Parlamento. Ora è necessario che questi fondi arrivino in tempi rapidi alle istituzioni scolastiche, perché molte rischiano davvero di non riaprire e noi non possiamo procrastinare i finanziamenti stanziati nel decreto rilancio. La pandemia infatti ha avuto effetti molto duri su questo settore, soprattutto sul segmento dei servizi nella fascia 0-6, come nidi e materne, che da quattro mesi non ricevono più rette dalle famiglie. Sono già 70 le scuole paritarie che hanno dichiarato fallimento - l'ultima ieri a Roma - e 3.082 gli alunni ai quali dovrà essere trovata una nuova collocazione nelle scuole statali per la ripresa di settembre, con un nuovo costo a carico della collettività di oltre 26 milioni di euro. Anche a sostenere queste situazioni dovranno essere dedicati i 300 milioni del decreto rilancio, di cui 180 per l'infanzia e gli asili e 120 per le scuole della primaria e secondaria di secondo grado fino a diciotto anni.
È chiaro che, proprio perché è necessario che le scuole paritarie siano riconosciute finalmente come una parte integrante e significativa del sistema scolastico, occorre la necessaria trasparenza in virtù del ruolo che svolgono. Con la legge n. 107 del 2015, infatti, sono già stati fatti necessari passi avanti grazie al piano straordinario di verifica della permanenza dei requisiti per il pieno riconoscimento della parità scolastica: un'attività diretta a individuare prioritariamente le istituzioni scolastiche secondarie di secondo grado caratterizzate da un numero di diplomati che si discosta significativamente dal numero degli alunni frequentanti le classi iniziali e intermedie. Abbiamo cioè iniziato a individuare la cosiddetta piramide rovesciata, che alcuni conoscono bene: gli alunni che iniziano nel primo anno di corso aumentano progressivamente fino a esplodere nell'ultimo anno. Stanno facendo questo controllo perché noi crediamo nel sistema di istruzione pubblico, che si compone di scuole statali e non statali, ma allo stesso modo non vogliamo diplomifici. Si utilizzino le norme della parità scolastica per effettuare vera scuola e istruzione di qualità. Per questo, grazie a quella legge, sono già aumentati i controlli nelle scuole; per esempio tutte le paritarie, anche ai sensi della legge n. 62 del 2000, hanno già l'obbligo di redigere il bilancio con la relativa nota illustrativa, cioè la riclassificazione del bilancio fiscale, dove si dà evidenza ai contributi pubblici ricevuti, alle rette e ai costi. Se i controlli accertassero che ci sono scuole che non presentano tale bilancio, andrebbe revocata la parità.
Questo è solo un esempio per dire che le norme ci sono e vanno applicate. Nel frattempo però è fondamentale dare tutto il sostegno necessario alle scuole paritarie soprattutto ora che patiscono in modo drammatico gli effetti della crisi, ricordando che in Italia ci sono 880.000 studenti che frequentano più di 12.000 scuole paritarie e che eventuali chiusure comporterebbero, oltre all'impoverimento dell'offerta formativa e alla limitazione della libertà di scelta, cui accennavo prima, un impatto negativo sui conti della scuola statale, che avrà minori risorse a disposizione. Riassorbire questi studenti costerebbe migliaia di euro per la scuola statale e renderebbe ancora più difficoltosa la già complessa riapertura di settembre.
Nel segmento da 0 a 6 anni - basti pensare questo - il 50 per cento dell'offerta è rappresentato dai nidi, dalle scuole dell'infanzia paritarie private del terzo settore, riconosciuti dal decreto legislativo n. 65 del 2017. Si tratta di realtà che offrono un servizio integrativo fondamentale senza il quale bambini e famiglie non potrebbero beneficiare del diritto all'educazione precoce, che tutti sappiamo quanto sia importante. Non solo, ma parliamo di cooperative sociali e imprese, spesso al femminile, che impiegano migliaia di educatori, educatrici e altro personale, e il sistema deve proseguire sulla via dell'integrazione e del riconoscimento. Noi crediamo nella necessità di ampliare l'offerta formativa, di tutelare la libertà di scelta, di dare lavoro a migliaia di educatori e docenti. In questo senso ben vengano le operazioni di trasparenza che servono a isolare le realtà che non fanno il loro lavoro, consentendo invece a chi svolge il servizio pubblico essenziale con competenza, qualità e risultati anche eccellenti, di ottenere risorse e sostegno.
In conclusione, la nostra Costituzione, all'articolo 33, garantisce in modo fondamentale il diritto all'istruzione pubblica, quindi statale e paritaria. È evidente dunque come il tema dell'attuazione della Costituzione riguardo al pluralismo scolastico sia un elemento chiave e che la politica debba offrire una risposta adeguata nel rispetto della normativa vigente per costruire ed arricchire ogni comunità educante.
In questo senso il Partito Democratico esprime il voto favorevole alla mozione n. 256, a prima firma della senatrice Granato, e intende sottoscrivere anche la mozione n. 275, a prima firma Sbrollini.
GALLONE (FIBP-UDC). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GALLONE (FIBP-UDC). Signor Presidente, Governo, colleghi, vorrei che fossimo tutti profondamente consapevoli dell'importanza dell'argomento che stiamo trattando, in primis il Ministro dell'istruzione, che oggi, ovviamente, non è presente. Legge 10 marzo 2000, n. 62, ministro dell'istruzione Luigi Berlinguer, per capirci; sono passati venti anni dal momento in cui si è sancita per legge l'appartenenza delle scuole paritarie al sistema nazionale di istruzione che ne ha riconosciuto il ruolo all'interno del servizio pubblico. Eppure ancora oggi, anche dopo che il sistema dell'istruzione statale paritario ha retto allo tsunami di una pandemia, si fanno ingiuste distinzioni all'interno del sistema pubblico integrato dell'istruzione. Addirittura all'interno del primo decreto di sostegno alla fase due, il cosiddetto decreto cura Italia, poco o nulla era stato previsto per le scuole paritarie, se non poche risorse destinate alla pulizia dei locali, all'acquisto di dispositivi di protezione e igiene personali, a riprova del completo disinteresse di una parte, a quanto pare determinante e condizionante, per la prima e seconda maggioranza al Governo con il premier Conte.
La voce di Forza Italia si è alzata fin dal primo giorno affiancata poi dall'intero centrodestra e, a seguire, anche dai Gruppi di maggioranza, ad eccezione del MoVimento 5 Stelle che, al contrario, non ha mai perso occasione, non solo per non fare nulla, ma per essere il primo detrattore di una gamba essenziale del sistema scolastico italiano.
La voce dei Gruppi di maggioranza si è sentita, ma lo sforzo è stato immane anche per loro - PD, Italia Viva - per riuscire a far passare almeno un trasferimento di risorse dignitoso contro le barricate alzate dal MoVimento 5 Stelle. La scuola italiana non merita questo, soprattutto in un momento come questo. La scuola non merita un Governo sostenuto da una maggioranza che ha perso tempo con dissidi interni, tenuta in scacco da una voce sola fuori dal coro, piuttosto che compattarsi e creare un'alleanza bipartisan anche con la minoranza per il bene supremo del sistema dell'istruzione nella sua interezza, che rappresenta l'ossatura di un Paese. Ma noi non ci arrendiamo e con questa mozione desideriamo provare ancora ad avviare, siglare e consolidare l'alleanza virtuosa tra scuola pubblica statale e scuola pubblica paritaria. Desideriamo provare ancora a dare la spallata definitiva, una volta per tutte, tutti insieme, allo steccato ideologico sulla libertà di scelta educativa che fino ad oggi si è levato altissimo, facendo prevalere sempre all'interno della stessa maggioranza l'ala statalista che ha schiacciato sotto i piedi i concetti di libertà espressi in Costituzione e che ancora mette a rischio collasso la stessa scuola statale. Se il suono della prima campanella non vedrà aperti prima di tutto i cancelli del buonsenso, dando la possibilità alle famiglie di accedere alla scuola statale o paritaria senza preclusioni reddituali, la scuola statale si ridurrà a peggiorare sempre di più, perché oltre a precludere una sana e virtuosa competizione, stimolo al miglioramento, verrà precluso il regolare avvio delle lezioni e allora sì che saranno guai. Le scuole paritarie (non private, ovvero il cui valore legale del titolo è il medesimo della scuola statale e i cui docenti devono essere in possesso di regolare abilitazione) vivono oggi del pagamento delle rette, quelle rette che molte famiglie, in tempo di emergenza Covid non sono riuscite e non riusciranno più a pagare e per le quali abbiamo chiesto tra l'altro a più riprese, presentando emendamenti a ogni decreto utile, almeno la detrazione fiscale totale, visto che le famiglie i cui figli frequentano la scuola paritaria pagano anche le tasse per la scuola statale. Ma niente, rigidi e intransigenti, a costo di far pagare agli studenti il prezzo di un principio statalista oltre ogni senso logico.
Vorrei chiedere con tutto il cuore alla senatrice Granato, sempre così agitata e pronta a scattare quando solo si nomina la scuola paritaria qui in Senato, da cosa le deriva tutta questa preoccupazione, che cosa è successo nella sua vita scolastica, come in quella di molti colleghi del MoVimento 5 Stelle, da farle provare un moto di repulsione così viscerale verso scuole che hanno la sola colpa di avere metodi o indirizzi pedagogici diversi, ma soprattutto sistemi di gestione non statali, tanto da presentare una mozione che da un lato apre al riconoscimento della funzione pubblica della scuola paritaria e anche alla libertà di scelta educativa - questo ci fa molto piacere ed è un momento storico, probabilmente - mentre dall'altro chiede verifiche e controlli in maniera, a nostro avviso, pleonastica, perché i controlli esistono già, pena la revoca della parità. Questo dovrebbe saperlo, perché non dobbiamo dimenticare anche l'enorme patrimonio umano e di strutture delle scuole paritarie - è stato ripetuto da tutti - nelle quali lavorano 180.000 tra docenti e operatori scolastici, in 12.000 sedi distribuite su tutto il territorio nazionale, patrimonio umano e strutturale che potrebbe rivelarsi utilissimo per agevolare la ripresa della scuola tutta. Come suggerito da CISM e USMI, le scuole paritarie, con la loro maggiore flessibilità, potrebbero cominciare ad accogliere almeno una parte degli alunni più piccoli durante le settimane iniziali della ripartenza, quando i genitori al lavoro saranno in difficoltà con la gestione dei figli, per garantire quel distanziamento sociale che comporterebbe magari per alcune strutture statali lavori anche di edilizia e l'impossibilità di accogliere tutti gli studenti. Si chiama patto educativo, si chiama patto civico, si chiama sussidiarietà ed è la grande alleanza che noi sogniamo.
In caso contrario, difficilmente il sistema dell'istruzione potrà assolvere ai propri compiti, perché se le scuole paritarie non saranno messe in condizione di superare questa crisi e di continuare nel loro necessario lavoro, il collasso potrebbe essere generale, trovandosi a dover accogliere gli studenti delle paritarie che non saranno in grado di riaprire a settembre, quelli che le famiglie tenderanno a spostare massicciamente nelle scuole statali per fronteggiare la crisi e ridurre i costi di iscrizione. La scuola però dovrà comunque continuare a sostenere costi fissi che lieviteranno a causa delle nuove regole del distanziamento sociale. Peraltro mi fa sorridere pensare a tutto questo gran da fare per tenere i ragazzi separati a scuola, anche perché, come ho già detto, scuola e distanziamento sociale sono un ossimoro, mentre ho visto - e lo stiamo vedendo tutti - cosa succede nelle discoteche o nei vari luoghi di aggregazione giovanile.
Presidenza del vice presidente TAVERNA (ore 19,31)
(Segue GALLONE). Rimane il fatto che già 83 (quasi 100) scuole paritarie sono chiuse, che le statali sono piene: dove andranno questi studenti? Dove andranno questi bambini con la scuola paritaria chiusa e la scuola statale piena?
Apro una parentesi a questo punto per mandare un messaggio da donna di scuola meno giovane, con una sola laurea, con una sola abilitazione, al ministro Azzolina, donna giovane di scuola con due lauree, per darle il mio parere su cosa fa di un Ministro un buon Ministro, cosa fa di una persona, la persona giusta al posto giusto: essere umili e assumersi le proprie responsabilità. L'umiltà soprattutto salverà il mondo: ascoltare, studiare ed essere presenti. Personalmente, dopo tanti anni di esperienza scolastica, politica, amministrativa, mi tremerebbero le vene ai polsi se mi venisse affidato un incarico di incredibile responsabilità come il suo, sapendo bene che non si viene giudicati per il genere, per l'età o per i titoli, ma per l'adeguatezza o meno al ruolo e alla funzione. (Applausi). Per questo forse oggi io sarei stata presente in quest'Aula ad ascoltare un dibattito così importante.
Le do un consiglio a distanza, signor Ministro. Dica al commissario Arcuri di trovare strade più semplici e più economiche per far ripartire la scuola: la strada della fiducia in chi sa come si fa; gli dica di usare i soldi pubblici per lasciar fare ai dirigenti, agli insegnanti, agli operatori della scuola. La scuola ha bisogno di spazi, di docenti stabilizzati, di sostegno per i servizi di trasporto, non di banchi assurdi. Non c'è bisogno di complicare ulteriormente le cose, di sprecare risorse, visto che sono proprio i dirigenti a non volerli. Mi sembra che scada stasera il termine ultimo per farne richiesta e voglio proprio vedere quanti li richiederanno.
Avviandomi alla conclusione, come ho già detto e ripetuto più e più volte, la scuola è il Paese nel Paese, è il biglietto da visita di una Nazione e rappresenta la mentalità di chi la guida. Se oggi la mozione n. 232 verrà votata da tutti e approvata, forse sarà una scintilla di speranza che riparta la possibilità di far crescere il Paese e tutto si potrà riaccendere.
Signor Presidente, le chiedo proprio un minuto perché stiamo trattando di un argomento molto importante.
PRESIDENTE. Le ho già concesso un minuto in più, senatrice. Le chiedo di avviarsi a concludere.
GALLONE (FIBP-UDC). La ringrazio, lei è sempre gentile. Non si possono prendere in giro i luoghi sacri dell'educazione che oggi sono ancora chiusi; chiediamo di smetterla di rimpallare le responsabilità ai dirigenti e al territorio, quindi ai Comuni. È una guerra tra poveri, mancano meno di due mesi alla riapertura della scuola e uno di questi mesi è agosto, quindi settembre è domani.
Chiedo a tutta l'Assemblea di sostenere questa mozione e tutte quelle a sostegno delle scuole paritarie. Lo chiedo a tutti e mi rivolgo al PD in particolare; ricordo infatti che proprio il ministro Fedeli aprì per prima il tavolo sul costo standard e che fu il ministro Berlinguer l'estensore della legge sulla parità. Vorrei infatti che in nome della libertà di pensiero, che sta alla base di ogni rivoluzione culturale, noi facessimo la vera rivoluzione e la vera riforma della scuola, con l'introduzione del costo standard per studente: occorre dare i soldi direttamente alle famiglie perché possano scegliere, senza differenza di casta, di censo, di reddito, di patrimonio, senza preclusioni, innescando un sistema di reale equità sociale, senza contare il risparmio per le casse dello Stato. Nel frattempo, occorre introdurre la detrazione fiscale totale delle rette, almeno quelle in attesa, per non far scappare le famiglie dalla scuola paritaria.
Se il primo rilancio non partirà dalla scuola, a cascata fallirà tutto il resto. Dimostriamo di avere le teste ben fatte, come voleva Montaigne, e non solo ben piene. Facciamo diventare questa mozione la mozione di tutti e, per una volta, rendiamo una riforma della scuola veramente rivoluzionaria: una riforma vera, moderna, definitiva, concreta. Rovesciamoli, i tavoli! Grazie, suor Anna Monia per tutto il lavoro che ha fatto per noi. (Applausi).
PITTONI (L-SP-PSd'Az). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PITTONI (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, nei provvedimenti del Governo per fronteggiare l'emergenza epidemiologica non erano state inserite adeguate misure di sostegno per le scuole paritarie, né per le famiglie degli studenti che le frequentano.
La conseguente chiusura di parte degli istituti paritari avrebbe comportato, oltre alla perdita del diritto di scelta educativa (e di posti di lavoro), un notevole aggravio per i conti pubblici, per l'inevitabile passaggio degli studenti dagli istituti paritari a quelli statali, rendendo, tra l'altro, ancora più problematico il reperimento degli spazi necessari per applicare le misure di distanziamento sociale.
Solo da poco una maggioranza trasversale, concretizzatasi in Commissione bilancio alla Camera sul decreto rilancio, ha portato ad aumentare i fondi per aiutare le famiglie colpite economicamente dal Covid-19, che si vedono impossibilitate a proseguire nel pagamento della retta delle scuole paritarie: 300 milioni di euro, che permetteranno di aiutare 12.000 istituti, 900.000 famiglie, 180.000 dipendenti, tra docenti e operatori.
L'iniziativa è nata per l'impegno delle forze di opposizione e dei cittadini, che si sono spesi in prima persona nel chiedere l'intervento dello Stato.
Opposizione e società civile hanno trainato parte della maggioranza fino ad approvare una modifica al decreto rilancio. È così che, per una volta, la quasi totalità delle forze politiche ha sostenuto la libertà di scelta educativa delle famiglie, ribadendo che la scuola paritaria è pubblica, al pari della scuola statale, ed entrambe sono fondamentali per il sistema scolastico nazionale che è, appunto, plurale.
Perdere il 30 per cento delle scuole paritarie - questo era il rischio - avrebbe significato lasciare scoperti 300.000 studenti, con conseguenze devastanti per lo Stato, visto il costo aggiuntivo prossimo ai 2,5 miliardi di euro. In piena emergenza Covid-19, le 40.000 scuole statali non avrebbero potuto accogliere l'utenza delle 13.000 paritarie e la mancata ripartenza della scuola avrebbe voluto dire consegnare i ragazzi delle aree disagiate alla criminalità, mentre la mancata riattivazione nel comparto da zero a sei anni avrebbe costretto molte mamme a rinunciare al lavoro.
A livello internazionale è ampiamente dimostrato che una sana concorrenza delle scuole alza il livello qualitativo dell'intero sistema dell'istruzione. Devono perciò essere attivati i costi standard, in quanto uno studente statale costa non meno di 5.500 euro l'anno, ma lo Stato ne destina solo 500 per gli alunni delle scuole paritarie. E sono destinati esclusivamente alle scuole statali 29 milioni di euro di risorse europee per istituire le smart-class alle superiori, ovvero la fornitura di dispositivi elettronici per l'e-learning. In questo modo sono stati esclusi 110.000 studenti delle scuole paritarie di secondo grado, sebbene l'avviso pubblicato sul sito ministeriale reciti di voler garantire le pari opportunità e il diritto allo studio.
Va anche segnalata la grave discriminazione che investe gli alunni disabili, che, a fronte della spesa di 20.000 euro che lo Stato sostiene per loro nella scuola statale, per quelli che frequentano la paritaria prevede solo 1.700 euro, di fatto lasciando l'onere a carico della famiglia o della scuola, con conseguenze particolarmente pesanti per le famiglie meno agiate.
Considerato che, per una soluzione adeguata alla necessità di maggiori spazi ove ubicare nuove classi che occorrerà formare per rispondere alle esigenze di distanziamento, le scuole paritarie hanno dato disponibilità all'utilizzo dei propri spazi in disuso per accogliere oltre un milione di alunni che non potranno essere accolti negli istituti pubblici, sollecitiamo chi di dovere a non ignorare tali proposte.
Con la nostra mozione impegniamo, inoltre, il Governo a prevedere la detraibilità integrale del costo delle rette versate dalle famiglie alle scuole pubbliche paritarie nei mesi di sospensione della didattica, fino a 5.500 euro, che è il costo standard di sostenibilità per allievo, e a valutare l'opportunità di attribuire alla famiglia una quota pari al costo standard di sostenibilità per allievo, consentendo così la libera scelta educativa delle famiglie.
La mozione intende altresì impegnare il Governo a promuovere una concertazione tra Stato e Regioni per trovare la piena copertura del docente di sostegno, sull'esempio di quanto fatto dalla Regione Lombardia, che destina 3.000 euro per ogni allievo disabile che frequenta la scuola paritaria.
Per quanto riguarda le mozioni delle altre forze politiche, mi pare esse confermino la convergenza emersa alla Camera dei deputati e di questo non possiamo che compiacerci.
In controtendenza, come al solito, è il MoVimento 5 Stelle, che nel suo documento chiede di estendere alle scuole paritarie le norme inerenti agli obblighi di pubblicazione di dati e informazioni, in particolare per quanto concerne l'organizzazione interna (articolazione uffici e organigramma); la titolarità di incarichi di collaborazione o consulenza (con estremi dell'atto di conferimento dell'incarico, curriculum vitae e compenso erogato); il conto annuale del personale e delle relative spese sostenute (con particolare riferimento ai dati relativi alla dotazione organica e al personale effettivamente in servizio e al relativo costo); i tassi di assenza; i dati relativi al personale non a tempo indeterminato; i provvedimenti adottati (quale, ad esempio, quello di assegnazione dei docenti alle classi); i dati sulla contrattazione collettiva integrativa; i documenti allegati del bilancio preventivo e del conto consuntivo; i beni immobili, oltre alla gestione del patrimonio.
In sostanza, i grillini chiedono di impegnare il Governo a richiedere a soggetti che restano privati, pur erogando un servizio di pubblica utilità, tutta una serie di adempimenti tipici degli organi pubblici e degli enti che vedono la massiccia partecipazione dello Stato, delle Regioni o degli enti locali in termini sia di finanziamento, che di gestione ordinaria, come avviene per esempio nelle municipalizzate.
In base al principio della libertà di insegnamento, invece, le scuole paritarie possono ricevere sussidi quando ne ricorrono le condizioni, ma sono autonome nella loro organizzazione, purché rispettino gli ordinamenti scolastici del sistema nazionale di istruzione e formazione. (Applausi).
Presidenza del vice presidente CALDEROLI (ore 19,40)
GRANATO (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GRANATO (M5S). Signor Presidente, colleghe e colleghi, con la mozione che abbiamo presentato intendiamo perseguire due obiettivi.
Il primo riguarda l'equiparazione degli obblighi di pubblicità e trasparenza tra scuole paritarie e scuole statali. Quanto al secondo, si chiede al Governo un impegno a verificare che il fondo di 300 milioni di euro conferito con il cosiddetto decreto rilancio a beneficio delle paritarie, a titolo di indennizzo delle rette non riscosse, vada effettivamente a colmare questa perdita subita. I soldi pubblici utilizzati per le misure di ristoro sono a debito e le istituzioni hanno il compito di vigilare sul buon fine di quest'operazione, che deve risultare meramente risarcitoria, posto che il finanziamento diretto e indiretto delle scuole paritarie private per i segmenti obbligatori è costituzionalmente inammissibile, diversamente da quanto propongono altre mozioni, come ad esempio quella a prima firma della senatrice Bernini, con cui addirittura si chiede uno sgravio contributivo pari al 100 per cento delle rette versate per le famiglie degli studenti iscritti alle paritarie.
Al primo punto della nostra mozione si chiede alle scuole paritarie pubbliche e private l'osservanza rigorosa delle prescrizioni in merito agli obblighi di pubblicità e trasparenza valevoli per le scuole statali, essendo queste abilitate a rilasciare punteggio agli insegnanti valevole nelle graduatorie pubbliche e titoli di studio aventi valore legale agli studenti.
Siccome, nonostante le regole apparentemente stringenti e i requisiti previsti dalla legge 10 marzo 2000, n. 62, che regolamenta la parità scolastica, la vigilanza ai suddetti enti da parte degli uffici scolastici regionali, per endemica carenza di personale ispettivo, è difficoltosa tanto da risultare quasi impossibile, si rende indispensabile estendere gli obblighi di pubblicità e trasparenza previsti dal decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, per le pubbliche amministrazioni anche alle paritarie private e pubbliche, onde consentire a chiunque di verificare, anche da remoto, il possesso e il mantenimento dei requisiti previsti per la parità scolastica da parte di questi enti, fermi restando ovviamente gli obblighi di verifica da parte dell'amministrazione, come da normativa vigente.
Molte di queste scuole - certamente le pubbliche paritarie, ma anche le paritarie private per il segmento infanzia e nidi, per esempio - ricevono finanziamenti da parte degli enti locali sulla quota loro spettante dei trasferimenti statali. È dunque indispensabile che ciascuna di esse si doti di sito web in cui siano resi noti - come avviene per la scuola statale - organigramma, bilancio, decreti di nomina del personale a tempo determinato e indeterminato, assegnazione dei docenti alle classi, orario didattico, piano triennale dell'offerta formativa, organi collegiali e loro delibere, regolamento d'istituto, patto educativo di corresponsabilità, registro elettronico delle presenze e delle attività. Tutto questo ai fini di tutelare famiglie e studenti, garantendo loro una effettiva equiparazione del servizio e per tutelare i docenti dal lavoro sommerso, addirittura nero, che la legge n. 62 del 2000 non è riuscita a scongiurare. Infatti, fatta la legge, trovato l'inganno: gli obblighi retributivi conformi al contratto collettivo nazionale vengono in alcuni casi elusi con vari espedienti che ci sono stati da più parti segnalati anonimamente.
Siamo venuti a conoscenza di episodi in cui la retribuzione effettuata ai docenti a mezzo di conto corrente bancario viene seguita da restituzione in contanti di parte o di tutto lo stipendio trasferito. Questa condizione viene posta all'accettazione dell'incarico al docente, pena il licenziamento, con conseguente perdita del punteggio. Oltre a ciò, ci è stata segnalata la pratica di attribuire ai docenti un surplus di lavoro che arriva anche fino al 40 per cento dell'orario settimanale extra non retribuito, con mansioni anche fuori contratto. Si parla di docenti addetti anche alla pulizia degli ambienti di lavoro, per fare un esempio. Se ciò avviene è perché lo Stato non riesce a esercitare la vigilanza che dovrebbe su questi enti, e i docenti non denunciano gli abusi, perché l'erogazione del punteggio stimola la connivenza tra datore di lavoro e sottoposto, e poiché sanno che, se vengono licenziati, dietro di loro, sempre per il punteggio - nel miraggio di farlo valere per un posto nelle scuole statali - c'è la fila.
Troppe opacità sul sistema scolastico privato paritario, del quale alcuni fanno l'elogio ignorando o fingendo di ignorare ciò che spesso si cela dietro.
Fiat lux: c'è bisogno di mettere a sistema un regime di trasparenza che consente a chiunque, a tutti i cittadini, di verificare gli atti ed eventualmente segnalare incongruenze nella gestione di queste scuole. Solo estendendo gli obblighi di pubblicità e trasparenza a questi enti vi si può riuscire, nel pieno rispetto del principio di trasparenza che deve essere esteso a tutti gli enti facenti parte del sistema nazionale di istruzione.
Noi del MoVimento 5 Stelle abbiamo deciso di non mettere la testa sotto la sabbia; siamo qui, per conto dei cittadini, a invitare tutti i parlamentari di maggioranza e opposizione a partecipare a questa battaglia di civiltà per la qualità della formazione di migliaia di bambine e bambini e per i diritti di migliaia di lavoratori del mondo della scuola.
Vogliamo valorizzare gli istituti virtuosi e obbligare quelli che non lo sono a diventarlo, nel rispetto della funzione pubblica cui assolvono, a beneficio di tutti gli studenti che non possono essere collocati in queste scuole solo perché le famiglie hanno bisogno di un tempo-scuola più adatto alle proprie esigenze, ma per assolvere al loro diritto-dovere all'istruzione riconosciuto dalla Costituzione.
Annuncio pertanto il voto a favore della mozione di cui sono prima firmataria per conto del Gruppo MoVimento 5 Stelle. (Applausi).
PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione, avverto che, in linea con una prassi consolidata, le mozioni saranno poste ai voti secondo l'ordine di presentazione.
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo della mozione n. 232, presentata dalla senatrice Bernini e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo della mozione n. 256 (testo 2), presentata dalla senatrice Granato e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo della mozione n. 259, presentata dal senatore Iannone e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo della mozione n. 267, presentata dal senatore Pittoni e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo della mozione n. 275 (testo 2), presentata dalla senatrice Sbrollini e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Si è così conclusa la nostra prima tornata di mozioni.
Interventi su argomenti non iscritti all'ordine del giorno
COMINCINI (IV-PSI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
COMINCINI (IV-PSI). Signor Presidente, due giorni fa è deceduta Giulia Maria Crespi, imprenditrice lombarda, ma soprattutto fondatrice e prima presidente per lungo tempo del Fondo ambiente italiano (FAI).
Credo che il suo impegno, la sua figura e la sua determinazione nel far sì che anche nel nostro Paese, come nei Paesi anglosassoni, i privati potessero e possano farsi carico, attraverso raccolte fondi specifiche, della valorizzazione, della salvaguardia, del recupero e del restauro dei beni culturali e ambientali siano stati un successo straordinario, del quale bisogna rendergliene merito e per il quale credo il nostro Paese debba dirle grazie. Se in Italia, infatti, si è riusciti a sviluppare una maggiore sensibilità sui temi dei beni culturali e ambientali, lo si deve anche grazie al lavoro del FAI e della presidente Crespi. Penso alle giornate di primavera del FAI e ai censimenti dei luoghi del cuore, iniziative che hanno mobilitato migliaia di persone nel desiderio di conoscere meglio il nostro patrimonio storico, artistico, culturale e ambientale e nel desiderio anche di poter recuperare e valorizzare alcuni beni specifici.
Mi piace poter ricordare questa insigne figura che ha dedicato larga parte della sua lunga vita perché è morta a novantasette anni. Maria Giulia Crespi è morta a questa età non occupandosi solo di cultura e ambiente. Voglio ricordarla, infatti, anche come proprietaria per tanti anni del «Corriere della Sera». Non è stata solo imprenditrice nell'ambito dell'editoria, ma anche, ereditando la tradizione della sua famiglia, imprenditrice nel mondo del cotone. Ha poi dedicato tempo ed energie all'agricoltura con una tenuta che ha fatto un po' scuola.
La voglio ricordare in questa Assemblea per il grande impegno e il grande sforzo che ha fatto a favore della cultura e dell'ambiente. È una figura che merita di essere ricordata. (Applausi).
FERRARA (M5S). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FERRARA (M5S). Signor Presidente, prendo la parola per esprimere, a nome dell'intero Gruppo MoVimento 5 Stelle, le nostre più sentite condoglianze alla famiglia del collaboratore ONU Mario Paciolla. (Applausi), trovato morto il 15 luglio scorso nel suo appartamento a San Vicente del Caguán in Colombia. Ci vorrà qualche giorno per conoscere i primi risultati dell'autopsia, ma vorrei ringraziare l'ambasciatore Gherardo Amaduzzi e il nostro ministro degli affari esteri Luigi Di Maio che si sono subito attivati per sostenere la famiglia in questo difficile momento e per far luce sulle circostanze che hanno portato alla morte di Mario.
Al Ministro ho anticipato che presenterò un'interrogazione per aggiornare il Parlamento su questo caso. Del resto l'ipotesi del suicidio, avanzata in un primo momento dalla polizia colombiana, sembra sempre meno attendibile. Ci sono infatti troppe incongruenze che potrebbero far presagire un nuovo caso Regeni; in particolare un biglietto aereo, prenotato per il 20 luglio, giorno in cui il nostro cooperante sarebbe dovuto rientrare a Napoli. A diversi amici Paciolla aveva poi confidato di sentirsi in pericolo; sul corpo, inoltre, sono stati trovati dei tagli incompatibili con l'ipotesi del suicidio. Signor Presidente, auspico inoltre che la missione ONU in Colombia presti la massima collaborazione alle autorità, fornendo tutte le informazioni in suo possesso.
C'è infine un contesto politico, quello dell'accordo di pace tra FARC e Governo colombiano, che non ha portato alla stabilità auspicata. In tutta la Colombia si susseguono omicidi mirati di sindacalisti, ambientalisti e attivisti per i diritti sociali ed economici. Sono già 348 i leader sociali assassinati sotto il Governo Duque, 234 dei quali soltanto nel 2019: numeri altissimi su cui è calato il silenzio della comunità internazionale, particolarmente attiva invece in altri contesti.
Concludo, Presidente, ricordando che il lavoro di Paciolla e di molti suoi colleghi, che in tante parti del mondo si prodigano in prima persona per la pace e la giustizia, è un valore prezioso per il nostro Paese e la sua politica estera. Purtroppo molte volte questi ragazzi rischiano la propria vita per perseguire alti ideali di giustizia. A loro va tutto il nostro riconoscimento. (Applausi).
BRIZIARELLI (L-SP-PSd'Az). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BRIZIARELLI (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, ho chiesto di intervenire per portare a conoscenza dell'Assemblea quanto è accaduto in queste ore in Umbria, a Gualdo Cattaneo, che è lo specchio di quanto sta avvenendo a Taranto, in Basilicata e in Veneto e che è la diretta conseguenza delle politiche di questo Governo, che già solo annunciando la volontà di voler cancellare i decreti sicurezza voluti da Matteo Salvini ha visto moltiplicare per tre gli sbarchi nel primo semestre: da 2.500 a 7.000.
Succede allora che persone che arrivano in Italia senza permesso - li chiamano migranti, ma a noi piace chiamarli con il loro nome, quello di clandestini - vengano inviati dalla prefettura di Agrigento, che ha la competenza su Lampedusa, in giro per l'Italia. Avviene che i sindaci vengano al massimo informati per correttezza istituzionale dalla prefettura, con decisioni che vengono prese sopra la loro testa, e che venticinque di questi clandestini siano arrivati, appunto, a Gualdo Cattaneo, provenienti dalla Tunisia. Non ci risulta che in Tunisia ci siano guerre. Sono arrivati il giovedì pomeriggio; ebbene, già il sabato pomeriggio 23 su 25 si erano dileguati indisturbati, visto che non c'era stato nessun controllo da parte dei gestori.
Lo scandalo, dal nostro punto di vista, sta allora in un sistema (se non organizzato, tollerato) che è inaccettabile. Ci si potrebbe scrivere un libro, se un libro non l'avesse già scritto Mario Giordano che si intitola «Profugopoli». Ebbene, non è accettabile che i gestori non garantiscano una presenza fisica, continua e costante nelle strutture. Non è accettabile che possano passare ore prima che ci si accorga che delle persone sono fuggite e che lo abbiano fatto senza essere stati sottoposti al tampone, ma semplicemente al test sierologico, mettendo a rischio non solo la sicurezza ma anche la salute.
È per questo che, come Gruppo Lega-Salvini Premier-Partito Sardo d'Azione, abbiamo predisposto una mozione - e non semplicemente un'interrogazione per sapere che cosa non abbia funzionato - che preveda regole più stringenti e sanzioni per i gestori delle strutture qualora si rilevi una diretta mancanza di controllo all'interno di esse oppure un ritardo o una mancata denuncia in caso di allontanamenti dalle strutture. È ora che chi sbaglia paghi per i propri errori, soprattutto quando, come sta avvenendo in queste ore, si mette a rischio, ancor prima della sicurezza, la salute dei cittadini italiani. (Applausi).
ASTORRE (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ASTORRE (PD). Signor Presidente, voglio portare all'attenzione di quest'Assemblea una vicenda che ha dell'incredibile, se non fosse vero che sta avvenendo in alcune cittadine qui in provincia di Roma, a pochi chilometri distanza. A Colonna, San Cesareo (in particolare in località Campo Gillaro), Monte Compatri (in particolare in località Laghetto) e Rocca Priora (in particolare in località Faeta) migliaia di cittadini, se non decine di migliaia (ripeto, a pochi chilometri da Roma), stanno subendo una vicenda che ha dell'incredibile: odori nauseabondi che si sentono da svariati mesi in questo territorio.
Sabato scorso è stata fatta una manifestazione a San Cesareo, organizzata dal comitato «Aria pulita», cui hanno partecipato numerosi cittadini che non possono più respirare. In particolare nelle prime ore del giorno, le ultime della notte, si sentono degli odori nauseabondi dei quali non si riesce a capire la provenienza. L'ARPA Lazio sta svolgendo le sue indagini, ma purtroppo le sue centraline non sono tarate per gli odori nauseabondi, ma soltanto per l'inquinamento atmosferico.
Pertanto, sono in quest'Aula a chiedere, dopo che l'ho fatto con un atto di sindacato ispettivo, in particolare al Ministero dell'ambiente e al sottosegretario Morassut che ne è informato, di predisporre al più presto una normativa nazionale sugli odori nauseabondi. So che nel prossimo provvedimento collegato ambientale ci dovrebbe essere. Sono qui perché i sindaci dei Comuni di Colonna, San Cesareo, Monte Compatri e Rocca Priora hanno scritto alle procure della Repubblica, quindi mi aspetto che le procure della Repubblica di Tivoli e di Velletri, che sono state interessate, svolgano presto il loro lavoro. Il gruppo dei Carabinieri di Frascati sta indagando tramite i carabinieri forestali ed è stato interessato anche il Nucleo operativo ecologico. Stanno controllando a tappeto tutti gli impianti.
Credo che sia una situazione che colpisce la salute e che ha dell'inverosimile, quindi auspico che l'Assemblea del Senato e i Ministri interessati possano svolgere immediatamente il loro compito. Questi cittadini e i loro figli non possono più vivere in questa situazione, quindi al più presto l'autorità giudiziaria, la polizia giudiziaria e l'intervento normativo debbono porre rimedio a questa situazione di incredibile disagio.
MALAN (FIBP-UDC). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MALAN (FIBP-UDC). Signor Presidente, domenica scorsa a Villa San Giovanni, vicino alla spiaggia, due ragazzi di quattordici-quindici anni che nuotavano in acque che non conoscevano sono stati trascinati dalla corrente, che è molto forte in quell'area vicino allo Stretto di Messina, ed erano in gravi difficoltà. In particolare, uno di essi non era più in grado di nuotare perché afflitto dai crampi nel tentativo, inutile, di contrastare la corrente. Entrambi erano in immediato pericolo di vita. Un atletico quarantenne, che era in spiaggia con la famiglia, si è lanciato al loro soccorso avendo la presenza di spirito di portare con sé un attrezzo galleggiante. Ha raggiunto i due ragazzi, è riuscito a farli aggrappare al galleggiante e poi, con non poca fatica, a riportarli a riva salvando loro la vita.
Quel quarantenne è il senatore Marco Siclari, che ha compiuto questo atto ovviamente senza qualificarsi da senatore ma qualificando la propria carica con un atto davvero rischioso, perché due ragazzi di quattordici-quindici anni - lo dico da maestro di salvamento a nuoto - se si agganciano al soccorritore presi dal panico, mettono davvero in pericolo la sua vita. Invece la vicenda è finita bene: si sono salvati i ragazzi e anche il senatore Siclari è potuto tornare ed ora essere con noi in Aula. (Applausi).
PRESIDENTE. Grazie, senatore Malan. Se ho letto bene credo che abbia usato un materassino per poter far aggrappare i ragazzi. Mi complimento anch'io per il gesto.
Atti e documenti, annunzio
PRESIDENTE. Le mozioni, le interpellanze e le interrogazioni pervenute alla Presidenza, nonché gli atti e i documenti trasmessi alle Commissioni permanenti ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento sono pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.
Ordine del giorno
per la seduta di mercoledì 22 luglio 2020
PRESIDENTE. Il Senato tornerà a riunirsi in seduta pubblica domani, mercoledì 22 luglio, alle ore 9,30, con il seguente ordine del giorno:
La seduta è tolta (ore 20,05).
Allegato A
MOZIONI
Mozioni sul protocollo aeronautico della convenzione di Città del Capo del 2001
(1-00133) (29 maggio 2019)
Lupo, Coltorti, Santillo, Dessì, Di Girolamo, Fede, Ricciardi, Donno, Leone, Giannuzzi, Marco Pellegrini, Gallicchio, D'Angelo, Bottici, Lannutti, Pirro, Riccardi, Floridia, Montevecchi, Mollame, Corbetta, Castellone, Airola, Anastasi, Cioffi, Croatti, Crucioli, Di Micco, Dell'Olio, Fenu, Garruti, Gaudiano, Girotto, Guidolin, L'Abbate, La Mura, Licheri, Evangelista, Lorefice, Maiorino, Mantovani, Marinello, Matrisciano, Mautone, Mininno, Moronese, Morra, Pavanelli, Pesco, Piarulli, Giuseppe Pisani, Presutto, Romano, Santangelo, Taverna, Toninelli, Lanzi, Angrisani, Accoto, Campagna, Marilotti, Trentacoste, De Lucia, Granato, Naturale, Pacifico, Lezzi. -
V. testo 2
Il Senato,
premesso che:
il trattato di Città del Capo è un trattato multilaterale adottato nell'ambito della conferenza diplomatica tenutasi a Città del Capo tra il 29 ottobre e il 16 novembre 2001 e promossa dall'Istituto internazionale per l'unificazione del diritto privato (Unidroit), alla quale hanno partecipato 68 Paesi e 14 organizzazioni internazionali. Il trattato è composto dalla convenzione relativa alle garanzie internazionali sui beni mobili strumentali (Convention on international interests in mobile equipment) e da tre protocolli riguardanti, rispettivamente, il materiale aeronautico, il materiale rotabile ferroviario ed i beni spaziali;
sia la convenzione che i protocolli hanno lo scopo di offrire un quadro normativo omogeneo per la registrazione delle proprietà, interessi di sicurezza, locazioni e contratti condizionali di vendita, nonché diversi strumenti giuridici in caso di insolvenza per le convenzioni di finanziamento;
tale quadro giuridico internazionale mira, come indicato nella relazione della Commissione delle Comunità europee (Commissione CE, SEC (2002) 1308, Bruxelles 3 marzo 2003), a "facilitare l'offerta di finanziamento dei beni aeronautici, aeromobili o parti di essi, attraverso la creazione di una garanzia internazionale particolarmente forte a favore dei creditori (venditori a credito, organismi finanziari che hanno finanziato tali beni) che accorda loro la prelazione assoluta su tali beni in un registro internazionale";
con la costituzione della garanzia internazionale, i finanziatori, attraverso l'iscrizione nel predetto registro telematico internazionale, godono della possibilità di recuperare i beni aeronautici, ovvero gli aeromobili che, attraverso le loro organizzazioni, vengono dati in locazione (finanziaria od operativa, dry lease) alle compagnie aeree per consentire loro di effettuare i servizi di trasporto. La garanzia internazionale consente ai finanziatori, nell'accezione più ampia di veri e propri finanziatori o di locatori di aeromobili, una prelazione assoluta su tali beni anche in caso di insolvenza del debitore, ovvero della compagnia aerea;
la convenzione è entrata in vigore il 1° aprile 2004 ed è stata firmata da 28 Paesi, mentre il protocollo riguardante gli aspetti inerenti al materiale aeronautico (Protocol on matters specific to aircraft equipment) è entrato in vigore il 1° marzo 2006 ed è stato ratificato inizialmente da otto Paesi, ai quali se ne sono successivamente aggiunti altri per un totale di 46 Paesi;
l'Italia ha firmato sia la convenzione che il protocollo sul materiale aeronautico il 6 dicembre 2001, ma non ha ratificato, ad oggi, tali strumenti. Ciò comporta che, nel mercato italiano, i finanziamenti di aeromobili, sia che si tratti di leasing finanziario o di dry lease, hanno costi più alti: i vettori aerei operanti in Italia non possono, infatti, accedere alla regolamentazione finanziaria relativa alle garanzie internazionali iscritte nel registro telematico, e laddove ciò avvenga sono costretti a registrare, per espressa richiesta del finanziatore (lessor), gli aeromobili in Paesi che hanno ratificato la convenzione e il protocollo anziché nel registro aeronautico nazionale (RAN);
il 29 aprile 2009 si è concluso il procedimento di adesione da parte dell'Unione europea che, con decisione del Consiglio, ha reso possibile l'entrata in vigore nell'ordinamento europeo della convenzione e del protocollo sul materiale aeronautico a partire dal successivo 1° agosto;
considerato che:
gli articoli da 8 a 15 della convenzione e gli articoli IX e XVI del protocollo sul materiale aeronautico disciplinano l'efficacia e l'opponibilità ai terzi della garanzia iscritta nel registro internazionale e, in particolare, stabiliscono i rimedi di cui il creditore dispone per recuperare il possesso del bene anche in caso di apertura di una procedura di insolvenza nei confronti del debitore;
ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, della convenzione, l'iscrizione al registro telematico, e la conseguente applicazione del regime di opponibilità ed efficacia a favore del soggetto erogatore del finanziamento che ha provveduto ad iscrivere la relativa garanzia, è possibile solo se il debitore è situato in uno Stato contraente;
l'articolo IV, paragrafo 1, del protocollo dispone inoltre che la convenzione si applichi anche agli elicotteri e alle cellule di aeromobili facenti parte di un aeromobile immatricolato nel registro degli aeromobili di uno Stato contraente che sia lo Stato di immatricolazione, o qualora l'immatricolazione venga effettuata in applicazione di un accordo in forza del quale saranno registrati;
rilevato che:
il protocollo disciplina, all'articolo XI, le modalità di restituzione del materiale aeronautico che costituisce la garanzia del creditore per insolvenza del debitore ma, specifica chiaramente al paragrafo 1, che l'articolo possa essere applicato solo qualora uno Stato contraente che sia la giurisdizione principale dell'insolvenza abbia effettuato una dichiarazione in applicazione del paragrafo 3 dell'articolo XXX;
all'atto dell'adesione, l'Unione europea non ha effettuato la specifica dichiarazione prevista dagli articoli XI e XXX, paragrafo 3, del protocollo sul materiale aeronautico, lasciando agli Stati membri la competenza sull'eventuale ratifica e recepimento della disciplina per i casi di insolvenza. Nelle more di tale recepimento devono applicarsi le previsioni contenute nel regolamento (CE) n. 1346/2000 sulle procedure di insolvenza, come sostituito dal regolamento (UE) 2015/848;
considerato, infine, che:
la richiamata normativa internazionale consente ai proprietari di aeromobili e ai lessor di costituire sugli aeromobili dati in locazione ai vettori garanzie mobiliari che permettono al creditore di rimanere in possesso dell'aeromobile, consentendone dunque l'attività imprenditoriale nel settore aeronautico;
il mancato recepimento da parte dell'Italia dell'articolo XI del protocollo sul materiale aeronautico rappresenta uno dei maggiori ostacoli che i lessor e le imprese costruttrici di aeromobili rilevano al fine di consentire ad una compagnia aerea in possesso di licenza italiana di operatore aereo di registrare l'aeromobile nel RAN gestito dall'Ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC);
la difficoltà a ratificare da parte dell'Italia è probabilmente dovuta al fatto che la convenzione è caratterizzata da meccanismi che possono discostarsi dai tradizionali principi del nostro ordinamento in tema di garanzie a favore dei creditori. Proprio in ragione della differenza tra gli ordinamenti di common law e civil law, la convenzione ha previsto un meccanismo di ratifica suscettibile di consentire agli ordinamenti di civil law, quale quello italiano, di aderire con alcune riserve;
affinché la disciplina possa trovare applicazione nel nostro ordinamento occorrerà, inoltre, adeguare le norme contenute nel codice della navigazione (di cui al regio decreto 30 marzo 1942, n. 327, e successive modificazioni);
l'articolo 760 del codice, in particolare, richiede un'attesa dell'aeromobile in Italia di 60 giorni nel caso di richiesta di cancellazione dello stesso dal RAN, termine a tutela dei creditori entro il quale possono far valere i loro diritti proponendo la loro opposizione alla cancellazione all'ENAC, costringendo, di fatto, gli operatori del settore a rivolgersi alle autorità di aviazione civile di altri Paesi UE che hanno procedure più rapide per le attività amministrative di registrazione e cancellazione anziché rivolgersi ad ENAC,
impegna il Governo:
1) a presentare alle Camere il disegno di legge di ratifica della convenzione di Cape Town e del relativo protocollo aeronautico, firmati a Cape Town il 16 novembre 2001, attivando in particolare ogni azione utile al recepimento della disciplina relativa ai rimedi per i casi di insolvenza di cui all'articolo XI del protocollo, concernente le garanzie internazionali su beni mobili strumentali, mediante specifica dichiarazione ai sensi dell'articolo XXX, paragrafo 3, del protocollo, con le eventuali riserve e dichiarazioni previste;
2) a provvedere al corrispondente riordino e adeguamento delle disposizioni contenute nel codice della navigazione in relazione alle procedure di registrazione e cancellazione degli aeromobili dal registro aeronautico nazionale.
(1-00133) (testo 2) (21 luglio 2020)
Lupo, Coltorti, Santillo, Dessì, Di Girolamo, Fede, Ricciardi, Donno, Leone, Giannuzzi, Marco Pellegrini, Gallicchio, D'Angelo, Bottici, Lannutti, Pirro, Riccardi, Floridia, Montevecchi, Mollame, Corbetta, Castellone, Airola, Anastasi, Cioffi, Croatti, Crucioli, Di Micco, Dell'Olio, Fenu, Garruti, Gaudiano, Girotto, Guidolin, L'Abbate, La Mura, Licheri, Evangelista, Lorefice, Maiorino, Mantovani, Marinello, Matrisciano, Mautone, Mininno, Moronese, Morra, Pavanelli, Pesco, Piarulli, Giuseppe Pisani, Presutto, Romano, Santangelo, Taverna, Toninelli, Lanzi, Angrisani, Accoto, Campagna, Marilotti, Trentacoste, De Lucia, Granato, Naturale, Pacifico, Lezzi. -
Approvata
Il Senato,
premesso che:
il trattato di Città del Capo è un trattato multilaterale adottato nell'ambito della conferenza diplomatica tenutasi a Città del Capo tra il 29 ottobre e il 16 novembre 2001 e promossa dall'Istituto internazionale per l'unificazione del diritto privato (Unidroit), alla quale hanno partecipato 68 Paesi e 14 organizzazioni internazionali. Il trattato è composto dalla convenzione relativa alle garanzie internazionali sui beni mobili strumentali (Convention on international interests in mobile equipment) e da tre protocolli riguardanti, rispettivamente, il materiale aeronautico, il materiale rotabile ferroviario ed i beni spaziali;
sia la convenzione che i protocolli hanno lo scopo di offrire un quadro normativo omogeneo per la registrazione delle proprietà, interessi di sicurezza, locazioni e contratti condizionali di vendita, nonché diversi strumenti giuridici in caso di insolvenza per le convenzioni di finanziamento;
tale quadro giuridico internazionale mira, come indicato nella relazione della Commissione delle Comunità europee (Commissione CE, SEC (2002) 1308, Bruxelles 3 marzo 2003), a "facilitare l'offerta di finanziamento dei beni aeronautici, aeromobili o parti di essi, attraverso la creazione di una garanzia internazionale particolarmente forte a favore dei creditori (venditori a credito, organismi finanziari che hanno finanziato tali beni) che accorda loro la prelazione assoluta su tali beni in un registro internazionale";
con la costituzione della garanzia internazionale, i finanziatori, attraverso l'iscrizione nel predetto registro telematico internazionale, godono della possibilità di recuperare i beni aeronautici, ovvero gli aeromobili che, attraverso le loro organizzazioni, vengono dati in locazione (finanziaria od operativa, dry lease) alle compagnie aeree per consentire loro di effettuare i servizi di trasporto. La garanzia internazionale consente ai finanziatori, nell'accezione più ampia di veri e propri finanziatori o di locatori di aeromobili, una prelazione assoluta su tali beni anche in caso di insolvenza del debitore, ovvero della compagnia aerea;
la convenzione è entrata in vigore il 1° marzo 2006 ed è stata firmata o aderita da 81 Paesi, mentre il protocollo riguardante gli aspetti inerenti al materiale aeronautico (Protocol on matters specific to aircraft equipment) è sempre entrato in vigore il 1° marzo 2006 ed è stato ratificato inizialmente da otto Paesi, ai quali se ne sono successivamente aggiunti altri per un totale di 65 Paesi;
l'Italia ha firmato sia la convenzione che il protocollo sul materiale aeronautico il 6 dicembre 2001, ma non ha ratificato, ad oggi, tali strumenti. Ciò comporta che, nel mercato italiano, i finanziamenti di aeromobili, sia che si tratti di leasing finanziario o di dry lease, potrebbero avere costi più alti; i vettori aerei operanti in Italia possono comunque accedere alla regolamentazione finanziaria relativa alle garanzie internazionali iscritte nel registro telematico, registrando gli aeromobili in Paesi che hanno ratificato la convenzione;
il 29 aprile 2009 si è concluso il procedimento di adesione da parte dell'Unione europea che, con decisione del Consiglio, ha reso possibile l'entrata in vigore nell'ordinamento europeo della convenzione e del protocollo sul materiale aeronautico a partire dal successivo 1° agosto;
considerato che:
gli articoli da 8 a 15 della convenzione e gli articoli IX e XVI del protocollo sul materiale aeronautico disciplinano l'efficacia e l'opponibilità ai terzi della garanzia iscritta nel registro internazionale e, in particolare, stabiliscono i rimedi di cui il creditore dispone per recuperare il possesso del bene anche in caso di apertura di una procedura di insolvenza nei confronti del debitore;
ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, della convenzione, l'iscrizione al registro telematico, e la conseguente applicazione del regime di opponibilità ed efficacia a favore del soggetto erogatore del finanziamento che ha provveduto ad iscrivere la relativa garanzia, è possibile solo se il debitore è situato in uno Stato contraente;
l'articolo IV, paragrafo 1, del protocollo dispone inoltre che la convenzione si applichi anche agli elicotteri e alle cellule di aeromobili facenti parte di un aeromobile immatricolato nel registro degli aeromobili di uno Stato contraente che sia lo Stato di immatricolazione, o qualora l'immatricolazione venga effettuata in applicazione di un accordo in forza del quale saranno registrati;
rilevato che:
il protocollo disciplina, all'articolo XI, le modalità di restituzione del materiale aeronautico che costituisce la garanzia del creditore per insolvenza del debitore ma, specifica chiaramente al paragrafo 1, che l'articolo possa essere applicato solo qualora uno Stato contraente che sia la giurisdizione principale dell'insolvenza abbia effettuato una dichiarazione in applicazione del paragrafo 3 dell'articolo XXX;
all'atto dell'adesione, l'Unione europea non ha effettuato la specifica dichiarazione prevista dagli articoli XI e XXX, paragrafo 3, del protocollo sul materiale aeronautico, lasciando agli Stati membri la competenza sull'eventuale ratifica e recepimento della disciplina per i casi di insolvenza. Nelle more di tale recepimento devono applicarsi le previsioni contenute nel regolamento (CE) n. 1346/2000 sulle procedure di insolvenza, come sostituito dal regolamento (UE) 2015/848;
considerato, infine, che:
la richiamata normativa internazionale consente ai proprietari di aeromobili e ai lessor di costituire sugli aeromobili dati in locazione ai vettori garanzie mobiliari che permettono al creditore di rimanere in possesso dell'aeromobile, consentendone dunque l'attività imprenditoriale nel settore aeronautico;
il mancato recepimento da parte dell'Italia dell'articolo XI del protocollo sul materiale aeronautico rappresenta uno dei maggiori ostacoli che i lessor e le imprese costruttrici di aeromobili rilevano al fine di consentire ad una compagnia aerea in possesso di licenza italiana di operatore aereo di registrare l'aeromobile nel RAN gestito dall'Ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC);
la difficoltà a ratificare da parte dell'Italia è probabilmente dovuta al fatto che la convenzione è caratterizzata da meccanismi che possono discostarsi dai tradizionali principi del nostro ordinamento in tema di garanzie a favore dei creditori; affinché la disciplina possa trovare applicazione nel nostro ordinamento occorrerà, inoltre, adeguare le norme contenute nel codice della navigazione (di cui al regio decreto 30 marzo 1942, n. 327, e successive modificazioni);
l'articolo 760 del codice, in particolare, richiede un'attesa dell'aeromobile in Italia di 60 giorni nel caso di richiesta di cancellazione dello stesso dal RAN, termine a tutela dei creditori entro il quale possono far valere i loro diritti proponendo la loro opposizione alla cancellazione all'ENAC, costringendo, di fatto, gli operatori del settore a rivolgersi alle autorità di aviazione civile di altri Paesi UE che hanno procedure più rapide per le attività amministrative di registrazione e cancellazione anziché rivolgersi ad ENAC,
impegna il Governo:
1) a favorire, in tempi rapidi, l'avvio dell'iter per la presentazione alle Camere del disegno di legge di autorizzazione alla ratifica della convenzione di Cape Town e del relativo protocollo aeronautico, firmati a Cape Town il 16 novembre 2001, coinvolgendo tutte le amministrazioni preposte, con le eventuali riserve e dichiarazioni previste;
2) a provvedere, successivamente all'avvio dell'iter di autorizzazione alla ratifica di cui al precedente impegno, al conseguente riordino e adeguamento delle disposizioni contenute nel codice della navigazione in relazione alle procedure di registrazione e cancellazione degli aeromobili dal registro aeronautico nazionale, nonché della normativa nazionale in materia di insolvenza e di regime delle garanzie reali, oltre che delle pertinenti disposizioni processuali.
(1-00270) (21 luglio 2020)
Bernini, Malan, Aimi, Barboni, Mallegni, Galliani, Gallone, Giammanco, Mangialavori, Pichetto Fratin, Rizzotti, Ronzulli, Vitali. -
V. testo 2
Il Senato,
premesso che:
con il trattato multilaterale di Città del Capo, promosso dall'Istituto internazionale per l'unificazione del diritto privato (Unidroit), si intende creare un complesso di norme omogenee, di standard e di garanzie internazionali, relativamente a beni mobili strumentali quali aeromobili e motori, che abbiano validità sul territorio degli Stati aderenti;
il trattato si compone della convenzione relativa alle garanzie internazionali su beni mobili strumentali ("Convention on International Interests in Mobile Equipment") e di tre protocolli riguardanti il materiale aereonautico, il materiale rotabile ferroviario ed i beni spaziali;
la Convenzione, in particolare, è entrata in vigore il 1° aprile 2004 ed è stata firmata dal 28 Paesi. Il Protocollo sul materiale aeronautico, invece, è entrato in vigore il primo 1° marzo 2006; vi aderiscono, ad oggi, 46 Paesi;
considerato che:
la Convenzione e i relativi protocolli hanno dunque lo scopo di offrire un quadro normativo che semplifichi l'offerta di finanziamento di beni aeronautici mediante una garanzia internazionale che risulta essere particolarmente favorevole per i finanziatori i quali, grazie al meccanismo di iscrizione a un registro telematico internazionale, possono così godere di un diritto di prelazione assoluta sui propri beni mobili dati in locazione alle compagnie aeree: clausola che risulta particolarmente importante per esempio, in caso di insolvenza del debitore;
l'Italia ha firmato la Convenzione e il Protocollo sul materiale aeronautico il 6 dicembre 2001, ma, ad oggi, non ha ancora ratificato tali strumenti. L'immediata conseguenza è che, sul mercato italiano, i finanziamenti di aeromobili hanno costi più alti; finanziatori e debitori non possono pertanto accedere alla regolamentazione finanziaria relativa alle garanzie internazionali iscritte nel registro telematico internazionale;
rilevato che:
sono diverse e numerose le garanzie per finanziatori e debitori contenute nel Trattato. Tra queste, la disciplina di efficacia e opponibilità ai terzi della garanzia iscritta nel registro internazionale (art. 3, paragrafo 1) e l'applicabilità della convenzione stessa anche agli elicotteri e alle cellule di aeromobili facenti parte di un aeromobile immatricolato nel registro degli aeromobili di uno Stato contraente (Articolo IV, paragrafo 6);
il Protocollo inoltre disciplina, all'articolo XI, le modalità di restituzione del materiale aeronautico in caso di insolvenza del creditore specificando tuttavia che tali modalità si applichino nel caso in cui sia stata effettuata una dichiarazione formale in applicazione del paragrafo 3 dell'articolo XXX;
l'Unione europea, all'atto dell'adesione, non ha effettuato specifica dichiarazione, lasciando agli Stati membri la competenza della ratifica del Trattato;
la ratifica del menzionato Trattato diverrà importante ed imprescindibile quando esso sarà stato modificato e potenziato; occorre infatti notare che, da diversi anni, ormai le compagnie aeree non sono più obbligate a possedere aeromobili di proprietà. Pertanto, al giorno d'oggi, è possibile fondare una compagnia aerea anche con tutti gli aeromobili in leasing, in condizioni dunque molto semplificate e che richiedono una capacità finanziaria notevolmente ridotta;
tale situazione può costituire elemento di grande criticità poiché sono diverse le compagnie aeree nate e fallite in poco tempo;
la cessazione di attività da parte di una compagnia aerea ha spesso implicato la mancata retribuzione del personale, il mancato versamento dei contributi all'INPS ed al Fondo Volo, il mancato pagamento dei fornitori, senza contare che, spesso, sono venute meno le tutele per i passeggeri che non hanno potuto effettuare i voli che avevano pagato, generando grave danno per la collettività,
impegna il Governo:
1) a presentare alle Camere il disegno di legge di ratifica della convenzione di Città del Capo e del relativo Protocollo in materia di materiale aeronautico;
2) ad adottare, all'interno del medesimo disegno di legge, iniziative normative, volte ad innalzare le garanzie economiche necessarie a fondare una compagnia aerea in Italia e nella Comunità Europea, prevedendo, tra l'altro, che una nuova compagnia aerea disponga di buona solidità finanziaria, da dimostrarsi anche, solo a titolo di esempio, tramite la proprietà di aerei;
3) ad attivarsi, per quanto di competenza e anche attraverso accordi internazionali, al fine di stabilire controlli efficaci sulle compagnie aeree che operano in Italia;
4) ad attivarsi al fine di potenziare le funzioni dell'ENAC, affinché l'ente stesso possa svolgere realmente le verifiche sull'adeguatezza ed il rispetto degli standard stabiliti.
(1-00270) (testo 2) (21 luglio 2020)
Bernini, Malan, Aimi, Barboni, Mallegni, Galliani, Gallone, Giammanco, Mangialavori, Pichetto Fratin, Rizzotti, Ronzulli, Vitali. -
Votata per parti separate. Approvata la parte evidenziata in neretto; respinta la restante parte.
Il Senato,
premesso che:
con il trattato multilaterale di Città del Capo, promosso dall'Istituto internazionale per l'unificazione del diritto privato (Unidroit), si intende creare un complesso di norme omogenee, di standard e di garanzie internazionali, relativamente a beni mobili strumentali quali aeromobili e motori, che abbiano validità sul territorio degli Stati aderenti;
il trattato si compone della convenzione relativa alle garanzie internazionali su beni mobili strumentali ("Convention on International Interests in Mobile Equipment") e di tre protocolli riguardanti il materiale aereonautico, il materiale rotabile ferroviario ed i beni spaziali;
la Convenzione, in particolare, è entrata in vigore il 1° aprile 2004 ed è stata firmata dal 28 Paesi. Il Protocollo sul materiale aeronautico, invece, è entrato in vigore il primo 1° marzo 2006; vi aderiscono, ad oggi, 46 Paesi;
considerato che:
la Convenzione e i relativi protocolli hanno dunque lo scopo di offrire un quadro normativo che semplifichi l'offerta di finanziamento di beni aeronautici mediante una garanzia internazionale che risulta essere particolarmente favorevole per i finanziatori i quali, grazie al meccanismo di iscrizione a un registro telematico internazionale, possono così godere di un diritto di prelazione assoluta sui propri beni mobili dati in locazione alle compagnie aeree: clausola che risulta particolarmente importante per esempio, in caso di insolvenza del debitore;
l'Italia ha firmato la Convenzione e il Protocollo sul materiale aeronautico il 6 dicembre 2001, ma, ad oggi, non ha ancora ratificato tali strumenti. L'immediata conseguenza è che, sul mercato italiano, i finanziamenti di aeromobili hanno costi più alti; finanziatori e debitori non possono pertanto accedere alla regolamentazione finanziaria relativa alle garanzie internazionali iscritte nel registro telematico internazionale;
rilevato che:
sono diverse e numerose le garanzie per finanziatori e debitori contenute nel Trattato. Tra queste, la disciplina di efficacia e opponibilità ai terzi della garanzia iscritta nel registro internazionale (art. 3, paragrafo 1) e l'applicabilità della convenzione stessa anche agli elicotteri e alle cellule di aeromobili facenti parte di un aeromobile immatricolato nel registro degli aeromobili di uno Stato contraente (Articolo IV, paragrafo 6);
il Protocollo inoltre disciplina, all'articolo XI, le modalità di restituzione del materiale aeronautico in caso di insolvenza del creditore specificando tuttavia che tali modalità si applichino nel caso in cui sia stata effettuata una dichiarazione formale in applicazione del paragrafo 3 dell'articolo XXX;
l'Unione europea, all'atto dell'adesione, non ha effettuato specifica dichiarazione, lasciando agli Stati membri la competenza della ratifica del Trattato;
la ratifica del menzionato Trattato diverrà importante ed imprescindibile quando esso sarà stato modificato e potenziato; occorre infatti notare che, da diversi anni, ormai le compagnie aeree non sono più obbligate a possedere aeromobili di proprietà. Pertanto, al giorno d'oggi, è possibile fondare una compagnia aerea anche con tutti gli aeromobili in leasing, in condizioni dunque molto semplificate e che richiedono una capacità finanziaria notevolmente ridotta;
tale situazione può costituire elemento di grande criticità poiché sono diverse le compagnie aeree nate e fallite in poco tempo;
la cessazione di attività da parte di una compagnia aerea ha spesso implicato la mancata retribuzione del personale, il mancato versamento dei contributi all'INPS ed al Fondo Volo, il mancato pagamento dei fornitori, senza contare che, spesso, sono venute meno le tutele per i passeggeri che non hanno potuto effettuare i voli che avevano pagato, generando grave danno per la collettività,
impegna il Governo:
1) a favorire, in tempi rapidi, l'avvio dell'iter per la presentazione alle Camere del disegno di legge di autorizzazione alla ratifica della convenzione di Cape Town e del relativo protocollo aeronautico, firmati a Cape Town il 16 novembre 2001, coinvolgendo tutte le amministrazioni preposte, con le eventuali riserve e dichiarazioni previste;
2) ad adottare, all'interno del medesimo disegno di legge, iniziative normative, volte ad innalzare le garanzie economiche necessarie a fondare una compagnia aerea in Italia e nella Comunità Europea, prevedendo, tra l'altro, che una nuova compagnia aerea disponga di buona solidità finanziaria, da dimostrarsi anche, solo a titolo di esempio, tramite la proprietà di aerei;
3) ad attivarsi, per quanto di competenza e anche attraverso accordi internazionali, al fine di stabilire controlli efficaci sulle compagnie aeree che operano in Italia;
4) ad attivarsi al fine di potenziare le funzioni dell'ENAC, affinché l'ente stesso possa svolgere realmente le verifiche sull'adeguatezza ed il rispetto degli standard stabiliti.
Mozioni su Autostrade per l'Italia
(1-00257) (16 luglio 2020)
Salvini, Bruzzone, Pucciarelli, Ripamonti, Romeo, Campari, Pergreffi, Rufa, Corti, Alessandrini, Arrigoni, Augussori, Bagnai, Barbaro, Bergesio, Borghesi, Borgonzoni, Simone Bossi, Briziarelli, Calderoli, Candiani, Candura, Cantù, Casolati, Centinaio, De Vecchis, Faggi, Ferrero, Fregolent, Fusco, Grassi, Iwobi, Lucidi, Lunesu, Marin, Marti, Montani, Nisini, Ostellari, Pazzaglini, Emanuele Pellegrini, Pepe, Pianasso, Pillon, Pirovano, Pietro Pisani, Pittoni, Pizzol, Riccardi, Rivolta, Saponara, Saviane, Sbrana, Siri, Stefani, Testor, Tosato, Urraro, Vallardi, Vescovi, Zuliani. -
Respinta
Il Senato,
premesso che:
la società Autostrade per l'Italia SpA gestisce 2.857 chilometri di rete autostradale in Italia sulla base della Convenzione unica sottoscritta in data 12 ottobre 2007 con l'allora ente concedente ANAS SpA (ruolo oggi attribuito al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti);
nella rete autostradale gestita da Autostrade per l'Italia SpA rientra il tratto autostradale della A10 Genova - Savona, su cui insiste il viadotto "Polcevera" (anche noto come ponte "Morandi"), crollato il 14 agosto 2018, con la conseguente morte di 43 persone;
il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nella sua qualità di autorità amministrativa concedente, ha avviato un procedimento volto ad accertare eventuali inadempimenti del concessionario Autostrade per l'Italia SpA agli obblighi scaturenti dal rapporto concessorio in essere; contestualmente, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Genova ha avviato le indagini volte ad individuare eventuali profili di responsabilità penale connessi al crollo del ponte ed ai decessi da esso cagionati;
la Convenzione unica del 2007 disciplina, inter alia, l'accertamento di gravi inadempimenti del concessionario, la decadenza della concessione e le ipotesi di recesso, revoca e risoluzione della convenzione;
il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con il decreto n. 386 del 2018, ha nominato una Commissione ispettiva, la quale ha elaborato una relazione tecnica, sulla base della quale il Ministero ha prospettato alla società concessionaria la risoluzione della Convenzione per grave inadempimento agli obblighi assunti, in relazione a quanto peraltro previsto dalle citate disposizioni della Convenzione unica del 2007;
il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con il decreto n. 119 del 2019, ha altresì istituito un gruppo di lavoro chiamato a verificare le possibili implicazioni giuridiche delle condotte o delle omissioni della società Autostrade per l'Italia SpA, con riferimento al perimento del viadotto "Polcevera"; tale gruppo ha concluso i suoi lavori con l'approvazione della relazione in data 28 giugno 2019;
l'articolo 35, comma 1, del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162, dispone il subentro di ANAS SpA nella gestione di strade o autostrade in caso di revoca, di decadenza o di risoluzione delle relative concessioni, nelle more dello svolgimento delle procedure di gara per l'affidamento a nuovo concessionario;
nel corso della seduta n. 56, tenutasi nella notte tra il 14 e il 15 luglio 2020, il Consiglio dei ministri ha deliberato di definire la controversia con Autostrade per l'Italia SpA accettando le proposte transattive presentate da quest'ultima; tali proposte prevedono in sintesi:
un nuovo assetto societario della stessa Autostrade per l'Italia SpA, con l'immediato passaggio del controllo di essa ad un soggetto a partecipazione statale individuato in Cassa depositi e prestiti (CDP), nonché l'uscita di Autostrade per l'Italia dal perimetro dell'attuale controllante (Atlantia) e la sua contestuale quotazione in Borsa;
la realizzazione di investimenti compensativi da parte di Autostrade per l'Italia per 3,4 miliardi di euro, la riscrittura della Convenzione unica, il rafforzamento del sistema dei controlli a carico del concessionario, l'adeguamento alla disciplina tariffaria introdotta dall'Autorità di regolazione dei trasporti e l'inasprimento delle sanzioni per violazioni da parte del concessionario;
considerato che:
a quasi due danni dal crollo del ponte "Morandi", non si è giunti ad alcuna decisione in ordine alla revoca o mantenimento in essere della concessione autostradale in capo alla società Autostrade per l'Italia SpA;
in meno di due anni si è provveduto alla costruzione del nuovo viadotto, che sarà inaugurato nelle prossime settimane, grazie allo speciale regime normativo previsto dal decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109;
la perdurante situazione di stallo tra Governo e la società Autostrade per l'Italia SpA ha portato al blocco di tutti gli investimenti privati sulla rete autostradale in concessione per 14,5 miliardi di euro, nonché ad una totale paralisi della viabilità ligure: da molte settimane, infatti, l'Autostrada dei Fiori (A10) e l'Autostrada dei Trafori (A26) sono interessate da ispezioni e lavori di manutenzione dei viadotti e delle gallerie, il perdurare dei quali è causa di code e rallentamenti su tutta la rete viaria ligure, con pesanti disagi per i cittadini e imprese e perdite per oltre 1 miliardo di euro al mese per il sistema logistico nazionale;
i disagi sulla viabilità della Liguria si sono riverberati sul volume dei traffici del porto di Genova e Savona, con un crollo pari a circa il 30 per cento negli ultimi due mesi,
impegna il Governo:
1) ad attivarsi affinché la società Autostrade per l'Italia SpA realizzi idonei investimenti sulla rete autostradale in concessione a seguito del crollo del ponte "Morandi", e realizzi in particolare gli interventi infrastrutturali richiesti dalla Regione Liguria e dal Comune di Genova per il territorio e il sistema portuale liguri;
2) a garantire l'effettiva realizzazione degli investimenti compensativi da parte di Autostrade per l'Italia SpA in tempi certi, quale precondizione essenziale alla conclusione dell'accordo transattivo citato in premessa;
3) ad addivenire ad una risoluzione della controversia insorta con Autostrade per l'Italia SpA priva di oneri per lo Stato;
4) a provvedere alla tutela di tutti i soggetti direttamente e indirettamente coinvolti, siano essi gli azionisti, i creditori, i fornitori e i 6.923 dipendenti di Autostrade per l'Italia SpA, nonché al pagamento di indennizzi dovuti alle imprese a compensazione dei danni economici eventualmente patiti;
5) a provvedere, nel caso di assunzione del controllo di Autostrade per l'Italia SpA da parte di Cassa depositi e prestiti, alla tutela degli investitori istituzionali e di tutti i soggetti il cui risparmio gestito costituisce la maggiore fonte di finanziamento di CDP;
6) a riformare la normativa vigente in materia di concessioni autostradali, nei termini di semplificazione e chiarezza normativa, prendendo a riferimento, per quanto compatibili, le best practice riferibili ad altri regimi concessori.
(1-00261) (21 luglio 2020)
Ciriani, Garnero Santanchè, Balboni, Calandrini, de Bertoldi, Fazzolari, Iannone, La Pietra, La Russa, Maffoni, Nastri, Petrenga, Rauti, Ruspandini, Totaro, Urso, Zaffini. -
Respinta
Il Senato,
premesso che:
risulta di pubblica, consolidata e diffusa conoscenza la problematica degli elevati prezzi dei carburanti e dei servizi di ristorazione nelle aree di sosta autostradali;
nell'arco di quindici anni, ossia dalla privatizzazione della rete, i prezzi dei carburanti, da qualche centesimo al litro nel 2003 (divario compatibile con i maggiori costi di gestione di un servizio attivo 24 ore su 24), sono oggi superiori a quelli praticati sulla rete stradale ordinaria da un minimo di 11 ad un massimo di ben 33 centesimi al litro, a seconda delle modalità di servizio (self service o servito) e del confronto effettuato sul benchmark medio della rete stradale a marchio petrolifero ovvero degli operatori indipendenti (così dette "pompe bianche"), divario talmente significativo da non potersi in alcun modo ritenere motivato da fondate ragioni di mercato;
è noto che i concessionari delle tratte autostradali hanno imposto fino ad oggi agli operatori cui viene affidato il servizio di vendita di carbolubrificanti ovvero di servizi di food & beverage, royalties elevatissime (sia sui volumi erogati, per i carbolubrificanti, sia sui valori delle vendite, per gli altri servizi), che gravano enormemente, come è di tutta evidenza, sulla formazione dei prezzi finali di vendita ai consumatori, determinandone una significativa (e inaccettabile) lievitazione;
a tutto ciò si aggiunge l'aumento significativo dei pedaggi che sono passati (secondo dati di AISCAT, l'Associazione dei concessionari autostradali) da 4,7 miliardi di euro nel 2003 a 8,1 miliardi di euro nel 2017, con una lievitazione del 71,5 per cento (un pò meno severa, più 68,6 per cento, se si sterilizza l'effetto dell'aumento dell'IVA intervenuto dal 2011), ma in ogni caso superiore di più di tre volte all'inflazione cumulata nel quindicennio e di più di otto volte all'incremento delle percorrenze chilometriche sulle tratte viarie;
tale concomitanza di fattori, in aggiunta agli effetti di una lunga crisi economica che, nel comparto autostradale, ha dispiegato le conseguenze peggiori nell'anno 2012, ha, in un certo senso, determinato, e col tempo accelerato, una marcata disaffezione dei consumatori con effetti evidenti non tanto sui volumi del traffico, quanto sulle vendite di carburanti, beni e servizi offerti dalla rete autostradale (diminuite, rispettivamente, dal 2003 al 2017 in misura pari al 63 per cento e al 30 per cento);
la vicenda del crollo del ponte "Morandi", gestito in concessione dalla società Autostrade SpA, verificatosi il 14 agosto 2018 ha rappresentato, per molti versi, la punta dell'iceberg della condizione di estrema debolezza e vulnerabilità in cui versa l'intera rete autostradale, priva, ormai da anni, di adeguati interventi di manutenzione (sia ordinaria che straordinaria) oltre che di investimenti strutturali per l'ammodernamento e la messa in sicurezza;
peraltro, la desecretazione da parte del Governo degli atti delle concessioni autostradali in essere ha fatto emergere l'estrema debolezza contrattuale dello Stato e l'inadeguatezza delle clausole negoziali sottoscritte nella fase delle privatizzazioni della gestione di infrastrutture strategiche;
è così tornato all'attenzione della pubblica opinione, in modo assolutamente preponderante, il tema del ruolo dello Stato rispetto alle infrastrutture nazionali strategiche, nelle quali rientrano senza dubbio le reti autostradali, alla loro proprietà e ai modelli della loro gestione;
considerato che:
l'imposizione delle royalties da parte dei concessionari, nei termini indicati, costituisce di fatto una modificazione peggiorativa delle condizioni di esercizio e formazione dei prezzi nel comparto rispetto al mercato "generale" e a quello della rete stradale ordinaria, con inevitabili conseguenze negative in termini di competitività per le imprese che vi operano con rischi ed investimenti propri e non del concessionario;
tale deficit di competitività si è andato progressivamente enfatizzando a causa di politiche commerciali miranti comunque a realizzare margini non compatibili con le offerte del mercato dei carburanti esterno al comparto;
i consumatori che percorrono (quotidianamente, anche per lavoro) le tratte autostradali risultano fortemente penalizzati dalle dinamiche, per così dire, "speculative" dei pedaggi, e da quelle relative ai costi di beni e servizi consumabili nella rete distributiva, tanto che si può giustamente parlare del crollo delle vendite come di una vera e propria "fuga" dal mercato di comparto (che, di fatto, finora, si è comportato come una sorta di "monopolio" vero e proprio);
l'imposizione delle royalties nell'ambito del regime concessorio, così come strutturato, ha costituito, in sostanza, una discriminazione oggettiva e rilevante della potenzialità competitiva delle imprese e microimprese operanti nel mercato complessivamente integrato dell'offerta di beni, quali i carburanti, e di servizi, quali quelli di somministrazione, aventi componenti e caratteristiche di base omogenee sull'intero territorio nazionale, configurandosi, in buona sostanza, come una limitazione delle "condizioni di pari opportunità e del corretto ed uniforme funzionamento del mercato";
ciò ha comportato per il consumatore una ingiustificata restrizione del principio costituzionale volto ad "assicurare ai consumatori finali un livello minimo e uniforme di condizioni di accessibilità ai beni e servizi sul territorio nazionale";
alla luce delle considerevoli debolezze e inadeguatezze emerse, è diventato assolutamente necessario e urgente riformare l'intero sistema delle concessioni autostradali, ripensando totalmente anche il meccanismo dei controlli;
al riguardo, sarebbe opportuno sancire, anche formalmente, la preminenza dell'interesse pubblico generale nella corretta gestione delle reti e delle infrastrutture strategiche (e, dunque, anche di quelle autostradali), introducendo nell'ordinamento una sorta di «clausola di salvaguardia dell'interesse nazionale», cui conseguentemente adeguare le concessioni;
tale clausola, in sostanza, dovrà prevedere, per ogni concessione, un meccanismo ampliato e rafforzato di «golden power» al fine di un controllo preventivo delle decisioni societarie attraverso il quale lo Stato possa intervenire a tutela dell'interesse pubblico,
impegna il Governo:
1) ad adottare tempestivamente tutte le iniziative di competenza volte ad assicurare che, nel complessivo riassetto del sistema delle concessioni autostradali:
1.a) qualora sia confermata la previsione di un meccanismo di imposizione di royalties, lo stesso sia adeguato, equo e proporzionato, ovvero strutturato in modo da non consentire in alcun modo al concessionario di fissarle secondo parametri che determinano, di fatto, importi assolutamente elevati e sproporzionati, come è avvenuto fino ad oggi;
1.b) sia prevista una sostanziale riduzione dei pedaggi o, comunque, un meccanismo di determinazione degli stessi sul modello di quanto già avviene in molti Stati europei (ad esempio, forme di abbonamento periodico);
1.c) siano garantite condizioni di pari opportunità e di corretto ed uniforme funzionamento del mercato senza effetti distorsivi per le imprese che operano nei comparti interessati, né (conseguenti) penalizzazioni per gli utenti e i consumatori che percorrono quotidianamente le tratte autostradali;
1.d) sia introdotta nell'ordinamento la «clausola di salvaguardia dell'interesse nazionale» di cui in premessa, cui adeguare sostanzialmente tutte le concessioni relative alle reti e alle infrastrutture strategiche e, nello specifico, quelle autostradali.
(1-00265) (21 luglio 2020)
Cioffi, D'Arienzo, De Petris, Perilli, Maiorino, Leone, Corrado, Di Girolamo, Santillo, Fede, Lupo, Coltorti, Ricciardi. -
V. testo 2
Il Senato,
premesso che:
la rete autostradale a pedaggio, in concessione al Ministero delle infrastrutture, è attualmente gestita da 22 società con 25 rapporti concessori e si sviluppa per 5.886,6 chilometri. La rete autostradale non a pedaggio è gestita da ANAS SpA e si estende per 953,8 chilometri. A seguito del processo di privatizzazione avviatosi negli anni '90, la maggioranza delle società concessionarie è attualmente partecipata da operatori privati, riconducibili a gruppi societari;
la gran parte delle concessioni vigenti scadrà soltanto dopo l'anno 2030, a causa della lunga durata degli affidamenti esistenti e dell'ampio ricorso a rinnovi e proroghe in favore degli attuali concessionari;
Autostrade per l'Italia SpA (ASPI) da sola gestisce circa 3.000 chilometri di rete (2.857,5 chilometri). Il rapporto concessorio in esame origina dalla concessione di costruzione ed esercizio della rete autostradale affidata alla Società autostrade concessioni e costruzioni SpA sul finire degli anni Sessanta del secolo scorso, risalendo la prima convenzione al 18 settembre 1968. All'epoca, pubblica era la natura del soggetto concedente, l'ANAS, e sostanzialmente anche quella del soggetto concessionario, tenuto conto che la società Autostrade apparteneva al gruppo pubblico IRI;
l'originario impianto giuridico è mutato nel 1993, nell'ambito delle privatizzazioni avutesi in molteplici settori. Nel 1996 prese avvio il procedimento che avrebbe portato alla completa privatizzazione della società Autostrade. Nel mese di agosto del 1997 fu stipulata una nuova convenzione, sostitutiva di quella del 1968, con scadenza al 2038, determinata prorogando la scadenza già fissata al 2018 dalla legge n. 531 del 1982. L'assetto proprietario della società si perfezionò nel 2002;
successivamente, l'articolo 2, commi 82, 83, 85, 86 e 89, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, successivamente modificato dall'articolo 1, comma 1030, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (cosiddetta Legge finanziaria per il 2007), ha introdotto una nuova disciplina dei rapporti concessori, con prescrizioni contrattuali applicate con modalità distinte per ogni società. In particolare, l'articolo 2, comma 82, citato ha previsto la ridefinizione del rapporto concessorio attraverso la stipula tra ANAS e le singole concessionarie di una "convenzione unica";
la Convenzione unica tra ANAS e ASPI stipulata il 12 ottobre 2007 non superò il vaglio del Nucleo di consulenza per l'attuazione delle linee guida per la regolazione dei servizi di pubblica utilità (NARS), in quanto difforme rispetto ai principi e criteri generali di regolazione economica. Il parere negativo del NARS fu superato in sede di conversione del decreto-legge 8 aprile 2008, n. 59, che approvò ex lege tutti gli schemi di convenzione sottoscritti a quella data tra ANAS e le concessionarie, pur, come indicato nella relazione approvata dalla Corte dei conti, con deliberazione 18 dicembre 2019, n. 18/2019/G, sulle concessioni autostradali, «in assenza della conoscenza del loro numero e degli elementi utili a valutare i rischi e le condizioni gravanti sulla parte pubblica per la loro convalida»;
considerato che:
a seguito del tragico evento verificatosi il 14 agosto 2018 con il cedimento di una sezione del viadotto Polcevera sull'Autostrada A10 in concessione alla società Autostrade per l'Italia SpA, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha istituito, con decreto n. 386 del 2018, una Commissione ispettiva finalizzata all'individuazione delle cause. Contestualmente, la Direzione generale per la vigilanza sulle concessionarie autostradali del medesimo Ministero, con nota del 16 agosto 2018, ha formalmente avviato nei confronti della Concessionaria la contestazione di gravissimo inadempimento agli obblighi di manutenzione e custodia "in oggettiva considerazione del collasso dell'infrastruttura, delle vittime accertate e degli ingenti danni riportati ai beni anche di soggetti terzi";
la contestazione è stata inizialmente riscontrata dalla Concessionaria con nota del 31 agosto 2018, e poi del 5 ottobre 2018, nelle quali venivano respinte le imputazioni e si eccepiva la mancata osservanza delle procedure di contestazione previste convenzionalmente. Alle note del Ministero del 16 agosto 2018, 20 dicembre 2018 e 5 aprile 2019, ASPI ha dato riscontro, oltre che con le prime risposte del 31 agosto e del 5 ottobre citate, mediante il documento e gli allegati depositati il 3 maggio 2019;
il 14 settembre 2018, la Commissione ispettiva ministeriale ha ultimato le proprie attività, depositando la relazione tecnica integralmente pubblicata sul sito del Ministero;
rilevato che:
il crollo del ponte del 14 agosto 2018 ha mostrato chiaramente l'inadempimento della società concessionaria, tenuto conto che, a prescindere dalle ulteriori conseguenze generatesi, è venuto meno l'obbligo di custodia del bene assegnato in concessione, l'obbligo di restituzione e quello di manutenzione. La relazione tecnica riferisce, tra l'altro, che dal 2005 al 2018 sono stati spesi soltanto 440.000 euro per la manutenzione strutturale del ponte, mentre nella fase precedente alla privatizzazione erano stati spesi 1.300.000 euro all'anno;
anche in sede di audizione presso l'8ª Commissione permanente del Senato, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle concessioni autostradali, il Presidente dell'ANAC, professor Francesco Merloni, ha rilevato che, con riferimento al crollo del ponte "Morandi", la concessionaria ASPI ha effettuato solo il 27,11 per cento degli investimenti programmati nella tratta autostradale nella quale ricadeva il ponte, aggiungendo, in generale, come la società non abbia mostrato «puntualità e frequenza nel controllo dell'infrastruttura e nei relativi interventi manutentivi, né un atteggiamento collaborativo nei confronti di chi richiedeva informazioni, dati e trasparenza. L'Autorità ha dovuto agire con decisione per riuscire ad ottenere l'accesso agli Atti convenzionali»;
a tale ultimo riguardo, è opportuno ricordare come per un ventennio le convenzioni autostradali non sono state rese pubbliche a discapito dell'interesse generale alla conoscenza; ciò è accaduto nonostante la rilevanza economica della materia che avrebbe richiesto l'opportunità di un controllo diffuso. Solo negli ultimi anni si è provveduto alla loro integrale pubblicazione;
quanto accaduto con il crollo del ponte "Morandi" ha avuto riflessi sull'intera rete autostradale affidata in concessione, innanzitutto facendo venire meno la fiducia da parte del Concedente, tenuto conto che lo Stato, in qualità di concedente, rappresenta l'interesse generale di tutti nell'accordo con il concessionario privato, in particolare degli utenti della rete autostradale ad avere un efficiente gestione della rete autostradale;
nell'ambito di tale quadro di riferimento in termini di gravità dell'inadempimento appariva pienamente plausibile l'opzione della risoluzione della convenzione e l'estinzione anticipata del rapporto concessorio con ASPI;
valutato che:
in ragione degli elementi di complessità della questione anche sotto il profilo giuridico, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha successivamente istituito, con decreto n. 119 del 29 marzo 2019, un Gruppo di lavoro interistituzionale che, a conclusione delle proprie attività, ha predisposto un Parere reso al Ministro medesimo nel mese di giugno 2019;
alla luce delle argomentazioni giuridiche espresse nel Parere, pubblicato sul portale del Ministero, è stato avviato un approfondimento sull'ipotesi di soluzione alternativa espressamente contemplata, volto anche a prevenire eventuali contenziosi;
considerato infine che:
nel corso del Consiglio dei ministri n. 54 del 14 luglio 2020, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha svolto un'informativa sullo stato di definizione della procedura di grave inadempimento nei confronti di Autostrade per l'Italia SpA, nella quale sono state esposte le possibili alternative sulla definizione della vicenda. Nel corso della riunione, sono state trasmesse da parte di ASPI due nuove proposte transattive, riguardanti, rispettivamente, un nuovo assetto societario di ASPI e nuovi contenuti per la definizione transattiva della controversia;
sotto il profilo dell'assetto societario del concessionario, ASPI e la controllante Atlantia SpA si sono impegnate a garantire: l'immediato passaggio del controllo di ASPI a un soggetto a partecipazione statale quale (Cassa depositi e prestiti (CDP), attraverso la sottoscrizione di un aumento di capitale riservato da parte di CDP; l'acquisto di quote partecipative da parte di investitori istituzionali; la cessione diretta di azioni ASPI a investitori istituzionali di gradimento di CDP, con l'impegno da parte di Atlantia a non destinare in alcun modo tali risorse alla distribuzione di dividendi; la scissione proporzionale di Atlantia, con l'uscita di ASPI dal perimetro di Atlantia e la contestuale quotazione di ASPI in Borsa;
in alternativa, Atlantia ha offerto la disponibilità a cedere direttamente l'intera partecipazione in ASPI, pari all'88 per cento, a CDP e a investitori istituzionali di suo gradimento;
con riferimento alla transazione, i punti principali sono: la realizzazione di misure compensative ad esclusivo carico di ASPI per il complessivo importo di 3,4 miliardi di euro; la riscrittura delle clausole della convenzione al fine di adeguarle all'articolo 35 del decreto-legge "Milleproroghe" (decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162); il rafforzamento del sistema dei controlli a carico del concessionario; l'aumento delle sanzioni anche in caso di lievi violazioni da parte del concessionario; la rinuncia a tutti i giudizi promossi in relazione alle attività di ricostruzione del ponte "Morandi", al sistema tariffario, compresi i giudizi promossi avverso le delibere dell'Autorità di regolazione dei trasporti (ART) e i ricorsi per contestare la legittimità dell'art. 35 del decreto-legge "Milleproroghe"; l'accettazione della disciplina tariffaria introdotta dall'ART con una significativa moderazione della dinamica tariffaria;
il Consiglio dei ministri, anche al fine di ricondurre ad equilibrio il rapporto concessorio, ha ritenuto di avviare l'iter previsto dalla legge per la formale definizione della transazione;
deve essere dunque definito con esattezza il valore di ASPI ed a questo proposito dovrà essere presentato entro il 23 luglio 2020 il nuovo Piano economico finanziario da parte di ASPI al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
per il prossimo 27 luglio dovranno essere definiti i termini del memorandum of understanding che costituirà l'avvio ufficiale dell'operazione. L'accordo dovrà essere condiviso da CDP, Atlantia e Sintonia SpA, e dovrà tracciare il percorso dei prossimi mesi,
impegna il Governo:
1) a dare seguito a quanto deciso in sede di Consiglio dei ministri del 14 luglio 2020 in merito alla transazione di cui in premessa, chiarendo le tempistiche e la scansione temporale delle fasi di attuazione previste per la definizione della transazione con Autostrade per l'Italia, fermo restando la risoluzione unilaterale della convenzione con ASPI in caso di mancato completamento dell'accordo transattivo, nonché a tenere conto che le società coinvolte nell'accordo sono composte da una pluralità di azionisti;
2) a garantire una costante e stringente vigilanza sull'operato del predetto concessionario durante tutte le fasi di implementazione dell'accordo in relazione agli obblighi scaturenti dal rapporto concessorio e dalla transazione, in ragione della rilevanza degli interessi pubblici coinvolti;
3) a garantire, in particolare, la realizzazione da parte del concessionario degli interventi essenziali per la messa in sicurezza e l'adeguamento tecnologico della rete autostradale, tenuto conto della necessità di ristabilire pienamente la tutela dell'interesse generale alla sicurezza come obiettivo imprescindibile dell'azione pubblica e del rapporto concessorio, nonché il mantenimento degli attuali livelli occupazionali di ASPI anche dopo la conclusione positiva dell'accordo transattivo in esame;
4) a garantire una migliore attuazione dei programmi di manutenzione delle infrastrutture affidate in concessione e un più efficace monitoraggio degli interventi realizzati, nonché ad assicurare e salvaguardare la trasparenza nell'azione delle società concessionarie o, in generale, del gestore dell'infrastruttura, anche mediante obblighi di puntuale e periodica pubblicazione di tutti gli atti e i dati idonei a permettere un controllo sull'adempimento delle obbligazioni contrattuali.
(1-00265) (testo 2) (21 luglio 2020)
Cioffi, D'Arienzo, De Petris, Vono, Perilli, Maiorino, Leone, Corrado, Di Girolamo, Santillo, Fede, Lupo, Coltorti, Ricciardi. -
Approvata
Il Senato,
premesso che:
la rete autostradale a pedaggio, in concessione al Ministero delle infrastrutture, è attualmente gestita da 22 società con 25 rapporti concessori e si sviluppa per 5.886,6 chilometri. La rete autostradale non a pedaggio è gestita da ANAS SpA e si estende per 953,8 chilometri. A seguito del processo di privatizzazione avviatosi negli anni '90, la maggioranza delle società concessionarie è attualmente partecipata da operatori privati, riconducibili a gruppi societari;
la gran parte delle concessioni vigenti scadrà soltanto dopo l'anno 2030, a causa della lunga durata degli affidamenti esistenti e dell'ampio ricorso a rinnovi e proroghe in favore degli attuali concessionari;
Autostrade per l'Italia SpA (ASPI) da sola gestisce circa 3.000 chilometri di rete (2.857,5 chilometri). Il rapporto concessorio in esame origina dalla concessione di costruzione ed esercizio della rete autostradale affidata alla Società autostrade concessioni e costruzioni SpA sul finire degli anni Sessanta del secolo scorso, risalendo la prima convenzione al 18 settembre 1968. All'epoca, pubblica era la natura del soggetto concedente, l'ANAS, e sostanzialmente anche quella del soggetto concessionario, tenuto conto che la società Autostrade apparteneva al gruppo pubblico IRI;
l'originario impianto giuridico è mutato nel 1993, nell'ambito delle privatizzazioni avutesi in molteplici settori. Nel 1996 prese avvio il procedimento che avrebbe portato alla completa privatizzazione della società Autostrade. Nel mese di agosto del 1997 fu stipulata una nuova convenzione, sostitutiva di quella del 1968, con scadenza al 2038, determinata prorogando la scadenza già fissata al 2018 dalla legge n. 531 del 1982. L'assetto proprietario della società si perfezionò nel 2002;
successivamente, l'articolo 2, commi 82, 83, 85, 86 e 89, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, successivamente modificato dall'articolo 1, comma 1030, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (cosiddetta Legge finanziaria per il 2007), ha introdotto una nuova disciplina dei rapporti concessori, con prescrizioni contrattuali applicate con modalità distinte per ogni società. In particolare, l'articolo 2, comma 82, citato ha previsto la ridefinizione del rapporto concessorio attraverso la stipula tra ANAS e le singole concessionarie di una "convenzione unica";
la Convenzione unica tra ANAS e ASPI stipulata il 12 ottobre 2007 non superò il vaglio del Nucleo di consulenza per l'attuazione delle linee guida per la regolazione dei servizi di pubblica utilità (NARS), in quanto difforme rispetto ai principi e criteri generali di regolazione economica. Il parere negativo del NARS fu superato in sede di conversione del decreto-legge 8 aprile 2008, n. 59, che approvò ex lege tutti gli schemi di convenzione sottoscritti a quella data tra ANAS e le concessionarie, pur, come indicato nella relazione approvata dalla Corte dei conti, con deliberazione 18 dicembre 2019, n. 18/2019/G, sulle concessioni autostradali, «in assenza della conoscenza del loro numero e degli elementi utili a valutare i rischi e le condizioni gravanti sulla parte pubblica per la loro convalida»;
considerato che:
a seguito del tragico evento verificatosi il 14 agosto 2018 con il cedimento di una sezione del viadotto Polcevera sull'Autostrada A10 in concessione alla società Autostrade per l'Italia SpA, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha istituito, con decreto n. 386 del 2018, una Commissione ispettiva finalizzata all'individuazione delle cause. Contestualmente, la Direzione generale per la vigilanza sulle concessionarie autostradali del medesimo Ministero, con nota del 16 agosto 2018, ha formalmente avviato nei confronti della Concessionaria la contestazione di gravissimo inadempimento agli obblighi di manutenzione e custodia "in oggettiva considerazione del collasso dell'infrastruttura, delle vittime accertate e degli ingenti danni riportati ai beni anche di soggetti terzi";
la contestazione è stata inizialmente riscontrata dalla Concessionaria con nota del 31 agosto 2018, e poi del 5 ottobre 2018, nelle quali venivano respinte le imputazioni e si eccepiva la mancata osservanza delle procedure di contestazione previste convenzionalmente. Alle note del Ministero del 16 agosto 2018, 20 dicembre 2018 e 5 aprile 2019, ASPI ha dato riscontro, oltre che con le prime risposte del 31 agosto e del 5 ottobre citate, mediante il documento e gli allegati depositati il 3 maggio 2019;
il 14 settembre 2018, la Commissione ispettiva ministeriale ha ultimato le proprie attività, depositando la relazione tecnica integralmente pubblicata sul sito del Ministero;
rilevato che:
il crollo del ponte del 14 agosto 2018 ha mostrato chiaramente l'inadempimento della società concessionaria, tenuto conto che, a prescindere dalle ulteriori conseguenze generatesi, è venuto meno l'obbligo di custodia del bene assegnato in concessione, l'obbligo di restituzione e quello di manutenzione. La relazione tecnica riferisce, tra l'altro, che dal 2005 al 2018 sono stati spesi soltanto 440.000 euro per la manutenzione strutturale del ponte, mentre nella fase precedente alla privatizzazione erano stati spesi 1.300.000 euro all'anno;
anche in sede di audizione presso l'8ª Commissione permanente del Senato, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle concessioni autostradali, il Presidente dell'ANAC, professor Francesco Merloni, ha rilevato che, con riferimento al crollo del ponte "Morandi", la concessionaria ASPI ha effettuato solo il 27,11 per cento degli investimenti programmati nella tratta autostradale nella quale ricadeva il ponte, aggiungendo, in generale, come la società non abbia mostrato «puntualità e frequenza nel controllo dell'infrastruttura e nei relativi interventi manutentivi, né un atteggiamento collaborativo nei confronti di chi richiedeva informazioni, dati e trasparenza. L'Autorità ha dovuto agire con decisione per riuscire ad ottenere l'accesso agli Atti convenzionali»;
a tale ultimo riguardo, è opportuno ricordare come per un ventennio le convenzioni autostradali non sono state rese pubbliche a discapito dell'interesse generale alla conoscenza; ciò è accaduto nonostante la rilevanza economica della materia che avrebbe richiesto l'opportunità di un controllo diffuso. Solo negli ultimi anni si è provveduto alla loro integrale pubblicazione;
quanto accaduto con il crollo del ponte "Morandi" ha avuto riflessi sull'intera rete autostradale affidata in concessione, innanzitutto facendo venire meno la fiducia da parte del Concedente, tenuto conto che lo Stato, in qualità di concedente, rappresenta l'interesse generale di tutti nell'accordo con il concessionario privato, in particolare degli utenti della rete autostradale ad avere un'efficiente gestione della rete autostradale;
nell'ambito di tale quadro di riferimento in termini di gravità dell'inadempimento appariva pienamente plausibile l'opzione della risoluzione della convenzione e l'estinzione anticipata del rapporto concessorio con ASPI;
valutato che:
in ragione degli elementi di complessità della questione anche sotto il profilo giuridico, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha successivamente istituito, con decreto n. 119 del 29 marzo 2019, un Gruppo di lavoro interistituzionale che, a conclusione delle proprie attività, ha predisposto un Parere reso al Ministro medesimo nel mese di giugno 2019;
alla luce delle argomentazioni giuridiche espresse nel Parere, pubblicato sul portale del Ministero, è stato avviato un approfondimento sull'ipotesi di soluzione alternativa espressamente contemplata, volto anche a prevenire eventuali contenziosi;
considerato infine che:
nel corso del Consiglio dei ministri n. 54 del 14 luglio 2020, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha svolto un'informativa sullo stato di definizione della procedura di grave inadempimento nei confronti di Autostrade per l'Italia SpA, nella quale sono state esposte le possibili alternative sulla definizione della vicenda. Nel corso della riunione, sono state trasmesse da parte di ASPI due nuove proposte transattive, riguardanti, rispettivamente, un nuovo assetto societario di ASPI e nuovi contenuti per la definizione transattiva della controversia;
sotto il profilo dell'assetto societario del concessionario, ASPI e la controllante Atlantia SpA si sono impegnate a garantire: l'immediato passaggio del controllo di ASPI a un soggetto a partecipazione statale quale (Cassa depositi e prestiti (CDP), attraverso la sottoscrizione di un aumento di capitale riservato da parte di CDP; l'acquisto di quote partecipative da parte di investitori istituzionali; la cessione diretta di azioni ASPI a investitori istituzionali di gradimento di CDP, con l'impegno da parte di Atlantia a non destinare in alcun modo tali risorse alla distribuzione di dividendi; la scissione proporzionale di Atlantia, con l'uscita di ASPI dal perimetro di Atlantia e la contestuale quotazione di ASPI in Borsa;
in alternativa, Atlantia ha offerto la disponibilità a cedere direttamente l'intera partecipazione in ASPI, pari all'88 per cento, a CDP e a investitori istituzionali di suo gradimento;
con riferimento alla transazione, i punti principali sono: la realizzazione di misure compensative ad esclusivo carico di ASPI per il complessivo importo di 3,4 miliardi di euro; la riscrittura delle clausole della convenzione al fine di adeguarle all'articolo 35 del decreto-legge "Milleproroghe" (decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162); il rafforzamento del sistema dei controlli a carico del concessionario; l'aumento delle sanzioni anche in caso di lievi violazioni da parte del concessionario; la rinuncia a tutti i giudizi promossi in relazione alle attività di ricostruzione del ponte "Morandi", al sistema tariffario, compresi i giudizi promossi avverso le delibere dell'Autorità di regolazione dei trasporti (ART) e i ricorsi per contestare la legittimità dell'articolo 35 del decreto-legge "Milleproroghe"; l'accettazione della disciplina tariffaria introdotta dall'ART con una significativa moderazione della dinamica tariffaria;
il Consiglio dei ministri, anche al fine di ricondurre ad equilibrio il rapporto concessorio, ha ritenuto di avviare l'iter previsto dalla legge per la formale definizione della transazione;
deve essere dunque definito con esattezza il valore di ASPI ed a questo proposito dovrà essere presentato entro il 23 luglio 2020 il nuovo Piano economico finanziario da parte di ASPI al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
per il prossimo 27 luglio dovranno essere definiti i termini del memorandum of understanding che costituirà l'avvio ufficiale dell'operazione. L'accordo dovrà essere condiviso da CDP, Atlantia e Sintonia SpA, e dovrà tracciare il percorso dei prossimi mesi,
impegna il Governo:
1) a dare seguito a quanto deciso in sede di Consiglio dei ministri del 14 luglio 2020 in merito alla transazione di cui in premessa, chiarendo le tempistiche e la scansione temporale delle fasi di attuazione previste per la definizione della transazione con Autostrade per l'Italia, fermo restando la risoluzione unilaterale della convenzione con ASPI in caso di mancato completamento dell'accordo transattivo, nonché a tenere conto che le società coinvolte nell'accordo sono composte da una pluralità di azionisti;
2) a garantire una costante e stringente vigilanza sull'operato del predetto concessionario durante tutte le fasi di implementazione dell'accordo in relazione agli obblighi scaturenti dal rapporto concessorio e dalla transazione, in ragione della rilevanza degli interessi pubblici coinvolti;
3) a garantire, in particolare, la realizzazione da parte del concessionario degli interventi essenziali per la messa in sicurezza e l'adeguamento tecnologico della rete autostradale, tenuto conto della necessità di ristabilire pienamente la tutela dell'interesse generale alla sicurezza come obiettivo imprescindibile dell'azione pubblica e del rapporto concessorio, nonché il mantenimento degli attuali livelli occupazionali di ASPI anche dopo la conclusione positiva dell'accordo transattivo in esame;
4) a garantire una migliore attuazione dei programmi di manutenzione delle infrastrutture affidate in concessione e un più efficace monitoraggio degli interventi realizzati, nonché ad assicurare e salvaguardare la trasparenza nell'azione delle società concessionarie o, in generale, del gestore dell'infrastruttura, anche mediante obblighi di puntuale e periodica pubblicazione di tutti gli atti e i dati idonei a permettere un controllo sull'adempimento delle obbligazioni contrattuali;
5) ad adottare ogni iniziativa idonea a consentire l'immediato sblocco di tutte le procedure relative agli investimenti di competenza di ASPI già programmati e autorizzati, nelle more della definizione dell'accordo relativo agli assetti societari e del perfezionamento degli atti conseguenti;
6) ad attivarsi per l'immediata apertura dei cantieri che interessano la Regione Liguria e il Comune di Genova per il territorio e il sistema portuale liguri con particolare riferimento al progetto del "Nodo stradale e autostradale di Genova-Adeguamento del sistema A7-A10-A12";
7) a rafforzare ogni intervento utile allo sblocco di tutti gli investimenti infrastrutturali per interventi già programmati anche attraverso l'adozione di un "piano shock" che preveda misure adeguate alle circostanze intervenute a seguito della crisi economica conseguente all'emergenza epidemiologica, quali la nomina di commissari straordinari in grado di intervenire direttamente sulle procedure con poteri speciali derogatori.
(1-00271) (21 luglio 2020)
Bernini, Malan, Mallegni, Pichetto Fratin, De Siano, Barachini, Barboni, Galliani, Gallone, Giammanco, Mangialavori, Moles, Rizzotti, Ronzulli, Vitali. -
V. testo 2
Il Senato,
premesso che:
nel Consiglio dei ministri svoltosi tra il 14 e il 15 luglio 2020, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha svolto un'informativa sullo stato di definizione della procedura di grave inadempimento nei confronti di Autostrade per l'Italia SpA (ASPI), nella quale sono state esposte le possibili alternative sulla definizione della vicenda;
il Governo, superata l'idea della revoca della concessione, ha accolto l'offerta di un pacchetto di risarcimento di 3,4 miliardi per il crollo del ponte "Morandi" e la possibilità per Cassa depositi e prestiti (CDP) di diventare azionista di riferimento attraverso un aumento di capitale compreso tra 3 e 4 miliardi di euro; l'accordo prevede, inoltre, la riscrittura della concessione;
l'esito che si ipotizza per la soluzione della gestione Autostrade, e cioè l'ingresso di CDP nel capitale sociale di ASPI - con una quota di maggioranza, eventualmente con la partecipazione di altri investitori "di gradimento di CDP", è, a parere dei proponenti, una scelta profondamente sbagliata, antistorica e antieconomica che determinerebbe di fatto una vera e propria nazionalizzazione della società e una riduzione degli spazi di concorrenza in un settore importante del nostro Paese;
le dichiarazioni, spesso a mercati aperti, di esponenti del Governo e dei partiti che lo sostengono, causando direttamente ampie oscillazioni del titolo Atlantia, in particolare il rialzo del 25 per cento il 15 luglio, configurano un rischio di turbativa di mercato, sono state estremamente inopportune e hanno fatto scendere la credibilità dell'Italia nel mondo finanziario;
lo stesso commissario della Consob, Carmine Di Noia, nel corso di un'audizione svoltasi nella Commissione Politiche Ue alla Camera, ha comunicato che la Consob "è attenta e monitora con particolare attenzione i picchi" del titolo di Atlantia in Borsa;
le ingenti risorse dello Stato (e quindi dei contribuenti) necessarie a realizzare gli interventi annunciati dal Governo per la gestione di Autostrade, potrebbero essere meglio indirizzate a supporto degli investimenti innovativi da parte di aziende piccole, medie e grandi, e alla risoluzione di molte crisi aziendali aperte presso il Ministero dello sviluppo economico, che attendono risposte concrete da parte del Governo, soprattutto a seguito dell'emergenza epidemiologica;
è necessario che i 3.020 chilometri di autostrade in concessione ad ASPI, il 44 per cento di tutte le autostrade d'Italia, oltre la metà di quelle in concessione, siano affidati a soggetti con reali e comprovate capacità gestionali e affidabili nella loro corretta manutenzione e innovazione, per evitare, da un lato, che quella che è stata fino al 2017 una delle più redditizie società italiane, diventi un peso per il Paese, tenendo presente che ha registrato una perdita d'esercizio di 618 milioni nel 2018 e di 291 nel 2019, mentre il 2020 si annuncia ulteriormente problematico per il grande calo di traffico dovuto alla pandemia COVID-19, e dall'altro superare il modello operativo basato sulla massimizzazione dei profitti a scapito della manutenzione e della sicurezza,
impegna il Governo:
1) a fare chiarezza definitiva in tempi brevi sulla concessione di ASPI;
2) a garantire il risarcimento dei danni relativi al crollo del ponte "Morandi", senza che ciò finisca per ricadere sulle finanze pubbliche;
3) a non impegnare nel capitale di ASPI o Atlantia risorse pubbliche che andrebbero piuttosto volte al sostegno di investimenti produttivi delle aziende italiane e al sostegno di quelle in crisi;
4) ove ci siano i presupposti per un cambio nella maggioranza del capitale di ASPI, ad avviare una procedura trasparente e competitiva per trovare un soggetto che garantisca i migliori parametri in termini di capacità gestionale, sicurezza e manutenzione, contenimento o riduzione dei pedaggi, livelli occupazionali;
5) a fornire chiarimenti riguardo ai movimenti in acquisto e in vendita del titolo Atlantia nelle ultime settimane e in particolare nella giornata del 15 luglio 2020 e le eventuali correlazioni con le dichiarazioni di esponenti politici in relazione ad ASPI.
(1-00271) (testo 2) (21 luglio 2020)
Bernini, Malan, Mallegni, Pichetto Fratin, De Siano, Barachini, Barboni, Galliani, Gallone, Giammanco, Mangialavori, Moles, Rizzotti, Ronzulli, Vitali. -
Votata per parti separate. Approvata la parte evidenziata in neretto; respinta la restante parte.
Il Senato,
premesso che:
nel Consiglio dei ministri svoltosi tra il 14 e il 15 luglio 2020, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha svolto un'informativa sullo stato di definizione della procedura di grave inadempimento nei confronti di Autostrade per l'Italia SpA (ASPI), nella quale sono state esposte le possibili alternative sulla definizione della vicenda;
il Governo, superata l'idea della revoca della concessione, ha accolto l'offerta di un pacchetto di risarcimento di 3,4 miliardi per il crollo del ponte "Morandi" e la possibilità per Cassa depositi e prestiti (CDP) di diventare azionista di riferimento attraverso un aumento di capitale compreso tra 3 e 4 miliardi di euro; l'accordo prevede, inoltre, la riscrittura della concessione;
l'esito che si ipotizza per la soluzione della gestione Autostrade, e cioè l'ingresso di CDP nel capitale sociale di ASPI - con una quota di maggioranza, eventualmente con la partecipazione di altri investitori "di gradimento di CDP", è, a parere dei proponenti, una scelta profondamente sbagliata, antistorica e antieconomica che determinerebbe di fatto una vera e propria nazionalizzazione della società e una riduzione degli spazi di concorrenza in un settore importante del nostro Paese;
le dichiarazioni, spesso a mercati aperti, di esponenti del Governo e dei partiti che lo sostengono, causando direttamente ampie oscillazioni del titolo Atlantia, in particolare il rialzo del 25 per cento il 15 luglio, configurano un rischio di turbativa di mercato, sono state estremamente inopportune e hanno fatto scendere la credibilità dell'Italia nel mondo finanziario;
lo stesso commissario della Consob, Carmine Di Noia, nel corso di un'audizione svoltasi nella Commissione Politiche Ue alla Camera, ha comunicato che la Consob "è attenta e monitora con particolare attenzione i picchi" del titolo di Atlantia in Borsa;
le ingenti risorse dello Stato (e quindi dei contribuenti) necessarie a realizzare gli interventi annunciati dal Governo per la gestione di Autostrade, potrebbero essere meglio indirizzate a supporto degli investimenti innovativi da parte di aziende piccole, medie e grandi, e alla risoluzione di molte crisi aziendali aperte presso il Ministero dello sviluppo economico, che attendono risposte concrete da parte del Governo, soprattutto a seguito dell'emergenza epidemiologica;
è necessario che i 3.020 chilometri di autostrade in concessione ad ASPI, il 44 per cento di tutte le autostrade d'Italia, oltre la metà di quelle in concessione, siano affidati a soggetti con reali e comprovate capacità gestionali e affidabili nella loro corretta manutenzione e innovazione, per evitare, da un lato, che quella che è stata fino al 2017 una delle più redditizie società italiane, diventi un peso per il Paese, tenendo presente che ha registrato una perdita d'esercizio di 618 milioni nel 2018 e di 291 nel 2019, mentre il 2020 si annuncia ulteriormente problematico per il grande calo di traffico dovuto alla pandemia COVID-19, e dall'altro superare il modello operativo basato sulla massimizzazione dei profitti a scapito della manutenzione e della sicurezza,
impegna il Governo:
1) a fare chiarezza sui tempi di attuazione dell'accordo annunciato dal Governo sulla concessione di ASPI;
2) a garantire il risarcimento dei danni relativi al crollo del ponte "Morandi", senza che ciò finisca per ricadere sulle finanze pubbliche;
3) a non impegnare nel capitale di ASPI o Atlantia risorse pubbliche che andrebbero piuttosto volte al sostegno di investimenti produttivi delle aziende italiane e al sostegno di quelle in crisi;
4) ove ci siano i presupposti per un cambio nella maggioranza del capitale di ASPI, ad avviare una procedura trasparente e competitiva per trovare un soggetto che garantisca i migliori parametri in termini di capacità gestionale, sicurezza e manutenzione, contenimento o riduzione dei pedaggi, livelli occupazionali;
5) a chiedere alla CONSOB di fornire chiarimenti riguardo ai movimenti in acquisto e in vendita del titolo Atlantia nelle ultime settimane e in particolare nella giornata del 15 luglio 2020 e le eventuali correlazioni con le dichiarazioni di esponenti politici in relazione ad ASPI.
(1-00274) (21 luglio 2020)
Vono, Faraone, Comincini, Conzatti, Sudano, Grimani, Ginetti, Magorno, Sbrollini. -
Ritirata
Il Senato,
premesso che:
la società Autostrade per l'Italia SpA (ASPI), insieme alle sue società controllate, gestisce in Italia circa 3.000 chilometri di rete autostradale sulla base di una Convenzione unica sottoscritta in data 12 ottobre 2007 con l'ente concedente ANAS SpA;
tale Convenzione unica è stata approvata attraverso la legge 6 giugno 2008, n. 101, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 8 aprile 2008, n. 59 e specificamente con la modificazione apportata in sede di conversione al decreto-legge, di cui all'articolo 8-duodecies, introdotto con un emendamento dalla allora maggioranza parlamentare di cui faceva parte in qualità di deputato l'onorevole Matteo Salvini, ed approvato con il parere favorevole del Governo Berlusconi IV, di cui era membro in qualità di Ministro, l'onorevole Giorgia Meloni;
il 14 agosto 2018 avveniva il crollo del viadotto "Polcevera", noto anche come ponte "Morandi", che ha comportato la morte di 43 persone, il ferimento di altre 9, il danneggiamento delle abitazioni e delle strutture rientranti nella zona e il blocco dell'arteria fondamentale per il traffico verso Genova e il suo porto sulla quale il viadotto insisteva;
il tratto autostradale comprendente il viadotto crollato rientra nell'autostrada A10 Genova - Savona, facente parte della rete autostradale gestita da ASPI in qualità di società concessionaria: a seguito del crollo del ponte la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Genova ha avviato un'inchiesta al fine di accertare le eventuali responsabilità penali, inchiesta che attualmente risulta nella fase delle indagini preliminari, con un termine per la conclusione delle medesime fissato per il 14 agosto 2020, che è stato da ultimo rinviato nel corso dell'udienza del secondo incidente probatorio lo scorso 14 luglio 2020, in cui è stata disposta la proroga al 31 ottobre della perizia sulle cause del crollo del ponte "Morandi";
sempre a seguito del crollo del ponte Morandi il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, subentrato ad Anas SpA nel ruolo di concedente dal 1° ottobre 2012, ha avviato un procedimento finalizzato all'accertamento e alla contestazione delle responsabilità del concessionario: tale procedimento di contestazione ha trovato un momento di definizione all'esito del Consiglio dei ministri conclusosi il 15 luglio 2020, nel corso del quale sono state trasmesse da parte di ASPI due nuove proposte transattive, riguardanti, rispettivamente, un nuovo assetto societario di ASPI e nuovi contenuti per la definizione transattiva della controversia; considerato il loro contenuto, il Consiglio dei ministri ha ritenuto di avviare l'iter previsto dalla legge per la formale definizione della transazione, fermo restando che la rinuncia alla revoca potrà avvenire solo in caso di completamento dell'accordo transattivo;
considerato che:
il prolungato protrarsi del procedimento di revoca, che dopo quasi due anni dall'avvio non si è ancora concluso, ma è in attesa della completa definizione della formalizzazione della transazione avvenuta nel corso del Consiglio dei ministri e di tutti gli atti conseguenti, ha comportato il sostanziale blocco dei principali investimenti infrastrutturali per la realizzazione e il potenziamento di opere viarie ai quali il concessionario ASPI era tenuto in virtù degli obblighi derivanti dal rapporto concessorio;
tra queste opere la principale e più rilevante per dimensione e costi a carico del concessionario ASPI è una grande opera che interessa proprio la città di Genova e la Liguria, il "Nodo stradale e autostradale di Genova - Adeguamento del sistema A7-A10-A12", noto come "Gronda di Genova" o "Gronda di Ponente", infrastruttura viaria che comprende 65 chilometri di nuovi tracciati autostradali che hanno l'obiettivo di alleggerire il tratto della autostrada A10, ossia la stessa di cui fa parte il ponte Morandi, dal porto di Genova sino all'abitato di Voltri, del costo stimato di circa 4,2 miliardi di euro, il cui progetto definitivo risulta approvato dal 7 settembre 2017 e rispetto al quale un'ulteriore analisi costi-benefici predisposta dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e pubblicato il 21 luglio 2019 conferma prevalenza dei benefìci sui costi dell'opera;
la Regione Liguria da settimane sta attraversando una situazione di difficoltà estrema sotto il profilo degli spostamenti a causa dell'accumularsi di numerosi lavori e in particolare delle ispezioni delle gallerie della concessionaria ASPI e da carenze nella programmazione dei lavori stessi, che hanno comportato danni enormi sia per il trasporto delle merci che per il turismo, che si sommano a quelli più generali dovuti al quasi completo blocco delle attività produttive in conseguenza delle misure restrittive adottate per far fronte all'emergenza epidemiologica da COVID-19;
più in generale, il settore degli investimenti in infrastrutture risulta assolutamente centrale e strategico per far fronte alle conseguenze economiche derivanti dal blocco delle attività produttive, per le quali tutti gli osservatori prevedono un crollo del prodotto interno lordo annuale superiore al 10 per cento e dunque di gran lunga maggiore di quello registrato in tutti i precedenti periodi della storia della Repubblica;
si rende necessaria l'adozione di un piano straordinario che consenta l'immediato impiego delle rilevantissime risorse già stanziate per investimenti infrastrutturali in funzione anticiclica, attraverso strumenti eccezionali di sblocco degli ostacoli amministrativi e burocratici che provocano impedimenti e ritardi all'impiego di tali risorse, indispensabile già prima della crisi economica a causa del protrarsi della stagnazione dell'economia nazionale ma ancora più urgente a causa della grave recessione che si prospetta,
impegna il Governo:
1) ad adottare ogni iniziativa idonea a consentire l'immediato sblocco di tutte le procedure relative agli investimenti di competenza di ASPI già programmati e autorizzati, nelle more della definizione dell'accordo relativo agli assetti societari e del perfezionamento degli atti conseguenti;
2) ad attivarsi per l'immediata apertura dei cantieri che interessano la Regione Liguria e il Comune di Genova per il territorio e il sistema portuale liguri con particolare riferimento al progetto del "Nodo stradale e autostradale di Genova - Adeguamento del sistema A7-A10-A12" noto come "Gronda di Genova" seguendo il progetto unitario previsto dalla convenzione, nonché alla immediata conclusione dei blocchi stradali che attualmente interessano la Regione;
3) a rafforzare ogni intervento utile allo sblocco di tutti gli investimenti infrastrutturali per interventi già programmati anche attraverso l'adozione di un "piano shock" che preveda misure adeguate alle circostanze intervenute a seguito della crisi economica conseguente all'emergenza epidemiologica, quali la nomina di commissari straordinari in grado di intervenire direttamente sulle procedure con poteri speciali derogatori, sulla scia degli interventi effettuati per la ricostruzione del ponte Morandi o dell'organizzazione dell'evento EXPO Milano 2015.
Mozioni sul glifosato
(1-00093) (
De Bonis, De Petris, Buccarella, Martelli, Lonardo, Nugnes, Trentacoste, Papatheu, Lorefice, La Mura, Ciampolillo, De Falco (*). -
V. testo 3
Il Senato,
premesso che:
il glifosato è un diserbante non selettivo, sintetizzato per la prima volta nei laboratori dell'azienda farmaceutica "Cilag AG" negli anni '50 del '900 e introdotto sul mercato a partire dal 1974 ad opera della "Monsanto", azienda multinazionale di biotecnologie agrarie, che ne ha scoperto l'azione come erbicida ad ampio spettro;
secondo quanto diffuso in data 12 novembre 2015 dall'Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), "un gruppo di esperti incaricato della revisione paritetica, formato da scienziati EFSA e rappresentanti di organismi di valutazione del rischio degli Stati membri dell'UE, ha stabilito una dosa acuta di riferimento (DAR) per il glifosato pari a 0,5 mg per kg di peso corporeo";
come riportato da "la Repubblica" in data 22 aprile 2016, l'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC), nel 2015, ha classificato il glifosato come un "probabile cancerogeno per l'uomo" e, come tale, lo ha inserito in un gruppo di 66 sostanze a rischio;
in data 16 dicembre 2015, il sito on line "euronews" evidenziava che: "secondo la classificazione dell'Unione Europea sono almeno 564 le sostanze sospettate di essere pericolose. Per 66 di esse è provato che possano agire come interferenti endocrini e su altre 52 ci sono gravi sospetti", tra cui il glifosato;
oltre il 97 per cento dei prodotti alimentari commercializzati nel nostro continente contiene residui di glifosato;
tracce di glifosato sono state trovate nelle urine di 48 europarlamentari con concentrazioni da 0,17 a 3,5 microgrammi per litro ed una media di 1,73 (fonte: "Agricolae");
altri studi in Germania avevano già dimostrato, su un campione di 2.009 persone, che il 99,6 per cento presentava residui di glifosato nelle urine; il 75 per cento di queste con una concentrazione almeno 5 volte superiore ai limiti consentiti per l'acqua; il 35 per cento di queste con una concentrazione addirittura superiore tra le 10 e 42 volte (fonte: "Il Salvagente");
la rivista tedesca "Oko-Test" ha trovato tracce di glifosato oltre che nel latte materno, nel miele e nella birra, in 14 campioni su 20 di farine di frumento, d'avena e pane (medesima fonte);
secondo quanto contenuto nell'atto di sindacato ispettivo 5-10154 del 20 dicembre 2016, presentato nel corso della XVII Legislatura alla Camera, "il 10 settembre 2016 l'Associazione nordamericana Moms Across America ha reso pubblici i risultati preliminari di una ricerca autofinanziata per l'identificazione di residui di glifosato, l'erbicida più utilizzato al mondo sia in agricoltura sia per gli usi civili, il cui principio attivo è un brevetto della Roundup della Monsanto, nei vaccini per uso umano". All'uopo, "lo screening effettuato dal laboratorio Microbe Inotech Laboratories Inc. di St. Louis, nel Missouri, utilizzando il metodo ELISA, ha dimostrato la presenza di glifosato" in una serie di vaccini;
il glifosato viene ampiamente usato in pre-raccolta negli Stati Uniti e in Canada nelle coltivazioni di grano duro, per favorirne la maturazione artificiale, con conseguente presenza di residui nel grano raccolto e nelle semole che ne derivano;
l'Italia importa grano duro dagli Stati Uniti e dal Canada per la miscelazione e produzione di semole per pasta, pane e altri prodotti da forno;
secondo i dati pubblicati da "Il Salvagente" nel volume "La vera storia del glifosato" del 2016, sono state trovate tracce di glifosato, anche se sotto le soglie previste dalla legge, negli spaghetti "Colavita" (0,019 milligrammi al chilo), negli spaghetti "Del Verde" (0,083), nelle penne ziti rigate "Divella" (0,033), negli spaghetti "Divella" (0,038), nella mafalda corta "Garofalo" (0,043), negli spaghetti "Italiamo Lidl" (0,070), nelle farfalle rigate "La Molisana" (0,160) e negli spaghetti "La Molisana" (0,056 milligrammi al chilo);
in data 26 febbraio 2017 sono stati pubblicati i dati relativi al test effettuato dall'associazione "GranoSalus" su alcuni marchi di pasta italiana: sono stati trovati residui di glifosato ed altri contaminanti, sebbene sotto le soglie previste dalla legge. Al proposito, sul sito veniva riportato che "la pasta Barilla e la pasta Voiello, che sono due paste dello stesso gruppo, presentano, rispettivamente, per ciò che riguarda la micotossina DON 161 ppb (parti per miliardo) e 180 ppb. Per ciò che riguarda il Glifosate - sempre con riferimento alla Barilla e alla Voiello - presentano, rispettivamente, 0,102 milligrammi per chilogrammo e 0,050 milligrammi per chilogrammo. Per ciò che riguarda il cadmio - ancora con riferimento alla Barilla e alla Voiello - presentano 0,032 milligrammi di cadmio per chilogrammo e 0,036 sempre di questo metallo pesante. Il piombo, per fortuna, non è presente. Questo significa che Barilla e Voiello utilizzano grani duri esteri, anche se Voiello dichiara di utilizzare solo grani italiani (varietà Aureo e Svevo)";
dai dati pubblicati in data 28 ottobre 2017, a seguito di un test effettuato al proposito dalla "GranoSalus", è emersa la presenza di glifosato (espressa in milligrammi per chilogrammo di prodotto) specificata nei quantitativi, con espresso riferimento alle marche di semola, di seguito riportati: "Progeo Tre Grazie": 0,184; "Eurospin Tre Mulini": 0,167; "De Cecco": 0,152; "Divella": 0,143; la "Molisana": 0,142; "Granoro": 0,123; "Casillo": 0,112; "Molino Martinucci": 0,104; "Semolificio Loiudice": 0,098; "Molino Mininni": 0,092; "Garofalo": 0,089; "Molino F.lli Dell'Acqua": 0,075; "Despar": 0,029;
sul punto, sempre in data 28 ottobre 2017, sul sito "granusalus" veniva evidenziata "una presenza diffusa dell'erbicida nelle semole prodotte dai molini pugliesi e non solo. Tra questi (...) il marchio Casillo, leader nel mercato delle semole di grano duro nonché principale importatore di grano estero, pur riportando sulla confezione la dicitura '100% grano italiano', presenta residui di glifosato";
nella petizione presentata dall'associazione "GranoSalus" sul tema, è precisato che "l'Unione Europea definisce i tenori massimi di glifosato nei prodotti alimentari (pasta, etc), in 10 mg/kg (ppm)";
con decreto della Direzione generale per l'igiene e la sicurezza degli alimenti e la nutrizione del Ministero della salute del 9 agosto 2016 veniva disposta la "revoca di autorizzazioni all'immissione in commercio e modifica delle condizioni d'impiego di prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva glifosate in attuazione del regolamento di esecuzione (UE) 2016/1313 della Commissione del 1°agosto 2016";
con successivo decreto della stessa Direzione generale del 16 agosto 2016 veniva disposta la "modifica dell'allegato al decreto 9 agosto 2016 recante la revoca di autorizzazioni all'immissione in commercio e modifica delle condizioni d'impiego di prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva glyphosate in attuazione del regolamento di esecuzione del 1 agosto 2016 (UE) 2016/1313 della Commissione";
con decreto della stessa Direzione generale del 6 settembre 2016 venivano stabilite "ulteriori revoche di autorizzazioni all'immissione in commercio e modifica delle condizioni d'impiego di prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva "glifosate" in attuazione del Regolamento di esecuzione (UE)2016/1313 della Commissione del 1° agosto 2016 e modifica dell'allegato 1 del decreto 16 agosto 2016". Nello specifico, ai sensi dell'articolo 1, veniva decretata la revoca dell'autorizzazione all'immissione in commercio ed impiego dei prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva glifosato ed il coformulante ammina di sego polietossilata (n. CAS 61791-26-2) riportati nell'allegato del decreto in parola. Inoltre, la commercializzazione e l'impiego delle scorte giacenti dei prodotti fitosanitari riportati nel citato allegato venivano consentiti, secondo le seguenti modalità: "a) fino al 22 novembre 2016 per la commercializzazione da parte del titolare delle autorizzazioni e la vendita da parte dei rivenditori e/o distributori autorizzati; b) fino al 22 febbraio 2017 per l'impiego da parte degli utilizzatori finali". La commercializzazione e l'impiego delle scorte giacenti dei prodotti fitosanitari riportati nell'allegato venivano consentiti, previa rietichettatura, in conformità all'articolo 1, comma 1, del decreto direttoriale 9 agosto 2016;
in definitiva nel mercato comunitario e italiano le disposizioni nazionali e comunitarie vigenti (regolamento (UE) n. 1313/2016 e decreto della Direzione generale italiana citato) prevedono che, dall'agosto 2016, il glifosato non possa essere somministrato in pre-raccolta nei campi di grano, introducendo di fatto un divieto al suo uso e, dunque, la disapplicazione dei limiti previsti dal regolamento (UE) n. 293/2013;
tale divieto, paradossalmente, non viene esteso alle navi di grano estero, che, pur presentando un livello di residui di glifosato nei limiti previsti dal regolamento (UE) n. 293/2013, come conferma il monitoraggio predisposto dal Ministero della salute nel grano a importazione extracomunitaria, continuano ad approdare indisturbate nei porti italiani, generando peraltro una restrizione della concorrenza al prodotto italiano non contaminato, dunque, più pregiato e ricercato;
in data 27 settembre 2018, sul sito "granosalus" veniva precisato che "il nuovo test Test GranoSalus (effettuato tramite primario laboratorio accreditato) conferma la presenza di glifosato nella pasta a marchio Divella, Barilla, De Cecco, Garofalo, Rummo, Riscossa (sia nella linea normale che in quella 100% Italia)";
da un sopralluogo effettuato da alcuni firmatari del presente atto presso il porto di Bari, in data 14 settembre 2018 è emerso che presso il Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, è in fase di svolgimento un monitoraggio dal quale si evince la presenza di glifosato nel grano sia pur sotto i limiti di legge;
della notizia è stata informata la Procura di Bari con un esposto del 27 giugno 2017 ed un altro del 17 settembre 2018;
i controlli supplementari effettuati dall'Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressioni frodi dei prodotti alimentari su alcune navi ormeggiate al porto di Bari il cui Ufficio Italia Sud est dal 1° aprile al 10 ottobre ha prelevato dalle navi 10 campioni di cereali (di questi 3 sono stati già sottoposti ad analisi ed un campione di granoturco biologico, risultato irregolare per presenza di principi non consentiti in agricoltura biologica, mentre gli altri 7 campioni, prelevati nel mese di settembre ed ottobre, sono ancora in attesa di analisi) dimostrano che i laboratori non sono accreditati;
con regolamento (CE) n. 1107/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, relativo all'immissione sul mercato dei prodotti fitosanitari e che abroga le direttive del Consiglio 79/117/CEE e 91/414/CEE si sono poste le basi precauzionali all'uso delle sostanze attive per ogni Stato membro, chiamato a compiere un bilanciamento tra i benefici per la produzione e gli effetti nocivi sulla salute umana, sugli animali e sull'ambiente;
la necessità di un attento bilanciamento dei contrapposti interessi è stata ribadita nel regolamento di esecuzione (UE) n. 540/2011 della Commissione, del 25 maggio 2011, recante disposizioni di attuazione del regolamento (CE) n. 1107/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda l'elenco delle sostanze attive approvate (testo rilevante ai fini del SEE). Nello specifico, al n. 25 dell'allegato al regolamento veniva indicata la sostanza "glifosate" e veniva evidenziato che: "possono essere autorizzati solo gli usi come erbicida. Per l'applicazione dei principi uniformi di cui all'articolo 29, paragrafo 6, del regolamento (CE) n. 1107/2009, si deve tener conto delle conclusioni contenute nel rapporto di riesame sul glifosato, in particolare delle relative appendici I e II, nella versione definitiva elaborata dal comitato fitosanitario permanente il 29 giugno 2001. Nell'ambito di questa valutazione generale, gli Stati membri: - devono prestare particolare attenzione alla protezione delle acque sotterranee nelle regioni esposte a rischi, soprattutto in rapporto ad usi non colturali";
dopo l'approvazione del regolamento sono stati pubblicati importanti contributi scientifici che hanno reso evidente il carattere nocivo del glifosato, specie per i neonati e i bambini;
ad oggi, la letteratura scientifica maggioritaria propende nel ritenere tale sostanza attiva cancerogena o "probabilmente cancerogena" sia per la salute (come dimostrato dalla IARC) che per l'ambiente (come attestato dalla ECHA) e come comprovato dalla recente sentenza del Tribunale di San Francisco, che ha condannato la Monsanto a un risarcimento milionario ritenendo provato il nesso causale tra il tumore di un giardiniere e l'uso di diserbante contenente glifosato;
nonostante sia ormai acclarato che il glifosato sia una sostanza pericolosa, in quanto cancerogena e comunque nociva, la Commissione europea, con regolamento di esecuzione (UE) 2017/2324 della Commissione, del 12 dicembre 2017, ha ritenuto di rinnovare per ulteriori 5 anni l'autorizzazione all'immissione del glifosato nell'ambito territoriale UE;
tale ultimo regolamento è stato oggetto di ricorso proposto in data 28 febbraio 2018, presso il Tribunale dell'Unione europea, da parte dell'associazione italiana "GranoSalus", che svolge per Statuto attività di vigilanza, in ambito nazionale e comunitario, tesa a garantire la migliore qualità, anche sotto il profilo sanitario, dei prodotti cerealicoli a tutela di produttori e consumatori;
in particolare l'associazione ha contestato, da un canto, l'illegittimità del regolamento di esecuzione per violazione del principio di precauzione e per elusione delle disposizioni di procedura circa il rinnovo dell'approvazione della sostanza, che si è attestata su studi scientifici di dubbia provenienza non improntati ai principi di indipendenza, obiettività e trasparenza, e, dall'altro canto, la mancanza, a monte del regolamento stesso di approfondimenti istruttori circa l'incidenza dell'uso del glifosato sugli animali, sulle acque sotterranee e sui prodotti destinati al consumo umano, come il pane e l'acqua;
al contrario, a livello nazionale, nel 2017 il Ministero della salute, nel procedimento di approvazione del regolamento di esecuzione (UE) 2017/2324, lo ha recepito con il comunicato della Direzione generale per l'igiene e la sicurezza degli alimenti e la nutrizione del 19 dicembre 2017, e non ha introdotto ulteriori misure di natura "precauzionale" in merito alle prescrizioni di cui allegato I del regolamento di esecuzione;
dall'altra parte il rinnovo della sostanza attiva potrebbe comportare gravi ricadute in ordine al regime della concorrenza nel mercato UE, e dunque in Italia, e pare comunque in netto contrasto con gli indirizzi di cui al regolamento (UE) n. 1305/2013, modificato da ultimo dal regolamento (UE) 2017/2393, che, mediante i programmi di sviluppo rurale (PSR) e le relative erogazioni con fondi comunitari, è volto a indurre gli agricoltori della UE, e dunque italiani, ad adottare modalità produttive di eccellenza e di carattere biologico, che mal si conciliano con l'utilizzo di erbicidi;
ai sensi dell'articolo 191, paragrafo 2, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea "la politica dell'Unione in materia ambientale mira a un elevato livello di tutela, tenendo conto della diversità delle situazioni nelle varie regioni dell'Unione. Essa è fondata sui principi della precauzione e dell'azione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all'ambiente, nonché sul principio 'chi inquina paga'. In tale contesto, le misure di armonizzazione rispondenti ad esigenze di protezione dell'ambiente comportano, nei casi opportuni, una clausola di salvaguardia che autorizza gli Stati membri a prendere, per motivi ambientali di natura non economica, misure provvisorie soggette ad una procedura di controllo dell'Unione";
secondo la Commissione europea, il principio di precauzione può essere invocato quando "un fenomeno, un prodotto o un processo può avere effetti potenzialmente pericolosi, individuati tramite una valutazione scientifica e obiettiva, se questa valutazione non consente di determinare il rischio con sufficiente certezza. Il ricorso al principio si iscrive pertanto nel quadro generale dell'analisi del rischio (che comprende, oltre la valutazione del rischio, la gestione e la comunicazione del rischio) e più particolarmente nel quadro della gestione del rischio che corrisponde alla fase di presa di decisione". Tale principio andrebbe applicato anche nel caso del glifosato, in nome della tutela della salute pubblica, vietando definitivamente e in maniera permanente la produzione, la commercializzazione e l'uso di tutti i prodotti fitosanitari a base dell'erbicida;
nella comunicazione della Commissione europea del 2 febbraio 2000 sul principio di precauzione, con specifico riferimento all'onere della prova, è stabilito che: "le regole esistenti nella legislazione comunitaria e in quella di numerosi paesi terzi applicano il principio dell'autorizzazione preventiva (elenco positivo) prima dell'immissione sul mercato di alcuni tipi di prodotti, quali le medicine, gli antiparassitari o gli additivi alimentari. Ciò costituisce già un modo di applicare il principio di precauzione spostando la responsabilità della produzione delle prove scientifiche. È questo il caso in particolare delle sostanze ritenute a priori pericolose o che possono essere potenzialmente pericolose ad un certo livello d'assorbimento. In questo caso il legislatore, per precauzione, ha previsto l'inversione dell'onere della prova, stabilendo che tali sostanze siano considerate come pericolose finché non sia dimostrato il contrario. Spetta quindi alle imprese realizzare i lavori scientifici necessari per la valutazione del rischio. Finché il livello di rischio per la salute e per l'ambiente non può essere valutato con sufficiente certezza, il legislatore non può legittimamente autorizzare l'utilizzazione della sostanza, salvo in casi eccezionali per effettuare prove. In altri casi, nei quali non è prevista una simile procedura di autorizzazione preventiva, può spettare all'utilizzatore, persona privata, associazione di consumatori o di cittadini o al potere pubblico di dimostrare la natura di un pericolo e il livello di rischio di un prodotto o di un procedimento";
in ultimo, il giornale francese "News LifeGate", in un articolo del 22 gennaio 2019, scrive: «"Il tribunale amministrativo di Lione ha revocato l'autorizzazione concessa al Roundup Pro 360, a base di glifosato, evocando un "principio di precauzione". Il prodotto presenta "rischi ambientali suscettibili di nuocere in modo grave alla salute umana". È con questa motivazione che il tribunale amministrativo francese di Lione, il 15 gennaio, ha deciso di annullare l'autorizzazione alla commercializzazione del Roundup Pro 360, diserbante a base di glifosato prodotto dalla Monsanto (ormai di proprietà della Bayer). "Errore di valutazione: il glifosato è potenzialmente cancerogeno" I giudici - "fatto raro" - secondo la stampa transalpina - hanno ritenuto che l'Agenzia nazionale per la sicurezza alimentare, ambientale e del lavoro (Anses) abbia "commesso un errore di valutazione in materia di principio di precauzione". Ciò nel marzo del 2017, quando concesse il proprio via libera all'uso del prodotto. Il tribunale lionese ha, in questo senso, citato le conclusioni alle quali è giunto il Centro internazionale di ricerca sul cancro (Circ) dopo aver studiato la questione. Secondo le quali il glifosato dovrebbe "essere considerato come una sostanza dal potenziale cancerogeno per l'essere umano"»,
impegna il Governo:
1) a sospendere gli effetti del comunicato del Ministero della salute del 19 dicembre 2017 con cui si è recepito il rinnovo della sostanza attiva glifosato per 5 anni e ad assumere ogni idonea iniziativa in sede europea per promuovere la revisione delle decisioni assunte in merito all'utilizzo del glifosato con regolamento di esecuzione (UE) 2017/2324 della Commissione, del 12 dicembre 2017;
2) a prevedere che i grani esteri, provenienti da aree dove il clima impone l'impiego di glifosato, siano assoggettati al principio di precauzione comunitario previsto dal regolamento (UE) 2016/1313 (non già dal precedente regolamento (UE) n. 293/2013), così come recepito dal decreto del Ministero della salute 9 agosto 2016, ma mai applicato con apposite circolari dai dirigenti degli uffici periferici USMAF;
3) ad emanare una circolare che vieti la presenza di glifosato in tutte le stive di grano importato, anche se già sdoganato in altri porti europei, e a disporre, di conseguenza, l'intensificazione delle attività di controllo e monitoraggio su tutte le stive attraverso il prelievo di campioni da ciascuna stiva per affidarle a laboratori accreditati e rendendo noti gli esiti delle analisi, con specifico riferimento al traffico commerciale e alle connesse operazioni, in tutte le infrastrutture portuali italiane, in particolare nei porti della Puglia dove sbarcano la maggior parte delle navi contenenti grano duro proveniente dagli Stati Uniti e dal Canada, con lo scopo di garantire la sicurezza alimentare, ambientale e sanitaria;
4) a promuovere, anche mediante lo strumento della decretazione di urgenza, degli interventi normativi finalizzati a vietare l'utilizzo e la presenza della sostanza attiva glifosato negli alimenti, oltre che a scoraggiare l'acquisto e l'utilizzo di grani esteri, che vengono miscelati con il grano duro nazionale, di ottima qualità, falsando le quotazioni del mercato italiano, come ha dimostrato la sentenza del TAR Puglia n. 1200/2019 del 16 settembre 2019;
5) ad adottare tutte le necessarie misure di precauzione sul territorio nazionale volte a proteggere la sanità pubblica nonché la salubrità dell'ambiente, con specifico riferimento alla tutela delle acque, della flora e della fauna.
________________
(*) I senatori Abate, Lanzi, Naturale, Croatti e Lomuti aggiungono la firma in corso di seduta
(1-00093) (
De Bonis, De Petris, Buccarella, Martelli, Lonardo, Nugnes, Trentacoste, Papatheu, Lorefice, La Mura, Ciampolillo, De Falco, Abate, Lanzi, Naturale, Croatti, Lomuti. -
Approvata
Il Senato,
premesso che:
il glifosato è un diserbante non selettivo, sintetizzato per la prima volta nei laboratori dell'azienda farmaceutica "Cilag AG" negli anni '50 del '900 e introdotto sul mercato a partire dal 1974 ad opera della "Monsanto", azienda multinazionale di biotecnologie agrarie, che ne ha scoperto l'azione come erbicida ad ampio spettro;
secondo quanto diffuso in data 12 novembre 2015 dall'Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), "un gruppo di esperti incaricato della revisione paritetica, formato da scienziati EFSA e rappresentanti di organismi di valutazione del rischio degli Stati membri dell'UE, ha stabilito una dosa acuta di riferimento (DAR) per il glifosato pari a 0,5 mg per kg di peso corporeo";
come riportato da "la Repubblica" in data 22 aprile 2016, l'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC), nel 2015, ha classificato il glifosato come un "probabile cancerogeno per l'uomo" e, come tale, lo ha inserito in un gruppo di 66 sostanze a rischio;
in data 16 dicembre 2015, il sito on line "euronews" evidenziava che: "secondo la classificazione dell'Unione Europea sono almeno 564 le sostanze sospettate di essere pericolose. Per 66 di esse è provato che possano agire come interferenti endocrini e su altre 52 ci sono gravi sospetti", tra cui il glifosato;
oltre il 97 per cento dei prodotti alimentari commercializzati nel nostro continente contiene residui di glifosato;
tracce di glifosato sono state trovate nelle urine di 48 europarlamentari con concentrazioni da 0,17 a 3,5 microgrammi per litro ed una media di 1,73 (fonte: "Agricolae");
altri studi in Germania avevano già dimostrato, su un campione di 2.009 persone, che il 99,6 per cento presentava residui di glifosato nelle urine; il 75 per cento di queste con una concentrazione almeno 5 volte superiore ai limiti consentiti per l'acqua; il 35 per cento di queste con una concentrazione addirittura superiore tra le 10 e 42 volte (fonte: "Il Salvagente");
la rivista tedesca "Oko-Test" ha trovato tracce di glifosato oltre che nel latte materno, nel miele e nella birra, in 14 campioni su 20 di farine di frumento, d'avena e pane (medesima fonte);
secondo quanto contenuto nell'atto di sindacato ispettivo 5-10154 del 20 dicembre 2016, presentato nel corso della XVII Legislatura alla Camera, "il 10 settembre 2016 l'Associazione nordamericana Moms Across America ha reso pubblici i risultati preliminari di una ricerca autofinanziata per l'identificazione di residui di glifosato, l'erbicida più utilizzato al mondo sia in agricoltura sia per gli usi civili, il cui principio attivo è un brevetto della Roundup della Monsanto, nei vaccini per uso umano". All'uopo, "lo screening effettuato dal laboratorio Microbe Inotech Laboratories Inc. di St. Louis, nel Missouri, utilizzando il metodo ELISA, ha dimostrato la presenza di glifosato" in una serie di vaccini;
il glifosato viene ampiamente usato in pre-raccolta negli Stati Uniti e in Canada nelle coltivazioni di grano duro, per favorirne la maturazione artificiale, con conseguente presenza di residui nel grano raccolto e nelle semole che ne derivano;
l'Italia importa grano duro dagli Stati Uniti e dal Canada per la miscelazione e produzione di semole per pasta, pane e altri prodotti da forno;
secondo i dati pubblicati da "Il Salvagente" nel volume "La vera storia del glifosato" del 2016, sono state trovate tracce di glifosato, anche se sotto le soglie previste dalla legge, negli spaghetti "Colavita" (0,019 milligrammi al chilo), negli spaghetti "Del Verde" (0,083), nelle penne ziti rigate "Divella" (0,033), negli spaghetti "Divella" (0,038), nella mafalda corta "Garofalo" (0,043), negli spaghetti "Italiamo Lidl" (0,070), nelle farfalle rigate "La Molisana" (0,160) e negli spaghetti "La Molisana" (0,056 milligrammi al chilo);
in data 26 febbraio 2017 sono stati pubblicati i dati relativi al test effettuato dall'associazione "GranoSalus" su alcuni marchi di pasta italiana: sono stati trovati residui di glifosato ed altri contaminanti, sebbene sotto le soglie previste dalla legge. Al proposito, sul sito veniva riportato che "la pasta Barilla e la pasta Voiello, che sono due paste dello stesso gruppo, presentano, rispettivamente, per ciò che riguarda la micotossina DON 161 ppb (parti per miliardo) e 180 ppb. Per ciò che riguarda il Glifosate - sempre con riferimento alla Barilla e alla Voiello - presentano, rispettivamente, 0,102 milligrammi per chilogrammo e 0,050 milligrammi per chilogrammo. Per ciò che riguarda il cadmio - ancora con riferimento alla Barilla e alla Voiello - presentano 0,032 milligrammi di cadmio per chilogrammo e 0,036 sempre di questo metallo pesante. Il piombo, per fortuna, non è presente. Questo significa che Barilla e Voiello utilizzano grani duri esteri, anche se Voiello dichiara di utilizzare solo grani italiani (varietà Aureo e Svevo)";
dai dati pubblicati in data 28 ottobre 2017, a seguito di un test effettuato al proposito dalla "GranoSalus", è emersa la presenza di glifosato (espressa in milligrammi per chilogrammo di prodotto) specificata nei quantitativi, con espresso riferimento alle marche di semola, di seguito riportati: "Progeo Tre Grazie": 0,184; "Eurospin Tre Mulini": 0,167; "De Cecco": 0,152; "Divella": 0,143; la "Molisana": 0,142; "Granoro": 0,123; "Casillo": 0,112; "Molino Martinucci": 0,104; "Semolificio Loiudice": 0,098; "Molino Mininni": 0,092; "Garofalo": 0,089; "Molino F.lli Dell'Acqua": 0,075; "Despar": 0,029;
sul punto, sempre in data 28 ottobre 2017, sul sito "granusalus" veniva evidenziata "una presenza diffusa dell'erbicida nelle semole prodotte dai molini pugliesi e non solo. Tra questi (...) il marchio Casillo, leader nel mercato delle semole di grano duro nonché principale importatore di grano estero, pur riportando sulla confezione la dicitura '100% grano italiano', presenta residui di glifosato";
nella petizione presentata dall'associazione "GranoSalus" sul tema, è precisato che "l'Unione Europea definisce i tenori massimi di glifosato nei prodotti alimentari (pasta, etc), in 10 mg/kg (ppm)";
con decreto della Direzione generale per l'igiene e la sicurezza degli alimenti e la nutrizione del Ministero della salute del 9 agosto 2016 veniva disposta la "revoca di autorizzazioni all'immissione in commercio e modifica delle condizioni d'impiego di prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva glifosate in attuazione del regolamento di esecuzione (UE) 2016/1313 della Commissione del 1°agosto 2016";
con successivo decreto della stessa Direzione generale del 16 agosto 2016 veniva disposta la "modifica dell'allegato al decreto 9 agosto 2016 recante la revoca di autorizzazioni all'immissione in commercio e modifica delle condizioni d'impiego di prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva glyphosate in attuazione del regolamento di esecuzione del 1 agosto 2016 (UE) 2016/1313 della Commissione";
con decreto della stessa Direzione generale del 6 settembre 2016 venivano stabilite "ulteriori revoche di autorizzazioni all'immissione in commercio e modifica delle condizioni d'impiego di prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva "glifosate" in attuazione del Regolamento di esecuzione (UE)2016/1313 della Commissione del 1° agosto 2016 e modifica dell'allegato 1 del decreto 16 agosto 2016". Nello specifico, ai sensi dell'articolo 1, veniva decretata la revoca dell'autorizzazione all'immissione in commercio ed impiego dei prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva glifosato ed il coformulante ammina di sego polietossilata (n. CAS 61791-26-2) riportati nell'allegato del decreto in parola. Inoltre, la commercializzazione e l'impiego delle scorte giacenti dei prodotti fitosanitari riportati nel citato allegato venivano consentiti, secondo le seguenti modalità: "a) fino al 22 novembre 2016 per la commercializzazione da parte del titolare delle autorizzazioni e la vendita da parte dei rivenditori e/o distributori autorizzati; b) fino al 22 febbraio 2017 per l'impiego da parte degli utilizzatori finali". La commercializzazione e l'impiego delle scorte giacenti dei prodotti fitosanitari riportati nell'allegato venivano consentiti, previa rietichettatura, in conformità all'articolo 1, comma 1, del decreto direttoriale 9 agosto 2016;
in definitiva nel mercato comunitario e italiano le disposizioni nazionali e comunitarie vigenti (regolamento (UE) n. 1313/2016 e decreto della Direzione generale italiana citato) prevedono che, dall'agosto 2016, il glifosato non possa essere somministrato in pre-raccolta nei campi di grano, introducendo di fatto un divieto al suo uso e, dunque, la disapplicazione dei limiti previsti dal regolamento (UE) n. 293/2013;
tale divieto, paradossalmente, non viene esteso alle navi di grano estero, che, pur presentando un livello di residui di glifosato nei limiti previsti dal regolamento (UE) n. 293/2013, come conferma il monitoraggio predisposto dal Ministero della salute nel grano a importazione extracomunitaria, continuano ad approdare indisturbate nei porti italiani, generando peraltro una restrizione della concorrenza al prodotto italiano non contaminato, dunque, più pregiato e ricercato;
in data 27 settembre 2018, sul sito "granosalus" veniva precisato che "il nuovo test Test GranoSalus (effettuato tramite primario laboratorio accreditato) conferma la presenza di glifosato nella pasta a marchio Divella, Barilla, De Cecco, Garofalo, Rummo, Riscossa (sia nella linea normale che in quella 100% Italia)";
da un sopralluogo effettuato da alcuni firmatari del presente atto presso il porto di Bari, in data 14 settembre 2018 è emerso che presso il Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, è in fase di svolgimento un monitoraggio dal quale si evince la presenza di glifosato nel grano sia pur sotto i limiti di legge;
della notizia è stata informata la Procura di Bari con un esposto del 27 giugno 2017 ed un altro del 17 settembre 2018;
i controlli supplementari effettuati dall'Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressioni frodi dei prodotti alimentari su alcune navi ormeggiate al porto di Bari il cui Ufficio Italia Sud est dal 1° aprile al 10 ottobre ha prelevato dalle navi 10 campioni di cereali (di questi 3 sono stati già sottoposti ad analisi ed un campione di granoturco biologico, risultato irregolare per presenza di principi non consentiti in agricoltura biologica, mentre gli altri 7 campioni, prelevati nel mese di settembre ed ottobre, sono ancora in attesa di analisi) dimostrano che i laboratori non sono accreditati;
con regolamento (CE) n. 1107/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, relativo all'immissione sul mercato dei prodotti fitosanitari e che abroga le direttive del Consiglio 79/117/CEE e 91/414/CEE si sono poste le basi precauzionali all'uso delle sostanze attive per ogni Stato membro, chiamato a compiere un bilanciamento tra i benefici per la produzione e gli effetti nocivi sulla salute umana, sugli animali e sull'ambiente;
la necessità di un attento bilanciamento dei contrapposti interessi è stata ribadita nel regolamento di esecuzione (UE) n. 540/2011 della Commissione, del 25 maggio 2011, recante disposizioni di attuazione del regolamento (CE) n. 1107/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda l'elenco delle sostanze attive approvate (testo rilevante ai fini del SEE). Nello specifico, al n. 25 dell'allegato al regolamento veniva indicata la sostanza "glifosate" e veniva evidenziato che: "possono essere autorizzati solo gli usi come erbicida. Per l'applicazione dei principi uniformi di cui all'articolo 29, paragrafo 6, del regolamento (CE) n. 1107/2009, si deve tener conto delle conclusioni contenute nel rapporto di riesame sul glifosato, in particolare delle relative appendici I e II, nella versione definitiva elaborata dal comitato fitosanitario permanente il 29 giugno 2001. Nell'ambito di questa valutazione generale, gli Stati membri: - devono prestare particolare attenzione alla protezione delle acque sotterranee nelle regioni esposte a rischi, soprattutto in rapporto ad usi non colturali";
dopo l'approvazione del regolamento sono stati pubblicati importanti contributi scientifici che hanno reso evidente il carattere nocivo del glifosato, specie per i neonati e i bambini;
ad oggi, la letteratura scientifica maggioritaria propende nel ritenere tale sostanza attiva cancerogena o "probabilmente cancerogena" sia per la salute (come dimostrato dalla IARC) che per l'ambiente (come attestato dalla ECHA) e come comprovato dalla recente sentenza del Tribunale di San Francisco, che ha condannato la Monsanto a un risarcimento milionario ritenendo provato il nesso causale tra il tumore di un giardiniere e l'uso di diserbante contenente glifosato;
nonostante sia ormai acclarato che il glifosato sia una sostanza pericolosa, in quanto cancerogena e comunque nociva, la Commissione europea, con regolamento di esecuzione (UE) 2017/2324 della Commissione, del 12 dicembre 2017, ha ritenuto di rinnovare per ulteriori 5 anni l'autorizzazione all'immissione del glifosato nell'ambito territoriale UE;
tale ultimo regolamento è stato oggetto di ricorso proposto in data 28 febbraio 2018, presso il Tribunale dell'Unione europea, da parte dell'associazione italiana "GranoSalus", che svolge per Statuto attività di vigilanza, in ambito nazionale e comunitario, tesa a garantire la migliore qualità, anche sotto il profilo sanitario, dei prodotti cerealicoli a tutela di produttori e consumatori;
in particolare l'associazione ha contestato, da un canto, l'illegittimità del regolamento di esecuzione per violazione del principio di precauzione e per elusione delle disposizioni di procedura circa il rinnovo dell'approvazione della sostanza, che si è attestata su studi scientifici di dubbia provenienza non improntati ai principi di indipendenza, obiettività e trasparenza, e, dall'altro canto, la mancanza, a monte del regolamento stesso di approfondimenti istruttori circa l'incidenza dell'uso del glifosato sugli animali, sulle acque sotterranee e sui prodotti destinati al consumo umano, come il pane e l'acqua;
al contrario, a livello nazionale, nel 2017 il Ministero della salute, nel procedimento di approvazione del regolamento di esecuzione (UE) 2017/2324, lo ha recepito con il comunicato della Direzione generale per l'igiene e la sicurezza degli alimenti e la nutrizione del 19 dicembre 2017, e non ha introdotto ulteriori misure di natura "precauzionale" in merito alle prescrizioni di cui allegato I del regolamento di esecuzione;
dall'altra parte il rinnovo della sostanza attiva potrebbe comportare gravi ricadute in ordine al regime della concorrenza nel mercato UE, e dunque in Italia, e pare comunque in netto contrasto con gli indirizzi di cui al regolamento (UE) n. 1305/2013, modificato da ultimo dal regolamento (UE) 2017/2393, che, mediante i programmi di sviluppo rurale (PSR) e le relative erogazioni con fondi comunitari, è volto a indurre gli agricoltori della UE, e dunque italiani, ad adottare modalità produttive di eccellenza e di carattere biologico, che mal si conciliano con l'utilizzo di erbicidi;
ai sensi dell'articolo 191, paragrafo 2, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea "la politica dell'Unione in materia ambientale mira a un elevato livello di tutela, tenendo conto della diversità delle situazioni nelle varie regioni dell'Unione. Essa è fondata sui principi della precauzione e dell'azione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all'ambiente, nonché sul principio 'chi inquina paga'. In tale contesto, le misure di armonizzazione rispondenti ad esigenze di protezione dell'ambiente comportano, nei casi opportuni, una clausola di salvaguardia che autorizza gli Stati membri a prendere, per motivi ambientali di natura non economica, misure provvisorie soggette ad una procedura di controllo dell'Unione";
secondo la Commissione europea, il principio di precauzione può essere invocato quando "un fenomeno, un prodotto o un processo può avere effetti potenzialmente pericolosi, individuati tramite una valutazione scientifica e obiettiva, se questa valutazione non consente di determinare il rischio con sufficiente certezza. Il ricorso al principio si iscrive pertanto nel quadro generale dell'analisi del rischio (che comprende, oltre la valutazione del rischio, la gestione e la comunicazione del rischio) e più particolarmente nel quadro della gestione del rischio che corrisponde alla fase di presa di decisione". Tale principio andrebbe applicato anche nel caso del glifosato, in nome della tutela della salute pubblica, vietando definitivamente e in maniera permanente la produzione, la commercializzazione e l'uso di tutti i prodotti fitosanitari a base dell'erbicida;
nella comunicazione della Commissione europea del 2 febbraio 2000 sul principio di precauzione, con specifico riferimento all'onere della prova, è stabilito che: "le regole esistenti nella legislazione comunitaria e in quella di numerosi paesi terzi applicano il principio dell'autorizzazione preventiva (elenco positivo) prima dell'immissione sul mercato di alcuni tipi di prodotti, quali le medicine, gli antiparassitari o gli additivi alimentari. Ciò costituisce già un modo di applicare il principio di precauzione spostando la responsabilità della produzione delle prove scientifiche. È questo il caso in particolare delle sostanze ritenute a priori pericolose o che possono essere potenzialmente pericolose ad un certo livello d'assorbimento. In questo caso il legislatore, per precauzione, ha previsto l'inversione dell'onere della prova, stabilendo che tali sostanze siano considerate come pericolose finché non sia dimostrato il contrario. Spetta quindi alle imprese realizzare i lavori scientifici necessari per la valutazione del rischio. Finché il livello di rischio per la salute e per l'ambiente non può essere valutato con sufficiente certezza, il legislatore non può legittimamente autorizzare l'utilizzazione della sostanza, salvo in casi eccezionali per effettuare prove. In altri casi, nei quali non è prevista una simile procedura di autorizzazione preventiva, può spettare all'utilizzatore, persona privata, associazione di consumatori o di cittadini o al potere pubblico di dimostrare la natura di un pericolo e il livello di rischio di un prodotto o di un procedimento";
in ultimo, il giornale francese "News LifeGate", in un articolo del 22 gennaio 2019, scrive: «"Il tribunale amministrativo di Lione ha revocato l'autorizzazione concessa al Roundup Pro 360, a base di glifosato, evocando un "principio di precauzione". Il prodotto presenta "rischi ambientali suscettibili di nuocere in modo grave alla salute umana". È con questa motivazione che il tribunale amministrativo francese di Lione, il 15 gennaio, ha deciso di annullare l'autorizzazione alla commercializzazione del Roundup Pro 360, diserbante a base di glifosato prodotto dalla Monsanto (ormai di proprietà della Bayer). "Errore di valutazione: il glifosato è potenzialmente cancerogeno" I giudici - "fatto raro" - secondo la stampa transalpina - hanno ritenuto che l'Agenzia nazionale per la sicurezza alimentare, ambientale e del lavoro (Anses) abbia "commesso un errore di valutazione in materia di principio di precauzione". Ciò nel marzo del 2017, quando concesse il proprio via libera all'uso del prodotto. Il tribunale lionese ha, in questo senso, citato le conclusioni alle quali è giunto il Centro internazionale di ricerca sul cancro (Circ) dopo aver studiato la questione. Secondo le quali il glifosato dovrebbe "essere considerato come una sostanza dal potenziale cancerogeno per l'essere umano"»,
impegna il Governo:
1) ad assumere ogni idonea iniziativa in sede europea per promuovere la revisione delle decisioni assunte in merito all'utilizzo del glifosato con regolamento di esecuzione (UE) 2017/2324 della Commissione, del 12 dicembre 2017 e a valutare la possibilità di sospendere, nelle more, gli effetti del comunicato del Ministero della salute del 19 dicembre 2017 con cui si è recepito il rinnovo della sostanza attiva glifosato per 5 anni;
2) a prevedere che i grani esteri, provenienti da aree dove il clima impone l'impiego di glifosato, siano assoggettati al principio di precauzione comunitario previsto dal regolamento (UE) 2016/1313 (non già dal precedente regolamento (UE) n. 293/2013), così come recepito dal decreto del Ministero della salute 9 agosto 2016;
3) a valutare la possibilità di emanare una circolare che vieti la presenza di glifosato in tutte le stive di grano importato, anche se già sdoganato in altri porti europei, e a disporre, di conseguenza, l'intensificazione delle attività di controllo e monitoraggio su tutte le stive attraverso il prelievo di campioni da ciascuna stiva per affidarle a laboratori accreditati e rendendo noti gli esiti delle analisi, con specifico riferimento al traffico commerciale e alle connesse operazioni, in tutte le infrastrutture portuali italiane, in particolare nei porti della Puglia dove sbarcano la maggior parte delle navi contenenti grano duro proveniente dagli Stati Uniti e dal Canada, con lo scopo di garantire la sicurezza alimentare, ambientale e sanitaria;
4) a promuovere, anche mediante lo strumento della decretazione di urgenza, degli interventi normativi finalizzati a vietare l'utilizzo e la presenza della sostanza attiva glifosato negli alimenti;
5) ad adottare tutte le necessarie misure di precauzione sul territorio nazionale volte a proteggere la sanità pubblica nonché la salubrità dell'ambiente, con specifico riferimento alla tutela delle acque, della flora e della fauna.
(1-00262) (21 luglio 2020)
Cattaneo, Unterberger, Laniece, Bressa, Bonino, Zanda, Parrini, Binetti, Comincini, Rizzotti, Naturale (*). -
V. testo 2
Il Senato,
premesso che:
il glifosato è un analogo dell'aminoacido glicina con funzione di erbicida totale e sistemico, attualmente presente nella lista di quelli autorizzati all'uso nell'Unione europea;
il regolamento (CE) n. 1107/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, relativo all'immissione sul mercato dei prodotti fitosanitari, pone le basi precauzionali circa l'uso delle sostanze attive a uso fitosanitario;
la legislazione europea sui prodotti fitosanitari ("Plant Protection Products") prevede che l'EFSA (European Food Safety Authority, Autorità europea per la sicurezza alimentare), con il sostegno degli Stati membri, conduca una rigorosa valutazione preventiva e, successivamente, periodica su ciascun principio attivo al fine di escludere, nelle normali condizioni d'uso, il rischio di effetti avversi sull'uomo e sull'ambiente. Successivamente gli Stati membri provvedono alla registrazione dei formulati commerciali (prodotti fitosanitari) contenenti tale principio attivo, dopo aver fatto ulteriori e specifiche valutazioni;
la valutazione dell'EFSA prevede che un principio attivo possa essere autorizzato solo a seguito di studi che ne abbiano escluso, per la parte sanitaria, rischi connessi a tossicità acuta, tossicità a breve termine, a lungo termine e cancerogenesi, tossicità riproduttiva, tossicità dello sviluppo, genotossicità, neurotossicità ed immunotossicità;
l'EFSA stabilisce inoltre, con criteri molto prudenziali, anche la dose giornaliera accettabile ("Acceptable Daily Intake", ADI, in italiano "Dose giornaliera ammissibile", DGA) per tutta la vita, ossia il livello di esposizione a una determinata sostanza che un essere umano può tollerare senza effetti avversi sulla salute, e la dose acuta di riferimento (Acute Reference Dose, ARfD) per esposizioni nell'arco di una giornata, se il composto presenta significativa tossicità acuta;
tale ADI-DGA, o dose giornaliera ammissibile, è 100 o anche più volte inferiore alla dose più alta priva di effetti tossici negli studi sperimentali condotti su animali. Ad esempio, se la dose più alta di una sostanza che è senza effetto nell'animale da esperimento è di 1 mg/kg di peso corporeo, l'ADI per l'uomo sarà di 0,01 mg/kg, o talora più bassa;
l'EFSA stabilisce altresì per ciascun principio attivo il "Limite Massimo di Residuo" (in italiano LMR; o "Maximum Residue Limit", MRL) che corrisponde al livello massimo riscontrabile in una derrata alimentare, dopo che il prodotto è stato applicato secondo le buone pratiche agricole, ovvero con quantità, tempi e modalità d'uso corrette;
il principio attivo in esame viene autorizzato e, conseguentemente, i prodotti fitosanitari che lo contengono vengono registrati, solo se la stima dell'assunzione, attraverso gli alimenti, di esso o di suoi residui (definiti con il LMR), quando utilizzato secondo le buone pratiche agricole, è inferiore ai limiti stabiliti (ADI e ARfD);
gli eventuali effetti dannosi di una sostanza non sono legati alla sua semplice presenza, ma dipendono dalla dose (quantità), dal tempo, dalla frequenza di esposizione e da altri fattori;
esiste una notevole differenza tra "pericolo" e "rischio": il "pericolo" è la potenzialità astratta di un prodotto, di una sostanza o di un'azione di causare un effetto indesiderato o tossico, mentre il "rischio" è la misura o stima delle conseguenze indesiderate o tossiche che possono derivare da una determinata condotta o esposizione a una sostanza o a un prodotto;
gli organismi nazionali o sovranazionali preposti alla valutazione del rischio che hanno valutato il glifosato, tra cui l'EFSA citata, l'EChA (European Chemical Agency, preposta alla verifica della sicurezza dei prodotti chimici), il JMPR (Joint FAO/WHO meeting on pesticide residues, ossia l'organismo congiunto FAO/Organizzazione mondiale della sanità preposto all'analisi dei residui di pesticidi), l'EPA (Environmental Protection Agency, l'Agenzia statunitense per la protezione dell'ambiente) e molti altri hanno concluso le loro valutazioni indicando l'assenza di rischio cancerogeno derivante da residui di glifosato;
solo la IARC (International Agency for Research on Cancer, Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, affiliata all'OMS), nel 2015 ha classificato il glifosato tra le sostanze "probabilmente cancerogene" per l'uomo (gruppo 2A);
come da preambolo di ogni monografia IARC, ivi compresa quella sul glifosato, la classificazione effettuata da tale agenzia è basata solamente sul "pericolo" e non sul "rischio", e dunque manca la valutazione e la quantificazione della reale probabilità che alle normali dosi e condizioni d'uso ed esposizione il glifosato possa essere cancerogeno (cosa che tutti gli altri enti preposti alla valutazione hanno già escluso);
ai sensi delle valutazioni effettuate dalla IARC, nella stessa classe di cancerogenicità del glifosato sono presenti i fumi della frittura, l'etilbenzene (contenuto nel caffè), molte tinture per capelli, il lavoro notturno, le bevande calde (65 °C), la carne rossa;
sempre la IARC inserisce invece nella classe dei "sicuramente cancerogeni" (gruppo 1), oltre all'amianto, anche etanolo e carni lavorate, compresi quelli contenuti nei vini e nei salumi che costituiscono parte integrante del patrimonio gastronomico e culturale italiano;
in merito alla presenza di tracce di glifosato in diversi marchi di pasta, in accordo con quanto affermato da associazioni e media generalisti che hanno analizzato in proprio diversi campioni di pasta, queste spazierebbero da un minimo di 0,019 mg/kg a un massimo di 0,184 mg/kg. Tali dati sono cioè inferiori da 54 a 526 volte i limiti previsti dalla legge per il grano, pari a 10 mg/kg;
per ingerire con la pasta la dose di 0,5 mg/kg di peso corporeo, ovvero la dose massima da ritenersi sicura per la salute umana (DGA), si dovrebbe quindi consumare ogni giorno una quantità di pasta compresa da un minimo di 163 a un massimo di 1.579 chilogrammi (tra oltre un quintale e oltre una tonnellata). Un dato molto lontano dalla realtà, considerato che il consumo di pasta di un cittadino italiano medio, secondo recenti stime, ammonta a soli 23,5 chilogrammi all'anno, quindi meno di due chili al mese, quindi meno di un etto al giorno. Il che corrisponde a tracce di glifosato pari, nel caso peggiore, a circa 0,0003 mg/kg di peso corporeo, una quantità 1666 volte più bassa della massima dose sicura (DGA);
considerato che:
il brevetto dell'azienda Monsanto sul glifosato è scaduto nel 2001, per cui questa sostanza è liberamente prodotta in diversi Paesi del mondo;
una recentissima review scientifica condotta a livello europeo (Fogliatto et al., 2020 - "Advances in agronomy") evidenzia che non sono oggi disponibili prodotti diserbanti o tecniche alternative con efficacia e bassi costi paragonabili a quelli dei prodotti a base di glifosato. Inoltre molti dei prodotti utilizzabili in luogo del glifosato in generale presentano profili di tossicità o impatto ambientale peggiori;
il glifosato è ampiamente utilizzato per contenere la vegetazione spontanea non solo nell'ambito agricolo, ma anche in quello industriale e civile, allo scopo di garantire in modo efficace e a costi contenuti la funzionalità, l'efficienza e la sicurezza di raffinerie, linee ferroviarie, strade, autostrade, aree archeologiche, marciapiedi e simili;
il glifosato agisce nelle piante, bloccando un enzima specifico che non è presente nei mammiferi, per cui nell'uomo non esiste alcun bersaglio della tossicità di questo erbicida;
nell'ottobre 2017 (poco dopo l'uscita della valutazione IARC) è stato pubblicato da Andreotti et al. sul "Journal of the National Cancer Institute" il più grande studio epidemiologico su circa cinquantamila agricoltori statunitensi che avevano usato glifosato, in cui si dimostra che l'uso di tale sostanza non aumenta i casi di linfoma non-Hodgkin, e non aumenta neanche in maniera statisticamente significativa nessun tipo di neoplasia;
osservando i trend di vendita 1990-2016 di agrofarmaci a base di glifosato negli Stati Uniti e confrontandoli con quelli dei linfomi non-Hodgkin rilevati dal National Cancer Institute USA, non appare alcuna correlazione fra le due variabili: mentre l'uso di glifosato è aumentato di 15 volte (Benbrook, Environmental Sciences Europe, 2016), non si è infatti assistito ad alcun incremento di tali linfomi nella popolazione americana nel periodo considerato;
una recentissima pubblicazione scientifica (Crump et al., "Toxicological Sciences", 2020), che ha preso in considerazione 10 studi di cancerogenesi sperimentale con il glifosato, avverte che la conclusione di IARC sulla probabile cancerogenicità del glifosato sarebbe stata determinata da un "eccesso di test sui dati", ovvero: per la legge della probabilità, a causa dell'elevato numero di analisi effettuate da IARC, alcune correlazioni sono apparse statisticamente significative per caso, e quindi biologicamente irrilevanti. E IARC non ha corretto le sue analisi per questa nota distorsione statistica,
impegna il Governo:
1) a realizzare con i Ministeri della Salute, delle Politiche agricole e dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare, anche avvalendosi dei rispettivi organi tecnico-consultivi, una review complessiva delle evidenze scientifiche ad oggi disponibili rispetto all'erbicida glifosato, corredata da analisi di impatto comparative (circa costi, efficacia, rischi per la salute umana e per l'ambiente, carbon footprint) degli erbicidi e delle tecniche agrarie succedanee utilizzabili in caso di divieti e restrizioni all'uso di detto erbicida;
2) ad acquisire dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, interpellati alcuni tra i principali utilizzatori nazionali di glifosato, ovvero i gestori e i concessionari pubblici o privati delle reti viarie e ferroviarie nazionali, una relazione di sintesi circa la quantificazione dell'eventuale maggiore onerosità e il profilo di rischio tossicologico (maggiore, minore o uguale) di prodotti disponibili all'utilizzo per realizzare il diserbo manutentivo delle rispettive infrastrutture, qualora fosse vietato l'utilizzo del glifosato;
3) a subordinare ogni iniziativa normativa e regolamentare su eventuali restrizioni o ampliamenti dell'ambito permesso di utilizzo dell'erbicida glifosato all'acquisizione delle valutazioni sanitarie, ambientali ed economiche di cui ai precedenti capoversi;
4) a trasmettere al Parlamento, alle rispettive Commissioni parlamentari competenti per materia, la review, la relazione e ogni altro elemento informativo utile al fine di elaborare scelte politiche e legislative basate sulle migliori evidenze disponibili necessarie ad orientarsi nella disciplina di ambiti e materie ad elevata complessità tecnico-scientifica.
________________
(*) Firma ritirata in corso di seduta
(1-00262) (testo 2) (21 luglio 2020)
Cattaneo, Unterberger, Laniece, Bressa, Bonino, Zanda, Parrini, Binetti, Comincini, Rizzotti. -
Approvata
Il Senato,
premesso che:
il glifosato è un analogo dell'aminoacido glicina con funzione di erbicida totale e sistemico, attualmente presente nella lista di quelli autorizzati all'uso nell'Unione europea;
il regolamento (CE) n. 1107/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, relativo all'immissione sul mercato dei prodotti fitosanitari, pone le basi precauzionali circa l'uso delle sostanze attive a uso fitosanitario;
la legislazione europea sui prodotti fitosanitari ("Plant Protection Products") prevede che l'EFSA (European Food Safety Authority, Autorità europea per la sicurezza alimentare), con il sostegno degli Stati membri, conduca una rigorosa valutazione preventiva e, successivamente, periodica su ciascun principio attivo al fine di escludere, nelle normali condizioni d'uso, il rischio di effetti avversi sull'uomo e sull'ambiente. Successivamente gli Stati membri provvedono alla registrazione dei formulati commerciali (prodotti fitosanitari) contenenti tale principio attivo, dopo aver fatto ulteriori e specifiche valutazioni;
la valutazione dell'EFSA prevede che un principio attivo possa essere autorizzato solo a seguito di studi che ne abbiano escluso, per la parte sanitaria, rischi connessi a tossicità acuta, tossicità a breve termine, a lungo termine e cancerogenesi, tossicità riproduttiva, tossicità dello sviluppo, genotossicità, neurotossicità ed immunotossicità;
l'EFSA stabilisce inoltre, con criteri molto prudenziali, anche la dose giornaliera accettabile ("Acceptable Daily Intake", ADI, in italiano "Dose giornaliera ammissibile", DGA) per tutta la vita, ossia il livello di esposizione a una determinata sostanza che un essere umano può tollerare senza effetti avversi sulla salute, e la dose acuta di riferimento (Acute Reference Dose, ARfD) per esposizioni nell'arco di una giornata, se il composto presenta significativa tossicità acuta;
tale ADI-DGA, o dose giornaliera ammissibile, è 100 o anche più volte inferiore alla dose più alta priva di effetti tossici negli studi sperimentali condotti su animali. Ad esempio, se la dose più alta di una sostanza che è senza effetto nell'animale da esperimento è di 1 mg/kg di peso corporeo, l'ADI per l'uomo sarà di 0,01 mg/kg, o talora più bassa;
l'EFSA stabilisce altresì per ciascun principio attivo il "Limite Massimo di Residuo" (in italiano LMR; o "Maximum Residue Limit", MRL) che corrisponde al livello massimo riscontrabile in una derrata alimentare, dopo che il prodotto è stato applicato secondo le buone pratiche agricole, ovvero con quantità, tempi e modalità d'uso corrette;
il principio attivo in esame viene autorizzato e, conseguentemente, i prodotti fitosanitari che lo contengono vengono registrati, solo se la stima dell'assunzione, attraverso gli alimenti, di esso o di suoi residui (definiti con il LMR), quando utilizzato secondo le buone pratiche agricole, è inferiore ai limiti stabiliti (ADI e ARfD);
gli eventuali effetti dannosi di una sostanza non sono legati alla sua semplice presenza, ma dipendono dalla dose (quantità), dal tempo, dalla frequenza di esposizione e da altri fattori;
esiste una notevole differenza tra "pericolo" e "rischio": il "pericolo" è la potenzialità astratta di un prodotto, di una sostanza o di un'azione di causare un effetto indesiderato o tossico, mentre il "rischio" è la misura o stima delle conseguenze indesiderate o tossiche che possono derivare da una determinata condotta o esposizione a una sostanza o a un prodotto;
gli organismi nazionali o sovranazionali preposti alla valutazione del rischio che hanno valutato il glifosato, tra cui l'EFSA citata, l'EChA (European Chemical Agency, preposta alla verifica della sicurezza dei prodotti chimici), il JMPR (Joint FAO/WHO meeting on pesticide residues, ossia l'organismo congiunto FAO/Organizzazione mondiale della sanità preposto all'analisi dei residui di pesticidi), l'EPA (Environmental Protection Agency, l'Agenzia statunitense per la protezione dell'ambiente) e molti altri hanno concluso le loro valutazioni indicando l'assenza di rischio cancerogeno derivante da residui di glifosato;
solo la IARC (International Agency for Research on Cancer, Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, affiliata all'OMS), nel 2015 ha classificato il glifosato tra le sostanze "probabilmente cancerogene" per l'uomo (gruppo 2A);
come da preambolo di ogni monografia IARC, ivi compresa quella sul glifosato, la classificazione effettuata da tale agenzia è basata solamente sul "pericolo" e non sul "rischio", e dunque manca la valutazione e la quantificazione della reale probabilità che alle normali dosi e condizioni d'uso ed esposizione il glifosato possa essere cancerogeno (cosa che tutti gli altri enti preposti alla valutazione hanno già escluso);
ai sensi delle valutazioni effettuate dalla IARC, nella stessa classe di cancerogenicità del glifosato sono presenti i fumi della frittura, l'etilbenzene (contenuto nel caffè), molte tinture per capelli, il lavoro notturno, le bevande calde (65 °C), la carne rossa;
sempre la IARC inserisce invece nella classe dei "sicuramente cancerogeni" (gruppo 1), oltre all'amianto, anche etanolo e carni lavorate, compresi quelli contenuti nei vini e nei salumi che costituiscono parte integrante del patrimonio gastronomico e culturale italiano;
in merito alla presenza di tracce di glifosato in diversi marchi di pasta, in accordo con quanto affermato da associazioni e media generalisti che hanno analizzato in proprio diversi campioni di pasta, queste spazierebbero da un minimo di 0,019 mg/kg a un massimo di 0,184 mg/kg. Tali dati sono cioè inferiori da 54 a 526 volte i limiti previsti dalla legge per il grano, pari a 10 mg/kg;
per ingerire con la pasta la dose di 0,5 mg/kg di peso corporeo, ovvero la dose massima da ritenersi sicura per la salute umana (DGA), si dovrebbe quindi consumare ogni giorno una quantità di pasta compresa da un minimo di 163 a un massimo di 1.579 chilogrammi (tra oltre un quintale e oltre una tonnellata). Un dato molto lontano dalla realtà, considerato che il consumo di pasta di un cittadino italiano medio, secondo recenti stime, ammonta a soli 23,5 chilogrammi all'anno, quindi meno di due chili al mese, quindi meno di un etto al giorno. Il che corrisponde a tracce di glifosato pari, nel caso peggiore, a circa 0,0003 mg/kg di peso corporeo, una quantità 1666 volte più bassa della massima dose sicura (DGA);
considerato che:
il brevetto dell'azienda Monsanto sul glifosato è scaduto nel 2001, per cui questa sostanza è liberamente prodotta in diversi Paesi del mondo;
una recentissima review scientifica condotta a livello europeo (Fogliatto et al., 2020 - "Advances in agronomy") evidenzia che non sono oggi disponibili prodotti diserbanti o tecniche alternative con efficacia e bassi costi paragonabili a quelli dei prodotti a base di glifosato. Inoltre molti dei prodotti utilizzabili in luogo del glifosato in generale presentano profili di tossicità o impatto ambientale peggiori;
il glifosato è ampiamente utilizzato per contenere la vegetazione spontanea non solo nell'ambito agricolo, ma anche in quello industriale e civile, allo scopo di garantire in modo efficace e a costi contenuti la funzionalità, l'efficienza e la sicurezza di raffinerie, linee ferroviarie, strade, autostrade, aree archeologiche, marciapiedi e simili;
il glifosato agisce nelle piante, bloccando un enzima specifico che non è presente nei mammiferi, per cui nell'uomo non esiste alcun bersaglio della tossicità di questo erbicida;
nell'ottobre 2017 (poco dopo l'uscita della valutazione IARC) è stato pubblicato da Andreotti et al. sul "Journal of the National Cancer Institute" il più grande studio epidemiologico su circa cinquantamila agricoltori statunitensi che avevano usato glifosato, in cui si dimostra che l'uso di tale sostanza non aumenta i casi di linfoma non-Hodgkin, e non aumenta neanche in maniera statisticamente significativa nessun tipo di neoplasia;
osservando i trend di vendita 1990-2016 di agrofarmaci a base di glifosato negli Stati Uniti e confrontandoli con quelli dei linfomi non-Hodgkin rilevati dal National Cancer Institute USA, non appare alcuna correlazione fra le due variabili: mentre l'uso di glifosato è aumentato di 15 volte (Benbrook, Environmental Sciences Europe, 2016), non si è infatti assistito ad alcun incremento di tali linfomi nella popolazione americana nel periodo considerato;
una recentissima pubblicazione scientifica (Crump et al., "Toxicological Sciences", 2020), che ha preso in considerazione 10 studi di cancerogenesi sperimentale con il glifosato, avverte che la conclusione di IARC sulla probabile cancerogenicità del glifosato sarebbe stata determinata da un "eccesso di test sui dati", ovvero: per la legge della probabilità, a causa dell'elevato numero di analisi effettuate da IARC, alcune correlazioni sono apparse statisticamente significative per caso, e quindi biologicamente irrilevanti. E IARC non ha corretto le sue analisi per questa nota distorsione statistica,
impegna il Governo:
1) a realizzare con i Ministeri della Salute, delle Politiche agricole e dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare, anche avvalendosi dei rispettivi organi tecnico-consultivi, una review complessiva delle evidenze scientifiche ad oggi disponibili rispetto all'erbicida glifosato, corredata da analisi di impatto comparative (circa costi, efficacia, rischi per la salute umana e per l'ambiente, carbon footprint) degli erbicidi e delle tecniche agrarie succedanee utilizzabili in caso di divieti e restrizioni all'uso di detto erbicida;
2) ad acquisire dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, interpellati alcuni tra i principali utilizzatori nazionali di glifosato, ovvero i gestori e i concessionari pubblici o privati delle reti viarie e ferroviarie nazionali, una relazione di sintesi circa la quantificazione dell'eventuale maggiore onerosità e il profilo di rischio tossicologico (maggiore, minore o uguale) di prodotti disponibili all'utilizzo per realizzare il diserbo manutentivo delle rispettive infrastrutture, qualora fosse vietato l'utilizzo del glifosato;
3) a valutare l'opportunità di subordinare ogni iniziativa normativa e regolamentare su eventuali restrizioni o ampliamenti dell'ambito permesso di utilizzo dell'erbicida glifosato all'acquisizione delle valutazioni sanitarie, ambientali ed economiche di cui ai precedenti capoversi;
4) a trasmettere al Parlamento, alle rispettive Commissioni parlamentari competenti per materia, la review, la relazione e ogni altro elemento informativo utile al fine di elaborare scelte politiche e legislative basate sulle migliori evidenze disponibili necessarie ad orientarsi nella disciplina di ambiti e materie ad elevata complessità tecnico-scientifica.
(1-00272) (21 luglio 2020)
Bernini, Malan, Battistoni, Galliani, Gallone, Giammanco, Lonardo, Mallegni, Mangialavori, Moles, Rizzotti, Ronzulli, Pichetto Fratin, Vitali. -
Approvata
Il Senato,
premesso che:
l'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) ha classificato il glifosato tra gli 81 agenti «2», cioè quelli con sufficiente evidenza di cancro negli animali e limitata evidenza nell'uomo; a questa dichiarazione sono seguite negli Usa le cause collettive contro la Monsanto e i limiti di autorizzazione in Europa; sono decine di migliaia le procedure in corso negli Stati Uniti per i prodotti a base di glifosato di Monsanto, già condannata diverse volte nei tribunali americani a maxi-risarcimenti e, di recente, la Bayern ha patteggiato oltre 10 miliardi di dollari per circa 95.000 azioni legali;
oltre il 97 per cento dei prodotti alimentari commercializzati nel continente europeo contiene residui di glifosato;
a in seguito all'analisi dell'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro riguardo al potenziale cancerogeno del glifosate, la Commissione europea ha incaricato l'Autorità di riesaminare le informazioni di supporto e di inserire tale analisi nelle sue conclusioni; l'EFSA ha successivamente comunicato alla Commissione europea le sue conclusioni confermando che la sostanza attiva "glifosato" soddisfa le norme di cui all'articolo 4 del regolamento (CE) n. 1107/2009 sui criteri di approvazione delle sostanze attive in relazione all'immissione sul mercato dei prodotti fitosanitari;
lo Stato italiano, con il decreto ministeriale 9 agosto 2016 del Ministero della salute, ha adottato misure restrittive precauzionali per gli usi della sostanza diserbante glifosato; in particolare, attraverso tale decreto è stato revocato l'impiego in pre raccolta sul grano, al solo scopo di ottimizzare il raccolto o la trebbiatura, mentre era ancora consentito un diserbo pre semina del terreno; il successivo decreto del 16 agosto 2016 disponeva la "modifica dell'allegato al decreto 9 agosto 2016 recante la revoca di autorizzazioni all'immissione in commercio e modifica delle condizioni d'impiego di prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva glyphosate in attuazione del regolamento di esecuzione del 1 agosto 2016 (UE) 2016/1313 della Commissione"; con decreto del 6 settembre 2016 venivano stabilite "ulteriori revoche di autorizzazioni all'immissione in commercio e modifica delle condizioni d'impiego di prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva "glifosate" in attuazione del Regolamento di esecuzione (UE)2016/1313 della Commissione del 1° agosto 2016 e modifica dell'allegato 1 del decreto 16 agosto 2016"; nello specifico, ai sensi dell'articolo 1, veniva decretata la revoca dell'autorizzazione all'immissione in commercio ed impiego dei prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva glifosato ed il coformulante ammina di sego polietossilata (n. CAS 61791-26-2) riportati nell'allegato del decreto citato; inoltre, la commercializzazione e l'impiego delle scorte giacenti dei prodotti fitosanitari riportati nel citato allegato venivano consentiti, secondo le seguenti modalità: "a) fino al 22 novembre 2016 per la commercializzazione da parte del titolare delle autorizzazioni e la vendita da parte dei rivenditori e/o distributori autorizzati; b) fino al 22 febbraio 2017 per l'impiego da parte degli utilizzatori finali"; la commercializzazione e l'impiego delle scorte giacenti dei prodotti fitosanitari riportati nell'allegato venivano consentiti, previa rietichettatura, in conformità all'articolo 1, comma 1, del decreto direttoriale 9 agosto 2016;
la Commissione europea, con regolamento (UE) n. 2324/2017, ha rinnovato l'approvazione del Glifosate fino al 15 dicembre 2022, con talune restrizioni per l'utilizzo dei prodotti fitosanitari a base di tale prodotto;
con il Comunicato del 19 dicembre 2017, la Direzione generale per l'igiene e la sicurezza degli alimenti e della nutrizione del Ministero della salute ha confermato il rinnovo dell'approvazione del Glifosate fino al 15 dicembre 2022, alle condizioni riportate nell'allegato I e II del regolamento (UE) n. 2324/2017;
l'emergenza COVID ha spinto i consumatori italiani a comprare più prodotti italiani per sostenere l'occupazione e l'economia nazionale; in particolare è notevolmente incrementato il consumo della pasta italiana che utilizza solo grano nazionale e dei legumi, nonostante la concorrenza sleale delle importazioni dall'estero di prodotti che non rispettano le stesse regole di sicurezza alimentare e ambientale vigenti nel nostro Paese che rischia di vanificare la produzione interna;
afferma Coldiretti che dopo l'approvazione dell'accordo di libero scambio con l'Europa (CETA) il Canada ha più che quintuplicato le esportazioni in Italia di grano duro trattato con l'erbicida glifosato in preraccolta, secondo modalità vietate sul territorio nazionale, dove la maturazione avviene grazie al sole, con il risultato che oggi un chicco su tre che arriva dall'estero in Italia è canadese;
il divieto di utilizzo di tale diserbante troverebbe larghissima condivisione da parte dei diversi schieramenti politici, come dimostrano i diversi atti di indirizzo presentati in Palamento e la mozione unitaria 1-00124 approvata all'unanimità dalla Camera dei deputati,
impegna il Governo:
1) a sospendere gli effetti del comunicato del Ministero della salute del 19 dicembre 2017, con cui si è recepito il rinnovo della sostanza attiva glifosato per 5 anni e ad assumere ogni idonea iniziativa in sede europea per promuovere la revisione delle decisioni assunte in merito all'utilizzo del glifosato con regolamento di esecuzione (UE) n. 2017/2324 della Commissione, del 12 dicembre 2017;
2) ad adottare tutte le necessarie misure di precauzione sul territorio nazionale volte a proteggere la sanità pubblica, nonché la salubrità dell'ambiente, con specifico riferimento alla tutela delle acque, della flora e della fauna;
3) a promuovere, anche mediante lo strumento della decretazione di urgenza, degli interventi normativi finalizzati a vietare l'utilizzo e la presenza della sostanza attiva glifosato negli alimenti.
(1-00276) (21 luglio 2020)
Centinaio, Bergesio, Sbrana, Vallardi, Alessandrini, Arrigoni, Augussori, Bagnai, Borghesi, Simone Bossi, Briziarelli, Bruzzone, Campari, Candiani, Cantù, Casolati, Corti, De Vecchis, Fregolent, Iwobi, Lucidi, Lunesu, Marin, Montani, Nisini, Pazzaglini, Emanuele Pellegrini, Pepe, Pergreffi, Pianasso, Pillon, Pucciarelli, Riccardi, Ripamonti, Rivolta, Rufa, Saponara, Saviane, Stefani, Tosato, Urraro, Vescovi, Zuliani. -
Votata per parti separate. Approvata
Il Senato,
premesso che:
il glifosato è una sostanza diserbante il cui processo di revisione nell'Unione europea, sulla base del parere della European food safety agency (EFSA), si è concluso, con il regolamento (UE) n. 2017/2324 del 15 dicembre 2017, con il rinnovo del suo utilizzo per 5 anni, per cui la sostanza è oggi in commercio in tutti i Paesi dell'Unione europea;
il sistema europeo di autorizzazione e di controllo degli agrofarmaci è il più stringente al mondo, pertanto, se un fitofarmaco è regolarmente in commercio nell'Unione europea, vuol dire che dal sistema di analisi europeo non è emerso alcun elemento concreto che ne giustifichi la messa al bando;
i controlli effettuati dall'EFSA a livello comunitario su 48.000 campioni indicano che il 97,2 per cento dei prodotti alimentari analizzati (valore che sale al 98,6 per cento per l'Italia) presenta valori dei residui al di sotto delle soglie di legge e, pertanto, sono da ritenersi sicuri per il consumatore;
l'Italia dispone di una legislazione molto restrittiva circa l'autorizzazione e l'impiego dei fitofarmaci, caratterizzata soprattutto da norme che ne impongono l'uso limitato a quanto strettamente necessario per garantire la sicurezza alimentare ed elevati standard quantitativi e qualitativi delle produzioni agroalimentari;
il decreto 9 agosto 2016 del Ministero della salute, in linea con le decisioni europee (regolamento di esecuzione n. 2016/1313 del 1° agosto 2016), ha modificato le condizioni di impiego della sostanza glifosato; attualmente le limitazioni riguardano: a) l'uso non agricolo su suoli che presentano una percentuale di sabbia superiore all'80 per cento nelle aree vulnerabili e nelle zone di rispetto; b) l'uso nelle aree frequentate dalla popolazione quali parchi, giardini, campi sportivi ed aree ricreative, cortili e aree verdi all'interno di plessi scolastici, aree gioco per bambini e aree adiacenti alle strutture sanitarie; c) l'uso in pre-raccolta al solo fine di ottimizzare il raccolto o la trebbiatura;
competente al fine dei controlli sull'immissione in commercio e sull'utilizzazione dei prodotti fitosanitari, è anche il dipartimento dell'Ispettorato centrale per la tutela della qualità e repressioni frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF) del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. L'Ispettorato svolge in particolare i controlli sulle importazioni di prodotti dai Paesi terzi, monitorando l'arrivo delle navi nei porti e svolgendo direttamente le analisi su circa 300 principi attivi. Nel 2019 sono stati svolti circa 2.000 controlli sui cereali, con 1.785 operatori controllati, rilevando un tasso di irregolarità sui prodotti dell'8,7 per cento dovuto in primo luogo ad errate etichettature;
l'entrata in vigore delle limitazioni all'uso del glifosato, attuate in Italia con il citato decreto ministeriale del 9 agosto 2016, non ha portato alla disapplicazione dei limiti vigenti, bensì a limitare l'impiego del glifosato nelle coltivazioni nazionali;
i dati a disposizione del Ministero della salute evidenziano che dai controlli condotti dagli Uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera (USMAF), nell'ambito di un piano di campionamento conoscitivo disposto dal medesimo Ministero per la ricerca del glifosato, tutti i campioni analizzati presentano valori per residui di glifosato conformi al limite di 10 milligrammi al chilogrammo previsti dalla vigente normativa;
gli orientamenti degli Stati europei in merito all'impiego del glifosato nella fase immediatamente successiva alla data del 2022, che coincide con la scadenza del permesso di 5 anni, non sono uniformi; la stessa Commissione europea ha designato 4 Stati membri (Francia, Ungheria, Paesi Bassi e Svezia) come correlatori della valutazione dell'uso del glifosato, che dovranno presentare entro il mese di giugno 2021 un rapporto di valutazione ai fini del rinnovo all'EFSA, per l'espressione da parte di quest'ultima del parere scientifico; si segue quindi un principio di precauzione;
dopo la scelta dell'Austria di non vietare l'uso dell'erbicida, il Lussemburgo ha deciso di bandirlo già dal 2021. In Francia, nonostante un investimento pubblico da 400 milioni di euro, il piano, denominato "Ecophyto", che mira a ridurre del 50 per cento i fitofarmaci in agricoltura entro il 2025, non è ancora partito. Anzi, dal lancio del piano nel 2008, l'uso dei fitofarmaci è aumentato del 12 per cento, secondo i dati presentati dalla Corte dei conti al Governo francese. Dopo una lieve diminuzione nel 2017, le vendite sono salite del 10 per cento per i soli prodotti a base di glifosato;
le diverse posizioni assunte dai Paesi membri riflettono la mancanza di un giudizio univoco da parte del mondo scientifico sui rischi per la salute pubblica legati all'impiego del glifosato; le analisi adottate dalle autorità di controllo competenti sulle prove disponibili hanno prodotto una netta spaccatura di pareri in merito all'eventuale nocività dell'erbicida, scatenando un acceso dibattito sulla chiarezza degli stessi metodi di ricerca utilizzati, tanto da spingere la stessa Unione europea a varare un nuovo regolamento per aumentare la trasparenza dei test scientifici dell'EFSA;
lo scorso gennaio 2020, l'Environmental protection agency statunitense (EPA), nella sua "Interim registration review decision", ovvero nell'ulteriore valutazione del rischio, ha concluso il suo parere scientifico affermando che non vi sono motivi di preoccupazione quanto a rischi di tipo alimentare per alcun segmento della popolazione, neanche seguendo le ipotesi più prudenziali applicate nelle valutazioni (ad esempio: residui al massimo livello di tollerabilità, applicazione diretta dell'acqua e trattamenti sul 100 per cento delle colture); l'Agenzia ha quindi concluso il rapporto dichiarando che non sussistono rischi né di tipo professionale né per gli astanti non occupazionali;
oltre all'EFSA, anche l'ECHA (Agenzia europea per le sostanze chimiche) ha concluso che la molecola è sicura;
è opportuno tuttavia considerare che, in generale, molecole e principi attivi vanno sempre utilizzati con metodo e moderazione e l'utilizzo del glifosato è, ad oggi, necessario in agricoltura su svariate colture per ottenere buoni risultati, tenendo conto che normalmente per ogni ettaro coltivato si diserba solo il 20 per cento e che la sostanza può essere irrorata solo quando effettivamente indispensabile; inoltre le modalità di utilizzo a livello dell'Unione europea del glifosato sono diverse rispetto a Paesi terzi quali USA, Canada e Turchia, e di gran lunga favoriscono una maggior salvaguardia e tutela dell'ecosistema, degli stessi operatori e dei consumatori;
nondimeno è indispensabile, alla luce del clima di assoluta incertezza rispetto ai futuri orientamenti che verranno adottati dall'Unione europea in merito all'uso dei fitofarmaci, che il nostro Paese predisponga fin da subito un quadro di azioni per l'impiego sostenibile della chimica e lo sviluppo di tecniche di agricoltura integrata ed alternative a quelle tradizionali;
negli anni più recenti, la disponibilità di nuove molecole ad impatto ambientale sempre più ridotto ed attive a dosi sempre più basse ha creato le condizioni favorevoli al raggiungimento di elevati livelli di sicurezza alimentare e di protezione dell'ambiente, tanto che in Italia, grazie all'impiego di sistemi innovativi di difesa delle colture, l'utilizzo dei fitofarmaci è diminuito ad un ritmo dell'1,8 per cento annuo negli ultimi 10 anni. Oltre il 70 per cento dei prodotti rientra, infatti, tra quelli meno impattanti, e meno del 4 per cento tra quelli classificati come tossici;
la riduzione dei quantitativi di fitofarmaci utilizzati in agricoltura evidenzia come già da tempo il comparto agricolo italiano si sia orientato verso un sistema di produzione integrato, in grado di coniugare le esigenze economiche del mondo agricolo con quelle ambientali e sanitarie, per lo sviluppo di un'agricoltura maggiormente sostenibile e competitiva;
accanto ai principi attivi di origine chimica ovvero di sintesi, si stanno sviluppando studi sulle sostanze di origine naturale aventi effetto erbicida derivate dalle piante officinali, come ad esempio i prodotti a base di acido pelargonico attualmente in commercio che sono ad uso hobbistico e hanno, al momento, un costo sicuramente più elevato rispetto a quelli a base chimica; data la crescente richiesta da parte del consumatore di prodotti "naturali" o biologici, è lecito aspettarsi che questa tipologia di prodotti abbia un forte sviluppo e, nel contempo, vengano ridotti i prezzi con il moltiplicarsi dell'offerta;
le piante officinali sono attualmente classificate a seconda degli usi ma in realtà non esiste una "classificazione" sui possibili usi della piante officinali, ma solo sull'"uso prevalente", tra questi l'utilizzo antiparassitario o diserbante; va prioritariamente favorita la ricerca, attraverso investimenti mirati, che metta in evidenza per le singole specie le potenzialità sulle quali indirizzare l'organizzazione di filiere produttive e che crei distretti produttivi per la produzione di prodotti naturali efficaci allo scopo,
impegna il Governo:
1) a sostenere iniziative volte ad un utilizzo più responsabile dei fitofarmaci in agricoltura permettendo al comparto di continuare a crescere e svilupparsi secondo un approccio fondato sull'uso coordinato e razionale ed ecocompatibile di tutti i fattori produttivi, in grado di coniugare le esigenze economiche del mondo agricolo con quelle di tutela dell'ambiente e della salute dei consumatori;
2) a potenziare, non solo presso i punti di entrata esterni del nostro Paese ma anche presso i punti di stoccaggio interni sul territorio, il sistema dei controlli per i residui di fitofarmaci e quindi sul loro utilizzo appropriato in agricoltura, con particolare riguardo ai prodotti destinati all'alimentazione umana importati da Paesi terzi per i quali sia possibile verificare il loro trattamento con glifosato oltre la soglia consentita in ambito europeo;
3) ad individuare processi produttivi ecosostenibili quali difesa integrata, lotta biologica e ricorso a principi attivi naturali di nuova generazione anche derivati dalle piante officinali ovvero biocidi ad uso insetticida, fungicida, erbicida e battericida;
4) ad assumere ogni utile iniziativa finalizzata alla promozione di programmi di ricerca sui sistemi produttivi agroalimentari, allo scopo di sostenere lo sviluppo di un'agricoltura maggiormente sostenibile ed innovativa;
5) a predisporre un piano nazionale sementiero che permetta, da una parte, di investire su colture quali leguminose, frutta in guscio e, soprattutto, frumento duro e tenero, che negli ultimi anni hanno perso superfici coltivate a favore di un forte aumento delle importazioni da Paesi terzi, e, dall'altra, sostenerne il prezzo sui mercati favorendo la coltivazione nelle zone storicamente vocate del Sud Italia.
Mozioni sulle scuole paritarie
(1-00232) (12 maggio 2020)
Bernini, Malan, Gallone, Binetti, Lonardo, Berardi, Moles, Cangini, Alderisi, Giro, Caligiuri, Minuto. -
Respinta
Il Senato,
premesso che:
il diritto alla libertà di scelta educativa è un principio sancito nel diritto nazionale e internazionale. In particolare l'articolo 30 della Costituzione afferma che è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli. Ai sensi dell'articolo 33 della Costituzione italiana "La Repubblica detta le norme generali sull'istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi. Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato. La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali"; ai sensi dell'articolo 26, comma 3, della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo "I genitori hanno diritto di priorità nella scelta del genere di istruzione da impartire ai loro figli". Ai sensi della risoluzione del Parlamento europeo sulla libertà d'insegnamento nella Comunità europea approvata il 13 marzo 1984: "in virtù del diritto che è stato loro riconosciuto, spetta ai genitori decidere in merito alla scelta della scuola per i loro figli fino a quando questi ultimi non abbiano la capacità di fare autonomamente tale scelta. Compito dello Stato è di consentire la presenza degli istituti di insegnamento pubblico o privato all'uopo necessari". La risoluzione dell'Assemblea del Parlamento europeo n. 1904, F-67075, Strasburgo, del 4 ottobre 2012, raccomanda, al comma 6.1, "di procedere rapidamente all'analisi richiesta per identificare le riforme necessarie a garantire in maniera effettiva il diritto alla libertà di scelta educativa";
la scuola paritaria è regolamentata dalla legge 10 marzo 2000, n. 62, contenente norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all'istruzione, nonostante non risolva completamente quanto riconosciuto ai sensi dei suddetti articoli posizionando l'Italia al 47° posto al mondo in termini di garanzia della libertà di scelta educativa dei genitori; a 20 anni di distanza dall'approvazione della legge n. 62/2000, che ha sancito l'appartenenza delle scuole paritarie al sistema nazionale di istruzione e ne ha riconosciuto il ruolo all'interno del servizio pubblico, si leva da più voci un grido di allarme per scongiurarne la crisi incombente;
il decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, detto "cura Italia", convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, che rappresenta il primo tra i provvedimenti aventi forza di legge con i quali è stato dato inizio alla cosiddetta fase 2 dell'emergenza COVID-19, nulla ha previsto a sostegno delle scuole paritarie, nonostante i tentativi di taluni gruppi parlamentari, all'infuori di poche risorse destinate alla pulizia dei locali e all'acquisto di dispositivi di protezione e igiene personali. La scuola paritaria non è esente dalle difficoltà connesse all'emergenza sanitaria scaturita dal propagarsi del virus COVID-19 che, se non opportunamente gestita, avrà una pesante ricaduta negativa su tutta la scuola;
tuttavia le scuole paritarie sono state, come tutti i soggetti protagonisti del sistema formativo italiano, sia pubblici che privati, destinatarie di quelle norme che ne hanno determinato la chiusura, o quantomeno disposto l'interruzione dell'attività didattica su tutto il territorio nazionale. Di altra natura sono le conseguenze che su quegli stessi enti si riverberano per effetto dell'impianto normativo dell'emergenza a seconda del tipo di soggetto erogatore del servizio che si prende in considerazione: mentre tutti gli enti erogatori di servizi di educazione e istruzione (le scuole statali, quelle private paritarie e quelle private non paritarie) sono destinatari delle stesse norme tra quelle previste per contenere l'espandersi del contagio in ragione del tipo di attività svolta, le conseguenze ulteriori rispetto all'applicazione della normativa emergenziale, per come sta prendendo forma nel nostro Paese, sono differenti perché prescindono dalla natura del servizio offerto, ma sono legate alla natura del soggetto che quel servizio eroga;
è proprio questa "schizofrenica" impostazione del sistema a produrre ulteriori conseguenze negative. Le scuole paritarie cioè, che la legge vuole "senza fini di lucro", per come è strutturato l'impianto normativo dell'emergenza possono fruire soltanto della cassa integrazione in deroga per i dipendenti, qualunque sia il loro numero. Non possono vantare né le garanzie che lo Stato e gli altri enti pubblici territoriali assicurano per la gestione degli edifici che ospitano gli istituti scolastici, né le provvidenze economiche di cui, di converso, possono usufruire le scuole non statali e non paritarie che invece, avendo fini di lucro, strutturano la gestione della propria attività quale attività di impresa, dovendo farsi carico interamente di tutti quegli oneri che gravano comunque su quegli enti anche durante il periodo, come quello attuale, in cui non svolgono alcun tipo di attività didattica;
è evidente che, qualora si ritenga venuto meno l'obbligo del pagamento delle rette a seguito della chiusura delle scuole, al netto delle spese del personale, sostenute per una percentuale importante dalla cassa integrazione in deroga prevista dal decreto cura Italia almeno fino al 31 luglio 2020, le altre risorse necessarie al mantenimento in vita delle scuole paritarie mancano inesorabilmente all'appello. Per questo sono giustificate le preoccupazioni espresse dal consiglio permanente della CEI, secondo cui le scuole paritarie "se già ieri erano in difficoltà sul piano della sostenibilità economica, oggi - con le famiglie che hanno smesso di pagare le rette a fronte di un servizio chiuso dalle disposizioni conseguenti all'emergenza sanitaria - rischiano di non aver più la forza di riaprire"; oltre che dalla presidente dell'Unione superiore maggiori d'Italia (Usmi) madre Yvonne Reungoat e dal presidente della Conferenza italiana dei superiori maggiori (Cism) padre Luigi Gaetani, secondo cui, "senza un intervento serio dello Stato, il 30% delle scuole pubbliche paritarie sarà destinato a chiudere entro settembre, se non si dichiarerà bancarotta già entro maggio";
con l'ulteriore aggravio, come dicono ancora i vescovi italiani, "di alcuni miliardi di euro all'anno sul bilancio della collettività", e della mancanza dei servizi con cui supplirne l'assenza. Anche a non voler ricorrere, come in questo particolare frangente sarebbe consentito, a misure eccezionali e in deroga a quanto previsto dall'ordinamento, come quella della previsione di un fondo straordinario per sopperire all'emergenza, la soluzione potrebbe essere trovata proprio all'interno dell'ordinamento stesso, con l'incremento del fondo da assegnare alle famiglie previsto dall'art. 9 della legge n. 62 del 2000, con un intervento diretto delle Regioni a garanzia del diritto allo studio pure previsto dalla stessa legge, o con la detraibilità totale delle rette pagate dalle famiglie per garantire la frequenza a questo tipo di scuole. La fase 2 deve per questo sostenere e valorizzare il loro ruolo all'interno del sistema nazionale di istruzione;
oltre agli interventi di natura economica, l'enorme patrimonio umano e di strutture delle scuole paritarie (180.000 tra docenti e operatori scolastici, 12.000 sedi scolastiche distribuite su tutto il territorio nazionale) potrebbe rivelarsi utilissimo per agevolare la ripresa nel comparto istruzione. Come suggerito da CISM e UISM, le scuole paritarie, con la loro maggiore flessibilità, potrebbero cominciare ad accogliere almeno una parte degli alunni più piccoli durante le settimane iniziali della ripartenza, quando i genitori che riprenderanno a lavorare non sapranno come gestire i figli. Non solo: potrebbero mettere a disposizione delle scuole statali, a partire da settembre, una parte dei loro edifici, spesso non del tutto utilizzati, per garantire un sufficiente "distanziamento sociale", in una sorta di "patto educativo e civico" che rinsaldi quella visione unitaria del sistema nazionale di istruzione fatta propria dal dettato costituzionale e ribadita dalla legge n. 62, per molti versi ancora inattuata;
la crisi economica derivante dalla pandemia rischia di provocare la fuga delle famiglie dalle scuole paritarie a quelle pubbliche, per evidenti minori costi da affrontare. Questo sarebbe un problema non solo per le scuole paritarie come parte integrante del sistema scolastico, ma anche considerando che, specie in questo momento di scarsità di risorse del sistema scolastico pubblico, le scuole paritarie potrebbero fornire, con i loro spazi e le loro risorse, un forte aiuto e supporto in ottica sussidiaria. Meno scuole paritarie non vuol dire solo più studenti che passano alle scuole pubbliche statali, con i problemi di ordine sanitario e economico già visti. Ma vuol dire anche sottrarre il principale fornitore sussidiario del servizio scolastico che, proprio ora, potrebbe rivelarsi quanto mai prezioso;
analizzando i costi attuali a carico della spesa pubblica delle scuole paritarie e il costo stimato a causa di un loro abbandono, si propone che, tra gli interventi di ordine economico che la politica sta predisponendo in ogni settore e sostanzialmente per ciascuna categoria di lavoratori, servizi, imprese e famiglie, vi sia anche un intervento a favore delle famiglie degli studenti delle scuole paritarie nelle forme e nel quantum che saranno giudicate più opportune (ad esempio: detrazione, voucher o deduzione). A titolo di esempio, ipotizzando un contributo pari alla metà del costo medio per studente, come identificato dal Ministero dell'istruzione, per la platea di studenti menzionata (33 per cento), comporterebbe un costo per lo Stato di 2,4 miliardi di euro che si confronterebbero con un costo, nell'ipotesi di passaggio alla scuola statale, di almeno 4,9 miliardi di euro. Alternativamente, si potrebbero adottare i costi standard che comporterebbero una riduzione di circa 270 milioni di euro rispetto ai costi medi del Ministero. Questo contributo sostituirebbe gli attuali contributi diretti e indiretti, valevoli per 651 milioni di euro, comportando così un costo aggiuntivo per lo Stato di 1,78 miliardi di euro, a fronte di un extracosto stimato molto, molto più alto;
è evidente che tali risorse non sono modeste e di certo non è facile trovare, in questo momento in cui diversi attori hanno bisogno di aiuto, lo spazio fiscale necessario anche per questo settore. Troppo spesso però ci si perde nella dicotomia tra pubblico e privato senza rendersi conto che, in molti casi, si tratta solo di due elementi cardine di un unico sistema che mira a soddisfare bisogni e necessità spesso di primaria importanza. Difficilmente il sistema dell'istruzione potrà assolvere ai propri compiti, di fondamentale importanza per lo sviluppo del Paese, senza che i soggetti privati siano messi in condizione di superare questa crisi e continuare nel loro faticoso, incessante ma necessario lavoro;
in Italia sono 880.000 gli studenti che frequentano le oltre 12.000 scuole paritarie che svolgono servizio pubblico e sono inserite nel sistema nazionale d'istruzione. Secondo le stime, circa il 30 per cento di queste realtà non sarà in grado di riaprire a settembre. Il settore delle scuole paritarie, dunque, sarà soggetto a forti tensioni. Da una parte, i genitori tenderanno a spostare massicciamente i figli nelle scuole statali per fronteggiare la crisi e ridurre i costi di iscrizione, dall'altra si può prevedere un aumento dei costi fissi indotto dalle future regole del distanziamento sociale;
lo scenario sembra alquanto negativo specialmente per gli istituti statali che saranno costretti ad abbassare il livello del servizio, già in difficoltà dal difficile adattamento alle nuove regole di distanziamento in strutture già di per sé precaria, con il plausibile conseguente aumento dei costi;
secondo l'OCSE, uno studente della scuola paritaria costa allo Stato 500 euro ogni anno, mentre al nostro Paese ogni alunno iscritto negli istituti pubblici costa 8.200 euro, dunque i 300.000 studenti in più che si iscriverebbero alla scuola statale, qualora dovesse fallire il sistema di scuole paritarie, costerebbero alle casse pubbliche circa 2,3 miliardi di euro aggiuntivi;
l'introduzione del costo standard per studente e la conseguente attuazione della libertà di scelta educativa garantirebbero un risparmio certo per le casse pubbliche, persino nell'ipotesi in cui lo Stato italiano decidesse di spendere per l'istruzione di tutti gli studenti il costo standard per studente pieno, escludendo una qualsiasi compartecipazione delle famiglie (un risparmio di ben 2,8 miliardi di euro annui),
impegna il Governo a sostenere in maniera adeguata le scuole paritarie attraverso il sistema dell'applicazione del costo standard per studente, dando piena attuazione alle libertà di scelta educativa e attraverso la detrazione fiscale del 100 per cento delle rette in attesa.
(1-00256) (16 luglio 2020)
Granato, Abate, Accoto, Anastasi, Angrisani, Auddino, Bottici, Campagna, Castellone, Cioffi, Corbetta, Corrado, Croatti, Crucioli, D'Angelo, De Lucia, Di Girolamo, Donno, Evangelista, Ferrara, Floridia, L'Abbate, Lanzi, Lezzi, Lupo, La Mura, Lorefice, Maiorino, Matrisciano, Mautone, Mininno, Mollame, Montevecchi, Moronese, Naturale, Pavanelli, Marco Pellegrini, Piarulli, Pirro, Presutto, Quarto, Romano, Russo, Trentacoste, Vanin, Giannuzzi, Ortis, Di Micco, Vaccaro. -
V. testo 2
Il Senato,
premesso che:
il sistema nazionale di istruzione, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, della legge n. 62 del 2000, è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali;
le scuole paritarie, nel rispetto dell'articolo 33 della Costituzione e della citata legge, sono abilitate, dunque, a rilasciare titoli di studio aventi valore legale, nel rispetto dei requisiti di qualità ed efficacia;
nel particolare, la parità è riconosciuta alle scuole non statali (private e degli enti locali), su richiesta dell'ente interessato, con provvedimento del dirigente preposto all'ufficio scolastico regionale competente per territorio, per quegli istituti che siano in possesso dei seguenti requisiti (art. 1, comma 4, della legge n. 62 del 2000), da mantenere nel corso del tempo: a) un progetto educativo in armonia con i princìpi della Costituzione; un piano dell'offerta formativa conforme agli ordinamenti e alle disposizioni vigenti; attestazione della titolarità della gestione e la pubblicità dei bilanci; b) la disponibilità di locali, arredi e attrezzature didattiche propri del tipo di scuola e conformi alle norme vigenti; c) l'istituzione e il funzionamento degli organi collegiali improntati alla partecipazione democratica; d) l'iscrizione alla scuola per tutti gli studenti i cui genitori ne facciano richiesta, purché in possesso di un titolo di studio valido per l'iscrizione alla classe che essi intendono frequentare; e) l'applicazione delle norme vigenti in materia di inserimento di studenti con handicap o in condizioni di svantaggio; f) l'organica costituzione di corsi completi: non può essere riconosciuta la parità a singole classi, tranne che in fase di istituzione di nuovi corsi completi, ad iniziare dalla prima classe; g) personale docente fornito del titolo di abilitazione; h) contratti individuali di lavoro per personale dirigente e insegnante che rispettino i contratti collettivi nazionali di settore;
le procedure per il riconoscimento, il mantenimento e la revoca della parità scolastica sono disciplinate, nel dettaglio, da un regolamento ministeriale (n. 267 del 2007), emanato ai sensi dell'articolo 1-bis, comma 2, del decreto-legge n. 250 del 2005;
in particolare, ai sensi dell'articolo 1, comma 6, del suddetto regolamento, con l'istanza di riconoscimento il gestore o il rappresentante legale deve dichiarare: a) i dati relativi al proprio status giuridico, nonché il possesso dei requisiti previsti dall'articolo 353 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297; b) l'impegno ad adottare un bilancio della scuola conforme alle regole della pubblicità vigenti per la specifica gestione e comunque accessibile a chiunque nella scuola vi abbia un interesse qualificato; c) l'impegno ad istituire nella scuola organi collegiali improntati alla partecipazione democratica per il processo di attuazione e sviluppo del piano dell'offerta formativa e per la regolamentazione dei diritti e dei doveri delle studentesse e degli studenti nel rispetto dei principi sanciti dal decreto del Presidente della Repubblica 24 giugno 1998, n. 249; d) l'impegno ad applicare le norme vigenti in materia di inserimento di studenti con handicap o in condizioni di svantaggio; e) l'impegno ad accogliere l'iscrizione alla scuola di chiunque ne accetti il progetto educativo, sia in possesso di un titolo di studio valido per l'iscrizione alla classe che intende frequentare ed abbia una età non inferiore a quella prevista dai vigenti ordinamenti scolastici; f) l'impegno a costituire corsi completi e a formare classi composte da un numero di alunni non inferiore ad otto per rendere efficace l'organizzazione degli insegnamenti e delle attività didattiche. Per le scuole dell'infanzia il numero minimo degli alunni va computato con riferimento alle sezioni complessivamente attivate; g) l'impegno ad utilizzare personale docente munito del titolo di abilitazione prescritto per l'insegnamento impartito; h) l'impegno ad utilizzare un coordinatore delle attività educative e didattiche in possesso di titoli culturali o professionali non inferiori a quelli previsti per il personale docente; i) l'impegno a stipulare contratti individuali di lavoro per il coordinatore delle attività educative e didattiche e per il personale docente della scuola conformi ai contratti collettivi di settore e a rispettare il limite previsto dall'articolo 1, comma 5, della legge 10 marzo 2000, n. 62. È fatta eccezione per il personale religioso che presta servizio nell'ambito della propria congregazione e per il clero diocesano che presta servizio nell'ambito di strutture gestite dalla diocesi;
ai fini del mantenimento della parità, il gestore o il rappresentante legale dell'ente deve dichiarare entro il 30 settembre di ogni anno la permanenza del possesso dei requisiti richiesti all'ufficio scolastico regionale competente; in caso di mancata osservanza delle prescrizioni richieste o di gravi irregolarità nella gestione l'ufficio scolastico regionale può revocare l'atto di riconoscimento della parità;
considerato che:
nel contesto delineato, in primo luogo ai fini del rispetto dei principi di legalità e buon andamento, appare del tutto opportuno estendere anche alle scuole paritarie le norme in materia di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni, ai fini di garantire maggiore conoscibilità e trasparenza nella gestione di tali istituti (fermi restando le verifiche amministrative già previste dalla normativa vigente esposta);
difatti, come già avviene per le scuole statali ai sensi della disciplina introdotta a partire dal 2013 dal cosiddetto "decreto Trasparenza", assolvendo le scuole paritarie private e degli enti locali ad una funzione di natura pubblicistica, pare opportuno assoggettare anch'esse al rispetto di taluni obblighi di pubblicità e trasparenza, con lo scopo prioritario di "favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche";
considerato, inoltre, che:
durante l'iter di conversione in legge del cosiddetto "decreto Rilancio" (decreto-legge n. 34 del 2020) sono state aumentate di 150 milioni di euro, rispetto allo stanziamento originario disposto dal provvedimento, le misure di sostegno economico previste per l'istruzione paritaria (65 milioni) e il sistema integrato da zero a sei anni (70 milioni);
nel particolare, alle scuole "primarie e secondarie paritarie, facenti parte del sistema nazionale di istruzione, viene erogato un contributo complessivo di 120 milioni di euro nel 2020, a titolo di sostegno economico in relazione alla riduzione o al mancato versamento delle rette o delle compartecipazioni comunque denominate, da parte dei fruitori, determinato dalla sospensione dei servizi in presenza a seguito delle misure adottate per contrastare la diffusione del COVID-19" (art. 233, comma 4),
impegna il Governo:
1) ad adoperarsi, attraverso provvedimenti di propria competenza, al fine dell'estensione alle scuole paritarie e ai soggetti che gestiscono in via continuativa i servizi educativi e alle istituzioni scolastiche dell'infanzia non statali, di cui all'articolo 2 del decreto legislativo n. 65 del 2017, delle norme inerenti agli obblighi di pubblicazione di dati e informazioni contenute nel decreto legislativo n. 33 del 2013, compatibili con le funzioni svolte da tali istituti, in particolare per quanto concerne: l'organizzazione interna (articolazione uffici e organigramma); la titolarità di incarichi di collaborazione o consulenza (con estremi dell'atto di conferimento dell'incarico, curriculum vitae e compenso erogato); il conto annuale del personale e delle relative spese sostenute (con particolare riferimenti ai dati relativi alla dotazione organica e al personale effettivamente in servizio e al relativo costo; tassi di assenza); i dati relativi al personale non a tempo indeterminato; i provvedimenti adottati (quale, ad esempio, quello di assegnazione dei docenti alle classi); i dati sulla contrattazione collettiva e integrativa; i documenti e allegati del bilancio preventivo e del conto consuntivo; i beni immobili e la gestione del patrimonio;
2) ad accertare, in sede di erogazione delle risorse di cui all'articolo 233 del decreto-legge n. 34 del 2020, la riduzione o il mancato versamento delle rette o delle compartecipazioni comunque denominate, da parte dei fruitori, determinato dalla sospensione dei servizi in presenza, ai fini della corresponsione del contributo straordinario statale.
(1-00256) (testo 2) (21 luglio 2020)
Granato, Abate, Accoto, Anastasi, Angrisani, Auddino, Bottici, Campagna, Castellone, Cioffi, Corbetta, Corrado, Croatti, Crucioli, D'Angelo, De Lucia, Di Girolamo, Donno, Evangelista, Ferrara, Floridia, L'Abbate, Lanzi, Lezzi, Lupo, La Mura, Lorefice, Maiorino, Matrisciano, Mautone, Mininno, Mollame, Montevecchi, Moronese, Naturale, Pavanelli, Marco Pellegrini, Piarulli, Pirro, Presutto, Quarto, Romano, Russo, Trentacoste, Vanin, Giannuzzi, Ortis, Di Micco, Vaccaro. -
Approvata
Il Senato,
premesso che:
il sistema nazionale di istruzione, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, della legge n. 62 del 2000, è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali;
le scuole paritarie, nel rispetto dell'articolo 33 della Costituzione e della citata legge, sono abilitate, dunque, a rilasciare titoli di studio aventi valore legale, nel rispetto dei requisiti di qualità ed efficacia;
nel particolare, la parità è riconosciuta alle scuole non statali (private e degli enti locali), su richiesta dell'ente interessato, con provvedimento del dirigente preposto all'ufficio scolastico regionale competente per territorio, per quegli istituti che siano in possesso dei seguenti requisiti (art. 1, comma 4, della legge n. 62 del 2000), da mantenere nel corso del tempo: a) un progetto educativo in armonia con i princìpi della Costituzione; un piano dell'offerta formativa conforme agli ordinamenti e alle disposizioni vigenti; attestazione della titolarità della gestione e la pubblicità dei bilanci; b) la disponibilità di locali, arredi e attrezzature didattiche propri del tipo di scuola e conformi alle norme vigenti; c) l'istituzione e il funzionamento degli organi collegiali improntati alla partecipazione democratica; d) l'iscrizione alla scuola per tutti gli studenti i cui genitori ne facciano richiesta, purché in possesso di un titolo di studio valido per l'iscrizione alla classe che essi intendono frequentare; e) l'applicazione delle norme vigenti in materia di inserimento di studenti con handicap o in condizioni di svantaggio; f) l'organica costituzione di corsi completi: non può essere riconosciuta la parità a singole classi, tranne che in fase di istituzione di nuovi corsi completi, ad iniziare dalla prima classe; g) personale docente fornito del titolo di abilitazione; h) contratti individuali di lavoro per personale dirigente e insegnante che rispettino i contratti collettivi nazionali di settore;
le procedure per il riconoscimento, il mantenimento e la revoca della parità scolastica sono disciplinate, nel dettaglio, da un regolamento ministeriale (n. 267 del 2007), emanato ai sensi dell'articolo 1-bis, comma 2, del decreto-legge n. 250 del 2005;
in particolare, ai sensi dell'articolo 1, comma 6, del suddetto regolamento, con l'istanza di riconoscimento il gestore o il rappresentante legale deve dichiarare: a) i dati relativi al proprio status giuridico, nonché il possesso dei requisiti previsti dall'articolo 353 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297; b) l'impegno ad adottare un bilancio della scuola conforme alle regole della pubblicità vigenti per la specifica gestione e comunque accessibile a chiunque nella scuola vi abbia un interesse qualificato; c) l'impegno ad istituire nella scuola organi collegiali improntati alla partecipazione democratica per il processo di attuazione e sviluppo del piano dell'offerta formativa e per la regolamentazione dei diritti e dei doveri delle studentesse e degli studenti nel rispetto dei principi sanciti dal decreto del Presidente della Repubblica 24 giugno 1998, n. 249; d) l'impegno ad applicare le norme vigenti in materia di inserimento di studenti con handicap o in condizioni di svantaggio; e) l'impegno ad accogliere l'iscrizione alla scuola di chiunque ne accetti il progetto educativo, sia in possesso di un titolo di studio valido per l'iscrizione alla classe che intende frequentare ed abbia una età non inferiore a quella prevista dai vigenti ordinamenti scolastici; f) l'impegno a costituire corsi completi e a formare classi composte da un numero di alunni non inferiore ad otto per rendere efficace l'organizzazione degli insegnamenti e delle attività didattiche. Per le scuole dell'infanzia il numero minimo degli alunni va computato con riferimento alle sezioni complessivamente attivate; g) l'impegno ad utilizzare personale docente munito del titolo di abilitazione prescritto per l'insegnamento impartito; h) l'impegno ad utilizzare un coordinatore delle attività educative e didattiche in possesso di titoli culturali o professionali non inferiori a quelli previsti per il personale docente; i) l'impegno a stipulare contratti individuali di lavoro per il coordinatore delle attività educative e didattiche e per il personale docente della scuola conformi ai contratti collettivi di settore e a rispettare il limite previsto dall'articolo 1, comma 5, della legge 10 marzo 2000, n. 62. È fatta eccezione per il personale religioso che presta servizio nell'ambito della propria congregazione e per il clero diocesano che presta servizio nell'ambito di strutture gestite dalla diocesi;
ai fini del mantenimento della parità, il gestore o il rappresentante legale dell'ente deve dichiarare entro il 30 settembre di ogni anno la permanenza del possesso dei requisiti richiesti all'ufficio scolastico regionale competente; in caso di mancata osservanza delle prescrizioni richieste o di gravi irregolarità nella gestione l'ufficio scolastico regionale può revocare l'atto di riconoscimento della parità;
considerato che:
nel contesto delineato, in primo luogo ai fini del rispetto dei principi di legalità e buon andamento, appare del tutto opportuno estendere anche alle scuole paritarie le norme in materia di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni, ai fini di garantire maggiore conoscibilità e trasparenza nella gestione di tali istituti (fermi restando le verifiche amministrative già previste dalla normativa vigente esposta);
difatti, come già avviene per le scuole statali ai sensi della disciplina introdotta a partire dal 2013 dal cosiddetto "decreto Trasparenza", assolvendo le scuole paritarie private e degli enti locali ad una funzione di natura pubblicistica, pare opportuno assoggettare anch'esse al rispetto di taluni obblighi di pubblicità e trasparenza, con lo scopo prioritario di "favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche";
considerato, inoltre, che:
durante l'iter di conversione in legge del cosiddetto "decreto Rilancio" (decreto-legge n. 34 del 2020) sono state aumentate di 150 milioni di euro, rispetto allo stanziamento originario disposto dal provvedimento, le misure di sostegno economico previste per l'istruzione paritaria (65 milioni) e il sistema integrato da zero a sei anni (70 milioni);
nel particolare, alle scuole "primarie e secondarie paritarie, facenti parte del sistema nazionale di istruzione, viene erogato un contributo complessivo di 120 milioni di euro nel 2020, a titolo di sostegno economico in relazione alla riduzione o al mancato versamento delle rette o delle compartecipazioni comunque denominate, da parte dei fruitori, determinato dalla sospensione dei servizi in presenza a seguito delle misure adottate per contrastare la diffusione del COVID-19" (art. 233, comma 4),
impegna il Governo:
1) ad adoperarsi, attraverso provvedimenti di propria competenza, al fine dell'estensione alle scuole paritarie e ai soggetti che gestiscono in via continuativa i servizi educativi e alle istituzioni scolastiche dell'infanzia non statali, di cui all'articolo 2 del decreto legislativo n. 65 del 2017, delle norme inerenti agli obblighi di pubblicazione di dati e informazioni contenute nel decreto legislativo n. 33 del 2013, compatibili con le funzioni svolte da tali istituti;
2) ad acquisire, ai fini della erogazione delle risorse di cui all'articolo 233 del decreto-legge n. 34 del 2020, autocertificazione resa ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000 relativa all'entità della riduzione o del mancato versamento delle rette o delle compartecipazioni comunque denominate, da parte dei fruitori, determinato dalla sospensione dei servizi in presenza, ai fini della corresponsione del contributo straordinario statale.
(1-00259) (21 luglio 2020)
Iannone, Ciriani, Balboni, Calandrini, de Bertoldi, Fazzolari, Garnero Santanchè, La Pietra, La Russa, Maffoni, Nastri, Petrenga, Rauti, Ruspandini, Totaro, Urso, Zaffini. -
Respinta
Il Senato,
premesso che:
le scuole paritarie e degli enti locali, come stabilito dalla legge 10 marzo 2000 n. 62, recante «Norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all'istruzione», rappresentano, insieme e accanto alle scuole statali, una fondamentale componente costitutiva del «sistema nazionale d'istruzione»;
il principio della «libertà di educazione» promanante dall'articolo 33 della Costituzione, che ha posto in capo a enti e privati il diritto di istituire, sul territorio nazionale, scuole e istituti di educazione, in combinato disposto con i principi di sussidiarietà orizzontale e pluralismo istituzionale, nonché al parametro della virtuosa collaborazione tra iniziativa statale e privata, ha infatti determinato la configurazione di un «sistema scolastico integrato» caratterizzato da un giusto contemperamento tra l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati e lo svolgimento di attività di interesse generale;
a tutti gli effetti degli ordinamenti vigenti, e con particolare riguardo all'abilitazione a rilasciare titoli di studio aventi valore legale, la legge qualifica e definisce le scuole paritarie come quelle istituzioni scolastiche non statali, comprese quelle degli enti locali, a partire dalla scuola dell'infanzia, cui è assicurata piena libertà per quanto concerne l'orientamento culturale e l'indirizzo pedagogico-didattico e che presentano, quali requisiti caratteristici, la corrispondenza agli ordinamenti generali dell'istruzione, la coerenza con la domanda formativa delle famiglie e la sussistenza di requisiti qualitativi e di efficacia, valutabile, quest'ultima, secondo parametri espressamente previsti dalla medesima legge che disciplina questo essenziale comparto complementare e sussidiario dell'erogazione di servizi di educazione e formazione nel nostro Paese;
secondo un recente report elaborato dall'Ufficio Gestione patrimonio informativo e statistica del Ministero dell'istruzione (Focus «Principali dati della scuola - Avvio anno scolastico 2019/2020»), nell'anno scolastico 2018/2019 le scuole paritarie erano 12.564 e gli studenti frequentanti 866.805;
in questo contesto, in particolare, la scuola dell'infanzia rappresenta il settore educativo in cui si concentra il maggior numero di studenti delle scuole paritarie: 524.031 bambini, distribuiti in 8.957 scuole, mentre 1.385 sono le scuole primarie, 622 le scuole di primo grado e 1.600 le scuole paritarie di secondo grado;
oltre alla funzione sociale che questo segmento del sistema nazionale d'istruzione rappresenta, in termini di articolazione, orientamento e possibilità di scelta, da parte di famiglie e cittadini, tra opzioni didattiche e formative, alternative e diversificate, sia pur nella loro armonia e compatibilità con i principi costituzionali e nel quadro della normativa nazionale, assumono particolare rilevanza, specie nel contesto attuale di grave crisi economica, i volumi di attività registrati sul piano occupazionale: il sistema delle scuole paritarie occupa infatti 90.000 docenti e 70.000 dipendenti tecnici amministrativi, assicurando l'allocazione attiva di un considerevole bacino di professionalità riconducibile al settore dell'educazione e formazione;
considerato che:
il settore scolastico è stato tra i primi ad essere pesantemente investiti dalla crisi determinata dall'emergenza epidemiologica da COVID-19: a decorrere dallo scorso 23 febbraio tutte le scuole e università di Lombardia, Piemonte, Veneto, Liguria ed Emilia-Romagna venivano chiuse;
dall'8 marzo in poi, con diversi decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, la sospensione delle attività didattiche veniva gradualmente e progressivamente estesa a vaste aree del territorio nazionale, partendo da ulteriori 14 province del nord Italia (Modena, Parma, Piacenza, Reggio Emilia, Rimini, Pesaro e Urbino, Alessandria, Asti, Novara, Verbano-Cusio-Ossola, Vercelli, Padova, Treviso e Venezia, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'8 marzo), sino a disporre, con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 9 marzo 2020, la sospensione delle attività didattiche a tutto il territorio nazionale;
l'impatto di tale sospensione per le scuole paritarie, ed in particolare per la tenuta del sistema e la continuità delle attività del comparto è stato dirompente: la riduzione di disponibilità finanziaria determinata dalla sospensione del versamento, da parte dei fruitori, delle rette scolastiche o delle compartecipazioni previste, in ragione dell'interruzione dei servizi venutasi a creare in seguito alle misure adottate, ha determinato l'emersione di fortissime difficoltà specie in termini di equilibrio nella gestione finanziaria che di impossibilità, in molti casi, a far fronte alle spese vive di gestione (quali i canoni di locazione delle strutture e i costi amministrativi comunque sostenuti, nonostante la sospensione delle attività didattiche);
la persistenza della grave situazione ha portato negli scorsi mesi numerose associazioni rappresentative di queste strutture scolastiche, oltre a gestori e analisti delle politiche scolastiche, a lanciare un preoccupato grido d'allarme, evidenziando le stime e le proiezioni sull'anno scolastico venturo dalle quali emergeva con chiarezza come il 30 per cento delle scuole paritarie, in assenza di interventi e chiari segnali di supporto, risultasse esposto al rischio concreto e attuale di chiusura;
tali istanze del mondo associativo e scolastico hanno faticosamente e comunque solo tardivamente trovato spazio nei diversi provvedimenti normativi adottati dal Governo nelle more della gestione dell'emergenza sanitaria e della conseguente crisi economica, specie nella prima fase, nella quale pur risultava evidente ed era già chiaramente delineato il perimetro e l'entità del rischio concreto per tali strutture;
specularmente, nell'ottica della massima e più leale collaborazione che sin dall'inizio dell'emergenza ha caratterizzato l'atteggiamento del Gruppo parlamentare «Fratelli d'Italia», rispetto all'interesse nazionale ad una gestione adeguata della crisi, erano già stati identificati e proposti, mediante numerose proposte emendative, sistematicamente bocciate, i possibili percorsi risolutivi e le vie percorribili per assicurare un sostegno adeguato anche a questo comparto fondamentale, per l'erogazione di servizi essenziali per i cittadini;
al riguardo, giova ricordare come del tutto carente in tal senso risultasse, ad esempio, il decreto-legge cosiddetto «Cura Italia» del 17 marzo 2020, n. 18, che nulla prevedeva rispetto a tali istanze, nonostante fosse già noto l'impatto dirompente della crisi per le scuole paritarie e nonostante sin da allora, sia formalmente nelle commissioni e nelle aule parlamentari, sia nel dibattito politico pubblico, il Gruppo «Fratelli d'Italia», ad ogni occasione utile, avesse avanzato proposte concrete e puntuali, quali l'istituzione di un fondo a sostengo delle scuole paritarie o la previsione di un credito d'imposta nella misura del 60 per cento dell'ammontare del canone di locazione per il periodo di sospensione dell'attività;
nonostante ciò la previsione di misure di sostengo economico all'istruzione paritaria è confluita negli atti di Governo solamente con il decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34;
l'articolo 233 del testo del decreto varato dal Governo prevedeva uno stanziamento pari a 150 milioni di euro, per le scuole primarie e secondarie paritarie, a titolo di sostegno economico in relazione alla riduzione o al mancato versamento delle rette da parte dei fruitori, determinato dalla sospensione dei servizi in presenza in seguito alle misure adottate per contrastare la diffusione del COVID-19;
solamente in sede di conversione del decreto-legge un emendamento, peraltro non condiviso da tutte le forze di maggioranza, ne ha previsto l'incremento ad euro 300 milioni, a riprova dell'assenza tra le varie forze di Governo di una visione comune su questo tema essenziale, presupposto imprescindibile per un indirizzo politico chiaro che sia in grado di mettere al riparo dagli effetti dirompenti della crisi un comparto cruciale sia per le famiglie che per tutti i lavoratori impiegati in questo settore;
nonostante lo stanziamento disposto dal «decreto rilancio» a maggio, poi raddoppiato in sede di conversione, ad oggi le scuole paritarie non hanno ancora ricevuto alcun tipo di sostegno economico e la persistenza di questa situazione sta determinando un progressivo e inesorabile incremento del numero di scuole che via via stanno chiudendo: secondo il sito web «noisiamoinvisibili» sono ben 71 le scuole paritarie che hanno chiuso a decorrere dalla fine di aprile sino ad oggi, coinvolgendo ben 3.192 studenti e con un aggravio di costi aggiuntivi a carico dello Stato, per il ricollocamento degli stessi e l'erogazione di corrispondenti volumi di servizi, pari ad euro 27.132.000;
il rischio della persistenza di questa grave situazione di carenza finanziaria, a risorse stanziate, ma nell'impossibilità di procedere alle erogazioni, è quello di arrivare troppo tardi, travolgendo in modo inesorabile organizzazione e funzionamento di realtà scolastiche ed educative che, in assenza delle risorse di spettanza, non saranno comunque pronte ad assicurare l'offerta didattica e formativa all'avvio dell'anno scolastico, costringendo famiglie e studenti a trasferimenti e riallocazioni verso altre strutture;
le modifiche strutturali necessarie a garantire l'erogazione di servizi scolastici ed educativi in sicurezza, alla luce delle nuove circostanze e del necessario adeguamento strutturale e di metodo che investiranno la didattica e il settore scolastico ed educativo in modo dirompente, restano inoltre allo stato attuale precluse o comunque di difficile accessibilità per le scuole paritarie: è importante dunque che anche su questo aspetto siano poste le condizioni per una equiparazione tra gli istituti di ogni ordine e grado, statali o parificati, in ordine alle possibilità di adeguamento strutturale in un contesto di sicurezza per tutti gli studenti senza distinzioni di sorta,
impegna il Governo:
1) ad adottare tutte le iniziative necessarie ad assicurare anche alle scuole paritarie una ordinata e sicura ripresa dell'anno scolastico, garantendo un andamento gestionale e amministrativo coerente con le dinamiche generali del sistema scolastico integrato nazionale;
2) ad assicurare, rispetto alle difficoltà di carattere finanziario ed economico connesse alla sospensione delle attività didattiche, la continuità amministrativa e didattica delle scuole paritarie, anche mediante adeguate verifiche periodiche sui fabbisogni finanziari in relazione all'andamento futuro dell'emergenza epidemiologica e della eventuale ipotesi di nuove sospensioni o contrazioni di attività;
3) a tutelare il bacino di professionisti occupati nel comparto delle scuole paritarie, mediante ogni iniziativa atta a preservare i volumi e i livelli qualitativi e quantitativi di attività educativa, didattica e amministrativa prestata all'interno degli istituti;
4) ad assicurare un'adeguata tempistica nell'erogazione delle risorse stanziate, garantendo a famiglie e studenti, in modo omogeneo sul territorio nazionale, uniformità e parità di accesso e consentire alle scuole paritarie, all'inizio dell'anno scolastico a settembre, di essere nelle condizioni di garantire una regolare ripresa delle attività didattiche e dei servizi educativi di competenza.
(1-00267) (21 luglio 2020)
Pittoni, Saponara, Alessandrini, Barbaro, Borgonzoni, Montani, Casolati, Bagnai, Borghesi, Rufa, Corti, Briziarelli, Pepe, Augussori, Vescovi, Pillon, Zuliani, Vallardi, Pergreffi, Bruzzone, Pucciarelli, Campari, Sbrana, Nisini, Candiani, Bergesio, Lunesu, De Vecchis, Iwobi, Fregolent, Tosato, Emanuele Pellegrini, Cantù, Marin, Riccardi, Stefani, Ripamonti, Pianasso, Urraro, Saviane, Lucidi, Pazzaglini, Arrigoni, Rivolta, Simone Bossi. -
Respinta
Il Senato,
premesso che:
nei numerosi provvedimenti adottati dal Governo per fronteggiare e contenere l'emergenza epidemiologica da COVID-19, non erano state inserite particolari misure di sostegno per le scuole paritarie, di cui alla legge 10 marzo 2000, n. 62, recante "Norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all'istruzione", né per famiglie degli studenti che frequentano queste scuole;
la temuta chiusura degli istituti scolastici paritari avrebbe comportato, oltre alla perdita del diritto di scelta educativa e di posti di lavoro, un notevole aggravio per i conti pubblici per l'inevitabile passaggio degli studenti dagli istituti paritari a quelli statali, rendendo ancora più gravoso, inoltre, il problema del reperimento degli spazi necessari per applicare le misure di distanziamento sociale;
solo negli ultimi giorni la maggioranza trasversale che si è concretizzata nella V Commissione permanente (Bilancio, tesoro e programmazione) della Camera dei deputati sul decreto-legge "Rilancio", ha portato ad aumentare i fondi per aiutare le famiglie colpite economicamente dal COVID, che si vedono impossibilitate a proseguire nei pagamenti delle rette delle scuole paritarie. Si parla di 300 milioni (dai 65 iniziali) che permetteranno di aiutare 12.000 istituti, 900.000 famiglie, 180.000 dipendenti tra docenti e operatori. L'iniziativa è nata per l'impegno delle forze di opposizione e dei cittadini che si sono spesi in prima persona nel richiedere questo intervento finanziario da parte dello Stato, il connubio tra opposizione e società civile ha trainato parte della maggioranza ad approvare questa modifica al decreto "Rilancio" ed è stato così che, quasi tutti i partiti hanno sostenuto la libertà di scelta educativa delle famiglie, ribadendo, una volta per tutte, che la scuola paritaria è pubblica, al pari della scuola statale e fondamentali entrambe al sistema scolastico italiano che si conferma un sistema plurale;
rischiare di avere il 30 per cento delle scuole paritarie a rischio chiusura avrebbe significato lasciare scoperti 300.000 alunni, con conseguenze devastanti per lo Stato, con un costo aggiuntivo stimato di 2,4 miliardi di euro. Soprattutto in periodo di COVID, le 40.000 scuole statali non avrebbero potuto accogliere l'utenza delle 13.000 scuole paritarie. Non ripartire con la scuola significherebbe consegnare i ragazzi svantaggiati del sud Italia alla criminalità e non riattivare il comparto 0-6 anni, significherebbe costringere le donne a rinunciare al lavoro, specie nelle aree più svantaggiate del Paese;
è ampiamente dimostrato in tutta Europa che una sana concorrenza delle scuole, alza il livello di qualità di tutto il sistema dell'istruzione. Vanno perciò attivati i costi standard, in quanto un allievo costa 5.500 euro l'anno, ma lo Stato ne destina 8.500 alle scuole statali e 500 alle paritarie per ogni alunno. L'introduzione del costo standard per studente potrebbe generare risparmi per lo Stato di circa 2,5 miliardi di euro l'anno;
sono destinati esclusivamente alle scuole statali i 29 milioni di euro di risorse europee per istituire le smart- class alle superiori, ovvero la fornitura di dispositivi elettronici per l'e-learning. In questo modo sono stati esclusi 110.000 studenti delle paritarie di secondo grado, sebbene l'avviso pubblicato sul sito ministeriale reciti di voler "garantire pari opportunità e il diritto allo studio";
va segnalata inoltre la grave discriminazione che investe gli alunni disabili che, a fronte di un costo che lo Stato sostiene per loro pari a 20.000 euro nelle scuole pubbliche statali, per i disabili che frequentano la scuola paritaria lo Stato destina euro 1.700, lasciando l'onere a carico della famiglia o della scuola, con conseguenze ancora più pesanti per le famiglie meno agiate;
considerato che:
al fine di trovare una soluzione adeguata al bisogno di maggiori spazi dove ubicare le nuove classi che dovranno essere formate per rispondere alle esigenze di distanziamento, le scuole paritarie hanno dato disponibilità per l'utilizzo dei propri spazi in disuso per accogliere oltre un milione di alunni che non potranno rimanere negli istituti pubblici;
a causa della compressione eccessiva dei tempi di esame del decreto-legge "Rilancio" nel passaggio al Senato, non c'è stato modo di agire con ulteriori interventi a favore delle scuole paritarie,
impegna il Governo:
1) a proseguire con le azioni positive messe in campo a favore delle scuole paritarie, in linea con quanto segnalato dalle opposizioni, nello specifico:
1.a) a prevedere la detraibilità integrale del costo delle rette versate dalle famiglie alle scuole pubbliche paritarie nei mesi di sospensione della didattica, con tetto massimo di 5.500 euro (che è il costo standard di sostenibilità per allievo);
1.b) a valutare l'opportunità di attribuire alle famiglie una quota pari al costo standard di sostenibilità per allievo, con una media di 5.500 euro, consentendo così la libera scelta educativa delle famiglie;
1.c) a promuovere una concertazione tra Stato e Regioni, per trovare la piena copertura del docente di sostegno, sull'esempio di quanto fatto dalla Regione Lombardia che destina 3.000 euro per ogni allievo disabile che frequenta la scuola paritaria;
1.d) a siglare intese con le 12.564 scuole paritarie, visto che dispongono degli spazi necessari per accogliere in sicurezza quel 15 per cento di studenti che a causa del distanziamento non troveranno posto nelle 40.749 sedi scolastiche statali.
(1-00275) (21 luglio 2020)
Sbrollini, Faraone, Comincini, Conzatti, Ginetti, Grimani, Magorno, Parente, Sudano. -
V. testo 2
Il Senato,
premesso che:
la scuola paritaria è regolamentata dalla legge 10 marzo 2000, n. 62, che ha sancito l'appartenenza delle scuole paritarie al sistema nazionale di istruzione e ne ha riconosciuto il ruolo all'interno del servizio pubblico: il nostro sistema nazionale di istruzione è costituito dalle scuole pubbliche statali e dalle scuole pubbliche paritarie gestite dai privati e dagli enti locali, al fine di garantire la libertà di scelta educativa in un contesto di pluralismo scolastico ispirato ai principi della Costituzione italiana e del diritto europeo. Ciononostante oggi una piena libertà di scelta educativa non può dirsi pienamente garantita;
la risoluzione del Parlamento europeo sulla libertà d'insegnamento nella Comunità europea approvata il 13 marzo 1984 prevede che "compito dello Stato è di consentire la presenza degli istituti di insegnamento pubblico o privato all'uopo necessari";
la risoluzione dell'Assemblea del Parlamento europeo n. 1904, F-67075, Strasburgo, del 4 ottobre 2012, raccomanda, al comma 6.1, "di procedere rapidamente all'analisi richiesta per identificare le riforme necessarie a garantire in maniera effettiva il diritto alla libertà di scelta educativa";
le scuole per l'infanzia, primarie e secondarie paritarie e le attività di servizi per l'infanzia svolgono, nel segno del pluralismo e della sussidiarietà, un ruolo essenziale nel completamento dell'offerta formativa per le famiglie, ancor più fondamentale nella gestione delle conseguenze della pandemia;
il decreto "Rilancio" prevede l'erogazione di un contributo complessivo di 120 milioni di euro per il 2020 in favore delle scuole primarie e secondarie paritarie, a titolo di sostegno economico in relazione alla riduzione o al mancato versamento delle rette a seguito della sospensione dell'attività in presenza quale misura di contenimento dell'emergenza epidemiologica. Nonostante tali risorse la scuola paritaria non è esente dalle difficoltà connesse all'emergenza sanitaria scaturita dal propagarsi del virus COVID-19 che, se non opportunamente gestita, avrà una pesante ricaduta negativa su tutta la scuola;
la crisi economica derivante dalla pandemia rischia di provocare la fuga delle famiglie dalle scuole paritarie a quelle pubbliche, per evidenti minori costi da affrontare. Questo sarebbe un problema non solo per le scuole paritarie, ma anche del sistema scolastico pubblico: le scuole paritarie potrebbero fornire, con i loro spazi e le loro risorse, un forte aiuto e supporto in ottica sussidiaria. Meno scuole paritarie non vuol dire solo più studenti che passano alle scuole pubbliche statali, con i problemi di ordine sanitario e economico, ma anche sottrarre il principale fornitore sussidiario del servizio scolastico che, proprio ora, potrebbe rivelarsi quanto mai prezioso;
in Italia sono 880.000 gli studenti che frequentano le oltre 12.000 scuole paritarie che svolgono servizio pubblico e sono inserite nel sistema nazionale d'istruzione. Secondo le stime, circa il 30 per cento di queste realtà rischierà di chiudere a settembre. Il settore delle scuole paritarie, dunque, sarà soggetto a forti tensioni. Da una parte, i genitori tenderanno a spostare massicciamente i figli nelle scuole statali per fronteggiare la crisi e ridurre i costi di iscrizione, dall'altra si può prevedere un aumento dei costi fissi indotto dalle future regole del distanziamento sociale;
dai dati Ocse la scuola pubblica statale in Italia costa mediamente 8.200 euro per ogni alunno iscritto; se stimiamo in 300.000 studenti i nuovi iscritti che passerebbero dal sistema paritario a quello statale i costi aggiuntivi sarebbero di 2,4 miliardi, più gli ammortizzatori sociali per i circa 40.000 lavoratori del settore. Risulta quindi conveniente per lo Stato sostenere la scuola pubblica paritaria,
impegna il Governo a dare piena attuazione alla libertà di scelta educativa attraverso un sostegno adeguato delle scuole paritarie anche attraverso un'iniziativa per l'aumento della detrazione fiscale fino al 100 per cento delle rette.
(1-00275) (testo 2) (21 luglio 2020)
Sbrollini, Faraone, Comincini, Conzatti, Ginetti, Grimani, Magorno, Parente, Sudano. -
Approvata
Il Senato,
premesso che:
la scuola paritaria è regolamentata dalla legge 10 marzo 2000, n. 62, che ha sancito l'appartenenza delle scuole paritarie al sistema nazionale di istruzione e ne ha riconosciuto il ruolo all'interno del servizio pubblico: il nostro sistema nazionale di istruzione è costituito dalle scuole pubbliche statali e dalle scuole pubbliche paritarie gestite dai privati e dagli enti locali, al fine di garantire la libertà di scelta educativa in un contesto di pluralismo scolastico ispirato ai principi della Costituzione italiana e del diritto europeo. Ciononostante oggi una piena libertà di scelta educativa non può dirsi pienamente garantita;
la risoluzione del Parlamento europeo sulla libertà d'insegnamento nella Comunità europea approvata il 13 marzo 1984 prevede che "compito dello Stato è di consentire la presenza degli istituti di insegnamento pubblico o privato all'uopo necessari";
la risoluzione dell'Assemblea del Parlamento europeo n. 1904, F-67075, Strasburgo, del 4 ottobre 2012, raccomanda, al comma 6.1, "di procedere rapidamente all'analisi richiesta per identificare le riforme necessarie a garantire in maniera effettiva il diritto alla libertà di scelta educativa";
le scuole per l'infanzia, primarie e secondarie paritarie e le attività di servizi per l'infanzia svolgono, nel segno del pluralismo e della sussidiarietà, un ruolo essenziale nel completamento dell'offerta formativa per le famiglie, ancor più fondamentale nella gestione delle conseguenze della pandemia;
il decreto "Rilancio" prevede l'erogazione di un contributo complessivo di 120 milioni di euro per il 2020 in favore delle scuole primarie e secondarie paritarie, a titolo di sostegno economico in relazione alla riduzione o al mancato versamento delle rette a seguito della sospensione dell'attività in presenza quale misura di contenimento dell'emergenza epidemiologica. Nonostante tali risorse la scuola paritaria non è esente dalle difficoltà connesse all'emergenza sanitaria scaturita dal propagarsi del virus COVID-19 che, se non opportunamente gestita, avrà una pesante ricaduta negativa su tutta la scuola;
la crisi economica derivante dalla pandemia rischia di provocare la fuga delle famiglie dalle scuole paritarie a quelle pubbliche, per evidenti minori costi da affrontare. Questo sarebbe un problema non solo per le scuole paritarie, ma anche del sistema scolastico pubblico: le scuole paritarie potrebbero fornire, con i loro spazi e le loro risorse, un forte aiuto e supporto in ottica sussidiaria. Meno scuole paritarie non vuol dire solo più studenti che passano alle scuole pubbliche statali, con i problemi di ordine sanitario e economico, ma anche sottrarre il principale fornitore sussidiario del servizio scolastico che, proprio ora, potrebbe rivelarsi quanto mai prezioso;
in Italia sono 880.000 gli studenti che frequentano le oltre 12.000 scuole paritarie che svolgono servizio pubblico e sono inserite nel sistema nazionale d'istruzione. Secondo le stime, circa il 30 per cento di queste realtà rischierà di chiudere a settembre. Il settore delle scuole paritarie, dunque, sarà soggetto a forti tensioni. Da una parte, i genitori tenderanno a spostare massicciamente i figli nelle scuole statali per fronteggiare la crisi e ridurre i costi di iscrizione, dall'altra si può prevedere un aumento dei costi fissi indotto dalle future regole del distanziamento sociale;
dai dati Ocse la scuola pubblica statale in Italia costa mediamente 8.200 euro per ogni alunno iscritto; se stimiamo in 300.000 studenti i nuovi iscritti che passerebbero dal sistema paritario a quello statale i costi aggiuntivi sarebbero di 2,4 miliardi, più gli ammortizzatori sociali per i circa 40.000 lavoratori del settore. Risulta quindi conveniente per lo Stato sostenere la scuola pubblica paritaria,
impegna il Governo a dare piena attuazione alla libertà di scelta educativa attraverso un sostegno adeguato delle scuole paritarie, nei limiti delle disposizioni costituzionali e delle normative vigenti .
Allegato B
VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE NEL CORSO DELLA SEDUTA
SEGNALAZIONI RELATIVE ALLE VOTAZIONI EFFETTUATE NEL CORSO DELLA SEDUTA
Nel corso della seduta sono pervenute al banco della Presidenza le seguenti comunicazioni:
Mozioni sul glifosato:
sulla mozione n. 1-00262 (testo 2), i senatori Castiello, Donno, Endrizzi e Di Micco avrebbero voluto esprimere un voto contrario; sulla mozione n. 1-00272, il senatore Pesco avrebbe voluto esprimere un voto favorevole.
Congedi e missioni
Sono in congedo i senatori: Alderisi, Barachini, Barboni, Bossi Umberto, Cario, Castaldi, Cattaneo, Cerno, Crimi, Crucioli, De Poli, Di Piazza, Galliani, La Pietra, Magorno, Malpezzi, Margiotta, Merlo, Misiani, Monti, Napolitano, Nocerino, Papatheu, Presutto, Rampi, Rojc, Romani, Ronzulli, Rossomando, Sbrollini, Segre, Sileri, Stabile, Turco e Urso.
Commissioni permanenti, variazioni nella composizione
Il Presidente del Gruppo parlamentare Italia Viva - P.S.I. ha comunicato le seguenti variazioni nella composizione delle Commissioni permanenti:
1a Commissione permanente: cessa di farne parte la senatrice Sudano;
7a Commissione permanente: entra a farne parte il senatore Nencini;
8a Commissione permanente: entra a farne parte la senatrice Sudano, cessa di farne parte il senatore Nencini.
Disegni di legge, annunzio di presentazione
Presidente del Consiglio dei ministri
Ministro per la pubblica amministrazione
Conversione in legge del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, recante misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale (1883)
(presentato in data 16/07/2020);
senatore Nencini Riccardo
Modifiche alla legge 24 marzo 1958, n. 195, recante norme sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della magistratura (1884)
(presentato in data 16/07/2020);
senatori Nencini Riccardo, Fedeli Valeria, Conzatti Donatella, Cucca Giuseppe Luigi Salvatore, Parente Annamaria, Pittella Gianni, Vono Gelsomina
Modifiche alle disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere (1885)
(presentato in data 16/07/2020);
senatori Mantovani Maria Laura, Angrisani Luisa, Castellone Maria Domenica, Corrado Margherita, D'Angelo Grazia, Donno Daniela, Gallicchio Agnese, Granato Bianca Laura, L'Abbate Patty, Maiorino Alessandra, Pavanelli Emma, Pisani Giuseppe, Vanin Orietta
Norme per la concessione di prestiti d'onore per gli studenti in scienze, tecnologie, ingegneria e matematica (1886)
(presentato in data 16/07/2020);
senatori Guidolin Barbara, Marinello Gaspare Antonio, Romagnoli Sergio, Mininno Cataldo, Ferrara Gianluca, Girotto Gianni Pietro, Floridia Barbara, Nocerino Simona Nunzia, Trentacoste Fabrizio, Gallicchio Agnese, Corrado Margherita, Angrisani Luisa, Romano Iunio Valerio, Vanin Orietta, Auddino Giuseppe, Croatti Marco, Campagna Antonella, Donno Daniela
Disposizioni per la promozione ed il miglioramento della qualità e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nel settore delle demenze (1887)
(presentato in data 20/07/2020);
senatori La Pietra Patrizio Giacomo, Ciriani Luca, Balboni Alberto, Calandrini Nicola, de Bertoldi Andrea, Fazzolari Giovanbattista, Garnero Santanche' Daniela, Iannone Antonio, La Russa Ignazio, Maffoni Gianpietro, Nastri Gaetano, Petrenga Giovanna, Rauti Isabella, Ruspandini Massimo, Totaro Achille, Urso Adolfo, Zaffini Francesco
Abolizione del numero minimo per la costituzione delle classi per le scuole dei comuni montani, delle piccole isole e delle aree geografiche abitate da minoranze linguistiche (1888)
(presentato in data 20/07/2020).
Disegni di legge, assegnazione
In sede redigente
2ª Commissione permanente Giustizia
Sen. Rauti Isabella ed altri
Istituzione del Garante nazionale per la tutela dei diritti delle vittime dei reati intenzionali violenti (1758)
previ pareri delle Commissioni 1ª (Affari Costituzionali), 5ª (Bilancio), Commissione parlamentare questioni regionali
(assegnato in data 21/07/2020);
7ª Commissione permanente Istruzione pubblica, beni culturali
Sen. Iwobi Tony Chike, Sen. Centinaio Gian Marco
Disposizioni in materia di insequestrabilità delle opere d'arte prestate da Stati esteri o da enti o istituzioni culturali stranieri, durante la permanenza in Italia per l'esposizione al pubblico (1676)
previ pareri delle Commissioni 1ª (Affari Costituzionali), 2ª (Giustizia), 3ª (Affari esteri, emigrazione), 5ª (Bilancio), 14ª (Politiche dell'Unione europea)
(assegnato in data 21/07/2020);
8ª Commissione permanente Lavori pubblici, comunicazioni
Sen. Perosino Marco ed altri
Disposizioni in materia di tutela della sicurezza dei ciclisti (1724)
previ pareri delle Commissioni 1ª (Affari Costituzionali), 5ª (Bilancio)
(assegnato in data 21/07/2020);
9ª Commissione permanente Agricoltura e produzione agroalimentare
Sen. Naturale Gisella ed altri
Disciplina delle professioni del settore cinofilo (1862)
previ pareri delle Commissioni 1ª (Affari Costituzionali), 5ª (Bilancio), 7ª (Istruzione pubblica, beni culturali), Commissione parlamentare questioni regionali
(assegnato in data 21/07/2020);
12ª Commissione permanente Igiene e sanita'
Sen. Binetti Paola
Disposizioni in tema di salute dei non fumatori e di tabacchi da inalazione senza combustione (1674)
previ pareri delle Commissioni 1ª (Affari Costituzionali), 2ª (Giustizia), 5ª (Bilancio), 6ª (Finanze e tesoro), 7ª (Istruzione pubblica, beni culturali), 8ª (Lavori pubblici, comunicazioni), 10ª (Industria, commercio, turismo)
(assegnato in data 21/07/2020).
In sede referente
Commissioni 1ª e 8ª riunite
Gov. Conte-II: Pres. Consiglio Conte, Ministro pubblica amministrazione Dadone ed altri
Conversione in legge del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, recante misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale (1883)
previ pareri delle Commissioni 2ª (Giustizia), 3ª (Affari esteri, emigrazione), 4ª (Difesa), 5ª (Bilancio), 6ª (Finanze e tesoro), 7ª (Istruzione pubblica, beni culturali), 9ª (Agricoltura e produzione agroalimentare), 10ª (Industria, commercio, turismo), 11ª (Lavoro pubblico e privato, previdenza sociale), 12ª (Igiene e sanita'), 13ª (Territorio, ambiente, beni ambientali), 14ª (Politiche dell'Unione europea), Commissione parlamentare questioni regionali
(assegnato in data 17/07/2020).
Disegni di legge, presentazione del testo degli articoli
In data 21/07/2020 la 3ª Commissione permanente Aff. esteri ha presentato il testo degli articoli proposti dalla Commissione stessa, per il disegno di legge: "Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione nel settore della difesa tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica argentina, fatto a Roma il 12 settembre 2016" (1086)
(presentato in data 22/02/2019).
Governo, richieste di parere per nomine in enti pubblici. Deferimento
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 17 luglio 2020, ha trasmesso - per l'acquisizione del parere parlamentare, ai sensi dell'articolo 1 della legge 24 gennaio 1978, n. 14 - la proposta di nomina del dottor Edoardo Garrone a Presidente dell'Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico "Giannina Gaslini" di Genova (n. 54).
Ai sensi della predetta disposizione e dell'articolo 139-bis del Regolamento, la proposta di nomina è deferita alla 12ª Commissione permanente, che esprimerà il parere entro il termine del 10 agosto 2020.
Governo, trasmissione di atti e documenti
Nello scorso mese di giugno 2020 sono pervenute copie di decreti ministeriali, inseriti nello stato di previsione del Ministero della difesa, delle infrastrutture e dei trasporti, dell'economia e delle finanze, delle politiche agricole alimentari e forestali, per l'esercizio finanziario 2020, concernenti le variazioni compensative tra capitoli delle medesime unità previsionali di base e in termini di competenza e cassa.
Tali comunicazioni sono state trasmesse alle competenti Commissioni permanenti.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 17 luglio 2020, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 9-bis, comma 7, della legge 21 giugno 1986, n. 317, la procedura di informazione, attivata presso la Commissione europea dalla Direzione generale per il mercato, la concorrenza, la tutela del consumatore e la normativa tecnica del Ministero dello sviluppo economico, in ordine alla notifica 2020/0427/I relativa al "Regolamento recante disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto della componente inerte non pericolosa dei rifiuti da spazzamento stradale ai sensi dell'articolo 184-ter, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152".
La predetta documentazione è deferita alla 8a, alla 13a e alla 14a Commissione permanente (Atto n. 522).
Il Ministro dell'economia e delle finanze, con lettera in data 13 luglio 2020, ha inviato, ai sensi dell'articolo 59 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, l'Atto di indirizzo concernente gli sviluppi della politica fiscale, le linee generali e gli obiettivi della gestione tributaria, le grandezze finanziarie e le altre condizioni nelle quali si sviluppa l'attività delle Agenzie fiscali, per gli anni 2020-2022.
Il predetto documento è deferito, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 6a Commissione permanente (Doc. CII, n. 1).
Il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, con lettera in data 16 luglio 2020, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7, comma 1, del decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2014, n. 106, la relazione concernente gli interventi realizzati e avviati nell'ambito del piano strategico "Grandi progetti beni culturali", riferita all'anno 2019.
Il predetto documento è deferito, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 7a Commissione permanente (Doc. CXI, n. 3).
Il Ministro della giustizia, con lettera in data 13 luglio 2020, ha inviato, ai sensi dell'articolo 7, comma 2, della legge 28 aprile 2014, n. 67, la relazione sullo stato di attuazione delle disposizioni in materia di messa alla prova dell'imputato, relativa all'anno 2019.
Il predetto documento è deferito, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 2a Commissione permanente (Doc. CCVII, n. 3).
Il Ministro dello sviluppo economico, con lettera in data 10 luglio 2020, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 3, comma 68, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, la relazione sullo stato della spesa, sull'efficacia nell'allocazione delle risorse e sul grado di efficienza dell'azione amministrativa svolta dal Ministero dello sviluppo economico, corredata del rapporto sull'attività di analisi e revisione delle procedure di spesa e dell'allocazione delle relative risorse in bilancio, di cui all'articolo 9, comma 1-ter, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, riferita all'anno 2019.
Il predetto documento è deferito, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 1a, alla 5a e alla 10a Commissione permanente (Doc. CLXIV, n. 23).
Governo, comunicazioni dell'avvio di procedure di infrazione
Il Ministro per gli affari europei, con lettera in data 16 luglio 2020, ha inviato, ai sensi dell'articolo 15, comma 1, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, le seguenti comunicazioni concernenti l'avvio di procedure d'infrazione ai sensi dell'articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea - notificate il 2 luglio 2020 - che sono trasmesse alle sottoindicate Commissioni permanenti, nonché alla 14a Commissione permanente:
comunicazione di avvio della procedura di infrazione n. 2020/2111, sul non corretto recepimento dell'articolo 12, paragrafo 1, prima frase, della direttiva 2004/35/CE sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale - alla 13a Commissione permanente (Procedura d'infrazione n. 72);
comunicazione di avvio della procedura di infrazione n. 2020/2220, sulla mancata trasmissione del programma nazionale di controllo dell'inquinamento atmosferico, a norma della direttiva (UE) 2016/2284 concernente la riduzione delle emissioni nazionali di determinati inquinanti atmosferici - alla 13a Commissione permanente (Procedura d'infrazione n. 73);
comunicazione di avvio della procedura di infrazione n. 2020/2246, sul non corretto recepimento della direttiva (UE) 2015/2302 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2015, relativa ai pacchetti turistici e ai servizi turistici collegati, che modifica il regolamento (CE) n. 2006/2004 e la direttiva 2011/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 90/314/CEE - alla 7a Commissione permanente (Procedura d'infrazione n. 74);
comunicazione di avvio della procedura di infrazione n. 2020/2252, sulla non corretta applicazione del Regolamento n. 261/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio dell'11 febbraio 2004 che istituisce regole comuni in materia di compensazione ed assistenza ai passeggeri in caso di negato imbarco, di cancellazione del volo o di ritardo prolungato e che abroga il regolamento (CEE) 295/91 - alla 8a Commissione permanente (Procedura d'infrazione n. 75).
Governo, trasmissione di atti e documenti dell'Unione europea di particolare rilevanza ai sensi dell'articolo 6, comma 1, della legge n. 234 del 2012. Deferimento
Ai sensi dell'articolo 144, commi 1 e 6, del Regolamento, sono deferiti alle sottoindicate Commissioni permanenti i seguenti documenti dell'Unione europea, trasmessi dal Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in base all'articolo 6, comma 1, della legge 24 dicembre 2012, n. 234:
Proposta di Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce misure di gestione, conservazione e controllo applicabili nella zona della convenzione per il rafforzamento della commissione interamericana per i tonnidi tropicali e che modifica il regolamento (UE) n. 520/2007 del Consiglio (COM(2020) 308 definitivo), alla 3a, alla 9a, alla 10a e alla 14a Commissione permanente;
Proposta di Regolamento del Consiglio recante apertura e modalità di gestione di contingenti tariffari autonomi dell'UE per taluni prodotti della pesca per il periodo 2021-2023 (COM(2020) 322 definitivo), alla 3a, alla 6a, alla 9a, alla 10a, alla 13a e alla 14a Commissione permanente.
Garante del contribuente, trasmissione di atti. Deferimento
Con lettere in data 3 luglio 2020, sono state inviate, ai sensi dell'articolo 13, comma 13-bis, della legge 27 luglio 2000, n. 212, le relazioni annuali sull'attività svolta dal Garante del contribuente della Valle d'Aosta:
per l'anno 2018 (Atto n. 519);
per l'anno 2019 (Atto n. 520).
I predetti documenti sono deferiti, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 6a Commissione permanente.
Autorità nazionale anticorruzione, trasmissione di atti. Deferimento
Il Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1, comma 2, lettere f) e g), della legge 6 novembre 2012, n. 190:
con lettera in data 9 luglio 2020, la segnalazione n. 3 del 2020, approvata, con delibera n. 541 del 1° luglio 2020, concernente l'applicabilità alle società quotate della normativa in materia di trasparenza, ai sensi del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, e di prevenzione della corruzione, ai sensi della legge 6 novembre 2012, n. 190. Il predetto documento è deferito, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 1a, alla 2a, alla 6a e alla 10a Commissione permanente (Atto n. 518);
con lettera in data 16 luglio 2020, la segnalazione n. 7 del 2020, approvata, con delibera n. 598 dell'8 luglio 2020, concernente la disciplina adottata per far fronte all'emergenza sanitaria da Covid-19 e, in particolare, gli effetti delle misure anti-contagio sui contratti pubblici in corso di affidamento. Il predetto documento è deferito, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 1a, alla 2a, alla 8a, alla 10a, alla 12a, alla 14a Commissione permanente (Atto n. 521).
Commissari Straordinari di ILVA S.p.a, trasmissione di documenti
I Commissari Straordinari di ILVA S.p.a., con lettera in data 14 luglio 2020, hanno inviato, ai sensi dell'articolo 3, comma 3, del decreto-legge 5 gennaio 2015, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 marzo 2015, n. 20, la relazione semestrale concernente il conto di contabilità speciale n. 6055, aggiornata al 30 giugno 2020.
Il predetto documento è deferito, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 1a, alla 5a, alla 10a e alla 13a Commissione permanente (Doc. XXVII, n. 13).
Corte costituzionale, trasmissione di sentenze. Deferimento
La Corte costituzionale ha trasmesso, a norma dell'articolo 30, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, le seguenti sentenze, che sono deferite, ai sensi dell'articolo 139, comma 1, del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni competenti per materia, nonché alla 1a Commissione permanente:
sentenza n. 150 del 24 giugno 2020, depositata il successivo 16 luglio. La Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 4 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23 (Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183), limitatamente alle parole "di importo pari a una mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio" (Doc. VII, n. 83) - alla 2a, alla 10a e alla 11a Commissione permanente;
sentenza n. 152 del 23 giugno 2020, depositata il successivo 20 luglio. La Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 38, comma 4, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, recante "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2002)", nella parte in cui, con riferimento agli invalidi civili totali, dispone che i benefici incrementativi di cui al comma 1 sono concessi "ai soggetti di età pari o superiore a sessanta anni" anziché "ai soggetti di età superiore a diciotto anni"(Doc. VII, n. 84) - alla 5a, alla 11a e alla 12a Commissione permanente.
Corte dei conti, trasmissione di relazioni sulla gestione finanziaria di enti
Il Presidente della Sezione del controllo sugli Enti della Corte dei conti, con lettere in data 13, 20 e 21 luglio 2020, in adempimento al disposto dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, ha trasmesso le determinazioni e le relative relazioni sulla gestione finanziaria:
dell'Istituto Nazionale di Alta Matematica Francesco Severi (INdAM) per l'esercizio 2018. Il predetto documento è deferito, ai sensi dell'articolo 131 del Regolamento, alla 5a e alla 7a Commissione permanente (Doc. XV, n. 305);
della Fondazione La Triennale di Milano, per l'esercizio 2018. Il predetto documento è deferito, ai sensi dell'articolo 131 del Regolamento, alla 5a e alla 7a Commissione permanente (Doc. XV, n. 306);
della Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza a favore dei Ragionieri e Periti Commerciali (CNPR) per gli esercizi dal 2017 al 2018. Il predetto documento è deferito, ai sensi dell'articolo 131 del Regolamento, alla 5a e alla 11a Commissione permanente (Doc. XV, n. 307);
dell'Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) per l'esercizio 2018. Il predetto documento è deferito, ai sensi dell'articolo 131 del Regolamento, alla 5a e alla 7a Commissione permanente (Doc. XV, n. 308);
della Fondazione Centro Internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio (CISA) per l'esercizio 2018. Il predetto documento è deferito, ai sensi dell'articolo 131 del Regolamento, alla 5a e alla 7a Commissione permanente (Doc. XV, n. 309).
Regioni e province autonome, trasmissione di documenti
Il Difensore civico regionale della Basilicata, con lettera in data 16 giugno 2020, ha inviato, ai sensi dell'articolo 16, comma 2, della legge 15 maggio 1997, n. 127, la relazione sull'attività svolta nell'anno 2019.
Il predetto documento è deferito, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 1a Commissione permanente (Doc. CXXVIII, n. 18).
Il Difensore civico regionale del Lazio, con lettera in data 10 luglio 2020, ha inviato, ai sensi dell'articolo 16, comma 2, della legge 15 maggio 1997, n. 127, la relazione sull'attività svolta nell'anno 2019.
Il predetto documento è deferito, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 1a Commissione permanente (Doc. CXXVIII, n. 19).
Mozioni, apposizione di nuove firme
Il senatore Nencini ha aggiunto la propria firma alla mozione 1-00254 della senatrice Parente ed altri.
Il senatore Nannicini ha aggiunto la propria firma alla mozione 1-00254 (testo 2) della senatrice Parente ed altri.
I senatori Giannuzzi, Ortis, Di Micco e Vaccaro hanno aggiunto la propria firma alla mozione 1-00256 della senatrice Granato ed altri.
Interrogazioni, apposizione di nuove firme
I senatori Pirovano, Bergesio, Montani, Campari, Riccardi, Lunesu, Alessandrini, Pianasso, Briziarelli, Zuliani, Stefani e Pucciarelli hanno aggiunto la propria firma all'interrogazione 3-01787 del senatore Tosato e della senatrice Testor.
La senatrice Accoto ha aggiunto la propria firma all'interrogazione 4-03857 del senatore Puglia ed altri.
Mozioni, nuovo testo
La mozione 1-00093, del senatore De Bonis ed altri, pubblicata il 6 marzo 2019, deve intendersi riformulata come segue:
DE BONIS, DE PETRIS, BUCCARELLA, MARTELLI, LONARDO, NUGNES, TRENTACOSTE, PAPATHEU, LOREFICE, LA MURA, CIAMPOLILLO, DE FALCO - Il Senato,
premesso che:
il glifosato è un diserbante non selettivo, sintetizzato per la prima volta nei laboratori dell'azienda farmaceutica "Cilag AG" negli anni '50 del '900 e introdotto sul mercato a partire dal 1974 ad opera della "Monsanto", azienda multinazionale di biotecnologie agrarie, che ne ha scoperto l'azione come erbicida ad ampio spettro;
secondo quanto diffuso in data 12 novembre 2015 dall'Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), "un gruppo di esperti incaricato della revisione paritetica, formato da scienziati EFSA e rappresentanti di organismi di valutazione del rischio degli Stati membri dell'UE, ha stabilito una dosa acuta di riferimento (DAR) per il glifosato pari a 0,5 mg per kg di peso corporeo";
come riportato da "la Repubblica" in data 22 aprile 2016, l'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC), nel 2015, ha classificato il glifosato come un "probabile cancerogeno per l'uomo" e, come tale, lo ha inserito in un gruppo di 66 sostanze a rischio;
in data 16 dicembre 2015, il sito on line "euronews" evidenziava che: "secondo la classificazione dell'Unione Europea sono almeno 564 le sostanze sospettate di essere pericolose. Per 66 di esse è provato che possano agire come interferenti endocrini e su altre 52 ci sono gravi sospetti", tra cui il glifosato;
oltre il 97 per cento dei prodotti alimentari commercializzati nel nostro continente contiene residui di glifosato;
tracce di glifosato sono state trovate nelle urine di 48 europarlamentari con concentrazioni da 0,17 a 3,5 microgrammi per litro ed una media di 1,73 (fonte: "Agricolae");
altri studi in Germania avevano già dimostrato, su un campione di 2.009 persone, che il 99,6 per cento presentava residui di glifosato nelle urine; il 75 per cento di queste con una concentrazione almeno 5 volte superiore ai limiti consentiti per l'acqua; il 35 per cento di queste con una concentrazione addirittura superiore tra le 10 e 42 volte (fonte: "Il Salvagente");
la rivista tedesca "Oko-Test" ha trovato tracce di glifosato oltre che nel latte materno, nel miele e nella birra, in 14 campioni su 20 di farine di frumento, d'avena e pane (medesima fonte);
secondo quanto contenuto nell'atto di sindacato ispettivo 5-10154 del 20 dicembre 2016, presentato nel corso della XVII Legislatura alla Camera, "il 10 settembre 2016 l'Associazione nordamericana Moms Across America ha reso pubblici i risultati preliminari di una ricerca autofinanziata per l'identificazione di residui di glifosato, l'erbicida più utilizzato al mondo sia in agricoltura sia per gli usi civili, il cui principio attivo è un brevetto della Roundup della Monsanto, nei vaccini per uso umano". All'uopo, "lo screening effettuato dal laboratorio Microbe Inotech Laboratories Inc. di St. Louis, nel Missouri, utilizzando il metodo ELISA, ha dimostrato la presenza di glifosato" in una serie di vaccini;
il glifosato viene ampiamente usato in pre-raccolta negli Stati Uniti e in Canada nelle coltivazioni di grano duro, per favorirne la maturazione artificiale, con conseguente presenza di residui nel grano raccolto e nelle semole che ne derivano;
l'Italia importa grano duro dagli Stati Uniti e dal Canada per la miscelazione e produzione di semole per pasta, pane e altri prodotti da forno;
secondo i dati pubblicati da "Il Salvagente" nel volume "La vera storia del glifosato" del 2016, sono state trovate tracce di glifosato, anche se sotto le soglie previste dalla legge, negli spaghetti "Colavita" (0,019 milligrammi al chilo), negli spaghetti "Del Verde" (0,083), nelle penne ziti rigate "Divella" (0,033), negli spaghetti "Divella" (0,038), nella mafalda corta "Garofalo" (0,043), negli spaghetti "Italiamo Lidl" (0,070), nelle farfalle rigate "La Molisana" (0,160) e negli spaghetti "La Molisana" (0,056 milligrammi al chilo);
in data 26 febbraio 2017 sono stati pubblicati i dati relativi al test effettuato dall'associazione "GranoSalus" su alcuni marchi di pasta italiana: sono stati trovati residui di glifosato ed altri contaminanti, sebbene sotto le soglie previste dalla legge. Al proposito, sul sito veniva riportato che "la pasta Barilla e la pasta Voiello, che sono due paste dello stesso gruppo, presentano, rispettivamente, per ciò che riguarda la micotossina DON 161 ppb (parti per miliardo) e 180 ppb. Per ciò che riguarda il Glifosate - sempre con riferimento alla Barilla e alla Voiello - presentano, rispettivamente, 0,102 milligrammi per chilogrammo e 0,050 milligrammi per chilogrammo. Per ciò che riguarda il cadmio - ancora con riferimento alla Barilla e alla Voiello - presentano 0,032 milligrammi di cadmio per chilogrammo e 0,036 sempre di questo metallo pesante. Il piombo, per fortuna, non è presente. Questo significa che Barilla e Voiello utilizzano grani duri esteri, anche se Voiello dichiara di utilizzare solo grani italiani (varietà Aureo e Svevo)";
dai dati pubblicati in data 28 ottobre 2017, a seguito di un test effettuato al proposito dalla "GranoSalus", è emersa la presenza di glifosato (espressa in milligrammi per chilogrammo di prodotto) specificata nei quantitativi, con espresso riferimento alle marche di semola, di seguito riportati: "Progeo Tre Grazie": 0,184; "Eurospin Tre Mulini": 0,167; "De Cecco": 0,152; "Divella": 0,143; la "Molisana": 0,142; "Granoro": 0,123; "Casillo": 0,112; "Molino Martinucci": 0,104; "Semolificio Loiudice": 0,098; "Molino Mininni": 0,092; "Garofalo": 0,089; "Molino F.lli Dell'Acqua": 0,075; "Despar": 0,029;
sul punto, sempre in data 28 ottobre 2017, sul sito "granusalus" veniva evidenziata "una presenza diffusa dell'erbicida nelle semole prodotte dai molini pugliesi e non solo. Tra questi (...) il marchio Casillo, leader nel mercato delle semole di grano duro nonché principale importatore di grano estero, pur riportando sulla confezione la dicitura '100% grano italiano', presenta residui di glifosato";
nella petizione presentata dall'associazione "GranoSalus" sul tema, è precisato che "l'Unione Europea definisce i tenori massimi di glifosato nei prodotti alimentari (pasta, etc), in 10 mg/kg (ppm)";
con decreto della Direzione generale per l'igiene e la sicurezza degli alimenti e la nutrizione del Ministero della salute del 9 agosto 2016 veniva disposta la "revoca di autorizzazioni all'immissione in commercio e modifica delle condizioni d'impiego di prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva glifosate in attuazione del regolamento di esecuzione (UE) 2016/1313 della Commissione del 1°agosto 2016";
con successivo decreto della stessa Direzione generale del 16 agosto 2016 veniva disposta la "modifica dell'allegato al decreto 9 agosto 2016 recante la revoca di autorizzazioni all'immissione in commercio e modifica delle condizioni d'impiego di prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva glyphosate in attuazione del regolamento di esecuzione del 1 agosto 2016 (UE) 2016/1313 della Commissione";
con decreto della stessa Direzione generale del 6 settembre 2016 venivano stabilite "ulteriori revoche di autorizzazioni all'immissione in commercio e modifica delle condizioni d'impiego di prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva "glifosate" in attuazione del Regolamento di esecuzione (UE)2016/1313 della Commissione del 1° agosto 2016 e modifica dell'allegato 1 del decreto 16 agosto 2016". Nello specifico, ai sensi dell'articolo 1, veniva decretata la revoca dell'autorizzazione all'immissione in commercio ed impiego dei prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva glifosato ed il coformulante ammina di sego polietossilata (n. CAS 61791-26-2) riportati nell'allegato del decreto in parola. Inoltre, la commercializzazione e l'impiego delle scorte giacenti dei prodotti fitosanitari riportati nel citato allegato venivano consentiti, secondo le seguenti modalità: "a) fino al 22 novembre 2016 per la commercializzazione da parte del titolare delle autorizzazioni e la vendita da parte dei rivenditori e/o distributori autorizzati; b) fino al 22 febbraio 2017 per l'impiego da parte degli utilizzatori finali". La commercializzazione e l'impiego delle scorte giacenti dei prodotti fitosanitari riportati nell'allegato venivano consentiti, previa rietichettatura, in conformità all'articolo 1, comma 1, del decreto direttoriale 9 agosto 2016;
in definitiva nel mercato comunitario e italiano le disposizioni nazionali e comunitarie vigenti (regolamento (UE) n. 1313/2016 e decreto della Direzione generale italiana citato) prevedono che, dall'agosto 2016, il glifosato non possa essere somministrato in pre-raccolta nei campi di grano, introducendo di fatto un divieto al suo uso e, dunque, la disapplicazione dei limiti previsti dal regolamento (UE) n. 293/2013;
tale divieto, paradossalmente, non viene esteso alle navi di grano estero, che, pur presentando un livello di residui di glifosato nei limiti previsti dal regolamento (UE) n. 293/2013, come conferma il monitoraggio predisposto dal Ministero della salute nel grano a importazione extracomunitaria, continuano ad approdare indisturbate nei porti italiani, generando peraltro una restrizione della concorrenza al prodotto italiano non contaminato, dunque, più pregiato e ricercato;
in data 27 settembre 2018, sul sito "granosalus" veniva precisato che "il nuovo test Test GranoSalus (effettuato tramite primario laboratorio accreditato) conferma la presenza di glifosato nella pasta a marchio Divella, Barilla, De Cecco, Garofalo, Rummo, Riscossa (sia nella linea normale che in quella 100% Italia)";
da un sopralluogo effettuato dai firmatari del presente atto presso il porto di Bari, in data 14 settembre 2018 è emerso che presso il Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, è in fase di svolgimento un monitoraggio dal quale si evince la presenza di glifosato nel grano sia pur sotto i limiti di legge;
della notizia è stata informata la Procura di Bari con un esposto del 27 giugno 2017 ed un altro del 17 settembre 2018;
i controlli supplementari effettuati dall'Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressioni frodi dei prodotti alimentari su alcune navi ormeggiate al porto di Bari il cui Ufficio Italia Sud est dal 1° aprile al 10 ottobre ha prelevato dalle navi 10 campioni di cereali (di questi 3 sono stati già sottoposti ad analisi ed un campione di granoturco biologico, risultato irregolare per presenza di principi non consentiti in agricoltura biologica, mentre gli altri 7 campioni, prelevati nel mese di settembre ed ottobre, sono ancora in attesa di analisi) dimostrano che i laboratori non sono accreditati;
con regolamento (CE) n. 1107/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, relativo all'immissione sul mercato dei prodotti fitosanitari e che abroga le direttive del Consiglio 79/117/CEE e 91/414/CEE si sono poste le basi precauzionali all'uso delle sostanze attive per ogni Stato membro, chiamato a compiere un bilanciamento tra i benefici per la produzione e gli effetti nocivi sulla salute umana, sugli animali e sull'ambiente;
la necessità di un attento bilanciamento dei contrapposti interessi è stata ribadita nel regolamento di esecuzione (UE) n. 540/2011 della Commissione, del 25 maggio 2011, recante disposizioni di attuazione del regolamento (CE) n. 1107/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda l'elenco delle sostanze attive approvate (testo rilevante ai fini del SEE). Nello specifico, al n. 25 dell'allegato al regolamento veniva indicata la sostanza "glifosate" e veniva evidenziato che: "possono essere autorizzati solo gli usi come erbicida. Per l'applicazione dei principi uniformi di cui all'articolo 29, paragrafo 6, del regolamento (CE) n. 1107/2009, si deve tener conto delle conclusioni contenute nel rapporto di riesame sul glifosato, in particolare delle relative appendici I e II, nella versione definitiva elaborata dal comitato fitosanitario permanente il 29 giugno 2001. Nell'ambito di questa valutazione generale, gli Stati membri: - devono prestare particolare attenzione alla protezione delle acque sotterranee nelle regioni esposte a rischi, soprattutto in rapporto ad usi non colturali";
dopo l'approvazione del regolamento sono stati pubblicati importanti contributi scientifici che hanno reso evidente il carattere nocivo del glifosato, specie per i neonati e i bambini;
ad oggi, la letteratura scientifica maggioritaria propende nel ritenere tale sostanza attiva cancerogena o "probabilmente cancerogena" sia per la salute (come dimostrato dalla IARC) che per l'ambiente (come attestato dalla ECHA) e come comprovato dalla recente sentenza del Tribunale di San Francisco, che ha condannato la Monsanto a un risarcimento milionario ritenendo provato il nesso causale tra il tumore di un giardiniere e l'uso di diserbante contenente glifosato;
nonostante sia ormai acclarato che il glifosato sia una sostanza pericolosa, in quanto cancerogena e comunque nociva, la Commissione europea, con regolamento di esecuzione (UE) 2017/2324 della Commissione, del 12 dicembre 2017, ha ritenuto di rinnovare per ulteriori 5 anni l'autorizzazione all'immissione del glifosato nell'ambito territoriale UE;
tale ultimo regolamento è stato oggetto di ricorso proposto in data 28 febbraio 2018, presso il Tribunale dell'Unione europea, da parte dell'associazione italiana "GranoSalus", che svolge per Statuto attività di vigilanza, in ambito nazionale e comunitario, tesa a garantire la migliore qualità, anche sotto il profilo sanitario, dei prodotti cerealicoli a tutela di produttori e consumatori;
in particolare l'associazione ha contestato, da un canto, l'illegittimità del regolamento di esecuzione per violazione del principio di precauzione e per elusione delle disposizioni di procedura circa il rinnovo dell'approvazione della sostanza, che si è attestata su studi scientifici di dubbia provenienza non improntati ai principi di indipendenza, obiettività e trasparenza, e, dall'altro canto, la mancanza, a monte del regolamento stesso di approfondimenti istruttori circa l'incidenza dell'uso del glifosato sugli animali, sulle acque sotterranee e sui prodotti destinati al consumo umano, come il pane e l'acqua;
al contrario, a livello nazionale, nel 2017 il Ministero della salute, nel procedimento di approvazione del regolamento di esecuzione (UE) 2017/2324, lo ha recepito con il comunicato della Direzione generale per l'igiene e la sicurezza degli alimenti e la nutrizione del 19 dicembre 2017, e non ha introdotto ulteriori misure di natura "precauzionale" in merito alle prescrizioni di cui allegato I del regolamento di esecuzione;
dall'altra parte il rinnovo della sostanza attiva potrebbe comportare gravi ricadute in ordine al regime della concorrenza nel mercato UE, e dunque in Italia, e pare comunque in netto contrasto con gli indirizzi di cui al regolamento (UE) n. 1305/2013, modificato da ultimo dal regolamento (UE) 2017/2393, che, mediante i programmi di sviluppo rurale (PSR) e le relative erogazioni con fondi comunitari, è volto a indurre gli agricoltori della UE, e dunque italiani, ad adottare modalità produttive di eccellenza e di carattere biologico, che mal si conciliano con l'utilizzo di erbicidi;
ai sensi dell'articolo 191, paragrafo 2, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea "la politica dell'Unione in materia ambientale mira a un elevato livello di tutela, tenendo conto della diversità delle situazioni nelle varie regioni dell'Unione. Essa è fondata sui principi della precauzione e dell'azione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all'ambiente, nonché sul principio 'chi inquina paga'. In tale contesto, le misure di armonizzazione rispondenti ad esigenze di protezione dell'ambiente comportano, nei casi opportuni, una clausola di salvaguardia che autorizza gli Stati membri a prendere, per motivi ambientali di natura non economica, misure provvisorie soggette ad una procedura di controllo dell'Unione";
secondo la Commissione europea, il principio di precauzione può essere invocato quando "un fenomeno, un prodotto o un processo può avere effetti potenzialmente pericolosi, individuati tramite una valutazione scientifica e obiettiva, se questa valutazione non consente di determinare il rischio con sufficiente certezza. Il ricorso al principio si iscrive pertanto nel quadro generale dell'analisi del rischio (che comprende, oltre la valutazione del rischio, la gestione e la comunicazione del rischio) e più particolarmente nel quadro della gestione del rischio che corrisponde alla fase di presa di decisione". Tale principio andrebbe applicato anche nel caso del glifosato, in nome della tutela della salute pubblica, vietando definitivamente e in maniera permanente la produzione, la commercializzazione e l'uso di tutti i prodotti fitosanitari a base dell'erbicida;
nella comunicazione della Commissione europea del 2 febbraio 2000 sul principio di precauzione, con specifico riferimento all'onere della prova, è stabilito che: "le regole esistenti nella legislazione comunitaria e in quella di numerosi paesi terzi applicano il principio dell'autorizzazione preventiva (elenco positivo) prima dell'immissione sul mercato di alcuni tipi di prodotti, quali le medicine, gli antiparassitari o gli additivi alimentari. Ciò costituisce già un modo di applicare il principio di precauzione spostando la responsabilità della produzione delle prove scientifiche. È questo il caso in particolare delle sostanze ritenute a priori pericolose o che possono essere potenzialmente pericolose ad un certo livello d'assorbimento. In questo caso il legislatore, per precauzione, ha previsto l'inversione dell'onere della prova, stabilendo che tali sostanze siano considerate come pericolose finché non sia dimostrato il contrario. Spetta quindi alle imprese realizzare i lavori scientifici necessari per la valutazione del rischio. Finché il livello di rischio per la salute e per l'ambiente non può essere valutato con sufficiente certezza, il legislatore non può legittimamente autorizzare l'utilizzazione della sostanza, salvo in casi eccezionali per effettuare prove. In altri casi, nei quali non è prevista una simile procedura di autorizzazione preventiva, può spettare all'utilizzatore, persona privata, associazione di consumatori o di cittadini o al potere pubblico di dimostrare la natura di un pericolo e il livello di rischio di un prodotto o di un procedimento";
in ultimo, il giornale francese "News LifeGate", in un articolo del 22 gennaio 2019, scrive: «"Il tribunale amministrativo di Lione ha revocato l'autorizzazione concessa al Roundup Pro 360, a base di glifosato, evocando un "principio di precauzione". Il prodotto presenta "rischi ambientali suscettibili di nuocere in modo grave alla salute umana". È con questa motivazione che il tribunale amministrativo francese di Lione, il 15 gennaio, ha deciso di annullare l'autorizzazione alla commercializzazione del Roundup Pro 360, diserbante a base di glifosato prodotto dalla Monsanto (ormai di proprietà della Bayer). "Errore di valutazione: il glifosato è potenzialmente cancerogeno" I giudici - "fatto raro" - secondo la stampa transalpina - hanno ritenuto che l'Agenzia nazionale per la sicurezza alimentare, ambientale e del lavoro (Anses) abbia "commesso un errore di valutazione in materia di principio di precauzione". Ciò nel marzo del 2017, quando concesse il proprio via libera all'uso del prodotto. Il tribunale lionese ha, in questo senso, citato le conclusioni alle quali è giunto il Centro internazionale di ricerca sul cancro (Circ) dopo aver studiato la questione. Secondo le quali il glifosato dovrebbe "essere considerato come una sostanza dal potenziale cancerogeno per l'essere umano"»,
impegna il Governo:
1) a sospendere gli effetti del comunicato del Ministero della salute del 19 dicembre 2017 con cui si è recepito il rinnovo della sostanza attiva glifosato per 5 anni e ad assumere ogni idonea iniziativa in sede europea per promuovere la revisione delle decisioni assunte in merito all'utilizzo del glifosato con regolamento di esecuzione (UE) 2017/2324 della Commissione, del 12 dicembre 2017;
2) a prevedere che i grani esteri, provenienti da aree dove il clima impone l'impiego di glifosato, siano assoggettati al principio di precauzione comunitario previsto dal regolamento (UE) 2016/1313 (non già dal precedente regolamento (UE) n. 293/2013), così come recepito dal decreto del Ministero della salute 9 agosto 2016, ma mai applicato con apposite circolari dai dirigenti degli uffici periferici USMAF;
3) ad emanare una circolare che vieti la presenza di glifosato in tutte le stive di grano importato, anche se già sdoganato in altri porti europei, e a disporre, di conseguenza, l'intensificazione delle attività di controllo e monitoraggio su tutte le stive attraverso il prelievo di campioni da ciascuna stiva per affidarle a laboratori accreditati e rendendo noti gli esiti delle analisi, con specifico riferimento al traffico commerciale e alle connesse operazioni, in tutte le infrastrutture portuali italiane, in particolare nei porti della Puglia dove sbarcano la maggior parte delle navi contenenti grano duro proveniente dagli Stati Uniti e dal Canada, con lo scopo di garantire la sicurezza alimentare, ambientale e sanitaria;
4) a promuovere, anche mediante lo strumento della decretazione di urgenza, degli interventi normativi finalizzati a vietare l'utilizzo e la presenza della sostanza attiva glifosato negli alimenti, oltre che a scoraggiare l'acquisto e l'utilizzo di grani esteri, che vengono miscelati con il grano duro nazionale, di ottima qualità, falsando le quotazioni del mercato italiano, come ha dimostrato la sentenza del TAR Puglia n. 1200/2019 del 16 settembre 2019;
5) ad adottare tutte le necessarie misure di precauzione sul territorio nazionale volte a proteggere la sanità pubblica nonché la salubrità dell'ambiente, con specifico riferimento alla tutela delle acque, della flora e della fauna.
(1-00093) (Testo 2)
La mozione 1-00254, della senatrice Parente ed altri, pubblicata il 14 luglio 2020, deve intendersi riformulata come segue:
PARENTE, FARAONE, CARBONE, COMINCINI, CONZATTI, GARAVINI, MARINO, SBROLLINI, NENCINI, NANNICINI - Il Senato,
premesso che:
il lavoro dei giovani va messo in un orizzonte "di senso": se il lavoro è una parte preponderante della vita umana, un tratto identitario che ci definisce come persone, questa condizione antropologica è ancora più veritiera per i giovani che devono costruire il proprio futuro nella consapevolezza che il lavoro cambia la realtà, crea nuove idee, produce, trasforma la natura e le persone; il lavoro è relazione con gli altri, è servizio, ha un impatto sociale, cambia il mondo, lo cambia dal di dentro: se viene fatto bene, lo cambia in meglio;
il lavoro impronta le esistenze e, dunque, al centro delle politiche deve esserci il lavoro e non i sussidi e l'assistenzialismo, soprattutto per le giovani generazioni;
si è vissuto un periodo di emergenza sanitaria che, a causa delle restrizioni adottate per contrastare la diffusione del virus, si è presto trasformata in emergenza economica: tutti gli indicatori e le previsioni degli osservatori istituzionali dicono che, nonostante la ripresa graduale delle attività economiche, l'Italia e il mondo intero si stanno addentrando in un periodo di recessione economica grave e senza precedenti addirittura dalle guerre mondiali; la pandemia da COVID-19 fa presagire in Europa un aumento della disoccupazione e, secondo una nota dell'Organizzazione internazionale del lavoro, i giovani ne sono stati già colpiti in proporzione estremamente più marcata: dall'inizio della crisi uno su 6 ha smesso di lavorare; molti giovani, infatti, lavorano in settori particolarmente colpiti come quelli del turismo, della ristorazione, delle arti, dell'intrattenimento, del commercio all'ingrosso e al dettaglio, mentre altri stanno cercando di entrare nel mercato del lavoro proprio ora che tali settori non sono più in grado di assumere e in un momento in cui, in generale, le prospettive economiche negative impediscono nuove assunzioni; in particolare, una recente analisi ha inoltre rilevato che in Italia circa il 25,5 per cento degli occupati nelle attività definite come "non essenziali" durante il lockdown, su tutte il turismo e la ristorazione, ha un'età compresa tra i 20 e i 30 anni, e che più di 4 giovani su 10 erano impiegati (già prima della crisi) in uno dei settori individuati dallo stesso report come i più colpiti dall'impatto del COVID-19;
inoltre la diminuzione dell'occupazione giovanile potrebbe essere aggravata dalla crisi dell'istruzione universitaria; la riduzione delle risorse a disposizione delle famiglie appartenenti a contesti socioeconomici più fragili e povere, con l'impossibilità di sostenere i costi di un'immatricolazione a fronte di un inserimento nel mondo del lavoro; il numero di immatricolati nelle università italiane per l'anno accademico 2020-2021 potrebbe ridursi di circa 35.000 unità rispetto all'anno precedente, ovvero dell'11 per cento, con una perdita economica, per gli atenei italiani, pari a circa 46 milioni di euro, dovuta al minor gettito da tasse universitarie; conseguenza grave a medio-lungo termine è che si avrà un bacino di giovani lavoratori meno istruiti: il livello medio-alto d'istruzione è profondamente correlato, nel mercato del lavoro, alla produttività e al reddito;
i giovani avranno quella che già viene definita, quest'anno, come "summer of nothing", un'"estate del nulla", in cui non potranno più approfittare della pausa estiva per accumulare esperienze extra universitarie, senza avere la possibilità di migliorare i curricula per l'ingresso nel mercato del lavoro;
l'emergenza COVID-19 ha spazzato via il "tempo della semina" della generazione del lockdown e ha portato alla sospensione o alla completa cancellazione di tirocini, eventi e scambi internazionali;
particolarmente colpiti sono stati l'apprendimento basato sul lavoro e gli apprendistati, che sono incentrati sulla formazione pratica e direttamente collegati al luogo di lavoro; con la chiusura delle scuole e dei centri di formazione e l'apprendimento a distanza, l'istruzione e la formazione, che solitamente contribuiscono a correggere le distorsioni delle nostre società, hanno potuto fare ben poco per combattere la povertà giovanile e l'esclusione sociale;
considerato che:
l'Italia già prima della pandemia soffriva particolarmente per fenomeni quali un elevato tasso di disoccupazione giovanile, un alto numero di "neet" (cioè giovani "not (engaged) in education, employment or training", non impegnati nello studio, né nel lavoro né nella formazione) o di ragazze e ragazzi sottopagati al primo impiego e di "cervelli in fuga". In Italia sono 2.116.000 i "neet" collocati nella misura del 23,4 per cento tra i 15 e i 19 anni e il 47 per cento i giovani inattivi nella fascia compresa tra i 25 e i 29 anni; mentre i dati ISTAT dicono che nel 2018 sono partiti 117.000 italiani di cui 30.000 laureati, quelli partiti negli ultimi 5 anni (2013-2018) sono 200.000; tuttavia non si possono guardare i giovani come categoria debole ma è necessario mettere nelle loro mani il futuro con politiche adeguate;
per farlo, si devono anzitutto considerare le differenze tra i giovani per politiche mirate, distinguendo tra i giovanissimi che sono ancora a scuola, i giovani che devono scegliere percorsi universitari e postuniversitari, i giovani che si affacciano al lavoro per la prima volta, i giovani che non studiano e non lavorano (i neet), i giovani lavoratori e le giovani lavoratrici con l'esigenza di costruire i propri percorsi lavorativi in rapporto alla famiglia e alle scelte di genitorialità;
valutato che:
la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al comitato economico e sociale europeo e al comitato delle regioni recante "Sostegno all'occupazione giovanile: un ponte verso il lavoro per la prossima generazione", del 1° luglio 2020, afferma che è il momento che gli Stati membri e le istituzioni europee rivolgono la loro attenzione verso la prossima generazione; le azioni che si immaginano sono: rafforzare la garanzia per i giovani e quella relativa all'istruzione e formazione professionale per la competitività sostenibile, l'equità sociale e la resilienza insieme a un nuovo impulso agli apprendistati e che contribuiranno a creare occupazione giovanile. La comunicazione presenta inoltre ulteriori misure per il conseguimento di tale obiettivo; le proposte della Commissione per la Next Generation Eu e il futuro del bilancio UE consentiranno finanziamenti significativi a favore dell'occupazione giovanile; spetta ora agli Stati membri stabilire le priorità di investimento, dato che l'occupazione giovanile è principalmente di loro competenza;
da anni l'Organizzazione internazionale del lavoro si batte per il "decent work" per garantire che tutti gli uomini e le donne abbiano accesso ad un lavoro produttivo e dignitoso;
saranno necessarie politiche attive e mirate per raggiungere tutti coloro che ne hanno bisogno,
impegna il Governo:
1) a definire e approvare un grande piano industriale di investimenti in digitale e di transizione in economia verde, al quale sia connesso, quale parte essenziale e integrante, un piano per la formazione e la valorizzazione delle competenze dei giovani e l'occupazione giovanile;
2) a rafforzare l'azione di governo già in corso al fine di provvedere al riassetto dei vari istituti connessi alla formazione e riqualificazione professionale, con una disciplina di sistema per un vero "sistema duale formazione-lavoro", che abbia nelle principali esperienze europee comparabili significativi riferimenti culturali e legislativi;
3) ad istituire un piano per l'integrazione della "cultura digitale" quale insegnamento fondamentale presso tutti i cicli di istruzione superiore secondaria, per l'acquisizione, da parte dei giovanissimi, di una forma mentis e di una capacità di discernimento utili per un mondo nuovo;
4) ad adottare misure di sostegno per gli studenti universitari e le loro famiglie promuovendo il diritto allo studio e la riduzione delle tasse universitarie, a cominciare dall'immatricolazione;
5) ad incrementare e rafforzare gli istituti tecnici superiori e ad effettuare il contestuale coordinamento dei piani per la formazione con l'esperienza degli enti formativi che realizzano nei territori percorsi professionalizzanti brevi, "vocational master", che nascono dal continuo dialogo con le aziende e che consentono di rispondere in tempi rapidi all'esigenza di competenze delle aziende;
6) a rafforzare gli ammortizzatori sociali espansivi che possano tenere insieme accompagnamento alla pensione, ricambio generazionale e piani di formazione;
7) a valutare l'opportunità di rendere obbligatorio il servizio civile;
8) a predisporre uno specifico investimento sui giovani professionisti che scelgono di restare in Italia, con un accesso alle professioni che sia semplice e a predisporre le misure affinché tale lavoro sia congruamente retribuito, evitando forme di sfruttamento;
9) a rafforzare l'azione di governo già in atto al fine di continuare il confronto con le parti sociali per definire una normativa unitaria a partire dalla tutela del lavoro sulle piattaforme digitali;
10) a predisporre un grande progetto per l'imprenditorialità giovanile, compresa l'imprenditorialità sociale, concentrandosi, tra l'altro, su istruzione e formazione all'imprenditorialità, servizi di consulenza, mentoring o coaching per i giovani;
11) ad agevolare i percorsi parlamentari per una legge sulla parità salariale tra uomini e donne per valorizzare a pieno la preparazione e l'energia delle giovani donne;
12) ad introdurre nuove specifiche misure per il sostegno e l'incentivazione del lavoro dei giovani nell'ambito della ricerca accademica e applicata.
(1-00254) (Testo 2)
Mozioni
IANNONE, CIRIANI, BALBONI, CALANDRINI, DE BERTOLDI, FAZZOLARI, GARNERO SANTANCHE', LA PIETRA, LA RUSSA, MAFFONI, NASTRI, PETRENGA, RAUTI, RUSPANDINI, TOTARO, URSO, ZAFFINI - Il Senato,
premesso che:
le scuole paritarie e degli enti locali, come stabilito dalla legge 10 marzo 2000 n. 62, recante «Norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all'istruzione», rappresentano, insieme e accanto alle scuole statali, una fondamentale componente costitutiva del «sistema nazionale d'istruzione»;
il principio della «libertà di educazione» promanante dall'articolo 33 della Costituzione, che ha posto in capo a enti e privati il diritto di istituire, sul territorio nazionale, scuole e istituti di educazione, in combinato disposto con i principi di sussidiarietà orizzontale e pluralismo istituzionale, nonché al parametro della virtuosa collaborazione tra iniziativa statale e privata, ha infatti determinato la configurazione di un «sistema scolastico integrato» caratterizzato da un giusto contemperamento tra l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati e lo svolgimento di attività di interesse generale;
a tutti gli effetti degli ordinamenti vigenti, e con particolare riguardo all'abilitazione a rilasciare titoli di studio aventi valore legale, la legge qualifica e definisce le scuole paritarie come quelle istituzioni scolastiche non statali, comprese quelle degli enti locali, a partire dalla scuola dell'infanzia, cui è assicurata piena libertà per quanto concerne l'orientamento culturale e l'indirizzo pedagogico-didattico e che presentano, quali requisiti caratteristici, la corrispondenza agli ordinamenti generali dell'istruzione, la coerenza con la domanda formativa delle famiglie e la sussistenza di requisiti qualitativi e di efficacia, valutabile, quest'ultima, secondo parametri espressamente previsti dalla medesima legge che disciplina questo essenziale comparto complementare e sussidiario dell'erogazione di servizi di educazione e formazione nel nostro Paese;
secondo un recente report elaborato dall'Ufficio Gestione patrimonio informativo e statistica del Ministero dell'istruzione (Focus «Principali dati della scuola - Avvio anno scolastico 2019/2020»), nell'anno scolastico 2018/2019 le scuole paritarie erano 12.564 e gli studenti frequentanti 866.805;
in questo contesto, in particolare, la scuola dell'infanzia rappresenta il settore educativo in cui si concentra il maggior numero di studenti delle scuole paritarie: 524.031 bambini, distribuiti in 8.957 scuole, mentre 1.385 sono le scuole primarie, 622 le scuole di primo grado e 1.600 le scuole paritarie di secondo grado;
oltre alla funzione sociale che questo segmento del sistema nazionale d'istruzione rappresenta, in termini di articolazione, orientamento e possibilità di scelta, da parte di famiglie e cittadini, tra opzioni didattiche e formative, alternative e diversificate, sia pur nella loro armonia e compatibilità con i principi costituzionali e nel quadro della normativa nazionale, assumono particolare rilevanza, specie nel contesto attuale di grave crisi economica, i volumi di attività registrati sul piano occupazionale: il sistema delle scuole paritarie occupa infatti 90.000 docenti e 70.000 dipendenti tecnici amministrativi, assicurando l'allocazione attiva di un considerevole bacino di professionalità riconducibile al settore dell'educazione e formazione;
considerato che:
il settore scolastico è stato tra i primi ad essere pesantemente investiti dalla crisi determinata dall'emergenza epidemiologica da COVID-19: a decorrere dallo scorso 23 febbraio tutte le scuole e università di Lombardia, Piemonte, Veneto, Liguria ed Emilia-Romagna venivano chiuse;
dall'8 marzo in poi, con diversi decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, la sospensione delle attività didattiche veniva gradualmente e progressivamente estesa a vaste aree del territorio nazionale, partendo da ulteriori 14 province del nord Italia (Modena, Parma, Piacenza, Reggio Emilia, Rimini, Pesaro e Urbino, Alessandria, Asti, Novara, Verbano-Cusio-Ossola, Vercelli, Padova, Treviso e Venezia, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'8 marzo), sino a disporre, con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 9 marzo 2020, la sospensione delle attività didattiche a tutto il territorio nazionale;
l'impatto di tale sospensione per le scuole paritarie, ed in particolare per la tenuta del sistema e la continuità delle attività del comparto è stato dirompente: la riduzione di disponibilità finanziaria determinata dalla sospensione del versamento, da parte dei fruitori, delle rette scolastiche o delle compartecipazioni previste, in ragione dell'interruzione dei servizi venutasi a creare in seguito alle misure adottate, ha determinato l'emersione di fortissime difficoltà specie in termini di equilibrio nella gestione finanziaria che di impossibilità, in molti casi, a far fronte alle spese vive di gestione (quali i canoni di locazione delle strutture e i costi amministrativi comunque sostenuti, nonostante la sospensione delle attività didattiche);
la persistenza della grave situazione ha portato negli scorsi mesi numerose associazioni rappresentative di queste strutture scolastiche, oltre a gestori e analisti delle politiche scolastiche, a lanciare un preoccupato grido d'allarme, evidenziando le stime e le proiezioni sull'anno scolastico venturo dalle quali emergeva con chiarezza come il 30 per cento delle scuole paritarie, in assenza di interventi e chiari segnali di supporto, risultasse esposto al rischio concreto e attuale di chiusura;
tali istanze del mondo associativo e scolastico hanno faticosamente e comunque solo tardivamente trovato spazio nei diversi provvedimenti normativi adottati dal Governo nelle more della gestione dell'emergenza sanitaria e della conseguente crisi economica, specie nella prima fase, nella quale pur risultava evidente ed era già chiaramente delineato il perimetro e l'entità del rischio concreto per tali strutture;
specularmente, nell'ottica della massima e più leale collaborazione che sin dall'inizio dell'emergenza ha caratterizzato l'atteggiamento del Gruppo parlamentare «Fratelli d'Italia», rispetto all'interesse nazionale ad una gestione adeguata della crisi, erano già stati identificati e proposti, mediante numerose proposte emendative, sistematicamente bocciate, i possibili percorsi risolutivi e le vie percorribili per assicurare un sostegno adeguato anche a questo comparto fondamentale, per l'erogazione di servizi essenziali per i cittadini;
al riguardo, giova ricordare come del tutto carente in tal senso risultasse, ad esempio, il decreto-legge cosiddetto «Cura Italia» del 17 marzo 2020, n. 18, che nulla prevedeva rispetto a tali istanze, nonostante fosse già noto l'impatto dirompente della crisi per le scuole paritarie e nonostante sin da allora, sia formalmente nelle commissioni e nelle aule parlamentari, sia nel dibattito politico pubblico, il Gruppo «Fratelli d'Italia», ad ogni occasione utile, avesse avanzato proposte concrete e puntuali, quali l'istituzione di un fondo a sostengo delle scuole paritarie o la previsione di un credito d'imposta nella misura del 60 per cento dell'ammontare del canone di locazione per il periodo di sospensione dell'attività;
nonostante ciò la previsione di misure di sostengo economico all'istruzione paritaria è confluita negli atti di Governo solamente con il decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34;
l'articolo 233 del testo del decreto varato dal Governo prevedeva uno stanziamento pari a 150 milioni di euro, per le scuole primarie e secondarie paritarie, a titolo di sostegno economico in relazione alla riduzione o al mancato versamento delle rette da parte dei fruitori, determinato dalla sospensione dei servizi in presenza in seguito alle misure adottate per contrastare la diffusione del COVID-19;
solamente in sede di conversione del decreto-legge un emendamento, peraltro non condiviso da tutte le forze di maggioranza, ne ha previsto l'incremento ad euro 300 milioni, a riprova dell'assenza tra le varie forze di Governo di una visione comune su questo tema essenziale, presupposto imprescindibile per un indirizzo politico chiaro che sia in grado di mettere al riparo dagli effetti dirompenti della crisi un comparto cruciale sia per le famiglie che per tutti i lavoratori impiegati in questo settore;
nonostante lo stanziamento disposto dal «decreto rilancio» a maggio, poi raddoppiato in sede di conversione, ad oggi le scuole paritarie non hanno ancora ricevuto alcun tipo di sostegno economico e la persistenza di questa situazione sta determinando un progressivo e inesorabile incremento del numero di scuole che via via stanno chiudendo: secondo il sito web «noisiamoinvisibili» sono ben 71 le scuole paritarie che hanno chiuso a decorrere dalla fine di aprile sino ad oggi, coinvolgendo ben 3.192 studenti e con un aggravio di costi aggiuntivi a carico dello Stato, per il ricollocamento degli stessi e l'erogazione di corrispondenti volumi di servizi, pari ad euro 27.132.000;
il rischio della persistenza di questa grave situazione di carenza finanziaria, a risorse stanziate, ma nell'impossibilità di procedere alle erogazioni, è quello di arrivare troppo tardi, travolgendo in modo inesorabile organizzazione e funzionamento di realtà scolastiche ed educative che, in assenza delle risorse di spettanza, non saranno comunque pronte ad assicurare l'offerta didattica e formativa all'avvio dell'anno scolastico, costringendo famiglie e studenti a trasferimenti e riallocazioni verso altre strutture;
le modifiche strutturali necessarie a garantire l'erogazione di servizi scolastici ed educativi in sicurezza, alla luce delle nuove circostanze e del necessario adeguamento strutturale e di metodo che investiranno la didattica e il settore scolastico ed educativo in modo dirompente, restano inoltre allo stato attuale precluse o comunque di difficile accessibilità per le scuole paritarie: è importante dunque che anche su questo aspetto siano poste le condizioni per una equiparazione tra gli istituti di ogni ordine e grado, statali o parificati, in ordine alle possibilità di adeguamento strutturale in un contesto di sicurezza per tutti gli studenti senza distinzioni di sorta,
impegna il Governo:
1) ad adottare tutte le iniziative necessarie ad assicurare anche alle scuole paritarie una ordinata e sicura ripresa dell'anno scolastico, garantendo un andamento gestionale e amministrativo coerente con le dinamiche generali del sistema scolastico integrato nazionale;
2) ad assicurare, rispetto alle difficoltà di carattere finanziario ed economico connesse alla sospensione delle attività didattiche, la continuità amministrativa e didattica delle scuole paritarie, anche mediante adeguate verifiche periodiche sui fabbisogni finanziari in relazione all'andamento futuro dell'emergenza epidemiologica e della eventuale ipotesi di nuove sospensioni o contrazioni di attività;
3) a tutelare il bacino di professionisti occupati nel comparto delle scuole paritarie, mediante ogni iniziativa atta a preservare i volumi e i livelli qualitativi e quantitativi di attività educativa, didattica e amministrativa prestata all'interno degli istituti;
4) ad assicurare un'adeguata tempistica nell'erogazione delle risorse stanziate, garantendo a famiglie e studenti, in modo omogeneo sul territorio nazionale, uniformità e parità di accesso e consentire alle scuole paritarie, all'inizio dell'anno scolastico a settembre, di essere nelle condizioni di garantire una regolare ripresa delle attività didattiche e dei servizi educativi di competenza.
(1-00259)
CIRIANI, FAZZOLARI, MAFFONI, BALBONI, CALANDRINI, DE BERTOLDI, GARNERO SANTANCHE', IANNONE, LA PIETRA, LA RUSSA, NASTRI, PETRENGA, RAUTI, RUSPANDINI, TOTARO, URSO, ZAFFINI - Il Senato,
premesso che:
la Carta Costituzionale riconosce il lavoro come il primo principio fondamentale della Repubblica italiana;
attraverso la promozione del lavoro, diritto e dovere, si realizza la democrazia sostanziale, fondata su un'idea di eguaglianza e di libertà; nella visione dei padri costituenti, una persona senza lavoro non solo non può aspirare a una vita degna per sé, ma priva del suo contributo sociale, che arricchisce (materialmente e spiritualmente) gli altri cittadini;
la Repubblica non è neutrale rispetto alle dinamiche socio-economiche, ma riconosce e promuove i diritti di chi lavora ad un compenso adeguato, all'assistenza sociale e alla previdenza sociale;
considerato che:
la crisi causata dall'epidemia di COVID-19 ha creato un enorme buco nell'economia italiana, che secondo le previsioni si avvia verso un calo complessivo del 9,5 per cento nel 2020, il peggior risultato dalla fine della seconda guerra mondiale;
un primo effetto dell'epidemia si ripercuote sui numeri del lavoro che hanno cominciato a peggiorare a marzo in una spirale che non accenna a fermarsi;
tra i lavoratori tornati al lavoro poco meno dell'80 per cento del totale sono dipendenti, ma pochissimi i giovani sotto i 30 anni; quasi il 60 per cento di chi rientra ha, infatti, fra 40 e 60 anni (oltre 2 milioni e mezzo di persone), mentre gli under 30 sono 570.000;
questo riflette in parte il fatto che l'occupazione dei giovani in Italia era già molto bassa prima dello scoppio dell'epidemia, ove si consideri che a fine 2019 lavorava appena il 39 per cento dei 18-29enni, mentre nelle classi di età più centrali (45-54enni) il tasso di occupazione raggiungeva il 74 per cento;
i lavoratori più giovani non riescono a tornare a lavorare, perché occupati prevalentemente in settori particolarmente colpiti dalla crisi economica e in parte ancora coinvolti dal blocco, come quello del turismo (cruciale la situazione nel settore alberghi e ristorazione) e dell'intrattenimento;
le previsioni non possono che essere sconfortanti, ove si pensi a cosa succederà una volta che misure temporanee oggi in vigore (come il blocco dei licenziamenti) arriveranno a conclusione, verificando quali aziende saranno state in grado di riprendere la produzione senza ridurre gli organici per ora congelati;
si ritiene doveroso e necessario tutelare l'occupazione giovanile e al contempo incentivare le imprese a proseguire la propria attività produttiva mantenendo intatta la forza lavoro impiegata, premiando in particolare quelle più virtuose che decidono di non ricorrere agli ammortizzatori sociali e che mantengono per lo più intatta la forza lavoro impiegata,
impegna il Governo:
1) ad adottare misure volte a consentire la ripresa dell'attività produttiva delle imprese mantenendo intatta la forza lavoro, avendo particolare attenzione per quella giovanile, tra quelle maggiormente a rischio, prevedendo iniziative normative volte alla riduzione del carico fiscale sui datori di lavoro che abbiano scelto o scelgano di non ricorrere alla cassa integrazione guadagni o all'assegno ordinario nella misura dell'80 per cento del trattamento di integrazione salariale, che lo Stato avrebbe corrisposto complessivamente ai dipendenti dell'impresa beneficiaria, nel caso in cui quest'ultima avesse fatto ricorso generalizzato agli ammortizzatori sociali;
2) a prevedere proposte di sgravi contributivi a favore dei datori di lavoro privati che dal 1° gennaio 2020 e fino al 31 dicembre 2021, mantengono almeno l'80 per cento dei livelli occupazionali dei giovani lavoratori in forza alla data del 1° febbraio 2020, un incentivo, sotto forma di esonero dal 40 per cento del versamento dei contributi previdenziali a loro carico, con esclusione dei premi e contributi dovuti all'INAIL, per un periodo massimo di dodici mesi.
(1-00260)
CIRIANI, GARNERO SANTANCHE', BALBONI, CALANDRINI, DE BERTOLDI, FAZZOLARI, IANNONE, LA PIETRA, LA RUSSA, MAFFONI, NASTRI, PETRENGA, RAUTI, RUSPANDINI, TOTARO, URSO, ZAFFINI - Il Senato,
premesso che:
risulta di pubblica, consolidata e diffusa conoscenza la problematica degli elevati prezzi dei carburanti e dei servizi di ristorazione nelle aree di sosta autostradali;
nell'arco di quindici anni, ossia dalla privatizzazione della rete, i prezzi dei carburanti, da qualche centesimo al litro nel 2003 (divario compatibile con i maggiori costi di gestione di un servizio attivo 24 ore su 24), sono oggi superiori a quelli praticati sulla rete stradale ordinaria da un minimo di 11 ad un massimo di ben 33 centesimi al litro, a seconda delle modalità di servizio (self service o servito) e del confronto effettuato sul benchmark medio della rete stradale a marchio petrolifero ovvero degli operatori indipendenti (così dette "pompe bianche"), divario talmente significativo da non potersi in alcun modo ritenere motivato da fondate ragioni di mercato;
è noto che i concessionari delle tratte autostradali hanno imposto fino ad oggi agli operatori cui viene affidato il servizio di vendita di carbolubrificanti ovvero di servizi di food & beverage, royalties elevatissime (sia sui volumi erogati, per i carbolubrificanti, sia sui valori delle vendite, per gli altri servizi), che gravano enormemente, come è di tutta evidenza, sulla formazione dei prezzi finali di vendita ai consumatori, determinandone una significativa (e inaccettabile) lievitazione;
a tutto ciò si aggiunge l'aumento significativo dei pedaggi che sono passati (secondo dati di AISCAT, l'Associazione dei concessionari autostradali) da 4,7 miliardi di euro nel 2003 a 8,1 miliardi di euro nel 2017, con una lievitazione del 71,5 per cento (un pò meno severa, più 68,6 per cento, se si sterilizza l'effetto dell'aumento dell'IVA intervenuto dal 2011), ma in ogni caso superiore di più di tre volte all'inflazione cumulata nel quindicennio e di più di otto volte all'incremento delle percorrenze chilometriche sulle tratte viarie;
tale concomitanza di fattori, in aggiunta agli effetti di una lunga crisi economica che, nel comparto autostradale, ha dispiegato le conseguenze peggiori nell'anno 2012, ha, in un certo senso, determinato, e col tempo accelerato, una marcata disaffezione dei consumatori con effetti evidenti non tanto sui volumi del traffico, quanto sulle vendite di carburanti, beni e servizi offerti dalla rete autostradale (diminuite, rispettivamente, dal 2003 al 2017 in misura pari al 63 per cento e al 30 per cento);
la vicenda del crollo del ponte "Morandi", gestito in concessione dalla società Autostrade SpA, verificatosi il 14 agosto 2018 ha rappresentato, per molti versi, la punta dell'iceberg della condizione di estrema debolezza e vulnerabilità in cui versa l'intera rete autostradale, priva, ormai da anni, di adeguati interventi di manutenzione (sia ordinaria che straordinaria) oltre che di investimenti strutturali per l'ammodernamento e la messa in sicurezza;
peraltro, la desecretazione da parte del Governo degli atti delle concessioni autostradali in essere ha fatto emergere l'estrema debolezza contrattuale dello Stato e l'inadeguatezza delle clausole negoziali sottoscritte nella fase delle privatizzazioni della gestione di infrastrutture strategiche;
è così tornato all'attenzione della pubblica opinione, in modo assolutamente preponderante, il tema del ruolo dello Stato rispetto alle infrastrutture nazionali strategiche, nelle quali rientrano senza dubbio le reti autostradali, alla loro proprietà e ai modelli della loro gestione;
considerato che:
l'imposizione delle royalties da parte dei concessionari, nei termini indicati, costituisce di fatto una modificazione peggiorativa delle condizioni di esercizio e formazione dei prezzi nel comparto rispetto al mercato "generale" e a quello della rete stradale ordinaria, con inevitabili conseguenze negative in termini di competitività per le imprese che vi operano con rischi ed investimenti propri e non del concessionario;
tale deficit di competitività si è andato progressivamente enfatizzando a causa di politiche commerciali miranti comunque a realizzare margini non compatibili con le offerte del mercato dei carburanti esterno al comparto;
i consumatori che percorrono (quotidianamente, anche per lavoro) le tratte autostradali risultano fortemente penalizzati dalle dinamiche, per così dire, "speculative" dei pedaggi, e da quelle relative ai costi di beni e servizi consumabili nella rete distributiva, tanto che si può giustamente parlare del crollo delle vendite come di una vera e propria "fuga" dal mercato di comparto (che, di fatto, finora, si è comportato come una sorta di "monopolio" vero e proprio);
l'imposizione delle royalties nell'ambito del regime concessorio, così come strutturato, ha costituito, in sostanza, una discriminazione oggettiva e rilevante della potenzialità competitiva delle imprese e microimprese operanti nel mercato complessivamente integrato dell'offerta di beni, quali i carburanti, e di servizi, quali quelli di somministrazione, aventi componenti e caratteristiche di base omogenee sull'intero territorio nazionale, configurandosi, in buona sostanza, come una limitazione delle "condizioni di pari opportunità e del corretto ed uniforme funzionamento del mercato";
ciò ha comportato per il consumatore una ingiustificata restrizione del principio costituzionale volto ad "assicurare ai consumatori finali un livello minimo e uniforme di condizioni di accessibilità ai beni e servizi sul territorio nazionale";
alla luce delle considerevoli debolezze e inadeguatezze emerse, è diventato assolutamente necessario e urgente riformare l'intero sistema delle concessioni autostradali, ripensando totalmente anche il meccanismo dei controlli;
al riguardo, sarebbe opportuno sancire, anche formalmente, la preminenza dell'interesse pubblico generale nella corretta gestione delle reti e delle infrastrutture strategiche (e, dunque, anche di quelle autostradali), introducendo nell'ordinamento una sorta di «clausola di salvaguardia dell'interesse nazionale», cui conseguentemente adeguare le concessioni;
tale clausola, in sostanza, dovrà prevedere, per ogni concessione, un meccanismo ampliato e rafforzato di «golden power» al fine di un controllo preventivo delle decisioni societarie attraverso il quale lo Stato possa intervenire a tutela dell'interesse pubblico,
impegna il Governo:
1) ad adottare tempestivamente tutte le iniziative di competenza volte ad assicurare che, nel complessivo riassetto del sistema delle concessioni autostradali:
1.a) qualora sia confermata la previsione di un meccanismo di imposizione di royalties, lo stesso sia adeguato, equo e proporzionato, ovvero strutturato in modo da non consentire in alcun modo al concessionario di fissarle secondo parametri che determinano, di fatto, importi assolutamente elevati e sproporzionati, come è avvenuto fino ad oggi;
1.b) sia prevista una sostanziale riduzione dei pedaggi o, comunque, un meccanismo di determinazione degli stessi sul modello di quanto già avviene in molti Stati europei (ad esempio, forme di abbonamento periodico);
1.c) siano garantite condizioni di pari opportunità e di corretto ed uniforme funzionamento del mercato senza effetti distorsivi per le imprese che operano nei comparti interessati, né (conseguenti) penalizzazioni per gli utenti e i consumatori che percorrono quotidianamente le tratte autostradali;
1.d) sia introdotta nell'ordinamento la «clausola di salvaguardia dell'interesse nazionale» di cui in premessa, cui adeguare sostanzialmente tutte le concessioni relative alle reti e alle infrastrutture strategiche e, nello specifico, quelle autostradali.
(1-00261)
CATTANEO, UNTERBERGER, LANIECE, BRESSA, BONINO, ZANDA, PARRINI, BINETTI, COMINCINI, RIZZOTTI, NATURALE - Il Senato,
premesso che:
il glifosato è un analogo dell'aminoacido glicina con funzione di erbicida totale e sistemico, attualmente presente nella lista di quelli autorizzati all'uso nell'Unione europea;
il regolamento (CE) n. 1107/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, relativo all'immissione sul mercato dei prodotti fitosanitari, pone le basi precauzionali circa l'uso delle sostanze attive a uso fitosanitario;
la legislazione europea sui prodotti fitosanitari ("Plant Protection Products") prevede che l'EFSA (European Food Safety Authority, Autorità europea per la sicurezza alimentare), con il sostegno degli Stati membri, conduca una rigorosa valutazione preventiva e, successivamente, periodica su ciascun principio attivo al fine di escludere, nelle normali condizioni d'uso, il rischio di effetti avversi sull'uomo e sull'ambiente. Successivamente gli Stati membri provvedono alla registrazione dei formulati commerciali (prodotti fitosanitari) contenenti tale principio attivo, dopo aver fatto ulteriori e specifiche valutazioni;
la valutazione dell'EFSA prevede che un principio attivo possa essere autorizzato solo a seguito di studi che ne abbiano escluso, per la parte sanitaria, rischi connessi a tossicità acuta, tossicità a breve termine, a lungo termine e cancerogenesi, tossicità riproduttiva, tossicità dello sviluppo, genotossicità, neurotossicità ed immunotossicità;
l'EFSA stabilisce inoltre, con criteri molto prudenziali, anche la dose giornaliera accettabile ("Acceptable Daily Intake", ADI, in italiano "Dose giornaliera ammissibile", DGA) per tutta la vita, ossia il livello di esposizione a una determinata sostanza che un essere umano può tollerare senza effetti avversi sulla salute, e la dose acuta di riferimento (Acute Reference Dose, ARfD) per esposizioni nell'arco di una giornata, se il composto presenta significativa tossicità acuta;
tale ADI-DGA, o dose giornaliera ammissibile, è 100 o anche più volte inferiore alla dose più alta priva di effetti tossici negli studi sperimentali condotti su animali. Ad esempio, se la dose più alta di una sostanza che è senza effetto nell'animale da esperimento è di 1 mg/kg di peso corporeo, l'ADI per l'uomo sarà di 0,01 mg/kg, o talora più bassa;
l'EFSA stabilisce altresì per ciascun principio attivo il "Limite Massimo di Residuo" (in italiano LMR; o "Maximum Residue Limit", MRL) che corrisponde al livello massimo riscontrabile in una derrata alimentare, dopo che il prodotto è stato applicato secondo le buone pratiche agricole, ovvero con quantità, tempi e modalità d'uso corrette;
il principio attivo in esame viene autorizzato e, conseguentemente, i prodotti fitosanitari che lo contengono vengono registrati, solo se la stima dell'assunzione, attraverso gli alimenti, di esso o di suoi residui (definiti con il LMR), quando utilizzato secondo le buone pratiche agricole, è inferiore ai limiti stabiliti (ADI e ARfD);
gli eventuali effetti dannosi di una sostanza non sono legati alla sua semplice presenza, ma dipendono dalla dose (quantità), dal tempo, dalla frequenza di esposizione e da altri fattori;
esiste una notevole differenza tra "pericolo" e "rischio": il "pericolo" è la potenzialità astratta di un prodotto, di una sostanza o di un'azione di causare un effetto indesiderato o tossico, mentre il "rischio" è la misura o stima delle conseguenze indesiderate o tossiche che possono derivare da una determinata condotta o esposizione a una sostanza o a un prodotto;
gli organismi nazionali o sovranazionali preposti alla valutazione del rischio che hanno valutato il glifosato, tra cui l'EFSA citata, l'EChA (European Chemical Agency, preposta alla verifica della sicurezza dei prodotti chimici), il JMPR (Joint FAO/WHO meeting on pesticide residues, ossia l'organismo congiunto FAO/Organizzazione mondiale della sanità preposto all'analisi dei residui di pesticidi), l'EPA (Environmental Protection Agency, l'Agenzia statunitense per la protezione dell'ambiente) e molti altri hanno concluso le loro valutazioni indicando l'assenza di rischio cancerogeno derivante da residui di glifosato;
solo la IARC (International Agency for Research on Cancer, Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, affiliata all'OMS), nel 2015 ha classificato il glifosato tra le sostanze "probabilmente cancerogene" per l'uomo (gruppo 2A);
come da preambolo di ogni monografia IARC, ivi compresa quella sul glifosato, la classificazione effettuata da tale agenzia è basata solamente sul "pericolo" e non sul "rischio", e dunque manca la valutazione e la quantificazione della reale probabilità che alle normali dosi e condizioni d'uso ed esposizione il glifosato possa essere cancerogeno (cosa che tutti gli altri enti preposti alla valutazione hanno già escluso);
ai sensi delle valutazioni effettuate dalla IARC, nella stessa classe di cancerogenicità del glifosato sono presenti i fumi della frittura, l'etilbenzene (contenuto nel caffè), molte tinture per capelli, il lavoro notturno, le bevande calde (65 °C), la carne rossa;
sempre la IARC inserisce invece nella classe dei "sicuramente cancerogeni" (gruppo 1), oltre all'amianto, anche etanolo e carni lavorate, compresi quelli contenuti nei vini e nei salumi che costituiscono parte integrante del patrimonio gastronomico e culturale italiano;
in merito alla presenza di tracce di glifosato in diversi marchi di pasta, in accordo con quanto affermato da associazioni e media generalisti che hanno analizzato in proprio diversi campioni di pasta, queste spazierebbero da un minimo di 0,019 mg/kg a un massimo di 0,184 mg/kg. Tali dati sono cioè inferiori da 54 a 526 volte i limiti previsti dalla legge per il grano, pari a 10 mg/kg;
per ingerire con la pasta la dose di 0,5 mg/kg di peso corporeo, ovvero la dose massima da ritenersi sicura per la salute umana (DGA), si dovrebbe quindi consumare ogni giorno una quantità di pasta compresa da un minimo di 163 a un massimo di 1.579 chilogrammi (tra oltre un quintale e oltre una tonnellata). Un dato molto lontano dalla realtà, considerato che il consumo di pasta di un cittadino italiano medio, secondo recenti stime, ammonta a soli 23,5 chilogrammi all'anno, quindi meno di due chili al mese, quindi meno di un etto al giorno. Il che corrisponde a tracce di glifosato pari, nel caso peggiore, a circa 0,0003 mg/kg di peso corporeo, una quantità 1666 volte più bassa della massima dose sicura (DGA);
considerato che:
il brevetto dell'azienda Monsanto sul glifosato è scaduto nel 2001, per cui questa sostanza è liberamente prodotta in diversi Paesi del mondo;
una recentissima review scientifica condotta a livello europeo (Fogliatto et al., 2020 - "Advances in agronomy") evidenzia che non sono oggi disponibili prodotti diserbanti o tecniche alternative con efficacia e bassi costi paragonabili a quelli dei prodotti a base di glifosato. Inoltre molti dei prodotti utilizzabili in luogo del glifosato in generale presentano profili di tossicità o impatto ambientale peggiori;
il glifosato è ampiamente utilizzato per contenere la vegetazione spontanea non solo nell'ambito agricolo, ma anche in quello industriale e civile, allo scopo di garantire in modo efficace e a costi contenuti la funzionalità, l'efficienza e la sicurezza di raffinerie, linee ferroviarie, strade, autostrade, aree archeologiche, marciapiedi e simili;
il glifosato agisce nelle piante, bloccando un enzima specifico che non è presente nei mammiferi, per cui nell'uomo non esiste alcun bersaglio della tossicità di questo erbicida;
nell'ottobre 2017 (poco dopo l'uscita della valutazione IARC) è stato pubblicato da Andreotti et al. sul "Journal of the National Cancer Institute" il più grande studio epidemiologico su circa cinquantamila agricoltori statunitensi che avevano usato glifosato, in cui si dimostra che l'uso di tale sostanza non aumenta i casi di linfoma non-Hodgkin, e non aumenta neanche in maniera statisticamente significativa nessun tipo di neoplasia;
osservando i trend di vendita 1990-2016 di agrofarmaci a base di glifosato negli Stati Uniti e confrontandoli con quelli dei linfomi non-Hodgkin rilevati dal National Cancer Institute USA, non appare alcuna correlazione fra le due variabili: mentre l'uso di glifosato è aumentato di 15 volte (Benbrook, Environmental Sciences Europe, 2016), non si è infatti assistito ad alcun incremento di tali linfomi nella popolazione americana nel periodo considerato;
una recentissima pubblicazione scientifica (Crump et al., "Toxicological Sciences", 2020), che ha preso in considerazione 10 studi di cancerogenesi sperimentale con il glifosato, avverte che la conclusione di IARC sulla probabile cancerogenicità del glifosato sarebbe stata determinata da un "eccesso di test sui dati", ovvero: per la legge della probabilità, a causa dell'elevato numero di analisi effettuate da IARC, alcune correlazioni sono apparse statisticamente significative per caso, e quindi biologicamente irrilevanti. E IARC non ha corretto le sue analisi per questa nota distorsione statistica,
impegna il Governo:
1) a realizzare con i Ministeri della Salute, delle Politiche agricole e dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare, anche avvalendosi dei rispettivi organi tecnico-consultivi, una review complessiva delle evidenze scientifiche ad oggi disponibili rispetto all'erbicida glifosato, corredata da analisi di impatto comparative (circa costi, efficacia, rischi per la salute umana e per l'ambiente, carbon footprint) degli erbicidi e delle tecniche agrarie succedanee utilizzabili in caso di divieti e restrizioni all'uso di detto erbicida;
2) ad acquisire dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, interpellati alcuni tra i principali utilizzatori nazionali di glifosato, ovvero i gestori e i concessionari pubblici o privati delle reti viarie e ferroviarie nazionali, una relazione di sintesi circa la quantificazione dell'eventuale maggiore onerosità e il profilo di rischio tossicologico (maggiore, minore o uguale) di prodotti disponibili all'utilizzo per realizzare il diserbo manutentivo delle rispettive infrastrutture, qualora fosse vietato l'utilizzo del glifosato;
3) a subordinare ogni iniziativa normativa e regolamentare su eventuali restrizioni o ampliamenti dell'ambito permesso di utilizzo dell'erbicida glifosato all'acquisizione delle valutazioni sanitarie, ambientali ed economiche di cui ai precedenti capoversi;
4) a trasmettere al Parlamento, alle rispettive Commissioni parlamentari competenti per materia, la review, la relazione e ogni altro elemento informativo utile al fine di elaborare scelte politiche e legislative basate sulle migliori evidenze disponibili necessarie ad orientarsi nella disciplina di ambiti e materie ad elevata complessità tecnico-scientifica.
(1-00262)
MONTEVECCHI, GRANATO, DE PETRIS, LANIECE, SBROLLINI, ANGRISANI, CORRADO, DE LUCIA, RUSSO, VANIN, ACCOTO, BOTTICI, DONNO, LANZI, MAIORINO, MANTERO, MININNO, MORONESE, PACIFICO, TRENTACOSTE - Il Senato,
premesso che:
la Costituzione all'articolo 9 sancisce: "La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione", riconoscendo in tal modo la valenza sociale del nostro patrimonio culturale materiale, immateriale e paesaggistico, indicando come missione dello Stato il garantirne adeguata custodia e dunque fruizione da parte dei cittadini;
l'articolo 9 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, "Codice dei beni culturali e del paesaggio" sancisce che: "Sono beni culturali le cose immobili e mobili appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico";
a questa nozione di carattere generale si aggiungono tutti quei beni culturali di cui ai commi successivi del menzionato articolo 9 del decreto legislativo;
la cultura è un bene comune ed essenziale, così come il paesaggio, e la loro tutela si configura come un autentico diritto al benessere e alla conoscenza;
su tutto il territorio nazionale si adagia un tessuto di beni artistici, musei, monumenti, aree archeologiche, a testimonianza della storia e della memoria del nostro Paese;
i borghi d'Italia, sedi di un patrimonio altrettanto ricco e importante di quello dei grandi poli turistici, necessitano di essere meglio valorizzati, al fine di ricostruire o potenziare la rete economica e sociale anche in funzione di un rilancio di talune aree del Paese;
oltre a ciò, l'Italia vanta un grandissimo patrimonio di cultura immateriale, intendendosi con questa non solo monumenti e collezioni di oggetti, ma anche tutte le tradizioni vive trasmesse dai nostri antenati: espressioni orali, incluso il linguaggio, arti dello spettacolo, pratiche sociali, riti e feste, conoscenza e pratiche concernenti la natura e l'universo artigianato tradizionale;
siffatta ricchezza culturale e di civiltà comporta un impegno costante di salvaguardia e impone l'obbligo di coltivare conoscenza, consapevolezza e sensibilità nelle nuove generazioni e di assicurare che il patrimonio materiale, immateriale e paesaggistico siano tramandati alle generazioni future;
considerato che:
la qualità e la varietà del patrimonio culturale italiano esigono un adeguato e complesso sistema di esercizio della tutela e della valorizzazione, che richiede la piena assunzione di responsabilità da parte di tutti i soggetti coinvolti in base alle loro rispettive competenze, ma prima di tutto da parte dell'appartato centrale statale;
l'opera e la musica sinfonica fanno parte del vasto patrimonio artistico immateriale e svolgono l'importante ruolo di ambasciatori della cultura italiana nel mondo, concorrendo alla diffusione di un'immagine internazionale positiva del nostro Paese;
il patrimonio culturale immateriale è fondamentale nel mantenimento della diversità culturale di fronte alla globalizzazione e la sua comprensione aiuta il dialogo interculturale e incoraggia il rispetto reciproco dei diversi modi di vivere. La sua importanza non risiede nella manifestazione culturale in sé, bensì nella ricchezza di conoscenza e competenze che vengono trasmesse da una generazione all'altra;
il patrimonio culturale italiano necessita costantemente forme di intervento di tutela e valorizzazione, anche alla luce dell'impatto che hanno i cambiamenti climatici sugli stessi;
negli anni si è diffusa l'idea che il patrimonio culturale si potesse autofinanziare attraverso propri proventi o finanziamenti privati, assottigliando così l'intervento statale. Il risultato è stato il deterioramento nella conservazione del patrimonio e la tendenza alla mercificazione dei luoghi della cultura;
la crisi sociale ed economica legata all'emergenza sanitaria in corso ha sottolineato quanto sia importante l'investimento statale e degli enti locali in beni e servizi culturali;
al fine di migliorare il suddetto dato è necessario sviluppare un sistema di welfare del mondo della cultura, materiale e non, che tenga conto delle sue tipicità e che sia di qualità;
valutato che:
nell'ottica di un rilancio del Paese, occorre concentrare gli sforzi sulla manutenzione del patrimonio italiano, pensando ad investimenti lungimiranti tesi a rilanciare l'occupazione, anche tramite la valorizzazione delle professioni del comparto beni culturali;
occorre rendere concreta la valorizzazione e la fruizione del patrimonio culturale rendendolo accessibile a tutti in contrasto alla povertà culturale ed educativa, in cui rischia di sprofondare il Paese in una fase storica e socio-economica come quella attuale;
va inoltre data attenzione all'imprenditorialità, piccola e media, nel settore culturale che ha tanto da offrire alla crescita del Paese in termini di occupazione, apporto di competenze tecnico-scientifiche, e creazione di benessere sostenibile. Le piccole, micro e medie imprese del comparto culturale e il comparto del terzo settore necessitano sostegno per continuare a garantire la diffusione su tutto il territorio nazionale di contenuti culturali, al di fuori dei grandi poli turistici;
occorre rafforzare il sistema museale, incluso quello dei piccoli musei, valorizzando la ricerca e tutte le professioni ad essa legate in questo campo;
è necessario trovare un giusto equilibrio tra volontariato e professionismo nel mondo dei beni culturali, affinché siano raggiunti obiettivi di elevati standard di tutela e valorizzazione da un lato, incremento occupazionale dall'altro;
fatti di cronaca recenti impongono una riflessione sul sistema italiano delle fondazioni lirico sinfoniche con particolare riferimento alla necessità di garantire gestioni virtuose, trasparenti e libere da logiche che rischiano di alimentare un sistema clientelare a danno della qualità e dell'equilibrio economico delle stesse, alla tutela per i lavoratori e ad un rilancio del comparto con particolare riguardo al ruolo della danza,
impegna il Governo:
1) a definire i livelli essenziali delle prestazioni culturali assicurando il giusto equilibrio tra il diritto di accesso alla cultura e la tutela dei lavoratori, ai quali, proprio perché svolgono un servizio pubblico essenziale, devono essere garantite le tutele adeguate: giusta retribuzione, riconoscimento e giusto inquadramento professionale e contrattuale, sistema previdenziale e assistenziale che tenga conto delle tipicità;
2) a completare il piano per la fruizione del patrimonio culturale, anche al fine di renderlo fruibile a chi è in condizione di disabilità temporanea o permanente o con bisogni speciali;
3) ad adottare un piano di manutenzione ordinaria e straordinaria del patrimonio italiano;
4) ad adottare tempestivamente le misure previste nella legge di bilancio per il 2020 in materia di recupero di beni immobili statali di interesse storico e culturale in stato di abbandono e riqualificazione delle aree industriali dismesse;
5) ad intervenire in progetti virtuosi di recupero dei centri storici, anche al fine di ripristinare un tessuto sociale residenziale;
6) ad adottare iniziative volte ad incentivare la conoscenza del patrimonio artistico italiano, delle arti e del paesaggio in tutte le scuole;
7) a intraprendere un percorso di completamento e revisione della riforma del settore dello spettacolo dal vivo, incluse le fondazioni lirico sinfoniche, con particolare riguardo alla danza e ai corpi di ballo;
8) a richiedere ulteriori stanziamenti europei a fondo perduto per il comparto culturale, ed a valorizzare, anche in campo internazionale, progetti con altri Paesi per la valorizzazione e conoscenza del nostro patrimonio di cultura immateriale.
(1-00263)
VERDUCCI, RAMPI, IORI, MIRABELLI, LANIECE, FERRARI, COLLINA, CIRINNA', D'ARIENZO - Il Senato,
premesso che:
la Costituzione all'articolo 9 sancisce: "La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione", impegnando lo Stato e cittadini a riconoscere e a difendere la diffusa ricchezza artistica e ambientale italiana;
il decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, "Codice dei beni culturali e del paesaggio" definisce beni culturali le cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico e le altre individuate dalla legge quali testimonianze aventi valore di civiltà. In particolare, individua le categorie di beni culturali, tra le quali sono ricomprese, in particolare, misure di protezione, misure di conservazione, nonché misure relative alla circolazione dei beni nel cui ambito rientrano anche quelle concernenti i beni inalienabili;
la Convenzione quadro del Consiglio d'Europa sul valore del patrimonio culturale per la società, fatta a Faro il 27 ottobre 2005 (approvata, in un testo unificato, dal Senato e attualmente in corso di esame alla Camera per la ratifica da parte del Parlamento italiano), riconosce nei suoi obiettivi: che il diritto all'eredità culturale è inerente al diritto a partecipare alla vita culturale, così come definito nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo; la responsabilità individuale e collettiva nei confronti dell'eredità culturale; la conservazione dell'eredità culturale ed il suo uso sostenibile, che hanno come obiettivo lo sviluppo umano e la qualità della vita; l'impegno degli Stati membri a prendere le misure necessarie per applicarne le disposizioni riguardo: al ruolo dell'eredità culturale nella costruzione di una società pacifica e democratica, nei processi di sviluppo sostenibile e nella promozione della diversità culturale; a una maggiore sinergia di competenze fra tutti gli attori pubblici, istituzionali e privati coinvolti. Definisce inoltre l'eredità culturale quale «insieme di risorse ereditate dal passato che le popolazioni identificano, indipendentemente da chi ne detenga la proprietà, come riflesso ed espressione dei loro valori, credenze, conoscenze e tradizioni, in continua evoluzione. Essa comprende tutti gli aspetti dell'ambiente che sono il risultato del l'interazione nel corso del tempo fra le popolazioni e i luoghi»;
premesso, inoltre, che:
il decreto-legge 20 settembre 2015, n. 146 riconosce la tutela, la fruizione e la valorizzazione del patrimonio culturale come attività rientranti tra i livelli essenziali delle prestazioni, in attuazione dell'articolo 9 della Costituzione;
il decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83 ha introdotto il cosiddetto "Art-bonus", al fine di premiare l'investimento dei cittadini e delle imprese nella cultura: riconosciuto sia alle persone fisiche che a quelle giuridiche, consiste in un credito d'imposta inizialmente pari al 50 per cento (poi incrementato al 65 per cento) delle erogazioni liberali in denaro destinate a interventi di manutenzione, protezione e restauro di beni culturali pubblici; al sostegno degli istituti e dei luoghi della cultura di appartenenza pubblica, delle fondazioni lirico-sinfoniche e dei teatri di tradizione; alla realizzazione di nuove strutture, al restauro e al potenziamento di quelle esistenti di enti o istituzioni pubbliche che, senza scopo di lucro, svolgono esclusivamente attività nello spettacolo; esteso dal decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 anche ai complessi strumentali, alle società concertistiche e corali, ai circhi e agli spettacoli viaggianti; può essere previsto per ulteriori settori del mondo della cultura, dello spettacolo dal vivo, del cinema e audiovisivo;
il decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91, la legge 14 novembre 2016, n. 220 e la legge 22 novembre 2017, n. 175 hanno nel loro complesso introdotto: disposizioni per la tutela, il restauro e la valorizzazione del patrimonio culturale italiano, un programma per la digitalizzazione del patrimonio culturale italiano e per l'attuazione del programma "500 giovani per la cultura", la regolare apertura al pubblico degli istituti e dei luoghi di cultura, il Forum mondiale Unesco sulla cultura e sulle industrie culturali e la valorizzazione dei siti italiani inseriti nella Lista Unesco, il riconoscimento del valore storico e culturale del carnevale; disposizioni per il rilancio del cinema, delle attività musicali e dello spettacolo dal vivo, in particolare, misure per la promozione della musica di giovani artisti e compositori emergenti, nonché degli eventi di spettacolo dal vivo di portata minore, misure per il settore cinematografico e audiovisivo, la trasparenza, la semplificazione e l'efficacia del sistema di contribuzione pubblica allo spettacolo dal vivo e al cinema, il risanamento delle fondazioni lirico-sinfoniche e il rilancio del sistema nazionale musicale di eccellenza; disposizioni per assicurare risorse al sistema dei beni, delle attività culturali, in particolare, la diffusione di donazioni di modico valore in favore della cultura e il coinvolgimento dei privati;
la legge 8 marzo 2017, n. 44, con lo scopo di sostenere il patrimonio culturale immateriale, ha adeguato la normativa italiana alla Convenzione Unesco per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale, estendendo anche agli elementi del patrimonio culturale immateriale il valore simbolico e la priorità di intervento già riconosciuti ai siti italiani inseriti nella lista Unesco, il quale si manifesta attraverso cinque ambiti dell'attività umana: tradizioni ed espressioni orali, incluso il linguaggio, intesi come veicolo del patrimonio culturale intangibile; arti dello spettacolo; pratiche sociali, riti e feste; conoscenza e pratiche concernenti la natura e l'universo; artigianato tradizionale;
il Ministero per i beni culturali ha messo in atto, a partire dal 2014, molteplici piani di finanziamento finalizzati alla messa in sicurezza, tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e destinato fondi consistenti agli aspetti relativi alla sicurezza del patrimonio;
considerato che:
la tutela attiva non è riservata ai soli addetti, ma è fondata sulla condivisione, sul protagonismo dei cittadini, sul volontariato culturale, nel quadro di un'idea della cultura aperta alla società e non elitaria, in cui la tutela esiste non in funzione del bene, ma del beneficiario, che è la collettività contemporanea e futura; la convivenza di economia, cultura, qualità della vita devono condurre a una gestione virtuosa del volontariato, non un abuso, a scapito dei compiti e del riconoscimento delle figure professionali dei beni culturali;
risultano quanto mai stringenti le necessità di investire sul patrimonio culturale, sul paesaggio e sul turismo culturale come asset economico e di sviluppo del Paese;
la crisi innescata dal COVID-19 avrà ricadute differenti sui diversi soggetti ed è compito dello Stato contrastare la divaricazione delle opportunità tra grandi player e piccole imprese culturali, proteggendo e riconoscendo le imprese indipendenti e i lavoratori non garantiti, i lavoratori dello spettacolo dal vivo, in particolare i freelance intermittenti, che non hanno tutele sufficienti, in assenza del riconoscimento dello status delle professioni artistiche, di uno statuto del lavoro culturale e creativo in grado di disegnare un sistema di diritti e doveri al pari di altri lavoratori;
valutato che:
la valorizzazione e la fruizione del patrimonio culturale è un fondamento costituzionale e la fruizione deve essere resa accessibile a tutti, contrastando povertà culturale ed educativa, in particolare nella fase di crisi sociale ed economica dell'economia nazionale ed europea;
tale fase può essere adoperata per una riflessione partecipata e un intervento normativo che dia vita a uno Statuto del lavoro culturale e creativo, costruendo un sistema di welfare specifico ed equo per questo settore, disegnando un sistema di diritti, tutele, garanzie tali da consentire di svolgere queste professioni nel pieno delle possibilità;
i tagli consistenti sugli organici delle pubbliche amministrazioni non sono stati ancora recuperati e si registra la fuoriuscita di circa il 20 per cento del personale del Ministero a seguito dei pensionamenti per "Quota 100", causando ulteriori perdite di lavoratori almeno fino al 2021, che complessivamente determinano una carenza di organico di circa 5.000 unità,
impegna il Governo:
1) a varare nel triennio 2020-2022 un efficace piano di assunzioni per compensare la vacanza organica del Ministero per i beni culturali;
2) a porre in essere misure straordinarie di reclutamento di personale che consentano di assicurare in maniera continuativa e strutturale l'effettività della sicurezza, tutela e valorizzazione del patrimonio culturale;
3) a proseguire nell'attuazione dei piani di finanziamento volti alla messa in sicurezza, tutela e valorizzazione del patrimonio culturale in corso e a implementarne di nuovi;
4) ad avviare un processo di regolamentazione del volontariato nel settore dei beni culturali, garantendo il rispetto dei ruoli tra professionisti e volontari e la tutela degli organici lavorativi del settore, nonché della qualità dei servizi culturali offerti;
5) a porre in essere azioni volte a definire livelli essenziali delle prestazioni e misure per la tutela e il riconoscimento della specificità professionale dei lavoratori dello spettacolo, a partire dai titolari di contratti intermittenti;
6) a valorizzare le piccole e medie imprese della cultura, rafforzando le misure a sostegno delle produzioni indipendenti;
7) a prevedere un percorso per l'istituzione di distretti culturali, con il fine di valorizzare i territori da un punto di vista storico, culturale, paesaggistico e naturale e costituire un sistema definito di relazioni per la valorizzazione di tutte le risorse culturali, materiali o immateriali;
8) a promuovere iniziative per il recupero del patrimonio edilizio per scopi artistico-culturali, volte in particolare allo sviluppo delle attività culturali e artistiche e al recupero del patrimonio immobiliare presente nei territori comunali in disuso, alla riqualificazione e alla destinazione del patrimonio edilizio con finalità di riutilizzo per scopi artistico-culturali e di rivitalizzazione delle città, promuovendo l'attrattività, la fruibilità e la qualità ambientale ed architettonica;
9) a valorizzare le significative risorse europee stanziate in campo di arti performative e di valorizzazione culturale ai fini dello sviluppo civile, culturale ed economico del Paese incrociandole con il sostegno, il recupero, la fruizione del diffuso patrimonio culturale.
(1-00264)
CIOFFI, D'ARIENZO, DE PETRIS, PERILLI, MAIORINO, LEONE, CORRADO, DI GIROLAMO, SANTILLO, FEDE, LUPO, COLTORTI, RICCIARDI - Il Senato,
premesso che:
la rete autostradale a pedaggio, in concessione al Ministero delle infrastrutture, è attualmente gestita da 22 società con 25 rapporti concessori e si sviluppa per 5.886,6 chilometri. La rete autostradale non a pedaggio è gestita da ANAS SpA e si estende per 953,8 chilometri. A seguito del processo di privatizzazione avviatosi negli anni '90, la maggioranza delle società concessionarie è attualmente partecipata da operatori privati, riconducibili a gruppi societari;
la gran parte delle concessioni vigenti scadrà soltanto dopo l'anno 2030, a causa della lunga durata degli affidamenti esistenti e dell'ampio ricorso a rinnovi e proroghe in favore degli attuali concessionari;
Autostrade per l'Italia SpA (ASPI) da sola gestisce circa 3.000 chilometri di rete (2.857,5 chilometri). Il rapporto concessorio in esame origina dalla concessione di costruzione ed esercizio della rete autostradale affidata alla Società autostrade concessioni e costruzioni SpA sul finire degli anni Sessanta del secolo scorso, risalendo la prima convenzione al 18 settembre 1968. All'epoca, pubblica era la natura del soggetto concedente, l'ANAS, e sostanzialmente anche quella del soggetto concessionario, tenuto conto che la società Autostrade apparteneva al gruppo pubblico IRI;
l'originario impianto giuridico è mutato nel 1993, nell'ambito delle privatizzazioni avutesi in molteplici settori. Nel 1996 prese avvio il procedimento che avrebbe portato alla completa privatizzazione della società Autostrade. Nel mese di agosto del 1997 fu stipulata una nuova convenzione, sostitutiva di quella del 1968, con scadenza al 2038, determinata prorogando la scadenza già fissata al 2018 dalla legge n. 531 del 1982. L'assetto proprietario della società si perfezionò nel 2002;
successivamente, l'articolo 2, commi 82, 83, 85, 86 e 89, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, successivamente modificato dall'articolo 1, comma 1030, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (cosiddetta Legge finanziaria per il 2007), ha introdotto una nuova disciplina dei rapporti concessori, con prescrizioni contrattuali applicate con modalità distinte per ogni società. In particolare, l'articolo 2, comma 82, citato ha previsto la ridefinizione del rapporto concessorio attraverso la stipula tra ANAS e le singole concessionarie di una "convenzione unica";
la Convenzione unica tra ANAS e ASPI stipulata il 12 ottobre 2007 non superò il vaglio del Nucleo di consulenza per l'attuazione delle linee guida per la regolazione dei servizi di pubblica utilità (NARS), in quanto difforme rispetto ai principi e criteri generali di regolazione economica. Il parere negativo del NARS fu superato in sede di conversione del decreto-legge 8 aprile 2008, n. 59, che approvò ex lege tutti gli schemi di convenzione sottoscritti a quella data tra ANAS e le concessionarie, pur, come indicato nella relazione approvata dalla Corte dei conti, con deliberazione 18 dicembre 2019, n. 18/2019/G, sulle concessioni autostradali, «in assenza della conoscenza del loro numero e degli elementi utili a valutare i rischi e le condizioni gravanti sulla parte pubblica per la loro convalida»;
considerato che:
a seguito del tragico evento verificatosi il 14 agosto 2018 con il cedimento di una sezione del viadotto Polcevera sull'Autostrada A10 in concessione alla società Autostrade per l'Italia SpA, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha istituito, con decreto n. 386 del 2018, una Commissione ispettiva finalizzata all'individuazione delle cause. Contestualmente, la Direzione generale per la vigilanza sulle concessionarie autostradali del medesimo Ministero, con nota del 16 agosto 2018, ha formalmente avviato nei confronti della Concessionaria la contestazione di gravissimo inadempimento agli obblighi di manutenzione e custodia "in oggettiva considerazione del collasso dell'infrastruttura, delle vittime accertate e degli ingenti danni riportati ai beni anche di soggetti terzi";
la contestazione è stata inizialmente riscontrata dalla Concessionaria con nota del 31 agosto 2018, e poi del 5 ottobre 2018, nelle quali venivano respinte le imputazioni e si eccepiva la mancata osservanza delle procedure di contestazione previste convenzionalmente. Alle note del Ministero del 16 agosto 2018, 20 dicembre 2018 e 5 aprile 2019, ASPI ha dato riscontro, oltre che con le prime risposte del 31 agosto e del 5 ottobre citate, mediante il documento e gli allegati depositati il 3 maggio 2019;
il 14 settembre 2018, la Commissione ispettiva ministeriale ha ultimato le proprie attività, depositando la relazione tecnica integralmente pubblicata sul sito del Ministero;
rilevato che:
il crollo del ponte del 14 agosto 2018 ha mostrato chiaramente l'inadempimento della società concessionaria, tenuto conto che, a prescindere dalle ulteriori conseguenze generatesi, è venuto meno l'obbligo di custodia del bene assegnato in concessione, l'obbligo di restituzione e quello di manutenzione. La relazione tecnica riferisce, tra l'altro, che dal 2005 al 2018 sono stati spesi soltanto 440.000 euro per la manutenzione strutturale del ponte, mentre nella fase precedente alla privatizzazione erano stati spesi 1.300.000 euro all'anno;
anche in sede di audizione presso l'8ª Commissione permanente del Senato, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle concessioni autostradali, il Presidente dell'ANAC, professor Francesco Merloni, ha rilevato che, con riferimento al crollo del ponte "Morandi", la concessionaria ASPI ha effettuato solo il 27,11 per cento degli investimenti programmati nella tratta autostradale nella quale ricadeva il ponte, aggiungendo, in generale, come la società non abbia mostrato «puntualità e frequenza nel controllo dell'infrastruttura e nei relativi interventi manutentivi, né un atteggiamento collaborativo nei confronti di chi richiedeva informazioni, dati e trasparenza. L'Autorità ha dovuto agire con decisione per riuscire ad ottenere l'accesso agli Atti convenzionali»;
a tale ultimo riguardo, è opportuno ricordare come per un ventennio le convenzioni autostradali non sono state rese pubbliche a discapito dell'interesse generale alla conoscenza; ciò è accaduto nonostante la rilevanza economica della materia che avrebbe richiesto l'opportunità di un controllo diffuso. Solo negli ultimi anni si è provveduto alla loro integrale pubblicazione;
quanto accaduto con il crollo del ponte "Morandi" ha avuto riflessi sull'intera rete autostradale affidata in concessione, innanzitutto facendo venire meno la fiducia da parte del Concedente, tenuto conto che lo Stato, in qualità di concedente, rappresenta l'interesse generale di tutti nell'accordo con il concessionario privato, in particolare degli utenti della rete autostradale ad avere un efficiente gestione della rete autostradale;
nell'ambito di tale quadro di riferimento in termini di gravità dell'inadempimento appariva pienamente plausibile l'opzione della risoluzione della convenzione e l'estinzione anticipata del rapporto concessorio con ASPI;
valutato che:
in ragione degli elementi di complessità della questione anche sotto il profilo giuridico, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha successivamente istituito, con decreto n. 119 del 29 marzo 2019, un Gruppo di lavoro interistituzionale che, a conclusione delle proprie attività, ha predisposto un Parere reso al Ministro medesimo nel mese di giugno 2019;
alla luce delle argomentazioni giuridiche espresse nel Parere, pubblicato sul portale del Ministero, è stato avviato un approfondimento sull'ipotesi di soluzione alternativa espressamente contemplata, volto anche a prevenire eventuali contenziosi;
considerato infine che:
nel corso del Consiglio dei ministri n. 54 del 14 luglio 2020, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha svolto un'informativa sullo stato di definizione della procedura di grave inadempimento nei confronti di Autostrade per l'Italia SpA, nella quale sono state esposte le possibili alternative sulla definizione della vicenda. Nel corso della riunione, sono state trasmesse da parte di ASPI due nuove proposte transattive, riguardanti, rispettivamente, un nuovo assetto societario di ASPI e nuovi contenuti per la definizione transattiva della controversia;
sotto il profilo dell'assetto societario del concessionario, ASPI e la controllante Atlantia SpA si sono impegnate a garantire: l'immediato passaggio del controllo di ASPI a un soggetto a partecipazione statale quale (Cassa depositi e prestiti (CDP), attraverso la sottoscrizione di un aumento di capitale riservato da parte di CDP; l'acquisto di quote partecipative da parte di investitori istituzionali; la cessione diretta di azioni ASPI a investitori istituzionali di gradimento di CDP, con l'impegno da parte di Atlantia a non destinare in alcun modo tali risorse alla distribuzione di dividendi; la scissione proporzionale di Atlantia, con l'uscita di ASPI dal perimetro di Atlantia e la contestuale quotazione di ASPI in Borsa;
in alternativa, Atlantia ha offerto la disponibilità a cedere direttamente l'intera partecipazione in ASPI, pari all'88 per cento, a CDP e a investitori istituzionali di suo gradimento;
con riferimento alla transazione, i punti principali sono: la realizzazione di misure compensative ad esclusivo carico di ASPI per il complessivo importo di 3,4 miliardi di euro; la riscrittura delle clausole della convenzione al fine di adeguarle all'articolo 35 del decreto-legge "Milleproroghe" (decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162); il rafforzamento del sistema dei controlli a carico del concessionario; l'aumento delle sanzioni anche in caso di lievi violazioni da parte del concessionario; la rinuncia a tutti i giudizi promossi in relazione alle attività di ricostruzione del ponte "Morandi", al sistema tariffario, compresi i giudizi promossi avverso le delibere dell'Autorità di regolazione dei trasporti (ART) e i ricorsi per contestare la legittimità dell'art. 35 del decreto-legge "Milleproroghe"; l'accettazione della disciplina tariffaria introdotta dall'ART con una significativa moderazione della dinamica tariffaria;
il Consiglio dei ministri, anche al fine di ricondurre ad equilibrio il rapporto concessorio, ha ritenuto di avviare l'iter previsto dalla legge per la formale definizione della transazione;
deve essere dunque definito con esattezza il valore di ASPI ed a questo proposito dovrà essere presentato entro il 23 luglio 2020 il nuovo Piano economico finanziario da parte di ASPI al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
per il prossimo 27 luglio dovranno essere definiti i termini del memorandum of understanding che costituirà l'avvio ufficiale dell'operazione. L'accordo dovrà essere condiviso da CDP, Atlantia e Sintonia SpA, e dovrà tracciare il percorso dei prossimi mesi,
impegna il Governo:
1) a dare seguito a quanto deciso in sede di Consiglio dei ministri del 14 luglio 2020 in merito alla transazione di cui in premessa, chiarendo le tempistiche e la scansione temporale delle fasi di attuazione previste per la definizione della transazione con Autostrade per l'Italia, fermo restando la risoluzione unilaterale della convenzione con ASPI in caso di mancato completamento dell'accordo transattivo, nonché a tenere conto che le società coinvolte nell'accordo sono composte da una pluralità di azionisti;
2) a garantire una costante e stringente vigilanza sull'operato del predetto concessionario durante tutte le fasi di implementazione dell'accordo in relazione agli obblighi scaturenti dal rapporto concessorio e dalla transazione, in ragione della rilevanza degli interessi pubblici coinvolti;
3) a garantire, in particolare, la realizzazione da parte del concessionario degli interventi essenziali per la messa in sicurezza e l'adeguamento tecnologico della rete autostradale, tenuto conto della necessità di ristabilire pienamente la tutela dell'interesse generale alla sicurezza come obiettivo imprescindibile dell'azione pubblica e del rapporto concessorio, nonché il mantenimento degli attuali livelli occupazionali di ASPI anche dopo la conclusione positiva dell'accordo transattivo in esame;
4) a garantire una migliore attuazione dei programmi di manutenzione delle infrastrutture affidate in concessione e un più efficace monitoraggio degli interventi realizzati, nonché ad assicurare e salvaguardare la trasparenza nell'azione delle società concessionarie o, in generale, del gestore dell'infrastruttura, anche mediante obblighi di puntuale e periodica pubblicazione di tutti gli atti e i dati idonei a permettere un controllo sull'adempimento delle obbligazioni contrattuali.
(1-00265)
BORGONZONI, PITTONI, SAPONARA, ALESSANDRINI, BARBARO, MONTANI, CASOLATI, BAGNAI, BORGHESI, RUFA, CORTI, BRIZIARELLI, PEPE, AUGUSSORI, VESCOVI, PILLON, ZULIANI, VALLARDI, PERGREFFI, BRUZZONE, PUCCIARELLI, CAMPARI, SBRANA, NISINI, CANDIANI, BERGESIO, LUNESU, DE VECCHIS, IWOBI, FREGOLENT, TOSATO, PELLEGRINI Emanuele, CANTU', MARIN, RICCARDI, STEFANI, RIPAMONTI, PIANASSO, URRARO, SAVIANE, LUCIDI, PAZZAGLINI, ARRIGONI, RIVOLTA, BOSSI Simone - Il Senato,
premesso che:
l'Italia con il suo patrimonio storico-artistico è, secondo la Convenzione UNESCO, la nazione che, su un totale di 1.121 siti (869 siti culturali, 213 naturali e 39 misti) presenti in 167 Paesi del mondo, ha sul suo territorio 55 siti, insieme con la Cina, ossia il maggior numero di beni culturali inclusi nella lista del patrimonio dell'umanità;
la presenza sul territorio nazionale di monumenti architettonici, aree archeologiche, patrimonio librario archivistico e tutela del paesaggio richiede di assicurare la protezione attraverso politiche specifiche, servizi di protezione, conservazione, ricerca scientifica e valorizzazione del patrimonio culturale e naturale, formazione nel campo della protezione, conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale e naturale;
la tutela, valorizzazione e la fruibilità dei siti culturali, secondo i recenti processi di riforma del Ministero dei beni culturali e della conseguente adeguamento della legislazione nazionale, regionale, nell'ambito delle rispettive competenze, hanno prodotto vantaggi economici reali nei tempi precedenti l'epidemia COVID-19, un valore pari al 13 per cento di PIL nazionale nel 2019, grazie al miglioramento dell'offerta turistica che oggi versa in crisi per l'epidemia che sta interessando il mondo;
dal 2015 sono state avviate forme di cooperazione per la ricerca applicata di tecnologie avanzate satellitari, oltre a droni e sensori terrestri, nel settore della tutela dei beni culturali tra Ministero per i beni culturali, enti di ricerca e industria, quali il progetto Smart Pompei CNR - Leonardo SpA e il programma di monitoraggio per la manutenzione programmata del Parco archeologico del Colosseo nel 2018;
l'Istituto Centrale del Restauro, grazie ai programmi di ricerca sperimentale con tecnologie avanzate svolte nell'ultimo decennio sui siti culturali italiani, sta implementando i dati della Carta del Rischio, accrescendo così la conoscenza e la competenza del Ministero per i beni e le attività culturali e del turismo nella manutenzione programmata del patrimonio storico nazionale e conferendo al personale del Ministero, insieme alla "Unit for Heritage" del Comando Tutela Patrimonio Culturale dei Carabinieri, una expertise che viene richiesta da diversi Stati per la tutela dei rispettivi patrimoni in caso di calamità naturali e conflitti;
l'Unione europea ha comunicato agli Stati le conclusioni del lavoro della task force Beni Culturali (con un coordinamento affidato all'Italia e svolto dal Segretario generale del Ministero) contenute nel "Report on the user requirements in the Copernicus domain to supprt Cultural Heritage management, conservation and protection", che ha elaborato proposte per individuare l'utilizzo dei prodotti del sistema satellitare del progetto Cosmo Sky Med-Copernicus da parte di soggetti nazionali per la preservazione, il monitoraggio e la gestione del patrimonio culturale europeo, sui beni come identificati dalla Commissione europea nell'anno europeo della cultura 2018;
la Commissione europea ha informato gli Stati membri che le infrastrutture spaziali dell'UE sono strumenti utili anche per fronteggiare e monitorare la crisi pandemica COVID-19, con servizi sviluppati nell'ambito dei programmi "Copernicus" e "Galileo" che possono essere impiegati dalle Istituzioni europee, nazionali ed imprese private per sviluppare applicazioni funzionali al monitoraggio della crisi sanitaria in corso e soprattutto per organizzare il riavvio delle attività di fruizione dei luoghi della cultura, secondo modalità necessarie per evitare il diffondersi del contagio, secondo le linee guida e procedure definite dalle autorità competenti;
considerato che:
la Repubblica italiana, ai sensi dell'articolo 9 della Costituzione, ha il dovere, di promuovere "lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica" e tutelare "il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della nazione";
la valorizzazione dei beni culturali, nell'ambito delle specifiche competenze legislative attribuite dall'articolo 117 della Costituzione allo Stato e alle Regioni e secondo il Codice dei beni culturali non può prescindere dalla loro tutela, che viene esercitato non solo con la dichiarazione di interesse culturale e paesaggistico, ma soprattutto con azioni di conservazione, protezione e restauro;
la tutela penale dei beni culturali, principalmente dettata dalle norme contenute nel Codice dei beni culturali e del paesaggio e nel Codice penale, va migliorata, in modo organico ed omogeneo, per meglio proteggere il patrimonio italiano e quello internazionale da atti di vandalismo generalista o ideologico;
il Consiglio d'Europa ha adottato, nel 2017, una convenzione volta a prevenire e combattere il traffico illecito e la distruzione di beni culturali, nel quadro dell'azione dell'Organizzazione per la lotta contro il terrorismo e la criminalità organizzata (cosiddetta Convenzione di Nicosia, del 19 maggio 2017). L'Italia ha firmato la convenzione, insieme ad altri otto Stati membri del Consiglio d'Europa, ma il documento non è ancora entrato in vigore, in quanto è stato ratificato da un solo Stato (Cipro). La convenzione prevede che costituiscano reato diverse condotte contro i beni culturali, tra cui il furto, gli scavi illegali, l'importazione e l'esportazione illegali, nonché l'acquisizione e la commercializzazione dei beni così ottenuti. Riconosce, inoltre, come reato la falsificazione di documenti e la distruzione o il danneggiamento intenzionale dei beni culturali;
risulta necessario reprimere efficacemente i comportamenti volti a distruggere, deteriorare o imbrattare beni culturali o paesaggistici, così come altre condotte criminose, che hanno ad oggetto gli stessi beni, attraverso un sistema sanzionatorio che preveda sia pene detentive che pecuniarie di entità tale da avere efficacia dissuasiva;
appare altresì necessario ricondurre molte fattispecie di reato, disseminate attualmente nel Codice dei beni culturali, nell'alveo del Codice penale, dando così organicità al sistema sanzionatorio dei reati contro il patrimonio culturale e paesaggistico;
la politica di investimenti in attrattori culturali, quale volano per il turismo internazionale, attualmente messa in crisi dalla pandemia da COVID-19, va sostenuta con ulteriori risorse economiche per potenziare una delle più importanti risorse strategiche per il rilancio del nostro Paese;
lo sviluppo di tecnologie avanzate per la sicurezza e salvaguardia del patrimonio culturale italiano, in collaborazione con la ricerca applicata degli enti scientifici ed accademici e dell'industria, consentirebbe un vantaggio competitivo per il nostro Paese anche in campo internazionale,
impegna il Governo:
1) ad individuare ulteriori risorse per finanziare un piano straordinario di interventi finalizzati alla manutenzione programmata per la messa in sicurezza, la tutela, la conservazione e la valorizzazione del patrimonio culturale, storico, artistico e museale su tutto il territorio italiano e per favorirne una fruizione COVID-free;
2) a predisporre un Piano strategico nazionale di valorizzazione del patrimonio UNESCO italiano con un nuovo modello di governance e di sviluppo ecosostenibile, tale da coinvolgere industrie culturali e turistiche quali attori partecipi per la ripresa economica, avvalendosi di tutti gli strumenti e i supporti possibili, come ad esempio l'ICOMOS (organizzazione internazionale non governativa che ha principalmente lo scopo di promuovere la teoria, la metodologia e le tecnologie applicate alla conservazione, alla protezione e alla valorizzazione dei monumenti e dei siti di interesse culturale);
3) a ratificare, in tempi brevi, la Convenzione di Nicosia del 2017, volta a prevenire e combattere il traffico illecito e la distruzione di beni culturali;
4) ad adottare iniziative, anche di carattere normativo, finalizzate a garantire un'adeguata ed efficace difesa del patrimonio culturale e paesaggistico, attraverso una riforma organica della disciplina sanzionatoria in materia, ricondotta all'interno del Codice penale;
5) ad implementare la cooperazione scientifica per la sperimentazione di avanzate tecnologie aerospaziali e sensoristiche, nell'ambito delle politiche di "Space Economy", in collaborazione con Agenzia Spaziale Italiana, Agenzia Spaziale Europea, Enti di ricerca applicata delle Università e delle industrie di settore, per lo sviluppo di una piattaforma "AWARE" unica e modulare per l'intero territorio nazionale, anche con il coinvolgimento in processi formativi del personale del Ministero per i beni culturali, oltre a prevedere un reclutamento di nuove figure professionali specializzate, anche attraverso specifiche risorse economiche da assegnare al Ministero.
(1-00266)
PITTONI, SAPONARA, ALESSANDRINI, BARBARO, BORGONZONI, MONTANI, CASOLATI, BAGNAI, BORGHESI, RUFA, CORTI, BRIZIARELLI, PEPE, AUGUSSORI, VESCOVI, PILLON, ZULIANI, VALLARDI, PERGREFFI, BRUZZONE, PUCCIARELLI, CAMPARI, SBRANA, NISINI, CANDIANI, BERGESIO, LUNESU, DE VECCHIS, IWOBI, FREGOLENT, TOSATO, PELLEGRINI Emanuele, CANTU', MARIN, RICCARDI, STEFANI, RIPAMONTI, PIANASSO, URRARO, SAVIANE, LUCIDI, PAZZAGLINI, ARRIGONI, RIVOLTA, BOSSI Simone - Il Senato,
premesso che:
nei numerosi provvedimenti adottati dal Governo per fronteggiare e contenere l'emergenza epidemiologica da COVID-19, non erano state inserite particolari misure di sostegno per le scuole paritarie, di cui alla legge 10 marzo 2000, n. 62, recante "Norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all'istruzione", né per famiglie degli studenti che frequentano queste scuole;
la temuta chiusura degli istituti scolastici paritari avrebbe comportato, oltre alla perdita del diritto di scelta educativa e di posti di lavoro, un notevole aggravio per i conti pubblici per l'inevitabile passaggio degli studenti dagli istituti paritari a quelli statali, rendendo ancora più gravoso, inoltre, il problema del reperimento degli spazi necessari per applicare le misure di distanziamento sociale;
solo negli ultimi giorni la maggioranza trasversale che si è concretizzata nella V Commissione permanente (Bilancio, tesoro e programmazione) della Camera dei deputati sul decreto-legge "Rilancio", ha portato ad aumentare i fondi per aiutare le famiglie colpite economicamente dal COVID, che si vedono impossibilitate a proseguire nei pagamenti delle rette delle scuole paritarie. Si parla di 300 milioni (dai 65 iniziali) che permetteranno di aiutare 12.000 istituti, 900.000 famiglie, 180.000 dipendenti tra docenti e operatori. L'iniziativa è nata per l'impegno delle forze di opposizione e dei cittadini che si sono spesi in prima persona nel richiedere questo intervento finanziario da parte dello Stato, il connubio tra opposizione e società civile ha trainato parte della maggioranza ad approvare questa modifica al decreto "Rilancio" ed è stato così che, quasi tutti i partiti hanno sostenuto la libertà di scelta educativa delle famiglie, ribadendo, una volta per tutte, che la scuola paritaria è pubblica, al pari della scuola statale e fondamentali entrambe al sistema scolastico italiano che si conferma un sistema plurale;
rischiare di avere il 30 per cento delle scuole paritarie a rischio chiusura avrebbe significato lasciare scoperti 300.000 alunni, con conseguenze devastanti per lo Stato, con un costo aggiuntivo stimato di 2,4 miliardi di euro. Soprattutto in periodo di COVID, le 40.000 scuole statali non avrebbero potuto accogliere l'utenza delle 13.000 scuole paritarie. Non ripartire con la scuola significherebbe consegnare i ragazzi svantaggiati del sud Italia alla criminalità e non riattivare il comparto 0-6 anni, significherebbe costringere le donne a rinunciare al lavoro, specie nelle aree più svantaggiate del Paese;
è ampiamente dimostrato in tutta Europa che una sana concorrenza delle scuole, alza il livello di qualità di tutto il sistema dell'istruzione. Vanno perciò attivati i costi standard, in quanto un allievo costa 5.500 euro l'anno, ma lo Stato ne destina 8.500 alle scuole statali e 500 alle paritarie per ogni alunno. L'introduzione del costo standard per studente potrebbe generare risparmi per lo Stato di circa 2,5 miliardi di euro l'anno;
sono destinati esclusivamente alle scuole statali i 29 milioni di euro di risorse europee per istituire le smart- class alle superiori, ovvero la fornitura di dispositivi elettronici per l'e-learning. In questo modo sono stati esclusi 110.000 studenti delle paritarie di secondo grado, sebbene l'avviso pubblicato sul sito ministeriale reciti di voler "garantire pari opportunità e il diritto allo studio";
va segnalata inoltre la grave discriminazione che investe gli alunni disabili che, a fronte di un costo che lo Stato sostiene per loro pari a 20.000 euro nelle scuole pubbliche statali, per i disabili che frequentano la scuola paritaria lo Stato destina euro 1.700, lasciando l'onere a carico della famiglia o della scuola, con conseguenze ancora più pesanti per le famiglie meno agiate;
considerato che:
al fine di trovare una soluzione adeguata al bisogno di maggiori spazi dove ubicare le nuove classi che dovranno essere formate per rispondere alle esigenze di distanziamento, le scuole paritarie hanno dato disponibilità per l'utilizzo dei propri spazi in disuso per accogliere oltre un milione di alunni che non potranno rimanere negli istituti pubblici;
a causa della compressione eccessiva dei tempi di esame del decreto-legge "Rilancio" nel passaggio al Senato, non c'è stato modo di agire con ulteriori interventi a favore delle scuole paritarie,
impegna il Governo:
1) a proseguire con le azioni positive messe in campo a favore delle scuole paritarie, in linea con quanto segnalato dalle opposizioni, nello specifico:
1.a) a prevedere la detraibilità integrale del costo delle rette versate dalle famiglie alle scuole pubbliche paritarie nei mesi di sospensione della didattica, con tetto massimo di 5.500 euro (che è il costo standard di sostenibilità per allievo);
1.b) a valutare l'opportunità di attribuire alle famiglie una quota pari al costo standard di sostenibilità per allievo, con una media di 5.500 euro, consentendo così la libera scelta educativa delle famiglie;
1.c) a promuovere una concertazione tra Stato e Regioni, per trovare la piena copertura del docente di sostegno, sull'esempio di quanto fatto dalla Regione Lombardia che destina 3.000 euro per ogni allievo disabile che frequenta la scuola paritaria;
1.d) a siglare intese con le 12.564 scuole paritarie, visto che dispongono degli spazi necessari per accogliere in sicurezza quel 15 per cento di studenti che a causa del distanziamento non troveranno posto nelle 40.749 sedi scolastiche statali.
(1-00267)
NISINI, ROMEO, DE VECCHIS, PIZZOL, MONTANI, CASOLATI, BAGNAI, BORGHESI, RUFA, CORTI, BRIZIARELLI, PEPE, AUGUSSORI, VESCOVI, PILLON, ZULIANI, VALLARDI, PERGREFFI, BRUZZONE, PUCCIARELLI, SAPONARA, CAMPARI, SBRANA, CANDIANI, BERGESIO, LUNESU, IWOBI, FREGOLENT, TOSATO, PELLEGRINI Emanuele, CANTU', MARIN, RICCARDI, STEFANI, RIPAMONTI, PIANASSO, URRARO, SAVIANE, LUCIDI, PAZZAGLINI, ARRIGONI, RIVOLTA, ALESSANDRINI - Il Senato,
premesso che:
secondo recenti dati raccolti dall'Istat, tra il 2009 e il 2018 circa 320.000 giovani di età compresa tra i 20 e i 34 anni hanno lasciato il nostro Paese per difficoltà legate al tema dell'occupazione;
il nono Rapporto annuale sull'economia dell'immigrazione, curato dalla Fondazione "Leone Moressa", precisa che in dieci anni l'Italia ha perso quasi 500.000 italiani, di cui quasi 250.000 giovani nella fascia 15-34 anni, considerando il saldo tra arrivi e partenze;
alla luce delle caratteristiche lavorative dei giovani in Italia, secondo la Fondazione questa emigrazione giovanile è costata 16 miliardi di euro, oltre 1 punto percentuale di Pil, il valore aggiunto che i giovani emigrati potrebbero realizzare se fossero occupati nel nostro Paese;
l'Italia è altresì un Paese con tassi di denatalità preoccupanti e con un incremento dell'età media tra le maggiori del mondo;
secondo le stime Eurostat, da qui al 2050 l'Italia potrebbe perdere tra i 2 e i 10 milioni di abitanti, mentre gli anziani aumenterebbero di circa 6 milioni, arrivando a rappresentare oltre un terzo della popolazione, passando dall'attuale 22,4 per cento ad un valore compreso tra il 33,8 e il 37,9 per cento;
l'emigrazione è dovuta principalmente alle difficoltà occupazionali dei giovani, come denota il fatto che il nostro Paese ha il tasso di occupazione giovanile più basso a livello europeo (56,3 per cento, contro una media Ue del 76 per cento nella fascia 25-29 anni) e il più alto tasso di giovani che non studiano e non lavorano (29,7 per cento, contro la media Ue pari al 16,6 per cento);
quasi un quinto dei giovani che hanno lasciato l'Italia negli ultimi dieci anni viene paradossalmente dalla regione Lombardia (18,3 per cento), una delle più ricche del Paese;
seguono Sicilia, Veneto e Lazio, con oltre 20.000 emigrati ciascuno, sebbene il dato non consideri l'emigrazione interna e quindi sottorappresenti i dati delle regioni meridionali;
la diminuzione di giovani in età da lavoro ha effetti negativi sulla crescita economica, in quanto riduce, da un lato l'offerta di lavoro per quantità e qualità e dall'altro l'innovazione e l'imprenditorialità;
a tali considerazioni si aggiunga altresì il fatto che la carenza di giovani implica anche una scarsità di entrate sul fronte dei contributi previdenziali;
come ha avuto modo di rilevare la CGIA di Mestre, nello scorso mese di maggio sono state pagate più pensioni che stipendi;
a fronte di 22,77 milioni di occupati registrati a maggio 2020 ci sono 22,78 milioni di pensioni, erogate al primo gennaio 2019, ma considerando che i pensionati nell'ultimo anno sono aumentati di numero, il numero complessivo dei trattamenti previdenziali erogati è aumentato di almeno 220.000 unità; ne consegue che il numero di assegni pensionistici erogato oggi in Italia è superiore al numero di occupati presenti nel Paese;
in virtù del progressivo invecchiamento della popolazione, si pone dunque un serio problema di sostenibilità del sistema previdenziale, che richiede pertanto un intervento strutturato al fine di incrementare il numero di occupati, soprattutto nella fascia giovanile;
sinora, il Governo si è dimostrato scarsamente attento al tema dell'occupazione giovanile, come testimonia il fatto che le risorse impiegate sono destinate principalmente ad erogare misure di pura assistenza sociale, anche laddove sarebbe più opportuno investire in politiche attive del lavoro;
nel recente rapporto sulla finanza pubblica 2020, la Corte dei conti ha evidenziato che solo il 2 per cento dei percettori del reddito di cittadinanza è riuscito a trovare un lavoro attraverso i centri per l'impiego, nonostante siano state accolte circa 1 milione di domande, a fronte di quasi 2,4 milioni di richieste;
nonostante presso l'Agenzia nazionale politiche attive del lavoro operino 3.000 navigator, assunti con il compito di supportare i centri per l'impiego e favorire l'incontro tra domanda e offerta di lavoro, la Corte dei conti non ravvisa una maggiore vivacità complessiva dell'attività dei centri per l'impiego e una crescita del loro ruolo nell'ambito delle azioni che si mettono in campo per la ricerca del lavoro;
solo il 23,5 per cento della forza lavoro nel 2019 ha infatti cercato un'occupazione tramite i centri per l'impiego, una percentuale che si è addirittura ridotta rispetto al 24,2 per cento del 2017 e al 23,3 per cento del 2018;
sarebbero quindi solo 20.000 i posti di lavoro assegnati con una misura assistenziale che è costata al Governo nazionale quasi 4 miliardi di euro,
impegna il Governo ad adottare un piano di intervento strutturato ed organico volto alla definizione di serie politiche attive per il lavoro, con il fine di incrementare l'offerta di lavoro, in modo particolare per i giovani, aumentare il tasso di occupazione giovanile, le entrate dell'erario in termini di contributi previdenziali, tralasciando le misure puramente assistenziali e puntando verso la valorizzazione delle risorse umane prodotte dal nostro Paese.
(1-00268)
BERNINI, MALAN, CANGINI, ALDERISI, MOLES, GIRO, AIMI, GALLIANI, GALLONE, GIAMMANCO, MALLEGNI, MANGIALAVORI, RIZZOTTI, RONZULLI, PICHETTO FRATIN, VITALI - Il Senato,
premesso che:
l'Italia è il Paese che detiene il maggior numero di beni artistici e culturali del mondo, nonché il maggior numero di siti inseriti nella lista del "Patrimonio mondiale dell'umanità" dell'UNESCO;
dopo la Grecia, l'Italia è il Paese europeo che, in rapporto al PIL, utilizza minori risorse finanziarie per la valorizzazione della cultura;
investire nella tutela e nella promozione del patrimonio artistico, culturale e creativo nazionale non è solo un modo per valorizzare un settore industriale, naturale volano del turismo, ma è anche un modo per rafforzare il senso di appartenenza dei cittadini allo Stato e l'identità della Nazione intesa come comunità di storia e di destino;
il combinato disposto del "politicamente corretto" affermatosi dai primi anni '90 del secolo scorso e della retorica che da poco meno di un decennio è sostenuta da alcuni movimenti civili del mondo anglosassone sta portando alla cancellazione su base ideologica di ogni traccia del passato;
secondo l'UNESCO la rimozione del passato mette a repentaglio il patrimonio culturale, materiale ed immateriale dei popoli;
la riscrittura su base pacifista dell'Inno nazionale avvenuta in occasione dell'inaugurazione dell'Expo 2015, la manipolazione in chiave "anti-femminicidio" della "Carmen" di Bizet al "Maggio Fiorentino", le polemiche sull'"islamofobia" di Dante Alighieri, le periodiche richieste di rimozione di opere monumentali realizzate dal Regime Fascista, fino alla recente deturpazione della statua di Indro Montanelli a Milano, segnalano che il fenomeno si facendo largo anche in Italia. Un approccio che non può definirsi "culturale", ma manipolativo e mistificatorio dell'esistente;
l'applicazione al passato dei principi etici del presente, la cancellazione della Storia e la rimozione dei suoi simboli sono fenomeni tipici dei sistemi non democratici e fondamentalisti. Si sono visti in azione nelle dittature del '900, così come nell'Afghanistan dei Talebani. Nei sistemi compiutamente liberali e democratici, la storia, viene "dinsincantata" e "rivista", non viene cancellata, né edulcorata,
impegna il Governo:
1) a reperire, nell'arco del proprio mandato, le risorse necessarie ad allineare la spesa pubblica destinata alla "cultura" alla media europea in rapporto al PIL degli Stati membri;
2) a recepire nell'ordinamento nazionale i principi stabiliti dalla Convenzione dell'Aia per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato, con particolare attenzione all'articolo 639 del Codice penale in materia di deturpamento e imbrattamento di cose altrui;
3) a promuovere, con il sostegno della Commissione Nazionale UNESCO e dell'Ufficio Regionale UNESCO per la Scienza e la Cultura in Europa con sede a Venezia, la convocazione di un'assise sui beni culturali materiali ed immateriali denominata "Stati generali della Cultura e dell'Identità nazionale", come occasione di riflessione sul rapporto tra passato, presente e futuro.
(1-00269)
BERNINI, MALAN, AIMI, BARBONI, MALLEGNI, GALLIANI, GALLONE, GIAMMANCO, MANGIALAVORI, PICHETTO FRATIN, RIZZOTTI, RONZULLI, VITALI - Il Senato,
premesso che:
con il trattato multilaterale di Città del Capo, promosso dall'Istituto internazionale per l'unificazione del diritto privato (Unidroit), si intende creare un complesso di norme omogenee, di standard e di garanzie internazionali, relativamente a beni mobili strumentali quali aeromobili e motori, che abbiano validità sul territorio degli Stati aderenti;
il trattato si compone della convenzione relativa alle garanzie internazionali su beni mobili strumentali ("Convention on International Interests in Mobile Equipment") e di tre protocolli riguardanti il materiale aereonautico, il materiale rotabile ferroviario ed i beni spaziali;
la Convenzione, in particolare, è entrata in vigore il 1° aprile 2004 ed è stata firmata dal 28 Paesi. Il Protocollo sul materiale aeronautico, invece, è entrato in vigore il primo 1° marzo 2006; vi aderiscono, ad oggi, 46 Paesi;
considerato che:
la Convenzione e i relativi protocolli hanno dunque lo scopo di offrire un quadro normativo che semplifichi l'offerta di finanziamento di beni aeronautici mediante una garanzia internazionale che risulta essere particolarmente favorevole per i finanziatori i quali, grazie al meccanismo di iscrizione a un registro telematico internazionale, possono così godere di un diritto di prelazione assoluta sui propri beni mobili dati in locazione alle compagnie aeree: clausola che risulta particolarmente importante per esempio, in caso di insolvenza del debitore;
l'Italia ha firmato la Convenzione e il Protocollo sul materiale aeronautico il 6 dicembre 2001, ma, ad oggi, non ha ancora ratificato tali strumenti. L'immediata conseguenza è che, sul mercato italiano, i finanziamenti di aeromobili hanno costi più alti; finanziatori e debitori non possono pertanto accedere alla regolamentazione finanziaria relativa alle garanzie internazionali iscritte nel registro telematico internazionale;
rilevato che:
sono diverse e numerose le garanzie per finanziatori e debitori contenute nel Trattato. Tra queste, la disciplina di efficacia e opponibilità ai terzi della garanzia iscritta nel registro internazionale (art. 3, paragrafo 1) e l'applicabilità della convenzione stessa anche agli elicotteri e alle cellule di aeromobili facenti parte di un aeromobile immatricolato nel registro degli aeromobili di uno Stato contraente (Articolo IV, paragrafo 6);
il Protocollo inoltre disciplina, all'articolo XI, le modalità di restituzione del materiale aeronautico in caso di insolvenza del creditore specificando tuttavia che tali modalità si applichino nel caso in cui sia stata effettuata una dichiarazione formale in applicazione del paragrafo 3 dell'articolo XXX;
l'Unione europea, all'atto dell'adesione, non ha effettuato specifica dichiarazione, lasciando agli Stati membri la competenza della ratifica del Trattato;
la ratifica del menzionato Trattato diverrà importante ed imprescindibile quando esso sarà stato modificato e potenziato; occorre infatti notare che, da diversi anni, ormai le compagnie aeree non sono più obbligate a possedere aeromobili di proprietà. Pertanto, al giorno d'oggi, è possibile fondare una compagnia aerea anche con tutti gli aeromobili in leasing, in condizioni dunque molto semplificate e che richiedono una capacità finanziaria notevolmente ridotta;
tale situazione può costituire elemento di grande criticità poiché sono diverse le compagnie aeree nate e fallite in poco tempo;
la cessazione di attività da parte di una compagnia aerea ha spesso implicato la mancata retribuzione del personale, il mancato versamento dei contributi all'INPS ed al Fondo Volo, il mancato pagamento dei fornitori, senza contare che, spesso, sono venute meno le tutele per i passeggeri che non hanno potuto effettuare i voli che avevano pagato, generando grave danno per la collettività,
impegna il Governo:
1) a presentare alle Camere il disegno di legge di ratifica della convenzione di Città del Capo e del relativo Protocollo in materia di materiale aeronautico;
2) ad adottare, all'interno del medesimo disegno di legge, iniziative normative, volte ad innalzare le garanzie economiche necessarie a fondare una compagnia aerea in Italia e nella Comunità Europea, prevedendo, tra l'altro, che una nuova compagnia aerea disponga di buona solidità finanziaria, da dimostrarsi anche, solo a titolo di esempio, tramite la proprietà di aerei;
3) ad attivarsi, per quanto di competenza e anche attraverso accordi internazionali, al fine di stabilire controlli efficaci sulle compagnie aeree che operano in Italia;
4) ad attivarsi al fine di potenziare le funzioni dell'ENAC, affinché l'ente stesso possa svolgere realmente le verifiche sull'adeguatezza ed il rispetto degli standard stabiliti.
(1-00270)
BERNINI, MALAN, MALLEGNI, PICHETTO FRATIN, DE SIANO, BARACHINI, BARBONI, GALLIANI, GALLONE, GIAMMANCO, MANGIALAVORI, MOLES, RIZZOTTI, RONZULLI, VITALI - Il Senato,
premesso che:
nel Consiglio dei ministri svoltosi tra il 14 e il 15 luglio 2020, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha svolto un'informativa sullo stato di definizione della procedura di grave inadempimento nei confronti di Autostrade per l'Italia SpA (ASPI), nella quale sono state esposte le possibili alternative sulla definizione della vicenda;
il Governo, superata l'idea della revoca della concessione, ha accolto l'offerta di un pacchetto di risarcimento di 3,4 miliardi per il crollo del ponte "Morandi" e la possibilità per Cassa depositi e prestiti (CDP) di diventare azionista di riferimento attraverso un aumento di capitale compreso tra 3 e 4 miliardi di euro; l'accordo prevede, inoltre, la riscrittura della concessione;
l'esito che si ipotizza per la soluzione della gestione Autostrade, e cioè l'ingresso di CDP nel capitale sociale di ASPI - con una quota di maggioranza, eventualmente con la partecipazione di altri investitori "di gradimento di CDP", è, a parere dei proponenti, una scelta profondamente sbagliata, antistorica e antieconomica che determinerebbe di fatto una vera e propria nazionalizzazione della società e una riduzione degli spazi di concorrenza in un settore importante del nostro Paese;
le dichiarazioni, spesso a mercati aperti, di esponenti del Governo e dei partiti che lo sostengono, causando direttamente ampie oscillazioni del titolo Atlantia, in particolare il rialzo del 25 per cento il 15 luglio, configurano un rischio di turbativa di mercato, sono state estremamente inopportune e hanno fatto scendere la credibilità dell'Italia nel mondo finanziario;
lo stesso commissario della Consob, Carmine Di Noia, nel corso di un'audizione svoltasi nella Commissione Politiche Ue alla Camera, ha comunicato che la Consob "è attenta e monitora con particolare attenzione i picchi" del titolo di Atlantia in Borsa;
le ingenti risorse dello Stato (e quindi dei contribuenti) necessarie a realizzare gli interventi annunciati dal Governo per la gestione di Autostrade, potrebbero essere meglio indirizzate a supporto degli investimenti innovativi da parte di aziende piccole, medie e grandi, e alla risoluzione di molte crisi aziendali aperte presso il Ministero dello sviluppo economico, che attendono risposte concrete da parte del Governo, soprattutto a seguito dell'emergenza epidemiologica;
è necessario che i 3.020 chilometri di autostrade in concessione ad ASPI, il 44 per cento di tutte le autostrade d'Italia, oltre la metà di quelle in concessione, siano affidati a soggetti con reali e comprovate capacità gestionali e affidabili nella loro corretta manutenzione e innovazione, per evitare, da un lato, che quella che è stata fino al 2017 una delle più redditizie società italiane, diventi un peso per il Paese, tenendo presente che ha registrato una perdita d'esercizio di 618 milioni nel 2018 e di 291 nel 2019, mentre il 2020 si annuncia ulteriormente problematico per il grande calo di traffico dovuto alla pandemia COVID-19, e dall'altro superare il modello operativo basato sulla massimizzazione dei profitti a scapito della manutenzione e della sicurezza,
impegna il Governo:
1) a fare chiarezza definitiva in tempi brevi sulla concessione di ASPI;
2) a garantire il risarcimento dei danni relativi al crollo del ponte "Morandi", senza che ciò finisca per ricadere sulle finanze pubbliche;
3) a non impegnare nel capitale di ASPI o Atlantia risorse pubbliche che andrebbero piuttosto volte al sostegno di investimenti produttivi delle aziende italiane e al sostegno di quelle in crisi;
4) ove ci siano i presupposti per un cambio nella maggioranza del capitale di ASPI, ad avviare una procedura trasparente e competitiva per trovare un soggetto che garantisca i migliori parametri in termini di capacità gestionale, sicurezza e manutenzione, contenimento o riduzione dei pedaggi, livelli occupazionali;
5) a fornire chiarimenti riguardo ai movimenti in acquisto e in vendita del titolo Atlantia nelle ultime settimane e in particolare nella giornata del 15 luglio 2020 e le eventuali correlazioni con le dichiarazioni di esponenti politici in relazione ad ASPI.
(1-00271)
BERNINI, MALAN, BATTISTONI, GALLIANI, GALLONE, GIAMMANCO, LONARDO, MALLEGNI, MANGIALAVORI, MOLES, RIZZOTTI, RONZULLI, PICHETTO FRATIN, VITALI - Il Senato,
premesso che:
l'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) ha classificato il glifosato tra gli 81 agenti «2», cioè quelli con sufficiente evidenza di cancro negli animali e limitata evidenza nell'uomo; a questa dichiarazione sono seguite negli Usa le cause collettive contro la Monsanto e i limiti di autorizzazione in Europa; sono decine di migliaia le procedure in corso negli Stati Uniti per i prodotti a base di glifosato di Monsanto, già condannata diverse volte nei tribunali americani a maxi-risarcimenti e, di recente, la Bayern ha patteggiato oltre 10 miliardi di dollari per circa 95.000 azioni legali;
oltre il 97 per cento dei prodotti alimentari commercializzati nel continente europeo contiene residui di glifosato;
a in seguito all'analisi dell'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro riguardo al potenziale cancerogeno del glifosate, la Commissione europea ha incaricato l'Autorità di riesaminare le informazioni di supporto e di inserire tale analisi nelle sue conclusioni; l'EFSA ha successivamente comunicato alla Commissione europea le sue conclusioni confermando che la sostanza attiva "glifosato" soddisfa le norme di cui all'articolo 4 del regolamento (CE) n. 1107/2009 sui criteri di approvazione delle sostanze attive in relazione all'immissione sul mercato dei prodotti fitosanitari;
lo Stato italiano, con il decreto ministeriale 9 agosto 2016 del Ministero della salute, ha adottato misure restrittive precauzionali per gli usi della sostanza diserbante glifosato; in particolare, attraverso tale decreto è stato revocato l'impiego in pre raccolta sul grano, al solo scopo di ottimizzare il raccolto o la trebbiatura, mentre era ancora consentito un diserbo pre semina del terreno; il successivo decreto del 16 agosto 2016 disponeva la "modifica dell'allegato al decreto 9 agosto 2016 recante la revoca di autorizzazioni all'immissione in commercio e modifica delle condizioni d'impiego di prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva glyphosate in attuazione del regolamento di esecuzione del 1 agosto 2016 (UE) 2016/1313 della Commissione"; con decreto del 6 settembre 2016 venivano stabilite "ulteriori revoche di autorizzazioni all'immissione in commercio e modifica delle condizioni d'impiego di prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva "glifosate" in attuazione del Regolamento di esecuzione (UE)2016/1313 della Commissione del 1° agosto 2016 e modifica dell'allegato 1 del decreto 16 agosto 2016"; nello specifico, ai sensi dell'articolo 1, veniva decretata la revoca dell'autorizzazione all'immissione in commercio ed impiego dei prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva glifosato ed il coformulante ammina di sego polietossilata (n. CAS 61791-26-2) riportati nell'allegato del decreto citato; inoltre, la commercializzazione e l'impiego delle scorte giacenti dei prodotti fitosanitari riportati nel citato allegato venivano consentiti, secondo le seguenti modalità: "a) fino al 22 novembre 2016 per la commercializzazione da parte del titolare delle autorizzazioni e la vendita da parte dei rivenditori e/o distributori autorizzati; b) fino al 22 febbraio 2017 per l'impiego da parte degli utilizzatori finali"; la commercializzazione e l'impiego delle scorte giacenti dei prodotti fitosanitari riportati nell'allegato venivano consentiti, previa rietichettatura, in conformità all'articolo 1, comma 1, del decreto direttoriale 9 agosto 2016;
la Commissione europea, con regolamento (UE) n. 2324/2017, ha rinnovato l'approvazione del Glifosate fino al 15 dicembre 2022, con talune restrizioni per l'utilizzo dei prodotti fitosanitari a base di tale prodotto;
con il Comunicato del 19 dicembre 2017, la Direzione generale per l'igiene e la sicurezza degli alimenti e della nutrizione del Ministero della salute ha confermato il rinnovo dell'approvazione del Glifosate fino al 15 dicembre 2022, alle condizioni riportate nell'allegato I e II del regolamento (UE) n. 2324/2017;
l'emergenza COVID ha spinto i consumatori italiani a comprare più prodotti italiani per sostenere l'occupazione e l'economia nazionale; in particolare è notevolmente incrementato il consumo della pasta italiana che utilizza solo grano nazionale e dei legumi, nonostante la concorrenza sleale delle importazioni dall'estero di prodotti che non rispettano le stesse regole di sicurezza alimentare e ambientale vigenti nel nostro Paese che rischia di vanificare la produzione interna;
afferma Coldiretti che dopo l'approvazione dell'accordo di libero scambio con l'Europa (CETA) il Canada ha più che quintuplicato le esportazioni in Italia di grano duro trattato con l'erbicida glifosato in preraccolta, secondo modalità vietate sul territorio nazionale, dove la maturazione avviene grazie al sole, con il risultato che oggi un chicco su tre che arriva dall'estero in Italia è canadese;
il divieto di utilizzo di tale diserbante troverebbe larghissima condivisione da parte dei diversi schieramenti politici, come dimostrano i diversi atti di indirizzo presentati in Palamento e la mozione unitaria 1-00124 approvata all'unanimità dalla Camera dei deputati,
impegna il Governo:
1) a sospendere gli effetti del comunicato del Ministero della salute del 19 dicembre 2017, con cui si è recepito il rinnovo della sostanza attiva glifosato per 5 anni e ad assumere ogni idonea iniziativa in sede europea per promuovere la revisione delle decisioni assunte in merito all'utilizzo del glifosato con regolamento di esecuzione (UE) n. 2017/2324 della Commissione, del 12 dicembre 2017;
2) ad adottare tutte le necessarie misure di precauzione sul territorio nazionale volte a proteggere la sanità pubblica, nonché la salubrità dell'ambiente, con specifico riferimento alla tutela delle acque, della flora e della fauna;
3) a promuovere, anche mediante lo strumento della decretazione di urgenza, degli interventi normativi finalizzati a vietare l'utilizzo e la presenza della sostanza attiva glifosato negli alimenti.
(1-00272)
BERNINI, MALAN, FLORIS, TOFFANIN, DE POLI, GALLIANI, GALLONE, GIAMMANCO, MALLEGNI, MANGIALAVORI, MOLES, RIZZOTTI, RONZULLI, PICHETTO FRATIN, VITALI - Il Senato,
premesso che:
le ultime analisi ISTAT su occupati e disoccupati evidenziano come anche a maggio 2020 continui la diminuzione dell'occupazione rispetto al mese precedente: nel complesso il tasso di occupazione scende al 57,6 per cento (meno 0,2 punti percentuali) e il tasso di disoccupazione a si porta al 7,8 per cento (rispetto al 6,3 per cento di aprile); la diminuzione dell'occupazione su base mensile (meno 0,4 per cento pari a meno 84.000 unità) coinvolge soprattutto le donne (meno 0,7 per cento contro meno 0,1 per cento degli uomini, pari rispettivamente a meno 65.000 e meno 19.000), i dipendenti (meno 0,5 per cento pari a meno 90.000) e gli under 50, mentre aumentano leggermente gli occupati indipendenti e gli ultracinquantenni;
torna a crescere il numero delle persone in cerca di lavoro (più 18,9 per cento pari a più 307.000 unità): il fenomeno si rileva maggiormente tra le donne (più 31,3 per cento, pari a più 227.000 unità) rispetto agli uomini (più 8,8 per cento, pari a più 80.000) e coinvolge tutte le classi di età;
già nel 2019 i livelli di disoccupazione in Italia erano sotto la soglia europea e l'emergenza COVID-19 ha determinato un ulteriore peggioramento sul mercato del lavoro;
secondo un'indagine Istat sull'andamento demografico in Italia, la popolazione sta diventando sempre più vecchia ed entro il 2050 gli over 65 saranno circa il 34 per cento della popolazione, a fronte di una previsione (indagine pubblicata dalla Commissione europea) pari al 30 per cento di over 65 nella popolazione europea per il 2070;
in tutta Europa la disparità tra uomini e donne continua a essere una costante e, di media, le donne hanno un tasso di occupazione di 7 punti percentuali inferiore agli uomini; in questo contesto l'Italia è agli ultimi posti per il tasso di occupazione femminile (53 per cento);
il tasso di disoccupazione a maggio 2020 è tra i giovani al 23,5 per cento, con una grande disparità tra Nord (6,4 per cento) e Sud (45 per cento) del Paese;
soprattutto negli ultimi anni, nel Paese si è accentuato il mancato incontro tra domanda e offerta in particolare nel mercato del lavoro giovanile;
un aspetto di tale problema riguarda i laureati altamente qualificati, cui da decenni il nostro Paese non riesce ad offrire opportunità adeguate; le difficili condizioni del mercato del lavoro, un tessuto imprenditoriale non sempre ricettivo al cambiamento, la mancanza di riforme strutturali, una fiscalità eccessiva e una retribuzione non gratificante sono alcune delle concause precipue di questa situazione;
tutto ciò genera un forte livello di frustrazione, che provoca spesso la ricerca di nuove destinazioni: i nostri ricercatori, ingegneri, medici, infermieri, avvocati, economisti formati dall'Italia trovano frequentemente il giusto riconoscimento e valorizzazione altrove, cagionando un danno enorme al nostro sistema Paese; oltre a perdere le professionalità derivanti da questo capitale umano altamente qualificato, non abbiamo si ha nessun beneficio dalle spese sostenute dal nostro sistema d'istruzione per formare questi concittadini;
un altro aspetto del mancato incrocio tra domanda e offerta del lavoro tra i giovani è dato dalle carenze formative: come evidenziato nel Bollettino del Sistema informativo "Excelsior", realizzato da Unioncamere e ANPAL, che elabora le previsioni occupazionali di luglio, anche in questo periodo di crisi economica si registra difficoltà di reperimento nel 37 per cento delle ricerche per gli operai specializzati (in particolare operai e artigiani nel settore delle costruzioni, fonditori e saldatori, meccanici e montatori) e in circa il 40 per cento delle ricerche per i tecnici (soprattutto tecnici informatici, tecnici della sanità, tecnici dei rapporti con i mercati); il mancato incontro tra domanda e offerta, in questi casi, è qualitativo e riguarda soprattutto competenze ed esperienza, con radici nel mancato collegamento tra sistema formativo e imprese oltre che nelle carenze dell'orientamento e dei servizi per il lavoro;
le imprese cercano figure professionali che in più di 1 caso su 3 sono di difficile reperimento, addirittura per gli under 29 si farà fatica a selezionarne una ogni due richieste;
la trasformazione tecnologica in atto espone il lavoro a profondi cambiamenti e come in tutti i processi di cambiamento le nuove tecnologie offrono significative opportunità per l'incremento di occupazione di qualità, per aumentare l'ergonomicità e la sicurezza dei processi produttivi, per stimolare la nascita di nuove imprese e per favorire l'occupazione giovanile, per incrementare la sostenibilità ambientale degli stessi; la formazione, sia di base sia continua, è centrale affinché si diffondano le competenze necessarie per cogliere appieno le opportunità offerte dalle nuove tecnologie;
in un momento, infatti, fortemente caratterizzato dall'incertezza nel futuro e nell'economia del Paese, dove è oggettiva la difficoltà per i giovani nell'accedere al mondo del lavoro e nella creazione di nuovi nuclei familiari, nei loro confronti le istituzioni sono chiamate ad un'azione responsabile, di indirizzo e di sostegno;
l'approccio alle politiche giovanili è in questi anni radicalmente cambiato, esso deve potersi fondare su di una forte integrazione delle politiche di settore e l'assunzione dei giovani non più come categoria sociale "problematica", bensì come risorsa e leva per lo sviluppo del Paese, con un ruolo riconosciuto e vitale per la costruzione del futuro della comunità;
è necessario uscire da una mera logica assistenziale e puntare invece sul sostegno di quei giovani che vogliono realizzarsi in Italia, attraverso alti programmi di istruzione, o che sono dotati di spirito imprenditoriale o che abbiano sviluppato competenze e attività d'avanguardia, al di fuori dei nostri confini nazionali;
secondo quanto emerge dall'Employment Outlook 2020 dell'OCSE, per l'Italia, la disoccupazione dovrebbe raggiungere il 12,4 per cento a fine 2020. La stessa invita il nostro Paese ad agire rapidamente per aiutare i propri giovani a mantenere un legame con il mercato del lavoro, suggerendo che incentivi all'assunzione, concentrati sui gruppi più vulnerabili, possono contribuire a promuovere la creazione di nuovi posti di lavoro;
in questo senso il comma 1-bis dell'articolo 5, del decreto-legge n. 34 del 2020 (cosiddetto decreto "Rilancio"), convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, che prevede un ulteriore incremento delle risorse destinate a finanziare l'aumento del numero dei contratti di formazione medica specialistica, non costituisce un incentivo sufficiente per trattenere i giovani in Italia, ma solo per cercare di colmare le lacune del sistema sanitario nazionale. Permane tuttavia il rilevante problema del cosiddetto «imbuto formativo» che comporta la permanenza di tanti giovani laureati in situazioni di precariato, di inoccupazione o di disoccupazione. La FNOMCEO, proprio nei giorni scorsi, ha evidenziato come sia «necessario intervenire, per svuotare finalmente l'imbuto e formare tutti i medici già laureati, sottolineando la necessità di una vera riforma, che metta in parallelo gli ingressi a medicina con i percorsi formativi post laureati, cosicché a ogni laurea corrisponda una borsa,
impegna il Governo:
1) ad adottare provvedimenti volti a incentivare l'occupazione giovanile mediante un sistema di decontribuzione previdenziale integrale strutturale ed organica a favore dei datori di lavoro, non inferiore a 36 mesi, che assumono lavoratori under 35 a tempo indeterminato, nonché a tempo determinato mediante il riconoscimento per tutta la durata del rapporto dello stesso esonero, estendendolo successivamente, qualora il contratto venga convertito a tempo indeterminato, agli ulteriori mesi fino ai 36 o maggiori complessivi previsti;
2) a proporre norme volte ad introdurre forme di detassazione integrale in favore delle start-up innovative, mediante l'istituzione di un apposito Fondo;
3) ad adottare provvedimenti per la semplificazione burocratico-amministrativa per l'avvio di nuove imprese da parte di under 30, mediante l'esonero per i primi anni di attività delle imposte e la stipula di convenzioni con gli ordini professionali dei commercialisti e dei notai per la consulenza, per la tenuta della contabilità e per le spese notarili a tariffe agevolate;
4) a prevedere la possibilità per studenti universitari che sono in regola con i pagamenti delle tasse e con i crediti previsti dai rispettivi corsi di laurea, che consentono l'accesso a professioni regolamentate, di anticipare durante il corso di studi il periodo di praticantato obbligatorio, ove previsto, propedeutico all'abilitazione professionale;
5) a prevedere misure per l'efficientamento del sistema universitario, aumentando le risorse della quota del Fondo per il finanziamento ordinario delle università destinata alla promozione e al sostegno dell'incremento qualitativo delle attività delle università statali e al miglioramento dell'efficacia e dell'efficienza nell'utilizzo delle risorse, destinandole al miglioramento della qualità dell'offerta formativa e i risultati dei processi formativi, della qualità della ricerca scientifica e della qualità, l'efficacia e l'efficienza delle sedi didattiche;
6) a prevedere iniziative normative per l'erogazione di contributi a giovani italiani di età inferiore a 25 o 28 anni, per la frequentazione, in un istituto ubicato in una regione differente rispetto a quella di residenza, di corsi altamente qualificanti nelle materie ambientali, dell'agro-alimentare, delle biotecnologie, dell'economia, delle nanotecnologie, dell'informatica, della meccatronica o della salute;
7) a rivedere profondamente il tema della staffetta generazionale, favorendo l'apprendimento di nuove competenze, incentivando la formazione e coniugandone il tutto con una revisione dei processi produttivi;
8) ad adottare politiche per la conciliazione dei tempi vita/lavoro soprattutto per le donne, sostenendo innovativi piani di welfare contrattuale, nonché modelli di riorganizzazione scolastica che consentano, a seguito dell'emergenza sanitaria da COVID-19, ad entrambe i genitori parità di condizioni nel ritorno alle attività lavorative evitando, in particolare, il rischio della segregazione femminile;
9) ad incentivare la flessibilità contrattuale e ad eliminare l'obbligo della causale nei contratti a tempo determinato;
10) ad introdurre lo strumento del voucher soprattutto nei settori dell'agricoltura e del turismo, che ha dimostrato, durante la sua applicazione, di essere il principale strumento di lotta al lavoro nero;
11) ad incrementare i percorsi per le competenze trasversali e per l'orientamento presso le aziende, al fine di incrementare le opportunità di lavoro e le capacità di orientamento degli studenti, anche attraverso un miglioramento della formazione professionale e il potenziamento dell'offerta formativa degli istituti tecnici, favorendo l'assunzione degli stessi studenti una volta finito il percorso scolastico;
12) ad intervenire, con ulteriori provvedimenti normativi, per risolvere in via strutturale il problema del cosiddetto «imbuto formativo», affinché per ciascun laureato in medicina corrisponda un percorso formativo post laurea, nell'ottica di assicurare ai cittadini un'assistenza di qualità ed immettere nel sistema un congruo numero di specialisti e di medici di medicina generale.
(1-00273)
VONO, FARAONE, COMINCINI, CONZATTI, SUDANO, GRIMANI, GINETTI, MAGORNO, SBROLLINI - Il Senato,
premesso che:
la società Autostrade per l'Italia SpA (ASPI), insieme alle sue società controllate, gestisce in Italia circa 3.000 chilometri di rete autostradale sulla base di una Convenzione unica sottoscritta in data 12 ottobre 2007 con l'ente concedente ANAS SpA;
tale Convenzione unica è stata approvata attraverso la legge 6 giugno 2008, n. 101, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 8 aprile 2008, n. 59 e specificamente con la modificazione apportata in sede di conversione al decreto-legge, di cui all'articolo 8-duodecies, introdotto con un emendamento dalla allora maggioranza parlamentare di cui faceva parte in qualità di deputato l'onorevole Matteo Salvini, ed approvato con il parere favorevole del Governo Berlusconi IV, di cui era membro in qualità di Ministro, l'onorevole Giorgia Meloni;
il 14 agosto 2018 avveniva il crollo del viadotto "Polcevera", noto anche come ponte "Morandi", che ha comportato la morte di 43 persone, il ferimento di altre 9, il danneggiamento delle abitazioni e delle strutture rientranti nella zona e il blocco dell'arteria fondamentale per il traffico verso Genova e il suo porto sulla quale il viadotto insisteva;
il tratto autostradale comprendente il viadotto crollato rientra nell'autostrada A10 Genova - Savona, facente parte della rete autostradale gestita da ASPI in qualità di società concessionaria: a seguito del crollo del ponte la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Genova ha avviato un'inchiesta al fine di accertare le eventuali responsabilità penali, inchiesta che attualmente risulta nella fase delle indagini preliminari, con un termine per la conclusione delle medesime fissato per il 14 agosto 2020, che è stato da ultimo rinviato nel corso dell'udienza del secondo incidente probatorio lo scorso 14 luglio 2020, in cui è stata disposta la proroga al 31 ottobre della perizia sulle cause del crollo del ponte "Morandi";
sempre a seguito del crollo del ponte Morandi il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, subentrato ad Anas SpA nel ruolo di concedente dal 1° ottobre 2012, ha avviato un procedimento finalizzato all'accertamento e alla contestazione delle responsabilità del concessionario: tale procedimento di contestazione ha trovato un momento di definizione all'esito del Consiglio dei ministri conclusosi il 15 luglio 2020, nel corso del quale sono state trasmesse da parte di ASPI due nuove proposte transattive, riguardanti, rispettivamente, un nuovo assetto societario di ASPI e nuovi contenuti per la definizione transattiva della controversia; considerato il loro contenuto, il Consiglio dei ministri ha ritenuto di avviare l'iter previsto dalla legge per la formale definizione della transazione, fermo restando che la rinuncia alla revoca potrà avvenire solo in caso di completamento dell'accordo transattivo;
considerato che:
il prolungato protrarsi del procedimento di revoca, che dopo quasi due anni dall'avvio non si è ancora concluso, ma è in attesa della completa definizione della formalizzazione della transazione avvenuta nel corso del Consiglio dei ministri e di tutti gli atti conseguenti, ha comportato il sostanziale blocco dei principali investimenti infrastrutturali per la realizzazione e il potenziamento di opere viarie ai quali il concessionario ASPI era tenuto in virtù degli obblighi derivanti dal rapporto concessorio;
tra queste opere la principale e più rilevante per dimensione e costi a carico del concessionario ASPI è una grande opera che interessa proprio la città di Genova e la Liguria, il "Nodo stradale e autostradale di Genova - Adeguamento del sistema A7-A10-A12", noto come "Gronda di Genova" o "Gronda di Ponente", infrastruttura viaria che comprende 65 chilometri di nuovi tracciati autostradali che hanno l'obiettivo di alleggerire il tratto della autostrada A10, ossia la stessa di cui fa parte il ponte Morandi, dal porto di Genova sino all'abitato di Voltri, del costo stimato di circa 4,2 miliardi di euro, il cui progetto definitivo risulta approvato dal 7 settembre 2017 e rispetto al quale un'ulteriore analisi costi-benefici predisposta dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e pubblicato il 21 luglio 2019 conferma prevalenza dei benefìci sui costi dell'opera;
la Regione Liguria da settimane sta attraversando una situazione di difficoltà estrema sotto il profilo degli spostamenti a causa dell'accumularsi di numerosi lavori e in particolare delle ispezioni delle gallerie della concessionaria ASPI e da carenze nella programmazione dei lavori stessi, che hanno comportato danni enormi sia per il trasporto delle merci che per il turismo, che si sommano a quelli più generali dovuti al quasi completo blocco delle attività produttive in conseguenza delle misure restrittive adottate per far fronte all'emergenza epidemiologica da COVID-19;
più in generale, il settore degli investimenti in infrastrutture risulta assolutamente centrale e strategico per far fronte alle conseguenze economiche derivanti dal blocco delle attività produttive, per le quali tutti gli osservatori prevedono un crollo del prodotto interno lordo annuale superiore al 10 per cento e dunque di gran lunga maggiore di quello registrato in tutti i precedenti periodi della storia della Repubblica;
si rende necessaria l'adozione di un piano straordinario che consenta l'immediato impiego delle rilevantissime risorse già stanziate per investimenti infrastrutturali in funzione anticiclica, attraverso strumenti eccezionali di sblocco degli ostacoli amministrativi e burocratici che provocano impedimenti e ritardi all'impiego di tali risorse, indispensabile già prima della crisi economica a causa del protrarsi della stagnazione dell'economia nazionale ma ancora più urgente a causa della grave recessione che si prospetta,
impegna il Governo:
1) ad adottare ogni iniziativa idonea a consentire l'immediato sblocco di tutte le procedure relative agli investimenti di competenza di ASPI già programmati e autorizzati, nelle more della definizione dell'accordo relativo agli assetti societari e del perfezionamento degli atti conseguenti;
2) ad attivarsi per l'immediata apertura dei cantieri che interessano la Regione Liguria e il Comune di Genova per il territorio e il sistema portuale liguri con particolare riferimento al progetto del "Nodo stradale e autostradale di Genova - Adeguamento del sistema A7-A10-A12" noto come "Gronda di Genova" seguendo il progetto unitario previsto dalla convenzione, nonché alla immediata conclusione dei blocchi stradali che attualmente interessano la Regione;
3) a rafforzare ogni intervento utile allo sblocco di tutti gli investimenti infrastrutturali per interventi già programmati anche attraverso l'adozione di un "piano shock" che preveda misure adeguate alle circostanze intervenute a seguito della crisi economica conseguente all'emergenza epidemiologica, quali la nomina di commissari straordinari in grado di intervenire direttamente sulle procedure con poteri speciali derogatori, sulla scia degli interventi effettuati per la ricostruzione del ponte Morandi o dell'organizzazione dell'evento EXPO Milano 2015.
(1-00274)
SBROLLINI, FARAONE, COMINCINI, CONZATTI, GINETTI, GRIMANI, MAGORNO, PARENTE, SUDANO - Il Senato,
premesso che:
la scuola paritaria è regolamentata dalla legge 10 marzo 2000, n. 62, che ha sancito l'appartenenza delle scuole paritarie al sistema nazionale di istruzione e ne ha riconosciuto il ruolo all'interno del servizio pubblico: il nostro sistema nazionale di istruzione è costituito dalle scuole pubbliche statali e dalle scuole pubbliche paritarie gestite dai privati e dagli enti locali, al fine di garantire la libertà di scelta educativa in un contesto di pluralismo scolastico ispirato ai principi della Costituzione italiana e del diritto europeo. Ciononostante oggi una piena libertà di scelta educativa non può dirsi pienamente garantita;
la risoluzione del Parlamento europeo sulla libertà d'insegnamento nella Comunità europea approvata il 13 marzo 1984 prevede che "compito dello Stato è di consentire la presenza degli istituti di insegnamento pubblico o privato all'uopo necessari";
la risoluzione dell'Assemblea del Parlamento europeo n. 1904, F-67075, Strasburgo, del 4 ottobre 2012, raccomanda, al comma 6.1, "di procedere rapidamente all'analisi richiesta per identificare le riforme necessarie a garantire in maniera effettiva il diritto alla libertà di scelta educativa";
le scuole per l'infanzia, primarie e secondarie paritarie e le attività di servizi per l'infanzia svolgono, nel segno del pluralismo e della sussidiarietà, un ruolo essenziale nel completamento dell'offerta formativa per le famiglie, ancor più fondamentale nella gestione delle conseguenze della pandemia;
il decreto "Rilancio" prevede l'erogazione di un contributo complessivo di 120 milioni di euro per il 2020 in favore delle scuole primarie e secondarie paritarie, a titolo di sostegno economico in relazione alla riduzione o al mancato versamento delle rette a seguito della sospensione dell'attività in presenza quale misura di contenimento dell'emergenza epidemiologica. Nonostante tali risorse la scuola paritaria non è esente dalle difficoltà connesse all'emergenza sanitaria scaturita dal propagarsi del virus COVID-19 che, se non opportunamente gestita, avrà una pesante ricaduta negativa su tutta la scuola;
la crisi economica derivante dalla pandemia rischia di provocare la fuga delle famiglie dalle scuole paritarie a quelle pubbliche, per evidenti minori costi da affrontare. Questo sarebbe un problema non solo per le scuole paritarie, ma anche del sistema scolastico pubblico: le scuole paritarie potrebbero fornire, con i loro spazi e le loro risorse, un forte aiuto e supporto in ottica sussidiaria. Meno scuole paritarie non vuol dire solo più studenti che passano alle scuole pubbliche statali, con i problemi di ordine sanitario e economico, ma anche sottrarre il principale fornitore sussidiario del servizio scolastico che, proprio ora, potrebbe rivelarsi quanto mai prezioso;
in Italia sono 880.000 gli studenti che frequentano le oltre 12.000 scuole paritarie che svolgono servizio pubblico e sono inserite nel sistema nazionale d'istruzione. Secondo le stime, circa il 30 per cento di queste realtà rischierà di chiudere a settembre. Il settore delle scuole paritarie, dunque, sarà soggetto a forti tensioni. Da una parte, i genitori tenderanno a spostare massicciamente i figli nelle scuole statali per fronteggiare la crisi e ridurre i costi di iscrizione, dall'altra si può prevedere un aumento dei costi fissi indotto dalle future regole del distanziamento sociale;
dai dati Ocse la scuola pubblica statale in Italia costa mediamente 8.200 euro per ogni alunno iscritto; se stimiamo in 300.000 studenti i nuovi iscritti che passerebbero dal sistema paritario a quello statale i costi aggiuntivi sarebbero di 2,4 miliardi, più gli ammortizzatori sociali per i circa 40.000 lavoratori del settore. Risulta quindi conveniente per lo Stato sostenere la scuola pubblica paritaria,
impegna il Governo a dare piena attuazione alla libertà di scelta educativa attraverso un sostegno adeguato delle scuole paritarie anche attraverso un'iniziativa per l'aumento della detrazione fiscale fino al 100 per cento delle rette.
(1-00275)
CENTINAIO, BERGESIO, SBRANA, VALLARDI, ALESSANDRINI, ARRIGONI, AUGUSSORI, BAGNAI, BORGHESI, BOSSI Simone, BRIZIARELLI, BRUZZONE, CAMPARI, CANDIANI, CANTU', CASOLATI, CORTI, DE VECCHIS, FREGOLENT, IWOBI, LUCIDI, LUNESU, MARIN, MONTANI, NISINI, PAZZAGLINI, PELLEGRINI Emanuele, PEPE, PERGREFFI, PIANASSO, PILLON, PUCCIARELLI, RICCARDI, RIPAMONTI, RIVOLTA, RUFA, SAPONARA, SAVIANE, STEFANI, TOSATO, URRARO, VESCOVI, ZULIANI - Il Senato,
premesso che:
il glifosato è una sostanza diserbante il cui processo di revisione nell'Unione europea, sulla base del parere della European food safety agency (EFSA), si è concluso, con il regolamento (UE) n. 2017/2324 del 15 dicembre 2017, con il rinnovo del suo utilizzo per 5 anni, per cui la sostanza è oggi in commercio in tutti i Paesi dell'Unione europea;
il sistema europeo di autorizzazione e di controllo degli agrofarmaci è il più stringente al mondo, pertanto, se un fitofarmaco è regolarmente in commercio nell'Unione europea, vuol dire che dal sistema di analisi europeo non è emerso alcun elemento concreto che ne giustifichi la messa al bando;
i controlli effettuati dall'EFSA a livello comunitario su 48.000 campioni indicano che il 97,2 per cento dei prodotti alimentari analizzati (valore che sale al 98,6 per cento per l'Italia) presenta valori dei residui al di sotto delle soglie di legge e, pertanto, sono da ritenersi sicuri per il consumatore;
l'Italia dispone di una legislazione molto restrittiva circa l'autorizzazione e l'impiego dei fitofarmaci, caratterizzata soprattutto da norme che ne impongono l'uso limitato a quanto strettamente necessario per garantire la sicurezza alimentare ed elevati standard quantitativi e qualitativi delle produzioni agroalimentari;
il decreto 9 agosto 2016 del Ministero della salute, in linea con le decisioni europee (regolamento di esecuzione n. 2016/1313 del 1° agosto 2016), ha modificato le condizioni di impiego della sostanza glifosato; attualmente le limitazioni riguardano: a) l'uso non agricolo su suoli che presentano una percentuale di sabbia superiore all'80 per cento nelle aree vulnerabili e nelle zone di rispetto; b) l'uso nelle aree frequentate dalla popolazione quali parchi, giardini, campi sportivi ed aree ricreative, cortili e aree verdi all'interno di plessi scolastici, aree gioco per bambini e aree adiacenti alle strutture sanitarie; c) l'uso in pre-raccolta al solo fine di ottimizzare il raccolto o la trebbiatura;
competente al fine dei controlli sull'immissione in commercio e sull'utilizzazione dei prodotti fitosanitari, è anche il dipartimento dell'Ispettorato centrale per la tutela della qualità e repressioni frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF) del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. L'Ispettorato svolge in particolare i controlli sulle importazioni di prodotti dai Paesi terzi, monitorando l'arrivo delle navi nei porti e svolgendo direttamente le analisi su circa 300 principi attivi. Nel 2019 sono stati svolti circa 2.000 controlli sui cereali, con 1.785 operatori controllati, rilevando un tasso di irregolarità sui prodotti dell'8,7 per cento dovuto in primo luogo ad errate etichettature;
l'entrata in vigore delle limitazioni all'uso del glifosato, attuate in Italia con il citato decreto ministeriale del 9 agosto 2016, non ha portato alla disapplicazione dei limiti vigenti, bensì a limitare l'impiego del glifosato nelle coltivazioni nazionali;
i dati a disposizione del Ministero della salute evidenziano che dai controlli condotti dagli Uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera (USMAF), nell'ambito di un piano di campionamento conoscitivo disposto dal medesimo Ministero per la ricerca del glifosato, tutti i campioni analizzati presentano valori per residui di glifosato conformi al limite di 10 milligrammi al chilogrammo previsti dalla vigente normativa;
gli orientamenti degli Stati europei in merito all'impiego del glifosato nella fase immediatamente successiva alla data del 2022, che coincide con la scadenza del permesso di 5 anni, non sono uniformi; la stessa Commissione europea ha designato 4 Stati membri (Francia, Ungheria, Paesi Bassi e Svezia) come correlatori della valutazione dell'uso del glifosato, che dovranno presentare entro il mese di giugno 2021 un rapporto di valutazione ai fini del rinnovo all'EFSA, per l'espressione da parte di quest'ultima del parere scientifico; si segue quindi un principio di precauzione;
dopo la scelta dell'Austria di non vietare l'uso dell'erbicida, il Lussemburgo ha deciso di bandirlo già dal 2021. In Francia, nonostante un investimento pubblico da 400 milioni di euro, il piano, denominato "Ecophyto", che mira a ridurre del 50 per cento i fitofarmaci in agricoltura entro il 2025, non è ancora partito. Anzi, dal lancio del piano nel 2008, l'uso dei fitofarmaci è aumentato del 12 per cento, secondo i dati presentati dalla Corte dei conti al Governo francese. Dopo una lieve diminuzione nel 2017, le vendite sono salite del 10 per cento per i soli prodotti a base di glifosato;
le diverse posizioni assunte dai Paesi membri riflettono la mancanza di un giudizio univoco da parte del mondo scientifico sui rischi per la salute pubblica legati all'impiego del glifosato; le analisi adottate dalle autorità di controllo competenti sulle prove disponibili hanno prodotto una netta spaccatura di pareri in merito all'eventuale nocività dell'erbicida, scatenando un acceso dibattito sulla chiarezza degli stessi metodi di ricerca utilizzati, tanto da spingere la stessa Unione europea a varare un nuovo regolamento per aumentare la trasparenza dei test scientifici dell'EFSA;
lo scorso gennaio 2020, l'Environmental protection agency statunitense (EPA), nella sua "Interim registration review decision", ovvero nell'ulteriore valutazione del rischio, ha concluso il suo parere scientifico affermando che non vi sono motivi di preoccupazione quanto a rischi di tipo alimentare per alcun segmento della popolazione, neanche seguendo le ipotesi più prudenziali applicate nelle valutazioni (ad esempio: residui al massimo livello di tollerabilità, applicazione diretta dell'acqua e trattamenti sul 100 per cento delle colture); l'Agenzia ha quindi concluso il rapporto dichiarando che non sussistono rischi né di tipo professionale né per gli astanti non occupazionali;
oltre all'EFSA, anche l'ECHA (Agenzia europea per le sostanze chimiche) ha concluso che la molecola è sicura;
è opportuno tuttavia considerare che, in generale, molecole e principi attivi vanno sempre utilizzati con metodo e moderazione e l'utilizzo del glifosato è, ad oggi, necessario in agricoltura su svariate colture per ottenere buoni risultati, tenendo conto che normalmente per ogni ettaro coltivato si diserba solo il 20 per cento e che la sostanza può essere irrorata solo quando effettivamente indispensabile; inoltre le modalità di utilizzo a livello dell'Unione europea del glifosato sono diverse rispetto a Paesi terzi quali USA, Canada e Turchia, e di gran lunga favoriscono una maggior salvaguardia e tutela dell'ecosistema, degli stessi operatori e dei consumatori;
nondimeno è indispensabile, alla luce del clima di assoluta incertezza rispetto ai futuri orientamenti che verranno adottati dall'Unione europea in merito all'uso dei fitofarmaci, che il nostro Paese predisponga fin da subito un quadro di azioni per l'impiego sostenibile della chimica e lo sviluppo di tecniche di agricoltura integrata ed alternative a quelle tradizionali;
negli anni più recenti, la disponibilità di nuove molecole ad impatto ambientale sempre più ridotto ed attive a dosi sempre più basse ha creato le condizioni favorevoli al raggiungimento di elevati livelli di sicurezza alimentare e di protezione dell'ambiente, tanto che in Italia, grazie all'impiego di sistemi innovativi di difesa delle colture, l'utilizzo dei fitofarmaci è diminuito ad un ritmo dell'1,8 per cento annuo negli ultimi 10 anni. Oltre il 70 per cento dei prodotti rientra, infatti, tra quelli meno impattanti, e meno del 4 per cento tra quelli classificati come tossici;
la riduzione dei quantitativi di fitofarmaci utilizzati in agricoltura evidenzia come già da tempo il comparto agricolo italiano si sia orientato verso un sistema di produzione integrato, in grado di coniugare le esigenze economiche del mondo agricolo con quelle ambientali e sanitarie, per lo sviluppo di un'agricoltura maggiormente sostenibile e competitiva;
accanto ai principi attivi di origine chimica ovvero di sintesi, si stanno sviluppando studi sulle sostanze di origine naturale aventi effetto erbicida derivate dalle piante officinali, come ad esempio i prodotti a base di acido pelargonico attualmente in commercio che sono ad uso hobbistico e hanno, al momento, un costo sicuramente più elevato rispetto a quelli a base chimica; data la crescente richiesta da parte del consumatore di prodotti "naturali" o biologici, è lecito aspettarsi che questa tipologia di prodotti abbia un forte sviluppo e, nel contempo, vengano ridotti i prezzi con il moltiplicarsi dell'offerta;
le piante officinali sono attualmente classificate a seconda degli usi ma in realtà non esiste una "classificazione" sui possibili usi della piante officinali, ma solo sull'"uso prevalente", tra questi l'utilizzo antiparassitario o diserbante; va prioritariamente favorita la ricerca, attraverso investimenti mirati, che metta in evidenza per le singole specie le potenzialità sulle quali indirizzare l'organizzazione di filiere produttive e che crei distretti produttivi per la produzione di prodotti naturali efficaci allo scopo,
impegna il Governo:
1) a sostenere iniziative volte ad un utilizzo più responsabile dei fitofarmaci in agricoltura permettendo al comparto di continuare a crescere e svilupparsi secondo un approccio fondato sull'uso coordinato e razionale ed ecocompatibile di tutti i fattori produttivi, in grado di coniugare le esigenze economiche del mondo agricolo con quelle di tutela dell'ambiente e della salute dei consumatori;
2) a potenziare, non solo presso i punti di entrata esterni del nostro Paese ma anche presso i punti di stoccaggio interni sul territorio, il sistema dei controlli per i residui di fitofarmaci e quindi sul loro utilizzo appropriato in agricoltura, con particolare riguardo ai prodotti destinati all'alimentazione umana importati da Paesi terzi per i quali sia possibile verificare il loro trattamento con glifosato oltre la soglia consentita in ambito europeo;
3) ad individuare processi produttivi ecosostenibili quali difesa integrata, lotta biologica e ricorso a principi attivi naturali di nuova generazione anche derivati dalle piante officinali ovvero biocidi ad uso insetticida, fungicida, erbicida e battericida;
4) ad assumere ogni utile iniziativa finalizzata alla promozione di programmi di ricerca sui sistemi produttivi agroalimentari, allo scopo di sostenere lo sviluppo di un'agricoltura maggiormente sostenibile ed innovativa;
5) a predisporre un piano nazionale sementiero che permetta, da una parte, di investire su colture quali leguminose, frutta in guscio e, soprattutto, frumento duro e tenero, che negli ultimi anni hanno perso superfici coltivate a favore di un forte aumento delle importazioni da Paesi terzi, e, dall'altra, sostenerne il prezzo sui mercati favorendo la coltivazione nelle zone storicamente vocate del Sud Italia.
(1-00276)
Interrogazioni
MAUTONE, MARINELLO, PIRRO, PRESUTTO, DELL'OLIO, ACCOTO, ANGRISANI, MININNO, CASTIELLO, AUDDINO, PISANI Giuseppe, RICCIARDI - Al Ministro della salute. - Premesso che:
l'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, stabilisce che "Governo, regioni e province autonome di Trento e di Bolzano, in attuazione del principio di leale collaborazione e nel perseguimento di obiettivi di funzionalità, economicità ed efficacia dell'azione amministrativa, possono concludere in sede di Conferenza Stato-regioni accordi, al fine di coordinare l'esercizio delle rispettive competenze e svolgere attività di interesse comune";
in seguito ai citati accordi il Governo, le Regioni e le Province autonome concordano sulla necessità di porsi l'obiettivo di attivare una rete dei servizi di riabilitazione e di interventi di assistenza riabilitativa attivabili all'interno dei livelli uniformi di assistenza previsti dal piano sanitario nazionale, adottando quale riferimento un modello di percorso integrato sociosanitario;
considerato che:
l'Organizzazione mondiale della sanità, nel programma "Rehabilitation 2030", definisce la necessità del suddetto intervento come "priorità del 21° secolo" per i sistemi sanitari di tutto il mondo. Pertanto, come scientificamente dimostrato, l'intervento riabilitativo precoce permette di ottenere il migliore recupero delle attività psicosensoriali e motorie dei piccoli pazienti affetti da patologie come disturbi dello spettro autistico, malattie genetiche o rare, paralisi celebrali infantili, conseguenza di sofferenza anossico-ischemica neonatale;
ad oggi, in tutte le regioni, in particolare quelle meridionali, persistono non poche criticità legate ai lunghi tempi d'attesa richiesti dai centri accreditati per l'abilitazione e riabilitazione neuropsicomotoria e sensoriale, che in alcuni casi, arrivano fino a 2 anni, stando anche alle molteplici segnalazioni pervenute all'interrogante;
tale ritardo nell'accesso alle terapie riabilitative in regime di convenzione comporta, come da logica conseguenza, per le famiglie l'unica possibilità di affidarsi a strutture private, con aggravio di costi, considerando soprattutto la frequenza quasi quotidiana di tali trattamenti e la loro lunga durata. Inoltre le difficoltà dello sviluppo, psicomotorio, sensoriale e comportamentale, sono positivamente influenzate, in molti casi di piccoli pazienti dalla costante frequenza scolastica. Purtroppo, la chiusura necessaria e indispensabile delle strutture scolastiche, durante la fase acuta della pandemia, ha ulteriormente acuito la problematica in oggetto, con ripercussioni negative sul percorso riabilitativo di questi soggetti;
nel luglio 2019, veniva sottoposto dal Ministero in indirizzo alla Conferenza Stato-Regioni un documento sull'individuazione, in ogni singola Regione, dei percorsi più appropriati nella rete di riabilitazione. Esso nasceva dalla necessità, da parte del Dicastero, di avere una visione più completa delle modalità di erogazione e dell'organizzazione dell'assistenza riabilitativa su tutto il territorio nazionale, che rispondesse in maniera appropriata alle dinamiche cliniche e ai percorsi programmati per tali piccoli pazienti;
nel documento si ribadiva, inoltre, la necessità di fissare e definire, esplicitamente, i tempi certi dell'erogazione dei trattamenti previsti nel progetto riabilitativo per ciascun soggetto, attuato dai centri accreditati;
altresì si era previsto di elaborare un sistema informatico centralizzato del Ministero stesso che raccogliesse tutti i dati relativi all'assistenza territoriale, proprio per colmare una lacuna informativa centrale su tale importantissima tipologia di assistenza che trova la sua concreta applicazione e controllo a livello regionale,
si chiede di sapere:
quali controlli, considerato quanto esposto, le Regioni operino sui centri accreditati in merito alla gestione delle loro liste d'attesa, anche alla luce del fatto che presso gli stessi è possibile svolgere le medesime terapie in regime privato;
quali siano stati gli sviluppi avvenuti a seguito dell'elaborazione del documento sottoposto alla Conferenza Stato-Regioni;
quali misure intenda adottare il Ministro in indirizzo al fine di monitorare la qualità e l'efficienza dell'assistenza erogata dai centri accreditati.
(3-01796)
RIZZOTTI, GIRO, AIMI - Al Ministro della salute. - Premesso che:
l'emergenza sanitaria dovuta al COVID-19 ha spinto il Governo, tramite lo stanziamento di circa 4,5 milioni di euro, a realizzare un'indagine di sieroprevalenza, condotta da Istat in collaborazione con la Croce rossa italiana, coinvolgendo ben 190.000 italiani. Ai primi 150.000 esaminati, infatti, sono stati aggiunti in seguito altri 40.000 soggetti da contattare con il fine di raggiungere una partecipazione consistente;
l'indagine, realizzata con lo scopo di ricostruire il percorso del virus, avrebbe dovuto avere anche vita breve. Se, infatti, è vero che originariamente si aspirava a concludere lo studio entro due settimane, altrettanto innegabile è che lo stesso si sia alla fine protratto per più tempo;
partito il 25 maggio, si è concluso in data 16 luglio con un risultato al di sotto delle aspettative di ideatori e organizzatori. All'appello, infatti, ha risposto circa la metà del campione individuato, pari a 150.000 persone in 2.000 comuni. E scorrendo le percentuali di adesione aggiornate, calcolate sul target, non si può non restare sorpresi dai dati registrati in alcune regioni, soprattutto se si tiene conto dell'impatto differenziato del virus, molto più forte al Nord che al Centro e al Sud;
a titolo di esempio, l'Emilia-Romagna, tra le più colpite nella prima fase dell'epidemia, con il 39,5 per cento, figura agli ultimi posti della classifica. Adesioni basse anche in Sicilia (37 per cento) e in Calabria (38,9 per cento), dove, però, il COVID-19 ha infierito assai meno. La maglia nera spetta a Bolzano, dove la percentuale si è fermata a 29,5 mentre, complessivamente, in Trentino-Alto Adige si è attestata su 45,5. Al primo posto figura la Basilicata (71,5 per cento) seguita da Marche (68 per cento), Valle d'Aosta (66,8 per cento) e Umbria (62,6 per cento). Poi Molise (59,8 per cento), Abruzzo (57,4 per cento), Sardegna (55,8 per cento), Puglia (53,8 per cento), Friuli-Venezia Giulia (51,9 per cento) e Veneto (51,4 per cento). Al di sotto del 50 per cento si colloca la Lombardia, la regione più colpita dalla pandemia, dove le adesioni sono arrivate al 46,5 per cento, seguita da Liguria (46,3 per cento), Toscana (45,6 per cento), Lazio (44,7 per cento), Piemonte (41,8 per cento) e Campania (41,2 per cento);
più volte la prima firmataria ha avuto modo di evidenziare che tra le spiegazioni della bassa disponibilità dei cittadini a sottoporsi ai test, anche il diffondersi delle fake news sui social network e la presenza di un'eccessiva varietà di test, alcuni dei quali sono stati poi ritirati dal commercio, e poi anche una non completa informazione, dal momento che la campagna di comunicazione è stata avviata tardivamente;
ma, soprattutto, a pesare è stata la mancanza di tempi certi tra il test sierologico e la somministrazione dei tamponi in caso di positività, che ha spaventato i cittadini per il rischio di dover trascorrere alcuni giorni di isolamento e di allontanarsi dal luogo di lavoro,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza di quanto espostoe quali siano le effettive motivazioni che hanno portato al fallimento dell'indagine di sieroprevalenza nell'intero territorio nazionale;
se non ritenga altresì importante riferire in Parlamento quanto effettivamente è stato speso rispetto a quanto era stato finanziato, al fine di sapere se gli eventuali risparmi di spesa saranno investiti nell'acquisto di materiale per nuovi test sierologici.
(3-01797)
RIZZOTTI - Ai Ministri della salute e per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione. - Premesso che:
l'impatto indiretto dell'emergenza sanitaria dovuta al COVID-19 ha portato al blocco di prestazioni sanitarie essenziali, diagnosi, visite di controllo, analisi cliniche, per la gestione di patologie croniche come asma, artrite reumatoide, sclerosi multipla, diabete, ma anche tumori;
secondo le stime della professoressa Stefania Gori, presidente della fondazione AIOM, l'Associazione italiana di oncologia medica, 230.000 persone avrebbero dovuto ritardare gli accertamenti o rinviare a data da destinarsi le verifiche. "Il virus non si è limitato a colpire circa 236.000 italiani, uccidendone oltre 34.000, ma l'epidemia va allargata ai 10 milioni di cittadini con patologie oncologiche e cardiovascolari che hanno dovuto rinunciare a una «presa in carico» tempestiva da parte della sanità pubblica, a cui si aggiunge l'ulteriore problema delle liste di attesa ingolfate" (da un articolo del "Corriere della Sera" del 10 giugno 2020);
durante l'audizione informale sulla "situazione dei pazienti affetti da patologie oncologiche durante l'emergenza epidemiologica da COVID-19", tenutasi il 14 luglio 2020, presso la XII Commissione permanente (Affari Sociali) della Camera dei deputati, i rappresentanti di AIOM, LILT e Salute donna onlus hanno unanimemente espresso l'importanza della telemedicina in termini di riduzione del numero di accessi ospedalieri e al contempo di gestione dei pazienti oncologici;
secondo i dati dell'indagine condotta on line dal 14 al 29 aprile nell'ambito dell'iniziativa "La salute: un bene da difendere, un diritto da promuovere" sui pazienti oncologici o onco-ematologici, a livello nazionale il 36 per cento dei pazienti ha lamentato la sospensione di esami e visite di follow up e un paziente su 5 ha segnalato la sospensione degli esami diagnostici. Dall'analisi del dato macro-regionale emergerebbe che al Nord, nonostante sia la parte del Paese più colpita dall'emergenza coronavirus, solo il 14 per cento dei pazienti lamenta la sospensione di esami e visite di follow up, mentre al Centro e Sud Italia questa percentuale sale al 40 per cento;
alcune Regioni, in particolare il Piemonte e il Veneto, riconoscono la possibilità alle aziende sanitarie pubbliche ed agli erogatori privati accreditati e contrattualizzati, di fornire le attività che prima avvenivano tramite le visite tradizionali anche mediante le visite in collegamento video (telemedicina);
il Governo intenderebbe introdurre misure a sostegno del Servizio sanitario nazionale e, come specificato, alla digitalizzazione dell'assistenza medica ai cittadini, promuovendo la diffusione del fascicolo sanitario elettronico e la telemedicina, come riportato nella sezione III del Documento di economia e finanza 2020, programma nazionale di riforma;
il Paese potrebbe ritrovarsi a fronteggiare una seconda ondata pandemica nel mese di ottobre, in concomitanza con quella influenzale, che comporterebbe per i pazienti più fragili, e in particolare quelli cronici, l'impossibilità dell'accesso a prestazioni sanitarie essenziali, a seconda della regione di residenza,
si chiede di sapere se i Ministri in indirizzo non ritengano urgente inserire l'erogazione dei servizi di telemedicina in tempi rapidi all'interno dei livelli essenziali di assistenza, mantenendo la tariffa invariata rispetto alla prestazione effettuata attraverso i canali tradizionali ed applicando l'eventuale regime di esenzione previsto, come già avviene nelle citate Regioni.
(3-01798)
BINETTI - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Premesso che:
recentemente la Food and drug administration statunitense, dopo anni di studi approfonditi in merito a tutte le ricerche ed informazioni scientifiche sottoposte dalla multinazionale del tabacco Philip Morris international (PMI), ha raggiunto conclusioni estremamente rilevanti in merito ai prodotti a tabacco riscaldato (marchio "IQOS");
in particolare, la FDA non ha riconosciuto né una riduzione del rischio per la salute umana collegato alla morbilità indotta dall'utilizzo del tabacco, né un minor rischio di danno rispetto all'utilizzo delle tradizionali sigarette da combustione;
negli Stati Uniti le evidenze scientifiche si traducono, sotto il profilo dell'inquadramento regolatorio e fiscale di tali prodotti, in una fiscalità del tutto equivalente rispetto a quella delle tradizionali sigarette da combustione;
i più recenti approdi cui è pervenuta la FDA coincidono sostanzialmente con la posizione assunta dalle massime autorità sanitarie del nostro Paese, e nello specifico con la valutazione compiuta dall'Istituto superiore di sanità (a seguito della documentazione sottoposta da PMI), che non ha riconosciuto una riduzione del potenziale rischio per la salute umana, a parità di condizioni di utilizzo, dei tabacchi da inalazione senza combustione rispetto alle tradizionali sigarette da combustione;
la valutazione negativa, espressa dal Ministero della salute italiano sul sistema IQOS, è oggi pubblica (anche grazie all'inchiesta giornalistica di "Report"), tanto da essere stata resa nota in occasione del "No tobacco day" e recentemente rappresentata in Parlamento dalla sottosegretario per la salute Sandra Zampa nel corso del dibattito parlamentare relativo al "decreto rilancio";
contrariamente a quanto avviene negli Stati Uniti, il regime fiscale di cui godono tali prodotti in Italia è significativamente di favore, con uno originario sconto fiscale pari al 50 per cento rispetto alle sigarette tradizionali da combustione incrementato al 75 per cento per effetto del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119;
lo sconto fiscale determina una perdita netta per l'erario stimabile in 1,2 miliardi di euro nel triennio 2020-2022, ipotizzando un livello di tassazione del tabacco riscaldato all'80 per cento rispetto alle sigarette tradizionali,
si chiede di sapere:
quali siano le motivazioni politiche e tecniche in base alle quali il Ministero dell'economia e delle finanze riconosce tuttora una tassazione ridotta sui prodotti del tabacco riscaldato, attesa l'assenza di evidenze scientifiche circa il loro minor impatto sulla salute, la presenza di una valutazione ufficiale in senso opposto da parte dell'Istituto superiore di sanità e la recente pronuncia (nella medesima direzione dell'ISS) da parte della Food and drug administration statunitense;
se, e attraverso quali provvedimenti normativi, il Ministro in indirizzo intenda prevedere misure volte a ridurre il regime di fiscalità agevolata per i prodotti del tabacco riscaldato, garantendo così le maggiori entrate erariali citate, quanto mai necessarie in un momento di enorme difficoltà socio-economica per il Paese.
(3-01799)
MININNO, ANGRISANI, CASTIELLO, DI MICCO, DONNO, GALLICCHIO, GAUDIANO, MORRA, ORTIS, ROMANO, TURCO - Al Ministro della difesa. -
(3-01800)
(Già 4-01521)
MININNO, ANGRISANI, CASTIELLO, DI MICCO, DONNO, GALLICCHIO, MORRA, ORTIS, ROMANO, TURCO - Al Ministro della difesa. -
(3-01801)
(Già 4-01601)
MININNO, ROMANO, DI MICCO, CASTIELLO - Al Ministro della difesa. - Premesso che, per quanto risulta dal comunicato diffuso in data 19 luglio 2020 dall'associazione professionale di carattere sindacale denominata Sindacato Aeronautica militare (SIAM):
il personale militare dell'Aeronautica militare in partenza o al rientro in patria dalle missioni in teatro operativo viene sottoposto, presso l'aeroporto militare di Pratica di Mare (Roma), al tampone per il COVID-19 a cura del policlinico militare del Celio;
l'esito dei tamponi richiede dalle 24 alle 72 ore;
in attesa dell'esito, i militari sono trattenuti in tenda presso 2 campi denominati "Castrum" e POEE (point of entry/exit);
le condizioni di vivibilità all'interno dei campi sarebbero al limite della tolleranza;
le maggiori lamentele riguardano: l'assenza di acqua corrente; l'assenza di servizi igienici idonei, sarebbero presenti infatti solo bagni chimici e per giunta in numero inadeguato a quello dei posti letto; l'assenza di lenzuola e cuscini sulle brande; l'assenza di una zona idonea alla consumazione dei pasti, serviti nelle stesse tende destinate al riposo notturno; l'assenza di frigoriferi e la quantità limitata di acqua (2 litri al giorno), nonostante le alte temperature estive;
esiste la possibilità che non sia garantito all'interno dei campi il distanziamento anti COVID prescritto dalle direttive governative;
per giunta, il personale delle altre forze armate risulterebbe autorizzato, al contrario di quello dell'Aeronautica, ad alloggiare presso strutture alberghiere dotate di tutti i comfort,
si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti descritti e se intenda intervenire al fine di garantire al personale dell'Aeronautica il giusto livello di vivibilità evitando spiacevoli disparità di trattamento rispetto a quello delle altre forze armate.
(3-01802)
MODENA - Al Ministro dell'interno. - Premesso che:
il 16 luglio 2020 sono giunti a Gualdo Cattaneo (Perugia) 25 migranti, precedentemente in carico alla Prefettura di Agrigento, senza che il sindaco venisse avvisato, se non qualche ora prima;
lo stesso Comune era stato dichiarato "zona rossa" durante l'emergenza COVID-19, con provvedimento del 26 marzo 2020;
la Prefettura aveva individuato per la loro sistemazione un ex agriturismo, gestito da una cooperativa sociale che aveva partecipato ad un bando negli anni scorsi;
il 18 luglio, 23 tunisini si sono allontanati dal centro di accoglienza, dove si trovavano in regime di quarantena precauzionale, riuscendo a far perdere le loro tracce,
si chiede di sapere:
quali siano stati i criteri secondo i quali sono stati mandati i 25 migranti in un comune che è stato "zona rossa", mettendo a rischio la salute dei residenti;
per quale motivo non vi sia stato un accordo preventivo con il sindaco, ricordando che non ci sono migliori interlocutori degli enti locali per individuare eventuali località dove mandare i migranti;
dove siano i 23 migranti che avrebbero dovuto rispettare la quarantena, e che invece oggi rischiano di infettare altre persone;
come il Ministro in indirizzo ritenga di gestire queste allocazioni, considerando quanti sacrifici si chiedono ancora oggi agli italiani e quali siano le motivazioni di una scelta "unilaterale".
(3-01803)
FERRARA, PETROCELLI, ROMAGNOLI, MARILOTTI - Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. - Premesso che:
il 15 luglio 2020, la missione di verifica delle Nazioni Unite in Colombia ha annunciato la morte di un suo collaboratore, Carmine Mario Paciolla, di 33 anni, nei pressi della sua abitazione a San Vincenzo del Caguan, a circa 650 chilometri da Bogota;
Paciolla era assegnato alla missione sul controllo della consegna delle armi da parte delle FARC (Forze armate rivoluzionarie della Colombia) nel quadro degli accordi di pace con il Governo colombiano del 2016;
secondo le autorità colombiane il funzionario potrebbe essersi suicidato;
in base agli accordi di cooperazione vigenti tra Italia e Colombia e, in particolare, alla legge 27 novembre 2017, n. 187, recante "Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Ministero dell'interno della Repubblica italiana e il Ministero della difesa nazionale della Repubblica di Colombia in materia di cooperazione di polizia, fatto a Roma il 28 maggio 2013", è facilitata la collaborazione nelle indagini tra autorità giudiziarie colombiane e italiane;
la madre del deceduto, Anna Maria Motta, ha ribadito più volte ai mezzi di informazione di non credere all'ipotesi del suicidio poiché il figlio aveva comprato, poche ore prima di morire, il biglietto di rientro in Italia per il 20 luglio 2020 manifestandole il desiderio di tornare in patria il prima possibile. La madre ha fatto menzione anche di presunti dissidi che Paciolla avrebbe avuto in seno all'organizzazione per la quale lavorava;
l'articolo pubblicato su "ilfattoquotidiano" del 18 luglio 2020, dal titolo "Mario Paciolla, gli amici del collaboratore Onu morto in Colombia: 'Temiamo un nuovo caso Regeni'. Telefonata Di Maio-De Magistris", riporta che: "la procura locale (colombiana ndr) ha fatto sapere di aver aperto un'indagine per omicidio. Le forze dell'ordine hanno precisato che il cadavere di Paciolla è stato rinvenuto nella sua abitazione a San Vicente del Caguan con segni di lacerazione ai polsi";
considerato che:
l'accordo di pace tra FARC e Governo colombiano non ha portato la stabilità auspicata. In tutta la Colombia si susseguono omicidi mirati di sindacalisti, ambientalisti, attivisti per i diritti sociali ed economici ed ex combattenti;
in base ai dati forniti da Indepaz (Instituto de estudios para el desarrollo y la paz), da inizio anno 2020 a oggi 166 attivisti sociali e difensori dei diritti umani e 36 ex combattenti sono stati uccisi;
sempre secondo Indepaz, dalla data della firma dell'accordo di pace tra FARC e Governo colombiano al 15 luglio 2020, sono stati assassinati 971 leader sociali e attivisti dei diritti umani in Colombia;
dal 6 marzo al 15 luglio 2020, durante l'emergenza COVID-19, ben 95 leader sociali e attivisti dei diritti umani sono stati assassinati in Colombia;
si registra inoltre il peggioramento della situazione alla frontiera tra Venezuela e Colombia, fatto che seppur estraneo al contesto della morte di Paciolla, contribuisce a aumentare la tensione nell'area;
ritenuto che l'omicidio di Giulio Regeni ha scosso l'opinione pubblica italiana, complicando i rapporti con l'Egitto, da cui si attende ancora una risposta concreta su chi abbia ucciso il giovane ricercatore italiano,
si chiede di sapere:
quale sia lo stato delle indagini e se si riscontri piena collaborazione da parte dell'Organizzazione delle Nazioni Unite e delle autorità colombiane;
quale attività siano state intraprese per facilitare il rientro della salma in Italia;
quali iniziative abbia adottato il Ministro in indirizzo per promuovere la più proficua collaborazione tra l'autorità giudiziaria italiana e quella colombiana, nel rispetto del principio di non ingerenza negli affari interni di altri Stati, al fine di giungere ad un pieno accertamento di quanto accaduto nel più breve tempo possibile.
(3-01805)
RIZZOTTI - Al Ministro della giustizia. - Premesso che:
l'Italia è rimasta profondamente turbata dall'inchiesta e dallo scandalo affidi di Bibbiano, scoppiato il 27 giugno 2019, che ha portato alla luce un sistema illecito di gestione di minori attraverso falsi report di assistenti sociali e psicologi, falsificazione delle testimonianze dei bambini, manipolazioni e violenze, con l'obiettivo di togliere i bambini a famiglie in difficoltà e affidarli dietro pagamento ad amici o conoscenti;
anche a Trento si sono rilevate anomalie gravi in materia di rispetto delle leggi in ambito di affidamento. Sul punto, l'interrogante ritiene opportuno illustrare un caso eclatante sul quale attirare l'attenzione del Ministro in indirizzo, ovvero quello dell'allontanamento del minore B.V. dalla sua madre, B.V., e il persistere dell'affidamento eterofamiliare per 10 anni rispetto ai 24 mesi previsti, con possibilità di eventuale proroga;
del fatto si sta occupando da anni la dottoressa Gabriella Maffioletti, delegata regionale in Trentino di "Adiantum", l'Associazione di aderenti nazionali per la tutela dei minori, nonché l'avvocato Donatella Bussolati del foro di Milano, che difende la madre;
attualmente è pendente un procedimento presso il Tribunale dei minorenni di Trento (a ottobre 2020 dovrebbe finire l'ennesimo periodo di proroga dell'affidamento del minore) e presso la Corte di appello. L'avvocato della madre ha evidenziato ad entrambe le autorità giudiziarie palesi conflitti di interessi. I giudici che hanno decretato l'allontanamento del minore sarebbero dirigenti in cooperative. Entrambi gli enti collaborano con Apas, ente nel quale lavora come responsabile organizzativo il padre affidatario;
il curatore del minore rappresenta anche la cooperativa degli spazi neutri "Progetto 92", e ciò a parere dell'interrogante non ha permesso l'imparzialità dovuta, oltre all'inattendibilità della consulenza tecnica di ufficio che, senza somministrazione di alcun test alla madre, 12 anni fa, l'ha definita "border-line" in contrapposizione a ben altri 7 specialisti, che asseriscono non essere presente, anche tramite testistica, alcun disturbo della personalità;
ancora nel procedimento sarebbero presenti pregiudizi delle relazioni degli assistenti sociali e soprattutto dell'educatrice dello spazio neutro che dipingono una realtà deformata, interpretando in modo negativo comportamenti, frasi e atteggiamenti che avrebbero influenzato il bambino e che avrebbero escluso la madre da eventi importanti per la vita del figlio, come nel caso della celebrazione del battesimo. Si pensi che la famiglia affidataria nel mese di giugno 2020, prima di sapere se il tribunale confermasse l'affido, ha acquistato un cucciolo di pastore australiano al bambino creando un ulteriore legame affettivo;
appare sconcertante il fatto che dopo 10 anni la madre veda ancora il figlio due volte al mese per due ore ciascuna in incontri protetti;
l'origine stessa di questa storia, a parere dell'interrogante, ha dell'assurdo: una consulenza tecnica di ufficio che ravvisa la conferma dell'essere border-line della madre nella sua richiesta di dimissioni precoci dopo il parto naturale e senza complicazione alcuna. Risulta evidente dal certificato di dimissioni dell'ospedale, che la mamma chiese le dimissioni stesse dopo ben 8 giorni dal parto;
le relazioni stesse dell'ostetrica e dei servizi che inizialmente si sono occupati della signora e del minore, prima dell'intervento di "Progetto 92", sono sempre state positive confermando la dedizione, la cura, la responsabilità e l'equilibrio di questa giovane madre;
in data 8 agosto 2017, risulta che il minore sia stato ascoltato dal giudice avente cura del caso e relativamente alla sua vera mamma, così si esprimeva: "la mia mamma naturale, che è quella che mi ha fatto nascere dalla pancia si chiama B., non riusciva a fare bene la mamma perché aveva troppo lavoro e perché non aveva il marito, per questo ho la mamma affidataria. La mia mamma affidataria riesce a fare la mamma perché ha anche il marito che mi fa da papà e la aiuta. Loro sono i miei genitori";
tali affermazioni, molto articolate e complesse per un bambino, denotano come nel tempo sia stata suggerita al minore, sia da parte degli operatori che della famiglia affidataria, una dualità che danneggia il minore: madre e famiglia buona e capace; madre e famiglia non altrettanto buona e capace. Anche l'aver inciso e rafforzato l'idea che la coppia affidataria corrisponda a "i suoi genitori" è assolutamente contraria alle linee guida sull'affido eterofamiliare. Questa sostituzione, voluta, avrebbe ignorato deliberatamente il rispetto dei diritti del nucleo familiare naturale, che non è ovviamente la famiglia affidataria;
si evidenzia che il minore, nell'agosto 2017, esprimeva al giudice il desiderio di stare con la madre naturale, contrariamente a quanto riferito dalla signora affidataria solo pochi mesi prima, la quale, sempre al giudice dichiarava: "si sta rifiutando di andare alle visite con la madre, l'ho dovuto mettere di forza in macchina". Tale fatto pone la domanda della ragione per la quale tale situazione non fu rilevata come elemento almeno di preoccupazione rispetto ad un'eventuale alienazione posta in essere dalla signora affidataria, senza figli suoi, nei confronti della mamma naturale;
malgrado tale dichiarazione negativa, il minore continua a parlare della sua madre naturale con positività: "con la mamma gioco insieme, faccio i giochi da tavolo, mi piace andare a trovarla, è bello, mi piace giocare insieme a lei. Ho nostalgia della mamma, la vorrei vedere di nuovo, è da tanto che non la vedo",
si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza di quanto esposto e se non ritenga opportuno inviare degli ispettori per verificare eventuali mancanze di propria competenza in relazione alla gravità dei fatti esposti ovvero ad altre anomalie in materia di affido di minori nella provincia di Trento.
(3-01806)
PEROSINO - Ai Ministri del lavoro e delle politiche sociali e dello sviluppo economico. - Premesso che:
il consiglio di amministrazione della Stamperia di Govone Srl, del gruppo Miroglio di Alba, con stabilimento a Govone (Cuneo), a fronte della decisione dell'assemblea dei soci di non ricapitalizzare la società, ha accertato il verificarsi di una causa di scioglimento e la conseguente messa in liquidazione della società;
la decisione è stata presa dopo attenta valutazione della situazione economico-finanziaria e delle prospettive di mercato di medio periodo, abbinate alle difficoltà diventante ancora più impattanti nell'ambito dell'emergenza da COVID-19, con un portafoglio ordini che si è gravemente assottigliato in un mercato paralizzato a causa del lockdown;
le difficoltà dello stabilimento si sono aggravate negli ultimi 10 anni, in cui si è visto un progressivo calo sia dei volumi sia dei risultati economici, determinando ingenti perdite, nonostante gli investimenti in tecnologia e rinnovamento e diverse riorganizzazioni;
certamente una delle ragioni della crisi può essere rinvenuta nell'evoluzione del mercato del tessile italiano, con una riduzione dei volumi medi di produzione per modello o variante e una forte spinta verso logiche di customizzazione e di volumi frammentati, a svantaggio di produzioni quantitativamente rilevanti;
l'azienda dichiara che la struttura complessiva dello stabilimento di Govone e il suo layout votato a grandi volumi di produzione hanno determinato costi fissi non assorbibili, che hanno generato uno squilibrio finanziario non risanabile;
i lavoratori al momento della decisione dell'azienda assommano a 151 unità, di cui 10 distaccate presso altro stabilimento del gruppo;
la parte restante è stata collocata in cassa integrazione a causa del COVID-19;
per la storia dell'azienda nella zona di Alba e comuni circostanti, per il forte impatto occupazionale in un momento già difficile, occorrono scelte che preservino i posti di lavoro nel gruppo oppure prevedano ricollocazione nel tessuto imprenditoriale del cuneese, forte e variegato,
si chiede di sapere:
se sia stato istituito un tavolo di lavoro presso il Ministero dello sviluppo economico, unitamente alla Regione Piemonte e alle rappresentanze sindacali;
se siano all'ordine del giorno, nell'ambito dei fondi europei oggi ottenuti, ipotesi innovative di aiuto straordinario alle aziende per il recupero e la riconversione delle produzioni, con particolare riferimento alla Stamperia di Govone Srl.
(3-01807)
LANZI, ANGRISANI, BOTTO, DONNO, FERRARA, GIANNUZZI, GRANATO, MAIORINO, MONTEVECCHI, TRENTACOSTE, VACCARO, VANIN - Al Ministro dello sviluppo economico. - Premesso che:
il tessuto industriale italiano è stato duramente colpito dall'emergenza coronavirus. Il Governo è intervenuto prontamente con supporti economici inseriti nei decreti-legge licenziati negli ultimi mesi. In particolare la norma relativa al superbonus del 110 per cento per le ristrutturazioni e il supporto alle attività fieristiche sono due punti nodali di questo schema di aiuti;
ben 168 manifestazioni fieristiche sono state annullate o posticipate a causa dell'emergenza coronavirus. Le manifestazioni fieristiche ogni anno generano affari per 60 miliardi di euro e danno origine al 50 per cento dell'export delle aziende che vi partecipano. Sono per questo una leva economica importante per il nostro Paese e sono state tra le prime attività ad essere fermate dai provvedimenti del Governo e dalle ordinanze delle Regioni per tutelare la salute dei cittadini e contenere l'espansione del virus;
in aggiunta, anche gli appuntamenti fieristici internazionali sparsi per il mondo hanno subito la stessa sorte. Le aziende italiane che avevano investito in maniera notevole per la partecipazione a queste vetrine hanno necessità di rientrare parzialmente degli investimenti vanificati a causa di queste mancate partecipazioni;
l'8 giugno 2020 è stato siglato il "Patto per l'export". Si tratta di un documento programmatico, aperto alla firma di ulteriori qualificati soggetti, che indica un'ambiziosa strategia per l'internazionalizzazione del nostro sistema produttivo, e si articola in sei pilastri: comunicazione, promozione integrata, formazione e informazione, sistema fieristico, commercio digitale e finanza agevolata;
il decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34 (denominato "decreto crescita"), convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, ha introdotto un credito d'imposta per la partecipazione delle piccole e medie imprese (PMI) a fiere internazionali. La misura, pensata per migliorare il livello e la qualità di internazionalizzazione delle PMI italiane, prevede un credito d'imposta nella misura del 30 per cento delle spese di partecipazione alle fiere internazionali di settore nel limite delle risorse messe a disposizione;
la norma prevede inoltre che, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, devono essere stabilite le disposizioni applicative della norma con riferimento, in particolare alle tipologie di spese ammesse al beneficio, alle procedure per l'ammissione al beneficio, all'elenco delle manifestazioni fieristiche internazionali di settore, che si svolgono in Italia o all'estero, per cui è ammesso il credito di imposta;
in fase di conversione in legge del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, cosiddetto decreto rilancio, la V Commissione permanente (Bilancio) della Camera dei deputati ha approvato una modifica alla misura suddetta (emendamento dell'on. Fiorini che introduce l'articolo 46-bis, rubricato "Credito d'imposta per la mancata partecipazione a fiere e manifestazioni commerciali"), stanziando ulteriori 30 milioni di euro destinati alle imprese diverse dalle piccole e medie imprese e agli operatori del settore fieristico, con riferimento al ristoro dei danni prodotti dall'annullamento o dalla mancata partecipazione a fiere e manifestazioni commerciali in Italia, nei limiti delle medesime risorse;
lo stesso decreto rilancio ha introdotto la norma denominata superbonus che introduce detrazioni fiscali fino al 110 per cento per riqualificazione energetica e sisma bonus. Il Ministero dello sviluppo economico, secondo fonti stampa, sta per introdurre limiti alla detrazione delle spese per efficientamento energetico tramite un decreto ministeriale. Tali limiti saranno basati su un valore al metro quadro. Il decreto è complementare al provvedimento dell'ecobonus del 110 per cento, ma influisce su tutti i lavori di riqualificazione edilizia agevolati fiscalmente ed assume quindi una valenza di primaria importanza per interi settori della manifattura italiana;
considerato che, a parere degli interroganti:
la crisi derivata dall'epidemia del COVID-19 e la conseguente fase di lockdown hanno prodotto enormi difficoltà per le imprese italiane. Rendere disponibili le risorse già stanziate, relative alle norme sulle fiere, sarebbe una boccata d'ossigeno per tutti gli operatori del settore;
il sistema fieristico è stato il primo ad essere colpito dall'emergenza epidemiologica e sarà l'ultimo a ripartire, con danni enormi. Inoltre supportare i comparti che beneficeranno del superbonus, senza introdurre ulteriori limitazioni, è fondamentale per evitare un effetto di disillusione verso una norma che rilancerà la nostra intera economia,
si chiede di sapere:
quali siano i tempi di adozione dei decreti attuativi relativi al credito d'imposta per la partecipazione alle manifestazioni fieristiche contenente le indicazioni procedurali per le richieste da parte delle aziende e come queste indicazioni si integreranno con il supporto economico alle mancate partecipazioni fieristiche causate dall'emergenza coronavirus;
se prima dell'emanazione dei decreti attuativi relativi al superbonus del 110 per cento il Ministro in indirizzo intenda avviare delle interlocuzioni con gli stakeholder per evitare l'introduzione di limitazioni che possano inficiare la sua applicazione.
(3-01808)
Interrogazioni orali con carattere d'urgenza ai sensi dell'articolo 151 del Regolamento
CUCCA - Al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro per la pubblica amministrazione. - Premesso che:
all'articolo 1 della legge 27 dicembre 2019, n. 160 (legge di bilancio per il 2020), il comma 147 stabilisce che le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, possono utilizzare le graduatorie dei concorsi pubblici, fatti salvi i periodi di vigenza inferiori previsti da leggi regionali, nel rispetto dei seguenti limiti:
le graduatorie approvate nell'anno 2011 sono utilizzabili fino al 30 marzo 2020, previa frequenza obbligatoria, da parte dei soggetti inseriti nelle graduatorie, di corsi di formazione e aggiornamento organizzati da ciascuna amministrazione, nel rispetto dei principi di trasparenza, pubblicità ed economicità e utilizzando le risorse disponibili a legislazione vigente, e previo superamento di un apposito esame colloquio diretto a verificarne la perdurante idoneità;
le graduatorie approvate negli anni dal 2012 al 2017 sono utilizzabili fino al 30 settembre 2020;
le graduatorie approvate negli anni 2018 e 2019 sono utilizzabili entro tre anni dalla loro approvazione;
considerato che:
tutta l'attività burocratica e amministrativa della pubblica amministrazione ha subito forti limitazioni, connaturate alle disposizioni conseguenti alla dichiarazione dello stato di emergenza deliberata dal Consiglio dei ministri;
i provvedimenti e le restrizioni connessi all'emergenza da COVID-19 stanno determinando una drastica riduzione di tutte le attività concorsuali;
le necessità di turnover previste per il prossimo futuro, a causa dei numerosi pensionamenti in previsione, rischiano di esporre le pubbliche amministrazioni a forti criticità, anche nel breve e medio periodo;
sono in procinto di scadere le graduatorie approvate dal 2012 al 2017,
si chiede di sapere se si intenda, in considerazione dell'emergenza epidemiologica in atto e del rispetto del principio di economicità della pubblica amministrazione, trovare una soluzione normativa alle criticità esposte, modificando la norma citata in premessa, al fine di prorogare tutte le graduatorie approvate nel periodo compreso tra il 2012 e il 2017 fino al 31 dicembre 2021, e, parimenti, di prorogare le graduatorie approvate negli anni 2018 e 2019 fino a tre anni dalla loro approvazione.
(3-01795)
RUOTOLO, DE PETRIS, ERRANI - Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. - Premesso che:
il 15 luglio 2020 Mario Carmine Paciolla, 33 anni, napoletano, è stato ritrovato privo di vita presso la propria abitazione a San Vicente del Caguan, località a 650 chilometri da Bogotà nel dipartimento colombiano del Caqueta Colombia. Il connazionale era cooperante Onu ed era impegnato da due anni con le Nazioni Unite, in un progetto che mirava a riconvertire gli ex combattenti al lavoro nei campi e svolgeva il monitoraggio per il rispetto degli accordi di pace tra il Governo colombiano e le FARC, le Forze armate rivoluzionarie della Colombia;
a quanto si apprende dalla stampa locale, le autorità colombiane non escludono che Paciolla si sia suicidato per impiccagione, circostanza che non trova riscontro e smentita dalle testimonianze delle organizzazioni cooperanti in Colombia e dalla stessa famiglia del giovane che pochi giorni fa su iniziativa della missione Onu ha preso parte a una videoconferenza con il viceprocuratore generale Martha Janeth Mancera e l'ambasciatore italiano Gherado Amatuzzi;
stando a quanto sta emergendo da notizie di stampa, in queste ore convulse, sono completamente diversi le ricostruzioni e i dettagli, che escludono categoricamente il suicidio. Sul cadavere di Mario Carmine Paciolla, come riportano gli organi e agenzie di stampa, ci sarebbero evidenti segni di violenza, in particolare, "tagli provocati da coltelli o da lame acuminate che non sono state trovate in casa. Vene squarciate, non tagliate in modo chirurgico, un segno che rimanda a coltelli con denti spessi o qualcosa di simile, che non è stato refertato dagli organi di polizia giudiziaria intervenuti sul luogo del delitto";
l'11 luglio nel corso di una telefonata intercorsa tra Mario Carmine Paciolla e la madre, egli aveva manifestato una certa preoccupazione per "alcune cose accadute", "un qualcosa di strano" e per "un guaio" non meglio specificato. Il 33enne aveva evidenziato, inoltre, di aver acquistato i biglietti per rientrare presto, il 20 luglio, in Italia, esprimendo il desiderio, una volta giunto a Napoli, di fare il bagno a Marechiaro;
Paciolla, laureato all'università "Orientale" di Napoli, era un operatore qualificato ed esperto. Con la Peace brigades international e in particolare la PBI Colombia è stato volontario fra il marzo 2016 e l'agosto 2018 e membro dell'équipe di Bogota, che ha poi coordinato per un periodo. Si è distinto per il forte impegno nella difesa dei diritti umani e nella protezione delle persone in Colombia. Nell'ultimo periodo era in missione di verifica per le Nazioni Unite nel dipartimento di Caqueta. Conosceva il territorio, aveva solide relazioni e sapeva districarsi nei quartieri difficili, come la periferia di San Vicente, barrio Villa Ferro dove era alle prese anche con problemi umanitari, come quello legato allo sfruttamento della popolazione in un regime di narcoeconomia;
da analisi e relazioni dell'intelligence, pare che le misure restrittive introdotte in Colombia per contenere il coronavirus avrebbero aumentato il livello di violenza tra i diversi gruppi armati in lotta per il controllo del territorio e delle rotte dei commerci illegali. Il report spiega, inoltre, come la situazione sia degenerata con numerosi episodi di violenza anche in base all'attività dell'Onu nel Paese. Non è casuale se la "Rete Europaz", nata a sostegno degli accordi di pace e del lavoro del Sistema integral de verdad justicia, reparación y no repetición, da tempo evidenzia come i ripetuti episodi di violenza in varie zone del Paese, le persecuzioni contro attivisti, leader sociali ed ex guerriglieri, denunciate da organismi nazionali e internazionali, il clima di ostilità e delegittimazione del lavoro della Commissione della verità rischiano seriamente di compromettere i tanti sforzi sinora compiuti per la costruzione di una pace duratura con verità e giustizia sociale;
si tratta di un contesto difficile e da decifrare e da Napoli, città natale di Paciolla, è subito partita una forte mobilitazione per chiedere verità e giustizia. In pochi giorni sulla piattaforma "Change" sono state raccolte oltre 15.000 firme;
a giudizio degli interroganti i fatti sono gravissimi e sembra di assistere a una vicenda simile a quella di Giulio Regeni, il giovane ricercatore di Fiumicello che stava scrivendo una tesi di dottorato per l'università di Cambridge. Il suo corpo senza vita, straziato dalle torture, venne ritrovato il 3 febbraio 2016 sul ciglio della superstrada che collega El Cairo ad Alessandria d'Egitto;
appare dunque impellente procedere, come la magistratura italiana sta già facendo (secondo qualificate fonti giudiziarie, la Procura di Napoli e Roma avrebbe già inoltrato atti conoscitivi, nell'ambito del lavoro di condivisione giudiziaria presso le autorità giudiziarie colombiane), alla raccolta di quante più possibili prove testimoniali,
si chiede di sapere, visti la gravità dei fatti e il turbamento e lo sconcerto nell'opinione pubblica italiana, quali siano gli intendimenti attuali del Ministro in indirizzo, nei confronti del Governo colombiano, e le iniziative che intende adottare affinché si svolgano le opportune indagini per giungere a risposte convincenti, per la ricerca della verità e della giustizia per la morte del nostro connazionale Mario Carmine Paciolla.
(3-01804)
Interrogazioni con richiesta di risposta scritta
PUCCIARELLI, CANDIANI - Al Ministro della difesa. - Premesso che, a quanto risulta agli interroganti:
Roberto Vannacci, generale dei corpi speciali dell'Esercito, già comandante dei parà della Folgore, in un esposto alla Procura militare di Roma, ha ipotizzato "gravi e ripetute omissioni nella tutela della salute e della sicurezza del contingente militare italiano, costituito da migliaia di militari impiegati in Iraq e sottoposti, tra l'altro, all'esposizione all'uranio impoverito", confermando "l'uso su larga scala di uranio impoverito in Iraq (?) dalle 300 alle 450 tonnellate, quantità 30 volte superiore a quella impiegata nei Balcani";
le dichiarazioni del generale Vannacci confermano l'accusa lanciata da tempo da Lorenzo Motta, ex sottoufficiale della Marina militare, che ha partecipato a diverse missioni nel Mediterraneo, nel canale di Suez, nello stretto di Gibilterra, nel golfo Persico, e che, all'età di 24 anni, nel dicembre 2005, è stato colpito da linfoma di Hodgkin, riconosciuto, in giudizio amministrativo, come causa di servizio in particolari condizioni ambientali ed operative eccedenti l'ordinarietà, ai sensi dell'art. 1, comma 564, della legge n. 266 del 2005, e art. 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 243 del 2006;
con il lavoro dei legali avvocato Ezio Bonanni del foro di Roma e avvocato Pietro Gambino del foro di Sciacca, Lorenzo Motta ha ottenuto alcuni importanti riconoscimenti giuridici, come la sentenza del Consiglio di Stato n. 837/2016, con la quale si afferma il seguente principio di diritto: "nei casi come quello in esame, nell'accertare i presupposti sostanziali della dipendenza della patologia da causa di servizio la P.A. procedente ed i suoi organi tecnici sono gravati da un onere di istruttoria e di motivazione assai stringente, circa la sussistenza inconcreta, delle circostanze straordinarie e dei fatti di servizio che hanno esposto il militare ad un maggior rischio rispetto alle condizioni ordinarie di attività. Non considerano le appellanti che, nei casi delicati qual è quello in esame, all'interessato basta dimostrare l'insorgenza della malattia in termini probabilistico - statistici, non essendo sempre possibile stabilire un nesso diretto di causalità tra l'insorgenza della neoplasia e di contesti operativi complessi o degradati sotto il profilo bellico o ambientale in cui questi è chiamato ad operare"; nella motivazione della sentenza del Consiglio di Stato, si rimarca inoltre il valore decisivo del contegno dell'amministrazione, la quale non è stata in grado di eccepire e dimostrare un decorso alternativo;
risulta di difficile interpretazione l'incongruenza tra i risultati raggiunti dall'ex sottoufficiale Motta in sede amministrativa e le risposte fornite dal Ministero, che costringono la persona a continuare l'iter processuale; è altresì difficile da comprendere il motivo per il quale Motta debba ricorrere a ulteriori prove per accedere ai benefici riconosciuti dalla legge, contrariamente a quanto avvenuto per altri commilitoni affetti dalla sua stessa patologia, che hanno invece ottenuto tali benefici e riconoscimenti;
considerato che:
i militari colpiti dalla "sindrome del Golfo" e dalla "sindrome dei Balcani", secondo i dati dell'Osservatorio militare, e coerentemente con quelli riportati dell'ONA (Osservatorio nazionale amianto), sono centinaia, e più di 372 hanno perso la vita per neoplasie a fronte di un contingente complessivo di 7.693;
nonostante ciò, il Ministero mostra diverse resistenze nel confermare il nesso causale che lega le inadempienze relative a tematiche come l'uranio impoverito, l'amianto e i trattamenti vaccinali non idonei e le conseguenze descritte,
si chiede di sapere quale sia l'opinione del Ministro in indirizzo sui fatti esposti, e quali iniziative intenda intraprendere al fine di provvedere ad un'immediata bonifica di tutto l'amianto ancora presente nelle navi e nelle installazioni a terra della Marina militare e nelle altre forze armate, per favorire una maggiore trasparenza e attendibilità riguardo ai dati epidemiologici completi, e al contempo provvedere a una definizione dei procedimenti amministrativi di riconoscimento di causa di servizio e vittima del dovere per i militari vittime di patologie asbesto correlate, ovvero di patologie causate da servizio, rispetto alle attuali tempistiche, e infine evitare che morti e destini di militari con patologie similari siano trattati con evidenti discordanze.
(4-03859)
ROMANO, LEZZI, MININNO, BUCCARELLA - Ai Ministri dello sviluppo economico e del lavoro e delle politiche sociali. - Premesso che, per quanto è a conoscenza degli interroganti:
a causa della crisi legata all'emergenza da COVID-19, la CNH Industrial Italia SpA ha denunciato un calo degli ordini, che metterebbe a rischio gli stabilimenti di Brescia, polo per l'elettrificazione dei veicoli, e di Lecce, dove si producono le macchine per la movimentazione della terra;
gli impianti contano circa 2.700 operai, che confidano sugli impegni assunti per la salvaguardia dei posti di lavoro in territorio italiano con l'accordo quadro del 10 marzo 2020;
presso il Ministero dello sviluppo economico si è svolto un incontro di aggiornamento riguardante il gruppo CNH Industrial, presieduto dal vice capo di gabinetto, ingegner Giorgio Sorial, al quale ha partecipato la dottoressa Paola Capone, addetta alla struttura per la crisi di impresa, nonché il dottor Vincenzo Retus, responsabile delle relazioni industriali di CNH Industrial SpA, e la dottoressa Isabella Macrelli;
a seguito di tale incontro, come si legge nel relativo verbale, "il Vice Capo di Gabinetto ingegner Giorgio Sorial, ha preso atto del raggiungimento dell'intesa, frutto del grande impegno profuso dalle parti per il suo perfezionamento";
considerato che:
l'accordo è la cornice e il presupposto per la prosecuzione del confronto tra le parti in ordine alla costruzione dei singoli accordi territoriali;
il Ministero dello sviluppo economico è deputato a seguire l'evoluzione delle vicende societarie e delle trattative, affinché possa trarsi una definitiva soluzione per lo sviluppo industriale del gruppo CNHI e dei singoli territori, nonché a monitorare lo stato di attuazione dell'accordo quadro, da implementare con i singoli accordi territoriali;
i lavoratori, considerate le incognite sul futuro degli stabilimenti di Brescia e Lecce, hanno attivato iniziative sindacali a tutela e salvaguardia dei livelli occupazionali,
si chiede di sapere se e quali iniziative i Ministri in indirizzo, ciascuno per quanto di propria competenza, intendano porre in atto per monitorare lo stato di attuazione dell'accordo quadro del 10 marzo 2020 e per salvaguardare l'occupazione in territorio italiano dei dipendenti del gruppo CNH Industrial SpA negli stabilimenti di Brescia e Lecce.
(4-03860)
SBROLLINI - Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. -
(4-03861)
(Già 3-01708)
DE VECCHIS - Al Ministro della salute. - Premesso che:
si apprende dell'iniziativa della Regione Lazio di chiudere i centri radiologico e MOC del poliambulatorio di viale di Tor di Quinto a Roma, con il trasferimento di un intero reparto diagnostico in altre strutture ospedaliere più ampie e dislocate in altre zone della città, e con un conseguente e preoccupante impoverimento dell'assistenza sanitaria del territorio;
la chiusura delle strutture era già stata scongiurata in due precedenti occasioni, la prima nel 2015 e l'ultima nel 2017, grazie alla mobilitazione non solo dei cittadini di zona, ma di tutta la città;
è prevista la messa in atto di un sistema di mobilità temporanea in base alla quale il personale che opera nelle strutture verrà dislocato presso quelle di Santa Maria della pietà, l'ospedale Oftalmico, il San Filippo Neri e il Santo Spirito, con evidente disagio per i lavoratori e i pazienti;
i cittadini romani subiranno un ennesimo disagio, e soprattutto i residenti della zona, in particolare la fascia più fragile della popolazione, quali anziani, malati e bambini, che si vedranno costretti ad attraversare l'intera città per effettuare anche semplici radiografie e screening di routine in strutture ospedaliere più grandi e soprattutto già congestionate;
la misura sembra decisamente stridere con le misure di contenimento imposte a seguito dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, in base alle quali è necessario ridurre al minimo il sovraffollamento delle strutture sanitarie citate;
l'operazione rappresenta un ulteriore intervento di smantellamento della sanità pubblica della Regione Lazio perpetrata da anni ai danni non solo dei lavoratori, ma soprattutto dei cittadini, a fronte di nessun evidente vantaggio per la sanità pubblica e che anzi sembra andare in senso diametralmente opposto ai proclami di risanamento e di ottimizzazione del SSN, enunciato più volte dal Presidente del Consiglio dei ministri Conte e dai suoi ministri in questo periodo di emergenza sanitaria,
si chiede di conoscere quali siano le motivazioni amministrative che stanno portando alla chiusura di strutture così importanti per la sanità della città di Roma e di tutto il Lazio e che cosa il Ministro in indirizzo intenda fare al fine di scongiurare ulteriori disagi ai pazienti di Roma e del Lazio, che sono ormai stanchi di essere considerati come "pacchi da smistare" in strutture ospedaliere sempre meno numerose sul territorio e sempre più disfunzionali rispetto alle loro esigenze.
(4-03862)
DE POLI - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Premesso che:
sul progetto di realizzazione di una stazione ferroviaria in Veneto a Schiavonia tra Monselice e Sant'Elena, lungo la linea Padova-Bologna, nelle vicinanze del nuovo polo ospedaliero in provincia di Padova, si è già espresso positivamente il Consiglio regionale veneto nell'ottobre 2017, inserendo nel progetto anche la costruzione di due piste ciclopedonali di collegamento con Monselice ed Este;
da relazioni tecniche elaborate da RFI, la realizzazione di questa infrastruttura, simile alla stazione di Venezia Mestre ospedale, situata lungo la fermata della linea ferroviaria Venezia-Udine per servire il vicino ospedale "dell'Angelo", costerebbe circa 3 milioni di euro;
la nuova stazione di Schiavonia sposterebbe gran parte del traffico esistente attualmente su gomma a quello su rotaia, risolvendo in parte il problema del traffico intenso con conseguente diminuzione dello smog, a tutto vantaggio dell'ambiente;
considerando inoltre che il polo ospedaliero sarebbe raggiungibile da Padova in soli 30 minuti, da Terme Euganee in 20 e da Monselice in 5 minuti e il bacino di utenza consisterebbe giornalmente in 2.000 addetti al lavoro, oltre ai familiari dei pazienti,
si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo non reputi necessario istituire un tavolo tecnico con i rappresentanti della Regione Veneto, di RFI, della Provincia e degli amministratori dei Comuni coinvolti nella realizzazione della stazione ferroviaria a Schiavonia, per servire il vicino polo ospedaliero, al fine di risolvere gran parte dei problemi di mobilità della rete viaria a vantaggio di un trasporto pubblico locale veloce e pulito.
(4-03863)
GALLONE - Ai Ministri dello sviluppo economico, della salute e dell'interno. - Premesso che:
in questi mesi l'emergenza sanitaria da COVID-19 ha messo a durissima prova la tenuta economica di numerose imprese e attività, tra le quali quella dei venditori ambulanti;
il problema oggi risiede nel fatto che nel corso di questi mesi sono state cancellate e mai più ripristinate sagre patronali, notti bianche, street food, fiere a tema: si tratta di eventi che appartengono al territorio e lo caratterizzano, perché si rinnovano periodicamente e sanciscono un legame tra tradizione, folclore locale e spirito di appartenenza;
tale situazione mette a durissima prova gli addetti del settore, che conta 176.000 imprese in Italia con circa 400.000 tra titolari, dipendenti e collaboratori su un totale di 183.000;
l'associazione di categoria FIVA (Federazione italiana venditori ambulanti) a Bergamo, ad esempio, conta all'incirca 800 associati, dei quali il 95 per cento lavora esclusivamente con fiere e sagre. Si tratta di famiglie che operano nel settore da due o più generazioni, allestendo i classici banchetti molto frequentati durante le feste, ad esempio bancarelle che vendono dolciumi, giocattoli, bigiotteria, accessori e street food. Per tutti loro, secondo l'associazione, le perdite del 2020 saranno del 100 per cento;
in Sicilia, invece, sono circa 20.000 gli ambulanti che da mesi sono fermi, con diversi Comuni che hanno vietato i mercati già dallo scorso 23 febbraio, dunque prima del lockdown dell'8 marzo;
il settore del commercio su area pubblica è già in crisi da almeno 10 anni e se da un lato alcuni hanno già ricevuto il bonus da 600 euro previsto dal decreto "cura Italia", dall'altro molte attività sono state costrette a chiudere;
già prima dell'emergenza sanitaria da COVID-19 moltissime piccole imprese del commercio ambulante si trovavano nella condizione di operare necessariamente scelte alternative riguardo alle numerose scadenze fiscali e di carattere lavorativo ed economico (mutui, stipendi ai dipendenti);
tali difficoltà si sono amplificate a seguito del lockdown e saranno purtroppo destinate a peggiorare in caso di nuove misure restrittive causate dal COVID-19,
si chiede di sapere:
quali misure i Ministri in indirizzo stiano mettendo in atto per il sostegno al settore;
se non intendano adoperarsi per fornire linee chiare e protocolli sanitari utili per la realizzazione di eventi, con particolare attenzione alle sagre patronali, notti bianche, street food, fiere a tema, affinché possano attivarsi quanto prima per la riapertura e la programmazione anche in caso di prolungamento dello stato d'emergenza.
(4-03864)
CORTI, CAMPARI, RUFA - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Premesso che:
il decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 98, ha introdotto il documento unico di circolazione (DUC) in forma digitale e smaterializzata, e le relative procedure di rilascio;
con riguardo ai veicoli storici d'epoca e di interesse storico e collezionistico, di cui all'articolo 60 del codice della strada (decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285), la circolare prot. n. 14704 del 27 maggio 2020, emanata da ACI e dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, stabilisce che nel fascicolo digitale debba essere acquisita la scansione del documento di circolazione originale, il quale è poi restituito al proprietario senza apposizione di alcun segno di annullamento;
la circolare, tuttavia, stabilisce tale procedura per i soli veicoli che siano stati costruiti o immatricolati per la prima volta almeno 30 anni fa, e non anche per quelli di anzianità ultraventennale, ai quali si applica la regolare procedura di digitalizzazione della carta di circolazione originale e contestuale distruzione della stessa;
considerato che la normativa vigente riconosce l'interesse storico ai veicoli con anzianità sia ultratrentennale, che ultraventennale, come peraltro confermato dall'esenzione dal pagamento del bollo auto, previsto per entrambe le categorie di veicoli, rispettivamente in forma integrale e in forma dimezzata (articolo 63 della legge 21 novembre 2000, n. 342),
si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo non ritenga opportuno attivarsi, con proprio provvedimento, affinché la procedura di rilascio del documento unico di circolazione prevista per i veicoli d'epoca e di interesse storico o collezionistico con anzianità ultratrentennale sia estesa ai medesimi veicoli con anzianità di immatricolazione compresa tra i 20 e i 29 anni.
(4-03865)
AIMI - Al Ministro della giustizia. - Premesso che:
come ormai tristemente noto, l'inchiesta "Angeli e demoni" ha fatto emergere uno scenario raccapricciante sulla rete dei servizi sociali della val d'Enza, accusati, tra l'altro, di redigere false relazioni per allontanare bambini dalle famiglie e collocarli in affido retribuito presso amici o conoscenti;
in relazione a tali fatti, la Procura di Reggio Emilia ha chiesto il rinvio a giudizio per 24 persone. Tra le parti offese figura anche il Ministero della giustizia;
per il 30 ottobre 2020 è fissata l'udienza preliminare per decidere sulla richiesta di rinvio a giudizio. Più volte e in svariate occasioni, il Ministero della giustizia ha lasciato intendere la volontà di costituirsi parte civile nel processo;
si ricordano peraltro le parole pronunciate di recente dal presidente del Tribunale per i minorenni di Bologna, Giuseppe Spadaro: "Sono certo che il ministero, nella persona del ministro Bonafede, stia già valutando la costituzione di parte civile, in primis nell'interesse dei bambini, unico a cui il Tribunale minori, il sottoscritto tanto quale suo presidente ma anche quale padre biologico e adottivo, come i giudici minorili di Bologna, hanno sempre e unicamente prestato la dovuta attenzione ed, anche, per ridare all'utenza fiducia nella figura del giudice dei minori",
si chiede di sapere se, per quanto consta al Ministro in indirizzo, il suo Ministero si costituirà parte civile nel processo penale relativo alla nota inchiesta "Angeli e demoni" e con quali tempistiche intenda comunicare tale decisione.
(4-03866)
DE PETRIS - Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. - Premesso che, a quanto risulta all'interrogante:
in attuazione del concordato preventivo, omologato dal Tribunale fallimentare di Roma, l'Azienda del trasposto pubblico di Roma, ATAC SpA, partecipata al 100 per cento da Roma capitale, ha avviato la procedura di vendita in asta pubblica dello storico insediamento di servizio e deposito denominato "Vittoria", con accesso da piazza Bainsizza, nel municipio I;
la società immobiliare incaricata da ATAC (Yard real estate) ha già annunciato sul proprio sito la procedura di asta che si svolgerà nella seconda metà di settembre 2020, con un prezzo base di 16 milioni e 400.000 euro;
l'ex deposito e l'area delle officine ATAC, inaugurate nel 1920 ed estese per oltre 17.000 metri quadri a ridosso del centro storico della capitale, è stata sottoposta a vincolo con decreto del Ministero per i beni culturali n. 139 del 10 dicembre 2013, in quanto insediamento industriale di rilievo storico;
oltre alle attività collegate al trasporto pubblico, l'ex deposito "Vittoria" ha da sempre ospitato anche ulteriori servizi di rilevanza pubblica, in particolare servizi di interesse socio-sanitario, ambientale e, recentemente, anche eventi ed attività espositive;
le associazioni civiche e i comitati di quartiere della zona si sono da sempre opposte alla vendita e alla privatizzazione dell'ex deposito, evidenziando i rischi di speculazione edilizia in un'area di elevato valore urbanistico;
il coordinamento delle associazioni civiche dei quartieri interessati, denominato "Insieme XVII", ha avanzato, con una lettera inviata alle autorità competenti, la proposta che sia il Ministero per i beni e le attività culturali ed il turismo ad intervenire per evitare l'asta dell'ex deposito, esercitando il diritto di prelazione previsto per i beni di interesse storico-artistico soggetti a vincolo dall'art. 60 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004;
l'intervento di acquisizione da parte del Ministero consentirebbe di mantenere la proprietà pubblica di un complesso di valore storico, che ha già ospitato attività espositive e potrebbe essere collegato al vicino museo "Maxxi", costituendo un nuovo polo di grande importanza culturale per la città di Roma,
si chiede di sapere:
quali interventi intenda attivare il Ministro in indirizzo, se necessario d'intesa con Roma capitale, per impedire che l'ex deposito "Vittoria" a Roma, sottoposto a vincolo di tutela con decreto ministeriale n. 139 del 2013, possa essere soggetto ad interventi di trasformazione urbanistica non conformi agli indirizzi di tutela del bene;
se non ritenga opportuno intervenire, con i poteri di cui all'art. 60 del decreto legislativo n. 42 del 2004, per esercitare il diritto di prelazione ed assicurare all'ex deposito una destinazione pubblica e di rilievo culturale in stretto collegamento con il vicino museo Maxxi, destinazione che consenta, fra l'altro, di salvaguardare i servizi pubblici già operanti all'interno dell'area.
(4-03867)
RAMPI - Al Ministro dell'interno. - Premesso che:
ai sensi dell'art. 143 e seguenti del testo unico degli enti locali di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000 l'iter amministrativo per lo scioglimento degli enti locali prevede il potere d'iniziativa in capo al prefetto che, informato dalla magistratura o dalle forze di polizia, del potenziale rischio di infiltrazioni mafiose in un ente locale, avvia la procedura di accesso agli atti;
la commissione d'accesso di nomina prefettizia, al termine dei lavori, redige una relazione riservata diretta al prefetto che, a sua volta, invia un rapporto al Ministro dell'interno, affinché valuti l'opportunità di giungere ad uno scioglimento dell'ente disposto successivamente dal Presidente della Repubblica;
la relazione redatta dalla commissione di accesso è classificata come riservata ai sensi dell'art. 42 della legge n. 124 del 2007 e sottratta all'accesso ai sensi dell'art. 3, comma 1, del decreto ministeriale n. 415 del 1994 (recante il regolamento per la disciplina delle categorie di documenti sottratti all'accesso ai documenti amministrativi, in attuazione dell'art. 24, comma 4, ora comma 6, della legge n. 241 del 1990);
ai sensi dell'art. 262 del codice penale, la conoscenza di notizie riservate è al più circoscritta all'ambito processuale e dunque ai fini della tutela giurisdizionale;
considerato che:
il Consiglio dei ministri, con decreto del Presidente della Repubblica 22 ottobre 2019 e a seguito dell'istruttoria condotta dalla commissione per l'accesso presso il Comune di Manfredonia (Foggia), della relazione dal prefetto e della proposta del Ministro, ha affidato la gestione dell'ente ad una commissione straordinaria, dopo aver rilevato la presunta permeabilità dell'ente ai condizionamenti esterni della criminalità organizzata;
in data 8 luglio 2019 la commissione ha rassegnato la propria relazione riservata protocollata al n. 499/OPS (2);
prima ancora della pubblicazione del decreto del Presidente della Repubblica citato, recante in allegato la proposta di scioglimento ministeriale e la relazione prefettizia, in Gazzetta Ufficiale (Serie generale n. 266 del 13 novembre 2019), le testate giornalistiche locali avevano dettagliatamente diffuso i contenuti e i nomi dei soggetti coinvolti nelle vicende oggetto della relazione istruttoria della commissione di accesso, indicando il numero di pagine e i nominativi dei componenti dell'organo di indagine;
ci si riferisce, tra i tanti, agli articoli delle testate giornalistiche locali: "Foggiatoday", intitolato "La faccia oscura di Manfredonia: 365 pagine di affari e connivenze che hanno massacrato la città del Golfo", "l'Immediato", intitolato "La mafia che ha avvelenato Manfredonia: assessori trait d'union coi Li Bergolis-Miucci. Ombre anche su imprese edili e dipendenti comunali", e sempre "l'Immediato", intitolato "La storia criminale di Manfredonia in 424 pagine terribili di relazione. Potere dei clan e politici collusi dietro lo scioglimento per mafia", e ancora "La Gazzetta del Mezzogiorno", intitolato "Manfredonia, mafia in Comune: ecco i legami dei politici con i clan";
tutti gli articoli menzionati, pubblicati sul web in data 18 ottobre 2019, sono tuttora liberamente consultabili;
la diffusione della relazione istruttoria alle varie testate giornalistiche on line e cartacee è stato oggetto di denuncia da parte del prefetto presso la Procura della Repubblica di Foggia;
dalla diffusione dei contenuti della relazione è derivato un grave pregiudizio per la divulgazione di immagini fotografiche e dei dati personali degli amministratori locali, di funzionari del Comune di Manfredonia; di lavoratori impiegati nelle società partecipate; di lavoratori socialmente utili del Comune di Manfredonia e anche di semplici cittadini;
la divulgazione dei contenuti della relazione istruttoria riservata comporta l'accertamento delle eventuali responsabilità,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza della problematica esposta e quali iniziative di competenza intenda assumere;
nello specifico, quali iniziative intenda assumere al fine di tutelare il diritto alla riservatezza dei soggetti menzionati nella relazione istruttoria della commissione di accesso, quale ad esempio la rimozione in tempi celeri dei contenuti della relazione medesima dal web;
se intenda promuovere un'inchiesta amministrativa al fine di accertare le eventuali responsabilità.
(4-03868)
BINETTI - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Premesso che:
l'Istituto poligrafico e Zecca dello Stato, società per azioni interamente posseduta dal Ministero dell'economia e delle finanze, in questi ultimi anni è stata oggetto di rilievi parlamentari sia sulla qualità della produzione che sul livello dei costi dei servizi e dei beni forniti a carico dei cittadini e dell'erario. L'Istituto opera sostanzialmente in regime monopolistico per taluni servizi prestati a cittadini e imprese;
numerosi atti di sindacato ispettivo sono stati presentati in materia di bollini farmaceutici, in particolare tra il 2015 e il 2017, con riferimento a difetti di fabbricazione, da ritenersi rilevanti per quel che dovrebbe essere una carta valori;
quanto ai costi, ricerche di mercato (EURISPES, estate 2015) hanno dimostrato che il prezzo dei bollini scenderebbe se vi fosse un mercato concorrenziale. La segnalazione dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato del 29 novembre 2017, indirizzata ai presidenti di Camera e Senato, al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro dell'economia e delle finanze, contesta il fatto che il Poligrafico detenga il monopolio sulla produzione dei bollini farmaceutici;
ma ulteriori aspetti problematici sono stati sollevati in relazione alla difettosità dei chip delle carte di identità (2018-2019) e alla loro difficile reperibilità, che obbliga i cittadini a tempi lunghi di attesa per ottenere un documento essenziale che dovrebbe essere rilasciato a vista;
recentemente, le associazioni del settore vinicolo hanno segnalato i ritardi in merito all'emanazione del decreto attuativo dell'articolo 48 del testo unico del vino (n. 238 del 2016), riguardante i sistemi di controllo e tracciabilità alternativi al sistema delle fascette realizzate dal Poligrafico. Il decreto applicativo, firmato dopo oltre 3 anni, è ancora privo del regolamento che individua i soggetti abilitati alla produzione, per cui il Poligrafico continua ad operare in regime di monopolio anche in questo settore. Questo obbliga, hanno più volte sottolineato le imprese di settore, a sostenere costi più elevati per gestire il sistema di tracciabilità;
il Ministro controllante ha sempre avallato e difeso in sede parlamentare l'operato dell'Istituto; tuttavia il gruppo dirigente che ha gestito il Poligrafico in questi anni, e che è in fase di rinnovo, non può, a fronte degli innumerevoli rilievi presentati, considerarsi immune da errori gestionali, tra i quali taluni investimenti in tecnologie non in linea con la digitalizzazione della pubblica amministrazione e del sistema produttivo, impostazione che rischia di marginalizzare il ruolo del Poligrafico e minare la sua capacità di stare sul libero mercato;
sintomatica di quanto sopra è la notizia che si apprende dalla stampa di un esposto presentato presso la Procura di Roma, contro gli attuali vertici dell'Istituto (come pubblicato su "La Verità");
secondo la stampa, con propria determina, l'attuale amministratore delegato avrebbe affidato con procedura negoziata l'aggiornamento di due macchine di stampa Heidelberg Gallus R200, al costo di 4.750.000 euro. In realtà si tratterebbe di un aggiornamento simulato, in quanto l'istituto avrebbe invece acquistato due macchine nuove per bollinare gli scontrini del lotto della Heidelberg senza gara e ad un prezzo del tutto libero. Secondo l'esposto, le stesse macchine si trovano nuove in commercio ad un prezzo intorno a 1,3-1,5 milioni di euro l'una;
nella sua replica il Poligrafico ha confermato l'indagine in corso, ma non ha presentato alcuna delucidazione in merito alla vicenda, e cioè non ha chiarito se effettivamente si tratti di macchine aggiornate ad un prezzo apparentemente eccessivo,
si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo non ritenga opportuno, in sede di rinnovo dei vertici dell'Istituto poligrafico e Zecca dello stato, tener conto della necessità di nominare per questa istituzione un gruppo dirigente che ne stimoli la capacità di stare sul mercato e la ponga in linea con la digitalizzazione della pubblica amministrazione, superando il regime di monopolio e la conseguente opacità gestionale.
(4-03869)
URRARO, ROMEO - Al Ministro della giustizia. - Premesso che:
negli istituti penitenziari si sta ripristinando gradualmente lo status quo del periodo pre COVID-19, mantenendo la possibilità di effettuare le videochiamate per i detenuti comuni; ciò ha causato le proteste da parte dei detenuti nei circuiti dell'alta sicurezza di alcune carceri, perché si sono sentiti esclusi;
alcuni provveditorati hanno segnalato il problema dell'esclusione al Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, il quale ha risposto che la possibilità vada concessa, prevedendo però maggiori controlli per i reclusi in alta sicurezza;
nella circolare del DAP del 30 giugno, viene allegato il protocollo redatto dal gruppo istituito ad hoc dal Ministero della salute e nato dalle indicazioni dell'Istituto superiore di sanità, nel quale, tra i vari punti, viene espressamente indicato di "favorire l'applicazione di misure alternative alla detenzione per tutte le persone che presentano gravi patologie che possono essere significativamente complicate dal Covid-19";
sostanzialmente viene ripristinata la nota circolare del 21 marzo, volta a favorire "il differimento pena per gravi motivi di salute"; circolare di contenuto tanto controverso da dare impulso ad un'indagine conoscitiva della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere e che ha portato altresì alle dimissioni del capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, dottor Basentini;
considerato che:
pur riconoscendo anche per i detenuti il diritto primario alla salute, costituzionalmente garantito, attualmente negli istituti di pena italiani non vi è un'emergenza tale da giustificare scarcerazioni per motivi di salute dei detenuti in alta sicurezza, soprattutto considerato che costoro sono reclusi in stato di isolamento;
nella circolare non viene fatta alcuna distinzione tra detenuti ordinari e detenuti in regime di alta sicurezza, per i quali non possono essere previste uguali modalità di gestione, anche in una situazione di emergenza pandemica;
le strutture mediche che possono ricevere detenuti reclusi in alta sicurezza sono presenti e operative nel nostro territorio e, in caso di necessità, dovrebbero essere rafforzate;
vi sono soluzioni più eque e costruttive rispetto a quella della scarcerazione dei detenuti in regime di alta sicurezza che possono essere adottate e che lo Stato dovrebbe adottare, quali quella di realizzare in modo tempestivo nuove strutture carcerarie in grado di accogliere i detenuti in modo da evitare il sovraffollamento nelle celle: quella del sovraffollamento carcerario è una problematica vigente da tempo e alla quale è giunto il momento di dare una soluzione,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo non ritenga opportuno rivedere i parametri della circolare del 30 giugno 2020 del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria che, come la precedente circolare del 21 marzo 2020, prevede ampi criteri di scarcerazione anche per i detenuti in regime di alta sicurezza;
se non ritenga opportuno provvedere tempestivamente alla realizzazione di nuove strutture carcerarie.
(4-03870)
CASTIELLO - Ai Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, delle politiche agricole alimentari e forestali e per i beni e le attività culturali e per il turismo. - Premesso che:
il Comune di Castelnuovo Cilento (Salerno) ha redatto il progetto per la realizzazione di un impianto di compostaggio industriale della frazione organica, da realizzarsi in area contigua al parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano e degli Alburni finanziato dalla Regione Campania per 10.600.000 euro;
tale impianto dovrebbe essere al servizio di 48 Comuni ricadenti nell'area parco;
senonché la Regione Campania, in applicazione della legge regionale n. 14 del 2016, art. 45, nel 2017 ha pubblicato un bando per la dotazione dei Comuni della regione stessa di compostiere di comunità, a servizio di ogni singolo Comune, nella logica dell'economia circolare;
a seguito del bando, hanno aderito a tale soluzione 31 Comuni dell'area sud Cilento, sicché il 64,5 per cento dei Comuni individuati come conferenti al progettato impianto di compostaggio di Castelnuovo Cilento ha deciso di smaltire autonomamente la frazione organica prodotta utilizzando le compostiere di comunità;
oltre ad essere sovradimensionato, l'impianto di compostaggio industriale ha un'ubicazione errata e inopportuna in quanto ricade in area contigua al parco, come si evince dall'elaborato progettuale RLT-08;
il parco nazionale, nell'ambito della procedura di aggiornamento del piano per la gestione dei rifiuti urbani della Regione Campania, nel 2016 ha espresso il suo "sentito", ai sensi dell'art. 5 comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997, nei termini seguenti: "esprime parere favorevole a condizione che il piano escluda a priori dal perimetro del Parco Nazionale e dalla sua area contigua (...) le azioni 1) e 3) e precisamente '1) realizzazione di impiantistica per il recupero di frazione organica, per la produzione di compost di qualità, finalizzato a favorire il principio di prossimità'";
considerato che:
il progettato impianto risulta palesemente basato su dati inesistenti in quanto le prospettate utenze comunali, per il 64,5 per cento di quelle indicate in progetto, resteranno prive di seguito avendo vari Comuni scelto di smaltire al loro interno la frazione organica attraverso moderne compostiere di comunità che la stessa Regione ha finanziato e perfino già incominciato a fornire a molti dei Comuni dell'area sud Cilento;
l'impianto, così come progettato, sarebbe sottoutilizzato per il 64,5 per cento, con un evidente sovradimensionamento e conseguente spreco di risorse pubbliche;
l'impianto progettato è privo del parere favorevole del parco nazionale del Cilento, essendosi, questo ente, già espresso con il "sentito" del 16 novembre 2016 che, come detto, esclude categoricamente nelle aree contigue la realizzazione di tali impianti;
in ogni caso la scelta di un mega impianto industriale in area contigua al parco nazionale provocherebbe un vulnus all'immagine di uno dei parchi più famosi d'Italia, con conseguente grave pregiudizio dell'attività turistica, agrituristica ed agricola diffuse nell'area,
si chiede di conoscere quali iniziative i Ministri in indirizzo intendano assumere con urgenza per far luce sulle problematiche esposte ai fini della tempestiva adozione dei provvedimenti consequenziali di competenza.
(4-03871)
VANIN, MONTEVECCHI, ANGRISANI, FERRARA, PAVANELLI, LANNUTTI, PRESUTTO, TRENTACOSTE, CROATTI - Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. - Premesso che:
risulta agli interroganti che la fondazione teatro dell'Opera di Roma, guidata dal sovrintendente Carlo Fuortes dal 21 dicembre 2013, abbia una divisione denominata "Fabbrica" che si occupa di fare scouting;
tale divisione è coordinata da Eleonora Pacetti la quale risulta addetta alle selezioni curando le audizioni e ogni attività connessa e conseguente;
in particolare dalla sezione della fondazione dedicata alla trasparenza, Eleonora Pacetti risulta "responsabile del progetto Fabbrica (Young Artist Program), finalizzato ed orientato al perseguimento degli obietti individuati in premessa. Nello svolgimento di tale incarico il collaboratore potrà altresì svolgere funzioni di docente nonché partecipare e/o presiedere le commissioni di selezione dei candidati, ma non dovrà occuparsi degli aspetti connessi alla comunicazione del progetto stesso";
sul sito web di "In Art management", relativamente al progetto denominato "In Art academy", è stata pubblicata una "masterclass", dal titolo "Come avere successo alle audizioni", tenuta da Eleonora Pacetti, nel corso della quale viene spiegato agli iscritti come superare un'audizione, che repertorio preparare, come capire qual è il repertorio più adatto alla propria voce, eccetera (pubblicato da "romaoperacampus");
considerato che, a parere degli interroganti:
si configura una situazione di conflitto di interessi in quanto Eleonora Pacetti collabora con l'agenzia "In Art accademy" per proporre a giovani cantanti un percorso teorico e pratico a pagamento per imparare come avere successo nelle audizioni e ricopre un incarico presso l'Opera di Roma nel progetto "Fabbrica";
non è chiaro, peraltro, ma è presumibile che a questi cantanti verrà rilasciato un attestato per la partecipazione alla "masterclass" e potrebbero presentarsi in futuro alla Fabbrica del teatro dell'Opera di Roma facendo un'audizione ed esibendo siffatto attestato quale segno di riconoscimento rispetto a partecipanti che di tale attestato sono sforniti: il vulnus, anche in termini di disparità di trattamento, traspare quindi con evidenza,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti esposti;
quali iniziative di propria competenza intenda intraprendere per dare corso alle opportune verifiche anche al fine di dirimere ogni eventuale conflitto di interessi.
(4-03872)
FARAONE - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Premesso che:
nelle ultime settimane sono moltissime le segnalazioni giunte all'interrogante da cittadini che si trovano ingiustamente impossibilitati da mesi a ricongiungersi al proprio partner residente all'estero;
parimenti sono moltissimi gli appelli e le petizioni che sono state progressivamente pubblicate da parte non solo di singoli cittadini, ma anche da interi gruppi di persone che hanno manifestato questa grave limitazione della libertà;
la questione riguarda soprattutto i cittadini che risiedono in Paesi non UE o extra Schengen, come Russia e Stati Uniti, nei cui confronti sono state adottate misure restrittive di contenimento degli spostamenti;
in particolare, sui social network si è diffusa in maniera capillare la campagna di sensibilizzazione sul tema accompagnata dagli slogan "#LoveIsEssential" e "#LoveIsNotTourism";
anche la commissaria europea per gli affari interni, Ylva Johansson, ha manifestato interesse sul tema accogliendo con alcuni tweet sul proprio profilo istituzionale "Twitter" entrambi gli slogan e rivendicando altresì la necessità di accordi specifici tra Stati membri e compagnie aeree affinché venga consentita e regolamentata la possibilità di ricongiungimento per tutte quelle coppie che hanno una relazione duratura e debitamente provata, nei cui confronti l'emergenza epidemiologica e le conseguenti restrizioni hanno determinato una separazione de facto;
alcuni Paesi hanno già adottato misure finalizzate a consentire il ricongiungimento delle coppie transfrontaliere: tra questi, la Danimarca ha aperto i confini ai partner residenti nei Paesi scandinavi o in Germania, mentre la Repubblica ceca ha adottato un puntuale protocollo per far rientrare nel Paese i partner legati a cittadini cechi da una relazione duratura, documentalmente provata;
il 30 giugno 2020 il Consiglio ha adottato una raccomandazione relativa alla revoca graduale delle restrizioni temporanee dei viaggi non essenziali verso la UE solo per un determinato elenco di alcuni Paesi terzi che soddisfano determinati criteri di sicurezza, elenco che dovrebbe essere riesaminato ogni due settimane;
tale raccomandazione, tuttavia, non si qualifica come strumento giuridicamente rilevante, rimanendo in capo ai singoli Stati membri la responsabilità di attuarne il contenuto;
considerato che:
a partire dall'istituzione dell'Unione europea e dalla diffusione dei voli low cost, moltissime iniziative di integrazione sociale sono proliferate negli ultimi 30 anni incentivando in maniera preponderante non solo i viaggi tra i Paesi ed il turismo, ma anche e soprattutto gli scambi ed il dialogo umano e culturale tra le persone e le popolazioni;
a questo proposito non si può non ricordare, a titolo di esempio, l'enorme importanza che ha ricoperto nei decenni il programma "Erasmus": stando ai dati diffusi dall'agenzia "Indire", nel 2018 sono stati quasi 38.000 gli studenti italiani che hanno svolto un'esperienza Erasmus di studio o tirocinio all'estero e 26.000 gli studenti in ingresso in Italia dall'Europa, entrambi dati in crescita rispetto agli anni passati;
la "generazione Erasmus", figlia proprio di questo spirito e di queste iniziative, è stata il pilastro su cui fondare la prima vera e propria generazione di giovani europei, e da cui si sono costituite in numero sempre maggiore le coppie transfrontaliere,
si chiede di sapere:
quali siano gli orientamenti del Ministro in indirizzo in merito alle circostanze descritte;
quali specifici interventi intenda mettere in atto al fine di promuovere gli opportuni accordi tra le compagnie aeree e le autorità indipendenti competenti nel settore al fine di elaborare protocolli organizzativi e sanitari, nel rispetto delle vigenti norme igieniche e di sicurezza, che consentano il ricongiungimento di coppie transfrontaliere legate da una relazione stabile e adeguatamente provata, impossibilitate a riunirsi in questi mesi a causa dell'emergenza epidemiologica da COVID-19.
(4-03873)
Interrogazioni, da svolgere in Commissione
A norma dell'articolo 147 del Regolamento, le seguenti interrogazioni saranno svolte presso le Commissioni permanenti:
4ª Commissione permanente (Difesa):
3-01800, 3-01801 e 3-01802 del senatore Mininno ed altri, rispettivamente sulle disparità di reclutamento del personale tra i Carabinieri e le altre forze armate, sulla concessione della croce commemorativa a personale delle forze armate impiegate nell'operazione "Strade pulite" in Campania e sulla somministrazione dei tamponi anti COVID al personale dell'Aeronautica a Pratica di Mare;
10ª Commissione permanente (Industria, commercio, turismo):
3-01808 del senatore Lanzi ed altri, su interventi di sostegno al settore fieristico;
12ª Commissione permanente (Igiene e sanità):
3-01798 della senatrice Rizzotti, sull'inserimento dei servizi di telemedicina all'interno dei livelli essenziali di assistenza.
Mozioni, ritiro di firme
Il senatore Patuanelli ha dichiarato di ritirare la propria firma dalla mozione 1-00133, della senatrice Lupo ed altri.
Mozioni, ritiro
È stata ritirata la mozione 1-00274, della senatrice Vono ed altri.