GIUNTA PER IL REGOLAMENTO
MERCOLEDI' 30 OTTOBRE 2013
8a seduta


Presidenza del Presidente del Senato
GRASSO


La seduta inizia alle ore 9,10.

Il PRESIDENTE dichiara aperta la seduta.

Prende la parola il senatore CALDEROLI, che esprime nel complesso delusione per il contenuto delle due relazioni, che si aspettava più sintetiche e meno partigiane. Osserva comunque che, trattandosi di una questione per molti aspetti inedita, l'onere della prova grava su chi sostiene la tesi innovativa, ossia sul senatore Russo. A tale proposito, la sua relazione appare, in primo luogo, carente nel dare conto del significato dell'espressione "comunque" utilizzata dall'articolo 113, comma 3, del Regolamento del Senato con riguardo alle votazioni su persone. A giudizio dell'oratore, inoltre, il senatore Russo, nel richiamare il parere della Giunta del Regolamento del 6 maggio 1993 sulle autorizzazioni a procedere, omette di considerare che in quel caso si configurava un rapporto tra organi, mentre l'articolo 3 della cosiddetta "legge Severino" si riferisce ad una fattispecie ben diversa, attinente essenzialmente a persone. L'argomento che fonda poi il voto palese in tema di verifica dei poteri sull'esistenza di una questione di corretta costituzione dell'organo risulta contraddetto dal caso delle dimissioni di un senatore, che, pur riferendosi evidentemente alla completezza del collegio, sono sempre votate a scrutinio segreto. Neanche può richiamarsi a sostegno del voto palese il Regolamento della Camera, innanzitutto perché il tenore letterale delle disposizioni è diverso, mancando in tale Regolamento l'espressione "comunque", e in secondo luogo in base al principio dell'autonomia regolamentare dei due rami del Parlamento. Non risulta conferente neanche il ricorso ai casi Andreotti e Lusi, giacché essi, a differenza della questione in esame, non comportarono la perdita della carica di Senatore. Alla luce di tali considerazioni, conclude che il testo del Regolamento del Senato risulta sul punto estremamente chiaro nel senso dell'applicazione del voto segreto, e non vede perché debba procedersi ad una forzatura interpretativa delle disposizioni, se non per ragioni di mera contingenza politica.

Il senatore PALMA ricorda come la Giunta per il Regolamento rappresenti il massimo organo di garanzia del Senato: essa, in quanto competente ad esaminare le modifiche e l'interpretazione delle disposizioni regolamentari, si occupa del codice di garanzia posto a tutela delle ragioni del più debole, ossia in politica della minoranza rispetto alla maggioranza. La Giunta, collocandosi al punto di incontro tra la parzialità della politica e l'imparzialità del diritto, è chiamata ad operare con il massimo equilibrio, per non diventare un organo puramente politico, mera espressione della maggioranza.
A proposito della dichiarazione di Aldo Moro in Assemblea Costituente, richiamata nella relazione del senatore Russo, in cui si esprimeva diffidenza verso il voto segreto, fa rilevare che essa si riferiva al voto segreto sul complesso della legge e non al voto su persone, aggiungendo come si trattasse peraltro di una mediazione tra le contrapposte posizioni dei partiti presenti in Assemblea Costituente, volta ad evitare una costituzionalizzazione del principio della segretezza e a rimettere la questione ai regolamenti parlamentari.
Richiama quindi la sentenza della Corte costituzionale n. 1146 del 1988, sulla prevalenza dei principi costituzionali supremi rispetto non solo alle leggi ordinarie ma anche a quelle costituzionali, principi che escludono ad esempio qualunque modifica della regola della segretezza del voto nelle competizioni elettorali, sancita dall'articolo 48 della Costituzione, in quanto strumentale all'esercizio della sovranità popolare di cui all'articolo 1 della Carta. Tale considerazione, precisa, non è volta ad escludere ogni possibilità di modifica del voto segreto nei casi previsti dal Regolamento, ma è un invito a tutti i Colleghi ad operare in materia con prudenza, che non pare possa ravvisarsi nell'accelerazione forsennata impressa ai lavori della Giunta per il Regolamento e con riferimento alla procedura sulla decadenza del senatore Berlusconi.
Osserva, sotto un diverso profilo, come la possibilità di superare il voto segreto con una semplice interpretazione sia contraddetta dalla stessa presentazione di proposte di modifica del Regolamento sul punto. A tale riguardo, l'articolo 167 del Regolamento, che richiede la maggioranza assoluta per la modifica delle norme regolamentari del Senato, è evidentemente posto a tutela delle minoranze, mentre l'uso distorto dell'interpretazione in luogo della procedura di garanzia prevista per le modificazioni rappresenterebbe un pericoloso precedente per il funzionamento delle istituzioni democratiche.
Soffermandosi comunque sull'interpretazione delle norme in esame, richiama i canoni ermeneutici stabiliti dall'articolo 12 delle preleggi per valutare la proposta di parere avanzata dal senatore Russo. Ebbene, sotto il profilo letterale, la tesi del voto palese si configurerebbe inevitabilmente quale interpretazione contra legem; non sarebbe inoltre possibile fare ricorso all'analogia, in quanto le disposizioni regolamentari della Camera dei deputati non possono qualificarsi quali principi generali dell'ordinamento dello Stato, anche in considerazione dell'autonomia regolamentare dei due rami del Parlamento riconosciuta dall'articolo 64 della Costituzione e della diversità del relativo corpo elettorale. Anche a voler ammettere in astratto la possibilità dell'analogia, le differenti formulazioni dei testi regolamentari e gli effetti assurdi e paradossali di un'uniformazione forzata escludono, comunque, che sulla questione in esame possa ricorrersi all'argomento di sistema.
Aggiunge come all'interpretazione sistematica non possa farsi ricorso neanche con riferimento al parere del 1993 sul voto relativo alle autorizzazioni a procedere, già richiamato dal senatore Calderoli. In primo luogo, in quella fattispecie il profilo istituzionale risultava prevalente sul dato personale, che caratterizza la questione in esame. In secondo luogo, lo stesso parere del 6 maggio 1993, nel ritenere applicabile alle autorizzazioni all'arresto il voto palese su richiesta di cui al comma 4 dell'articolo 113 del Regolamento, ha compiuto una grave forzatura del sistema trascurando che il comma 3 della disposizione risulta chiaramente volto ad applicare il voto segreto a tutte le votazioni, dirette e indirette, su persone, mentre il comma 4 attiene a fattispecie differenti, ossia a specifiche materie che coinvolgono la tutela dei diritti fondamentali e la strutturazione della società. La stessa applicazione del voto palese su richiesta per l'autorizzazione all'arresto del senatore Lusi non appare corretta e conforme ai principi, in quanto destinata a sottoporre la modalità di scrutinio di un caso così delicato alla contingente iniziativa di venti senatori.
Invita in ogni caso i colleghi della Giunta a non tener conto di chi, anche fuori dalle istituzioni, invoca il voto palese per ragioni tattiche o politiche. Tali posizioni, ad avviso dell'oratore, svelano come la questione delle modalità di voto non sia affatto correlata alla corretta composizione dell'organo, ma diretta a modulare l'interpretazione del Regolamento alla convenienza del momento.
Di conseguenza, ribadisce che alla luce del tenore inequivoco del comma 3 dell'articolo 113 del Regolamento, non è possibile votare in modo palese su persone, né direttamente né indirettamente. E' vero che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 249 del 2006 ha stabilito che le guarentigie di cui all'articolo 68 sono poste a tutela dell'organo parlamentare e non del singolo, ma tale principio, se portato alle estreme conseguenze, finirebbe per escludere qualunque voto segreto su persone, anche nel caso di dimissioni che, come ha rilevato il senatore Calderoli, toccano l'integrità della composizione dell'organo parlamentare. Tale conclusione tuttavia non può essere sostenuta giacché, come risulta dai lavori preparatori del Regolamento del Senato, la segretezza del voto è stata prevista anche per garantire la genuinità e la volontarietà della procedura di dimissioni di un senatore rispetto a indebite pressioni dei Gruppi o dei partiti di appartenenza.
Per concludere, sottolinea come il voto segreto su persone sia strettamente legato alla libertà di mandato sancita dall'articolo 67 della Costituzione: qualunque altra strada costituisce una piccola e non apprezzabile scorciatoia.

La senatrice DE PETRIS, dopo aver ringraziato i senatori Bernini e Russo per le approfondite relazioni, rileva come il comma 2 dell'articolo 135-ter del Regolamento non disciplini espressamente le modalità dell'eventuale voto dell'Assemblea in materia di verifica dei poteri. A tale riguardo, giudica convincente la tesi del senatore Russo, soprattutto nella parte in cui richiama a sostegno dell'ammissibilità del voto palese il parere della Giunta per il Regolamento del 6 maggio 1993. Proprio con riferimento a quella fattispecie, che riguardava l'autorizzazione all'arresto, ossia la massima sfera di libertà della persona, appare a maggior ragione giustificato il voto palese nel caso di votazione sulla verifica dei poteri, ossia sulla persistenza in carica di un senatore. Risultano peraltro inconferenti i riferimenti in senso contrario al voto sulle dimissioni, in quanto tale delicata fattispecie risulta direttamente connessa all'articolo 67 della Costituzione, come si evince peraltro dal dibattito recentemente svoltosi sulle dimissioni di una senatrice del Gruppo Movimento 5 Stelle. In conclusione, afferma che dal citato parere del 1993 emerge un'indicazione chiara ed inconfutabile anche per la soluzione della questione all'ordine del giorno, nel senso dell'applicazione del voto palese, mentre appare superabile, in base agli stessi principi, l'obiezione fondata sul termine "comunque" utilizzato dall'articolo 113, comma 3, del Regolamento.

Il senatore FERRARA richiama innanzitutto l'attenzione sul carattere estremamente complesso della questione in esame, che non si presta a soluzioni avventate o frettolose. A tale riguardo, è opportuno richiamare i tre requisiti richiesti per la legislazione europea e in precedenza già delineati da Alexy a fondamento di ogni intervento volto comunque a modificare l'ordinamento: legalità, necessità, proporzionalità. Sotto il primo aspetto, osserva come parte della dottrina costituzionalistica abbia definito la sostanza della legalità nel contributo dato al bene della comunità, ossia la variazione in meglio dell'ordinamento. Proprio la scelta del voto palese o del voto segreto, come hanno rilevato molti studiosi, si connette con diverse forme di Stato e di Governo: in particolare, il voto palese si collegherebbe maggiormente a forme di democrazia parlamentare, mentre il voto segreto a forme di democrazia presidenziale, in una chiave di riequilibrio dei poteri. Lo stesso Aldo Moro, già richiamato dal senatore Russo, in Assemblea Costituente aveva posto in relazione la modalità del voto parlamentare con la scelta tra cancellierato e sistema parlamentare puro. E' evidente, pertanto, proprio nel rispetto del principio della legalità intesa quale apporto al bene comune, che la scelta tra voto segreto e voto palese non può essere affrontata e compiuta in modo superficiale, ad esempio sulla base di un accidentale interesse politico. Con riferimento al requisito della necessità, nel valutare i caratteri dell'intervento interpretativo proposto, anche in relazione alla prassi dell'altro ramo del Parlamento, sottolinea come non possa assolutamente trascurarsi il principio dell'autonomia regolamentare: la presenza di una determinata disciplina presso la Camera dei deputati non rende necessaria un'analoga modifica nel Regolamento del Senato, anche perché, storicamente, il differente sistema elettorale vigente per Camera e Senato fino al 1994, poneva esigenze diverse anche sotto il profilo regolamentare. Per quanto riguarda la proporzionalità, infine, richiama l'articolo 48 della Costituzione, per sottolineare che, trattandosi della perdita dell'elettorato passivo quale effetto della decadenza prevista dalla cosiddetta "legge Severino", nella procedura deve essere assicurato un equo bilanciamento tra esigenze diverse, tutte meritevoli di tutela sotto il profilo costituzionale. A tale proposito, il voto palese determinerebbe un pericoloso sbilanciamento a fronte della compressione del diritto di elettorato passivo, anche in considerazione della generalità dell'effetto di una forzatura interpretativa originata da un caso particolare.

Il PRESIDENTE, nel riferire il contenuto di alcune agenzie di stampa nel frattempo diffuse, richiama tutti i componenti della Giunta a rispettare le forme di pubblicità dei lavori stabilite dal Regolamento.

Il senatore BRUNO, intervenendo sull'ordine dei lavori, chiede come si intenda procedere all'esito della discussione.

Il PRESIDENTE ribadisce di voler attendere la conclusione degli interventi in discussione prima di definire tempi e modi del prosieguo dei lavori, in modo da giungere ad una decisione ponderata.

Il senatore PALMA, sull'ordine dei lavori, ritiene comunque che non vi sia alcuno spazio di valutazione tra l'esito della discussione e la decisione della questione in esame.

La senatrice FINOCCHIARO ritiene che la Giunta si confronti oggi con una situazione inedita: l'applicazione della cosiddetta "legge Severino". Contrariamente a quanto è stato affermato da alcuni, non ci si appresta, dunque, né a fornire interpretazioni - attività che peraltro avviene quotidianamente a livello parlamentare - né a realizzare una illegittima modifica regolamentare al di fuori delle modalità di cui all'articolo 167 del Regolamento, bensì a individuare, da un lato, la natura della decisione che dovrà essere adottata in relazione a tale nuova situazione e, dall'altro, la natura del voto, nel silenzio dell'articolo 135-ter del Regolamento che, sul punto delle modalità di votazione, nulla dice.
Con riferimento alla circostanza, evocata dal senatore Palma, che la votazione sulle dimissioni dei senatori venga effettuata con voto segreto, ricorda che, fino al 1988, la prassi sul punto era nel senso, diametralmente opposto, del voto palese. Alla fine degli anni '80 - senza alcuna previa decisione della Giunta - l'orientamento è mutato e si è iniziato ad applicare il voto segreto, forse perché la temperie di quel particolare momento storico ha suggerito un rinnovato, prudente apprezzamento del divieto di mandato imperativo sancito dall'articolo 67 della Costituzione.
Il caso attualmente all'esame della Giunta, tuttavia, non rientra nell'ambito di applicazione del suddetto articolo 67 della Costituzione, ma deve, più correttamente, essere ricondotto alla previsione del precedente articolo 66, che si riferisce espressamente a cause sopraggiunte. Né appare, a tal proposito, convincente quanto sostenuto dalla senatrice Bernini, secondo la quale l'articolo 66, menzionando solo l'ineleggibilità e l'incompatibilità, non troverebbe applicazione con riferimento all'istituto della incandidabilità.
La deliberazione alla quale è chiamata la Camera di appartenenza, nel caso di causa sopravvenuta di incandidabilità ai sensi della "legge Severino", ha natura di giudizio di mero accertamento, che fa seguito alla immediata comunicazione, da parte dell'autorità giudiziaria, della sentenza definitiva di condanna. Le Camere sono pertanto chiamate semplicemente a verificare ed accertare. Né ciò può considerarsi in contrasto con l'articolo 66 della Costituzione, nel punto in cui impiega il verbo "giudicare", in quanto tra le modalità dell'esercizio della giurisdizione rientra anche il giudizio di mero accertamento.
Nessun rilievo assume invece, nel caso di specie, l'articolo 113 del Regolamento. Ricorda, infine, che il senatore Palma ha dichiarato di condividere la scelta della Giunta per il Regolamento del 6 maggio 1993, che ha escluso dalle votazioni riguardanti persone le deliberazioni sulle proposte della Giunta delle elezioni in materia di autorizzazioni a procedere in giudizio. Non si comprende quale ordine di motivi impedisca oggi di assumere una decisione analoga con riferimento alla questione trattata.

Il senatore PALMA chiarisce che la decisione del 1993 riguardava un caso attinente alle prerogative dell'Organo parlamentare nell'ambito del rapporto con altri organi dello Stato, al quale la persona singola era estranea.

Il senatore BUCCARELLA considera improprio il richiamo all'articolo 12 delle preleggi, giacché tale disposizione non può trovare applicazione con riferimento ai regolamenti parlamentari.
Nel giudicare inconferente il richiamo al comma 5 dell'articolo 113 del Regolamento compiuto dal senatore Palma, segnala che la Giunta delle elezioni ha a lungo dibattuto in merito alla "legge Severino", affrontando il tema del ruolo affidato alle Camere dall'articolo 66 della Costituzione, anche alla luce dei lavori dell'Assemblea Costituente, nel corso dei quali si era considerata anche la possibilità di ricorrere ai verbi "esaminare" e "valutare".
Ricorda inoltre che al comma 3 dell'articolo 113 non si fa riferimento a richieste di applicazione di misure cautelari, mentre, per quanto concerne le dimissioni dei senatori, la segretezza del voto ha la funzione di evitare che con una decisione di carattere personale possano interferire valutazioni di natura politica.

Il senatore ZANDA si dispiace preliminarmente del fatto che alcuni organi di stampa abbiano riferito di un andamento asseritamente caotico dei lavori della Giunta, mentre in realtà la discussione si sta svolgendo in maniera del tutto civile.
Ricorda poi che la Giunta si era originariamente riunita, tra l'altro, per esaminare una proposta di modificazione del Regolamento in materia di abolizione della votazione a scrutinio segreto. Nel corso della precedente seduta è invece emerso il diverso orientamento di stabilire le modalità di votazione che dovranno trovare applicazione nel momento in cui l'Aula del Senato si dovrà esprimere sulla mancata convalida dell'elezione del senatore Berlusconi.
A tal proposito, pone l'accento sul fatto che non si sta agendo sulla base di un interesse politico, interesse che sarebbe peraltro alquanto incerto. Come è stato evidenziato dal senatore Calderoli, infatti, il senatore Berlusconi potrebbe anche avere interesse a che la votazione sia effettuata in modo palese.
Nell'accostarsi a problemi di questo tipo, esorta a tenere sempre nella debita considerazione gli orientamenti che emergono dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, in virtù della quale l'articolo 68 della Costituzione non attiene tanto al profilo personale quanto a quella dell'integrità dell'organo.
Concorda con la senatrice Finocchiaro, ove afferma che quello affrontato dalla Giunta non è tanto un problema di interpretazione del Regolamento ma che, quand'anche lo fosse, ciò non costituirebbe niente di anomalo, trattandosi di un'attività che viene svolta quotidianamente.
Resta comunque valido il parere del 1993, nel quale la Giunta fu chiara nel distinguere tra deliberazioni aventi ad oggetto privazioni o limitazioni della libertà personale, per le quali era possibile il ricorso al voto segreto, e autorizzazioni a procedere in giudizio, per le quali era escluso il riferimento alla disciplina dettata per le votazioni su persone. A tal proposito cita una serie di precedenti a partire dalla XIII Legislatura, relativi all'applicazione dell'art. 68, terzo comma, della Costituzione, dai quali si evince che spesso si è fatto ricorso al voto palese per questioni attinenti alla libertà personale dei parlamentari. Di tale dato deve essere tenuto conto.

Il senatore BRUNO osserva che il senatore Zanda si è a lungo soffermato sulla questione delle autorizzazioni a procedere, ma ciò non è affatto pertinente rispetto alla questione all'esame della Giunta. Il punto è se la portata del comma 3 dell'articolo 113 del Regolamento consenta il ricorso al voto palese. Il resto è irrilevante.
Nell'associarsi a quanto sostenuto dai senatori Palma e Calderoli, afferma che, qualora la Giunta ritenesse di poter modificare orientamenti consolidati, si verificherebbe uno strappo. Il Regolamento non può essere modificato a colpi di maggioranza, con la scusa di interpretare una disposizione il cui portato appare, peraltro, già chiaro, anche perché ciò costituirebbe un pericoloso precedente che, in futuro, potrebbe essere impiegato anche da maggioranze diverse da quella attuale. Laddove si ritenesse opportuno modificare una disposizione del Regolamento, si dovrebbe seguire la procedura apposita e la Giunta sta già esaminando numerose proposte di modificazione del Regolamento tra le quali ve n'è una che interviene proprio sulla questione delle modalità di votazione.

La senatrice BERNINI osserva di essersi attenuta in maniera rigorosa al compito istruttorio affidatole dal Presidente e si chiede dunque se lo abbia interpretato in maniera troppo restrittiva o se sia stato invece il senatore Russo a dare alla stessa funzione un ambito più vasto.
Ribadisce di non riuscire a comprendere quali siano i motivi per i quali si voglia improvvisamente modificare una prassi alla quale ci si è attenuti costantemente dal 1947, non considerando l'entrata in vigore della "legge Severino" un motivo di per sé solo sufficiente e ricordando altresì che la Giunta per il Regolamento è una sede tecnica e non politica.
Ritiene comunque che l'incarico affidato non comprendesse la predisposizione di un parere profondamente modificativo del Regolamento e che tale metodo impatti drammaticamente sul comma 3 dell'articolo 113, comportando una modifica surrettizia o atipica del Regolamento realizzata in Giunta, invece che in Aula con le modalità aggravate previste dall'articolo 167 del Regolamento.

Il senatore SANTANGELO ricorda che la Giunta era originariamente riunita per esaminare una proposta di modificazione del Regolamento in materia di abolizione della votazione a scrutinio segreto, ma che si è poi deciso di esaminare l'orientamento interpretativo da seguire con riferimento al comma 3 dell'articolo 113 del Regolamento.
Manifesta apprezzamento per la relazione svolta dal senatore Russo, soprattutto nel punto in cui è sottolineata la necessità di rafforzare la credibilità dell'Istituzione, al fine di riannodare alcuni dei molti fili spezzati negli ultimi anni fra gli Italiani ed i loro rappresentanti. Rimarca che le proposte del suo Gruppo sono finalizzate a dare la possibilità agli elettori di poter leggere in maniera chiara e trasparente l'operato di ogni parlamentare.
In conclusione, auspica che la Giunta propenda per il voto palese.

Il senatore ZELLER considera che la decisione che la Giunta si accinge ad assumere avrà necessariamente ricadute su un clima politico già teso ed è influenzata dal caso concreto al quale si vuole applicare la proposta di interpretazione formulata dal senatore Russo che, allo stato, è l'unica proposta formulata e a disposizione.
Nel prendere atto che l'incandidabilità prevista dalla "legge Severino" costituisce una questione nuova, manifesta apprezzamento per l'inquadramento giuridico fornito dalla senatrice Finocchiaro.
Ritiene tuttavia dirimente quanto previsto dall'articolo 3 della "legge Severino" poiché, nel disporre che la Camera di appartenenza deliberi ai sensi dell'articolo 66 della Costituzione, il legislatore ha inteso chiaramente e in modo non equivoco che il riferimento espresso era alla materia della ineleggibilità e della incompatibilità. Considerato che i precedenti in materia sono del tutto univoci, discostarsene ora sarebbe una palese forzatura, soprattutto se ciò venisse fatto dalla Giunta senza un passaggio in Aula, secondo le procedure prescritte dal Regolamento.
In tal senso, una modifica regolamentare sarebbe stato l'unico percorso limpido e corretto, anche perché, nel momento in cui la proposta di parere del senatore Russo recita che "tale interpretazione entra immediatamente in vigore", si esula dal campo dell'interpretazione per sconfinare in quello della evidente modifica regolamentare, e quindi delle regole del gioco in corso d'opera.

Il PRESIDENTE chiarisce che la proposta formulata dal senatore Russo rappresenta un suggerimento, ma che spetterà alla Presidenza, al termine della discussione, formulare uno schema di parere che esprima l'orientamento emerso nel corso della discussione stessa.

Il senatore ZELLER ribadisce di non poter votare a favore della proposta formulata dal senatore Russo, in quanto essa si discosta dalla prassi consolidata ed innova profondamente le procedure.

Il senatore RUSSO si dichiara consapevole delle rilevanti ricadute politiche del tema oggetto del dibattito e, pur comprendendo alcune delle obiezioni emerse, ribadisce l'interpretazione proposta nella sua relazione. Tali obiezioni sono, a suo avviso, ampiamente superate dal parere del 6 maggio 1993, con cui la Giunta per il Regolamento del Senato decise di votare a scrutinio palese sulle proposte della Giunta delle elezioni in materia di autorizzazioni a procedere in giudizio. Sottolinea come anche tali deliberazioni si pongano, pur in senso lato, in correlazione con i diritti di libertà: ciò giustificherebbe, a suo avviso, l'adozione del voto palese anche in relazione alle deliberazioni sugli ordini del giorno in difformità ai sensi dell'articolo 135-ter, comma 2, del Regolamento. Considerata l'evoluzione degli ultimi venti anni, in cui la prassi parlamentare ha oggettivamente ridotto l'ambito di applicazione del voto segreto, ritiene che la decadenza rappresenti una fattispecie ricadente nei casi di applicazione dello scrutinio palese. In questa prospettiva, rileva che il Senato sta compiendo un percorso sovrapponibile a quello seguito dalla Camera a seguito del parere reso dalla Giunta per il Regolamento del 6 giugno 2007. Ricorda inoltre che in quell'occasione fu proprio il Gruppo di Forza Italia, allora all'opposizione, a sollecitare la convocazione della Giunta per il Regolamento: non si è quindi in presenza di alcuna forzatura delle procedure, in quanto la Giunta del Senato sta affrontando un caso inedito.

La senatrice LANZILLOTTA, consapevole della responsabilità derivante dalla sua posizione segnala come, a suo avviso, la questione relativa alle modalità di votazione sia stata sopravvalutata dall'opinione pubblica, in cui è invalsa l'idea che il voto segreto sia utilizzato per giustificare manovre politiche.
Alla luce degli approfondimenti e delle indicazioni emersi dal dibattito, osserva come in età repubblicana si riscontri una lenta, ma netta evoluzione verso una limitazione del voto segreto, che viene riservato a tutte quelle deliberazioni che si pongono in diretta correlazione con la libertà di coscienza ed in primo luogo le votazioni su persone e sui diritti di libertà. Tale progressiva restrizione dello scrutinio segreto si è sviluppata parallelamente alla sempre maggiore richiesta di accountability delle decisioni politiche da parte della cittadinanza. Un tale sviluppo conferma, a suo parere, la saggezza dei Costituenti, che hanno demandato la regolamentazione delle modalità di voto, ed in particolare del voto segreto, ai regolamenti parlamentari che, come noto, costituiscono strumenti normativi caratterizzati da una maggiore flessibilità.
Nel caso in esame, la Giunta è chiamata a dirimere una questione interpretativa relativa ad una fattispecie, quella della incandidabilità, che viene applicata per la prima volta. Al riguardo, rileva che non esiste una specifica disposizione regolamentare né una univoca interpretazione che regolino tale fattispecie, bensì una mera prassi. Conseguentemente non considera conferente il richiamo alla prassi consolidata in materia di verifica delle elezioni. In proposito, ritiene che la verifica della decadenza in relazione alla fattispecie della incandidabilità sopravvenuta abbia un carattere ricognitivo.
Concorda quindi con la ricostruzione del senatore Bruno, che ritiene la Giunta investita della questione relativa all'applicabilità dell’articolo 113, comma 3, del Regolamento, alla fattispecie della incandidabilità. la Giunta dovrebbe dunque decidere se le disposizioni del decreto legislativo n. 235 del 2012 riguardino direttamente le persone, oppure si riferiscano ad uno status, coinvolgendo di conseguenza la composizione dell’Organo parlamentare. Al riguardo sottolinea come anche la sentenza della Corte di Appello di Milano n. 6405 del 2013 argomenti sul fatto che l’incandidabilità si riferisca allo status del parlamentare.
Se da un lato ritiene irrilevanti le differenze terminologiche tra il Regolamento del Senato e della Camera dei deputati, considera comunque opportuno far riferimento, in chiave ermeneutica, al Regolamento della Camera: l’ordinamento parlamentare ha infatti una sua unitarietà di principi fondamentali.
Infine, sottolinea come all’articolo 113, comma 3, del Regolamento non sia stata data un’applicazione uniforme: la prassi del voto segreto ha infatti subito numerose eccezioni, in assenza di una espressa modifica del testo regolamentare, sia in relazione alle deliberazioni sulle dimissioni dei senatori, sia a seguito del mutato orientamento sulle votazioni in materia di autorizzazioni a procedere in giudizio.
Dagli elementi esposti emerge che la valutazione cui è chiamata la Giunta attiene alla composizione del Senato, che nel caso dell'incandidabilità sopravvenuta si troverebbe a dover ripristinare l'integrità dell'Assemblea. In questa prospettiva, l'intervento della Giunta, oltre che legittimo, appare altresì opportuno per rispondere al bisogno crescente di trasparenza delle decisioni politiche manifestato dai cittadini.
Si dichiara pertanto favorevole all'applicazione del voto palese esclusivamente in relazione alle deliberazioni relative all'incandidabilità sopravvenuta e propone al Presidente di circoscrivere la portata applicativa del parere della Giunta alla sola fattispecie richiamata, escludendo le fattispecie espressamente disciplinate dall'articolo 135-ter del Regolamento.

Interviene il senatore PALMA per specificare, con riferimento al parere della Giunta per il Regolamento della Camera del 6 giugno 2007, che il Gruppo di Forza Italia chiese il voto segreto e non il voto palese. Si dichiara inoltre contrario all'interpretazione proposta dalla senatrice Lanzillotta.

Il senatore ZELLER osserva come il citato parere del 6 giugno 2007 non supporti la proposta suggerita dal senatore Russo. Infatti, l'allora Presidente della Camera esplicitamente richiamava una modifica espressa del Regolamento della Giunta delle elezioni della Camera dei deputati, che era il presupposto essenziale per giustificare l'interpretazione resa successivamente dalla Giunta del Regolamento in ordine alle modalità di votazione. L'interpretazione che la Giunta si accinge ad accogliere non muove invece da alcuna previa modifica regolamentare.

Il senatore CALDEROLI, nel condividere quanto rappresentato dal senatore Zeller, ricorda alla Giunta che, sulle questioni relative alle modalità di voto in Assemblea, il Gruppo Movimento 5 Stelle ha presentato sia una proposta di modifica del Regolamento (Doc. II, n. 16) sia una proposta di parere interpretativo. A suo avviso i due strumenti sono alternativi: infatti, dalla presentazione di una proposta di parere interpretativo consegue che la proposta di modifica sia priva di una effettiva capacità innovativa. Se così non fosse, si giungerebbe alla conclusione che la proposta di parere presentata dai senatori del Gruppo Movimento 5 Stelle, rappresenti in realtà una modifica surrettizia del Regolamento, in violazione della procedura prescritta.

Il senatore BUCCARELLA precisa che la proposta di modifica al Regolamento Doc. II n. 16 è stata depositata il 17 settembre, mentre la proposta di parere è stata portata all'attenzione della Giunta il 15 ottobre scorso.
Si associa infine alle considerazioni del senatore Russo circa il parallelismo del percorso intrapreso da Camera e Senato in materia di interpretazione delle modalità di votazione in Assemblea.

Il PRESIDENTE rileva come dal dibattito emergano due posizioni distinte. Una prima tesi ritiene applicabile alla questione sottoposta all'attenzione della Giunta il voto segreto, conformemente alla prassi consolidata in tema di deliberazioni sulla verifica dei poteri. Secondo altro orientamento sarebbe invece applicabile il voto palese.
Rileva tuttavia come nella proposta di parere avanzata dal relatore Russo emerga una posizione a favore del voto palese per tutti i casi di verifica dei poteri, mentre la senatrice Lanzillotta propone di circoscrivere l'applicazione dello scrutinio palese ai soli casi di decadenza conseguenti all'applicazione del decreto legislativo n. 235 del 2012 (cosiddetta "legge Severino"). Chiede quindi se i componenti della Giunta intendano intervenire sul punto.

Il senatore RUSSO si esprime favorevolmente sulla proposta della senatrice Lanzillotta di restringere il campo di applicazione del voto palese alle sole ipotesi relative alla incandidabilità sopravvenuta nel corso del mandato elettivo parlamentare.

I senatori BRUNO e FERRARA intervengono per sottolineare come una tale interpretazione costituisca una sostanziale modifica al Regolamento, che dovrebbe essere discussa e deliberata dall'Assemblea con le garanzie e secondo le procedure aggravate previste dall'articolo 167.

Il PRESIDENTE sospende dunque brevemente la seduta per formulare un'ipotesi di parere da proporre alla Giunta per la deliberazione.

(La seduta, sospesa alle ore 12.42, riprende alle ore 13.15)

Il PRESIDENTE dà lettura di una proposta di parere, sulla quale intervengono i senatori PALMA e FERRARA chiedendo di espungere ogni riferimento all'entrata in vigore dell'interpretazione ivi contenuta. Il senatore Ferrara propone inoltre di sopprimere il richiamo all'articolo 66 della Costituzione, disposizione che, a suo avviso, non è suscettibile di interpretazione estensiva.

Il senatore PALMA a sua volta chiede la soppressione del riferimento all'approvazione a maggioranza, mentre il senatore BUCCARELLA propone di inserire nel testo del parere un espresso riferimento alla mancata convalida delle elezioni.

Ad avviso del senatore BRUNO, la proposta di parere configura una modifica del Regolamento. Chiede pertanto che sia formulata una espressa proposta di modifica al Regolamento da sottoporre all'Aula per la deliberazione, secondo le procedure prescritte.

Il senatore CALDEROLI si associa alla richiesta del senatore Bruno, e sottolinea che la fattispecie dell'incandidabilità, oggetto del parere proposto, non è espressamente disciplinata dal Regolamento e pertanto il parere stesso si configura come una innovazione sostanziale del testo.

Il senatore PALMA paventa il rischio che dall'approvazione del parere possano prospettarsi soluzioni difformi di casi analoghi. Infatti il richiamo operato agli ordini del giorno in difformità, di cui al comma 2 dell'articolo 135-ter del Regolamento, dovrebbe includere anche la disciplina della ineleggibilità ed incompatibilità. Diversamente, la proposta di parere si risolverebbe in una modifica implicita dell'articolo 135-ter.

La senatrice FINOCCHIARO chiarisce che il richiamo operato dal parere all'articolo 66 della Costituzione discende direttamente dalla lettera del decreto legislativo n. 235 del 2012. La proposta presentata non costituisce dunque una modifica surrettizia del Regolamento, anche perché altrimenti si dovrebbe concludere per la totale illegittimità del parere della Giunta per il Regolamento del Senato del 6 maggio 1993, mai revocata in dubbio nel corso del dibattito.

Il senatore FERRARA sottolinea che numerose sentenze della Corte costituzionale affermano la sostanziale differenza tra la fattispecie della ineleggibilità e della incompatibilità.

Il PRESIDENTE riformula quindi la proposta di parere al fine di recepire le richieste di modifica emerse nel corso del dibattito.

Il senatore CALDEROLI, intervenendo in dichiarazione di voto, precisa di essere favorevole ad una eventuale modifica formale del Regolamento sulle modalità di votazione, e si dichiara contrario ad una surrettizia modifica delle disposizioni regolamentari attraverso l'approvazione di un parere interpretativo che aggira e viola le procedure previste.

Anche il senatore FERRARA ritiene che quanto prospettato nel parere non possa essere considerato come un'interpretazione estensiva, bensì come una modifica sostanziale e testuale del Regolamento.

Al senatore PALMA, che propone di modificare ulteriormente lo schema di parere inserendo un espresso riferimento alla fattispecie della decadenza, che rimarchi la differenza tra l'articolo 2 e l'articolo 3 della cosiddetta "legge Severino", risponde il PRESIDENTE precisando che l'articolo 3 non contempla espressamente la decadenza.

Non essendovi ulteriori richieste di intervento, il PRESIDENTE pone quindi in votazione la proposta di parere, pubblicata in allegato al resoconto, che viene approvata a maggioranza.

I senatori Buccarella, De Petris, Finocchiaro, Lanzillotta, Russo, Santangelo e Zanda hanno espresso un voto favorevole.
I senatori Bernini, Bruno, Calderoli, Ferrara, Palma e Zeller hanno espresso un voto contrario.

La seduta termina alle ore 13,40.


Parere approvato dalla Giunta

La Giunta per il Regolamento esprime il parere che nei casi di mancata convalida per incandidabilità sopravvenuta nel corso del mandato elettivo parlamentare, le deliberazioni su eventuali ordini del giorno in difformità dalle conclusioni della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari, ai sensi dell'articolo 135-ter, comma 2, del Regolamento, sono sottoposte alla disciplina generale relativa ai modi di votazione e, pertanto, devono essere votate in maniera palese.
Tali deliberazioni costituiscono espressione di una prerogativa dell'Organo parlamentare, a tutela della legittimità della propria composizione.
Pertanto, le stesse deliberazioni non rappresentano in senso proprio votazioni riguardanti persone, ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 113, comma 3, del Regolamento.