Premesso che a quanto risulta agli interroganti:
con la messa in onda di due servizi televisivi, il primo trasmesso da "Striscia la notizia" il 24 marzo 2015 e il secondo da "Le Iene" il 4 aprile 2015, si è cercato di capire quali siano i criteri che regolano l'applicazione di commissioni e tariffe presso gli sportelli cambiavalute, agenzie volte alla negoziazione a pronti di mezzi di pagamento in valuta dislocate soprattutto nelle aree aeroportuali e nelle maggiori città turistiche. Alcuni dei clienti intervistati lamentavano l'impatto erosivo delle commissioni applicate sul valore della somma di denaro da commutare in altra valuta: nei casi presi in esame, questo complesso di tariffe andava dal 20 al 30 per cento del totale da permutare. Le tariffe sopportate come costo dal cliente, nello specifico, ne comprendono una fissa, un'altra a percentuale, in relazione alla somma di denaro oggetto di scambio, e una terza adeguata allo spread imposto dal grossista a capo della filiera di approvvigionamento delle banconote estere. Inoltre, è stato svolto un confronto dagli stessi inviati televisivi sulle tariffe applicate all'estero, Europa compresa, e si è constatato che la percentuale delle commissioni sul totale, a parità di servizio, varia dall'1,33 per cento ad un massimo del 13,18 per cento. L'ultimo interrogativo sollevato è consistito nell'individuazione di quale autorità nazionale possiede la facoltà di vigilare sulle attività di questi particolari soggetti imprenditoriali. Giustappunto, a conclusione del servizio, l'intervistatore di "Striscia la notizia" ha affermato quanto segue: "Banca d'Italia, interpellata da noi ha detto che non è materia sua, non sono regolate da loro questo tipo di società";
considerato che:
"Forexchange", una delle più grandi catene di sportelli di cambio sul suolo italiano, nonché impresa interpellata in una delle trasmissioni televisive citate in premessa, tra i riferimenti normativi presenti sulla propria pagina web rimanda alle disposizioni del 29 luglio 2009 della Banca d'Italia in tema di "Trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari e correttezza delle relazioni tra intermediari e Clienti". Nella sezione X dedicata ai "Controlli" si legge: "Ai sensi dell'articolo 128 del T.U., la Banca d'Italia, al fine di verificare il rispetto delle disposizioni in materia di trasparenza delle condizioni contrattuali, può acquisire informazioni, atti e documenti ed eseguire ispezioni presso le banche e gli intermediari finanziari iscritti negli elenchi previsti dagli articoli 106 e 107 del T.U. La Banca d'Italia può chiedere la collaborazione di: altre Autorità, per i controlli sugli intermediari iscritti nel solo elenco generale di cui all'articolo 106 del T.U. e sui cambiavalute (art. 128, comma 2, T.U.)". Il comma 2 dell'art. 128 del testo unico bancario entra più nello specifico chiarendo quale sia l'autorità idonea all'affiancamento della Banca d'Italia in questo tipo di controlli: "Con riguardo ai beneficiari e ai terzi destinatari delle disposizioni previste dall'articolo 126-quater, comma 3, i controlli previsti dal comma 1 sono demandati al Ministro dello sviluppo economico al quale compete, inoltre, l'irrogazione delle sanzioni previste dagli articoli 144, commi 3, 3-bis e 4, e 145, comma 3";
considerato inoltre che:
il legislatore ha previsto un percorso normativo attraverso il quale fosse istituito un organismo ad hoc con funzioni di controllo e vigilanza nei confronti di determinate attività finanziarie, tra le quali sono inclusi anche gli sportelli cambiavalute: si è iniziato con l'art. 128-undecies del testo unico bancario (di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993), con il quale sono state delineate le basi di ciò che, successivamente, fu istituito con l'art. 17-bis del decreto legislativo n. 141 del 2010 "1. L'Organismo è dotato dei poteri sanzionatori necessari per lo svolgimento di tali compiti. 2. l'Organismo può effettuare ispezioni e può chiedere la comunicazione di dati e notizie e la trasmissione di atti e documenti, fissando i relativi termini". Questo ente prenderà, poi, il nome di Organismo degli Agenti e dei Mediatori (OAM), sottoposto alla vigilanza del Ministero dell'economia e delle finanze come previsto dal comma 8 dell'art. 17-bis;
tuttavia, in data 30 ottobre 2012 il Ministero delle finanze, Dipartimento del Tesoro, Direzione Valutario, Antiriciclaggio ed Antiusura fornisce chiarimenti in merito all'applicazione del citato art. 17-bis del decreto legislativo n. 141 del 2010 per quanto concerne "l'esercizio professionale nei confronti del pubblico dell'attività di cambiavalute finalizzato alla centralizzazione presso l'OAM di tutte le operazioni poste in essere nell'ambito di tale attività. Al riguardo, si chiarisce che, ai sensi del successivo comma 3, l'emanazione del provvedimento da parte di questa Amministrazione - per l'individuazione delle specifiche tecniche del sistema di conservazione informatica delle negoziazioni in oggetto - è presupposto necessario per l'efficacia di quanto disposto dal comma 1". Il capo della Direzione, Giuseppe Maresca, in conclusione aggiunge poche parole che confermano quanto temuto dagli interroganti: "Ne consegue che fino all'emanazione del suddetto provvedimento normativo secondario, l'attività di cambiavalute continua ad essere regolata dalla disciplina previgente al decreto legislativo 169/2012", ossia che per le società proprietarie degli sportelli cambiavalute non vi è l'obbligo di iscrizione ad alcun organismo né, di conseguenza, quello di consegnare la documentazione relativa alle transazioni effettuate (ad eccezione delle permute di banconote superiori a 5.000 euro, i quali contratti sono conservati dallo stesso sportello di cambio per 5 anni). A causa dell'inattuabilità dell'art. 17-bis e del 128-undecies, tali agenzie di negoziazione si trovano contingentemene in una zona franca, in cui qualsiasi autorità competente, che sia l'Organismo degli agenti e dei mediatori, il Ministero dell'economia e delle finanze, la Banca d'Italia o il Ministro dello sviluppo economico, è impossibilitata ad effettuare qualsiasi azione di vigilanza o sanzionatoria, poiché privata del materiale su cui costatare eventuali irregolarità solo per quanto concerne la pubblicità delle condizioni di trattamento. La quota delle tariffe, invece, non ricade negli ambiti vigilati, in quanto facoltà discrezionale delle società proprietarie degli sportelli di cambio,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti esposti;
se non ritenga opportuno provvedere all'immediata individuazione delle specifiche tecniche del sistema di conservazione informatica delle negoziazioni dei cambiavalute, come disciplinato da ultimo dall'art. 17-bis del decreto legislativo n. 141 del 2010, condizione propedeutica alle azioni di vigilanza e controllo da parte delle autorità deputate;
alla luce del notevole disallineamento tra le esose tariffe applicate discrezionalmente in Italia rispetto alle minori quote riscosse nei cambiavalute extranazionali, se non intenda valutare l'imposizione di un tetto massimo delle commissioni, almeno equiparato alla media europea, di modo che non venga penalizzato il settore turistico mediante servizi fortemente antieconomici solo per chi ne usufruisce.
VACCIANO, MOLINARI, BENCINI, SIMEONI, DE PIETRO, FUCKSIA- Al Ministro dell'economia e delle finanze. -
Premesso che con l'approvazione definitiva della conversione del decreto-legge n. 59 del 2016, recante "Disposizioni urgenti in materia di procedure esecutive e concorsuali, nonché a favore degli investitori in banche in liquidazione", gli interroganti intendono evidenziare la discrepanza che si è andata a creare tra quanto dichiarato sul cosiddetto patto marciano mediante il comunicato stampa ufficiale del Consiglio dei ministri (n. 115 del 29 aprile 2016) che ha preceduto l'approvazione del provvedimento, e quanto, infine, divenuto disposizione attuativa;
considerato che sul comunicato stampa cui si fa riferimento, il Governo dichiara: "Il valore di cessione in caso di efficacia del patto marciano viene determinato da un terzo, in funzione di una procedura definita tra le parti. Qualora il valore del bene al momento della cessione sia superiore al debito residuo, il creditore corrisponde al debitore la differenza tra i due valori. Qualora il valore del bene sia inferiore al debito residuo, il debitore non dovrà corrispondere nulla al creditore", mentre, all'art. 2, comma 2, del decreto-legge n. 59 del 2016, il legislatore stabilisce che "In caso di inadempimento, il creditore ha diritto di avvalersi degli effetti del patto di cui al comma 1, purché al proprietario sia corrisposta l'eventuale differenza tra il valore di stima del diritto e l'ammontare del debito inadempiuto e delle spese di trasferimento", comma in cui non viene ribadito quanto annunciato a mezzo stampa, ossia, più precisamente, che il debito contratto possa essere considerato estinto nel caso in cui il bene messo a garanzia abbia un valore inferiore alla parte residua del debito ancora in essere;
considerato inoltre che una circostanza similare, in un provvedimento pressoché identico, è occorsa in occasione della pubblicazione del comunicato stampa del Consiglio dei ministri n. 113 del 20 aprile 2016, relativo al decreto legislativo n. 72 del 2016, sulla disciplina dei contratti di credito ai consumatori relativi a beni immobili residenziali, approvato definitivamente alla Camera dei deputati il 29 giugno 2016: "Nella stipula del contratto le parti possono convenire, attraverso clausola espressa, che in caso di inadempimento del consumatore la restituzione o il trasferimento del bene dato a garanzia, o dei proventi della vendita del bene stesso, comportino l'estinzione dell'intero debito anche se il valore del bene immobile restituito (o i proventi) sia inferiore al debito residuo. Qualora il valore dell'immobile o i proventi dalla vendita siano invece superiori al debito residuo, il consumatore ha diritto all'eccedenza", questo un estratto della nota del Governo successiva all'approvazione del decreto legislativo sulla disciplina dei contratti di credito ai consumatori, che includono beni immobili, per quanto concerne il patto marciano. Dunque, all'art. 1 (rubricato "Modifiche al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (testo unico bancario)") del menzionato decreto legislativo, la norma stabilisce che "Fermo quanto previsto dall'articolo 2744 del codice civile, le parti possono convenire, con clausola espressa, al momento della conclusione del contratto di credito, che in caso di inadempimento del consumatore la restituzione o il trasferimento del bene immobile oggetto di garanzia reale o dei proventi della vendita del medesimo bene comporta l'estinzione dell'intero debito a carico del consumatore derivante dal contratto di credito anche se il valore del bene immobile restituito o trasferito ovvero l'ammontare dei proventi della vendita è inferiore al debito residuo. Se il valore dell'immobile come stimato dal perito ovvero l'ammontare dei proventi della vendita è superiore al debito residuo, il consumatore ha diritto all'eccedenza". È dunque evidente la concordanza di quanto delineato dal Governo col comunicato stampa ai fini dell'informazione pubblica massiva e quanto novellato dalla prescrizione normativa;
considerato infine che:
il primo firmatario del presente atto di sindacato ispettivo, in sede di discussione degli emendamenti relativi all'art. 2 del decreto-legge n. 59 del 2016, fu autore di un intervento in 6a Commissione permanente (Finanze e tesoro) su questo atteggiamento aleatorio del Governo confluito, successivamente e nonostante ciò, nel testo definitivo del provvedimento. Nel resoconto sommario n. 372 dell'8 giugno 2016 della 6a Commissione permanente, viene riportato quanto segue: "Interviene quindi il senatore Vacciano (Misto) il quale, visto l'esito delle votazioni in relazione all'articolo 2, chiede al Governo di chiarire, anche in riferimento al comunicato stampa che la Presidenza del Consiglio ha emanato dopo l'approvazione del decreto-legge, se il patto marciano consente al debitore o meno di sdebitarsi in caso in cui il bene dato in garanzia sia di valore inferiore al debito. Si tratta infatti di una precisazione che ha trovato opportuna collocazione in un'analoga disposizione relativa ai mutui edilizi". Il senatore Zeller si limitò a rispondere che non poteva essere condivisibile l'associazione dei due istituti tra debitori privati cittadini e debitori impresa, glissando sulla ragionevolezza della richiesta del primo interrogante. Di fatti, la definizione utilizzata per indicare la tipologia di eventuale concordato tra le parti (patto marciano), presente, sia nel caso del decreto mutui che nel decreto banche, nei 2 provvedimenti differiva e differisce esclusivamente nel caso di minor valore dell'immobile posto a garanzia rispetto al debito residuo. Così, il relatore si è posto nella condizione di non cogliere neppure la richiesta di chiarezza del primo interrogante che, semplicemente, consisteva nel riportare nella norma almeno quanto già annunciato dallo stesso Governo nel comunicato stampa n. 115;
appare non condivisibile l'ipotesi emersa nel corso del dibattito in Commissione, secondo la quale il valore del bene immobile, posto a garanzia del finanziamento, potrebbe, sin dall'inizio, essere molto inferiore all'ammontare dello stesso. Ciò infatti, seppure possibile in linea teorica, presupporrebbe l'assunzione da parte della parte creditrice di un rischio irragionevole, indipendentemente dall'applicazione o meno del patto marciano. Laddove inoltre fosse stata confermata l'ipotesi paventata nel citato comunicato stampa, appare di tutta evidenza che l'accordo tra le parti si sarebbe concluso esclusivamente se la parte creditrice, verosimilmente un istituto creditizio normalmente diligente, avesse ritenuta congrua la garanzia rappresentata dall'immobile oggetto del patto;
considerato infine che il comunicato stampa è un mezzo di diffusione delle informazioni in grado di raggiungere una platea di persone assai più ampia rispetto ad un mero testo di legge, pur non avendo, indubbiamente, lo stesso valore legale: tale considerazione, pure di tutta evidenza, costituisce una premessa peggiorativa della discordanza citata. Al di là di questo aspetto comunicativo, persiste il vulnus relativo al patto marciano come delineato nel decreto-legge "mutui", ossia l'impossibilità dell'estinzione del debito, anche nel caso di minor valore dell'immobile, utilizzato come garanzia del prestito a fronte del debito residuo. Ciò potrebbe, con molta probabilità, aprire la strada a contenziosi giudiziari, vanificando l'intento del decreto-legge n. 59 del 2016 di consentire una via privatistica nella liquidazione della garanzia pignoratizia e rallentando, quindi, il recupero del credito da parte del soggetto erogatore, che potrebbe essere indotto ad attivare le ordinarie procedure esecutive, notoriamente mai rapide,
se non intenda attivarsi per correggere l'informazione fallace contenuta nel comunicato stampa n. 115 del Consiglio dei ministri, affinché gli imprenditori non siano indotti a sottoscrivere le condizioni del patto marciano, persuasi da erronee convinzioni, oppure, provvedere alla diffusione di una nota esplicativa, con la quale chiarire con precisione le reali condizioni di sottoscrizione.
Premesso che:
l'articolo 6 del decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° dicembre 2016, n. 225, prevede la possibilità di estinguere il debito senza corrispondere sanzioni e interessi, relativamente ai carichi affidati agli agenti della riscossione dal 2000 al 2016;
il comma 8 prevede, altresì, che possano accedere alla definizione agevolata anche i debitori che avevano già in corso una dilazione, purché risultino pagati i versamenti con scadenza compresa tra il 1° ottobre e il 31 dicembre 2016: "La facoltà di definizione prevista dal comma 1 può essere esercitata anche dai debitori che hanno già pagato parzialmente, anche a seguito di provvedimenti di dilazione emessi dall'agente della riscossione, le somme dovute relativamente ai carichi indicati al comma 1 e purché, rispetto ai piani rateali in essere, risultino adempiuti tutti i versamenti con scadenza dal 1° ottobre al 31 dicembre 2016";
da quanto risulta agli interroganti e riportato anche da diverse testate specialistiche del settore fiscale ("Eutekne"), molti contribuenti si sono visti negare da Equitalia la richiesta di definizione agevolata dei debiti sulla base del mancato pagamento di tutte le rate scadute al 31 dicembre 2016;
a parere degli interroganti, l'agente di riscossione Equitalia avrebbe negato la facoltà di definizione agevolata dei debiti prevista sulla base di un'interpretazione non solo più restrittiva ma che, addirittura, sembra travalicare la prescrizione normativa contenuta nel comma 8 dell'articolo 6,
se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza di quanto esposto;
quali iniziative intenda assumere per garantire a tutti i cittadini la possibilità di definire in modo agevolato i debiti fiscali, secondo quanto previsto dall'articolo 6 del decreto-legge n. 193 del 2016, affinché non si vedano costretti a impugnare il diniego di definizione agevolata davanti alla giurisdizione tributaria o a diversa giurisdizione competente.