SENATO DELLA REPUBBLICA
-------------------- XVI LEGISLATURA --------------------

6a Commissione permanente
(FINANZE E TESORO)



221ª seduta: mercoledì 2 febbraio 2011, ore 9
222ª seduta: giovedì 3 febbraio 2011, ore 9


ORDINE DEL GIORNO


PROCEDURE INFORMATIVE

Interrogazioni.

SUI LAVORI DELLA COMMISSIONE

Proposta di indagine conoscitiva sulla disciplina delle Fondazioni bancarie.

IN SEDE CONSULTIVA SU ATTI DEL GOVERNO

Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 139-bisdel Regolamento, degli atti:

1. Schema di decreto legislativo recante: "Attuazione della direttiva 2009/44/CE, che modifica la direttiva 98/26/CE concernente il carattere definitivo del regolamento nei sistemi di pagamento e nei sistemi di regolamento titoli e la direttiva 2002/47/CE relativa ai contratti di garanzia finanziaria per quanto riguarda i sistemi connessi e i crediti". - Relatore alla Commissione FANTETTI.
(Previe osservazioni della 1ª, della 2ª e della 14ª Commissione)
(Parere al Ministro per i rapporti con il Parlamento, ai sensi degli articoli 1, comma 3, e 23 della legge 4 giugno 2010, n. 96)
(n. 312)
2. Schema di decreto legislativo recante: "Attuazione della direttiva 2009/14/CE, che modifica la direttiva 94/19/CE, relativa ai sistemi di garanzia dei depositi per quanto riguarda il livello di copertura e il termine di rimborso". - Relatore alla Commissione BONFRISCO.
(Previe osservazioni della 1ª e della 14ª Commissione)
(Parere al Ministro per i rapporti con il Parlamento, ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 4 giugno 2010, n. 96)
(n. 314)
3. Schema di decreto legislativo recante: "Attuazione della direttiva 2010/12/CE, recante modifica delle direttive 92/79/CEE, 92/80/CEE, 95/59/CE e 2008/118/CE per quanto concerne la struttura e le aliquote delle accise che gravano sui tabacchi lavorati". - Relatore alla Commissione SCIASCIA.
(Previe osservazioni della 1ª, della 5ª e della 14ª Commissione)
(Parere al Ministro per i rapporti con il Parlamento, ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 4 giugno 2010, n. 96)
(n. 316)

ESAME DI ATTI PREPARATORI DELLA LEGISLAZIONE COMUNITARIA


Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 144 del Regolamento, degli atti comunitari sottoposti al parere motivato sulla sussidiarietà:

1. Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle vendite allo scoperto e ai credit default swap.- Relatore alla Commissione CONTI.
(Osservazioni della 3a, della 5a e della 14a Commissione)
(n. COM (2010) 482 definitivo)

2. Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sugli strumenti derivati OTC, le controparti centrali e i repertori di dati sulle negoziazioni. - Relatore alla Commissione BONFRISCO.
(Osservazioni della 3a, della 5a e della 14a Commissione)
(n. COM (2010) 484 definitivo)

IN SEDE REFERENTE

I. Seguito dell'esame dei disegni di legge:

1. GERMONTANI. - Modifica all'articolo 12 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in materia di incremento delle detrazioni per carichi di famiglia in favore delle donne lavoratrici. - Relatore alla Commissione GERMONTANI.
(Pareri della 1ª, della 5ª, della 9ª, della 10ª e della 11ª Commissione)
(324)
2. MARAVENTANO. - Istituzione della zona franca di Lampedusa e Linosa. - Relatore alla Commissione FERRARA.
(Pareri della 1a, della 5a, della 10a e della 14a Commissione)
(1231)
3. BARBOLINI e Marco FILIPPI. - Misure in favore delle attività professionali. - Relatore alla Commissione COSTA.
(Pareri della 1ª, della 2ª e della 5ª Commissione)
(1717)
4. RAMPONI ed altri. - Disposizioni in materia di autonomia finanziaria del Comitato olimpico nazionale italiano (CONI). - Relatore alla Commissione CUTRUFO.
(Pareri della 1a, della 5a e della 7a Commissione)
(1985)
5. GERMONTANI. - Disposizioni in materia di riordino della tassazione dei fondi di investimento mobiliare chiusi. - Relatore alla Commissione GERMONTANI.
(Pareri della 1a e della 5a Commissione)
(2028)
II. Seguito dell'esame congiunto dei disegni di legge:

1. BARBOLINI e PEGORER. - Destinazione della quota del cinque per mille dell'IRPEF a finalità scelte dai contribuenti.
(Pareri della 1ª e della 5ª Commissione)
(486)
2. CHITI ed altri. - Disposizioni per la destinazione di una quota del 5 per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche a finalità scelte dai contribuenti.
(Pareri della 1a, della 5a, della 7ª, della 11ª e della 12a Commissione)
(1366)
- Relatore alla Commissione BARBOLINI.


III. Seguito dell'esame congiunto dei disegni di legge:

1. COSTA. - Garanzia sovrana dello Stato per le aziende creditrici della Libia.
(Pareri della 1a, della 3a, della 5a, della 10a e della 11a Commissione)
(413)
2. GIOVANARDI. - Disposizioni in materia di garanzia sovrana dello Stato sui crediti vantati dai cittadini, enti ed imprese italiane per i beni, lavori e servizi effettuati in Libia dal 1° gennaio 1970 al 28 ottobre 2002.
(Pareri della 1a, della 3a, della 5a e della 10a Commissione)
(465)
3. BARBOLINI ed altri. - Garanzia sovrana dello Stato per le aziende creditrici della Libia.
(Pareri della 1a, della 3a, della 5a, della 10a e della 11a Commissione)
(508)
- Relatore alla Commissione MURA.
IV. Seguito dell'esame congiunto dei disegni di legge:

1. COSTA. - Interventi in favore dei cittadini italiani costretti al rimpatrio dalla Somalia nel 1991.
(Pareri della 1a, della 2a, della 3a e della 5a Commissione)
(412)
2. RAMPONI. - Disposizioni in materia di indennizzi a cittadini e imprese italiane per beni perduti nelle ex colonie di Etiopia ed Eritrea, Libia e Somalia, già soggette alla sovranità italiana. (Pareri della 1a, della 3a e della 5a Commissione)
(827)
3. D'ALIA. - Disposizioni a favore dei connazionali costretti al rimpatrio dalla Somalia nel 1991.
(Pareri della 1a, della 2a, della 3a e della 5a Commissione)
(1099)
4. AMORUSO. - Riapertura dei termini per le domande di indennizzo da parte degli italiani esuli dall'Etiopia e rivalutazione del valore dell'indennizzo di cui alla legge 26 gennaio 1980, n. 16, e successive modificazioni.
(Pareri della 1a, della 3a e della 5a Commissione)
(1168)
5. BARBOLINI. - Interventi agevolativi in favore dei connazionali costretti al rimpatrio dalla Somalia nel 1991.
(Pareri della 1a, della 2a, della 3a e della 5a Commissione)
(1461)
- Relatore alla Commissione CONTI.


V. Seguito dell'esame congiunto dei disegni di legge:

1. COSTA. - Disposizioni in materia di banche popolari cooperative.
(Pareri della 1a, della 2a, della 5a e della 10a Commissione)
(437)
2. BARBOLINI e PEGORER. - Modifiche al testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, in materia di revisione della disciplina delle banche popolari.
(Pareri della 1a, della 2a, della 5a e della 14a Commissione)
(709)
3. COSTA. - Modifiche agli articoli 30 e 31 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, in materia di banche popolari cooperative.
(Pareri della 1a, della 2a, della 5a, della 10a, della 11a e della 14a Commissione)
(799)
4. LANNUTTI ed altri. - Trasformazione delle banche popolari quotate in società per azioni di diritto speciale (Fatto proprio dal Gruppo parlamentare Italia dei Valori, ai sensi dell'articolo 79, comma 1, del Regolamento).
(Pareri della 1a, della 2a e della 5a Commissione)
(926)
5. GERMONTANI ed altri. - Disposizioni in materia di banche popolari cooperative.
(Pareri della 1a, della 2a e della 5a Commissione)
(940)
6. Paolo FRANCO ed altri. - Modifiche al testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, in materia di banche popolari.
(Pareri della 1a, della 2a e della 5a Commissione)
(1084)
- Relatrice alla Commissione BONFRISCO.


VI. Esame dei disegni di legge:

1. CAFORIO ed altri. - Disposizioni per l'annullamento obbligatorio in autotutela delle cartelle esattoriali prescritte (Fatto proprio dal Gruppo parlamentare Italia dei Valori, ai sensi dell'articolo 79, comma 1, del Regolamento).- Relatore alla Commissione SCIASCIA.
(Pareri della 1a, della 2a e della 5a Commissione)
(1551)
2. CAFORIO ed altri. - Modifiche all'articolo 77 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, in materia di obbligo di comunicazione di avvenuta iscrizione di ipoteca
(Fatto proprio dal Gruppo parlamentare Italia dei Valori, ai sensi dell'articolo 79, comma 1, del Regolamento).- Relatore alla Commissione SCIASCIA.
(Pareri della 1a, della 2a e della 5a Commissione)
(1618)
3. GRANAIOLA ed altri. - Riduzione dell'aliquota IVA sulla produzione di pacchetti turistici per il turismo sociale. - Relatore alla Commissione DE ANGELIS.
(Pareri della 1a, della 5a e della 10a Commissione)
(1709)
4. MORANDO ed altri. - Misure fiscali a sostegno della partecipazione al lavoro delle donne. - Relatore alla CommissioneGERMONTANI.
(Pareri della 1a, della 5a e della 11a Commissione)
(2102)
INTERROGAZIONI


        BARBOLINI. – Al Ministro dell’economia e delle finanze. – Premesso che:
            nelle ultime settimane da più organi di stampa si è data notizia che sarebbe in corso una due diligence per l’acquisizione da parte di Poste italiane e Iccrea holding del Mediocredito centrale (un istituto con patrimonio netto di 170 milioni di euro, 50 milioni di ricavi e circa 200 dipendenti dopo la riorganizzazione decisa da Unicredit, che ha scorporato, trasferendolo, il ramo corporate, con circa 300 dipendenti, a Unicredit corporate banking);
            a quanto riportato dalle stesse fonti di stampa, l’operazione in questione sarebbe riconducibile ad un concerto di intenti intervenuto tra il Ministro in indirizzo e l’ex amministratore delegato di Unicredit Alessandro Profumo, per far confluire, con procedure accelerate, il Mediocredito centrale a Poste italiane, consentendo loro di poter così incorporare una licenza bancaria da mettere in campo nell’ambito della costituenda Banca del Mezzogiorno;
            l’aprirsi di Poste italiane alla conquista di nuovi campi di attività (non tutte e sempre pienamente remunerative degli investimenti sostenuti) sta configurando quello che è stato definito un processo di «Irizzazione» della società (Bancoposta, Poste vita, Poste shop, Poste commerce, Mistral air, Poste mobile, eccetera), con una strategia che, sfruttando la capillarità della diffusione sul territorio degli sportelli e l’indubbio vantaggio di posizionamento sul mercato, corre però il rischio di lasciare troppo sacrificato il core business del recapito, che in quanto servizio universale affidato ex lege, deve recuperare per Poste italiane la sua centralità di mission, operando per superare le carenze rilevabili, e peraltro acclarate dallo stesso amministratore delegato Sarmi, quando richiama «le odiose file negli uffici postali», per promuovere in alternativa i servizi mobile della stessa azienda, quasi che questo disservizio, a scapito degli utenti, possa funzionare paradossalmente come un vantaggio competitivo per l’azienda;
            considerato che nella prospettiva di costituzione della Banca del Mezzogiorno, corroborata dal nuovo acquisto del Mediocredito centrale da parte di Poste italiane, non sono certo fugate e anzi tendono ad acuirsi le preoccupazioni che, sul modello di precedenti negative esperienze, si possa venire a configurare un nuovo «carrozzone», con il corollario prevedibile di pratiche di deleteria discrezionalità nell’erogazione dei prestiti. Inoltre, ricordando che il Ministro in indirizzo aveva già, nel 2006, provato a far percorrere a Poste italiane un progetto consimile, poi abbandonato per la scarsa affidabilità del disegno e dei soggetti coinvolti, e per le forti riserve sollevate proprio in relazione al rischio delle conseguenze sopra paventate, va ulteriormente sottolineato che le stesse Poste italiane, cui il Ministro intende assegnare rispetto alla banca del Mezzogiorno un ruolo di leadership, anche attraverso l’acquisizione della maggioranza di Mediocredito centrale (a meno di un diverso avviso dei nuovi vertici di Unicredit) entro la fine dell’anno torneranno sotto il controllo pieno del Ministero dell’economia e delle finanze attraverso il trasferimento del pacchetto del 35 per cento ancora detenuto dalla Cassa depositi e prestiti,
        si chiede di sapere:
            se il Ministro in indirizzo, in qualità di azionista proprietario, non ritenga necessario fornire tempestivamente al Parlamento informazioni circa gli indirizzi dati a Poste italiane in ordine all’acquisizione del Mediocredito centrale, per un’operazione che vedrebbe così integrare una licenza bancaria, di cui Poste italiane non dispone, insieme al brand alle competenze per il merito di credito, oltre al fatto che lo stesso istituto è già partner del Ministero dello sviluppo economico come gestore del Fondo di garanzia nazionale per il credito alle imprese;
            se non ritenga doveroso fornire parimenti elementi riguardo alle linee del piano industriale e circa il modello di governance della istituenda Banca del Mezzogiorno nonché ogni elemento di trasparenza e garanzia al fine di scongiurare il rischio, sicuramente di tutta evidenza, di un’impropria concentrazione di potere e di strumenti nella completa discrezionalità del Ministero dell’economia e del Governo, con il conseguente fondato pericolo di un ritorno alle esperienze delle banche pubbliche imbottite di sofferenze, perché subalterne agli interessi delle maggioranze politiche del momento.

(3-01631)

        LANNUTTI. – Ai Ministri dell’economia e delle finanze e del lavoro e delle politiche sociali. – Premesso che:
            nei giorni scorsi la Banca d’Italia, mediante consuete veline riportate acriticamente da giornali e giornalisti, ha annunciato un taglio del 10 per cento degli stipendi per il Governatore e gli altri vertici;
            il Consiglio superiore dell’istituto dovrebbe infatti approvare a novembre la proposta del taglio del 10 per cento degli emolumenti del Governatore Mario Draghi e degli altri componenti del direttorio, in linea con le misure decise dal Governo sul pubblico impiego, ma, con provvedimento autonomo, la Banca d’Italia punta a fare diventare operative le nuove misure già dal 1 gennaio 2011;
            tra i capitoli allo studio, alcuni tagli per gli stipendi del personale (per le buste paga più «generose») e un blocco degli adeguamenti economici di carattere generale nel triennio 2011-2013: misure già previste per il settore pubblico dalla manovra del Governo, la quale aveva dato libertà d’azione alla Banca d’Italia, pur invitandola a seguire la direzione dei tagli. Essi, come risulta da un articolo pubblicato su «Il Corriere della Sera» il 14 ottobre 2010, «sono al centro di una lettera interna del direttore generale Fabrizio Saccomanni, che ha giustificato le misure »in ossequio al principio di solidarietà«. La Banca d’Italia prevede una limatura del 5% per le retribuzioni superiori a 90 mila euro per la parte fino a 150 mila euro, e del 10 per cento per la quota eccedente. Fuori dal pacchetto di misure, invece, gli aumenti legati al merito e alla produttività. Mentre altri risparmi dovrebbero arrivare sul fronte degli stanziamenti per beni e servizi: anche in questo caso viene prevista una riduzione del 10%»;
            mentre lavoratori, pensionati e piccole e medie imprese hanno subito una delle più gravi crisi economiche a memoria d’uomo, con una caduta verticale del potere di acquisto ed una vera e propria falcidia di 13,4 milioni di posti di lavoro cancellati negli ultimi due anni nei Paesi appartenenti all’organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), gli oligarchi (quindi anche quelli appartenenti alla Banca d’Italia) direttamente responsabili della crisi, hanno continuato ad aumentarsi i loro già lauti stipendi e le entrate accessorie, i cosiddetti benefit, come risulta sia dai guadagni dei banchieri (ad esempio, Profumo di Unicredit ha recentemente ottenuto 40 milioni di euro di buona uscita, oltre stock option) che si sono accresciuti le buste paga del 25 per cento contro un calo dei profitti del 41 per cento, o dalla tavola 22.1 della relazione annuale, diffusa il 31 maggio 2010 all’assemblea dei partecipanti di Banca d’Italia, che illustra la composizione del personale, con una consistenza pari a 653 dirigenti; 1.450 funzionari; 1.273 coadiutori; 4.147 altro personale; 5.009 uomini e 2.514 donne, le spese per i cui emolumenti nella tabella del conto economico sono addirittura lievitate rispetto al 2008 di ben 18 milioni di euro, a fronte di una riduzione del personale di 232 unità;
            tenere in piedi una Banca d’Italia – che, a giudizio dell’interrogante non ha mai tutelato i diritti di risparmiatori e consumatori, ma ha sempre difeso gli interessi delle banche, con tassi più elevati e condizioni più onerose e con i costi di gestione dei conti correnti più alti al mondo, che ammontano, secondo l’ultimo rapporto del Commissario europeo ai servizi finanziari Michel Barnier, a ben 295,68 euro in Italia, contro una media di 114 dei 27 Paesi europei, – è costato nel 2009 ben 798.082 milioni di euro, con un costo medio del personale di 104.611 euro;
            ritornando alle notizie riportate dalla stampa, secondo le quali il Governatore avrebbe deciso una riduzione del 10 per cento per tutti i membri del Direttorio, una del 5 per cento sulle retribuzioni oltre i 90.000 euro e del 10 per cento oltre i 150.000 euro, con contratti congelati per il triennio 2011-2013, la Banca d’Italia non ha ritenuto di comunicare alla stampa quale sia l’entità degli stipendi elargiti ogni mese al top management di Palazzo Koch, con particolare riguardo al Governatore Mario Draghi, al direttore generale Saccomanni e agli altri membri del direttorio, nonché al capo della vigilanza dottoressa Anna Maria Tarantola, stipendi per i quali non è prevista alcuna forma di pubblicità;
            è infatti lecito sospettare che si tratti dell’ennesima campagna propagandistica, analoga a quella relativa agli annunciati risparmi attraverso tagli alle filiali che tuttavia non risultano dall’ultimo bilancio disponibile, come del resto dimostra il caso della filiale di Savona, che avrebbe persino registrato un aumento di spesa di 5,4 milioni di euro;
            ritenuto dall’interrogante che i richiamati amministratori, assimilabili ad oligarchi, direttamente responsabili di omessa vigilanza sulle gravissime sciagure prodotte dagli eccessi di banche d’affari, guidate da veri e propri «bankster», che hanno massicciamente speculato, provocando la crisi del 2007-2008, e che ora hanno ripreso indisturbati la loro attività, non possono continuare ad agire senza tener conto dei diritti spettanti ai consumatori;
        considerato che:
            secondo l’ultimo rapporto OCSE, nei Paesi Dell’ocse ci sono 13,4 milioni di disoccupati in più come diretta conseguenza delle speculazioni e dei mancati controlli;
            a quanto risulta all’interrogante, gli incrementi di spesa dei 7.629 dipendenti della Banca d’Italia, anche con costi elevati per finanziare iniziative destinate al tempo libero dei dipendenti, sono stati pari a circa il 7 per cento della spesa pro capite per dipendente, che nel 2009 ha toccato i 113.400 euro. Per non parlare degli oneri accessori cresciuti di oltre il 5 per cento pro capite da 89.300 euro a 93.800 euro, e di altre spese come quelle relative a diarie per missioni e trasferimenti;
            secondo fonti ben accreditate, vi sarebbero enormi spese per la chiusura delle filiali, nonché costi elevati per la custodia degli edifici vuoti; i dipendenti godono inoltre di indennità di trasferimento per il personale inviato in altre filiali e di liquidazioni a chi ha concluso l’attività lavorativa;
            spese molto rilevanti vengono inoltre sostenute dalla Banca d’Italia per adattare gli archivi e le apparecchiature di contazione delle altre filiali e per spostare tutto il materiale delle filiali chiuse,
        si chiede di sapere:
            se, a quanto risulti al Governo, i preannunciati risparmi attraverso i tagli alle filiali, le cui economie non sono evidenziate nell’ultimo bilancio di esercizio, si siano risolti, al contrario, in un aumento dei costi, come nel caso della filiale di Savona, che avrebbe comportato un aumento di spesa pari a 5,4 milioni di euro;
            se risulti che la Banca d’Italia, come se fosse una grossa impresa, abbia una sorta di servizio di attività immobiliari composto di circa 300 persone, 50 delle quali effettuano quattro missioni al mese presso le filiali con un guadagno netto mensile di 2.000-3.000 euro oltre allo stipendio e che un funzionario di 1º livello percepisce uno stipendio medio netto di 7.000 euro al mese;
            se al Governo risulti che, oltre ai servizi tecnici, per la gestione del patrimonio immobiliare di Roma (la cui assegnazione degli alloggi da parte di un’apposita commissione non sempre è gestita con criteri trasparenti a quanto risulta all’interrogante), operi una società al cui vertice vi sia il dottor Luigi Scimia, ex funzionario generale della Banca d’Italia ed ex presidente Covip; e che la GIAFI Costruzioni, che ha l’appalto della manutenzione a Roma, sia nell’elenco delle società che hanno partecipato ai lavori per il G8 a La Maddalena;
            se risulti altresì che il personale dell’istituto, che percepisce una remunerazione media ben superiore a quella del pubblico impiego con oltre 104.000 euro l’anno, continui a beneficiare di finanziamenti ad hoc per attività ludiche che si svolgono nel tempo libero dei dipendenti;
            se risulti quale sia l’esatto ammontare degli emolumenti del Governatore Draghi, del direttore generale Saccomanni Fabrizio, della dottoressa Anna Maria Tarantola e degli altri membri del direttorio, ammontare che ad avviso dell’interrogante sarebbe urgente, ai fini della trasparenza, che fosse fruibile on line sul sito della Banca d’Italia dal popolo dei consumatori e dei risparmiatori vessati e frodati, spesso da una omessa vigilanza;
            se risponda al vero l’annuncio di un congelamento degli stipendi, ossia un blocco degli adeguamenti economici di carattere generale nel triennio 2011-2013, o se al contrario si tratti di una campagna propagandistica verso la pubblica opinione;
            se il Governo, ferma restando l’autonomia formale e sostanziale, non ritenga di adottare misure di competenza coerenti per chiamare anche le autorità indipendenti a pagare gli elevatissimi costi sociali della crisi economica, generata, ad avviso dell’interrogante, dall’avidità dei banchieri, da un’inadeguata attività di vigilanza, se non, addirittura, da una diretta collusione con le banche vigilate, evitando che lavoratori e pensionati, oltre al danno, debbano subire perfino la beffa di prediche ed esortazioni al risparmio, da parte di coloro che non vogliono mai offrire soluzioni reali e concrete, contribuendo in prima persona alla difficile congiuntura economica.

(3-01655)

        LANNUTTI. – Al Presidente del Consiglio dei ministri e ai Ministri dell’economia e delle finanze e degli affari esteri. – Premesso che:
        secondo un articolo de «La Stampa» pubblicato il 13 dicembre 2010 «Una setta di banchieri decide le sorti del mondo. Sono nove, si riuniscono il terzo mercoledì del mese, controllano tutta la finanza». Secondo un articolo dello stesso giorno de «la Repubblica» è un club segreto: «Stessi nomi, stessi vizi, una storia che sembra condannata a ripetersi e col finale che rischia di essere già scritto: l’impunità. Stavolta è l’intero mondo dei titoli derivati – finanza »tossica« che ebbe un ruolo cruciale nella crisi del 2008 – l’oggetto delle loro congiure. Una vera e propria »cupola« di grandi banchieri che esercita un potere esclusivo di controllo su questo mercato. Fuori da ogni trasparenza, e al riparo da ogni concorrenza. »Il terzo mercoledì di ogni mese – il New York Times rivela – nove membri di una élite di Wall Street si riuniscono a Midtown Manhattan. I dettagli delle loro riunioni sono coperti dal segreto. Rappresentano Goldman Sachs, Morgan Stanley, JP Morgan, Citigroup, Bank of America, Deutsche Bank, Barclays, Ubs, Credit Suisse«. Ufficialmente, i nove banchieri di questo potentissimo comitato d’affari hanno il compito di »salvaguardare la stabilità e l’integrità« su un mercato che muove ogni giorno migliaia di miliardi di dollari. Di fatto, il club dei nove »protegge gli interessi delle grandi banche che ne fanno parte, perpetua il loro dominio, contrasta ogni sforzo per rendere trasparenti i prezzi e le commissioni«. La denuncia raccolta dal New York Times viene dal massimo organo di vigilanza. La fonte più autorevole all’origine dell’inchiesta è Gary Gensler, capo della Commodity Futures Trading Commission»;
            si legge ancora nel citato articolo de «La Stampa»: «Nove banchieri delle più importanti istituzioni finanziarie di Wall Street si riuniscono (...) nel Distretto finanziario di Manhattan per assicurarsi il controllo e la floridezza del mercato che più preoccupa la Casa Bianca: quello dei derivati. L’amministrazione Obama ha tentato invano di sottoporli a rigidi controlli nella recente riforma finanziaria varata dal Congresso, e Paul Volcker, l’ex presidente della Federal Reserve consigliere dello Studio Ovale, ne è il critico più aspro, indicandoli come un mercato che »sfugge a ogni regola« e continua a minare la stabilità di Wall Street dopo aver già contribuito alla crisi del settembre 2008. Ma le pressioni di Casa Bianca e Congresso hanno una debole eco nelle riunioni che vedono attorno ad un tavolo banchieri di giganti come JP Morgan Chase, Goldman Sachs, Deutsche Bank e Morgan Stanley interessati soprattutto a mantenere il controllo di scambi annuali per molti trilioni di dollari che sfuggono a ogni supervisione visto che i derivati sono prodotti finanziari in gran parte non quotati in Borsa. Dunque vengono scambiati privatamente e spesso registrati nei bilanci in maniera così ambigua da suggerire sospetti di illeciti. È proprio per indagare sul possibile rischio di frodi capaci di mettere a rischio la stabilità delle maggiori banche – e dunque i risparmi di milioni di cittadini – che il ministero della Giustizia di Washington ha creato una task force investigativa, il cui titolare Robert Litan ha scoperto il segreto del »club del mercoledì« finito ieri sulla prima pagina del New York Times. A dare corpo all’indagine sono state le testimonianze raccolte fra gli alti funzionari di Bank New York Mellon, fondata nel 1784, che hanno consentito di ricostruire come la loro richiesta di entrare nel »club del mercoledì« – che porta il nome di Ice Trust – sia stata rifiutata dai nove banchieri sulla base della convinzione che »la domanda non era sostenuta da un sufficiente volume di scambi di derivati durante l’anno«. »Si tratta di una risposta assurda perché siamo una delle banche da più tempo attive nel Distretto finanziario« ha fatto presente Sanjay Kannambadi, ceo della sussidiaria creata da Bank New York Mellon per entrare nell’Ice Trust, secondo il quale »il vero motivo per cui ci hanno tenuti fuori è la volontà di mantenere alti margini di profitto e di non condividere con altri la redazione delle regole che governano questo tipo di scambi«. Di fronte a tale ricostruzione Robert Livan non ha fatto altro che riscontrare la possibile creazione di un gruppo finanziario impegnato a gestire il mercato dei derivati con metodi non pubblici, sollevando lo scenario di qualcosa che assomiglia a una setta segreta di banchieri nel cuore di Wall Street per gestire i prodotti derivati che continuano a essere quelli capaci di garantire i maggiori profitti economici»;
            si legge ancora: «Gary Gensler, presidente della Commodity futures trading commission incaricata di regolare gli scambi della maggioranza dei derivati, suggerisce la necessità di »una maggiore supervisione sull’operato delle banche« al fine di scongiurare il rischio di intese non pubbliche destinate ad »aumentare i costi per tutti i cittadini americani«. Ma i membri del »club del mercoledì« respingono tali accuse, affermando l’esatto contrario. »Il sistema creato consente di ridurre i rischi esistenti in questo mercato e fino a questo momento la cooperazione fra noi si è rivelata un successo« ha dichiarato al New York Times una portavoce di Deutsche Bank, lasciando intendere che il super-club svolge quelle mansioni di controllo che la riforma finanziaria non è riuscita ad assegnare ad alcuna istituzione»;
        considerato che:
            la crisi dei mutui sub-prime, iniziata il 7 luglio 2007 negli Stati Uniti, prestiti allegramente elargiti a richiedenti privi di reddito sufficiente per la loro solvibilità e che non sarebbero mai stati restituiti, oltre a produrre una delle più grandi bolle immobiliari negli Usa, ha contagiato le borse di tutto il mondo con titoli cartolarizzati privi di una minima tracciabilità ed immessi nei circuiti finanziari e nelle borse di tutto il mondo, per precise responsabilità della triade costituita da banche di affari, agenzie di rating, in conflitto di interessi per rapporti azionari incestuosi e autorità vigilanti;
            la creazione del denaro dal nulla con i prodotti derivati, pari ad oltre 700.000 miliardi di dollari a fronte di un Pil di 55.000 miliardi di dollari, ha favorito la speculazione che ha generato, nella crisi sistemica, la distruzione di ben 30 milioni di posti di lavoro;
            i Governi di tutto il mondo, per salvare le banche, dopo il fallimento di Lehman Brothers, sono stati costretti a fornire oltre 4.000 miliardi di dollari ad un sistema bancario che utilizza quei fondi e la liquidità a basso costo per i tassi di interessi bassissimi, per fare profitti con il leverage e la leva finanziaria dei derivati, incassando laute stock option ed elevate prebende,
        si chiede di sapere:
            se al Governo risulti corrispondente al vero che i rappresentanti di Goldman Sachs, Morgan Stanley, JP Morgan, Citigroup, Bank of America, Deutsche Bank, Barclays, Ubs e Credit Suisse si riuniscono in segreto per speculare con il trading sui derivati e sui destini del mondo per conseguire profitti enormi sulla pelle dei mercati, dei risparmiatori, degli investitori ed azionisti del mercato globale;
            se il Governo non ritenga doveroso porre nelle riunioni ai vertici internazionali i gravissimi problemi di ripetute speculazioni planetarie con gli strumenti derivati, con l’unica finalità di conseguire profitti enormi per gli stessi banchieri autori del trading;
            se le banche che speculano sulla sovranità degli Stati depauperando la ricchezza delle nazioni, non debbano essere depennate dalla lista del Ministero dell’economia e delle finanze per le operazioni internazionali alle quali vengono assegnate funzioni di collocamento dei titoli del debito pubblico italiano ed altre similari;
            quali misure urgenti il Governo intende intraprendere, in coordinamento con gli altri Governi del G20, per impedire che questa ristretta «cricca» di finanzieri, che l’interrogante definisce bankster, possa continuare ad attentare alla ricchezza economica delle nazioni ed al sudato risparmio dei cittadini.

(3-01814)