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Commissione parlamentare d'inchiesta sull'efficacia e l'efficienza del Servizio sanitario nazionale, nonché sulle cause dell'incendio sviluppatosi tra il 15 e il 16 dicembre 2001 nel comune di San Gregorio Magno
MERCOLEDI' 18 GENNAIO 2006
32a Seduta
Presidenza del Presidente
CARELLA




La seduta inizia alle ore 15,05.

Esame dello schema della relazione conclusiva dell'inchiesta sulle problematiche sottese al fenomeno del comparaggio.
(Esame e rinvio)

Il presidente CARELLA, in qualità di relatore, riferisce sullo schema della relazione conclusiva sull’inchiesta sottesa al fenomeno del comparaggio, avente ad oggetto una ricostruzione delle vicende che hanno visto l’interessamento anche dell’Autorità giudiziaria, dei Carabinieri e della Guardia di Finanza. La Commissione d’inchiesta, anche tenuto conto del lavoro svolto in questa legislatura dalla Commissione Igiene e Sanità su tali problematiche, ha messo in evidenza come uno degli aspetti sui quali intervenire urgentemente è dato dalla revisione del decreto legislativo n. 541 del 1992, recante attuazione della direttiva 92/28/CEE concernente la pubblicità dei medicinali di uso umano. Infatti, gli esiti delle audizioni e degli approfondimenti svolti in questi anni dalla Commissione hanno messo in evidenza la necessità di riformare quella che costituisce la normativa quadro in tema di informazione scientifica.
Infine, la riflessione che si è aperta intorno al cosiddetto fenomeno del comparaggio manifesta tutta la sua rilevanza dal momento che si tratta di un fenomeno che può mettere a rischio il rapporto fiduciario tra personale medico, cittadini e Servizio sanitario nazionale nel suo complesso.

Il seguito dell’esame è, quindi, rinviato.




Esame dello schema della relazione conclusiva sull’attività della Commissione.
(Esame e rinvio)

Il presidente CARELLA, in qualità di relatore, illustra lo schema di relazione conclusiva sull’attività della Commissione che, nella parte iniziale, si sofferma sulla composizione, sulle ragioni istitutive, sulle finalità, i poteri e le attività della stessa Commissione, mettendo in risalto che, nel corso della propria attività, tale organo parlamentare ha approfondito alcuni settori di inchiesta specifici, con l’approvazione delle relazioni finali. Si tratta, in particolare, oltre alle inchieste sulle cause dell’incendio sviluppatosi tra il 15 ed il 16 dicembre 2001 nel comune di San Gregorio Magno, delle inchieste sul sistema integrato di emergenza-urgenza del Servizio sanitario nazionale, sul problematiche relative al contrasto della blue tongue e sulle problematiche sottese al fenomeno del comparaggio.
Inoltre, è stata siglata una convenzione con l’Università degli Studi di L’Aquila per lo svolgimento di una attività di ricerca statistica e campionamento su particolari ambiti, oggetto di specifici report: emergenza-urgenza; unità sanitarie locali; distretti sanitari; strutture ospedaliere; piani sanitari regionali.
Il documento in esame si concentra poi sulle maggiori problematiche rilevate nelle regioni dove delegazioni delle Commissione d’inchiesta hanno effettuato sopralluoghi. Per una precisa scelta operata dai membri della Commissione, nonché a causa di esigenze di tipo temporale, tali sopralluoghi si sono concentrati nelle regioni dell’Italia meridionale – Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia – e in una regione dell’Italia settentrionale, la Valle d’Aosta. Lo schema di relazione conclusiva in titolo analizza gli esiti di questa complessa attività ispettiva compiuta dalla Commissione, ponendo l’accento sui problemi legati alla situazione delle strutture, al rapporto tra sanità pubblica e sanità privata, alla spesa farmaceutica ed al quadro finanziario di aziende e regioni, al sistema di emergenza-urgenza, alla migrazione sanitaria e alle questioni legate alla prevenzione ed alla sicurezza. L’analisi e le valutazioni effettuate nelle regioni richiamate sono poi completate con l’indicazione degli investimenti e dello stato di attuazione degli interventi in tema di edilizia sanitaria, previsti ai sensi dell’articolo 20 della legge n. 67 del 1988.
In riferimento ai profili di analisi, l’impressione complessiva che si desume dal confronto interregionale sembra testimoniare che le problematiche rilevate in alcune realtà territoriali sono da attribuirsi non tanto ad una carenza o ad una limitatezza delle risorse finanziarie, quanto piuttosto ad una incapacità organizzativa ed attuativa rispetto agli obiettivi programmatici concordati a livello nazionale e poi ulteriormente definiti a livello regionale. Sotto questo profilo, si può affermare che – nonostante i ritardi accumulati sul versante della programmazione sanitaria in alcune regioni - le differenze riscontrate nelle diverse aree territoriali sembrano determinate non tanto da una palese difformità e/o inadeguatezza nei profili di normazione e programmazione regionali, quanto piuttosto dall’incapacità di alcune regioni di adottare gli adempimenti necessari per l’attuazione dei suddetti obiettivi ovvero di verificarne il compiuto rispetto.
In particolare, i sopralluoghi svolti dalla Commissione nell’Italia del Sud hanno permesso di verificare a che punto sono le regioni meridionali nel grado di offerta e nella qualità dei servizi sanitari.
Il quadro di fondo che emerge, seppure all’interno di una certa diversità tra le varie regioni e tra diverse aziende nella stessa regione, è la sostanziale inadeguatezza ed arretratezza della rete assistenziale che conferma quanti e quali siano i divari territoriali nell’accesso alle cure e le fortissime differenze tra le regioni meridionali e l’altra parte del Paese.
Questo quadro viene confermato da un dato molto significativo, definito dagli economisti e dagli esperti di materia sanitaria “mobilità sanitaria” e che i cittadini ben conoscono come i “viaggi della speranza” verso le altre regioni, perché nella propria mancano le strutture e i mezzi che garantiscono le cure.
La problematica della mobilità sanitaria presenta senza dubbio una notevole varietà di cause, a volte contrastanti, che tuttavia complessivamente esprimono un bisogno di salute da parte del cittadino.
Il ricovero di cittadini delle regioni meridionali in altre regioni rappresenta un grave problema per l’intera collettività meridionale in quanto, da un lato, esprime il bisogno di salute che non trova risposte adeguate nella regione di residenza e, dall’altro, causa un notevole impoverimento di risorse economiche per i sistemi sanitari meridionali e per l’intera economia del Mezzogiorno d’Italia.
Nel 2003 la mobilità sanitaria è costata alle regioni visitate circa 800 milioni di euro (Campania 246 milioni di euro, Puglia 84 milioni di euro, Basilicata 56 milioni di euro, Calabria 166 milioni di euro, Sicilia 202 milioni di euro, Molise 13 milioni di euro).
Nell’ottica di un sistema sanitario in grado di garantire su tutto il territorio nazionale uguali livelli di assistenza appare necessario, in attesa di colmare le evidenti carenze che oggi si registrano, concordare e coordinare la provvisoria copertura da parte delle regioni più sviluppate per le prestazioni di alta complessità e specialità e al tempo stesso individuare interventi finalizzati al recupero di tutte quelle componenti di bassa complessità della mobilità passiva che possono trovare una adeguata risposta nelle regioni di residenza.
Tale problema, da un lato, dipende dalla carenza e dalla mancanza al Sud di strutture ad alta specialità e di oncologia, ma, dall’altro, dalle diffuse situazioni di inefficienza e dalla bassa qualità dei servizi che sono state riscontrate nel corso dei sopralluoghi eseguiti.
Dalla lettura delle schede riepilogative delle regioni visitate il dato che emerge e che le accomuna è il diffuso riscontro di carenze strutturali che riguardano l’offerta del sistema ospedaliero erogata da strutture obsolete, inadeguate, nelle quali, in molti casi non sono garantiti gli standard di sicurezza e le elementari condizioni igienico-sanitarie. A questa situazione, ampiamente diffusa nelle province meridionali, non si sottraggono molti capoluoghi di provincia e neanche le grandi strutture ospedaliere di riferimento delle grandi città meridionali come Napoli, Palermo e Bari. Emblematiche sono le condizioni riscontrate al Policlinico di Bari, all'ospedale civico di Palermo, al Cardarelli di Napoli, a Catanzaro o quelle di Vibo Valentia che hanno costretto la Commissione a chiedere, tramite l’intervento dei NAS, la chiusura di alcuni reparti.
Le considerazioni maturate nel corso dei sopralluoghi svolti nelle regioni Puglia, Calabria, Sicilia e Campania introducono un argomento, strettamente correlato a quello della qualità della rete assistenziale: l’implementazione dei programmi di edilizia sanitaria. E’ infatti significativo rilevare come le realtà regionali ove si registrano maggiori ritardi nel raggiungimento degli obiettivi di adeguamento della rete ospedaliera siano anche quelle ove maggiori inerzie ed inefficienze continuano a perpetuarsi relativamente all’utilizzo dei fondi di edilizia sanitaria. Il riferimento è, evidentemente, all’utilizzo delle risorse stanziate nell’ambito del programma straordinario di investimenti in edilizia e in tecnologie sanitarie di cui alla legge finanziaria 11 marzo 1988, n. 67, in relazione al quale continuano a registrarsi, da un lato, l’inerzia di alcune regioni nell’impiego dei finanziamenti disponibili e, dall’altro lato, diffusi ritardi nella concreta attuazione delle opere che hanno conseguito l’autorizzazione. Tali problematiche sono state riscontrate dalla Commissione soprattutto nel corso dei sopralluoghi nella regione Campania, ove persistono consistenti ritardi nell’attuazione degli interventi finanziati ai sensi dell’articolo 20 della legge n. 67 del 1988. In particolare, le risorse messe a disposizione della Regione con l’accordo di programma sottoscritto nel dicembre 2000, pari a circa 1.110 milioni di euro, sono state destinate alla realizzazione di 175 interventi, di cui solo 25 sono stati ammessi a finanziamento, in quanto cantierabili, per un importo pari al 26% delle risorse assegnate. Seppure con toni meno accentuati, alla stessa data, si registrano ritardi anche nelle altre regioni: la Regione Puglia ha realizzato il 41% degli interventi ammessi a finanziamento, la Regione Sicilia ha realizzato il 57%, la Regione Calabria il 61%. Ancora più critica appare la situazione per alcune regioni, anche perché il dato è fortemente indicativo della capacità di programmazione, se si confrontano le risorse complessivamente assegnate con quelle formalmente impegnate: la Regione Calabria ha impegnato solo il 14% delle risorse disponibili, mentre la Regione Puglia il 29%.
Un ulteriore problema che la Commissione ha riscontrato in alcune realtà territoriali in merito al tema dell’edilizia sanitaria è quello delle cosiddette “cattedrali nel deserto”, ovvero degli ospedali incompiuti che vengono abbandonati prima della conclusione dei lavori e degli ospedali appena completati che rientrano nei piani di ridimensionamento o necessitano di impegnativi interventi di adeguamento alle nuove norme per l’accreditamento: il caso più clamoroso è stato individuato nel corso dell’ispezione presso l’ospedale di montagna di Oppido Mamertina, nella piana di Gioia Tauro in Calabria, i cui lavori sono stati iniziati più di venti anni fa e che già mostra segni di cedimento nelle strutture portanti. All’interno della struttura è stata addirittura realizzata una sala operatoria, che tuttavia non potrà mai essere utilizzata, anche perché i locali adiacenti si trovano allo stato grezzo dei lavori.
Sempre relativamente alla assistenza ospedaliera, la Commissione di inchiesta ha rilevato in alcune regioni una persistente inerzia o inefficienza nel raggiungimento degli standard di ristrutturazione della rete ospedaliera al fine di riequilibrare l’offerta di posti letto per acuti e per la riabilitazione e lungodegenza: così, ad esempio, in Basilicata si impone il problema della riconversione dei presidi sanitari che, organizzati in ben 5 Asl in un territorio dal numero di abitanti assolutamente esiguo, necessitano di essere complessivamente ripensati alla luce delle nuove esigenze del territorio. Analogamente, in Puglia, a fronte di una rete di assistenza territoriale assolutamente carente, permangono, in alcune aree, duplicazioni degli ospedali, spesso motivate da ragioni storiche, mentre in altre aree si registra un congestionamento delle strutture ospedaliere.
Sempre nell’ambito dell’assistenza ospedaliera, la Commissione ha peraltro rilevato come in alcune realtà regionali persista un rapporto tra ospedalità pubblica e privata assolutamente sproporzionato rispetto alla media: tale rilievo sembra caratterizzare, in primo luogo, realtà come la Calabria e la Sicilia, ove la Commissione ha constatato una presenza di posti letto privati nettamente più elevato di quello della media delle altre Regioni. In Calabria, ad esempio, si è rilevata la presenza sul territorio di circa 2.500 posti letto gestiti da cliniche private, che rappresentano circa un terzo del numero complessivo di posti letto della Regione; è peraltro importante evidenziare come tale presenza predominante del settore privato rispetto a quello pubblico abbia spesso ostacolato o comunque complicato il processo di riconversione della rete assistenziale.
Analoghe problematiche si sono ravvisate anche in Sicilia, ove fino ad ora la sanità privata ha svolto un ruolo di supplenza rispetto ai deficit presenti nella sanità pubblica. Nella consapevolezza che tale sovradimensionamento del settore privato rispetto a quello pubblico solleva problemi sia in termini economici che in termini di ristrutturazione della rete, l’amministrazione regionale ha annunciato alla Commissione l’intenzione di ridurre in futuro le convenzioni con le cliniche private, soprattutto nel settore della diagnostica sperimentale, che è quello ove si registrano maggiori accreditamenti privati.
In merito al ruolo della sanità privata nella rete assistenziale, si evincono problemi diffusi anche nella Regione Campania, non tanto nel rapporto tra posti letto privati e pubblici, quanto piuttosto negli stessi requisiti e condizioni di accreditamento. Nel corso dei suoi sopralluoghi, la Commissione ha infatti rilevato come in Campania permanga un elevato numero di strutture in regime provvisorio di accreditamento, pari a 350 studi privati e circa 1.200 posti letto in cliniche private; è importante evidenziare che tali strutture in regime di accreditamento provvisorio sfuggono di regola ai controlli regionali, per cui nessuna garanzia è offerta agli utenti in termini di appropriatezza delle strutture e di qualità delle prestazioni. Tale problema degli accreditamenti provvisori si inserisce, d’altronde, nelle più generali anomalie che ancora oggi caratterizzano il sistema sanitario campano, dove numerosi sono gli ospedali privi di decreto di agibilità e dove nessuna struttura pubblica ha una vera e propria autorizzazione sanitaria, in palese violazione sia del decreto legislativo n. 229 del 1999 che della normativa regionale che subordina le strutture pubbliche e private al medesimo processo di autorizzazione per la verifica della sussistenza dei requisiti minimi strutturali e funzionali.
Alla presenza nelle regioni meridionali di un sistema tendenzialmente ospedalocentrico, con vaste sacche di inappropriatezza e di inadeguatezza, si contrappongono i bassissimi indici di attività delle prestazioni di assistenza territoriale e livelli di spesa nettamente superiori alla media nazionale relativamente alla medicina di base e alla farmaceutica.
Dal confronto dei dati nazionali è agevole evidenziare come le oscillazioni che si sono rilevate nella spesa per la medicina di base siano determinate prevalentemente dal diverso costo del servizio di guardia medica registratosi nelle singole realtà territoriali e che, soprattutto nelle regioni dell’Italia meridionale, sembra mantenersi su livelli nettamente superiori alla media nazionale. Tali percentuali di costo più elevate sono legate direttamente alla non omogenea distribuzione delle guardie mediche in rapporto alla popolazione (misurata come tasso di guardie mediche ogni 1.000 abitanti), che raggiunge in alcune regioni meridionali rapporti assolutamente sproporzionati rispetto alla media nazionale (7,8 in Basilicata e 6,6 in Molise a fronte dell’1,1 del Piemonte e dell’1,7 di Lombardia, Veneto e Liguria).
Viceversa i valori molto bassi che si registrano in alcune regioni meridionali nella spesa media pro-capite per l’emergenza ed urgenza sembrano determinati dalla tendenza di queste regioni a svolgere prevalentemente nei servizi di pronto-soccorso ospedalieri l’attività di emergenza, con conseguente incremento del rischio di inefficienza ed accesso improprio al servizio.
Tale constatazione sembra trovare un’indiretta conferma in alcuni dei rilievi che sono stati elaborati dalla Commissione nel corso dei suoi sopralluoghi: così, ad esempio, in molte delle strutture della Regione Puglia - che sono state sede di ispezione da parte della Commissione - si è ravvisato un vero e proprio sovraccaricamento del pronto soccorso, ove si registrano percentuali molto elevate di accessi impropri, mentre per altra parte permane una diffusa inadeguatezza delle stesse strutture allo svolgimento di tale attività. Anche nella Regione Sicilia si sono ravvisati cospicui problemi nel sistema di emergenza-urgenza che, a fronte della consistente onerosità del servizio, si presenta carente sia di personale che di auto medicalizzate, con conseguente insoddisfazione degli utenti per il servizio fornito e relativo incremento dei codici bianchi negli accessi al pronto soccorso.
Uno dei livelli di assistenza in cui, nel macro-ambito dell’assistenza distrettuale, si registra una maggiore variabilità regionale è quello legato all’assistenza farmaceutica, ove le differenze nei dati di spesa sono il frutto, da un lato, delle eterogenee scelte compiute nel settore dalle Regioni a seguito dell’accordo Stato-Regioni dell’8 agosto 2001 (che, come noto, ha attribuito alle Regioni ampi margini di manovra in ordine alle politiche di compartecipazione alla spesa farmaceutica e ai meccanismi di distribuzione diretta) e, dall’altro lato, ai diversi orientamenti degli stessi utenti del servizio in ordine al ricorso al farmaco come alternativa al ricovero.
In linea generale, si deve registrare ancora una volta una sostanziale incapacità delle regioni meridionali a contenere la spesa farmaceutica territoriale entro il tetto programmato del 13% fissato dal decreto legge n. 347 del 2001; né, peraltro, si può negare che l’entità degli sfondamenti registrati rispetto al valore percentuale programmato (la spesa farmaceutica territoriale raggiunge infatti livelli del 17,3% in Puglia, del 17,26% in Sicilia e del 16,99% in Calabria) testimonia una sostanziale incapacità delle regioni meno virtuose ad adottare efficaci politiche di contenimento dei costi e di razionalizzazione degli sprechi.
In conclusione, il “viaggio” della Commissione nelle regioni meridionali , unitamente ai dati emersi dall’attività di ricerca statistica e di campionamento sul Sistema sanitario nazionale, svolta in collaborazione con l’Università degli Studi di L’Aquila, rileva, in un quadro di diffusa disomogeneità regionale in ordine al rispetto dei principali standard qualitativi, quantitativi e di attività, una situazione nelle regioni meridionali che sembra essere determinata dai perduranti ritardi che sono stati maturati sul versante della programmazione sanitaria e della sua implementazione attraverso interventi di ristrutturazione della rete ospedaliera e di riorganizzazione del sistema di prestazioni territoriali. Nella consapevolezza che le risorse nel settore sanitario sono essenziali e che il nuovo concetto di federalismo fiscale obbligherà tutte le regioni ad erogare servizi in funzione delle proprie risorse economiche non può essere ignorato un dato di fondo: la dimostrazione che nella realtà meridionale i finanziamenti raramente si sono tradotti in una offerta legata ai bisogni, anzi essi hanno influenzato l’andamento stesso della spesa e le fortissime differenze tra questo territorio e la restante parte del Paese.
Per ovviare a tali disomogeneità diffuse, nonché alle anomalie di sistema che sono state rilevate nel corso dei sopralluoghi svolti, è indubbiamente auspicabile la valorizzazione dell’attività concertativa e di “accompagnamento” a livello nazionale e interregionale, affinché sia favorito il confronto attivo tra le diverse realtà territoriali e sia promossa la predisposizione di comuni strategie di intervento, elaborate anche sulla scorta di esperienze positive. Accanto agli strumenti di cooperazione orizzontale e verticale, è peraltro auspicabile che continui e si intensifichi anche l’attività di monitoraggio e controllo sull’andamento dei diversi sistemi sanitari regionali, perché solo attraverso la condivisione di dati ed informazioni si potrà attivare un dialogo comune su quei profili organizzativi e di attività dei sistemi sanitari regionali che, per l’impegno di risorse richiesto e l’impatto sulla tutela del diritto alla salute costituzionalmente garantito, richiedono omogeneità di risultati, pur nella fisiologica ed auspicabile differenziazione delle strategie di intervento.
In conclusione, esprime l’auspicio che tale documento - sul quale è stato fatto un complesso lavoro di sintesi, grazie al contributo di tutti i Commissari, degli uffici di Segreteria della Commissione, del Nucleo di Polizia Giudiziaria – possa essere utile a risolvere le problematiche segnalate, allo scopo di migliorare i risultati e le prestazioni del Servizio sanitario nazionale.

Si apre quindi la discussione.

La senatrice BETTONI BRANDANI, nel complimentarsi con il presidente Carella per il lavoro con cui è stato capace di sintetizzare la miriade di dati ed informazioni raccolti nel corso dell’attività della Commissione, rileva che, come ebbe modo di sottolineare durante l’inchiesta sull’emergenza-urgenza del Servizio sanitario nazionale, risulti preoccupante la condizione del cosiddetto servizio 118. Non a caso, nella relazione conclusiva di quell’inchiesta si sottolineò l’importanza del ruolo dell’agenzia dei servizi sanitari regionali, nell’obiettivo di migliorare la qualità delle risposte del sistema.
Peraltro, le conclusioni di quella inchiesta hanno fatto perno su dati in gran parte retrospettivi, inviati dalle singole ASL, dati che, secondo quanto emerso nello schema di relazione conclusiva illustrato dal relatore, appaiono peggiorati. Anche per tale ragione, ribadisce che qualsiasi monitoraggio in merito alla qualità ed ai costi del sistema di emergenza-urgenza del Servizio sanitario nazionale deve compiersi precisando a priori i parametri con cui vanno impostate le analisi.

Il senatore ROLLANDIN esprime il proprio apprezzamento per la relazione illustrata dal presidente Carella che ha avuto altresì l’indubbio merito di impostare i sopralluoghi della Commissione in modo tale che gli stessi potessero fornire utili elementi conoscitivi. L’esito delle attività svolta dalla Commissione pone in risalto un primo aspetto rilevante: la presenza di delegazioni della Commissione sul territorio ha prodotto di per sé una serie di conseguenze positive poiché ha attivato le regioni interessate, le aziende e le singole strutture. Tuttavia, proprio il lavoro compiuto durante tale attività ispettiva esterna dimostra l’esigenza di dare seguito alle indicazioni operative emerse nel corso dei sopralluoghi, al fine di verificare se da parte delle Regioni e delle ASL sono osservati determinati criteri valutativi in ordine agli investimenti, all’occupazione del personale e alla qualità dei servizi offerti.
Anche alla luce di tali considerazioni, si impone l’esigenza di individuare uno strumento che consenta di monitorare l’osservanza dei rilievi e delle indicazioni effettuate nel corso di questo lavoro, anche nell’ottica di un necessario adeguamento della normativa interna e comunitaria. Agendo in questa direzione, il mosaico del Servizio sanitario nazionale risulterà senz’altro più armonico, e con meno disparità tra le varie regioni.

Il senatore Giovanni BATTAGLIA, associandosi alle parole di apprezzamento rivolte nei confronti del Presidente Carella, osserva che se ci fossero state le condizioni politiche e temporali sarebbe stato più che opportuno un supplemento di indagini in merito alle gravi problematiche che, ancora di recente, stanno investendo la Regione Sicilia dove appare peraltro evidente il perverso intreccio tra criminalità organizzata e mondo economico che ha invaso anche il sistema sanitario.
Nel merito, condivide i contenuti dello schema di relazione conclusiva, evidenziando che nella parte concernente il rapporto tra sanità pubblica e sanità privata, con riferimento all’Asl Ragusa/7, occorre precisare che in tale area vi è una sola casa di cura privata.

Il senatore LIGUORI, dopo aver rivolto il proprio ringraziamento ed apprezzamento al Presidente Carella, esprime un giudizio favorevole sul documento in esame, all’interno del quale, a suo avviso, occorrerebbe apportare alcune limitate correzioni. In particolare, andrebbe chiarito che il riferimento all’ospedale di Sarno deve intendersi al costruendo ospedale, mentre andrebbe evidenziato, nell’ambito dei problemi della migrazione sanitaria, che è vero che molti cittadini del salernitano ricorrono alle strutture della Basilicata, ma è altrettanto vero il fenomeno inverso che vede cittadini lucani rivolgersi alle strutture della zona meridionale della provincia di Salerno.

Il senatore ROTONDO, dopo essersi complimentato con il Presidente Carella per le analisi e le valutazioni fornite, ritiene che l’attività svolta dalla Commissione sia stata in grado di far emergere le peculiarità e le problematiche delle diverse realtà regionali. In particolare, i risultati dei sopralluoghi dimostrano la necessità di migliorare complessivamente la qualità dell’offerta della sanità pubblica. Nel giudicare in modo positivo il documento in esame, rileva che potrebbe essere utile fornire qualche indicazione in merito a quanto è emerso nella audizione del 4 maggio 2004, nella quale sono stati ascoltati amministratori e rappresentanti di associazioni per l’acquisizione di elementi conoscitivi sulla situazione sanitaria in Sicilia.

Il senatore FASOLINO si associa alle parole di apprezzamento rivolte dai senatori finora intervenuti nei confronti del relatore che ha dimostrato una notevole capacità di sintesi ed una estrema accuratezza nell’indicazione dei rilievi e delle problematiche emerse durante l’attività della Commissione. Nel complesso, la Commissione, attraverso lo schema di relazione conclusiva in argomento, sottopone all’attenzione del Governo nazionale e delle Regioni, conclusioni assai significative sullo stato attuale del Servizio sanitario nazionale. Tuttavia, non può non esprimere qualche preoccupazione in ordine al possibile impatto che talune affermazioni contenute nello schema di relazione conclusiva potrebbero avere in alcune regioni dell’Italia meridionale. Si riferisce, in modo particolare, alla regione Campania nei confronti della quale sono stati giustamente rimarcate le disfunzioni e le carenze presenti nella rete assistenziale territoriale, oltre alle distorsioni provocate da un’impostazione ospedalocentrica. E’ evidente che i rilievi e le segnalazioni della Commissione potranno avere seguito concreto solo se saranno accompagnate da un’attività di adeguamento da parte delle autorità locali preposte.
Inoltre, un ulteriore dato significativo, riportato nello schema di relazione conclusiva, attiene al fenomeno del cosiddetto turismo sanitario, la cui causa risiede nell’assenza di poli di eccellenza nell’Italia meridionale dove si è, invece, preferito puntare su di una politica volta alla difesa dei piccoli ospedali.
Infine, sarebbe utile che all’interno della relazione conclusiva si sottolineasse la necessità che la quota del 5 per cento del complesso dei fondi destinati alle Regioni sia effettivamente utilizzata per finalità legate alla prevenzione , senza essere più adoperata per altre finalità.

Il presidente CARELLA, dopo avere precisato che molto spesso in seguito ai sopralluoghi effettuati dalla Commissione si sono effettuate ulteriori verifiche ed ispezioni da parte dei NAS e di organi tecnici locali, rinvia il seguito dell’esame.

La seduta termina alle ore 16,05.