Si apre quindi la discussione, nel corso della quale prendono la parola i senatori MARITATI, MANZIONE, ZICCONE, CONSOLO e CHERCHI. Il PRESIDENTE, accertata la presenza del numero legale, pone ai voti la proposta di esprimere parere favorevole alla costituzione in giudizio del Senato, per resistere nel conflitto di attribuzione sollevato dalla Corte di appello di Milano. La Giunta approva a maggioranza la proposta messa ai voti dal Presidente. VERIFICA DEI POTERI Comunicazioni del Presidente in ordine alle cariche elettive assunte da senatori a seguito della tornata elettorale amministrativa del giugno 2004. Il PRESIDENTE comunica che nelle recenti elezioni amministrative, risultano eletti il senatore Coletti (a presidente della provincia di Chieti; nel 2001 era stato eletto con il maggioritario nel collegio 5 dell’Abruzzo) ed il senatore Provera (a presidente della provincia di Sondrio; nel 2001 era stato eletto con il maggioritario nel collegio 34 della Lombardia). Ambedue i senatori hanno reso (Provera il 14 luglio, Coletti il 15 luglio) la dichiarazione ai sensi dell’articolo 18 del Regolamento per la verifica dei poteri, che va trasmessa entro trenta giorni per le cariche che ogni senatore venga a rivestire successivamente all'assunzione del mandato parlamentare. In ordine a tali cariche, si pone il problema della conversione delle cause di ineleggibilità sopraggiunte in corso di mandato (tra le quali, come noto, rientra la carica di presidente di Provincia e di sindaco di Comune con popolazione superiore a 20.000 abitanti, ai sensi dell’art. 7 del d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, applicabile al Senato in virtù dell’articolo 27 del decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533) come cause di incompatibilità. In assenza di un dato testuale - che estenda al parlamentare in carica il divieto previsto espressamente dall'articolo 7 del D.P.R. n. 361 del 1957 solo come causa di ineleggibilità - vari argomenti sono stati spesi a sostegno della cosiddetta "conversione" ovvero "trasformazione" dell'ineleggibilità sopravvenuta in incompatibilità. La Presidenza in questa sede ne ricapitolerà brevemente i punti salienti, per poi rassegnare alcune considerazioni di ordine politico più generale. L'articolo 66 della Costituzione parla di "cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità": ciò è stato interpretato a sostegno della rilevanza del sopraggiungere di una causa di incompatibilità in corso di mandato, che non potrebbe quindi essere del tutto ininfluente ai fini del mandato stesso. La conseguenza, secondo tale tesi, sarebbe l'obbligo di opzione a carico del parlamentare interessato. In tale senso si espressero le Giunte e le Assemblee delle Camere per tredici legislature: nella prima, con i casi dei deputati Pertusio, La Pira, Colombo, Angelucci e Fanelli; nella seconda con i casi dei senatori Tupini ed Aimoni; nella terza con i casi dei deputati Montanari e Pucci; nella nona con i casi del deputato Scotti e del senatore Signorello; nella decima con i casi del deputato Zanone e dei senatori Ferrara, Pizzo e Giacometti; nella tredicesima con i casi dei deputati Nardone, Corsini, Poli Bortone e del senatore Ucchielli. Gli argomenti che le ripetute relazioni che le Giunte alle Assemblee hanno utilizzato, ottenendo il conforto di queste ultime nel senso dell'incompatibilità, erano i seguenti: a) per i senatori di diritto che erano previsti nella III disposizione transitoria della Costituzione, l'articolo 25, comma 2, della legge 6 febbraio 1948, n. 29, stabiliva che questo caso di ineleggibilità dovesse considerarsi caso di incompatibilità; ebbene, tale norma rappresenterebbe l'applicazione di un principio generale ad un caso specifico; b) qualora si ritenesse compatibile il mandato parlamentare con l'ufficio di sindaco di comune con più di 20 mila abitanti, acquisito dopo l'elezione a parlamentare, la lettera e lo spirito delle norme sulle ineleggibilità sarebbero facilmente elusi; bisognerebbe infatti guardare non alla lettera, ma allo spirito della legge, il quale sarebbe decisamente contrario alla compatibilità tra i due uffici; c) il sindaco, quale ufficiale del Governo (confermato in tale veste dall’articolo 54 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, recante Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali), è soggetto al controllo del prefetto e quindi dell'esecutivo, che, a sua volta, l'interessato deve controllare in quanto parlamentare: orbene - si dice - il parlamentare non può essere nello stesso tempo controllore dell'esecutivo e controllato da quest'ultimo. Questo argomento, per verità, prova troppo, perché esso, applicato con coerenza, renderebbe incompatibile con il mandato parlamentare anche l'ufficio di sindaco di comuni con meno di ventimila abitanti, cosa che, a quanto risulta, non è mai stata prospettata. Nella presente legislatura, però, sono stati addotti con successo gli argomenti contrari; infatti, la Giunta delle elezioni della Camera dei deputati nella seduta del 2 ottobre 2002 ha deliberato la compatibilità con il mandato parlamentare delle cariche di sindaco di Palermo assunta dal deputato Diego Cammarata, di sindaco di Latina assunta dal deputato Vincenzo Zaccheo e di sindaco di Termoli assunta dal deputato Remo Di Giandomenico. Trattandosi di una decisione di compatibilità, l’Assemblea non ne è stata investita. La decisione di compatibilità assunta dalla Camera è stata così argomentata: a) nessuna norma legislativa prevede tale incompatibilità e poiché le norme sulla incompatibilità sono limitative dei diritti, non è consentito costruire nuovi casi di incompatibilità in via di interpretazione analogica, oltre quelli espressamente previsti dalla legge; b) la ratio della norma che prevede l'ineleggibilità dei sindaci è di evitare indebite influenze del candidato sul corpo elettorale, mentre quella dell’incompatibilità è di prevenire il caso di conflitti d’interesse nell’esercizio della carica rivestita; pertanto la ratio della ineleggibilità - se ricostruita in questo modo - non esiste più se l'ufficio di sindaco è assunto quando l'interessato è già deputato o senatore; c) ubi lex non dixit noluit, tant'è vero che per affermare il principio della conversione l’articolo 63, comma 1, n. 7, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 ha dovuto prevedere espressamente l’incompatibilità all’ufficio di consigliere provinciale, comunale e circoscrizionale per “colui che, nel corso del mandato, viene a trovarsi in una condizione di ineleggibilità prevista nei precedenti articoli” (similmente prevedeva l’art. 3 della legge 23 aprile 1981, n. 154). Dopo la ricordata decisione innovativa della Giunta della Camera dei deputati, è plausibile ritenere che la Giunta del Senato dovrà affrontare la questione ex novo, non potendo la nuova giurisprudenza della Camera non comportare un’indubbia influenza sulla future decisioni del Senato, anche perché un’eventuale difformità di valutazioni – pur essendo legittima sotto il profilo strettamente costituzionale - tuttavia si potrebbe prestare ad evidenti censure di inopportunità, introducendo non irrilevanti disparità di trattamento tra i membri delle due Camere. Comunque, la Giunta del Senato dispone di un suo margine di autonomia costituzionalmente garantito, per cui sono gli argomenti che sono stati enunciati - e non l'esistenza di abbondanti precedenti, e men che meno le posizioni soggettive degli interessati - a dover ispirare la risoluzione di quello che oggettivamente resta una problematica assai delicata, anche per le ricadute che comporta. Nell’eventualità in cui la Giunta del Senato ritenesse di uniformarsi alla nuova giurisprudenza della Camera, infatti, la declaratoria di compatibilità nei casi Coletti e Provera rappresenterebbe un abbandono del principio stesso della trasformazione delle cause di ineleggibilità sopravvenute in cause di incompatibilità, non essendo probabilmente possibile delimitarla alla sola situazione dei sindaci e dei presidenti di provincia. È noto infatti che vi sono altre fattispecie per le quali il decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361 dispone l’ineleggibilità in via originaria, che però non sono espressamente ricomprese tra le incompatibilità di cui alla legge 13 febbraio 1953, n. 60. E' il caso di “coloro che in proprio o in qualità di rappresentanti legali di società o di imprese private risultino vincolati con lo Stato per contratti di opere o di somministrazioni, oppure per concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entità economica, che importino l'obbligo di adempimenti specifici, l'osservanza di norme generali o particolari protettive del pubblico interesse, alle quali la concessione o la autorizzazione è sottoposta”, per i quali l’articolo 10 del citato decreto n. 361 dispone l’ineleggibilità, ma che non necessariamente coincidono con le cariche sociali o gestorie “in associazioni o enti che gestiscano servizi di qualunque genere per conto dello Stato o della pubblica Amministrazione”, per le quali l’articolo 2 della legge n. 60 prevede l’incompatibilità. Per converso, l’articolo 10 del citato decreto n. 361 dispone l’ineleggibilità dei “rappresentanti, amministratori e dirigenti di società e imprese volte al profitto di privati e sussidiate dallo Stato con sovvenzioni continuative o con garanzia di assegnazioni o di interessi, quando questi sussidi non siano concessi in forza di una legge generale dello Stato”, mentre l’articolo 2 della legge n. 60 si limita a prevedere che “i membri del Parlamento non possono ricoprire cariche, né esercitare funzioni di amministratore, presidente, liquidatore, sindaco o revisore, direttore generale o centrale, consulente legale o amministrativo con prestazioni di carattere permanente, in associazioni o enti (…) ai quali lo Stato contribuisca in via ordinaria, direttamente o indirettamente”. In questo caso, parrebbe invece che l’ambito delle incompatibilità possa in certe circostanze risultare più esteso di quello delle ineleggibilità. Si tratta comunque di casi nei quali il Comitato per l’esame delle cariche dei senatori potrebbe ricavare indicazioni dalla decisione che dovesse essere assunta in Giunta sui casi Coletti e Provera, laddove essa (come appare preferibile) fosse espressione di un principio metodologico di ordine generale; le proposte del Comitato rimarrebbero invece impregiudicate se si ritenesse che l’adesione all’indirizzo seguito dalla Camera sia limitata alla specificità dei casi di cumulo con cariche amministrative locali. Ai fini di un'adeguata preparazione, la Presidenza attenderà il decorso delle ferie estive per porre in votazione la questione, auspicando che per settembre tutti i commissari siano in condizione di esprimere un parere approfondito e di assumere determinazioni che - laddove fossero nel senso della compatibilità - sarebbero definitive. Il seguito dell'esame è quindi rinviato. Comunicazioni del Presidente sul possibile utilizzo della strumentazione informatica al servizio della verbalizzazione delle operazioni di scrutinio nelle elezioni politiche.