GIUNTA DELLE ELEZIONI
E DELLE IMMUNITA' PARLAMENTARI


MARTEDI' 27 LUGLIO 2004


66a Seduta


Presidenza del Presidente
CREMA

La seduta inizia alle ore 15,10.

AFFARI ASSEGNATI

Costituzione in giudizio del Senato della Repubblica per resistere in un conflitto di attribuzione sollevato dalla Corte di Appello di Milano.

Il PRESIDENTE comunica che il Presidente del Senato ha deferito ieri alla Giunta l’affare concernente la possibile costituzione in giudizio del Senato nel conflitto tra poteri dello Stato promosso dalla Corte d’appello di Milano in ordine alla deliberazione del Senato, resa il 31 gennaio 2001, declaratoria dell’insindacabilità delle affermazioni rese da Marco Boato, all’epoca senatore, in margine al processo ad Adriano Sofri.
L'onorevole Boato era stato citato in giudizio dinanzi al Tribunale civile di Milano dal magistrato dottor Guido Salvini per avere: in qualità di testimone nell'ambito del processo penale a carico di Adriano Sofri, rilasciato alcune dichiarazioni, il 23 febbraio 1990, con le quali accusava il Salvini - giudice istruttore nel procedimento penale - di avere, durante un colloquio informale con un detenuto, tentato di far confessare a quest'ultimo che l'onorevole Boato era il mandante dell'omicidio Calabresi; rilasciato, nel febbraio 1990, interviste televisive nel medesimo senso a telecronisti del TG1 e TG2; reso analoghe dichiarazioni nel corso di un dibattito organizzato presso la Casa della Cultura di Milano, all'indomani della pronunzia della sentenza della Corte di Assise nel processo per l'omicidio del dottor Calabresi; rilasciato un'intervista al giornalista Iannuzzi, pubblicata sul settimanale "Il Sabato" il 12 maggio 1990, nel corso della quale l'onorevole Boato ha ripetuto le accuse già pronunciate in varie sedi nei confronti del citato magistrato.
Adita dall’interessato, divenuto deputato, la Camera dei deputati aveva dichiarato insindacabili le opinioni espresse da Boato con delibera 20 marzo 1997. Il tribunale di Milano aveva sollevato, contro tale delibera, conflitto di attribuzioni nei confronti della Camera, ma la Corte costituzionale – con la sentenza n. 252 del 1999, depositata il 23 giugno 1999 – ha sancito il principio in base al quale spetta alla Camera cui il parlamentare apparteneva al momento del fatto assumere le deliberazioni inerenti all'applicazione della prerogativa dell'insindacabilità. La Corte ha pertanto ritenuto competente a pronunciarsi sull'applicabilità dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, alle opinioni espresse dall'onorevole Boato il Senato della Repubblica, del quale il parlamentare era componente nel momento in cui manifestò le medesime opinioni.
Con lettera del 24 giugno 1999, il Senato della Repubblica fu investito dell'esame della questione dell'applicabilità dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, in relazione al medesimo procedimento civile pendente nei confronti del deputato Marco Boato. Il Senato, nella seduta del 31 gennaio 2001, su conforme parere della Giunta si determinò per l’insindacabilità, con una decisione che oggi la Corte d’appello di Milano impugna dinanzi alla Corte costituzionale. La Corte, con ordinanza n. 225 del 2004, ha dichiarato ammissibile il conflitto, disponendo la sua notificazione entro sessanta giorni dalla sua comunicazione alla Corte d’appello milanese. Poiché i termini (di venti giorni dalla notificazione) a carico del convenuto non si sospendono nel periodo feriale, la Presidenza del Senato ha ritenuto opportuno investire la Giunta, sin d’ora, della valutazione in ordine al se costituirsi in giudizio per resistere al conflitto.

Si apre quindi la discussione, nel corso della quale prendono la parola i senatori MARITATI, MANZIONE, ZICCONE, CONSOLO e CHERCHI.

Il PRESIDENTE, accertata la presenza del numero legale, pone ai voti la proposta di esprimere parere favorevole alla costituzione in giudizio del Senato, per resistere nel conflitto di attribuzione sollevato dalla Corte di appello di Milano.

La Giunta approva a maggioranza la proposta messa ai voti dal Presidente.

VERIFICA DEI POTERI

Comunicazioni del Presidente in ordine alle cariche elettive assunte da senatori a seguito della tornata elettorale amministrativa del giugno 2004.

Il PRESIDENTE comunica che nelle recenti elezioni amministrative, risultano eletti il senatore Coletti (a presidente della provincia di Chieti; nel 2001 era stato eletto con il maggioritario nel collegio 5 dell’Abruzzo) ed il senatore Provera (a presidente della provincia di Sondrio; nel 2001 era stato eletto con il maggioritario nel collegio 34 della Lombardia).
Ambedue i senatori hanno reso (Provera il 14 luglio, Coletti il 15 luglio) la dichiarazione ai sensi dell’articolo 18 del Regolamento per la verifica dei poteri, che va trasmessa entro trenta giorni per le cariche che ogni senatore venga a rivestire successivamente all'assunzione del mandato parlamentare.
In ordine a tali cariche, si pone il problema della conversione delle cause di ineleggibilità sopraggiunte in corso di mandato (tra le quali, come noto, rientra la carica di presidente di Provincia e di sindaco di Comune con popolazione superiore a 20.000 abitanti, ai sensi dell’art. 7 del d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, applicabile al Senato in virtù dell’articolo 27 del decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533) come cause di incompatibilità.
In assenza di un dato testuale - che estenda al parlamentare in carica il divieto previsto espressamente dall'articolo 7 del D.P.R. n. 361 del 1957 solo come causa di ineleggibilità - vari argomenti sono stati spesi a sostegno della cosiddetta "conversione" ovvero "trasformazione" dell'ineleggibilità sopravvenuta in incompatibilità. La Presidenza in questa sede ne ricapitolerà brevemente i punti salienti, per poi rassegnare alcune considerazioni di ordine politico più generale.
L'articolo 66 della Costituzione parla di "cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità": ciò è stato interpretato a sostegno della rilevanza del sopraggiungere di una causa di incompatibilità in corso di mandato, che non potrebbe quindi essere del tutto ininfluente ai fini del mandato stesso. La conseguenza, secondo tale tesi, sarebbe l'obbligo di opzione a carico del parlamentare interessato.
In tale senso si espressero le Giunte e le Assemblee delle Camere per tredici legislature: nella prima, con i casi dei deputati Pertusio, La Pira, Colombo, Angelucci e Fanelli; nella seconda con i casi dei senatori Tupini ed Aimoni; nella terza con i casi dei deputati Montanari e Pucci; nella nona con i casi del deputato Scotti e del senatore Signorello; nella decima con i casi del deputato Zanone e dei senatori Ferrara, Pizzo e Giacometti; nella tredicesima con i casi dei deputati Nardone, Corsini, Poli Bortone e del senatore Ucchielli.
Gli argomenti che le ripetute relazioni che le Giunte alle Assemblee hanno utilizzato, ottenendo il conforto di queste ultime nel senso dell'incompatibilità, erano i seguenti:
a) per i senatori di diritto che erano previsti nella III disposizione transitoria della Costituzione, l'articolo 25, comma 2, della legge 6 febbraio 1948, n. 29, stabiliva che questo caso di ineleggibilità dovesse considerarsi caso di incompatibilità; ebbene, tale norma rappresenterebbe l'applicazione di un principio generale ad un caso specifico;
b) qualora si ritenesse compatibile il mandato parlamentare con l'ufficio di sindaco di comune con più di 20 mila abitanti, acquisito dopo l'elezione a parlamentare, la lettera e lo spirito delle norme sulle ineleggibilità sarebbero facilmente elusi; bisognerebbe infatti guardare non alla lettera, ma allo spirito della legge, il quale sarebbe decisamente contrario alla compatibilità tra i due uffici;
c) il sindaco, quale ufficiale del Governo (confermato in tale veste dall’articolo 54 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, recante Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali), è soggetto al controllo del prefetto e quindi dell'esecutivo, che, a sua volta, l'interessato deve controllare in quanto parlamentare: orbene - si dice - il parlamentare non può essere nello stesso tempo controllore dell'esecutivo e controllato da quest'ultimo. Questo argomento, per verità, prova troppo, perché esso, applicato con coerenza, renderebbe incompatibile con il mandato parlamentare anche l'ufficio di sindaco di comuni con meno di ventimila abitanti, cosa che, a quanto risulta, non è mai stata prospettata.
Nella presente legislatura, però, sono stati addotti con successo gli argomenti contrari; infatti, la Giunta delle elezioni della Camera dei deputati nella seduta del 2 ottobre 2002 ha deliberato la compatibilità con il mandato parlamentare delle cariche di sindaco di Palermo assunta dal deputato Diego Cammarata, di sindaco di Latina assunta dal deputato Vincenzo Zaccheo e di sindaco di Termoli assunta dal deputato Remo Di Giandomenico. Trattandosi di una decisione di compatibilità, l’Assemblea non ne è stata investita.
La decisione di compatibilità assunta dalla Camera è stata così argomentata:
a) nessuna norma legislativa prevede tale incompatibilità e poiché le norme sulla incompatibilità sono limitative dei diritti, non è consentito costruire nuovi casi di incompatibilità in via di interpretazione analogica, oltre quelli espressamente previsti dalla legge;
b) la ratio della norma che prevede l'ineleggibilità dei sindaci è di evitare indebite influenze del candidato sul corpo elettorale, mentre quella dell’incompatibilità è di prevenire il caso di conflitti d’interesse nell’esercizio della carica rivestita; pertanto la ratio della ineleggibilità - se ricostruita in questo modo - non esiste più se l'ufficio di sindaco è assunto quando l'interessato è già deputato o senatore;
c) ubi lex non dixit noluit, tant'è vero che per affermare il principio della conversione l’articolo 63, comma 1, n. 7, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 ha dovuto prevedere espressamente l’incompatibilità all’ufficio di consigliere provinciale, comunale e circoscrizionale per “colui che, nel corso del mandato, viene a trovarsi in una condizione di ineleggibilità prevista nei precedenti articoli” (similmente prevedeva l’art. 3 della legge 23 aprile 1981, n. 154).
Dopo la ricordata decisione innovativa della Giunta della Camera dei deputati, è plausibile ritenere che la Giunta del Senato dovrà affrontare la questione ex novo, non potendo la nuova giurisprudenza della Camera non comportare un’indubbia influenza sulla future decisioni del Senato, anche perché un’eventuale difformità di valutazioni – pur essendo legittima sotto il profilo strettamente costituzionale - tuttavia si potrebbe prestare ad evidenti censure di inopportunità, introducendo non irrilevanti disparità di trattamento tra i membri delle due Camere.
Comunque, la Giunta del Senato dispone di un suo margine di autonomia costituzionalmente garantito, per cui sono gli argomenti che sono stati enunciati - e non l'esistenza di abbondanti precedenti, e men che meno le posizioni soggettive degli interessati - a dover ispirare la risoluzione di quello che oggettivamente resta una problematica assai delicata, anche per le ricadute che comporta.
Nell’eventualità in cui la Giunta del Senato ritenesse di uniformarsi alla nuova giurisprudenza della Camera, infatti, la declaratoria di compatibilità nei casi Coletti e Provera rappresenterebbe un abbandono del principio stesso della trasformazione delle cause di ineleggibilità sopravvenute in cause di incompatibilità, non essendo probabilmente possibile delimitarla alla sola situazione dei sindaci e dei presidenti di provincia. È noto infatti che vi sono altre fattispecie per le quali il decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361 dispone l’ineleggibilità in via originaria, che però non sono espressamente ricomprese tra le incompatibilità di cui alla legge 13 febbraio 1953, n. 60.
E' il caso di “coloro che in proprio o in qualità di rappresentanti legali di società o di imprese private risultino vincolati con lo Stato per contratti di opere o di somministrazioni, oppure per concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entità economica, che importino l'obbligo di adempimenti specifici, l'osservanza di norme generali o particolari protettive del pubblico interesse, alle quali la concessione o la autorizzazione è sottoposta”, per i quali l’articolo 10 del citato decreto n. 361 dispone l’ineleggibilità, ma che non necessariamente coincidono con le cariche sociali o gestorie “in associazioni o enti che gestiscano servizi di qualunque genere per conto dello Stato o della pubblica Amministrazione”, per le quali l’articolo 2 della legge n. 60 prevede l’incompatibilità.
Per converso, l’articolo 10 del citato decreto n. 361 dispone l’ineleggibilità dei “rappresentanti, amministratori e dirigenti di società e imprese volte al profitto di privati e sussidiate dallo Stato con sovvenzioni continuative o con garanzia di assegnazioni o di interessi, quando questi sussidi non siano concessi in forza di una legge generale dello Stato”, mentre l’articolo 2 della legge n. 60 si limita a prevedere che “i membri del Parlamento non possono ricoprire cariche, né esercitare funzioni di amministratore, presidente, liquidatore, sindaco o revisore, direttore generale o centrale, consulente legale o amministrativo con prestazioni di carattere permanente, in associazioni o enti (…) ai quali lo Stato contribuisca in via ordinaria, direttamente o indirettamente”. In questo caso, parrebbe invece che l’ambito delle incompatibilità possa in certe circostanze risultare più esteso di quello delle ineleggibilità.
Si tratta comunque di casi nei quali il Comitato per l’esame delle cariche dei senatori potrebbe ricavare indicazioni dalla decisione che dovesse essere assunta in Giunta sui casi Coletti e Provera, laddove essa (come appare preferibile) fosse espressione di un principio metodologico di ordine generale; le proposte del Comitato rimarrebbero invece impregiudicate se si ritenesse che l’adesione all’indirizzo seguito dalla Camera sia limitata alla specificità dei casi di cumulo con cariche amministrative locali.
Ai fini di un'adeguata preparazione, la Presidenza attenderà il decorso delle ferie estive per porre in votazione la questione, auspicando che per settembre tutti i commissari siano in condizione di esprimere un parere approfondito e di assumere determinazioni che - laddove fossero nel senso della compatibilità - sarebbero definitive.

Il seguito dell'esame è quindi rinviato.

Comunicazioni del Presidente sul possibile utilizzo della strumentazione informatica al servizio della verbalizzazione delle operazioni di scrutinio nelle elezioni politiche.

Il PRESIDENTE comunica che in occasione della tornata elettorale europea del giugno scorso, è stato sperimentato in circa 1.500 sezioni su tutto il territorio nazionale - coinvolgendo 49 capoluoghi di provincia - un progetto di utilizzo dello strumento informatico per le operazioni sezionali di scrutinio. Ciò ha comportato da un lato metodi di conteggio elettronico, dall’altro forme di verbalizzazione dei risultati e di loro trasmissione che si sono affiancate alle operazioni manuali. I dati informatizzati, in particolare, sono stati trasferiti on-line, inviandoli in tempo reale al sistema centrale di raccolta dei risultati: la trasmissione istantanea dei dati non è stata compiuta attraverso Internet, ma attraverso una linea riservata.
L'intero progetto, che ha comportato anche la predisposizione su tutto il territorio nazionale di più reti periferiche e nel quale sono stati investiti 10 milioni di euro, è stato presentato l’8 giugno scorso dal ministro per l'Innovazione e le tecnologie, Lucio Stanca, e dal prefetto Luigi Riccio, responsabile della materia elettorale al ministero dell'Interno. In quella sede è stato annunciato che dopo le elezioni sarebbe stata investita una commissione interministeriale ''per la verifica dei risultati della sperimentazione'', che dovrà esprimersi entro il 30 settembre prossimo anche per valutare la fattibilità dell’estensione dell'esperimento a tutte le oltre 60 mila sezioni del Paese già dalle elezioni politiche del 2006.
Alla conclusione dei lavori della commissione interministeriale sulla sperimentazione di procedure informatizzate dovrebbe perciò far seguito un maggiore impulso in direzione di procedure omogenee di redazione elettronica dei verbali sezionali delle operazioni di scrutinio, di loro trasmissione agli uffici centrali nonché di redazione dei verbali in base ai quali vengono effettuate le proclamazioni degli eletti. Si tratta di questioni che tutte rivestono ampio interesse per la Giunta.
Come noto, in passato, la verbalizzazione delle operazioni di scrutinio ha creato problemi che hanno avuto una ricaduta seria sul lavoro della Giunta: i Documenti III, nn. 1 e 2 - con cui in questa legislatura la Giunta ha proposto l’annullamento delle elezioni di due senatori, ricevendo il conforto dell’Assemblea - hanno fatto emergere gli errori materiali che, in fase di redazione del verbale delle operazioni ovvero di trascrizione dei risultati nel verbale circoscrizionale, possono falsare il conteggio complessivo dei voti conseguiti da ciascun candidato e, conseguentemente, portare alla erronea proclamazione di un candidato diverso da quello che avrebbe titolo ad essere eletto senatore.
Proprio in ragione dei preoccupanti risvolti pratici che una contestazione delle elezioni produce, la possibilità di garantire una trascrizione ed una trasmissione accurata dei dati elettorali è di estremo interesse per questa Giunta: in caso di prosecuzione del progetto per le elezioni politiche, è necessario che il Ministero dell'interno tenga conto anche di queste non secondarie priorità delle sedi parlamentari.
In via d’urgenza, andrebbe realizzata quanto meno l’utile trasmissione elettronica dei dati dei verbali circoscrizionali agli uffici parlamentari incaricati della verifica dei poteri, mediante un’omogeneità di ambienti informatici; in proposito va segnalato al Viminale che il Senato e la Camera si sono da tempo dotati di appositi programmi elettronici per l'immissione e l'elaborazione dei dati elettorali pervenuti in esito alle consultazioni riguardanti ciascun ramo del Parlamento, per cui ne va garantita la compatibilità con quelli attualmente in via di sperimentazione.
La Presidenza propone perciò di rappresentare alla Presidenza del Senato l’esigenza di avanzare agli organi competenti, d’intesa con la Camera dei deputati, la richiesta di apprestare idonea strumentazione informatica in funzione della verbalizzazione delle operazioni di scrutinio, in tempo per lo svolgimento delle prossime elezioni politiche del 2006.

Si apre la discussione, nella quale intervengono i senatori Franco DANIELI, CONSOLO e PIROVANO.

Non facendosi ulteriori osservazioni, la proposta del Presidente si intende accolta.

IMMUNITA' PARLAMENTARI

Comunicazioni del Presidente in ordine alle categorie previste dal punto 4.1.3 dell'allegato al Regolamento (CE) n. 2320/2002.

Il PRESIDENTE premette alcuni dati di comune esperienza ai varchi aeroportuali: il controllo mediante portale magnetico per la rilevazione dei metalli non esclude la possibilità di provvedere all’ispezione manuale dei passeggeri controllati, sia quando l’allarme si attiva sia a campione su coloro che non fanno scattare l’allarme. Ciò avviene ai sensi del punto 4.1 dell’allegato al Regolamento (CE) n. 2320/2002, che istituisce norme comuni per la sicurezza dell’aviazione civile; ma vi sono anche non meglio specificate normative secondarie che regolano la materia, e cioè: circolari e prescrizioni gerarchiche agli agenti di polizia; istruzioni delle competenti autorità aeroportuali ai loro dipendenti; disciplinari con le ditte a contratto investite del servizio di controllo.
Nella pratica quotidiana è evidente che le autorità italiane esercitano questa facoltà nei confronti di taluni soggetti istituzionali, senza per questo rendere noti i criteri di scelta impiegati ed anzi alimentando il sospetto di decisioni assunte caso per caso, senza una formalizzazione coerente con le disposizioni di sicurezza imposte a livello comunitario. Infatti, il punto 4.1.3 dell’allegato al Regolamento (CE) n. 2320/2002 prevede già che le competenti autorità possano stabilire quali categorie di persone devono essere sottoposte a “speciali procedure di controllo” e quali debbano essere addirittura “esentate” dal controllo del bagaglio a mano.
La metodologia che regola l’accesso agli aeromobili ed alle altre “aree sensibili” degli aeroporti, preesistente al regolamento comunitario, deve adeguarsi a questa previsione, che è contenuta in un testo non meno rispondente ad esigenze di sicurezza dei voli e dei passeggeri di quanto previsto in apposite normative di fonte nazionale. Su queste ultime, da almeno un trentennio è stata elevata, da parte di diversi parlamentari in molteplici circostanze, la doglianza di mancato rispetto del principio dell’inviolabilità personale sancito come prerogativa del parlamentare ai sensi dell’articolo 68 della Costituzione.
Con lettera del 24 novembre 2000 il Presidente del Senato Mancino sottopose all'attenzione della Giunta la questione - sollevata dal senatore Massimo Dolazza - della legittimità o meno della "prassi invalsa negli aeroporti milanesi di sottoporre ad ispezione personale i parlamentari, pur se qualificatisi come tali, in occasione dell'imbarco". La questione fu esaminata dalla Giunta del Senato nelle sedute del 12 dicembre 2000 e del 1° febbraio 2001, ma essa non completò i suoi lavori, in ragione della fine della legislatura, per cui non fu resa alcuna indicazione alla Presidenza del Senato.
Non è intenzione della Presidenza della Giunta - almeno non in questa fase - approfondire quanta parte abbia, nella corretta risoluzione della questione, l’applicabilità dell’articolo 68 secondo comma della Costituzione. Si preferisce per il momento sottoporre tale questione alla Presidenza, come questione riferibile a considerazioni di status e di riguardo dovuto ai rappresentanti diretti della sovranità popolare non meno che ai componenti dell’Esecutivo che sicuramente sono – di fatto o di diritto – esenti.
Propone perciò di informare della questione la Presidenza del Senato, affinché richieda all’Esecutivo di prevedere in via generale e astratta l’inclusione, tra i soggetti di cui al punto 4.1.3 dell’allegato al Regolamento (CE) n. 2320/2002, di tutti i rappresentanti della Nazione ai sensi dell’articolo 67 della Costituzione, adeguando di conseguenza sia le prescrizioni gerarchiche agli agenti di polizia, sia le istruzioni delle competenti autorità aeroportuali ai loro dipendenti, sia i disciplinari con le ditte a contratto investite del servizio di controllo.

Dopo interventi dei senatori MARITATI e Franco DANIELI, non facendosi ulteriori osservazioni, la proposta del Presidente si intende accolta.
La seduta termina alle ore 16,10.