LAVORI PUBBLICI, COMUNICAZIONI (8a)

GIOVEDI' 19 FEBBRAIO 2004
309a Seduta

Presidenza del Presidente
GRILLO


Intervengono, ai sensi dell'articolo 48 del Regolamento, l'avvocato Luca Cordero di Montezemolo, presidente della Federazione italiana editori giornali (FIEG), l'ingegner Maurizio Costa, vice presidente per i periodici, il dottor Carlo Perrone, vice presidente per i quotidiani, il dottor Marco Benedetto, consigliere incaricato per i problemi economici e legislativi e il dottor Sebastiano Sortino, direttore generale, della medesima federazione.


La seduta inizia alle ore 8,35.


SULLA PUBBLICITA' DEI LAVORI


Il presidente GRILLO avverte che è stata avanzata, ai sensi dell'articolo 33, comma 4, del Regolamento, la richiesta di attivare l'impianto audiovisivo per lo svolgimento del dibattito all'ordine del giorno e che ha informato della richiesta anzidetta il Presidente del Senato, il quale ha preannunciato il proprio assenso. Propone pertanto di adottare detta forma di pubblicità.

La Commissione conviene.


PROCEDURE INFORMATIVE

Seguito dell'indagine conoscitiva sul sistema di reperimento delle risorse pubblicitarie dei mezzi di comunicazione di massa: audizione dei vertici della FIEG - Federazione italiana editori giornali.


Riprende l'indagine conoscitiva sospesa nella seduta pomeridiana del 10 febbraio scorso.

Il presidente GRILLO, dopo aver ricordato brevemente le motivazioni e le finalità dell’indagine conoscitiva, dà la parola all'avvocato Luca Cordero di Montezemolo, presidente della Federazione italiana editori giornali (FIEG).

Il presidente CORDERO DI MONTEZEMOLO fa preliminarmente presente che nel suo intervento illustrerà i problemi che complessivamente l’editoria italiana deve affrontare non solo sotto il profilo delle risorse pubblicitarie. Questa si presenta oggi come una realtà varia ed articolata su tutto il territorio nazionale, caratterizzata da elevati investimenti in tecnologia, a riprova dello spirito imprenditoriale di tutte le imprese anche piccole e medie, operanti nel settore. Procede quindi ad analizzare alcuni temi essenziali del quadro d’insieme del settore. Una prima rilevante questione è connessa agli aspetti economici e di bilancio degli editori poiché solo imprese editoriali sane possono garantire libertà di stampa e pluralismo di informazione. A tale riguardo ricorda che, sino dalla fine degli anni ’80, i ricavi derivanti dalla pubblicità e i proventi delle vendite si equivalevano; successivamente tale rapporto si è progressivamente squilibrato, in favore della pubblicità televisiva. La situazione attuale presenta pertanto una suddivisione delle quote di mercato pubblicitario in base alla quale il 37,8 per cento è acquisito dall’editoria ed il 54,7 per cento dalla televisione. Bisogna poi considerare il rapporto tra vendite dei giornali e numero dei lettori. Su tale aspetto dichiara di non concordare con quanto dichiarato dai rappresentanti dell’Unione pubblicitaria associati – UPA; il numero di lettori di quotidiani in Italia non è inferiore rispetto a quello degli altri paesi europei, se è vero che ogni giorno venti milioni di persone leggono un quotidiano ed ogni settimana trenta milioni di persone leggono un settimanale. L’indice di lettura e l’indice di circolazione di quotidiano risultano, infatti, mediamente più alti rispetto ai valori degli altri paesi europei anche se questo non corrisponde alla quantità di giornali venduti. Pertanto, se rapportiamo la pubblicità al numero di lettori, il "costo-contatto" della pubblicità è conveniente per gli imprenditori che investono sulla carta stampata. Urge allora affrontare in maniera organica l'attuale crisi pubblicitaria e fronteggiare il trend negativo che persiste nella situazione attuale del mercato. Un altro punto di rilievo attiene poi al trattamento fiscale dell’editoria e alla distribuzione del prodotto editoriale. Per quanto riguarda l’assetto distributivo del settore, osserva che questo è caratterizzato da un basso livello degli abbonamenti, pari al nove per cento circa del totale delle vendite, notevolmente al di sotto rispetto alla media europea e penalizzato dalla bassa qualità dei punti vendita. Ritiene pertanto necessario procedere ad una modernizzazione del sistema distributivo operando sul miglioramento qualitativo delle edicole anche attraverso l’informatizzazione dei punti vendita. Tale processo di ammodernamento della distribuzione editoriale presenta inoltre risvolti connessi ad un possibile sviluppo del settore terziario, grazie al ruolo che in esso potranno giocare cooperative impegnate nella attività di distribuzione. Al fine di incrementare la quota degli abbonamenti ritiene invece opportuno procedere con politiche tariffarie che agevolino la distribuzione per posta dei giornali quotidiani e settimanali. Per quanto riguarda invece il trattamento fiscale delle imprese editoriali fa presente che l’IRAP rappresenta un problema centrale per la loro competitività. A tale proposito ritiene quindi necessario un intervento che consenta di bilanciare gli alti costi per la retribuzione dei giornalisti. Propone inoltre la defiscalizzazione degli incrementi delle spese pubblicitarie destinati alla carta stampata, allo scopo di favorire le piccole e medie imprese che intendano adottare tale strumento di comunicazione. Conclude infine ricordando che tra gli elementi di criticità del settore editoriale, attenzione particolare merita il costo del lavoro connesso al mantenimento del fondo nazionale di previdenza per i lavoratori dei giornali quotidiani “Fiorenzo Casella” e pone il problema del prepensionamento dei giornalisti dei periodici.

Il presidente GRILLO dichiara aperto il dibattito.

Il senatore FALOMI (DS-U) ricorda che alcune delle questioni sollevate dal presidente Cordero di Montezemolo sono state affrontate, ma non risolte, durante l’esame del disegno di legge per il riassetto del sistema radiotelevisivo nonché in sede di approvazione della legge finanziaria per l'anno 2004. Chiede quindi quale sia l'opinione del Presidente della FIEG sull'anomalia tra numero di giornali venduti e lettori e sull’eventuale condizionamento del regime di affollamento pubblicitario delle telepromozioni vigente sul mercato complessivo della pubblicità.

Il senatore ZANDA (Mar-DL-U), dopo aver osservato che da tempo, ormai, le pubbliche istituzioni si occupano della relazione tra pluralismo informativo e finanziamento dei mezzi di comunicazione di massa, ricorda che i rappresentanti dell'Unione pubblicitaria associati – UPA hanno dichiarato, in sede di audizione, che la regola che deve sovraintendere al settore pubblicitario è quella del mercato. Poiché ritiene che un mercato senza regole risulti dannoso per tutti, chiede quali siano, a giudizio del presidente Cordero di Montezemolo, gli eventuali correttivi per un sano sviluppo del mercato pubblicitario. Considerato poi che la FIEG ha una partecipazione nell'Auditel dell'uno per cento, chiede quali siano le finalità che con tale partecipazione la stessa FIEG intende perseguire.

Il senatore PESSINA (FI) chiede quale sia l'opinione del Presidente della FIEG sul rapporto tra le quote di mercato pubblicitario della stampa e della televisione, tenuto conto che il forte sviluppo delle televisioni commerciali, nel corso degli anni ’80, ha comunque determinato un incremento complessivo del mercato pubblicitario. Domanda poi se siano state effettuate delle quantificazioni finanziarie sulla eventuale defiscalizzazione dei maggiori investimenti pubblicitari in carta stampata e sugli sgravi IRAP e quali siano le caratteristiche principali del piano di informatizzazione delle edicole per il loro miglioramento qualitativo. Chiede infine quali possano essere gli interventi in materia di comunicazione pubblicitaria della pubblica amministrazione.

Il senatore CICOLANI (FI) chiede se oltre alla defiscalizzazione, siano stati presi in esame altri interventi di supporto alle imprese editoriali, sulla base della valutazione dei principali indicatori di settore e quali possano essere i risvolti che l’introduzione della tecnologia digitale terrestre potrà avere nel medio e lungo periodo nel mondo dell’editoria.

Il senatore Paolo BRUTTI (DS-U) osserva che, se è vero che nel corso degli anni ’90 si è avuto un significativo ampliamento del mercato pubblicitario, d’altro canto è possibile osservare che la televisione si sia appropriata di gran parte di tale espansione. Chiede quindi quali possano essere gli strumenti di carattere normativo attraverso i quali contrastare il disequilibrio tra investimenti pubblicitari in carta stampata e in televisione e se l’attuale struttura degli affollamenti pubblicitari sia corretto o sia necessario modificarla nel senso di dare maggiore spazio alla carta stampata.

Il senatore SCALERA (Mar-DL-U) riassume alcuni dati forniti dal presidente Cordero di Montezemolo relativi all’evoluzione del rapporto tra le quote di mercato pubblicitario della stampa e della televisione. Chiede quindi di conoscere quale possa essere il ruolo assunto dai giornali e dai periodici in un mercato fortemente condizionato dal peso mediatico della televisione.

Il senatore PEDRINI (AUT) chiede chiarimenti in merito alla questione della informatizzazione delle edicole e sul tema del prepensionamento dei giornalisti dei periodici.

Il senatore PEDRAZZINI (LP) concorda con la necessità di operare una profonda razionalizzazione del sistema distributivo dell’editoria nazionale. Chiede quindi di conoscere quale sia l’opinione del presidente della FIEG sui futuri sviluppi della free-press nell’ambito del trend complessivo delle vendite dei quotidiani locali e nazionali.

La senatrice DONATI (Verdi-U), considerato che gli aumenti delle quote di mercato della pubblicità televisiva hanno determinato una riduzione dei suoi costi, chiede di conoscere quali siano gli effetti di tale variazione dei costi sugli investimenti pubblicitari sulla carta stampata e quali siano le metodologie di rilevazione delle quote di mercato.

Il presidente GRILLO sottolinea l’intento costruttivo dell’audizione odierna che non mira a contrapporre la carta stampata alla televisione ma a consentire un approfondimento ulteriore utile al dibattito politico in seno alla Commissione. Chiede quindi al presidente Cordero di Montezemolo quale sia la scala di priorità tra le diverse proposte illustrate oggi, onde consentire alla Commissione di procedere sul piano politico alla proposizione di un iniziativa legislativa in merito.

Il presidente CORDERO DI MONTEZEMOLO tiene a precisare che quello della pubblicità rappresenta indubbiamente un tema fondamentale nell’ambito della questione dell’editoria ma non ne costituisce l’unico aspetto. Ritiene pertanto che l'incontro odierno abbia permesso di illustrare la complessità del sistema editoriale italiano che va certamente oltre la questione pubblicitaria. Concorda con gli interventi dei senatori che hanno rilevato l’anomalia del rapporto tra la carta stampata e la televisione in Italia e che l’espansione del mercato pubblicitario avvenuta nel corso degli anni ’90, sia andata prevalentemente a vantaggio della televisione. Sottolinea tuttavia che è necessario porre attenzione anche ad altre questioni altrettanto importanti, quali gli indici di lettura dei giornali e la qualità dei prodotti editoriali. Il principale problema che l’imprenditore dell’editoria ha di fronte oggi è quello della distribuzione, problema che può essere risolto attraverso un miglioramento qualitativo dei punti di vendita, un’opportuna opera di informatizzazione, nonché un’azione sul versante delle agevolazioni tariffarie postali. Si impegna infine a trasmettere alla Commissione una nota scritta al fine di rispondere con maggior dettaglio alle questioni emerse nel corso del dibattito.

Il presidente GRILLO, dopo aver ringraziato l’avvocato Luca Cordero di Montezemolo e gli altri rappresentanti della FIEG, dichiara conclusa l’audizione e rinvia il seguito dell’indagine conoscitiva.

La seduta termina alle ore 10.


INDAGINE CONOSCITIVA


SUL SISTEMA DI REPERIMENTO
DELLE RISORSE PUBBLICITARIE
DEI MEZZI DI COMUNICAZIONE DI MASSA

3º Resoconto stenografico

SEDUTA DI GIOVEDÌ 19 febbraio 2004

Presidenza del presidente GRILLO

INDICE

Audizione dei vertici della FIEG – Federazione italiana editori giornali

* PRESIDENTE
Pag. 3, 9, 11 e passim

BRUTTI Paolo (DS-U)
13

CICOLANI (FI)
12, 13

* DONATI (Verdi-U)
16

* FALOMI (DS-U)
9

PEDRAZZINI (LP)
15

* PEDRINI (Aut)
15

PESSINA (FI)
11

* SCALERA (Mar-DL-U)
14, 15

* ZANDA (Mar-DL-U)
10

CORDERO di MONTEZEMOLO
Pag. 3, 5, 17
N.B.: Gli interventi contrassegnati con l’asterisco sono stati rivisti dall’oratore.

Sigle dei Gruppi parlamentari: Alleanza Nazionale: AN; Democratici di Sinistra-l’Ulivo: DS-U; Forza Italia: FI; Lega Padana: LP; Margherita-DL-l’Ulivo: Mar-DL-U; Per le Autonomie: Aut; Unione Democristiana e di Centro: UDC; Verdi-l’Ulivo: Verdi-U; Misto: Misto; Misto-Comunisti Italiani: Misto-Com; Misto-Indipendenti della Casa delle Libertà: Misto-Ind-CdL; Misto-Lega per l’Autonomia lombarda: Misto-LAL; Misto-Libertà e giustizia per l’Ulivo: Misto-LGU; Misto-Movimento territorio lombardo: Misto-MTL; Misto-MSI-Fiamma Tricolore: Misto-MSI-Fiamma; Misto-Nuovo PSI: Misto-NPSI; Misto-Partito Repubblicano Italiano: Misto-PRI; Misto-Rifondazione Comunista: Misto-RC; Misto-Socialisti democratici Italiani-SDI: Misto-SDI; Misto Alleanza Popolare-Udeur: Misto-AP-Udeur.

Intervengono per la FIEG (Federazione italiana editori giornali) l’avvocato Luca Cordero di Montezemolo, presidente, accompagnato dall’ingegner Maurizio Costa, vice presidente per i periodici, dal dottor Carlo Perrone, vice presidente per i quotidiani, dal dottor Marco Benedetto, consigliere incaricato per i problemi economici e legislativi, e dal dottor Sebastiano Sortino, direttore generale.

I lavori hanno inizio alle ore 8,35.

PROCEDURE INFORMATIVE

Audizione dei vertici della FIEG – Federazione italiana editori giornali

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca il seguito dell’indagine conoscitiva sul sistema di reperimento delle risorse pubblicitarie dei mezzi di comunicazione di massa, sospesa nella seduta pomeridiana del 10 febbraio scorso.

Comunico che, ai sensi dell’articolo 33, comma 4, del Regolamento, è stata chiesta l’attivazione dell’impianto audiovisivo e che la Presidenza del Senato ha già preventivamente fatto conoscere il proprio assenso. Se non si fanno osservazioni, tale forma di pubblicità è dunque adottata per il prosieguo dei lavori.
È prevista questa mattina l’audizione dei vertici della Federazione italiana editori giornali (FIEG), che ringrazio per aver accolto il nostro invito.
Abbiamo ritenuto di avviare l’indagine conoscitiva in titolo in vista della discussione del disegno di legge di riordino del sistema radiotelevisivo; ci è parso infatti opportuno raccogliere direttamente elementi in ordine alla questione sin troppo dibattuta, ma certamente molto importante, della raccolta pubblicitaria come punto di snodo del rafforzamento del sistema della comunicazione di massa del nostro Paese.
In genere nelle nostre audizioni gli ospiti hanno la facoltà di svolgere un’introduzione, alla quale seguiranno le domande dei senatori. Considerato che non abbiamo molto tempo a disposizione, stante la convocazione della seduta dell’Assemblea, lascio subito la parola al presidente della FIEG, avvocato Luca Cordero di Montezemolo.

CORDERO di MONTEZEMOLO. Signor Presidente, signore e signori, grazie dell’attenzione mattutina.

Vorrei precisare in primo luogo che la Federazione italiana editori giornali ha volentieri accettato di essere qui davanti a voi oggi, rappresentando trasversalmente tutti gli editori italiani (piccoli, grandi, medi, quotidiani, periodici, agenzie di stampa), per sottoporvi un tema di fondo, che definirei strutturale del settore, senza voler tuttavia entrare in questa sede in rilievi che riguardano la cosiddetta «legge Gasparri», perché i rilievi su quel provvedimento li abbiamo fatti in tutte le sedi, competenti e non.
Ci interessa oggi affrontare il problema di fondo del nostro settore, che è fondamentale per il pluralismo e la democrazia dell’informazione. Direi che in nessun Paese del mondo c’è un arco così variegato di testate che rappresentano posizioni e tendenze economico-politico-culturali così diverse e così inserite nel territorio. Infatti, da Ragusa a Trento, a parte i quotidiani nazionali, c’è una fortissima presenza di periodici specializzati e di quotidiani locali e regionali.
A grandissime linee vorrei richiamare la vostra attenzione su due elementi, a cominciare dalla forte modernizzazione del settore in questi anni. Vi sono stati molti investimenti in tecnologie, in inserti, in promozioni, in giornali specializzati (in particolare per i periodici), che sono aumentati in maniera vertiginosa; tutto ciò dimostra una forte imprenditorialità del settore e dimostra anche – al di là del dibattito che spesso ho ascoltato in Italia tra gli editori puri e gli editori cosiddetti «non puri» – che è stata svolta da tutti gli editori (piccoli, medi e grandi) una grandissima attività di investimento e di sviluppo.
Vorremmo indirizzare la vostra riflessione su tre macrotemi, anche per non affrontare tutto lo scibile umano e mantenere l’obiettivo di questa audizione, che il presidente Grillo ci ha illustrato, che è quello di affrontare la problematica degli editori italiani non solo e non tanto dal punto di vista della pubblicità, ma dal punto di vista strutturale, a 360 gradi.
Il primo dei tre punti su cui vorremmo richiamare la vostra attenzione e sollecitare la vostra riflessione riguarda gli aspetti economici e di bilancio dell’imprenditore editoriale. Senza andare ad esempi macroscopici nel rapporto tra entrate pubblicitarie e entrate da vendite, come gli Stati Uniti, dove il rapporto pubblicitario è vicino al 70 per cento, ricordo che c’era sempre stato nel nostro Paese un sostanziale bilanciamento tra il 50 per cento delle entrate derivante dalla diffusione, dalla distribuzione e dalla vendita dei giornali e il 50 per cento derivante dalla pubblicità. Anzi, alla fine degli anni ’80 vi era stato un leggero vantaggio delle entrate da pubblicità rispetto a quelle derivanti dalla vendita delle copie (adesso sto parlando di numero delle copie e non di numero di lettori, di cui parleremo dopo). Un sano bilancio di un’impresa editoriale – e sottolineo «impresa editoriale», perché finché l’impresa è libera è autonoma e competitiva – deve puntare almeno a un rapporto 50-50, così come avviene se non altro negli altri Paesi europei. Negli ultimissimi anni però questo discorso è cambiato, in quanto la pubblicità – e qui parlo fondamentalmente di pubblicità nazionale, perché è quella che in termini di contribuzione dà il più alto impatto all’editore – è notevolmente regredita e si è ridotta. Voglio fornirvi delle cifre, riferendomi a una media di settore composta da quotidiani e periodici: nel 2001 rispetto al 2000 vi è stato un 13 per cento in meno; nel 2002 rispetto al 2001, 12 per cento in meno; nel 2003 rispetto al 2002, 5,4 per cento in meno. Ciò significa che se consideriamo il trend tra il 2001 e il 2003 arriviamo a cifre davvero molto rilevanti. Per la prima volta inoltre, come dicevo, si è arrivati sotto la soglia del 50 per cento delle entrate. Quindi, un primo tema di riflessione reale è la contrazione pubblicitaria che, insieme alle vendite, rappresenta per l’imprenditore la vera fonte di finanziamento e di sviluppo dell’impresa.
C’è un secondo elemento che mi sembra importante: ho letto con un po’ di stupore i verbali della precedente audizione che i signori senatori hanno avuto con i rappresentanti dell’UPA, quando soprattutto il direttore Lioy – che ogni volta che parla non perde l’occasione per dire cose inesatte (e questo mi dispiace doverlo dire), inesatte e di parte – ha parlato della contrazione o perlomeno del problema delle vendite. Ora, dobbiamo approfittare serenamente dell’occasione – ma si tratta di uno scambio di informazioni oltre che di opinioni – per dire una cosa che spesso viene taciuta. Non è vero che in Italia si legge poco. È forse vero che in Italia si vendono meno giornali che in altri Paesi europei. Vorrei indicarvi dei dati che credo meritino profonda riflessione: ogni giorno in Italia 20 milioni di persone leggono i quotidiani italiani; ogni settimana in Italia 30 milioni di persone leggono i periodici italiani. Sono cifre imponenti se riportate alla popolazione. Questo significa che l’indice di lettura è molto alto e che in qualsiasi spazio, dal barbiere, in casa, in ufficio, nei centri ricreativi, la circolazione del prodotto è molto ampia e non ha eguali in nessun Paese europeo.
Se rapportiamo anche la pubblicità verso il numero di teste, constatiamo che il cosiddetto rapporto costo-contatto dei quotidiani è estremamente positivo per gli investitori e raggiunge un target logicamente trasversale di tutti i generi sulla carta stampata.
Vorrei poi soffermarmi su due ulteriori osservazioni: in questi anni i periodici, in particolare, hanno effettuato grandi investimenti specializzati e ciò permette il raggiungimento di target anche molto specifici. Si sostiene poi che giornali quali «Corriere della Sera» o «la Repubblica» vengono letti meno rispetto ai quotidiani stranieri di pari livello; questo non è vero perché se rapportati a giornali quali «Le Figaro» o «Le Monde» il numero delle vendite dei quotidiani italiani risulta molto più alto. Ritengo perciò che gli argomenti affrontati da questa Commissione e le audizioni svolte in merito sono importanti anche per creare una cornice, con cognizione di causa, alla problematica generale.
Il primo tema da affrontare è quindi quello della crisi pubblicitaria che ormai imperversa da diversi anni. Qualunque imprenditore può reagire alla crisi di uno o due anni ma diventa difficile reagire ad una crisi pluriennale. Il trend che si è sviluppato dal 2000 ad oggi è preoccupante e soffocante per certi aspetti. Onestamente in questo momento non vediamo segnali in grado di modificare sostanzialmente l’andamento.
Il secondo punto da evidenziare è il rapporto tra vendite dei giornali e numero dei lettori che si avvicina al 60 per cento della popolazione italiana.
La terza riflessione su cui vorrei richiamare la vostra attenzione – in questo modo entriamo nel vivo delle proposte strutturali che intendiamo avanzare – riguarda il trattamento fiscale dell’editoria, la distribuzione del prodotto e alcuni lacci e lacciuoli che indubbiamente penalizzano la carta stampata.
In premessa ribadisco che da parte nostra non esiste alcuna polemica preconcetta nei confronti della televisione; riteniamo che in un Paese moderno possa e debba esserci un’ottima coesistenza tra i vari mezzi. Non c’è dubbio, peraltro, che il messaggio pubblicitario televisivo ha un appeal obiettivamente particolare. L’obiettivo è quindi solo quello di stilare un bilancio corretto, in linea con quello degli altri Paesi del mondo e che impedisca l’inaridimento di alcune grandi fonti di sviluppo e di reddito dell’imprenditore della carta stampata. Ben venga, quindi, una televisione forte ma questo non deve accadere a discapito dello sviluppo dell’editoria.
Il tema della distribuzione è importante come lo sono quello fiscale, quello delle tariffe postali, quello, sullo sfondo, del costo del lavoro; a maggior ragione, in un settore così importante e vitale per l’economia, fondamentale risulta la distribuzione della cultura e dell’informazione nel Paese.
Non sta a me difendere gli editori ma strategico si presenta il livello promozionale basato anche sulla cosiddetta «operazione libri» che certamente aiuta la diffusione dei quotidiani, pur avendo creato numerosi effetti di sistema tra le imprese dei quotidiani e quelle produttrici di libri, stabilendo addirittura intrecci che potrebbero anche definirsi «perversi» (in senso buono), come quello tra «la Repubblica» e Mondadori o Rizzoli. Tale operazione promozionale consente innanzi tutto di sostenere le vendite; inoltre, offre un buon contributo alla risoluzione di uno dei veri problemi del Paese, lo scarso indice di lettura, in questo caso dei libri.
Per quanto riguarda la distribuzione, si registra un bassissimo livello degli abbonamenti, che in Italia si presenta clamorosamente inferiore alle percentuali degli altri Paesi europei perché è al di sotto del 9 per cento del totale delle vendite. Peraltro, il sistema degli abbonamenti è praticato in larga misura dai periodici e da quotidiani quali – estremizzando – «Il Sole 24 Ore» e «Avvenire»; gli altri quotidiani non hanno interesse a promuovere gli abbonamenti in quanto il sistema non funziona.
Il problema della distribuzione è aggravato anche dalla qualità delle edicole, molto vecchie sia in termini di qualità del punto vendita che in termini di mentalità. Esiste quindi un blocco conservativo che penalizza la distribuzione, al di là di tutta una serie di iniziative che in qualità di lettori conoscerete. In termini di temi strutturali, quindi, un primo filone investe necessariamente l’intera problematica della distribuzione, la qualità, l’ampliamento, la sua modernizzazione.
Un secondo argomento sostanziale è rappresentato dal trattamento fiscale delle imprese editoriali. Nel settore dei quotidiani, dei periodici e delle agenzie di stampa si registra un indice altissimo di retribuzioni elevate, rappresentate più che altro da quelle dei giornalisti che, ad esempio, sono gli unici operatori nell’ANSA.
Anche in funzione della crisi del settore, abbiamo seguito con grande interesse la questione IRAP trattata nel programma di Governo. L’IRAP continua a rappresentare per le aziende editoriali una problematica centrale e strutturale per la competitività del settore su cui vorremmo fortemente richiamare la vostra attenzione. Attualmente si affronta la questione IRAP con riferimento alla crisi del calcio o alla situazione dei ricercatori; ricordo però che ormai da tempo proponiamo al ministro Tremonti di affrontare il problema anche nei riguardi della carta stampata. In passato abbiamo avanzato una proposta che vorremmo portare al vostro esame e che ci sembra obiettivamente costruttiva in quanto prova ad innescare quel circolo virtuoso chiaramente dimostrabile: più si investe in pubblicità più si animano i consumi, più si animano i consumi più aumentano fiducia e vendite.
Il divario tra quota mercato dell’editoria e quota mercato della televisione si sta amplificando in maniera notevole, nuovamente in controtendenza con quanto avviene negli altri Paesi del mondo. In Italia il 37,8 per cento delle quote di mercato pubblicitario è acquisito dalla carta stampata, e negli ultimi anni la percentuale si è ridotta di oltre tre punti; la televisione, invece, mantiene una certa stabilità, facendo comunque registrare un incremento dal 53,5 per cento del 2002 al 54,7 per cento del 2003. Questa situazione è assolutamente anomala a livello europeo; non consideriamo poi il confronto con gli Stati Uniti.
A fronte di tale situazione avevamo fatto una proposta, che non so onestamente quanto miglioramento possa apportare in termini di cifre, concernente l’inserimento di un meccanismo di defiscalizzazione degli investimenti pubblicitari. Infatti per molti imprenditori, soprattutto piccoli e medi, la pubblicità è un investimento vero e proprio, perché chi non ha macchinari per lo sviluppo dell’azienda investe in pubblicità. Avevamo quindi proposto di defiscalizzare gli investimenti pubblicitari solo per la carta stampata con un meccanismo grazie al quale, ad esempio, se l’azienda nel 2004 investe di più di quello che ha investito nel 2003 – attenzione, di più, quindi è uno stimolo all’investimento che richiama i consumi – la quota aggiuntiva degli investimenti in carta stampata viene defiscalizzata. Ciò aveva il duplice vantaggio di cercare di invertire il trend degli investimenti pubblicitari verso la carta stampata, ma anche di dare un segnale di fiducia nel rapporto evidenziato e dimostrabile tra pubblicità e consumi. Non va trascurato infatti che, normalmente, nei periodi di crisi il piccolo imprenditore che deve far quadrare i bilanci procede a tagliare anzitutto la pubblicità, a torto o a ragione.
Ho parlato di IRAP e di defiscalizzazione. Vorrei tornare velocemente al tema della distribuzione che per noi, come dicevo, significa edicole e abbonamenti. Per quanto riguarda le edicole, abbiamo un progetto molto interessante che, in estrema sintesi, significa grande miglioramento qualitativo del punto di vendita e meccanizzazione; ciò permetterebbe di imitare quello che avviene nel largo consumo, vale a dire si doterebbero le edicole di un sistema informatico, per consentire gli ordini diretti alla grande distribuzione o al negoziante. Il filone delle edicole è quindi fondamentale e, tra l’altro, in una casta molto corporativa e molto conservatrice come quella degli edicolanti, tale proposta sarebbe un importante segnale di innovazione. Questo progetto, inoltre, potrebbe avere interessanti risvolti connessi a un possibile sviluppo del settore terziario, grazie al ruolo che potrebbero giocare le cooperative impegnate nell’attività di distribuzione, con aspetti più creativi e più in linea con quello che avviene, ad esempio, negli Stati Uniti, dove il giornale si trova dappertutto e dove esistono importanti cooperative di lavoratori che hanno come attività precipua la distribuzione dei giornali.
L’altro grande filone di distribuzione – lo accennavo prima – è l’abbonamento. Abbonamento uguale poste; poste uguale efficienza e uguale costi. Oggi chiunque voglia spedire qualunque tipo di depliant è in grado di farlo a costo zero. Credo che dovremmo valutare politiche tariffarie che agevolino la distribuzione per posta dei giornali quotidiani e settimanali. È un tema questo che riguarda da vicino l’altro grande filone degli abbonamenti che – ripeto – rappresentano una fetta bassissima, meno della metà del trend in Europa.
Distribuzione, poste, IRAP, defiscalizzazione degli investimenti pubblicitari aggiuntivi, carta stampata: questi sono i punti fondamentali – e due fanno parte dello stesso tema della distribuzione (le poste e le edicole) – su cui richiamiamo fortemente la vostra attenzione per comprendere la problematica strutturale e l’intervento a sostegno del settore.
Un’ultima osservazione sulla struttura del costo del lavoro nel suo complesso. Vi dico subito che quelli che portiamo in questa Commissione sono interventi trasversali, che riguardano tutti gli editori italiani: piccoli, medi, grandi, locali, nazionali, specializzati, di quotidiani, di periodici. È bene sottolinearlo e ringrazio il presidente Grillo, perché noi ritenevamo opportuno, al di là delle singole testate, dare un quadro di settore, un quadro di assieme, un quadro assolutamente trasversale dell’editoria italiana.
Circa il costo del lavoro vorremmo richiamare la vostra attenzione fondamentalmente su due punti: uno riguarda soprattutto i quotidiani – ma in questo caso, onestamente, non solo l’editoria dei quotidiani – ed è il fondo nazionale di previdenza per i lavoratori dei giornali quotidiani «Fiorenzo Casella», di cui vi darò un flash tra un minuto; l’altro tema fondamentale riguarda il prepensionamento dei giornalisti dei periodici, che è un importante aspetto di competitività del settore dei periodici.
Questo è a grandi linee il quadro, che parte da una constatazione di fatto e che onestamente è reso ancora più difficile da interventi legislativi come la cosiddetta «legge Gasparri», che inerisce al rapporto televisione-carta stampata, al trend pubblicità televisiva-pubblicità carta stampata. Non ne parliamo ora perché non si può parlare sempre degli stessi argomenti. Guardiamo però a un settore che sta soffrendo molto e in cui si stanno ulteriormente incrementando segnali di difformità dagli altri paesi d’Europa. Ripeto, questo mi sembra a grandi linee il quadro di riferimento. Vi ringrazio molto per l’attenzione e rimango a vostra disposizione per le risposte ai quesiti che ci verranno rivolti.

PRESIDENTE. La ringrazio, presidente, per la chiarezza espositiva e per l’insieme delle informazioni che ci ha fornito.
FALOMI (DS-U). Signor Presidente, vorrei innanzi tutto ringraziare l’avvocato Cordero di Montezemolo per averci offerto una panoramica complessiva dei nodi strutturali del settore dell’editoria. Abbiamo tentato di affrontare molte delle questioni qui sollevate anche in altre sedi, sia presso l’altro ramo del Parlamento che in questo durante l’esame della legge finanziaria come presentatore, insieme ad altri colleghi del mio Gruppo, di emendamenti sui temi che riguardavano la defiscalizzazione, emendamenti che però non sono stati approvati.

La competenza formale di questa Commissione riguarda soprattutto il tema della pubblicità in rapporto alle televisioni. Vorrei pertanto concentrarmi su questo punto, tenuto conto del fatto che altri aspetti del settore sono poi affrontati da altre Commissioni parlamentari, a cominciare dalla Commissione affari costituzionali. Tuttavia è utile avere un quadro di insieme, perché è bene inserire le questioni in un ragionamento più complessivo.
Mi pare che siamo di fronte ad una anomalia evidente nel rapporto tra pubblicità televisiva e pubblicità su carta stampata. Venivano citati i dati: siamo addirittura di fronte a un ulteriore peggioramento di tale rapporto e ci troviamo in una situazione opposta a quella esistente negli altri Paesi europei. Mi pare convincente il ragionamento che è stato fatto a proposito del numero dei lettori e delle copie vendute, e quindi che certe affermazioni fatte in precedenti audizioni abbiano scarso fondamento. Il punto è capire se questa anomalia ha origine solo nei meccanismi di affollamento pubblicitario che esistono negli altri Paesi o anche nella stessa struttura dei mercati. Probabilmente voi disponete di una quantità maggiore di dati rispetto a quelli in nostro possesso, ma ritengo che i meccanismi di affollamento pubblicitario vigenti negli altri Paesi siano tali da determinare un contenimento dei livelli di pubblicità nella televisione. Questo probabilmente spiega lo squilibrio che si registra in Italia. Vorrei quindi sapere se avete elementi chiari per far luce sulla differenza tra la situazione italiana e quella europea.
Per quanto riguarda la struttura del mercato televisivo, faccio presente che ci troviamo di fronte a sei reti generaliste nazionali e non so se questo meccanismo sia presente anche negli altri Paesi. Vorrei ascoltare una vostra valutazione in merito.
Infine, vorrei svolgere un’ultima considerazione sulla quale mi piacerebbe avere un chiarimento da parte vostra. In sede di esame del disegno di legge per il riassetto del sistema radioteleviso in questa Commissione abbiamo contestato certi indici di affollamento che venivano previsti, in particolare l’esclusione delle telepromozioni dall’affollamento orario (ricordo che il tema è stato affrontato anche nel corso di un’audizione del dottor Confalonieri).
Si è poi ragionato sulla non interscambiabilità della pubblicità televisiva con quella della carta stampata in quanto si tratterebbe di due settori separati; pertanto, se diminuisce la pubblicità nella televisione questa non si riversa automaticamente nella carta stampata. Le fattispecie sono molto diverse tra loro. La tesi contraria, quindi, che voi avete sempre sostenuto con forza, sarebbe contestata. Vorrei quindi che voi esprimeste in merito alcune riflessioni utili ai fini dell’indagine che stiamo svolgendo.

ZANDA (Mar-DL-U). Ringrazio innanzi tutto il presidente Cordero di Montezemolo per il suo intervento e approfitto per rivolgergli i miei auguri personali per il suo futuro impegno in Confindustria.

Vorrei svolgere una premessa di carattere generale. Da anni ormai le istituzioni pubbliche si occupano con sempre maggiore frequenza di stampa, televisione e informazione in generale. Se ne occupano il Governo, la Corte costituzionale, il Consiglio di Stato ed ora anche il Parlamento. Lo stiamo facendo anche noi questa mattina in occasione dell’audizione odierna. Il motivo di questa particolare attenzione, a mio parere, risiede nella funzione pubblica svolta da stampa e televisione che fanno e diffondono informazione e cultura nel Paese. Consapevole di tale funzione molto alta di carattere pubblico, svolta anche dalle imprese private, vorrei porre alcune domande.
Più volte il presidente Cordero di Montezemolo ha sostenuto – e stamattina lo ha nuovamente accennato – che perché la stampa sia libera occorre che sia gestita da imprese economicamente sane, con bilanci attivi, e ha anche indicato i punti di crisi che i bilanci delle imprese devono affrontare.
Con il direttore generale dell’UPA è stato affrontato in questa Commissione il problema delle violazioni, di una certa rilevanza, delle norme relative all’affollamento pubblicitario televisivo. Il fatturato complessivo pubblicitario del Paese si presenta stabile ormai da molti anni. Tale stabilità complessiva non corrisponde ad una stabilità interna al settore. In tal modo, se un settore si rafforza, per esempio la televisione, ciò avviene a danno di un altro. I dati citati dal presidente della FIEG confermano questa impostazione.
Vorrei quindi soffermarmi su due aspetti che possono apparire marginali ma che, a mio avviso, non lo sono. È necessario chiarire se le telepromozioni devono essere considerate pubblicità ed è opportuno discutere della loro qualità. Premetto che, a mio avviso, le telepromozioni rappresentano un prodotto pubblicitario e ho già illustrato questa mia posizione al dottor Lioy, direttore dell’UPA.
Inoltre, sarebbe importante affrontare il tema dei mini spot che, soprattutto sotto il profilo del fatturato pubblicitario, si presenta di una certa consistenza. A mio avviso, – ma il problema è stato rilevato anche dal Consiglio di Stato e dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni – i mini spot interrompono i programmi televisivi (partite di calcio, film, gran premi) più di quanto sia consentito dalle norme vigenti. Il dottor Lioy, nel sostenere che si tratta di pubblicità legalmente inserita nei programmi televisivi, ha aggiunto che la regola che a suo parere dovrebbe sovrintendere alla distribuzione della pubblicità è quella del mercato. Alternativa non esiste per gli inserzionisti che intendono operare nella televisione. Ora il mercato è certamente lo strumento principe di regolazione di simili fenomeni, ma ritengo che un mercato senza regole sia dannoso per tutti, anche per gli inserzionisti.
Chiedo quindi al presidente Cordero di Montezemolo di indicare quali dovrebbero essere i limiti entro cui, a suo avviso, il mercato può operare e chiedo anche se è necessario imporre un rigoroso rispetto di tali limiti.
Ricordo poi che la pubblicità è regolata anche dall’Auditel che verifica e certifica gli ascolti televisivi. Il suo ruolo è di fondamentale importanza per il mercato pubblicitario perché dalle verifiche effettuate da questo istituto e dai dati che ne scaturiscono dipendono le scelte delle imprese. All’Auditel partecipano in quote uguali RAI, Mediaset e UPA, mentre la FIEG partecipa per l’1 per cento. Vorrei sapere il motivo di questa partecipazione della FIEG e che tipo di forza contrattuale detiene. Chiedo inoltre al presidente Cordero di Montezemolo se ritiene che l’UPA sia l’arbitro giusto all’interno dell’Auditel.
Mi piacerebbe infine conoscere la valutazione della FIEG circa una mia iniziativa degli anni passati che intendo nuovamente proporre in Parlamento: l’intento è quello di affidare la funzione di certificazione degli ascolti televisivi anche all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Facciano pure gli editori, la Fininvest, l’UPA, la RAI le loro verifiche, ma credo che serva una verifica pubblica perché noi parliamo di interesse pubblico.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, non voglio essere scortese, ma ci sono ancora sette senatori che devono porre i propri quesiti. Abbiamo a disposizione solo 40 minuti, perché in Aula ci sono votazioni e personalmente sono relatore sul disegno di legge di conversione del decreto-legge sulle tariffe postali.
PESSINA (FI). Cercherò di essere rapido. Anch’io ringrazio il presidente Cordero di Montezemolo per la sua esposizione, che è stata molto illuminante soprattutto per quanto concerne gli aspetti sui quali il Parlamento dovrà lavorare per trovare soluzioni opportune alle problematiche esposte.

Vorrei ripercorrere rapidamente i punti enucleati dal presidente della FIEG per porre alcuni quesiti. Circa la ripartizione del bilancio delle imprese della carta stampata tra entrate derivanti dalle vendite ed entrate derivanti dalla raccolta pubblicitaria, vorrei sapere se la proporzione del 50 per cento e 50 per cento, che è sempre stata riscontrata per diversi anni, ha avuto delle variazioni nel periodo in cui si sono sviluppate le televisioni commerciali che, se non ricordo male, hanno determinato un forte incremento complessivo del mercato pubblicitario del quale ha beneficiato anche la stampa. Non voglio difendere in questa sede il comparto televisivo, però sicuramente il contributo della televisione commerciale nei confronti dell’apertura del mercato pubblicitario è stato consistente. Vorrei sapere quali riflessi ha avuto sulla carta stampata lo sviluppo delle televisioni commerciali degli anni Ottanta.
Per quanto riguarda poi le linee sulle quali si potrebbe intervenire – e si suggerisce quindi un possibile intervento del Governo – vorrei sapere se nell’ambito della FIEG sono state fatte valutazioni di massima su quanto ammonterebbe per lo Stato la spesa derivante dagli interventi sull’IRAP, dalla defiscalizzazione degli incrementi delle spese pubblicitarie destinate alla carta stampata (che mi sembrano soluzioni molto opportune e realizzabili, compatibilmente con le disponibilità di bilancio dello Stato), dalle facilitazioni relative ai costi della distribuzione e degli abbonamenti e dal progetto di informatizzazione delle edicole (quest’ultima proposta mi sembra molto interessante per una migliore distribuzione e una maggiore diffusione dei giornali).
A questi quattro punti ne vorrei aggiungere un quinto, sul quale non ho sentito nessun commento, ma che ritengo possa costituire elemento di riflessione: la comunicazione pubblicitaria della pubblica amministrazione. È un argomento che è stato affrontato più volte nel corso della storia della Federazione italiana editori, ma che non ha mai avuto alcuna soluzione concreta, perché la legislazione in merito è sempre stata molto superficiale. Ritengo invece che, proprio in forza del pluralismo rappresentato dalla diffusione della stampa in Italia, possa essere molto importante stabilire delle regole o comunque cercare delle soluzioni affinché l’informazione pubblicitaria della pubblica amministrazione venga canalizzata sulla stampa quotidiana e periodica.

CICOLANI (FI). Anch’io raccolgo l’invito alla brevità rivoltoci dal Presidente, anche perché una parte delle considerazioni che intendevo svolgere sono state sviluppate già dai colleghi che mi hanno preceduto.

Ringrazio il Presidente della FIEG per il taglio e l’estensione della sua relazione e mi limiterò, quindi, a fare due semplicissime domande. La prima anticipa – mi auguro – il ruolo che l’avvocato Cordero di Montezemolo avrà fra qualche settimana. Poiché l’anno scorso per l’industria della telefonia sono stato presentatore di una proposta in base alla quale agli incrementi di investimento veniva applicata la «Tremonti-bis» (ma il Governo aveva una posizione contraria), condivido l’impostazione della FIEG nel momento in cui si intende aiutare un particolare settore. Mi chiedo però, nell’equilibrio più generale del sistema Paese, se gli indicatori relativi all’industria dell’editoria siano tali da far preferire e privilegiare questo settore, in particolare per questo tipo di aiuti, rispetto ad altri come l’industria manifatturiera, che ha dei problemi particolari, o la telefonia, che da tempo, soprattutto nel settore degli investimenti, è in gravi difficoltà.
Seconda domanda. Cogliendo l’aspetto strutturale della sua relazione e non entrando quindi nel merito delle posizioni specifiche della cosiddetta «legge Gasparri», che conosciamo da tempo...

BRUTTI Paolo (DS-U). La conosce, ma non ne trae alcuna conseguenza.
CICOLANI (FI). Veramente mi pare che in parte ne stiamo anche discutendo. Nel dibattito successivo non è emerso bene per il Paese, per esempio, che cosa può voler dire nel medio e nel lungo periodo per il mondo dell’editoria l’introduzione della tecnologia digitale terrestre. Credo che sia un aspetto non di scarsa rilevanza e che vada aperto un dibattito al riguardo, anche per aiutarci a capire verso quale assetto economico e industriale andremo tra qualche tempo.
BRUTTI Paolo (DS-U). Anch’io voglio associarmi ai ringraziamenti per la gentilezza dimostrata dal presidente della FIEG a partecipare a questa audizione.

Si è già svolta l’audizione dei gestori della pubblicità dei periodici e dei quotidiani, che mi pare abbiano detto sostanzialmente le stesse cose che sono state dette stamani. Naturalmente hanno concentrato l’attenzione soprattutto sul dato della pubblicità più che sugli elementi strutturali che lei, avvocato, ha portato oggi in discussione. Certo, l’arrivo massiccio della pubblicità in televisione ha contribuito allo sviluppo del mercato pubblicitario. Questo è sicuramente vero, però la crescita di tale mercato – mi sembra di capire – è stata quasi totalmente intercettata dallo stesso mezzo televisivo, per cui il mercato si è allargato, ma le quote si sono distribuite in maniera completamente differente.
Mi pare che i dati oggi riportati siano più o meno gli stessi, le fonti sono le medesime. In particolare, c’è un grafico a forbice molto interessante, relativo all’evoluzione delle quote di mercato. Si parte dal 1990, quando i due comparti del mercato pubblicitario (stampa e televisione) avevano grosso modo un rapporto di uno a uno; la forbice si allarga enormemente dal 1990 al 1995 (e bisognerebbe capire perché) e poi si mantiene comunque aperta. Questo andamento è molto diverso da quello registrato in altri Paesi europei. Rivolgo al presidente Cordero di Montezemolo la stessa domanda posta ad altri auditi in questa Commissione. Poiché noi parlamentari dobbiamo principalmente occuparci dell’aspetto legislativo, anche se possiamo essere chiamati a proporre dei suggerimenti, quali sono gli strumenti di carattere normativo con i quali possiamo intervenire sulla materia? Io vorrei proporne uno diverso da quelli indicati nelle precedenti audizioni: l’intervento sugli affollamenti orari. Il mio è un ragionamento naturale e spontaneo. Dal momento che il disegno di legge in materia dovrà affrontare una modifica strutturale del sistema, vorrei sapere se ritenete che l’attuale meccanismo previsto per gli affollamenti sia corretto o richieda un intervento migliorativo. È infatti complicato comprendere tutti i trucchi e le particolarità del sistema dell’affollamento pubblicitario, oltre che la loro liceità, non essendo completamente noti nemmeno a noi parlamentari.
Il direttore dell’Auditel ha sostenuto che non esiste e non è scientificamente dimostrata una correlazione diretta tra i dati di ascolto e l’effetto positivo dei messaggi pubblicitari. I progetti commerciali e produttivi delle aziende, infatti, molto spesso prescindono dalle campagne pubblicitarie. Questo assunto, se fosse vero, confuterebbe il principio secondo cui la pubblicità è maggiore e più diffusa nel ramo televisivo per il fatto che la televisione è più seguita dalla popolazione.

SCALERA (Mar-DL-U). Ringrazio il presidente Cordero di Montezemolo ed i nostri interlocutori per avere accolto il nostro invito.

Vorrei svolgere alcune considerazioni, prendendo spunto dalle tabelle presentate questa mattina dalla FIEG.
Associandomi alle osservazioni svolte dal collega Brutti, ribadisco che il problema dell’evoluzione delle quote di mercato pubblicitario suddivise tra stampa e televisione ha una genesi piuttosto antica. La tabella relativa agli anni 1990-2003 sottolinea un’evoluzione estremamente significativa ed emblematica: i giornali e i periodici hanno visto ridurre la loro percentuale dal 49,6 del 1990 al 37,8 del 2003, mentre la televisione, che partiva dal 45,5 per cento del 1990, si attesta ora sul 54,3 per cento.
A questo si associano gli altri dati di cui allo schema sulle percentuali pubblicitarie dei singoli mezzi nei principali Paesi europei. In questo quadro l’Italia si trova in una posizione assolutamente unica in Europa, presentando una percentuale pubblicitaria relativa alla televisione stabile sul 53,5 per cento, indice nettamente maggiore rispetto a quelli degli altri Paesi.
Vorrei inoltre sottolineare le percentuali dei ricavi pubblicitari sui ricavi editoriali complessivi dei quotidiani. Tra il 2000 e il 2002 si registra un decremento del 10 per cento che investe i quotidiani nazionali, mentre la flessione che riguarda i quotidiani provinciali e regionali è rispettivamente del 2,5 per cento e 3,6 per cento.
Chiedo alla FIEG se non ritiene che per certi aspetti l’editoria si sia fatta cogliere impreparata da questa evoluzione. Probabilmente la conferma di questa mia supposizione è data dalla percentuale relativa agli abbonamenti (9 per cento) rispetto alle vendite; peraltro, solo in questi ultimi anni la strategia della promozione ha finito per caratterizzare un’evoluzione nuova del rapporto tra lettore e giornale. Ricordo che quando l’editoria diede vita alle prime campagne promozionali qualcuno commentò che simili iniziative avrebbero snaturato il carattere precipuo del giornale che sarebbe diventato qualcosa di diverso dal semplice mezzo di informazione, una sorta di «panino farcito» da altri prodotti. Rilevo, peraltro, che tra le ultime proposte quella della promozione della poesia italiana ha avuto uno straordinario successo, pur essendo la materia lontana dagli interessi del pubblico.

PRESIDENTE. Senatore Scalera, le ricordo che alle 10 dobbiamo essere in Aula per le votazioni. La prego quindi di porre la domanda, altrimenti il presidente Cordero di Montezemolo non avrà la possibilità di rispondere ai quesiti che gli sono stati posti.
CORDERO DI MONTEZEMOLO. A prescindere dalla mia disponibilità di inviare eventualmente una nota scritta, vorrei avere l’occasione a fine seduta di intervenire soltanto per riassumere lo spirito e le motivazioni in base alle quali ci siamo sentiti in dovere di presentarci questa mattina in Commissione.
SCALERA (Mar-DL-U). Vorrei sapere dal presidente Cordero di Montezemolo se pensa che il problema dell’editoria sia limitato solo alla qualità e alla mentalità delle edicole e non anche riferito alla capacità e possibilità di incidere in maniera diversa sul prodotto offerto per fare in modo di rendere più capillare la presenza dei quotidiani e dei periodici.
PEDRINI (Aut). Cercando di raccogliere l’invito del Presidente, mi associo anch’io ai ringraziamenti e vado subito al punto che mi interessa. Sono d’accordo per buona parte con quanto detto dal presidente Cordero di Montezemolo, soprattutto in riferimento ad alcuni fatti specifici tra cui gli sgravi IRAP. Arrivo quindi alle domande.

Èvero quanto ha detto l’avvocato Cordero di Montezemolo a proposito degli investimenti pubblicitari, però occorre sottolineare che fa parte di una certa impostazione culturale di alcuni settori imprenditoriali italiani che, in un momento di crisi, invece di incrementarli, contraggono gli investimenti in pubblicità. Questo è un fatto di cultura imprenditoriale, su cui tuttavia non c’è da sottrarsi al fine di assumere provvedimenti.
Per quanto riguarda la distribuzione, vorrei ricordare che, al di là del prodotto, chi vince è la distribuzione del prodotto. Infatti senza la distribuzione il prodotto resta qualcosa di astratto. Desidererei quindi sapere qualcosa di più in ordine alla questione della informatizzazione delle edicole.
Da ultimo, desidererei chiarimenti sul tema del prepensionamento dei giornalisti dei periodici, a cui lei ha fatto riferimento, per sapere se avete già in mente cifre e dimensioni degli interventi che si dovrebbero intraprendere.

PEDRAZZINI (LP). Non ho sentito parlare di un nuovo sistema di giornali, la free press, di cui ci ha parlato invece il direttore dell’UPA. Si tratta di una possibilità per un certo tipo di lettore, che possiamo definire «veloce», come anche della possibilità, con l’arrivo del digitale, per un lettore più specializzato. Si tratta, in sostanza, delle riviste che andranno sulle reti.

Non sono molto appassionato di percentuali, ma ho cercato di leggere i dati che ci sono stati forniti. A mio parere è importante capire se gli investimenti nella pubblicità sulla carta stampata sono stati costanti o hanno avuto un incremento; vedo che in alcune parti sono stati costanti, in altre hanno avuto un calo. Lo stesso vale, per le voci che ho trovato, nel settore televisivo: ci sono alcune aziende che hanno avuto incrementi, altre meno. Credo che le percentuali stabiliscano spesso confronti un po’ troppo semplificati. Se il trend è quello denunciato in questa sede, forse converrebbe verificarne i motivi.
Sono d’accordo sulla razionalizzazione del sistema distributivo, ma anche per l’abbonamento quello che conta non sono tanto i costi tariffari, quanto il fatto che l’utente abbia la certezza che gli arrivi realmente il giornale. I passaggi sono tanti ed è lì il problema.

DONATI (Verdi-U). Signor Presidente, mi associo anch’io ai ringraziamenti al presidente della FIEG per essere qui a spiegarci temi importanti per la nostra Commissione.

Vorrei fare una domanda sui costi della pubblicità. Abbiamo parlato di quote di mercato e di tendenze in atto. Nelle precedenti audizioni abbiamo appreso – però vorrei avere il vostro punto di vista al riguardo – che l’aumento delle quote di mercato e l’incremento degli indici di affollamento (legittimi e illegittimi) hanno prodotto un abbassamento dei costi della pubblicità; conseguentemente una serie di soggetti che prima trovavano conveniente restare sulla carta stampata (sono stati riportati anche alcuni esempi) si sarebbero trasferiti in campo televisivo. La domanda è la seguente: l’abbassamento dei costi della pubblicità ha avuto effetti, seppure indiretti, anche sulla carta stampata?
Non ho ancora esaminato le tabelle, lo farò con calma nei prossimi giorni e quindi può darsi che la risposta a questa mia domanda sia già nella documentazione che ci è stata consegnata, ma quando si parla di quota di mercato questa è riferita a una percentuale di occupazione di spazi mediatici o è incrociata anche con dati relativi agli introiti sui quali pesare il costo? Potrebbe essere infatti che la carta stampata metta a disposizione tanto spazio sui periodici e sui quotidiani e, invece, gli introiti tendano a ridursi costantemente, con un doppio effetto, che non è solo quello della riduzione, ma anche quello di dover comunque fornire un servizio a costi peggiorativi per il proprio bilancio economico. Vorrei avere maggiori informazioni su questi aspetti.

PRESIDENTE. Vorrei fare anch’io una breve riflessione. Innanzi tutto ringrazio tutti i colleghi intervenuti e mi scuso con coloro che ho richiamato al rispetto del tempo. Ringrazio il presidente Cordero di Montezemolo perché mi pare che con la sua relazione introduttiva abbia colto in pieno il senso della nostra indagine conoscitiva. Come i colleghi sanno, abbiamo voluto queste audizioni per mettere in evidenza il tema centrale della raccolta pubblicitaria non in una prospettiva di contrapposizione tra carta stampata e televisioni, ma soprattutto per comprendere le problematiche che presenta il settore e per stabilire come intervenire da un punto di vista legislativo per andare incontro alle giuste esigenze della carta stampata. In questo senso mi pare che la relazione iniziale del presidente della FIEG sia stata propositiva e costruttiva e da parte nostra non c’è che da sottolineare con soddisfazione tale impostazione.

Andando lungo questa via credo che sia possibile compiere un approfondimento ulteriore da parte nostra. Ad esempio, per quanto concerne la distribuzione sono stati indicati alcuni punti prioritari. La distribuzione comporta per un verso attenzione ai costi, per altro verso attenzione all’efficienza. Vorrei ricordare che le poste consegnano i giornali alle 11 del mattino, orario certamente non ottimale. Come considerate questo aspetto del problema? A vostro parere si deve privilegiare il contenimento dei costi o una maggiore efficienza?
Ancora. Mi sembra che gli obiettivi che ci avete indicato abbiano tutti un carattere strutturale e siano quindi tutti meritevoli di attenzione, a cominciare dalla defiscalizzazione degli investimenti aggiuntivi in pubblicità e proseguendo con il costo del lavoro con riferimento al fondo pensioni, l’IRAP, l’agevolazione della distribuzione dei giornali nelle scuole medie e superiori, l’informatizzazione delle edicole. A vostro modo di vedere all’interno di questo quadro esiste una sorta di priorità? È possibile enuclearla? Non c’è dubbio infatti che, nel momento in cui la Commissione prende coscienza che questi sono gli aspetti più rilevanti e ne fa un problema politico, è necessario approvare atti normativi che hanno comunque un costo. Conoscere le vostre priorità ci aiuterebbe a concentrarci su di esse, al di là del costo che poi verificheremo.
In conclusione, se fosse possibile avere indicazioni ancora più precise, la Commissione – e quindi il Parlamento – sarebbe messa in condizioni di far convergere i propri sforzi sugli aspetti da voi indicati come prioritari.

CORDERO di MONTEZEMOLO. Signor Presidente, ringrazio per le domande, che sono tutte appropriate, interessanti e meritano risposte una per una. Tuttavia vorrei precisare un punto della nostra posizione.

I senatori Zanda, Brutti, Pessina, Cicolani hanno fondamentalmente affrontato il tema della pubblicità. Dico «fondamentalmente» perché non c’è dubbio che è un punto vitale, fondamentale. Ho detto in premessa che ritenevamo opportuno venire in questa sede non tanto e non solo per parlare delle problematiche della pubblicità, che in modo diretto o indiretto fanno riferimento a una legge che – ripeto – in Commissione, in incontri diretti e in conferenze stampa abbiamo definito e commentato. Credo che l’aspetto più grave e più preoccupante che emerge dalla cosiddetta «legge Gasparri» sia quello relativo ai meccanismi pubblicitari (costi della pubblicità, affollamento) che, anziché consentire all’Italia di uniformarsi o di avvicinarsi agli altri Paesi europei, sottolineano ed incrementano l’anomalia esistente nei rapporti tra pubblicità nella carta stampata e pubblicità in televisione.
È esatta l’osservazione del senatore Pessina circa l’aumento della torta dovuto alla positiva azione di modernizzazione svolta dal gruppo Mediaset sin dagli inizi degli anni Novanta. È altrettanto vero, però, – lo dico senza polemica e con serenità – che gli incrementi pubblicitari sono quasi tutti, se non tutti, destinati al settore televisivo, nel quale viene compresa anche la RAI. Oggi la RAI ha la fisionomia di un’azienda privata, come può esserlo Mediaset, perché continua ad imporre il pagamento di un canone a fronte di un aumento degli interventi pubblicitari. Questo è un dato di fatto.
Il tema che avrei voluto affrontare è però un altro. L’audizione di questa mattina si rivela molto importante perché ci consente di andare oltre la discussione sulla pubblicità, anche se non intendiamo eludere l’argomento. Oggi noi imprenditori ci confrontiamo con una fotografia, con uno stato di fatto; piaccia o non piaccia. Sia ben chiaro che per molti aspetti la situazione non ci piace.
Si può anche continuare a parlare di qualità del prodotto, esporre cifre ed indici di lettura che siano comunque corretti e discutere di costi della pubblicità, ma l’aspetto su cui vorrei richiamare fortemente l’attenzione di questa Commissione è proprio quello affrontato all’inizio dell’audizione e ringrazio i senatori Pedrazzini e Pedrini per averlo ricordato. L’imprenditore dell’editoria oggi si trova di fronte al grande problema della distribuzione; il miglior prodotto immesso sul mercato, al costo più vantaggioso possibile e con un tasso di efficienza molto elevato necessita comunque di un canale distributivo. Questo principio vale per tutti i prodotti di tutti i settori, quindi anche per i giornali.
Non intendo agitare lo spettro della televisione, ma il sistema della distribuzione attualmente penalizza fortemente l’imprenditore della carta stampata. La modernizzazione delle edicole, il sistema di informatizzazione, le tariffe postali rappresentano aspetti che investono i cittadini sotto il profilo dell’efficienza e dei costi, ma in questo caso coinvolgono in primo piano la distribuzione dei giornali.
È poi da rilevare la questione, di particolare importanza, del rapporto tra consumi e pubblicità: la pubblicità rappresenta un investimento per lo sviluppo delle aziende ed incide fortemente sullo sviluppo generale e sui consumi del Paese. Mi auguro che incentivi come quelli prefigurati per determinati settori vengano previsti anche per la ricerca e l’innovazione, ma per la pubblicità sulla carta stampata si rende necessario un intervento che aumenti gli incrementi pubblicitari rispetto agli anni precedenti. Questa è la nostra proposta. L’Italia in questo momento deve incrementare i consumi, creare più fiducia nel consumatore ed evitare che il piccolo imprenditore tagli la pubblicità per far quadrare i bilanci.
Pertanto, vorremmo che questa Commissione, alla quale forniremo tutte le risposte che ovviamente abbiamo il dovere di dare, anche con riferimento agli aspetti precipui della pubblicità, affronti i temi che riguardano il nostro settore, a prescindere dalla cosiddetta «legge Gasparri». Sono temi importanti e fondamentali per il mondo dell’editoria. Per questo motivo richiameremo la vostra attenzione su questi argomenti che abbiamo cercato di sintetizzare il più possibile in quelle che, a nostro avviso, si presentano come le priorità – a cui si aggiunge anche quella del costo del lavoro – per un settore fondamentale per il Paese.
Ci rivolgiamo quindi a voi, quali legislatori ed interpreti attenti – di questo vi ringraziamo –, perché i temi indicati vengano affrontati al più presto dalla Commissione.
Ribadisco la mia disponibilità a presentare una nota scritta per rispondere alle domande molto chiare e precise che sono state poste alla nostra Federazione.

PRESIDENTE. Ringrazio il presidente Cordero di Montezemolo e gli altri ospiti intervenuti e dichiaro conclusa l’audizione.

Rinvio il seguito dell’indagine conoscitiva ad altra seduta.

I lavori terminano alle ore 10.
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